«Tutti i luoghi che sono al lito del Mare, o non molto lontani, sono sempre in guerra. Perchè quando anco sieno in pace colle potenze confinanti, o vicine o lontane vi sono i corsari, pubblici et universali nimici. Dai quali è necessario ben guardarsi...[1]»

Con questa frase l'ingegnere Gabriello Busca, nel suo trattato, pone il risalto una delle maggiori cause - la guerra di pirateria - che costringeva le popolazioni costiere ad escogitare ogni mezzo di difesa capace di affrontare una minaccia apparentemente perenne.

Le premesse teoriche della difesa costiera

 
G.Busca - "Espugniazione di una fortezza in riva al mare"

Questa necessità , fu un'esigenza vitale, che dalla seconda metà del '400 al primo '600, in forme e modi diversi affrontarono vari architetti militari.[2]
Il Busca, tendette a emanciparsi dal concetto di "città-darsena recinta", per proporre invece un sistema di torri d'avvistamento, batterie, fortezze e grandi torrioni con cannoniere "a pelo d'acqua" [3], per sbarrare l'entrata nel porto.
Gerolamo Maggi, illustrò nella sua opera del 1564 Della fortificazione delle città..., Libro III, come a queste opere fortificative, si potesse integrare un ingegnoso sistema di sbarramento all'entrata del porto.
Innanzitutto il Maggi consiglia di realizzare dei parapetti per cannoniere per offendere il nemico attaccante, e consiglia poi l'uso di ostacoli artificiali nascosti sott'acqua come catene e cassoni. Ma soprattutto il Maggi puntava sulla costituzione di quanto più imponente flotta da guerra, che fosse in grado di contrastare un attacco, ma che in primo luogo dissuadesse i nemici da un eventuale scontro.
I concetti del Busca e del Maggi, esulano da un concetto di città fortezza, anzi, puntano a una difesa integrata e mobile, da attuarsi con il supporto navale e terrestre, e grazie a diversi punti d'avvistamento e batterie dislocate lungo una costa più ampia della sola zona cittadina.

Ma ancora nei primi decenni del '600, l'eredità del Rinascimento italiano, con il suo modello di città ideale, condizionava in Europa le scelte teoriche della difesa costiera delle città.
Le opere teoriche erano ancora legate al concetto di difesa circoscritta fondata sull'applicazione geometrica e del calcolo matematico.[4]
Molti autori ancora valutano l'arte delle fortificazioni come una disciplina scientifica, incontestabile, alla stregua di una legge matematica, con poligoni, bastioni simmetrici, modelli stereotipati e metodi costruttivi legati a concezioni ormai superate.

Antoine de Ville, diede inizio alla promozione su basi scientifiche della fortificazione moderna, fu il primo a rinunciare al modello di città-portuale ideale, a favore di una difesa basata sull'analisi critica delle diverse situazioni ambientali[5]
Il De Ville, capisce che bisogna sfruttare le diverse situazioni geografiche in cui sono poste le città portuali, analizzando le situazioni, ed edificando fortezze e torrioni , sfruttando i rilievi le scogliere e i promontori che dominavano le coste, ed enunciando principi ugualmente validi, come il fiancheggiamento tra opere difensive e il dominio dall'alto sul porto.

Questo metodo fu utilizzato per molto tempo in molte città portuali europee, tra cui Genova, anche a causa della crescita dell flotte nazionali e il continuo progresso dell'artiglieria delle nazioni ostili alla Repubblica. Le basi per la moderna tecnica difensiva, erano gettate, e d'ora in poi, innumerevoli scoperte e tecniche, si susseguirono nel corso dei secoli nell'evoluzione delle tecniche difensive costiere.

Le prime strutture di difesa del porto di Genova

File:Pianta Bastione Molo.jpg
Pianta del Bastione del Molo (oggi Porta Siberia) con lrelative piazzole per la batteria

Fin dai tempi più antichi le piccole o grandi comunità che traevano le loro risorse dal mare, hanno avuto a che fare con pirati, mercenari, ma anche con flotte navali di città o nazioni nemiche, che dal mare assediavano, razziavano o cercavano di conquistare le popolazioni marittime.
Questa necessità di fronteggiare queste scorrerie piratesche e difendersi da avversari con flotte navali, fu al centro delle architetture militari anche nella Repubblica di Genova, fin dall'alto medioevo.

Già intorno all'anno mille, Genova si munì di un sistema difensivo, attorno al nucleo originario della città, focalizzato sul colle di Sarzano, fu eretta una prima cerchia di mura.
Nel corso dei secoli, l'abitato si sviluppò verso ponente, mentre le mura difensive venivano o ampliate, o ricostruite ex-novo, cambiando conseguentemente anche i confini della città.
Verso la fine del 1200, iniziò la costruzione delle prime opere fortificate lungo la riva a difesa della costa e del porto.
Quindi sul finire del XIII secolo, a partire dall'anno 1276 venne cinto di mura il borgo del Molo, il quale si protendeva sul mare. Partendo dalla Chiesa delle Grazie, la linea muraria si allungò dietro la piazza dei Macelli e percorrendo la Malapaga raggiunse la torre del Molo, e di lì tornava a riunirsi con la vecchia cinta nel luogo detto Bordigotto, antistante la chiesa dei SS. Cosma e Damiano. Un tratto delle prima citate Mura del Molo, venne soprannominato appunto della “Mura della Malapaga” in quanto partiva appunto dalle omonime carceri per i debitori inadempienti.[6]

Per alcuni secoli, la difesa costiera di genova fu limitata alla cinta di mura sopra descritta, ampliata solo con la costruzione di una cinta muraria, che in linea con l'ampliamento delle mura interne del 1320 [7] difendeva la nuova Darsena, all'interno del porto, in quanto, insieme al Molo Vecchio, erano i più importanti scali commerciali del porto.

Ancora nel 1536 furono approvati nuovi lavori di ampliamento della cinta muraria intorno alla città, è in questo contesto che si fortificano, il Molo di S. Tommaso, la costa tra Carignano e il Molo Vecchio, e venne edificata su progetto dell’ingegner Galeazzo Alessi tra il 1550 e il 1553, la Porta del Molo (oggi Porta Siberia). Dal 1577 la linea difensiva tra Porta del Molo, Mura della Malapaga e Mura delle Grazie, poi fino a Carignano fu modificata, ampliata e provvista di armamenti con la batteria della Malapaga incassate nelle omonime mura, la batteria delle Grazie e della Cava.

La cinta del 1536 era diventata, in un certo senso, “pericolosa” oltre che obsoleta ed inadeguata ai progressi compiuti nel campo delle artiglieriea; essa infatti seguiva fedelmente il perimetro dell'intero abitato. Il nemico, accampandosi a poca distanza dalle mura, avrebbe facilmente recato danni alla popolazione con l'uso dell'artiglieria.

Fu dunque decisa la realizzazione di una nuova e possente cinta muraria (l'ultima)[8] nel 1630, che sfruttava, secondo le nuove tecniche difensive, l’anfiteatro naturale con vertice il Forte Sperone, e scendeva lungo due crinali verso la foce del Bisagno e verso la Lanterna; lasciando l’abitato ben distante dalle mura in quanto la potenza sempre maggiore delle nuove artiglierie avrebbe facilmente causato danni alle case e ai suoi abitanti, se questi fossero rimasti ai margini delle mura, e seguivano la costa verso l'interno fino alla Porta del Molo, l'attuale Porta Siberia. [9]

Il Golfo di Genova tra XVII e XIX secolo

L'assedio francese del 1684

  Lo stesso argomento in dettaglio: Bombardamento navale di Genova (1684).
 
Bombardamento di Genova del maggio 1684

Le “Mura Nuove” costiere di genova, dovettero però cedere sotto il bombardamento navale francese nel maggio 1684: la mattina del 17 maggio centosessanta navi francesi formarono uno schieramento dalla Lanterna alla Foce, per un totale di 756 bocche da fuoco, guardate ai lati da grosse imbarcazioni a remi occupate da moschettieri in assetto da guerra. Il bombardamento causò danni ingentissimi, soprattutto a causa dei nuovi mortai da 330mm [10]. Genova resistette ma nel timore di un nuovo attacco, il Governo genovese si rivolse alla Santa Sede e a Papa Innocenzo XI preoccupato delle complicazioni diplomatiche con la Corte di Francia.
Durante questo assedio, comunque finito senza occupazione territoriale, furono chiari i limiti delle batterie costiere e in generale della difesa costiera del Golfo di Genova, i pezzi erano obsoleti e di scarsa portata, mentre l'artiglieria francese [11], era nettamente superiore.

 
Pianta e sezione delle bombarde francesi

E leggendo una relazione sulla difesa genovese si vince che:

«dalla Lanterna fino alla Strega [...] fu sparata tutta l'artiglieria della città contro di loro, con strepitosa scarica sì, ma con così poca offesa che niuna cosa restò colta e si mosse in minima parte, o per l'imperizia dei bombardieri di Genova, o forse per la scarsa buona volontà [..] diè luogo alla risoluzione di mutuarli [...] con altri fatti venire da Milano [12]»

La relazione segnalava che comunque le navi francesi non si avvicinarono mai all'imboccatura del porto, guardate a vista dalle batterie della Lanterna e del Molo Vecchio, ma ciò non fu sufficiente a causa dell'enorme portata delle nuove bombarde francesi, che riuscirono a colpire fino al quartiere di Oregina.
Ma l'impreparazione del personale di difesa, era comunque mal supportato dall'approssimativa sistemazione di alcune batterie genovesi [13] manovrata da artiglieri non capaci di affrontare le nuove tattiche di guerra e sfavoriti dalla presenza di pezzi con portata inferiore di quelli francesi.
Le batterie della Malapaga, della Lanterna, della Cava e della Strega, non furono mai in grado di impensierire la flotta francese, nonostante la strepitosa reazione, e il sistema di fortificazioni costiere, ai margini, troppo a ridosso dei limiti cittadini, non fermarono due sbarchi, a Sampierdarena e alla Foce. Oltre 4.000 fanti francesi presero terra, e seppur ricacciati in mare dalla tenacità dei difensori, dimostrarono la pochezza delle difese.

Fondamentale fu anche la conoscenza da parte francese, del fondale, delle coste, delle spiagge e delle difese costiere (numero, portata e cadenza di fuoco), fattori che permisero alla flotta di disporsi nel miglior modo per offendere e non essere offesi, al riparo dalle batterie genovesi.[14]

Ma nonostante tutto, la vittoria navale francese, non venne supportata da una vittoria terrestre, gli sbarchi fallirono, la città tenne, e gli attaccanti furono costretti a ritirarsi dopo aver finito tutte le riserve di polvere da sparo.

1684-1745 Dalla pace alla Guerra di Successione

  Lo stesso argomento in dettaglio: Fortificazioni in Liguria.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra di successione austriaca.

In Francia il bombardamento divenne subito un avvenimento da esaltare [15] monete di commemorazione, trattati, dipinti, stampe e incisioni, spopolavano in tutta la nazione, a dimostrazione della incredibile potenza marina che possedeva la Francia del re Luigi XIV.
Ma l'obbiettivo della Repubblica era quello di mantenersi neutrale e uscire dai vari conflitti europei, per questo, aveva bisogno di rinforzarsi e migliorare le sue difese, sia fortificative che navali.
Tuttavia la politica aggressiva del Piemonte, e la perdita dell'alleato spagnolo troppo impegnato contro la Francia, fece crescere tra gli ambienti della Repubblica, il bisogno di una difesa più ampia della sola capitale, ma in funzione della sicurezza dell'intero dominio genovese.

Alcune parti del dominio, erano esposte alle offensive nemiche, e fu decisa una difesa dell'intero dominio suddiviso in tre settori:

  • Difesa della Riviera di Ponente
  • Difesa della Riviera di Levante
  • Difesa della città Capitale

alle quali erano unite fortificazioni dell'Oltregiogo, disposte lungo le direttrici del Monferrato e dalla Lombardia che scendevano verso Genova.
Settori come si può capire con enormi differenze geografiche e morfologiche, oltre che politiche, che richiedevano ognuna diverse opere fortificate.

 
La mappa di Savona con il forte di Priamar - Matteo Vinzoni -

Il fulcro delle difese a ponente erano i bastioni di Porto Maurizio, non ancora completati, che dominavano un vasto orizzonte di mare in modo da coordinare le difese, per una difesa mobile.
Altro settore importante a ponente erano le fortificazioni costiere di Vado e Savona, la prima difesa da Forte San Lorenzo, e la seconda difesa dalla cittadella fortificata eretta sullo scoglio del Priamar, che nonostante difetti del sito su cui era costruita, era un'importante centro difensivo per il levante.
Analizzando invece fortificazioni a levante, si capisce come la città di La Spezia, e il Golfo Paradiso avessero un ruolo primario. La difesa di La Spezia era incentrata sul seicentesco Forte di Santa Maria, comunque non in grado di difendere interamente l'imbocco del porto, ma nonostante lo sforzo di aggiornare e riparare le fortificazioni sparse lungo le 140 miglia di litorale, in proporzione tutte le difese costiere lontane erano presidiate da un numero quasi sempre troppo esiguo di uomini e dotate di pezzi d'artiglieria obsoleti e insufficienti, con portata media di circa 7-800 m [16], inutile contro i moderni vascelli da guerra.

Interventi sulla difesa costiera

E' evidente come la Repubblica, incentrasse il suo interesse massimo sulla difesa del Golfo antistante la Capitale.
Per anni, si edificarono e si attuarono fortificazioni di poco conto, sempre attenti alle spese militari a causa della crisi economica che attanagliava la Repubblica di Genova, è in questo clima di incertezze che si andava a delineare quel clima di scontro tra le potenze europee, che sarebbe sfociato nella Guerra di successione austriaca nel 1743.
Genova a cui non interessava lo scontro, fu trascinata però in guerra a fianco di Spagna e Francia contro le pretese inglesi e austriache, che appoggiavano il Piemonte, alleato austriaco, con mire a Finale per uno svocco al mare in territorio ligure.

Conscia dell'inadeguatezza delle sue fortificazioni, Genova, affidò l'incarico di compleatre la difesa della città ai marescialli francesi De Villers ed Escher, e agli ingegneri Pierre De Cotte e Jacques De Sicre [17].

I due si misero subito al lavoro, e individuarono i punti e i forti da ampliare o modificare e da costruire ex-novo; i loro sforzi furono soprattutto verso i forti interni, ma non tralasciarono anche interventi sulla difesa costiera.
Nel 1746 furono preventivati lavori per la costruzione di tre nuove batterie lungo la spiaggia di Albaro [18], e nel 1747 fu costruita una batteria a semicerchio a Boccadasse.
A Portofino, fu predisposta una nuova batteria a fior d'acqua, sul capo avanzato della chiusura dell'imboccatura del porto, mentre il De Sicre si prodigò per la costruzione di una batteria a difesa di Sturla e Vernazzola.

...dopo la Guerra di Successione

 
Cannone con affusto da marina, generalmente usato per la difesa costiera

Il 15 giugno 1748, furono firmate le clausole per la cessazzione delle ostilità, in cui Genova mantenne i suoi possedimenti e non crollò di fronte agli assalti nemici.
Come prima cosa il de Sicre esortò a finire le opere iniziate durante quegli ultimi anni, per una futura adeguata difesa della città, soprattutto i forti Santa Tecla, Diamante, Quezzi e Menegu, i trinceramenti di Sturla (che andavano fino al Diamante), e le batterie di San Nazaro e Celsa.
Nonostante il suo impegno però, i lavori sui quattro forti vennero interrotti, e nel 1753 lo stato di salute dell'ingegnere fece decidere di cercare un sostituto per il De Sicre [19].

Dal 1755 fu assunto Antoine Frédéric Flobert, poi sostituito pochi anni dopo da Michele Codeviola, che si mise subito all'opera per rinforzare le difese del porto di Genova. Il Codeviola presentò il progetto di una batteria galleggiante, lungo tutta la lunghezza del porto da utilizzare in caso di assedio. [20] Ma le spese preventivate erano troppo alte, e il Doge Durazzo suggerì l'ipotesi di riuso di un pontone, su cui il Codeviola si mise subito al lavoro, [21]
con l'uso di due mezzegalere ai lati, e un pontone in mezzo, si sarebbe costruita una più economica batteria galleggiante, ma la proposta fu abbandonata, e il giovane Codeviola messo da parte.
Per poi tornare alla ribalta nella capitale, dopo alcune pubblicazioni, e soprattutto per l'esperienza acuqisita in Francia e Spagna, il Codeviola fu nominato Quartier Mastro Maggiore nel 1756, della Repubblica genovese, dove svolse compiti importanti, e riorganizzò la difesa della città.
Nei nove anni successivi, Codeviola, assieme all'ingegnere De Cotte, mise in evidenza i lavori da compiersi sulle Fronti basse del Bisagno, fu Direttore della Scuola di Architettura dell'Accademia Ligustica, e continuò nella sua infinita opera di riparazione e ampliamento delle fortificazioni della capitale.
Ma l'impegno massimo del Codeviola, si ebbe sulle opere del fronte marittimo della Capitale, a partire dal 1770, si prodigò per ristrutturare tutte le batterie cotiere , da quelle di San Benigno e della Lanterna, a quelle di San Giuliano ad Albaro.

Dal 1779 nuovi venti di guerra turbavano il Mediterraneo, i franco-spagnoli, assediavano Gibilterra, e per Genova era sempre più difficile mantenere le distanze. Come al solito il fronte marittimo fu al centro dell'attenzione, che nonostante le ristrutturazioni, presentava pezzi risalenti a trent'anni prima, e uno squilibrio, in quanto il Molo Vecchio era maggiormente armato che il Molo Nuovo, vicino alla Lanterna, e un punto debole sarebbe stato pericoloso in vista di un'assedio via mare.
Per risolvere i problemi, progettò la realizzazione di quattro nuove batterie tra la foce del Bisagno e Boccadasse [22], e la creazione a difesa del Molo Nuovo, di una batteria a fior d'acqua, da disporre tra il promontorio della Lanterna e il Molo Nuovo.
Ma la guerra non ci fu, e negli anni successivi si ebbe un periodo di pace in Europa, e Genova mise da parte l'urgenza delle armi, per concentrasi su altri problemi, di origine sociale ed economica, che da tempo attanagliavano la Capitale.

Il Golfo tra fine '700 inizio '800

Negli anni successivi fu un susseguirsi di realizzazione di strade, moli, abitazioni residenziali e non, e Genova viveva in un clima sereno, nonostante nel 1789 in Francia, si delineava uno degli avvenimenti più importanti di sempre, la Rivoluzione francese, che investì anche la Repubblica negli anni a seguire.
Fra il '93 e il '94 le flotte anglo-spagnole, imperversavano nei mari, cercando di respingere le ondate rivoluzionarie francesi, con Genova che ancora una volta tentava di mantenere uno stato di neutralità, nonostante consentisse al naviglio francese di sosta sotto la protezione delle batterie genovesi.

 
Le Mura della Marina in corrispondenza delle batterie di Santa Margherita (1793).
 
Pianat e profilo della batteria della Lanterna, su progetto di G.Brusco, (1792).

I questo contesto vennero nuovamente verificate le difese costiere, che necessitavano di rinforzi con nuovi pezzi d'artiglieria, e nuove batterie intorno alla Lanterna. [23]
Vennero prese in considerazione diverse soluzioni, nuove batterie a fior d'acqua, batterie sopraelevate, batterie galleggianti, le idee discordavano, e alla fine dopo lunghe diatribe, solo nel 1799 fu approvata la costruzione di nuove barche cannoniere armate, per una difesa mobile del porto, che non poteva più contare sull'assistenza delle artiglierie costiere, troppo deboli con poca gittata.

Ma l'amico francese era ormai pronto a voltare le spalle alla Repubblica di Genova, che vedeva minacciati i suoi possedimenti a ponente, dove le truppe francesi si erano spinte fino a Mentone.
Intanto i possedimenti genovesi in Corsica erano minacciati dagli inglesi, e a nord incombeva la minaccia di un assedio austro-piemontese, così il Doge Gio Batta Grimaldi, decise di utilizzare le nuove scoperte sulle fortificazioni, invece di ammassare cannoni e batterie come fino ad allora gli ingegneri militari avevano proposto.
Così vennero modificate le batterie costiere di San Bernardo e San Giacomo, venne deciso di casamattarle, munirle di feritoie, bocche di areazione e quindi proteggerle dai tiri nemici. Ma la paura era anche diretta verso uno sbarco, che le mura del 1630 non potevano più affrontare.
Le proposte si susseguivano, ma non vennero mai migliorate, l'impegno fu invece rivolto alla costruzione di ridotte, torri, e bastioni fuori le mura, che fungendo da difesa avanzata, avrebbero impedito ai nemici di avvicinarsi alle mura.

Intanto il 7 giugno 1797 fu proclamata la Repubblica Ligure, e nonostante la protezione dell'alleato francese, vennero attuati diversi miglioramenti alle fortificazioni nelle riviere lontane dalla Capitale.
Ma la breve stagione della Repubblica Ligure, nel 1805, si avviava rapidamente verso la sua fine; schiacciata dalle difficoltà economiche e politiche, prudentemente cercava la via migliore per unirsi alla Francia [24].
Capendo l'importanza strategica della città, i francesi si adoperarono non poco per renderla impenetrabile, sia via terra che via mare. Tra il 1806 e il 1814 grande attenzione fu rivolta alle fortificazioni costiere, migliorata e perfezionata con l'aggiunta di edifici e di opere, ma nonostante tutto invariata nel numero e nella distribuzione, anzi, nel 1809 quattro batterie, tra Boccadasse e San Giuliano vennero soppresse.[25]

La difesa del Golfo nel '900

La grande evoluzione tecnica e industriale nelle artiglierie, fece sorgere non pochi problemi nella difesa delle coste e dei porti nel XX secolo.
I grossi calibri montati sulle navi da guerra, e il gran numero di queste navi nelle flotte europee, modificarono i metodi costruttivi delle fortificazioni fisse lungo le coste, le quali vennero poi integrate nei punti strategici da difese mobili quali treni armati.
Per difendere alcuni tratti del litorale adriatico contro attacchi di sorpresa della flotta austriaca la Regia Marina istituì nel 1915 i primi treni armati. Nel corso del primo conflitto mondiale vennero realizzati dodici treni armati.

Prima Guerra mondiale

Nel 1915 l'Italia entrò in guerra contro la Germania e soprattutto con l'Austria-Ungheria, quest'ultima dotata di una consistente flotta che minacciava le coste adriatiche della penisola italiana.
In quel periodo la difesa costiera in Liguria fu notevolmente indebolita, la Fortezza Costiera di Genova fu privata da molti pezzi d'artiglieria inviati a Taranto e a Brindisi [26] proprio perchè più minacciate essendo alla portata della flotta austriaca, che a causa del blocco di Otranto era limitata ad operare nell'Adriatico.
Comincia in compenso a crescere la minaccia per tutti i porti di incursioni dei sommergibili degli Imperi centrali ai danni del naviglio italiano.
Per combattere questa piaga, nascono i Punti di Rifugio (P.R.), ossia tratti di costa difesi dalle batterie terrestri in cui le navi amiche potevano transitare o sostare. La Liguria in questo senso rappresentava una linea praticamente ininterrotta, a difesa del traffico navale e delle linee ferroviarie costiere, che dopo Caporetto furono indispensabili per il transito dei rinforzi anglo-francesi.[27]
Genova fu nodo vitale di questa linea di difesa, e la sua piazza fu una delle più armate anche se con pezzi spesso obsoleti e di medio calibro, comunque utili a costringere eventuali assalitori sottomarini alla reimmersione. Nonostante le precauzioni a largo del breve tratto di litorale antistante Genova, vennero affondati in poco tempo due piroscafi da trasporto, tra cui l'americano Washington, di ottomila tonnellate di stazza, carico di locomotive, vagoni ferroviari e materie prime destinate all'industria bellica italiana, affondato il 3 maggio 1917 a largo di Camogli.
All'epoca in difesa di Genova erano presenti ...batterie, quelle di...

Il periodo tra le due guerre

Dopo la prima guerra mondiale, nel Mediterraneo si costituì un condominio anglo-franco-italiano e la difesa delle coste venne a basarsi più sull’efficienza della flotta navale che su quella delle batterie costiere. La Regia Aeronautica italiana inoltre, era una forza di tutto rispetto con basi situate su tutto il continente e sulle isole, che consentivano un controllo e un eventuiale appoggio ad eventuali incursioni nemiche.
Nonostante tutto, vennero approvati e attuati alcuni progetti per aggiornare le batterie costiere lungo tutta la penisola, dato che la maggior parte delle opere edificate durante la Grande Guerra, pur essendo in molti casi ancora attuali dal punto di vista tecnico, si trovava in zone ormai strategicamente di secondo piano. Il 14 gennaio 1921 lo Stato Maggiore del Regio Esercito, di concerto con quello della Regia Marina, individuò quindici aree industriali e demografiche da proteggere dalle offese da mare [28] :

Seconda Guerra mondiale

 
Bersagliere di vedetta lungo la costa di Genova affiancato da una torretta interrata di Renault FT-17.

Dopoguerra

Oggi

Le opere distrutte

Visitiamo le opere

Note

  1. ^ Busca, op.cit. pag. 219-222.
  2. ^ L.C.Forti op.cit, pag.9
  3. ^ L.C.Forti op.cit. pag.9
  4. ^ L.C.Forti op.cit. pag.11
  5. ^ Antoine De Ville, Les fortification du chevalier Antoine De Ville, contenant la maniere de fortifier toute sortes de places tant regulierement, qu' irregulierment,... .Avec l'attaque... .Puis la defense..., à Lyon 1628. Des Ports de Mer, Chapitre LXIV, pp. 216-220
  6. ^ R. Delle Piane, op.cit. pag.14.
  7. ^ L. Grossi Bianchi – E. Poleggi, op.cit. pag. 323
  8. ^ Delle Piane, op.cit. pag 184
  9. ^ S.Finauri, op.cit. pag. 13
  10. ^ Mire francesi sul mediterraneo – Il re Sole contro Genova - Secolo XIX, 28 giugno 1973
  11. ^ all'epoca all'avanguardia nelle tecniche di impiego dell'artiglieria, come all'avanguardia nella tecnologia bellica stessa, solo due anni prima infatti, impiegò per la prima volta in assoluto le bombarde da 330 mm contro la città di Algeri, con ottimi risultati
  12. ^ Anonimo, Relazione di Genova, sui diversi stati, ultime differenze e aggiustamenti con la Corona di Francia, Bologna, Milano 1685, pag.35-46
  13. ^ L.C.Forti op.cit. pag. 30
  14. ^ Ciò fu possibile grazie al paziente lavoro di spionaggio, con l'invio anni prima, di emissari francesi in incognito con il compito di studiare le difese e il porto della città, e mettere a punto il milgior piano offensivo per la flotta francese.
  15. ^ L.C.Forti, op.cit. pag. 41
  16. ^ L.C.Forti,op.cit. pag. 50
  17. ^ L.C.Forti op.cit. pag. 71
  18. ^ A.S.G., Sala Senarega, Diversorum Collegi, n. 250 - relazione degli Ill.mi Sig.ri Agostino Gavotti e Felice Carrega delle Batterie di S.Nazaro e Celso, in data 12 febbraio 1746
  19. ^ L.C.Forti op.cit. pag.139
  20. ^ Vedi le voci:
    Batterie Galleggianti, Enciclopedia militare vol II, Milano 1933 pag.125
    Assedio di Danzica (1734) Enciclopedia militare vol III, Milano 1933. pag.381
  21. ^ L.C.Forti op.cit. pag. 167
  22. ^ L.C.Forti op.cit. pag.187
  23. ^ Il 6 novembre 1892, in questo senso, il Magistrato delle Fortificazioni chiedeva agli ingegneri un parere <<per il rinforzo di più pezzi di cannone da farsi in varie batterie al Posto della Lanterna>> - A.S.G. Sala SenaregaDiversorum Collegi, n. 378
  24. ^ L.C.Forti op.cit. pag. 282
  25. ^ L.C.Forti op.cit. pag.288
  26. ^ Carlo Alfredo Clerici, La difesa costiera del Golfo di genova, Uniformi e Armi, settembre 1994, pag. 35 - 41
  27. ^ C.A.Clerici op.cit. pag 35
  28. ^ C.A.Clerici, Le difese costiere in Italia durante le due Guerre,Testo del volume di Carlo Alfredo Clerici ”Le difese costiere italiane nelle due guerre mondiali”. Parma: Albertelli Edizioni Speciali, 1996

Bibliografia

  • Leone Carlo Forti, Fortificazioni e ingegneri militari in Liguria (1684-1814), Compagnia dei librai, 1992
  • R. Delle Piane, Mura e Fortificazioni di Genova, Nuova Editrice Genovese,Genova 1984.
  • L. Grossi Bianchi – E. Poleggi, Una città portuale nel mediterraneo - Genova nei secoli X – XVI, Ed. SAGEP, Genova.
  • S.Finauri, Forti di Genova – Storia, tecnica e architettura dei fortini difensivi - edizione 2007
  • Gabriello Busca, L'Architettura Militare, Milano 1601, op. cons., Milano 1619.