Disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon

incidente avvenuto nel Golfo del Messico nel 2010 in Messico

Il disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon è stato uno sversamento massivo di petrolio nelle acque del Golfo del Messico in seguito a un incidente. Il disastro è iniziato il 20 aprile 2010 ed è ancora in corso.

La piattaforma petrolifera Deepwater Horizon in fiamme, prima dell'inabissamento.
Lo sversamento in mare del petrolio osservato da un satellite della NASA il 1º maggio 2010.
Lo sversamento in mare del petrolio osservato da un satellite della NASA il 17 maggio 2010.
Lo sversamento in mare del petrolio osservato da un satellite della NASA il 24 maggio 2010.

È il disastro ambientale più grave della storia americana, avendo superato per entità quello della petroliera Exxon Valdez nel 1989.

Antefatto

Deepwater Horizon

  Lo stesso argomento in dettaglio: Deepwater Horizon.

La Deepwater Horizon era una piattaforma petrolifera, dal valore di circa 560 milioni di dollari[1][2], di proprietà dell'azienda svizzera Transocean, la più grande compagnia del mondo nel settore delle perforazioni off-shore; affittata alla multinazionale British Petroleum per 496.000 dollari al giorno. Estraeva circa 8000 barili di petrolio al giorno, era grande quanto 2 campi da calcio e si trovava a circa 80 km dalla Louisiana, nel Golfo del Messico, e poteva ospitare circa 130 persone. Il 2 settembre 2009 la Deepwater Horizon ha trivellato il pozzo di idrocarburi più profondo al mondo, lungo 10 685 metri di cui 1259 di acqua, nel giacimento di Tiber, sempre nel Golfo del Messico. La trivella della Deepwater Horizon era una delle più grandi al mondo, lunga 121 metri per 78 metri di larghezza, poteva operare in acque profonde fino a 2400 metri e scavare pozzi profondi fino a 9100 metri.[3]

Il contesto storico

Considerazioni politiche prima del disastro

Il disastro ambientale

Il 20 aprile 2010, mentre la trivella della Deepwater Horizon stava completando un pozzo petrolifero, un'esplosione sulla piattaforma ha innescato un violentissimo incendio; 11 persone sono morte all'istante, incenerite dalle fiamme, mentre 17 lavoratori sono rimasti feriti.[4]

In seguito all'incendio la flotta della British Petroleum ha tentato invano di spegnere le fiamme, oltre a recuperare i superstiti.

Due giorni dopo la piattaforma è affondata, depositandosi a circa 400 metri di profondità e circa mezzo chilometro a nord-ovest del pozzo. Nonostante il suo affondamento, dal pozzo petrolifero sul fondale marino è continuato a fuoriuscire il petrolio greggio, spinto dalla pressione più elevata del giacimento petrolifero e poi risalito per via della minor densità rispetto all'acqua. Infatti le valvole di sicurezza di chiusura del pozzo non hanno funzionato.[5] Il 7 maggio 2010 la British Petroleum ha poi tentato di arginare la falla utilizzando una cupola di cemento e acciaio dal peso di 100 tonnellate, ma la perdita non si è arrestata ed il tentativo di ridurre il danno è fallito.[6]

I giorni successivi all'esplosione della piattaforma il controammiraglio di Guardia Costiera Mary Landry intervistato dall'ABC escludeva un'emergenza ambientale significante.[7]

L'entità esatta della perdita è stata stimata da un minimo di 12 000 ai 65 000 barili (tra i 2 e 10 milioni di litri) di idrocarburi al giorno.[8]

Gli sforzi dei soccorsi

Nel tentativo di porre rimedio al disastro gli ingegneri hanno adottato almeno cinque strategie:

  • veicoli sottomarini operanti in remoto allo scopo di chiudere le valvole di sicurezza sul fondo del mare;[9]
  • spargimento di agenti disperdenti attraverso robot sommergibili, aerei e navi di supporto, allo scopo di legare chimicamente il petrolio e farlo precipitare sul fondo del mare, dove dovrebbe rimanere inerte nei confronti dell'uomo;[10]
  • trivellazione adiacente al punto di fuoriuscita del petrolio, allo scopo di raggiungere con un tubo di perforazione il canale di comunicazione fra il giacimento petrolifero e il fondale marino per potervi iniettare del cemento, questa operazione è stata denominata "Top Kill";[11]
  • piattaforme galleggianti aspiranti il petrolio che raggiunge la superficie;[12]
  • camera di contenimento calata al di sopra della perdita primaria del tubo di perforazione danneggiato.[13]

Nessuna di queste strategie finora è riuscita a fermare la fuoriuscita di petrolio.

Le conseguenze

Conseguenze sulla salute umana

Il disastro della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon avrà nel breve e medio periodo effetti sulla popolazione locale in termini di esacerbazione di malattie respiratorie e patologie della pelle (follicoliti cutanee) e, nel lungo periodo, gravi effetti in termini di aumento statistico dell'incidenza di tumori. Gli effetti nel lungo periodo comprendono anche aumenti statistici degli aborti spontanei, neonati di basso peso alla nascita o pretermine.

Il petrolio e le sostanze chimiche disperdenti rilasciate sul luogo del disastro contamineranno la popolazione locale nel breve e medio termine per via inalatoria; nel lungo termine per via orale, come conseguenza dell'accumulo degli idrocarburi nella catena alimentare.

Conseguenze ambientali su fauna e flora

Le prime specie animali vittime del disastro sono state quelle di dimensioni più piccole e alla base della catena alimentare, come ad esempio il plancton. Hanno seguito le specie di dimensioni via via maggiori che sono state contaminate direttamente (dagli idrocarburi e dalle sostanze chimiche dispersanti) oppure indirettamente (per essersi alimentate involontariamente di animali contaminati); fra le specie coinvolte: numerose specie di pesci, tartarughe marine, squali, delfini e capodogli, tonni, granchi e gamberi, ostriche, menhaden, varie specie di uccelli delle rive, molte specie di uccelli migratori, pellicani.

Gli agenti dispersanti (fra i quali il prodotto commercializzato come corexit), cioè le sostanze chimiche utilizzate per disperdere gli idrocarburi in parti più piccole e per farli precipitare sul fondale del mare hanno consentito di nascondere la marea nera della superficie; tuttavia tali sostanze non hanno ridotto la quantità di greggio ma l'hanno solo nascosta alla vista, ad oltre 1600 metri di profondità, dove continua ad esercitare i suoi effetti nefasti sulla catena alimentare a tutti i livelli, uomo compreso.

Di secondaria importanza i timori che si concentrano sulle specie già a rischio per le quali l'estinzione potrebbe essere accelerata.

Il danno economico

I danni del disastro ambientale sono impossibili da calcolare, tuttavia è possibile farne una stima.

I danni diretti, cioè quelli immediatamente visibili ed evidenti sono:

  • il valore economico, non stimabile né riparabile, della perdita di 11 vite umane;
  • il valore economico, non stimabile né riparabile, del danno ambientale procurato;
  • il valore economico della piattaforma (equivalente a circa 560milioni di dollari), degli investimenti per la trivellazione del pozzo (andati in fumo), la perdita azionaria della British Petroleum, della Transocean e della Cameron International;
  • il costo dei primi soccorsi, per lo spegnimento dell'incendio ed il salvataggio del personale della piattaforma e la ricerca dei dispersi, il costo dell'operazione per la calata della cupola più il costo della cupola da 100 tonnellate, il costo delle operazioni per arginare o tappare la fuoriuscita dal pozzo;
  • il costo per il tentativo di arginare l'area sul mare dove si è sparso il petrolio fuoriuscito;
  • il costo per limitare il danno tentando la bonifica delle acque e delle coste e la pulizia degli animali.

Fra quelli indiretti, cioè quelli correlati ma non strettamente conseguenti al disastro, vi sono:

  • il danno all'industria locale della pesca;
  • il danno all'industria del turismo;
  • l'aumento del prezzo del petrolio.

Le indagini

Il 12 Giugno la guardia costiera statunitense ha comunicato un ultimatum di 48 ore per fermare la fuoriuscita del greggio

Le dichiarazioni politiche dopo il disastro

Il presidente Barack Obama è deciso a far pagare una grossa somma alla Bp come risarcimento del disastro ambientale. Il presidente è stato criticato dai repubblicani per la sua malgestione del disastro. Al 28 giugno 2010 la Bp annuncia di aver già versato 2.65 miliardi di dollari.

Le manifestazioni contro il disastro

Risultando prive di efficacia le azioni volte a fermare la fuoriuscita di petrolio, a poco più di un mese dall'incidente - e a perdite ancora in corso - a New York si sono avute manifestazioni di protesta per chiedere che in futuro simili tragedie ambientali non possano più accadere.[14].

Note

Disastro ambientale nel Golfo del Messico: la BP sapeva di falle nel sistema di sicurezza della piattaforma esplosa.

Bibliografia

Notizie sui siti di informazione italiani
Notizie sui siti di informazione esteri (in lingua inglese)

L'aggiornamento degli articoli si ferma al 07 maggio 2010.

Raccolte di articoli giornalistici


Voci correlate

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