Vittorio De Sica

attore e regista italiano (1901-1974)
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Vittorio Domenico Stanislao Gaetano Sorano De Sica (Sora, 7 luglio 1901Neuilly-sur-Seine, 13 novembre 1974) è stato un attore, regista e sceneggiatore italiano.

Vittorio De Sica negli anni '60.

È stato una delle figure preminenti del cinema italiano e mondiale, ed è considerato allo stesso tempo uno dei padri del Neorealismo, ma anche uno dei grandi registi e interpreti della Commedia all'italiana.

Biografia

Vittorio De Sica nasce, nel 1901, nella vecchia e disciolta Terra di Lavoro, regione storico-geografica d'Italia legata alla Campania fino al 1927 (oggi risultante suddivisa tra le regioni politico-amministrative del Lazio, della Campania e del Molise). Il luogo nel quale nacque il regista, corrisponde oggi alla provincia di Frosinone, nell'attuale Lazio. Egli era figlio dell'impiegato di banca e assicuratore Umberto (nato a Reggio Calabria, ma di origine salernitana), col quale aveva un rapporto molto bello e forte, e al quale dedicherà il suo film Umberto D., e della napoletana Teresa Manfridi. In seguito viene condotto a Napoli, dove vive fino al 1914. Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, la famiglia si trasferisce a Firenze, dove ad appena 15 anni inizia ad esibirsi come attore dilettante in piccoli spettacoli organizzati per i militari ricoverati negli ospedali. In seguito avvenne il definitivo trasferimento a Roma.

Gli inizi in teatro

Già durante gli studi di ragioneria, grazie all'intercessione dell'amico di famiglia Edoardo Bencivenga, ottiene un piccolo ruolo (è un cameriere) in un film muto diretto da Giancarlo Saccon, Il processo Clemenceau del 1917. Preferisce comunque continuare gli studi salvo poi, dopo aver ottenuto il diploma di ragioniere, accettare nel 1923 una scrittura teatrale da generico nella compagnia diretta dalla prestigiosa attrice Tatiana Pavlova, con la quale rimane per due anni. Nella primavera del 1925 è secondo attore brillante nella compagnia di Italia Almirante, celeberrima diva del muto, quindi nel 1927 passa alla qualifica di secondo attor giovane nella compagnia di Luigi Almirante, Sergio Tofano, e Giuditta Rissone.

Nel 1930 giunse al livello di primo attore, accanto a Guido Salvini, e lì viene notato da Mario Mattòli, in quel momento titolare della Compagnia Teatrale Za-Bum (il primo serio esperimento italiano teatrale di mescolare la comicità degli attori del varietà al genere drammatico degli attori di prosa), il quale, comprese le sue qualità brillanti, lo scrittura immediatamente e lo mette al fianco di Umberto Melnati, col quale formò una coppia comica di assoluto rilievo per l'epoca, con gag e tormentoni che li rendono celebri a livello nazionale, soprattutto la canzone Lodovico sei dolce come un fico e tanti sketch radiofonici: da citare su tutti il Dura minga, dura no ripreso in seguito negli anni cinquanta in un carosello pubblicitario da Ernesto Calindri e Franco Volpi.

Nel 1933 fondò una sua propria compagnia con Giuditta Rissone e Sergio Tofano, con rappresentazioni soprattutto comiche. Nel dopoguerra immediato, quando cominciò ad essere celebre anche come regista cinematografico, insieme a Paolo Stoppa e a Vivi Gioi dal 1944 portarono in scena anche drammi di notevole valore come Catene di Langdon Martin. Nella stagione 1945-1946 partecipò a due spettacoli diretti da Alessandro Blasetti, Il tempo e la famiglia Conway di John Boynton Priestley e Ma non è una cosa seria di Luigi Pirandello. Nella stagione 1946-1947 lavorò con Luchino Visconti, insieme a Vivi Gioi e a Nino Besozzi nello spettacolo Il matrimonio di Figaro di Beaumarchais, oltre che alla rivista Ah... ci risiamo! scritta da Oreste Biancoli. Infine, nella stagione 1948-1949, partecipò alle due novità I giorni della vita di William Saroyan e Il magnifico cornuto di Fernand Crommelynck, entrambi diretti da Mario Chiari. Quella fu la sua ultima apparizione sul palcoscenico: in seguito, sempre più assorbito da impegni cinematografici e televisivi, non vi farà più ritorno. Si calcola che De Sica, tra il 1923 e il 1949, abbia preso parte, tra commedie, spettacoli di rivista e drammi in prosa, a oltre 120 rappresentazioni.

Attore cinematografico

 
La piastrella autografata da De Sica sul Muretto di Alassio
 
De Sica con Carotenuto e Blasetti durante una pausa della lavorazione di Tempi nostri del 1954

Sul grande schermo, dopo altre due partecipazioni a film muti diretti da Mario Almirante nel biennio 1927-1928, diventò un divo tra i più richiesti (alla pari con Amedeo Nazzari, Gino Cervi e Fosco Giachetti) dal 1932, con molte commedie garbate e gradevoli interpretate con Lia Franca e Assia Noris e tutte dirette da Mario Camerini: tra queste si ricordano Gli uomini, che mascalzoni... del 1932, in cui lancia la celeberrima canzone Parlami d'amore Mariù, suo cavallo di battaglia per il resto della carriera, quindi Darò un milione del 1935, dove incontra Cesare Zavattini, Il signor Max del 1937 e I grandi magazzini del 1939.

Artista instancabile, anche una volta iniziata la sua prestigiosa attività come regista continuò sempre ad essere un graditissimo attore: apparve in un centinaio di pellicole, anche in brevi ruoli di contorno, vincendo un Nastro d'Argento nel 1948 ed ottenendo numerosi premi negli anni seguenti a diversi festival. Nei primi anni cinquanta colse come interprete uno straordinario successo di pubblico con due pellicole dirette da Alessandro Blasetti e Luigi Comencini, e nelle quali recitò a fianco di Gina Lollobrigida: Altri tempi (1952), nell'episodio Il processo di Frine, dove in una memorabile arringa nella parte di avvocato difensore delle grazie di una popolana inventò il termine proverbiale maggiorata fisica, quindi in Pane, amore e fantasia (1953), dove interpreta l'esuberante maresciallo Carotenuto, impegnato a corteggiare una bella levatrice, e che avrà tre sequel. Divertentissima e memorabile anche la sua interpretazione al fianco di Totò in I due marescialli (1961).

Ebbe anche un proficuo rapporto con Alberto Sordi, che tentò di lanciare nel 1951 producendo e dirigendo anonimamente Mamma mia che impressione! e col quale recitò in diversi film, tra i quali sono da menzionare Il conte Max, Il moralista e Il vigile. Il risultato più alto del connubio è probabilmente in un sottovalutato film diretto dallo stesso Sordi, Un italiano in America (1967), dove interpretò un incisivo e malinconico ruolo di uno sfaccendato squattrinato emigrato negli Stati Uniti d'America, che sfrutta la partecipazione a una trasmissione televisiva per incontrare il figlio che non vedeva da tempo e al quale fa credere di essere ricco.

Molto intense anche le sue interpretazioni drammatiche, su tutte quella de Il generale della Rovere, di Roberto Rossellini (1959), o la partecipazione nel remake di Addio alle armi di John Huston e Charles Vidor (1957).

De Sica regista

 
Vittorio De Sica con Cesare Zavattini.

De Sica compì il suo esordio dietro la macchina da presa nel 1939 sotto l'egida di un potente produttore dell'epoca, Giuseppe Amato, che lo fece debuttare nella commedia Rose scarlatte. Fino al 1942 la sua produzione da regista non si discosta molto dalle commedie misurate e garbate simili a quelle di Mario Camerini: ricordiamo Maddalena... zero in condotta (1940) con Carla Del Poggio e Irasema Dilian, e Teresa Venerdì (1941) con Adriana Benetti. A partire dal 1943, con I bambini ci guardano (tratto dal romanzo Pricò di Giulio Cesare Viola) iniziò, insieme a Zavattini ad esplorare le tematiche neorealiste. Dopo un film a sfondo religioso realizzato nella Città del Vaticano durante l'occupazione della capitale, La porta del cielo (1944) il regista firma, uno dietro l'altro, quattro grandi capolavori del cinema mondiale: Sciuscià (1946), Ladri di biciclette (1948), ricavato dal romanzo omonimo di Luigi Bartolini, Miracolo a Milano (1950), tratto dal romanzo Totò il buono dello stesso Zavattini e Umberto D. (1952), pietre miliari del neorealismo cinematografico italiano. I primi due ottengono l'Oscar come miglior film straniero e il Nastro d'Argento per la migliore regia.

Dopo questa irripetibile quadrilogia, De Sica firmò altre opere molto importanti: L'oro di Napoli (1954) tratto da una raccolta di racconti di Giuseppe Marotta, Il tetto (1955) che è considerato il suo passo d'addio al neorealismo, quindi l'acclamatissimo La ciociara, del 1960, tratto dal romanzo omonimo di Alberto Moravia, che vanta una vibrante interpretazione di Sophia Loren, la quale vinse tutti i premi possibili: Nastro d'Argento, David di Donatello, Palma d'oro al Festival di Cannes e il Premio Oscar per la miglior attrice. Con la Loren lavorerà anche in seguito, nel celebre episodio La riffa inserito nel film collettivo Boccaccio '70 (1962), quindi in coppia con Marcello Mastroianni in Ieri, oggi e domani (1963), tre indimenticabili ritratti di donna (la popolana, la snob e la mondana) e terzo suo Oscar, Matrimonio all'italiana (1964), trasposizione di Filumena Marturano di Eduardo De Filippo, e I girasoli (1969). Nel 1970 ottenne un quarto Premio Oscar con la trasposizione filmica del romanzo di Giorgio Bassani Il giardino dei Finzi Contini, storia drammatica della persecuzione di una famiglia ebrea ferrarese durante il fascismo; quest'opera ottiene anche l'Orso d'Oro al Festival di Berlino del 1971. L'ultimo film da lui diretto è la riduzione di una novella di Luigi Pirandello, Il viaggio (1974), interpretato ancora da Sophia Loren.

In televisione

Molto attivo anche sul piccolo schermo, sebbene non lo amasse molto, partecipò a diverse trasmissioni statunitensi e italiane di intrattenimento leggero come Il Musichiere (1960), Studio Uno con Mina (1965), Colonna Sonora (1966), Sabato Sera con Corrado (1967), Delia Scala Story (1968), Stasera Gina Lollobrigida (1969), Canzonissima con Corrado e Raffaella Carrà 1970-71 e Adesso musica (1972), nonché nel ruolo del giudice chiamato a processare il burattino Pinocchio nel film Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini. Nel 1971 diresse due documentari, inoltre molti uomini di cultura gli dedicarono diversi documentari onorifici.

La vita privata

Era nota la sua grande passione per il gioco, per la quale si trovò a volte a perdere somme anche ingenti, e che probabilmente spiega qualche sua partecipazione in pellicole non alla sua altezza[1]. Una passione che non nascose mai e che anzi riportò, con grande autoironia, in diversi suoi personaggi cinematografici, come ad esempio in Il conte Max o L'oro di Napoli.

Sposato dal 1937 con Giuditta Rissone, che conobbe dieci anni prima e dalla quale ebbe la figlia Emi, nel 1942, sul set del film Un garibaldino al convento conobbe l'attrice catalana Maria Mercader (sorella di Ramon Mercader, l'assassino di Trotsky), con la quale andò in seguito a convivere. Dopo il divorzio dalla Rissone, ottenuto in Messico nel 1954, si unì con l'attrice catalana in un primo matrimonio nel 1959, sempre in Messico ma l'unione fu ritenuta "nulla" perché non riconosciuta dalla legge italiana; nel 1968 ottenne la cittadinanza francese e si sposò con la Mercader a Parigi. Da lei aveva nel frattempo avuto due figli: Manuel nel 1949, oggi apprezzato musicista e principale promotore della Associazione Amici di Vittorio De Sica che si occupa del restauro dei suoi film, e Christian nel 1951, che seguirà le sue orme come attore di commedia. Si spense a 73 anni in seguito ad un intervento chirurgico, il 13 novembre 1974 all'ospedale di Neuilly-sur-Seine, presso Parigi: nello stesso anno, Ettore Scola gli dedica il suo capolavoro C'eravamo tanto amati, mentre trentacinque anni dopo Annarosa Morri e Mario Canale gli dedicano il documentario Vittorio D..

  Lo stesso argomento in dettaglio: Ciociaria nel cinema.

Riconoscimenti

Premi Oscar
Festival di Berlino
David di Donatello
Nastri d'argento
Premi BAFTA
National Board of Review

Filmografia

Attore cinematografico e televisivo

 
Gli uomini, che mascalzoni... (1932)
 
Il segno di Venere (1955)

Regista cinematografico

Regista televisivo

Sceneggiatore cinematografico

Margherita Maglione, Sergio Pugliese, Cesare Zavattini, Adolfo Franci. Nel film De Sica interpreta anche il protagonista.

Apparizioni televisive

Documentari televisivi su De Sica

Aneddoti

È poco nota la vicenda che caratterizza la partecipazione di Vittorio De Sica al film L'oro di Napoli nell'episodio I giocatori. Il grande regista - che più volte prese dalla strada gli attori e le comparse per i suoi film - offrì il ruolo del conte Prospero all'avvocato penalista Alfredo Jelardi (Benevento 1890-1963) dopo averlo visto discutere una causa in tribunale a Napoli. Quando l'avvocato venne convocato da De Sica in un grande albergo napoletano sul lungomare, si recò all'appuntamento accompagnato da tre suoi giovani nipoti ed ascoltò con attenzione la proposta circa il ruolo da interpretare, pur non avendo mai recitato né al cinema e né al teatro.

Dopo aver a lungo meditato, l'avvocato Jelardi - che era stato allievo del grande Enrico De Nicola ed era molto noto a Napoli - decise però di rifiutare perché, disse, il ruolo del conte schiavo del gioco e ridotto in miseria, rispecchiava per troppi aspetti la sua storia personale. De Sica insistette a lungo, ma il principe del foro sannita fu irremovibile. Il loro incontro finì con una stretta di mano e con una richiesta di De Sica alla quale Alfredo Jelardi acconsentì con una punta di orgoglio: il regista avrebbe interpretato personalmente quella parte ispirandosi a lui. E così fu.

Note

  1. ^ In occasione della presentazione del restauro della pellicola di Ladri di biciclette, realizzato nel 2008 grazie alla sponsorizzazione del Casinò di Venezia, il figlio Christian De Sica ha dichiarato: «Proprio il Casinò che finanzia il restauro di un film di papà...Lui era un giocatore incallito, ha lasciato tantissimi soldi nelle case da gioco di mezzo mondo. In un certo senso, con questo restauro, è stato in parte risarcito. Sono certo che, da lassù, mio padre, considerato dallo scrittore Mario Puzo uno dei tre più accaniti giocatori del Casinò di Las Vegas insieme a un cinese e a un indiano, sarà contento di sapere che una casa da gioco paga per salvare un suo film» (La Stampa, 24/8/2008).

Bibliografia

  • Maria Mercader, La mia vita con Vittorio De Sica, edizioni Mondadori, 1978
  • Emi De Sica, Lettere dal set, edizioni SugarCo
  • Giancarlo Governi, Parlami d'amore Mariù. La vita e l'opera di Vittorio De Sica, edizioni Nuova Eri, 1991
  • Manuel De Sica, La porta del cielo - Memorie 1901-1952, edizioni Avagliano, 2005
  • Remo d'Acierno, "De Sica, Gill e O Zampugnaro nnammurato", Edizioni La Collina (AV) 2007

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