Aquileia (città antica)
Aquileia romana (l'odierna Aquileia in Friuli; in latino Aquileia) fu fondata nel 181 a.C. dai Romani.[1] Importante città militare di frontiera fin dall’epoca repubblicana, divenne una delle capitali dell’Impero romano sotto Massimiano. Nel 452 d.C. fu infine distrutta dalle orde degli Unni di Attila, non tornando mai più agli antichi splendori.
Periodo repubblicano (181-31 a.C.)
Fondata nel 181 a.C. nei pressi del fiume Natiso come colonia di diritto latino,[1] da Lucio Manlio Acidino, Publio Scipione Nasica e Gaio Flaminio, mandati dal Senato a sbarrare la strada alle popolazioni limitrofe di Carni ed Istri, che minacciavano i confini orientali d'Italia.[2] Fu retta inizialmente da duoviri e poi da quattroviri con un suo senato.[3] La città dapprima crebbe quale avamposto militare in vista delle future campagne contro Istri e Carni, più tardi quale "quartier generale" in vista di un'espansione romana verso il Danubio.
I primi coloni furono 3.000 veterani,[3] seguiti dalle rispettive famiglie provenienti dal Sannio, per un totale di circa 20.000 persone, a cui hanno fatto seguito dei gruppi di Veneti; più tardi, nel 169 a.C., si aggiunsero altre 1.500 famiglie,[4][3] mentre in città si insediarono anche comunità orientali, come quella egizia, ebraica e siriana.
Dall'origine di base militare deriva la forma quadrilatera del presidio, divisa dal cardine massimo, l'attuale via Giulia Augusta, e dal decumano massimo. Pacificata e romanizzata la regione, la città, municipio dopo l'89 a.C. si ingrandì in fasi successive, come attestano le diverse cinte murarie. Divenne centro politico-amministrativo (capitale della X Regione augustea, Venetia et Histria) e prospero emporio, avvantaggiata dal lungo sistema portuale e dalla raggiera di importanti strade che se ne dipartivano sia verso il Nord, oltre le Alpi e fino al Baltico ("via dell'ambra"), sia in senso latitudinale, dalle Gallie all'Oriente. Fin da tarda età repubblicana e durante quasi tutta l'epoca imperiale Aquileia costituì uno dei grandi centri nevralgici dell'Impero romano.[5] Notevole fu la vita artistica, sostenuta dalla ricchezza dei committenti e dall'intensità dei traffici e dei contatti. La sua posizione faceva sì che la città fosse il crocevia del commercio di vetro, ferro e ambra; veniva anche prodotto un vino di nome Pucinum.
Aquileia proprio in questo periodo acquisì sempre più importanza strategico-militare. Doveva fungere da postazione avanzata a protezione dell'Italia settentrionale, contro eventuali invasioni da nord e da est, come accadde:
- al tempo delle guerre cimbriche nel 102 a.C.;
- quando Mitridate VI progettò un'invasione della penisola, grazie all'alleanza con Galli e Sciti. Egli sperava che molte delle popolazioni italiche, si alleassero a lui in odio ai Romani, come era accaduto durante la seconda guerra punica ad Annibale, dopo che i Romani avevano mosso guerra contro di lui in Spagna. Sapeva, inoltre, che quasi tutta l'Italia si era ribellata ai Romani in due occasioni negli ultimi trent'anni: al tempo della guerra sociale del 90-88 a.C. e nella recente guerra servile del gladiatore Spartaco, degli anni 73-71 a.C..[6]
- per il formarsi del potente regno delle tribù daciche ad opera del loro re Burebista.[7]
Sappiamo che poco prima della conquista della Gallia, durante il suo primo consolato del 59 a.C., Gaio Giulio Cesare, con l'appoggio degli altri triumviri (Pompeo e Crasso), ottenne con la Lex Vatinia del 1º marzo[8] il proconsolato delle province della Gallia Cisalpina[9] e dell'Illirico per cinque anni e il comando di un esercito composto da tre legioni[10]. Poco dopo un senatoconsulto aggiunse anche quella della Gallia Narbonense[11], il cui proconsole era morto all'improvviso, e il comando della X legione[12].
Il fatto che a Cesare sia stata assegnata inizialmente la provincia dell'Illirico come parte del suo imperium, e che all'inizio del 58 a.C. ben tre legioni fossero state dislocate ad Aquileia,[13] potrebbe indicare che egli intendesse cercare proprio in quest'area gloria e ricchezze con cui accrescere il suo potere e la sua influenza militare e politica. Cesare aveva infatti bisogno di importanti vittorie militari così da costruirsi un suo potere personale con il quale controbilanciare quello che Pompeo si era costruito con le vittorie ottenute in Oriente. A tal fine progettava probabilmente una campagna oltre le Alpi Carniche fin sul Danubio, sfruttando la crescente minaccia delle tribù della Dacia (corrispondente grosso modo all'odierna Romania), che si erano riunite sotto la guida di Burebista, il quale aveva poi guidato il suo popolo alla conquista dei territori dislocati ad ovest del fiume Tibisco, oltrepassando il Danubio e sottomettendo l'intera area su cui si estende l'attuale pianura ungherese, ma soprattutto avvicinandosi pericolosamente all'Illirico romano e all'Italia. Le sue armate si erano però fermate all'improvviso, forse per il timore di un possibile intervento diretto di Roma nell'area balcano-carpatica. Così, invece di continuare nella sua marcia verso occidente, Burebista era tornato nelle sue basi in Transilvania, rivolgendo poi le proprie mire ad Oriente: attaccò i Bastarni e infine assediò e distrusse l'antica colonia greca di Olbia (nei pressi dell'attuale Odessa).[14]
Venticinque anni più tardi, tra il 35 ed il 33 a.C., Aquileia fu "quartier generale" delle campagne militari di Ottaviano nell'Illirico.
Archeologia di Aquileia repubblicana
Nel 148 a.C. da Aquileia ebbe inzio la costruzione della via Postumia che congiungeva l'Adriatico con il Tirreno presso Genova.[3][15] La strada era una via consolare romana fatta costruire dal console romano Postumio Albino nei territori della Gallia Cisalpina, l'odierna pianura padana, per scopi prevalentemente militari. Una quindicina di anni più tardi, nel 131 a.C., il pretore Tito Annio Rufo diede inizio alla via Annia[3][15] che collegava Hatria (la moderna Adria) con Patavium (Padova), Altinum (Altino), Iulia Concordia (moderna Concordia Sagittaria, dove incrociava la via Postumia) e infine Aquileia.
Erano adorate le divinità del pantheon latino, ma anche di quello locale. I soldati della guarnigione portarono il culto di Mitra, mentre la comunità ebraica locale originò i primi gruppi cristiani.
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La passeggiata archeologica.
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Sepolcreto romano
Periodo alto-imperiale (30 a.C.-285 d.C.)
Al tempo di Augusto, nel 15 a.C., il figliasto Tiberio, insieme al fratello Druso, condusse una campagna militare contro le popolazioni di Reti, stanziati tra il Norico e la Gallia,[17] e Vindelici.[18][19] I due, nel tentativo di accerchiare il nemico attaccandolo su due fronti senza lasciargli vie di fuga, progettarono una grande "operazione a tenaglia" che misero in pratica anche grazie all'aiuto dei loro luogotenenti:[20] Tiberio mosse dall'Elvezia, mentre il fratello minore da Aquileia e raggiunta Tridentum, divise l'esercito in due colonne. Una prima colonna percorse la valle dell'Adige e dell'Isarco (alla cui confluenza costruì il Pons Drusi, presso l'attuale Bolzano), risalendo fino all'Inn; la seconda percorse quella che diventerà sotto l'imperatore Claudio la via Claudia Augusta (tracciata pertanto dal padre Druso[21]) e che attraverso la val Venosta ed il passo di Resia, raggiungeva anch'essa il fiume Inn. Tiberio, che avanzava da ovest, sconfisse i Vindelici, riunendosi nei pressi del lago di Costanza con il fratello Druso che, nel frattempo, aveva sconfitto e sottomesso i popoli dei Breuni e dei Genauni.[22] Questi successi permisero ad Augusto di sottomettere le popolazioni dell'arco alpino fino al Danubio, e gli valsero una nuova acclamazione imperatoria.[23] Pochi anni più tardi, a partire dal 13 a.C., ancora Aquileia risultò fondamentale per la sottomissione dell'intero Illirico e della Pannonia, sotto i comandi prima del genero ed amico fraterno di Augusto, Agrippa,[24] poi del figliastro Tiberio.[25]
L'Impero tra il 165 ed il 189 (al tempo di Marco Aurelio e del figlio Commodo) venne afflitto da una pestilenza, probabilmente un'epidemia di vaiolo, conosciuta con il nome di "peste antoniniana" o "peste di Galeno", che durò circa 15 anni e secondo certe fonti sterminò una ingente percentuale della popolazione imperiale (le cifre, però, sono oggetto di discussione tra gli storici). Secondo alcuni si trattò di uno di quegli eventi che cambiarono profondamente la storia romana, quasi da determinare una rottura epocale con il periodo precedente.
La città di Aquileia vide a partire dal 168 al 170 ammassarsi nel suo territorio, immense quantità di truppe e il timore che questo assembramento potesse trascinarsi dietro il pericoloso morbo si rilevò presto fondato. Nella primavera del 168 l'imperatore Marco Aurelio e Lucio Vero decidono di recarsi nella zona danubiana per raggiungere Carnuntum; Aquileia divenne così la prima tappa, dove lo stato maggiore imperiale era composto dal prefetto del pretorio Tito Furio Vittorino, Pomponio Proculo Vitrasio Pollione, Daturnio Tullo Prisco, Claudio Frontone, Avvento Antistio. I due imperatori giunti ad Aquileia e preoccupati per l'epidemia che intanto aveva già provocato la morte del prefetto Furio Vittorino inviano una lettera a Galeno richiedendolo quale medico personale per la campagna germanica. Finita l'estate dello stesso anno Marco Aurelio si ritira dalla campagna militare con le sue truppe per svernare ad Aquileia qui fu raggiunto da Galeno proprio con lo scoppio dei primi casi di peste in città.[26] La sempre maggiore diffusione di casi di peste ad Aquileia indusse gli imperatori a decidere di ritirarsi con la sola scorta personale a Roma; Lucio Vero, che aveva sollecitato questa partenza a causa dei suoi continui malesseri, morì poco dopo ad Altino, colpito da apoplessia (gennaio 169). La città infine nel 170 fu assediata da una coalizione di genti germaniche proveniente dai territori a nord del Danubio, che attraverso la via dell'ambra raggiuse l'Italia settentrionale.[27]
Gli apprestamenti difensivi, potenziati fra il II e il III secolo, le permisero di superare gli assedi dei Quadi e dei Marcomanni (170), e dell'imperatore Massimino il Trace, che in seguito all'elezione a suo discapito da parte del Senato romano degli imperatori Pupieno e Balbino che accettarono Gordiano come Cesare, scese in Italia dalla Pannonia con l'esercito (nel 238). Quando l'esercito di Massimino giunse in vista di Aquileia, posta all'incrocio di importanti vie di comunicazione e deposito dei viveri e dell'equipaggiamento necessari ai soldati, la città chiuse le porte all'imperatore, guidata da due senatori incaricati dal Senato, Rutilio Pudente Crispino e Tullio Menofilo. Massimino prese allora una decisione fatale: invece di scendere rapidamente sulla capitale con un contingente, mise personalmente sotto assedio la città di Aquileia, permettendo ai suoi avversari di organizzarsi: Pupieno raggiunse infatti Ravenna, da cui diresse la difesa della città assediata.[28]
Sebbene il rapporto di forze fosse ancora a vantaggio di Massimino, il prolungato assedio, la penuria di viveri e la rigida disciplina imposta dall'imperatore causarono l'ostilità delle truppe verso l'imperatore. Soldati della Legio II Parthica strapparono le sue immagini dalle insegne militari, per segnalarne la deposizione, poi lo assassinarono nel suo accampamento, assieme al figlio Massimo ed ai suoi ministri (10 maggio 238).[29]
Le loro teste, tagliate e poste su pali, furono portate a Roma da messaggeri a cavallo, mentre i corpi di padre e figlio furono mutilati e dati in pasto ai cani, una poena post mortem.[30] Il Senato elesse imperatore il tredicenne Gordiano III e ordinò la damnatio memoriae per Massimino.[31]
Morto Claudio il Gotico nel 270, quest'ultimo aveva lasciato ad Aquileia un presidio di truppe al comando del fratello Quintillo, al quale il Senato conferì la carica imperiale.[32] Saputo della morte di Claudio e della nomina di Quintillo, Aureliano concluse rapidamente la guerra contro i Goti in Tracia e nelle Mesie, ponendo fine agli assedi di Anchialus, nei pressi della moderna Pomorie in Bulgaria sul Mar Nero, e di Nicopolis ad Istrum, per accorrere a Sirmio, dove fu acclamato imperatore: a questa notizia Quintillo, che era rimasto ad Aquileia, abbandonato dai suoi stessi soldati, preferì suicidarsi.[33]
Archeologia di Aquileia alto imperiale
A partire dal 15 a.C. in seguito alla conquista dell'arco alpino orientale, fu iniziata la costruzione della Via Claudia Augusta, che collegava la Venetia alle rive del Danubio, in Norico (pressappoco l'attuale Baviera), attraverso il Brennero o il passo di Resia. Fu realizzata da Druso maggiore figliestro e generale dell'imperatore Augusto; più tardi ampliata ed ultimata dal figlio ed imperatore Claudio nel 47 d.C.. Quasta via metteva in comunicazione il mondo latino con il mondo germanico, e sulla stessa confluivano altre importanti arterie stradali romane: è il caso della via Annia (che univa Adria ad Aquileia), della via Popilia (che collegava Altino e Rimini), della via Aurelia (tra Padova e Feltre passando per Asolo) e della via Postumia (la strada consolare che da Genova arrivava ad Aquileia).
Dalla metà del I secolo d.C. la città fu dotata di un importante porto fluviale,[34] ricavato da un allargamento artificiale del Natissa, e delle relative installazioni portuali, ancora in legno; verso la fine del secolo, il porto venne ricostruito in pietra.[35]
Risalirebbe invece sia la collocazione attuale, sia la struttura del foro romano di Aquileia alla fine del II-inizi del III secolo d.C.. Le misure sembra fossero di 115 metri x 57 metri, secondo uno studio di Giovanni Brusin del 1934.[36] Il continuo ampliamento della città portò alla costruzione di nuove ed imponenti mura nella parte meridionale ed occidentale, prima al tempo di Massimino il Trace,[3] poi di Giuliano l'Apostata e Teodosio I.[3]
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Porto fluviale romano (1)
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Porto fluviale romano (2)
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Scavi del porto fluviale (3)
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Veduta del porto fluviale (4)
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Porto fluviale (5)
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Porto fluviale (6)
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Porto fluviale (7)
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Porto fluviale (8)
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Il Foro romano (1)
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Foro romano (2)
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Foro romano (3)
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Foro romano (4)
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Foro romano (5)
Periodo tardo imperiale (286-451)
Massimiano, una volta divenuto Augusto d'Occidente, preferì utilizzare due capitali: Aquileia, più ad est, quale porto fluviale-marittimo sull'Adriatico e retrovia militare, vista la sua vicinanza al limes dei Claustra Alpium Iuliarum; Mediolanum, invece più ad ovest, era posizionata a guardia dei passi a nord dei grandi laghi alpini. In queste due sedi fece, quindi, erigere strutture e palazzi imperiali di grandi dimensioni, lasciando principalmente la cura della difesa del limes renano a Costanzo.[37]
Nel IV-V secolo d.C. si intensificarono le presenze imperiali e molti scontri sanguinosi risolsero contese fratricide (Costantino II, 339; Magnenzio, 350) o episodi di usurpazione: Teodosio I vi sconfisse Magno Massimo (388); Valentiniano III vi uccise Giovanni Primicerio (425).
Aquileia esercitò una nuova funzione morale e culturale con l'avvento del Cristianesimo che, secondo la tradizione, fu predicato dall'apostolo san Marco, ed il cui sviluppo fu in ogni caso fondato su una serie di vescovi, diaconi e presbiteri che subirono il martirio. I primi furono Ermagora e Fortunato (ca. 70 d.C.). Nativo di Aquileia dovrebbe essere stato papa Pio I (m. 154). Altri martiri della chiesa aquileiese furono, nel III secolo, Ilario (m. 284) e Taziano. Agli inizi del IV secolo furono martirizzati Crisogono, Proto e i fratelli Canzio, Canziano e Canzianilla, il culto dei quali trovó ampia diffusione in tutti i territori della Diocesi di Aquileia, dal Veneto all'Istria, dalla Carinzia alla Slovenia. Nel 313 l'imperatore Costantino pose fine alle persecuzioni. Col vescovo Teodoro (m. 319 circa) sorse un grande centro per il culto composto da tre aule splendidamente mosaicate, ciascuna delle quali conteneva oltre 2.000 fedeli.
Tra il 317 ed il 323[38] quando Licinio dovette cedere a Costantino I l'Illirico,[39] Costantino potenziò le flotte sull'Adriatico ed Egeo, rafforzando i porti marittimi di Aquileia, Pireo e Tessalonica (ex-capitale di Galerio), con la costruzione di arsenali, cantieri navali, oltre a migliorare l'armamento delle squadre navali.[38]
Nel 340 Costantino II attese che il fratello Costante I si recasse in una provincia che fosse fedele a Costantino stesso e scese in Italia con un esercito, col pretesto di dirigersi sul fronte orientale (gennaio-febbraio); Costante, che si trovava all'epoca in Dacia, venne a sapere delle intenzioni del fratello e gli inviò contro una forza in grado di rallentarlo prima dell'arrivo del giovane augusto col resto dell'esercito. I generali di Costante finsero un attacco su Aquileia per poi ritirarsi e tendere una serie di imboscate a Costantino che li inseguiva; in occasione di una di queste, nei pressi di Cervenianum all'inizio del mese di aprile, circondarono gli uomini di Costantino uccidendone molti, tra cui Costantino stesso, il cui corpo fu gettato nel fiume Alsa.[40] Nel 345 Costante trascorre alcuni mesi nella città, incontrando Atanasio di Alessandria.[41] Alcuni anni più tardi, Costanzo II passò l'inverno 351/352 a Sirmio, poi riprese la campagna scacciando Magnenzio da Aquileia e forzandolo a tornare in Gallia.[42] Nel 361 Flavio Claudio Giuliano inviò la guarnigione di Sirmio in Gallia, ma lungo strada, fermandosi ad Aquileia, si ribellò, assediata dalle forze di Gioviano. Giuliano invece proseguì perso Oriente, insieme con l'esercito di Nevitta, per Naisso, in Illiria, la città di nascita di Costantino, e di qui in Tracia, pronto allo scontro con Costanzo II.[43]
I vescovi di Aquileia crebbero di importanza nei secoli seguenti, dando un vigoroso contributo allo sviluppo del cristianesimo occidentale, sia sotto il profilo dottrinario (celebre e decisivo per la lotta contro l'arianesimo il concilio del 381, che interessò tutte le chiese d'Occidente) sia per l'autorità esercitata (fu metropoli per una ventina di diocesi in Italia e una decina oltre le Alpi).[44] Pochi anni più tardi, nel 387, Magno Massimo pensando di deporre Valentiniano II, attraversò le Alpi arrivando a minacciare Aquileia.[45] ; mentre l'anno successivo (nel 388), Teodosio I mosse guerra a Magno Massimo, che fu sconfitto prima a Siscia (oggi Sisak), poi nella battaglia della Sava a Poetovio (odierna Ptuj in Slovenia), ed infine ad Aquileia.
Aquileia resistette alle ripetute incursioni di Alarico (401 e del 408). Si racconta che circa quindici anni più tardi, Valentiniano III, dopo essere stato fidanzato alla figlia di Teodosio I, Licinia Eudossia, fu inviato in Occidente con un forte esercito, al comando del magister militum Ardaburio e di suo figlio Aspare, e sotto la tutela della madre Placidia, che agiva da reggente per il figlio di cinque anni; mentre era in viaggio, a Tessalonica, fu nominato cesare da Elione,[46] il 23 ottobre 424. Dopo aver svernato acquartierandosi ad Aquileia, l'esercito romano d'Oriente si mosse verso Ravenna, dove si trovava Giovanni; la città cadde dopo quattro mesi di assedio, per il tradimento della guarnigione, e Giovanni fu catturato, deposto e ucciso (giugno o luglio 425).
Aquileia non resistette infine ad Attila che in seguito all'incidentale crollo di un muro della fortificazione riuscì a penetrare nella città devastandola (452) e, si dice, spargendo il sale sulle rovine,la prese costringendo i legionari che aveva fatto prigionieri a costruire macchine da assedio in uso presso i romani e massacrò o fece schiava gran parte della popolazione. Alla figura di Attila sono legate due leggende: una inerente al crollo delle mura di Aquileia ed un sogno premonitore grazie al quale Attila conquistò la città; l'altra sul tesoro di Aquileia, sepolto per evitare che fosse depredato.
Archeologia di Aquileia tardo imperiale
Nonostante la Crisi del III secolo vi si ripercuotesse dolorosamente, la città, sede di numerosi uffici e istituzioni autorevoli, risultava ancora, alla morte dell'Imperatore Teodosio I (395), la nona città dell'Impero e la quarta d'Italia, celebre per le sue mura e per il porto. Sappiamo, infatti, che al tempo della tetrarchia Aquileia divenne una delle capitali dell'Impero romano e che fu dotata di magnifiche strutture pubbliche e private per l'Augusto Massimiano. A partire dal 293 essa fu dotata di un grande circo, collegato alla vicina residenza imperiale (posizionata ad est dell'impianto), oltre ad una zecca (dal 294[47]/296 al 425[3]). Dopo la calata degli Unni di Attila e la conseguente devastazione, la città non si riprese più veramente, tanto da ridursi notevolmente nelle sue dimensioni fino a dimezzarsi, lungo l'asse nord-sud.[3]
Conseguenze
Sopravvissero l'autorità della sua chiesa e il mito di una città che era stata potente, benché ormai il suo dominio diretto si limitasse ad un territorio di ridotta estensione che aveva i suoi punti di forza nell'area urbana con lo scalo marittimo e nel borgo di Grado. Quest'ultimo si sviluppò ed acquistò un'importanza sempre maggiore a seguito dell'invasione longobarda del 568. Da quel momento la regione di Aquileia venne suddivisa fra romano-bizantini (che ne occuparono la zona litoranea) ed i Longobardi (la parte interna). Nell'VIII secolo la sede del patriarcato viene trasferita nella più sicura Cividale.
Verso l'anno Mille si assisté alla rinascita della città, che tornò ad avere grande prestigio con il patriarca Poppone (1019-45), che riportò la sede ad Aquileia.
Note
- ^ a b Velleio Patercolo, Historiae Romanae ad M. Vinicium libri duo, I, 13.2.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XXXIX, 55; XLI, 1; XLI, 9-10; XLIII, 1.
- ^ a b c d e f g h i Luisa Bertacchi, Aquileia: l'organizzazione urbanistica, p.209.
- ^ Tito Livio, Ab Urbe condita libri, XLIII, 17.1.
- ^ Massimiliano Pavan, Aquileia città di frontiera, in Dall'Adriatico al Danubio, Padova 1991, p.124.
- ^ Appiano di Alessandria, Guerre mitridatiche, 109.
- ^ Strabone, Geografia, VII, 3, 11.
- ^ La Lex Vatinia fu proposta dal tribuno della plebe Publio Vatinio, che poi sarà luogotenente di Cesare in Gallia
- ^ La Gallia Cisalpina corrispondeva ai territori della pianura padana compresi tra il fiume Oglio e le Alpi piemontesi
- ^ Le tre legioni affidate a Cesare dalla Lex Vatinia erano la VII, l'VIII e la VIIII)
- ^ La provincia della Gallia Narbonense era stata costituita nel 121 a.C. e comprendeva tutta la fascia costiera e la valle del Rodano, nelle attuali Provenza (che proprio da provincia deriva il proprio nome) e Linguadoca
- ^ Lawrence Keppie (in The making of the roman army, from Republic to Empire, Oklahoma 1998, pagg. 80-81) suppone che la X legione fosse posizionata nella capitale della Gallia Narbonense, Narbona.
- ^ Cesare, De Bello Gallico, I, 10.
- ^ J.Carcopino, Giulio Cesare, Milano 1981, pp.255-260; A.Piganiol, Le conquiste dei Romani, Milano 1989, pp.432-433.
- ^ a b Massimiliano Pavan, Aquileia città di frontiera, in Dall'Adriatico al Danubio, Padova 1991, p.125.
- ^ Svetonio, Vita di Augusto, 20; Vita di Tiberio, 7.
- ^ Cassio Dione, Storia romana, LIV, 22, 1.
- ^ Svetonio, Tiberio, 9; Claudio, 1.
- ^ Cassio Dione, Storia romana, LIV, 22, 2.
- ^ Cassio Dione, Storia romana, LIV, 22, 4.
- ^ CIL V, 8002.
- ^ Antonio Spinosa, Tiberio, p. 41.
- ^ CIL III, 3117.
- ^ Cassio Dione, LIV, 28, 1.
- ^ Cassio Dione, Storia romana, LIV, 31, 2; Svetonio, Vita di Augusto, 20 e Vita di Tiberio, 7.
- ^ CIL V, 8268.
- ^ Cassio Dione Cocceiano, Storia romana, LXXII, 2.1-3.1.
- ^ Bowman, p. 32.
- ^ Bowman, p. 33.
- ^ Erodiano, viii.5.9
- ^ Per l'iconografia e le mutilazioni dei ritratti di Massimino Trace e di suo figlio Massimo si veda Varner, Eric, Mutilation and Transformation, BRILL, 2004, ISBN 90-04-13577-4, pp. 200-203.
- ^ Zonara, XII, 26.
- ^ Zosimo I, 47; Zonara XII, 26; Vita Aureliani 37, 6
- ^ Le rovine attuali del porto fluviale risalirebbero a Claudio, sebbene il lastricato vicino alle mura del magazzino centrale, risalirebbe ad epoca antecedente.
- ^ Michel Reddé, Voyages sur la Méditerranée romaine, Éditions Errance, Arles, 2005, p. 35
- ^ Giovanni Brusin, Gli scavi di Aquileia, in Associazione nazionale Aquileia, 1934.
- ^ Barnes, Constantine and Eusebius, p. 16; Barnes, New Empire, p. 56.
- ^ a b E.Horst, Costantino il Grande, Milano 1987, pp. 215-219.
- ^ Zosimo, Storia nuova, II, 20, 1.
- ^ Aurelio Vittore, Caesaribus, 41.22; Aurelio Vittore, Epitome, 41.21; Eutropio, X, 9.2; Sozomeno, III, 2.10; Zosimo, II, 41-2; Zonara, III, 5.7-16.
- ^ Atanasio, Apologia ad Constantium XV, 4; III, 7; Festal Index 17.
- ^ Ammiano Marcellino, XVI, 12.5; Codice teodosiano, XV, 14.5 del 3 novembre 352.
- ^ Ammiano Marcellino, Storie, XVI, 7, 6.
- ^ Si veda in proposito la lista dei Patriarchi di Aquileia.
- ^ Zosimo, Storia nuova, IV, 42.
- ^ Teodosio era ammalato e non poté viaggiare col nipote (Tony Honoré, Law in the Crisis of Empire, 379-455, Oxford University Press, 1998, ISBN 0198260784, p. 248).
- ^ J.H.Humphrey, Roman Circuses, Londra 1986, p.625.
Bibliografia
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- Eutropio, Breviarium historiae romanae (testo latino) .
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- Zosimo, Storia nuova, I-II traduzione inglese del libro I, QUI.
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- E.Horst, Costantino il Grande, Milano 1987, pp. 215-219
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- Alan Bowman, Peter Garnsey e Averil Cameron, The Cambridge ancient history - XII. The Crisis of the Empire A.D. 193-337, Cambridge University Press, 2005, ISBN 0-521-30199-8.
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- (EN) Pat Southern, The Roman Empire: from Severus to Constantine, Londra & New York, 2001, ISBN 0-415-23944-3.
- (EN) Alaric Watson, Aurelian and the Third Century, Londra & New York, 1999, ISBN 0-415-30187-4.
Voci correlate
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