Jesi
Template:Comune Jesi è un comune italiano di 40.635 abitanti[1] della provincia di Ancona nelle Marche.
È una città di lunghe e importanti tradizioni industriali, che le sono valse, sin dalla fine dell'Ottocento, l'appellativo di "Milano delle Marche". A testimonianza del suo glorioso passato storico, che l'ha vista anche piccola capitale della "Respublica Aesina", conserva un centro storico con interessanti monumenti, ancora circondato da una cinta muraria del XV secolo pressoché intatta. Sin dall'epoca medievale è uno dei centri più importanti e attivi della regione. È la terza maggiore città della provincia di Ancona dopo il capoluogo e Senigallia.
Geografia fisica
Jesi è situata nella bassa valle dell'Esino. Si estende su una superficie di 107 km², ad un'altitudine di 97 m s.l.m..
Clima
Nonostante la vicinanza al mare, Jesi presenta un clima alquanto continentale. Il clima è caratterizzato da inverni freddi e umidi, a volte nevosi. In gennaio spesso tirano venti di tramontana (coda di bora). Si ricordano per esempio fra gli inverni rigidi quelli del 1995 e del 1996 dove si contavano 50 – 60 cm di neve e una temperatura notturna di -12 °C. Le estati sono umide e afose, caratterizzate per lo più da una totale assenza dei venti. Nel 2003 si registrarono picchi record di 43 °C. Alla fine dell'estate (agosto) spesso si verificano violenti temporali con possibili grandinate. Le stagioni mediane, fresche sui rilievi, e temperato sulla fascia costiera, possono rivelarsi anche molto piovose (aprile-maggio) e con presenza di dense foschie e nebbie, in particolare nei mesi autunnali.
Storia
la Leggenda
La leggenda di Jesi dice che fu fondata da Re Esio, re dei Pelasgi, che qui giunse direttamente dalla Grecia nel 768 a.C. e donò il simbolo di un leone rampante al blasone cittadino; da come si legge anche su un'iscrizione presente sotto l'edicola recante lo stemma cittadino, posta nella facciata del Palazzo della Signoria. Questo mitologico sovrano fu considerato il capostipite degli Etruschi, dei Sabini e dei Piceni. Questa leggenda che si è protratta nei secoli, sembra sia l'origine della storica denominazione di Jesi come Città Regia.
Origini e Identità celtiche
Jesi ha origini molto antiche; si ritiene sia stata l'ultimo avamposto degli Umbri in territorio piceno. Nel IV secolo a.C. i Galli Sènoni, popolazione celtica calata dal nord e così detta dalla città di provenienza - l'odierna Sens in Francia. I Galli Sènoni scacciarono gli Umbri e si stanziarono sulla costa orientale dell'Italia, da Rimini ad Ancona, in quello che venne denominato Ager Gallicus. Vi fondarono "Sena Gallica" (Senigallia) che divenne la loro capitale. Stabilirono il confine sud del loro dominio sul fiume Esino, facendo di Jesi l'ultima roccaforte di difesa contro i Piceni.
Dominazione Romana
Per oltre un secolo si verificarono molti scontri fra i Galli Sènoni e i Romani, finché, a seguito della Battaglia del Sentino del 295 a.C. Roma sconfisse definitivamente i popoli Italici, nel 283 a.C. i Galli Sènoni furono debellati e quindi sottomessi. I Romani stabilirono nel tempo numerose colonie, Jesi nel 247 a.C. venne trasformata nella colonia civium romanorum di "Aesis" e incorporata nella Regio VI Umbria. Nasce così il municipium di Aesis con una struttura urbanistica corrispondente al modello del Castrum, modello sostanzialmente rimasto intatto. I Romani costruirono anche un importante via di comunicazione, la Via Salaria Gallica, che passando proprio per Jesi (la quale sembra sia stato un importante centro di dazio fra la V e la VI Regio) collegava la Via Flaminia alla Via Salaria. La continuità demica da allora, nonostante il susseguirsi delle invasioni, non fu più interrotta. In epoca romana Cupramontana e Planina furono i due centri vicini e rivali di Aesis, ma a differenza di quest'ultima non sopravvissero ai saccheggi e alle distruzioni barbariche.
Altomedioevo
Con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente nel 476 d.C. ad opera delle truppe di Odoacre, Jesi, venne devastata dagli stessi. Qualche anno dopo, nel 493, con la conquista dell'Italia da parte degli Ostrogoti di Teodorico fu distrutta nuovamente. Nel 554 gli Ostrogoti furono scacciati dall'Italia da parte dei Bizantini e così anche Jesi, che poi venne inclusa, con la parte nord delle Marche e parte sud della Romagna, in uno dei sette distretti militari dell'Esarcato di Ravenna, la Pentapoli, costituita nel 585 dall'imperatore Maurizio I. In seguito i Bizantini la eressero a uno dei centri principali della nuova "Pentapoli annonaria" (insieme a Gubbio, Urbino, Cagli e Fossombrone), costituita in contrapposizione a quella "Marittima" (Rimini, Pesaro, Fano, Senigallia e Ancona), per un maggiore controllo e difesa del territorio interno della regione. Un ulteriore riconoscimento per Jesi fu l'elevazione a diocesi, come conferma la menzione di un suo vescovo già nel 680.
Dal 728 i Longobardi ripresero le invasioni verso le Pentapoli quando infine nel 751, guidati dal re Astolfo conquistarono l'Esarcato e devastarono Jesi. In seguito alle invasioni dei Franchi del 752-754, il loro re Pipino il Breve, conquistò i territori del vecchio Esarcato nel 754, e con l'accordo papale della Promissio Carisiaca li donò all'autorità di papa Stefano II Orsini, creando lo Stato della Chiesa e dando quindi inizio al potere temporale dei Papi. A partire dall'VIII secolo l'azione dei monaci benedettini diede vita, nella valle dell'Esino, ad innumerevoli abbazie. Ma il dispotismo papale portò a una crisi finanziaria, sociale e culturale che spesso sfociò in varie sanguinose rivolte, talvolte viste anche a riportare il dominio dei Longobardi. Solo nel 773 l'esercito dei Franchi di Carlo Magno debellò definitivamente i Longobardi. Ma le rivolte continuarono frequenti, tanto che con l'incoronazione, , di Carlo Magno a Imperatore il 25 dicembre 800, Jesi, pur appartenendo alla Chiesa, ricade sotto la giurisdizione imperiale ed entra a far parte della nuova contea della Marca. A partire da questo periodo prende forma la struttura feudale della città. Nel 999 l'imperatore Ottone III riconsegna alla Chiesa di papa Silvestro II otto contee, tra cui quella di Jesi. Sull'esteso territorio di Jesi sorgevano ben 29 abbazie camaldolesi e benedettine insieme a numerosi possedimenti dei conti di Jesi (gli Attoni, di stirpe longobarda) e quelli di altri piccoli centri. Iniziò così un periodo di profonda crisi e sottomissione.
L'Età Comunale e Federico II
Cominciarono nuovamente le furenti lotte di ribellione delle città più importanti delle Marche intere contro il dominio ferreo pontificio. Le lotte erano così numerose e insistenti che il papa dichiarò, in una bolla, le "Marche" una regione ingovernabile. Nel 1130 Jesi si erge a Libero Comune con un proprio Governo autonomo, Podestà, Consoli e Scuole di Arti e Mestieri che segnò il tramonto del feudalesimo. Segue il momento storico più interessante della città, con l'elaborazione degli Statuti, con la costruzione dei palazzi del Podestà, del Comune e la Cattedrale intitolata a San Settimio, si fortificano le mura sul tracciato di quelle d'epoca romana. Durante il XII secolo e quelli successivi nobiltà locale, artigiani e commercianti s'allearono fondando la cosiddetta "Respublica Aesina" e cominciarono la conquista del Contado, che sottrassero ai grandi feudatari laici ed ecclesiastici, più conosciuti come Castelli di Jesi. Questa espansione territoriale creò scontri furiosi con i vicini più potenti, fra i primi Ancona, con la quale si susseguirono lunghe e dure lotte di supremazia. Il 26 dicembre 1194 nacque, in una tenda imperiale nella piazza centrale della città, l'antico Foro romano, il grande imperatore Federico II, che donerà a Jesi il titolo di "Città Regia" che sanciva importanti diritti di piena autonomia, grandi privilegi sul dominio del Contado e libertà comunali che neanche la Chiesa, con il suo alterno dominio, poté più togliere. Jesi passò così definitivamente alla fazione ghibellina e le sue fortune politiche saranno legate per anni a quelle di Federico II e dei suoi figli Enzo e Manfredi con l'ottenimento di "privilegi imperiali" seguiti da inevitabili "scomuniche ecclesiastiche".
Le Signorie
Con la nomina nel 1353 del cardinale Egidio Albornoz a Vicario generale dei domini della Chiesa in Italia, si cercò di ricondurre tutti i comuni e le signorie sotto il controllo, diretto o indiretto, dell'autorità papale e furono emanate le Costituzioni egidiane che regolavano lo Stato della Chiesa. Tra il 1373 ed l'inizio del XV secolo diverse lotte per il potere sconvolgono la regione, portando distruzione e miseria per la popolazione. Nonostante la caduta sotto il dominio papale della Romagna e di Ancona, Jesi, grazie ai privilegi imperiali, riuscì a mantenere l'autonomia della sua piccola Repubblica. Tuttavia in seguito Jesi in seguito fu occupata dal vicario pontificio Filippo Simonetti, da Galeotto I Malatesta nel 1347-1351, da Braccio da Montone nel 1408, e da Francesco Sforza, di cui divenne un autentico caposaldo, tanto che nel dicembre 1433 Francesco Sforza invade il territorio marchigiano partendo proprio da Jesi. È solo nel 1447 la Chiesa riuscì a riprendere il controllo comprando le città.
Il ritorno al Papato
Nel 1447 tornò definitivamente sotto il dominio egemonico dello Stato pontificio, pur riuscendo a mantenere qualche diritto sui territori del Contado grazie ai titoli ricevuti da Federico II secoli prima. Intorno al 1470 si diffonde nella Marca d'Ancona una grave pestilenza che decima fortemente la popolazione e dal 1471 ricomincia il ripopolamento della zona con genti provenienti dall'Emilia e dalla Lombardia, numerosi sono i luoghi a loro intitolati, come via dei Lombardi, Costa dei Lombardi, via Fiorenzuola.
La fine del periodo signorile, la fine della peste e la ricomposizione dell'assetto comunale donano al potere centrale un certo equilibrio stabile e avviano dapprima una grande ripresa economica, demografica e soprattutto edilizia della città. A partire dalla seconda metà del quattrocento si modifica profondamente il volto architettonico della città con la costruzione di nuove chiese e palazzi e la progressiva espansione urbanistica fuori dalla cerchia delle vecchie mura. Sono di questo periodo il rafforzamento del sistema difensivo cittadino ad opera del fiorentino Baccio Pontelli, la costruzione su progetto del senese Francesco di Giorgio Martini del Palazzo della Signoria, uno dei più bei palazzi monumentali della Marca. Accanto alla rinascita economica ed edilizia c'è quella culturale: il pittore veneziano Lorenzo Lotto realizza per alcune Chiese della città capolavori assoluti d'arte e spiritualità; Federico Conti da Verona stampa a Jesi nel 1472, una delle primissime edizioni della Divina Commedia e Ciccolino di Lucagnolo, cesellatore raffinato e maestro di Benvenuto Cellini sviluppa e perfeziona l'arte orafa. Verso la fine del Cinquecento l'oligarchia locale, costituitasi ormai solidamente in ceto di proprietari terrieri rivendica a se tutto il potere politico e amministrativo, potere che mantiene fino alla fine del Settecento.
Libertà napoleoniche e Storia moderna
Nel 1797 le truppe napoleoniche porranno fine sia al monopolio nobiliar-papale che al dominio sul Contado. Due sono i riferimenti storici più significativi da segnalare per il secolo XVIII: la trasformazione architettonica ed urbanistica della città e la nascita di Giambattista Pergolesi e Gaspare Spontini, due grandi personalità nel campo della musica che si affermarono in tutta Europa. Nel 1808 con l'annessione delle Marche al Regno Napoleonico, nella cosiddetta Repubblica Romana, Jesi diviene uno dei capoluoghi di distretto del Dipartimento del Metauro. Con la caduta di Napoleone a Waterloo e la successiva Restaurazione del 1815, Jesi ritornò di nuovo sotto i papi, ma comincia a prendere forma una concezione laica e borghese dello Stato. Nei primi decenni dell'Ottocento inizia a Jesi un graduale processo di industrializzazione con la nascita delle prime manifatture per la seta. Le vicende risorgimentali che condurranno alla unità d'Italia coinvolsero diversi personaggi jesini tra cui il marchese Antonio Colocci eletto nel 1849 quale rappresentante della Provincia di Ancona all'Assemblea Costituente della Repubblica Romana e poi, dopo l'Unità, quale deputato e senatore del Regno. Il 15 settembre 1860 i bersaglieri entrarono a Jesi mentre cinque giorni più tardi, nella vicina Castelfidardo le truppe piemontesi guidate dal generale Cialdini sconfissero l'esercito papale nella Battaglia di Castelfidardo, sancendo la definitiva unione delle città al Regno d'Italia.
Città natale di Federico II di Svevia (1194) e del compositore Giovan Battista Pergolesi (1710). Fu una delle prime città italiane a istituire una tipografia. Fu qui che Manuzzi modificò i caratteri di stampa, che prima erano in legno, utilizzando il piombo. Nel 1969 è stata sede d'un Convegno Urbanologico Internazionale promosso dall'UNESCO, che l'ha segnalata come "città esemplare" per l'integrazione architettonica dei suoi vari strati storici.[2]
Evoluzione demografica
Abitanti censiti[3]

Monumenti e luoghi d'interesse
Edifici civili
- Mura. La cinta fortificata, tra le meglio conservate dell'intera regione, racchiude il nucleo medievale della città, di compatta forma trapezoidale, per un perimetro di circa 1,5 km. Vennero erette nel XIV secolo sul tracciato delle più antiche mura romane, rappresentando il simbolo della libertà Comunale. Nel XV secolo vennero quasi totalmente ricostruite (fa eccezione la parte detta del "Montirozzo") ad opera dei famosi architetti militari Baccio Pontelli e Francesco di Giorgio Martini. Sono costituite da alti muraglioni cortinati con beccatelli, rinforzati da torrioni e aperte da sette porte (oggi ne restano aperte solo quattro). La conformazione delle mura varia in rapporto alla morfologia del terreno che presenta livelli di quota differenziati, dalla pianura (66 m slm.) alla collina (96 m slm.). Le mura della parte meridionale, racchiuse tra il Torrione Rotondo e il Torrione di Mezzogiorno (costruito nel 1454), erano fiancheggiate da un fossato, oggi interrato, e si presentano "basse", caratterizzate da semplici cortine verticali con beccatelli e caditoie. Si fanno più alte e imponenti sul versante orientale, poste sui pendii, che hanno cortine rafforzate con scarpata per una maggior difesa contro le armi da fuoco. Sulla parte più alta, quella nord-occidentale, che si apriva sul prolungamento della città "nuova", la cosiddetta "Addizione di Terravecchia", sorgeva la Rocca Pontelliana, eretta su progetto di Baccio Pontelli, appunto, a partire dal 1487 e già demolita nel 1527, l'ultimo torrione (di fianco l'Arco del Magistrato) venne smantellato nel 1890.
- Palazzo della Signoria. Uno dei più imponenti palazzi pubblici delle Marche, fu costruito tra il 1486 e il 1498 dal celebre architetto senese Francesco di Giorgio Martini.
- Palazzo Balleani. È un esempio di barocco locale, venne realizzato a partire dal 1720 su disegno dell'architetto romano Francesco Ferruzzi. Sull'elegante facciata, dagli spigoli arrotondati, è una caratteristica balconata rococò con ringhiera in ferro battuto sorretta da quattro possenti telamoni, realizzata nel 1723 dal ravennate Giovanni Toschini. L'interno colpisce per la ricchezza delle sale con i soffitti dai leggerissimi e raffinati stucchi dorati, eseguiti da diversi artisti, tra cui i decoratori Giuseppe Confidati, Antonio Conti, Marco d'Ancona, Orazio Mattioli e il pittore Giovanni Lanci.
- Piazza Federico II. È la storica piazza più importante della città. Tutta racchiusa da edifici nobiliari e dal Duomo. Sorge sul luogo del Foro romano, all'incrocio fra il Cardo e il Decumano massimi. Sono state ritrovate anche le fondamenta degli edifici che la cingevano, come quelle del Teatro, delle Terme e della Cisterna. Dopo le devastazioni barbariche vi sorse la prima cattedrale cristiana di Jesi, forse sulle fondamenta di un precedente tempio pagano. Il giorno di S. Stefano del 1194, sotto un grande padiglione appositamente eretto, nacque l'imperatore Federico II. Per ricordare san Floriano, in età comunale, tutte le genti e i cittadini dei Comuni sottomessi si riunivano ogni anno (il 4 maggio) in questa piazza per rendere omaggio alla città con i propri gonfaloni (detti Palli) e festeggiare il patrono. La festa si chiamò Palio di San Floriano. La conformazione odierna è quella assunta dal luogo durante il XVIII secolo. Chiude la piazza una caratteristica balaustra, realizzata nel 1758 dal bolognese Gaetano Stegani, architetto della Legazione di Urbino. La fontana – obelisco è opera di Raffaele Grilli e di Luigi Amici (artefice delle leonesse).
- Palazzo Ripanti. Si estende per tutto il fronte meridionale di piazza Federico II e costituisce un complesso residenziale tra i più vasti della città. Il nucleo originale, risale al XV secolo e venne ampliato successivamente fino a congiungersi con l'attuale facciata che prospetta sulla piazza. Con l'acquisto nel 1724 dell'adiacente edificio dell'Ospedale di S. Lucia da parte del conte Emilio Ripanti, il vecchio palazzo di famiglia venne saldato alla nuova proprietà. L'ex ospedale fu risistemato soltanto al suo interno, ricavandone un nuovo scalone, il teatro e le sale decorate da Domenico Valeri. Il palazzo venne ampiamente ristrutturato su progetto di Andrea Vici. Il prospetto sulla piazza, in stile tardo-barocco, è munito di ampio portale con balcone sorretto da colonne e presenta tre ordini di finestre con architravi ornati alternativamente da emblemi della conchiglia, del sole nascente e dell'aquila (quest'ultimi due compaiono anche nello stemma di famiglia). All'interno un androne introduce ad uno scalone monumentale decorato con statue dello scultore Giocchino Varlé giunto nelle Marche a seguito del Vanvitelli. La famiglia Ripanti, di antico e nobile blasone, ebbe famosi giureconsulti, scrittori e prelati. Si estinse nella seconda metà del XIX secolo e il palazzo passò allora alla Curia vescovile che lo ha adibito prima a Seminario diocesano e attualmente a sede del Museo diocesano.
- Palazzo Ricci. Sorge sull'area della "Rocca pontelliana", con il prospetto posteriore che dà sulla Piazza della Repubblica e sul quale si eleva una facciata neoclassica, ricavata a seguito della demolizione del Torrione meridionale della Rocca. Fu voluto dal conte Vincenzo di Costantino Ricci che ne affidò l'esecuzione, nel 1544, a Guido di Giovanni da Bellinzona e Pierantonio di Baldassarre da Carena. I lavori vennero terminati nel 1547 dai costruttori jesini Guido di Giovanni e Giovanpietro di Beltrani. Il palazzo si caratterizza per la facciata a bugnato con pietre tagliate a forma di diamante, sull'esempio del prestigioso Palazzo dei Diamanti di Ferrara e del più vicino Palazzo Mozzi di Macerata, realizzato pochi anni prima, e al quale il Ricci si ispirò probabilmente per la sua residenza jesina. Completa l'edificio un porticato a sei arcate che alleggerisce la struttura.
- Palazzo Colocci. Antica residenza gentilizia dei marchesi Colocci, presenta una facciata lineare in laterizio e portale bugnato che dà accesso ad un ampio e scenografico scalone, sorretto da colonne, forse su disegno del Vanvitelli. Così come appare oggi, il palazzo è la risultante di una serie di interventi realizzati nei secoli XVI e XVII. La trasformazione settecentesca ha occultato la fisionomia rinascimentale dell'edificio, ricostruibile soltanto da qualche fonte d'archivio. Il piano nobile conserva bei soffitti a padiglione, notevole quello del salone delle feste decorato da affreschi illusionistici. L'appartamento superiore conserva intatto tutto il mobilio e suppellettili dei secoli passati, tanto che, divenuto di proprietà comunale, il palazzo, fu trasformato in una casa-museo. Di antichissima origine, la famiglia Colocci discende dalla gens Actonia di stirpe longobarda, stanziatasi nella valle dell'Esino intorno all'anno Mille. Una delle figure di maggior spicco è quella di Angelo (1467-1549), colto umanista, raffinato uomo di poesia e di lettere, Vescovo di Nocera e Segretario Apostolico presso la Curia romana. Antonio Colocci (1820-1907) fu fervente patriota, prese parte alle vicende risorgimentali e con l'avvento dell'Unita d'Italia entrò in Parlamento come deputato e poi come senatore. Sposò nel 1853 Enrichetta Vespucci, ultima discendente della casata del famoso navigatore fiorentino, dalla quale ne ereditò anche il titolo di duca. Il figlio Adriano (1855-1941) è stato l'ultimo esponente di rilievo della famiglia, uomo inquieto, dal temperamento romantico, viaggiatore instancabile, mosso da mille interessi. È stato deputato al Parlamento nel 1892.
- Palazzo Honorati-Carotti. Di origine rinascimentale, è stato ristrutturato e ampliato più volte a partire dal 1703, dopo l'acquisto, da parte di Bernardino Honorati (1692-1716) del palazzo del Marchese Silvestri. Verso la metà del secolo, Giuseppe Honorati (1692-1769) affidò i lavori di sistemazione all'architetto romano Virginio Bracci, supervisore per la Sacra Congregazione di San Luca. Il palazzo venne completato alla fine del Settecento. Il palazzo presenta una facciata neoclassica con mattoni a vista. Dal cortile interno si innalza uno splendido scalone d'onore, sorretto da pilastri e colonne finemente scanalate, che conduce alle ampie sale superiori dalle ricche decorazioni ora barocche, come la preziosa Galleria d'ingresso, ora rococò, nelle Gallerie del primo e secondo piano che danno sulle mura e nella saletta ovale, e infine decorate con pitture neoclassiche attribuibili al fabrianese Luigi Lanci, come la sala delle feste. Nel palazzo era conservata una pregevole collezione di dipinti e una ricca biblioteca di famiglia, avviata sotto Giuseppe Honorati e giunta al massimo del prestigio alla fine del Settecento con il vescovo Bernardino. Oggi il palazzo, di proprietà Comunale, è sede della pretura.
- Teatro Pergolesi. Già della Concordia, venne costruito nel 1790, in un'area occupata da piccole botteghe in Piazza della Repubblica, allora "della Morte", ceduta dal Comune alla Società della Concordia nel 1790. Fu inaugurato nel 1798, in piena occupazione francese, con due opere del Cimarosa, La Capricciosa corretta e Il Principe Spazzacamino, che vennero cantate dal soprano pesarese Anna Guidarini, madre di Gioacchino Rossini, in un teatro disertato dalla nobiltà jesina per paura di rappresaglie da parte dei giacobini. Nel 1883 il teatro cambiò nome, perdendo quello originale della Concordia e assumendo quello del musicista jesino Giovanni Battista Pergolesi; venne poi ceduto definitivamente dalla Società al Comune nel 1933.
- Palazzo Pianetti "in Terravecchia" fu costruito alla metà del Settecento ed è un capolavoro del rococò italiano. La lunghissima facciata è aperta da cento finestre, mentre sul lato posteriore vi è un bellissimo giardino all'italiana. All'interno è ospitata la pinacoteca, di grande rilievo sono alcune pitture di Lorenzo Lotto: Visitazione (1530), Annunciazione, Madonna col Bambino e santi, San Francesco che riceve le stimmate (1526), San Gabriele, Annunciata (1526) e il suo capolavoro, il Giudizio di Santa Lucia (1531). Vi sono custodite, inoltre, epigrafi funerarie, terrecotte robbiane, vasi da farmacia e ceramiche.
- Arco clementino. È un arco trionfale eretto nel 1734, su progetto dell'architetto Domenico Valeri, in onore di papa Clemente XII degli Orsini. Fu un gesto di omaggio verso il pontefice che si era reso benemerito per l'abolizione del dazio sul grano e la sistemazione della strada che collega Nocera Umbra con l'Adriatico e che venne chiamata, da allora, "Clementina" (l'attuale Statale 76). L'arco costituisce il punto focale del lungo asse prospettico e fortemente scenografico del Corso settecentesco oggi intitolato a Giacomo Matteotti.
Edifici religiosi
- Duomo. Dedicato a San Settimio, fu costruito tra il XIII e il XIV secolo ad opera di Giorgio da Como, e rifatto tra il 1732 e il 1741 da Domenico Barrigioni. Della vecchia costruzione rimangono, all'interno, i due leoni-acquasantiere già facenti parte del portale della chiesa. Il campanile, che caratterizza il profilo urbano, è opera del locale Francesco Matellicani, che lo eresse nel 1782-84 ispirandosi a quello vanvitelliano del Santuario della Santa Casa di Loreto. La facciata, caratterizzata da una serliana, è stata ultimata nel 1889 su progetto di Gaetano Morichini, su iniziativa del vescovo Rambaldo Magagnini. L'interno si presenta a navata unica e cupola emisferica, secondo il gusto neoclassico dell'epoca. Durante il XVIII secolo vennero aperte molte cappelle laterali arricchite con dipinti, decorazioni e arredi liturgici volute dai nobili jesini.
- Convento di San Floriano. È la chiesa più importante della città sotto il profilo storico e religioso. Infatti fin dal XII secolo fu dedicata al patrono della comunità jesina e qui si svolgevano le più importanti cerimonie pubbliche tra cui, il 4 maggio, la presentazione del Palio da parte dei Castelli di Jesi in segno di sottomissione alla città. Nel 1439 venne presa in consegna dai Frati Minori Conventuali, provenienti dal convento di San Marco, che dal 1478, procedettero ad un rinnovamento interno del tempio medioevale che era a navata unica, orientato in direzione nord-sud, con ingresso sul cortile dell'attuale Palazzo Ghisleri. Negli stipiti della porta d'ingresso sono tuttora visibili alcune pietre intagliate in stile romanico della precedente chiesa medioevale. Fu allora che la planimetria venne modificata collocando l'ingresso verso la piazza, con la creazione di nuove cappelle che ben presto si arricchirono di monumenti sepolcrali ed opere d'arte, tra cui la Deposizione, la Annunciazione e la Pala di Santa Lucia di Lorenzo Lotto, realizzate tra il 1512 e il 1532 ed ora conservate nella Pinacoteca Civica assieme ai sarcofagi e ai bassorilievi che originariamente la adornavano. L'aspetto attuale è frutto del rifacimento avviato nel 1743 nel corso del quale la chiesa e il convento subirono radicali trasformazioni ad opera dell'architetto Francesco Maria Ciaraffoni che ne progettò gli interni e lo scalone. Presenta un grande tiburio e una facciata mai completata. L'interno, a pianta centrale ellittica, è tutto impostato sulla bellissima cupola a base ovale riccamente decorata di stucchi e affreschi con le Storie di san Francesco eseguiti in stile tardo-barocco dal locale Francesco Mancini a partire dal 1851. La chiesa, sconsacrata nel 1860, divenne prima sede della Biblioteca civica, poi della Pinacoteca Comunale e oggi, infine, è sede del Teatro studio Valeria Moriconi, dedicato all'attrice jesina.
- Chiesa di San Marco. Sorge poco fuori dalla cerchia delle mura, fa parte di un complesso monastico di clausura. Venne eretta in stile Gotico nel XIII secolo e presenta una facciata tripartita aperta da un ricco rosone in cotto sormontante un portale marmoreo. L'interno è diviso in tre navate da pilastri ottagonali che reggono volte a crociera. Vi si conservano alcuni affreschi trecenteschi, superstiti del ciclo pittorico che originariamente decorava la maggior parte delle pareti della chiesa, che ritraggono il "Transito della Madonna", la "Madonna di Loreto", la "Crocifissione" e l'"Annunciazione". Le pitture murali hanno dato luogo ad alcune difformità di attribuzione, ma i recenti restauri hanno permesso di chiarire la matrice di scuola riminese degli affreschi ricondotti a Giovanni e Giuliano da Rimini e ad artisti di ambito fabrianese. Nel corso dei restauri effettuati il secolo scorso (1854-1859) dall'architetto Angelo Angelucci e dai pittori Silvestro Valeri di Perugia e Marcello Sozzi di Roma, si è provveduto a completare la decorazione della volta e dei sottoarchi, oltre che degli arredi lignei.
- Chiesa di San Giovanni Battista. L'edificio risale al XIII secolo, quando si iniziò ad urbanizzare quella parte di terreno, detta di Terravecchia, appena fuori dalla primitiva cerchia muraria. Ricostruita interamente dai frati Apostoliti alla fine del ‘500, nella seconda metà del ‘600 venne ristrutturata e portata a nuova veste dai Padri Filippini, i primi e quasi gli unici ad introdurre il Barocco nelle Marche. Presenta una sobria facciata, ma ha un interno sfavillante di stucchi nella particolare coloritura bianco-oro. Vi si conservano varie opere d'arte, fra cui la preziosa icona del “Sangue Giusto”, affresco del 1333 attribuito a Pietro da Rimini.
- Chiesa di San Nicolò. È l'edificio più antico della città di Jesi, documentato fin dal XII secolo. Le originali forme romaniche vennero rimaneggiate nel XIV secolo con l'aggiunta di elementi gotici. L'interno, a tre navate absidate, presenta una prevalenza di volte a crociera costolonate sostenute da pilastri compositi; rimandano invece a forme romaniche le navate laterali introdotte da archi a tutto sesto. Degli affreschi realizzati nella prima metà del XVI secolo non rimangono in loco che poche, illeggibili, tracce. Da San Nicolò proviene tra l'altro l'affresco di Pietro da Rimini raffigurante “San Francesco” (1333), oggi conservato alla Galleria Nazionale di Urbino, e L'Icona del Sangue Giusto, oggi conservata presso la chiesa di San Giovanni Battista. Particolarmente originale è la decorazione esterna del complesso absidale che presenta una successione di archetti pensili a goccia. Di estrema semplicità è la facciata a due spioventi al cui centro si apre un portale ad arco senese in marmo policromo e ghiera in laterizio a spina.
- Chiesa di Santa Maria delle Grazie, originaria del Quattrocento ma con il campanile del XVII secolo e rifatta del XVIII secolo, custodisce all'interno l'immagine della Madonna della Misericordia, affresco attribuito ad Antonio da Fabriano.
- Ex orfanotrofio femminile, con chiesa annessa, esempio di edilizia "illuminata" della seconda metà del XVIII secolo, dell'architetto romano Virginio Bracci.
- Chiesa "Mereghi", già del monastero delle Benedettine di Sant'Anna e già dedicata alla Santa. A pianta centrale del XVIII secolo, attualmente ha il prospetto su Corso Matteotti obliterato dal fronte dell'ex convento rifatto in forme di palazzo civile dalla omonima famiglia nella seconda metà del XIX secolo. L'interno intatto a pianta ellittica attualmente ospita saltuariamente degli eventi socio-culturali
- Chiesa di San Pietro, di origini medioevali, ricostruita nel XVIII secolo ad opera dell'architetto Mattia Capponi, con facciata coronata da due campaniletti.
- Cappella di San Bernardo, già cappella del Palazzo Pianetti "in Porta Valle", con esuberante interno settecentesco ricco di stucchi tipicamente mitteleuropei, recentemente recuperata dopo essere stata adibita a deposito di carbone, ospita periodicamente esposizioni e manifestazioni culturali.
- Chiesa di Santa Maria del Piano, ex abbaziale, fuori dal centro storico lungo la strada per Macerata, che conserva all'interno antiche vestigia delle sue origini.
- Chiesa di San Savino (resti), di epoca altomedioevale, a poca distanza dalla "nuova" costruita alla metà del XVI secolo.
Personalità legate a Jesi
- Federico II di Svevia (1194-1250), imperatore del Sacro Romano Impero
- Federico Conti (... – probabilmente 1477), tipografo
- Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736), compositore, violinista e organista
- Giuseppe Balducci (1796-1845), compositore
- Antonio Colocci (1821–1908)
- Gemma Perchi (1873-1957), operaia
- Ciro Renzi (1873-1926), violinista
- Rafael Sabatini (1875-1950), scrittore
- Orfeo Tamburi (1910-1994), pittore
- Ezio Triccoli (1915-1996), maestro di scherma
- Raffaele Candela (1921-2008), Medaglia d'oro al merito della Sanità Pubblica
- Valeria Moriconi (1931-2005), attrice teatrale e cinematografica
- Virna Lisi (1937), attrice cinematografica
- Primo Greganti (1944), politico del PCI - PDS coinvolto nelle vicende di Tangentopoli, noto come il "Compagno G".
- Giancarlo Alessandrini (1950), autore di fumetti
- Giuseppe Cormio (1955), dirigente sportivo e giornalista
- Giancarlo Aquilanti (1959), compositore, e direttore
- Stefano Cerioni (1964), schermidore
- Giancarlo Falappa (1964), motociclista
- Roberto Mancini (1964), calciatore e allenatore
- Marisa Canafoglia (1965), pattinatrice
- Luca Marchegiani (1966), calciatore
- Mauro Bertarelli (1970), calciatore
- Giovanna Trillini (1970), schermitrice
- Valentina Vezzali (1974), schermitrice
- Elisa Di Francisca (1982), schermitrice
- Alessandro Polita (1984), motociclista
- Francesco Mariottini (1985), ballerino
Amministrazione
Città gemellate
- Waiblingen, dal 1996
- Mayenne, dal 2001
Sport
- Calcio: Il calcio, come in tutte le città italiane, è molto popolare. La squadra locale, la Jesina Calcio, ha disputato anche un campionato di Serie C1 nella stagione 1984/1985 e diversi campionati della vecchia Serie C e C2. Diverse squadre (Aurora, Largo Europa e Borgo Minonna) rappresentanti alcuni quartieri della città inoltre hanno militato in passato nel campionato di Promozione. Nativo di Jesi il calciatore ed allenatore Roberto Mancini ed è jesino anche l'ex portiere Luca Marchegiani. Al momento la Jesina disputa la Serie D, il Borgo Minonna milita in Seconda Categoria, Aurora, Spes e Real Borgo giocano in Terza Categoria, mentre sono scomparse per fusioni o ritiri altre società cittadine come Aesina Folgore Largo Europa, la Libertas, il Duomo, la Folgore, il Celtic, il Mazzangrugno, il San Giuseppe e la Junior (che continua solo a livello giovanile). L'Aurora dalla quale è uscito Mancini, rappresenta il quartiere del Gallodoro, la Spes quello di San Giuseppe, l'Aesina rappresentava la parte nord della città con il quartiere di Colle Paradiso, mentre il Borgo Minonna rappresenta l'omonimo quartiere distanziato da un ponte dalla città.
- Calcio Femminile: La EDP Jesina, rappresentante il movimento calcistico femminile della città, ha disputato per alcuni anni sul finire del primo decennio del nuovo millennio il campionato nazionale di A2, secondo livello del calcio femminile
- Basket: Tra gli sport di vertice a Jesi c'è la pallacanestro. La squadra locale è l'Aurora Basket Jesi (Fileni Jesi), che attualmente milita nel campionato di Legadue. Il massimo risultato ottenuto dalla società jesina è stato la promozione in serie A1 nel 2004, oltre che una vittoria nella Coppa Italia di Legadue nel 2008. Disputa le proprie gare al PalaTriccoli. Dal 2006 è tornata ai propri colori sociali originari, arancioblu, dopo che, per motivi di sponsor, per diversi anni aveva adottato i colori gialloverdi. La sua seconda squadra milita nei campionati regionali con il nome di Virtus 88. Il New Basket Jesi è invece una società minore del panorama cestistico jesino e gioca nei livelli regionali così come l'Aesis 98.
- Volley Femminile: La squadra femminile della città (la Monte Schiavo Banca Marche Jesi) in serie A nel decennio iniziale del nuovo millennio ha recentemente deciso di autoretrocedersi in B2 per motivi finanziari. La squadra è riuscita a vincere la Challenge Cup a livello europeo, mancando più volte lo scudetto, obiettivo dichiarato delle prilline. L'altro team femminile è la Libertas Jesi che ha un vasto settore giovanile e milita nei campionati regionali
- Volley Maschile: La squadra maschile, il Volley Jesi disputa attualmente il campionato di B2. In passato, nei primi anni 80 e nei primi anni 90 ha disputato diversi campionati di A2 sfiorando la promozione nel massimo campionato con in panchina il futuro tecnico della nazionale italiana Julio Velasco. L'altra squadra della città è il Volley 2000 che disputa la Prima Divisione
- Scherma: Rappresentata dai campioni olimpici Stefano Cerioni, Giovanna Trillini e Valentina Vezzali, tutti allievi del maestro Ezio Triccoli a cui è stato dedicato il locale palazzetto dello sport. Ultimamente in risalto si è messa anche Elisa Di Francisca, vincitrice del mondiale individuale di fioretto nel 2010.
- Rugby: La società Rugby Jesi 70 partecipa alla Serie C. In passato ha raggiunto la Serie B che è stato il miglior risultato della storia della palla ovale leoncella
- Calcio a 5: Lo Jesi Calcio a 5 ha raggiunto in passato la promozione in Serie A nella stagione 1996/1997 disputando in quanto vincitrice del suo girone i playoff per lo scudetto. Alla sua prima stagione nel massimo livello è immediatamente retrocessa con il penultimo posto, ma è nuovamente promossa nella stagione successiva. Nel 1999/2000 ottiene il suo miglior risultato ottenendo una tranquilla salvezza. Nel 2000/2001 però giunge nuovamente penultima iniziando il declino che riporterà il club nei campionati regionali fino a scomparire. Nel 1997 nasce una nuova società di calcio a 5, l'Acli San Giuseppe C5, squadra dell'omonimo quartiere, che inizia la sua avventura nel campionato regionale di serie D. Nel corso degli anni ottiene una promozione in serie C2 e poi una promozione nel campionato regionale di serie C1. Nel 2009 l'Acli San Giuseppe Jesi cambia denominazione in San Giuseppe C5 Jesi, ha ottenuto la promozione al campionato nazionale di Serie B vincendo la Coppa Italia Nazionale di Serie C nel 2009/2010.
- Associazione Italiana Arbitri Sezione di Jesi: L'AIA Jesi è composta da 127 arbitri e 11 osservatori. L'attuale Presidente reggente è l'AE Riccardo Piccioni che dirige ed amministra la sezione attraverso l'aiuto del consiglio sezionale. La sezione svolge corsi di formazione per nuovi arbitri nei mesi di dicembre e marzo.
- Altri sport: Tra le altre personalità jesine dello sport, si ricordano la pattinatrice Marisa Canafoglia, il motociclista di Superbike Giancarlo Falappa, il campione mondiale 2006 Superstock e italiano velocità 2010 Alessandro Polita che vanta anche trascorsi nel campionato mondiale Superbike, e sua sorella, campionessa europea 2005 classe 600cc, Alessia Polita. In città è inoltre stato aperto nel 2009 il kartodromo indoor più grande d'Italia.
- Jesi è stata sede di arrivo di tappa del Giro d'Italia nel 1985.
Anno | Tappa | Partenza | km | Vincitore di tappa | Maglia rosa |
---|---|---|---|---|---|
1985 | 7ª | Cervia | 185 | Orlando Maini | Roberto Visentini |
Note
- ^ Dato Istat al 31/12/2010.
- ^ Cf. articolo di Alvise Cherubini, 3 luglio 2005. URL consultato il 15 maggio 2011.
- ^ Dati tratti da:
- Popolazione residente dei comuni. Censimenti dal 1861 al 1991 (PDF), su ebiblio.istat.it, ISTAT.
- Popolazione residente per territorio – serie storica, su esploradati.censimentopopolazione.istat.it.
Nota bene: il dato del 2021 si riferisce al dato del censimento permanente al 31 dicembre di quell'anno.
Bibliografia
- Baldassini Girolamo. Memorie istoriche dell'antichissima e regia città di Jesi. Bonelli, 1765.
- Agostinelli Marcello, Mariano Fabio. "Il Palazzo della Signoria di Jesi e i suoi restauri, in Biblioteca Aperta, Jesi, n°2, anno III
- Annibaldi Cesare. "Guida della città di Jesi", Jesi, 1902
- Baldassini Tommaso. "Notizie historiche della regia città di Jesi", Jesi, 1703.
- Molinelli Raffaele. "Un'oligarchia locale nell'età moderna", Urbino, 1976
Voci correlate
- Museo civico archeologico di Jesi e del territorio
- Pinacoteca civica e galleria di arte contemporanea
- Studio per le arti della stampa (S.A.S.)
- Teatro Pergolesi
- Teatro studio Valeria Moriconi
- Aeroporto di Jesi
- Palio di San Floriano
- PalaTriccoli
- Tv Centro Marche
- Verdicchio dei Castelli di Jesi
- Riserva naturale regionale orientata di Ripa Bianca
Altri progetti
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