Peste
Template:Disclaimer medico Template:Infobox Malattia La peste è una malattia infettiva di origine batterica causata dal batterio Yersinia pestis. È una malattia quarantenaria e per il Regolamento Sanitario Internazionale è assoggettata a denuncia internazionale all'OMS, sia per i casi accertati che per quelli sospetti.
Effetti e contagi
Esistono due forme principali di peste: la differenza si può determinare analizzando l'interno dei bubboni infetti o attraverso un'emocoltura. Ancora è oscuro perché si trasmetta in una forma invece che in un'altra.
Peste bubbonica
La trasmissione nell'uomo può avvenire attraverso la puntura delle pulci dei ratti, in particolare la Xenopsylla cheopis, o tramite il morso dei ratti (suris) stessi o di altri roditori. La pulce dell'uomo (Pulex irritans) ed i pidocchi, in forma minore, permettono di trasmettere la peste bubbonica anche da uomo ad uomo.
Insorge violentemente dopo un periodo di incubazione da 2 a 12 giorni. Si presenta con febbre alta, cefalea, grave debolezza, disturbi del sonno, nausea, fotosensibilità, dolore alle estremità, vomito e delirio. Si formano pustole nelle zone punte dalla pulce infetta; i linfonodi delle zone colpite (generalmente la zona inguinale e quella ascellare) si infiammano, gonfiandosi fino a formare uno o più bubboni. Possibile formazione di petecchie.
Nei casi gravi, l'infezione si propaga nell'organismo provocando insufficienza cardiocircolatoria, complicazioni renali o emorragie interne, sintomi che possono facilmente portare alla morte. Altrimenti, nei casi meno gravi, la febbre cessa dopo circa due settimane, i bubboni gettano fuori del pus sgonfiandosi e lasciando una cicatrice.
Peste polmonare
Forma decisamente più grave rispetto alla precedente in quanto attacca i polmoni, può presentarsi anche come complicanza della forma bubbonica. Il periodo di incubazione va da 1 a 7 giorni e presenta un notevole abbassamento della temperatura corporea, dispnea (difficoltà respiratorie), tosse, cianosi (colorazione bluastra della pelle e delle mucose, sintomo di disturbi circolatori o respiratori) e grave debolezza. Caratterizzante è l'insorgenza di gravi disturbi neurologici. Se non viene curata in tempo, porta quasi sicuramente alla morte per edema polmonare acuto.
La peste polmonare è trasmissibile anche senza l'azione di pulci, per via aerea: attraverso, cioè, tosse e starnuti di persone infette, portatori in grado di contagiare il loro prossimo ospite.
Altre forme di peste
La Yersinia Pseudotuberculosis si manifesta con sintomi simili alla tubercolosi mentre la Yersinia Enterocolica colpisce essenzialmente il basso tratto digerente.
Cura
Per combattere la peste sono necessari degli antibiotici, di scelta streptomicina o gentamicina. Possono essere usati anche doxiciclina oppure il cloramfenicolo. Importante è l'isolamento dei malati per evitare ulteriori contagi.
Esistono dei vaccini antipestosi, ma a causa della brevità del loro effetto sono somministrati solo in casi di rischio evidente e programmabile di contagio (per esempio per le figure professionali di biologi, ricercatori, ecc.)
Yersinia pestis
Yersinia pestis (della famiglia delle Enterobacteriaceae) è l'agente eziologico della peste. Il batterio infetta i tessuti linfoidi dell'uomo, facendo in modo di annullare la capacità di difesa dei linfociti. Ma per far questo, il batterio deve evitare di essere ingerito dai macrofagi, le cellule del sistema immunitario che distruggono gli agenti esterni: Y. pestis risolve questo problema producendo delle proteine che penetrano nei macrofagi e li disattivano. Alcune di queste proteine provocano danni diretti alla cellula, altre invece (come YopH) fanno in modo di annullare la rete di comunicazioni interne dei macrofagi.
Jack E. Dixon, in uno studio portato avanti alla Purdue University, ha scoperto che YopH fa parte di una classe di enzimi, le tirosin fosfatasi, che rimuovono i gruppi fosfato aggiunti dai macrofagi ad alcune proteine bersaglio intracellulari, facendo sì che questi ultimi perdano la loro efficienza e che Y. pestis possa prosperare. Alcune specie di Yersinia, inoltre, usano i sistemi di comunicazione dei macrofagi per scopi propri: per esempio si fanno inglobare dai macrofagi per essere trasportate attraverso l'organismo.
La scoperta
Nel 1894 il medico svizzero Alexandre John-Émile Yersin, durante l'epidemia di Hong Kong, isolò il bacillo che per millenni ha seminato la morte nel mondo. Lo nominò Pasteurella pestis, in onore di Louis Pasteur, l'uomo che con le sue teorie dei microrganismi aveva dato inizio alla medicina infettiva in senso moderno.
Lo stesso anno anche il medico giapponese Shibasaburo Kitasato, che già nel 1889 aveva isolato il bacillo del tetano, ottenne indipendentemente gli stessi risultati del collega svizzero. Ma la Storia ricorda solo Yersin, anche perché in suo onore il bacillo della peste verrà chiamato anziché Pasteurella, Yersinia pestis.
La peste nella storia
Quello della peste è stato uno dei flagelli più temuti e catastrofici che hanno per millenni colpito l'umanità in ogni angolo del mondo. Spesso le epidemie hanno avuto dimensioni tali da stravolgere l'assetto sociale ed economico di intere aree geografiche.
In generale, va rilevato che solo nel XIX secolo si è arrivati a significative scoperte in campo medico e scientifico che hanno permesso di comprendere l'origine e le modalità di diffusione del morbo. Fino ad allora si era quasi sempre perpetuato ovunque l'equivoco di considerare l'aria come l'elemento di principale diffusione della peste. Pertanto tutte le misure di profilassi e di difesa dalla malattia si concentravano su tale elemento, trascurando invece altri fattori decisivi, come l'igiene nelle case e nelle strade e la qualità dell'acqua. Specie nelle città la scarsa attenzione alla pulizia dell'acqua e all'igiene personale, la circolazione spesso a cielo aperto degli scarichi, che andavano a confondersi con acque utilizzate per gli usi domestici, e favorivano la diffusione di ratti e di parassiti, era un pericoloso e rapido canale di diffusione della malattia.
I primordi
Alcuni testi egizi del secondo millennio a.C. descrivono alcune gravi epidemie di quella che convenzionalmente viene chiamata peste, così come ne parlano gli Ittiti, della Mesopotamia (l'attuale Iraq). Anche nella Bibbia si parla di pestilenze ed epidemie, a testimonianza della frequenza di questi eventi.
Nel Primo libro di Samuele si racconta di come Dio abbia inviato una pestilenza ai Filistei, colpevoli di aver rubato l'Arca dell'Alleanza ebraica. Alcuni studiosi dicono si tratti di peste bubbonica e datano l'evento al 1030 a.C. o, secondo altre fonti, al 1076 a.C. Il pittore Nicolas Poussin immortala questo passo biblico nel suo dipinto La peste di Ashdod o, secondo altre fonti, La peste di Azoth (1630 circa), conservato al Museo del Louvre a Parigi.
In realtà, come tutte le pestilenze storiche prima del XIX secolo è stata messa in dubbio la coincidenza tra queste pestilenze e la peste "Yersinia pestis", potrebbe in effetti trattarsi di qualsiasi epidemia estremamente contagiosa e con tassi di mortalità elevate, come tifo o febbri emoragiche.
Roma: ai tempi di Romolo
Plutarco racconta che ai tempi di Romolo, il primo re di Roma, vi fu una grave pestilenza che si abbatté sulla città. Questa malattia causava agli uomini una morte repentina, senza che si ammalassero, provocava scarsità di frutti e sterilità negli animali.[1] La stessa cosa accadde a Laurento,[2] e gli abitanti di queste due città credettero che fosse dovuta ad una vendetta divina, in seguito alla morte di Tito Tazio.[3] Sulla base del racconto di Plutarco la pestilenza non era ancora cessata una decina di anni più tardi, come risulta dalla guerra scatenata contro Cameria, sedici anni dopo la fondazione di Roma.[4]
La peste di Atene del 430 a.C.
La storia dell'antichità riporta numerose descrizioni di epidemie di peste; tuttavia, dato che il termine veniva usato generalmente per indicare pandemie a letalità elevata non si può parlare con certezza di pandemie pestose prima di quella cosiddetta di Giustiniano (VI secolo d.C.), che devastò il bacino del Mediterraneo. Da alcune descrizioni pare che alcuni focolai fossero già presenti nel Nord Africa intorno al III Secolo dell'era cristiana. Il greco Tucidide è il primo storico a descrivere accuratamente un'epidemia che si suppone di peste anche se alcuni moderni epidemiologi ritengono dalla descrizione che possa essersi trattato anche di vaiolo; Tucidide narra gli eventi di Atene durante la guerra del Peloponneso (431-430 a.C.).
L'epidemia si dice sia arrivata dall'Etiopia, e che abbia imperversato in Persia ed in Egitto prima di raggiungere la Grecia. Arriva in un momento critico per il Peloponneso, in quanto imperversa la guerra ed Atene è presa d'assedio, tanto che le proprie condizioni igienico-sanitarie sono molto scarse. Migliaia sono i morti, malgrado l'opera di medici e sacerdoti. Fra le prime vittime vi fu lo stesso Pericle, la cui morte avvenuta nel 429 a.C. privò Atene di una forte guida.
Comunque gli storici moderni, analizzando la descrizione di Tucidide e dopo attenti studi di paleopatologia, sono giunti alla conclusione che l'epidemia descritta non fosse altro che una forma di virus influenzale dall'elevata mortalità per la sovrainfezione polmonare da uno Staphylococcus aureus particolarmente aggressivo.[senza fonte]
La peste antonina (166 d.C.)
Al termine delle campagne militari orientali contro i Parti (nel 166), le armate romane vincitrici portarono nei territori dell'impero romano un'epidemia di peste che decimò la popolazione di quel tempo. Si stima che almeno un quarto o un terzo della popolazione cadde vittima di quella tremenda pestilenza. Lo stesso imperatore Marco Aurelio potrebbe essere morto di questa malattia nel 180, quattordici anni dopo l'inizio della diffusione del morbo. Anche l'appartenenza di questa "peste" alla "peste" modernamente intesa ("Yersinia pestis") è stata messa in dubbio, comunque epidemie ricorrenti di questa malattia imperversarono in Europa tra il 166 e il 543 (peste di Giustiniano), causando diffusa insicurezza, declino demografico, regressione dell'urbanizzazione, soprattutto sommate ad altri elementi concomitanti (economici, politici, militari, socio-culturali, ecc.) che contribuirono a facilitare la caduta dell'impero romano d'occidente. Alcune di queste pestilenze colpirono, secondo i contemporanei, con maggior virulenza fasce specifiche della popolazione (donne, uomini, bambini, poveri, ricchi, cittadini, contadini ecc.)
La peste nera del 1347
L'epidemia arriva in Europa dall'Est, attraverso le rotte commerciali, nascendo probabilmente nel Deserto del Gobi negli anni venti del XIV secolo, colpendo gravemente la Cina, infuriando nelle pianure del Volga e del Don. Nel 1338 le comunità nestoriane di Issyk Kul vengono decimate dal morbo. Nel 1347, durante l'assedio di Caffa (l'odierna Feodosia), importante colonia e scalo commerciale genovese in Crimea, il khan tartaro Ganī Bek, come ha scritto Michel Balard, fa lanciare dei cadaveri infetti all'interno delle mura cittadine, come antesignano della guerra batteriologica. Le galere genovesi trasportano così la peste prima a Pera, nel porto di Costantinopoli, poi a Messina. Genova rifiuta di accogliere le proprie navi infette, così che queste devono ripiegare sul porto di Marsiglia, ma ormai il contagio è sparso per tutti i porti del Mar Mediterraneo.
Le cause della tremenda diffusione della peste in Europa vanno però anche ricercate in una serie di avvenimenti precedenti al 1347. L'Europa del XIII secolo era stata caratterizzata da un notevole incremento demografico. Ma una mutazione climatica nel XIV secolo comportò un abbassamento della temperatura sia in occidente sia in oriente (questo periodo viene chiamato la "piccola era glaciale"). Conseguenze di ciò furono l'abbandono della coltivazione di cereali in Islanda e della coltivazione dell'uva in Inghilterra e, più in generale, una diminuzione della produzione agricola in tutta Europa. Ci furono numerose carestie e la malnutrizione comportò un indebolimento delle persone, motivo per cui, anche a causa delle scarse condizioni igieniche, assistemmo alla diffusione di malattie come la peste.
Nel 1348 la mortalità fu altissima: dato che in Europa la peste non compariva dal VII secolo, epoca in cui terminò la cosiddetta "peste di Giustiniano" descritta da Procopio di Cesarea e iniziata nel 542-543, non esisteva più una "memoria immunitaria" per questa malattia e quindi la forma più frequente di manifestazione fu quella polmonare, a contagio interumano (cioè non mediata dalla pulce), e con una mortalità prossima al 100%. In un secondo tempo e specialmente nelle epidemie degli anni seguenti la peste si propagò nella forma bubbonica, sensibilmente meno letale.
Agli inizi del 1348 la peste raggiunge l'entroterra. Il 20 agosto raggiunge Parigi, il 29 settembre Londra. Dopo una pausa durante l'inverno, il 1349 vede la peste imperversare in tutta Europa. Fu questo l'anno di maggior contagio, tanto che in Scandinavia questo periodo (1348 - 1350) viene ricordato come "la peste nera". Nel 1350 muore di peste Alfonso XI il Giustiziere di Castiglia e nello stesso anno la peste raggiunge la Groenlandia dando la spallata definitiva agli insediamenti del territorio ed inducendo i coloni ad abbandonarli. Nel 1351 la peste raggiunge la Moscovia uccidendone il Granduca ed il patriarca della Chiesa ortodossa.
Fra alti e bassi, la peste si presenta ogni 10-12 anni, mietendo innumerevoli vittime e slabbrando il tessuto sociale. Come Giovanni Boccaccio scrive nel suo Decameron, la peste rende nulle le leggi umane, come rende vano ogni ordine sociale e civile. « altri [...] affermavano il bere assai e il godere e l'andar cantando a torno e sollazzando e il soddisfare d'ogni cosa all'appetito che si potesse e di ciò che avveniva ridersi e beffarsi esser medicina certissima a tanto male ».
Anche una volta cessata l'epidemia, le istituzioni civili rimangono profondamente colpite, e le usanze dei sopravvissuti alle epidemie si fanno meno rigide. Un cronista dell'epoca, Matteo Villani, nella sua Nova Cronica riporta che « trovandosi pochi, e abbondanti per l'eredità e successioni dei beni terreni, dimenticando le cose passate come se state non fossero, si diedero alla più sconcia e disonesta vita che prima non avieno usata ».
La peste, paradossalmente, crea una forte ricchezza nella gente sopravvissuta: sia perché la crisi del mercato del lavoro ha fatto aumentare enormemente i salari sia per la questione dei testamenti: in quanto pochi muoiono lasciando delle volontà testamentarie, anche perché difficilmente i notai si recano in casa dei moribondi. Dopo la peste, i tribunali vengono intasati da centinaia di cause legate a dispute ereditarie.
La morte di massa colpisce fortemente le industrie inducendo le corporazioni a modificare i propri regolamenti (ad esempio permettendo l'arruolamento extrafamiliare). La peste porta anche all'abbandono dei territori anticamente coltivati a cereali con metodo intensivo lasciando spazio a nuove attività produttive come l'allevamento, la pastorizia e lo sfruttamento boschivo causando quindi una notevole discesa nei prezzi su prodotti quali la carne, il cuoio ed il legname. Inoltre la fuga di molti fittavoli verso le città provoca il crollo in molti paesi del sistema feudale e rende necessaria l'applicazione di grandi innovazioni in grado di mantenere accettabili i livelli di produttività.
La peste nera rimane in europa per i successivi 200 anni, ma fino al '600 colpì per lo più in forma attenuata e senza coinvolgere tutto il continente in un'unica epidemia. Notevoli furono però, in Italia e nelle regioni limitrofe, le epidemie del 1360 (peste dei bambini, morirono quasi esclusivamente minori), 1404, 1527-1529 (favorita dalla guerra, coplì duramente soprattutto Lazio e Lombardia), 1575-1577 (peste di san Carlo Borromeo, colpì con due versioni diverse del morbo, da Sud, penetrando da Sciacca, una malattia importata da corsari italiani che avevano saccheggiato la zona di Orano, da Nord, diffusa da mendicanti e girovaghi fiamminghi giunti a Trento, l'epidemia settentrionale fu più acuta e particolarmente dannosa per le città del Veneto, della Lombardia e dell'Emilia, meno duramente fu colpita la Toscana; Napoli riuscì ad evitare questa pestilenza isolandosi dal mondo), 1589 (peste d'Ivrea, si limitò ad alcune zone del Piemonte orientale e delle alpi che erano state risparmiate dalla peste del 1577), 1598 (peste francese, raggiunse l'Italia orientale, decimando la popolazione del Piemonte occidentale e della Liguria, risparmiate dalle pesti precedenti e transitò in alcune aree dell'Italia centrale). Alcuni aspetti di queste pestilenze medioevali e rinascimentali, così come (anche se in maniera diversa) secentesche si differenziano dalla normale eziologia della "Yersinia pestis" contemporanea. In particolare chi si ammalava di peste, se era così fortunato da spopravvire, sviluppava poi un'immunità totale, cosa che con la Yersina non funziona, poiché l'immunità è solo temporanea e limitata a pochi anni. Inoltre la malattia si diffuse in maniera molto rapida in tutti questi casi, mentre le epidemie di "Y. pestis" note sono piuttosto lente, poiché la malattia deve transitare dal topo all'uomo. Molti elementi di queste epidemie lasciano invece supporre che la malattia passasse sempre da persona a persona. Anche la sintomatologia presenta, accanto a notevoli somiglianze, alcune differenze, in particolar modo sul numero, localizzazione e dimensione dei bubboni, molto più notevoli nelle epidemie del '300 e del '600 rispetto che in quelle odierne e anche, ma in maniera meno accentuata, di quelle del '400 e del '500. Quindi risulta notevolmente credibile che la peste medioevale e rinascimentale fosse una malattia diversa, o leggeremente diversa dalla Yersinia pestis, è stato ipotizzato che fosse una variante, più infettiva, della stessa Yersinia, oppure non appartenga a questo ceppo e sia solo vagamante simile in alcuni sintomi. Le pestilenze del '300 e del '400 colpirono tutte le calssi sociali, tra il 1529 e il 1629 la peste, viceversa, divenne una tipica malattia dei poveri, ogni epidemia ovviamente chiedeva un certo numero di vittime tra le persone più benestanti, ma erano i mendicanti e il sottoproletariato urbano ad essere più colpiti ed ad avere meno possibilità di sopravvivenza. Dopo il 1629 invece, per circa un trentennio, le pestilenze tornarono ad essere molto virulente verso tutte le fasce sociali, coinvolgendo anche le persone meglio nutrite, vestite ed alloggiate.
La peste del Nord Italia del 1630
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Gli anni 1628 e 1629 vedono una terribile carestia imperversare per il nord Italia. Le città vengono prese d'assalto da vagabondi e mendicanti, in cerca di condizioni di vita migliori rispetto alle campagne, scoppiano tumulti ed agitazioni. Per ultimo arriva la peste, portata dalla discesa dei Lanzichenecchi in Italia. L'esercito si era ammassato a Chiavenna e nelle sue valli; da qui, cominciò il contagio in direzione di Milano.
Per evitare che il contagio dilaghi, le autorità sanitarie impongono l'isolamento dei paesi dove si hanno i primi casi di peste, mediante la chiusura della strada. Fra alti e bassi la peste imperversa per tutto il Nord Italia. A fine maggio 1630 sembra che l'epidemia si sia dissipata, ma a giugno il morbo si ripresenta, mietendo innumerevoli vittime.
La peste di questi anni è descritta anche dal Manzoni nel celebre romanzo I Promessi Sposi e nel suo saggio storico Storia della colonna infame. Alcuni demografi, come Guido Alfani, hanno visto in questa pestilenza una sorta di spartiacque economico nella storia d'Italia, infatti questa peste, dopo molte epidemie che avevano sostanzialmente risparmiato le campagne e "ripulito" le città dai più poveri, imperversò in maniera indiscriminata in tutta la società. Colpite furono così sia le piccole comunità rurali, sia le città, poiché morirono molti artigiani specializzati, mercanti, tecnici, imprenditori, e persone dotate di elevato know how. La ripresa fu lenta e difficoltosa. Infatti nella tipica peste "dei poveri" del '500 le perdite umane si concentravano nei lavoratori non specializzati di recente urbanizzazione e nei salariati poveri urbani, facilmente rimpiazzabili con un'emigrazione dalla camapgna. Questa pestilenza, come la successiva, colpì invece anche gli artigiani specializzati ed i datori di lavoro, scardinando il sistema produttivo e impedendo che si riformasse in tempi brevi, aumentando in maniera artificiale il costo di alcuni lavori rispetto ad altri, privando le campagne di braccia in eccesso che sarebbero accorse nelle città per ripianare i buchi. L'intera economia manifatturiera italiana ne risultò danneggiata, ed impiegò molti anni per rigenerarsi, proprio in un momento cruciale di competizione con l'Olanda e l'Europa settentrionale che né uscì avvantaggiata.
Usi, provvedimenti a Genova nel Seicento
Oltre al sacrificio di vite umane, ogni epidemia contribuiva a stravolgere e a sovvertire sia il sistema economico sia quello sociale-familiare, basti pensare nel primo caso alla evidente difficoltà all'approvvigionamento che aggravava ulteriormente la condizione della città colpita, e nel secondo caso alla stato di trascuratezza e di abbandono con il quale venivano trattati i parenti ammalati e persino i deceduti, per i quali, spesso, si svolgevano frettolosi e incompleti riti funebri.
In molte città italiane, tra le quali Genova, già nel Quattrocento, era stato istituito un Magistrato di Sanità, il cui compito era quello di gestire l'emergenza.
Durante l'epidemia gli usi, i costumi e le abitudini consuete subivano pesanti alterazioni, dato che le autorità vietavano assembramenti, balli, feste, viaggi; per limitare il contagio si erigeva, attorno alla città, il cordone sanitario che consentiva l'ingresso nei centri solo ai possessori del certificato di sanità, si formavano ronde nei punti di accesso alla località sia stradali sia marini, si attrezzavano appositi ospedali di cura solitamente lontani dalla città, si organizzavano pulizie straordinarie per le strade e nei pozzi neri, era prevista la quarantena o addirittura il rogo per le navi arrivate da luoghi sospetti.
Alcune città venivano suddivise in quartieri affidati a commissari, medici, chirurghi e speziali. Tra le misure precauzionali vigeva l'allontanamento dei mendicanti forestieri e il controllo delle case insalubri, sporche e dei poveri, considerati possibili veicoli di contagio. I medici segnalavano ai commissari i nuovi casi sospetti e la casa di questi ultimi veniva immediatamente sprangata con gli abitanti dentro; l'isolamento era interrotto solamente da personale autorizzato che prima di toccare oggetti appartenenti agli infetti, lo immergevano nell'aceto per disinfettarlo. I medici, durante le loro visite ai malati, indossavano una specie di toga lunga e incerata, una maschera dotata di occhiali e di un lungo becco con spezie all'interno che rendeva più difficile il contagio.
Ai ricchi era concesso di farsi curare a casa, risparmiandosi così il trasferimento e le cure gratuite nel lazzaretto. Peraltro le famiglie del malato rimaste isolate, se erano povere, ricevevano gratuitamente il vitto. Dopo la morte del malato, tutta la sua biancheria veniva bruciata e si punivano severamente gli atti di sciacallaggio. Inutile dire che a quei tempi abbondavano i ciarlatani convinti di aver inventato gli antidoti, quali macerazioni nel vino di varie sostanze naturali (aglio, salvia, ruta, pepe, noce, ecc.), profumi, unguenti, e fumi di mirra, incenso. I medici dell'epoca consigliavano di consumare pasti leggeri a base di carni magre, verdure, pane ben cotto, certamente preferibili ai fritti, ai dolci; di dormire in una camera profumata e con le finestre chiuse e di mantenere pulite le lenzuola, di sottoporsi al salasso e più raramente a interventi chirurgici.
Statistiche
Popolazione delle seguenti città nel 1628:
- Milano 130.000
- Bologna 62.000
- Firenze 70.000
- Venezia 143.000
- Padova 40.000
- Mantova 39.000
- Brescia 38.000
- Chiavenna 5.600
Popolazione nel 1631:
- Milano 65.000
- Bologna 47.000
- Firenze 63.000
- Venezia 98.000
- Padova 21.000
- Mantova 10.000
- Brescia 20.000
Peste del 1656
La peste del 1656 ebbe conseguenze e sviluppi molto simili a quella del 1629, anche se colpì il Sud Italia, mentre la precedente aveva martoriato il Nord (ed in particolare Genova). La città più colpita fu Napoli, seguita da Roma, focolai di infezione si verificarono in varie località del regno di Napoli,risalendo velocemente la penisola ma senza attecchire, al di là di casi sporadici e di alcune eccezioni, nelle località colpite un ventennio prima. Ancora una volta si verificò un'epidemia "complementare", la parte d'Italia meno colpita dalla precedente grande pestilenza risultò la più colpita, mentre quella risparmiata in precedenza subì i più duri danni da parte del morbo. Comunque dal regno di Napoli e dagli stati della Chiesa traboccarono alcuni casi, che colpirono soprattutto i giovani. Questo dato fa riflettere, perché è in controtendenza con la moderna Yersinia pestis; infatti i malati di Yersinia, se riescono a guarire, non sono immunizzati dalla malattia, che, dopo un ventennio, potrebbe ripresentarsi con la medesima virulenza. Evidentemente il ceppo di pestilenza del 1656 era di tipo differente da quello odierno, oppure la malattia stessa era un'altra, simile. Anche in questo caso l'epidemia fu veloce, e quasi sempre fu possibile identificare in un uomo, un caso zero, il veicolo di infezione da una località ad un'altra. Questo fa ritenere che questa pestilenza, ed in generale la peste in età moderna, era contagiosa e trasmissibile direttamente tra uomo e uomo, senza la mediazione delle pulci, umane e men che meno dei roditori.
La peste del 1656 causò anche abbondanti danni economici, da circa un secolo (ma con maggior rigore nel XVII secolo) si sterilizzavano tutte le proprietà dei malati di peste bruciandole o affumicandole. Interi magazzini, anche di seta, navi mercantili, botteghe, letti, sedie, mobilio delle osterie, utensili da cucina ed altre "robbe" furono dati alle fiamme o danneggiati, mentre il sistema dei cordoni sanitari, sperimentato tra il '400 e il '500 in Nord Italia, si diffuse in tutta l'Europa, portando sia un rallentamento dell'epidemia, sia una totale paralisi economica nelle zone colpite.
Le ultime epidemie di peste in Europa
L'avvento della Rivoluzione industriale a partire dalla fine del XVIII secolo ha generato nel giro di pochi decenni un notevolissimo miglioramento delle condizioni socio-economiche e igienico-sanitarie di gran parte della popolazione dei paesi occidentali, ed ha inoltre assicurato una più regolare produzione agricola, scongiurando le periodiche carestie sempre presenti nei secoli precedenti. Tali fattori hanno quindi determinato a partire dal XIX secolo la scomparsa pressoché totale delle epidemie di peste dallo scenario europeo. Come si può vedere dall'elenco sotto riportato, infatti, soltanto due sono gli ultimi episodi verificatisi nel corso dell'800, e si riferiscono entrambi a realtà che all'epoca non erano ancora state significativamente interessate dalla rivoluzione industriale.
- 1665 - Ultima epidemia di peste in Inghilterra (La Grande peste di Londra)
- 1720 - Ultima epidemia di peste in Francia; si estese principalmente a Marsiglia ma non raggiunse Parigi, colpì anche Messina e Tunisi
- 1743 - Ultima epidemia di peste nel Nord Italia (di scarsa entità, gravissima invece nel medesimo periodo quella di Messina, anche a causa della durezza del cordone sanitario, che impedì alla malattia di diffondersi al resto della Sicilia, ma causò una carestia durissima in città)
- 1779 - Ultima epidemia di peste nell'Europa centrale (Peste di Vienna)
- 1816 - Ultima epidemia di peste nel Sud Italia (a Noicattaro in provincia di Bari)
- 1820- Ultima epidemia di peste (eccetto casi isolati successivi) in Spagna, l'epidemia si concentra a Maiorca, che viene efficacemente messa in isolamento.
- 1844 -Ultima epidemia di peste in Egitto, che pone fine al ciclo sette-ottocentesco delle epidemie mediterrane, caratterizzate per lo più da epidemie concentrate in località portuali ed efficacemente contenute da tempestivi cordoni sanitari.
- 1889 - Ultima epidemia di peste in Russia, principalmente a Mosca
La peste nel Novecento
- 1894-1906 - Terza grande pandemia: coinvolge India, Canton, Hong Kong, Taiwan e Giappone. Solo a Canton le vittime furono tra 40.000 e 100.000 con un tasso di mortalità stimato dell'80%. In India le vittime furono 11.000.000. Durante l'epidemia a Taiwan, Alexandre Yersin isola il batterio e crea un siero che si dimostra efficace nel rallentare in modo decisivo la progressione del morbo.
- Anni 1920 - Epidemia nel Madagascar. Si verificarono circa 40.000 casi
- Anni 1960 - Epidemia in Vietnam. Nel solo 1967 si verificarono nel paese asiatico quasi 6.000 casi.
Le epidemie più recenti si sono avute in India (ottobre 1994), Uganda (novembre 1998), in Namibia (maggio 1999) e nel Malawi (luglio 1999).
La peste nel XXI secolo
- 2009 - Il 18 giugno almeno 13 casi di peste bubbonica sono registrati nella Libia orientale. L'epicentro del fenomeno è un villaggio a 30 chilometri da Tobruk, vicino al confine con l'Egitto.
Al giorno d'oggi si registrano tra i 1.000 e i 3.000 casi annuali di peste nel mondo, specialmente in Africa e in Asia, ma alcuni focolai vengono saltuariamente segnalati in alcune aree caucasiche e nordamericane (Canada sudoccidentale, Stati Uniti occidentali e meridionali, Messico settentrionale).
Note
Voci correlate
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