Massimino il Trace

venticinquesimo imperatore romano (r. 235-238)

Gaio Giulio Vero Massimino, meglio noto come Massimino Trace (latino: Gaius Iulius Verus Maximinus; Tracia, 173 circa – Aquileia romana, 10 maggio 238), fu imperatore romano dal 235 alla sua morte.

Massimino Trace
Busto di Massimino ai Musei Capitolini di Roma
Augusto dell'Impero romano
In carica20 marzo 235 - 10 maggio 238
PredecessoreAlessandro Severo
SuccessoreGordiano I
Nome completoGaius Iulius Verus Maximinus
Altri titoliGermanicus Maximus nel 235;[1][2][3]
Dacicus Maximus nel 236/7;[1][2][3][4]
Sarmaticus Maximus nel 237.[2][3][5]
NascitaTracia[6], 173 circa
MorteAquileia[7], 10 maggio 238
PadreMicca[8]
MadreAbaba[8]
ConsorteCecilia Paolina
FigliGaio Giulio Vero Massimo

Fu il primo barbaro a raggiungere la porpora imperiale, grazie al solo consenso delle legioni,[9] essendo nato senza la cittadinanza romana,[6][10] e senza essere neppure senatore.[11] Fu anche il primo imperatore a non aver mai messo piede a Roma, in quanto trascorse i suoi tre anni di regno[12] impegnato in felici campagne militari.[11] Egli fu anche il primo imperatore-soldato del III secolo. Morì presso Aquileia in seguito ad una sedizione delle sue truppe.[11][7]

Biografia

Origini e carriera militare

Massimino era nato in un villagio della Tracia[6] (o della Mesia inferiore, visto che confinava con il territorio dei barbari) intorno al 173. Secondo la Historia Augusta, suo padre era un goto e sua madre un'alana.[6] Erodiano racconta che era un pastore tracio di origini semi-barbare,[13] che iniziò la sua carriera militare sotto Settimio Severo,[14] arruolandosi in una unità ausiliaria (in un reparto di cavalleria[15]) in virtù della sua forza fisica. Nella sua prima fanciullezza fece il pastore, a volte anche mettendosi a capo dei propri compagni per affrontare i briganti, difendendo i suoi genitori e le sue greggi.[16]

Lo storico riferisce che l'aspetto dell'imperatore era spaventoso, dotato di una forza sovrumana,[17] e la Historia Augusta lo descrive alto un dito sopra gli otto piedi romani (due metri e quaranta):[18]

«Era infatti imponente nella corporatura per la grande prestanza, famoso per il suo valore tra tutti i suoi commilitoni, bello e virile, fiero nel suo comportamento, duro, superbo, notevole ed allo stesso tempo giusto.»
«[...] era in grado di trascinare un carro a quattro ruote a forza di braccia, muovere da solo un carro carico di gente, buttar giù i denti di un cavallo con un pugno, spezzargli i garretti con un suo calcio, frantumare pietre di tufo, spaccare alcune piante in due, tanto da essere chiamato da alcuni Milone di Crotone, da altri Ercole da altri ancora il gigante Anteo

e ancora,

«Risulta che spesso bevesse in un solo giorno un'anfora capitolina di vino, che mangiasse fino a quaranta libbre di carne, o anche sessanta [...] egli non assaggiò mai i legumi e quasi mai bevande fredde se non quando ne aveva necessità. A volte raccoglieva le gocce del suo sudore, mettendole in calici o in un contenitore, tanto da mostrare due o tre sestarii
 
Possibile busto di un giovane Massimino il Trace, dal Musée Saint-Raymond di Tolosa.

Di origine provinciale (forse barbarica) e non nobile (come invece altri imperatori del III secolo), sembra che tenne nascoste le sue origini perché "non apparisse che l'Imperatore era nato da genitori, entrambi di stirpe barbarica".[10] Avrebbe davo il via alla sua scalata sociale attraverso la carriera militare, entrando infine nei ranghi dell'ordine equestre.[19] La prima occasione in cui fece parlare di sè, fu sotto l'Imperatore Settimio Severo quando:

«Nel giorno natale del figlio minore [dell'Imperatore], Geta, Severo aveva indetto dei giochi militari, mettendo in palio come premi oggetti d'argento, tra cui bracciali (armillae), collane (torques) e (falerae). [Massimino] ancora giovane e semibarbaro, ancora inesperto della lingua latina, chiese davanti a tutti all'Imperatore - parlando in lingua tracia - di dargli il permesso di combattere con uomini che avevano un grado militare elevato. Severo, colpito dalla grandezza del suo fisico, lo fece combattere con i più forti tra i vivandieri, non volendo andare contro la disciplina militare. Massimino riuscì a batterne sedici, riuscendo a guadagnare sedici premi minori riservati a quelli che non appartenevano all'esercito, e così fu arruolato.»

Ancora la Historia Augusta racconta che due giorni dopo, avendo Severo udito degli schiamazzi nel campo, ed accortosi che si trattava di Massimino, ordinò al tribuno di punirlo ed insegnargli la disciplina romana. Ma Massimino, accortosi che l'Imperatore aveva parlato di lui, si accostò a Severo, che era a cavallo. Allora Severo che voleva provarne la resistenza e forza, prima lo sfidò a seguirlo a piedi, lanciando il cavallo al galoppo, e poi a combattere con numerosi soldati, tra i più forti e valorosi.[20]

 
Busto di Settimio Severo, l'Imperatore che fece arruolare Massimino nell'esercito.
«Allora Massimino come al solito abbatté sette dei più forti, uno dopo l'altro, e ricevette da Severo, oltre ai premi in argento, un torques d'oro e venne arruolato tra le guardie del corpo dell'Imperatore. Fu così che divenne una persona importante, famosa tra i soldati, benvoluto dai tribuni e guardato con rispetto dai commilitoni.»

E così entrato a far parte dell'esercito romano, inizialmente come cavaliere per la sua altezza,[13] ebbe nel corso degli anni successivi l'appoggio di Severo nel raggiungere i vari gradi della carriera militare (prima come praefectus alae[21], poi praefectus civitatium Moesiae et Treballiae[22]), distinguendosi tra tutti sia per l'altezza e l'imponenza, sia per la grandezza degli occhi e il candore della sua pelle.[23] Ricoprì, quindi, sotto Caracalla il ruolo di centurione. Sotto Macrino abbandonò l'esercito romano momentaneamente (evidentemente dopo aver raggiunto il numero necessario di anni di servizio militare), a causa dell'odio che nutriva nei confronti di chi aveva ucciso il suo imperatore. Egli per un certo periodo, dopo aver acquistato dei possedimenti nel villaggio della Tracia dove era nato, esercitò il commercio con i vicini Goti, essendo da loro benvoluto ed apprezzato,[24] e con gli Alani che avevano raggiunto le sponde del Danubio.[25]

E appena apprese, che Macrino era stato ucciso (nel 218) ed era divenuto Imperatore Eliogabalo, che si diceva fosse figlio di Caracalla, Massimino decise recarsi da lui per chiedergli di essere tenuto nella stessa considerazione di suo nonno, Settimio Severo. Ma il nuovo Imperatore, sembra gli abbia risposto con una battuta sconcia, tanto dal dissuaderlo a tornare alla vita militare: «Dicono, oh Massimino, che tu abbia lottato vittoriosamente con 16, 20 e 30 soldati. Potresti farcela per trenta volte con una donna?».[26] Ma gli amici di Eliogabalo fecero di tutto per trattenerlo (evidentemente come evocatus) proprio perché la sua fama era così grande, da generare vergogna in caso contrario, rinunciando ad un uomo che era considerato al pari degli eroi greci come Ercole, Achille, Ettore o Aiace.[27] E durante questi anni ricoprì il ruolo di tribuno angusticlavio, evitando di incontrare o ossequare Eliogabalo, che detestava.[28]

Quando venne a sapere che Eliogabalo era stato ucciso, decise di recarsi a Roma per conoscere il nuovo Imperatore, Alessandro Severo. Quest'ultimo lo accolse con grande gioia e manifestazioni di affetto, tanto da nominarlo subito dopo tribuno laticlavio della legio IV Flavia Felix (di stanza a Singidunum) con queste parole:[29]

«Non ti ho affidato, oh Massimino mio carissimo e affezionato, il comando di soldati veterani, perché ho avuto paura che tu non potessi ormai più correggere i loro vizi, che si erano formati sotto il comando di altri. Hai ora sotto il tuo comando delle reclute. Fai in modo che apprendano la vita militare secondo i tuoi insegnamenti, il tuo valore, il tuo impegno, in modo che tu possa procurarmi molti Massimini, tanto importanti alla Repubblica.»

Vi sarebbe, poi, un'scrizione rinvenuta nel castrum di Brigetio, secondo la quale un certo Gaio Giulio Massimino, forse il futuro imperatore, era a quel tempo custos armorum della legio I Adriutrix.[30] E così Massimino cominciò ad addestrare i legionari con grande coscienziosità,[31] ordinando manovre, ispezionando le loro armi, il loro abbigliamento militare, dando esempio di coraggio,[31] in modo da presentarsi più come un padre, che come un comandante.[32] A certi tribuni poi, che gli chiedevano come mai si affaticasse tanto, rispose:[33]

«Ma io più farò carriera e più mi darò da fare.»

Il fatto che il suo nome ricordi quello di Gaio Giulio Massimino, governatore della Dacia nel 208, suggerisce che abbia servito sotto di lui e che abbia ricevuto la cittadinanza come premio per questo servizio.[34] Ad ogni modo, a partire dal IV secolo le fonti iniziano a chiamarlo "il Trace".[35] Sposò, infine, una certa Cecilia Paolina, da cui ebbe almeno un figlio, Gaio Giulio Vero Massimo, nato alla fine degli anni 220.

Ascesa al trono: morte di Alessandro Severo (febbraio 235)

Gaio Giulio Vero Massimo: denario[36]
 
IVL VERVS MAXIMVS CAES, testa verso a destra, drappeggio sulle spalle; PIETAS AVG, un lituo, un coltello, una brocca, un simpulum ed uno spruzzatore.
coniato nel 235/238 (3.06 gr, 12 h, zecca di Roma).

Secondo poi la Historia Augusta, a lui fu affidato il comando delle armate renane, quando Alessandro Severo aveva posto i suoi accampamenti in Gallia (a Mogontiacum). E ciò costituì la disgrazia, a cui seguì la morte del giovane princeps:[37]

«[...] Alessandro fu ucciso da alcuni soldati, inviati repentinamente, come sostengono alcuni, dallo stesso Massimino, o secondo altri da ufficiali delle truppe barbare, mentre cercava rifugio presso la madre, dopo che Massimino era stato già proclamato Imperator. Secondo alcuni i motivi sarebbero da ricercarsi nel fatto che la madre Giulia Mamea, avrebbe spinto il figlio ad abbandonare la guerra germanica [contro gli Alemanni], per tornare in Oriente,[38] generando la sedizione dei soldati; secondo altri era troppo severo, volendo sciogliere le legioni in Gallia, come aveva fatto in Oriente.»
«Molti dicono che ad ucciderlo furono le reclute inviate da Massimino, che erano state affidate a quest'ultimo per essere addestrate. Molti ancora sostengono altre versioni. E' certo che furono dei soldati comunque, i quali non gli risparmiarono neppure gli insulti, chiamandolo «bambino», e rinfacciando alla madre di essere avara ed avida di potere.[39]»

Secondo la versione di Erodiano, la rivolta dei soldati che portò alla morte di Alessandro Severo fu dovuta principalmente al fatto che molti dei soldati di origine pannonica, assai devoti a Massimino,[40] ritenevano che Alessandro dipendesse troppo dal potere della madre e si stesse comportando con codardia nel condurre la guerra germanica contro gli Alemanni. Essi ricordavano i recenti disastri in Oriente, a causa del continuo esitare dell'Imperatore.[40] Programmarono così l'uccisione di Alessandro e l'elevazione alla porpora imperiale di Massimino,[41] al quale sembra gettarono il mantello di porpora, mentre passava per un'ispezione.[42] E se in un primo momento rifiutò, poi decise di accettare, pur ritenendo che tale acclamazione doveva essere seguita dall'immediata uccisione di Alessandro, prima che organizzasse le sue armate.[43] E così dopo aver promesso di raddoppiare il loro stipendium di soldato, nuovi donativa e di cancellare tutte le punizioni, marciò con decisione contro l'accampamento di Alessandro (che si trovava a Mogontiacum).[44] Quest'ultimo venutolo a sapere, preso dal panico, promise ai suoi qualunque cosa desiderassero.[45] Poco dopo, però, Alessandro, abbandonato dai suoi, fu assassinato nella propria tenda, assieme alla madre Giulia Mamea, da un tribuno e da alcuni centurioni mandati ad ucciderlo da Massimino (era la fine febbraio, inizi di marzo 235[19]).[46]

Massimino fu acclamato Imperator, secondo invece la versione della Historia Augusta, solo dopo l'uccisione di Alessandro. Era la prima volta che si verificava per un militare, non ancora senatore, oltretutto senza alcun decreto del senato. Gli fu anche dato come collega nell'Impero, il figlio Gaio Giulio Vero Massimo.[9][47] La scelta dei legionari fu, poi, confermata anche dalla guardia pretoriana e ratificata dal Senato romano, che però non vedeva di buon occhio un imperatore di origine barbara.

Fu il primo soldato a divenire imperatore romano, pochi decenni dopo che Settimio Severo aveva decretato la possibilità di avanzamento tra gli ufficiali per soldati di rilievo e ufficiali inferiori, e che suo figlio Caracalla aveva concesso la cittadinanza romana a quasi tutti i nati liberi nel territorio dell'impero.[48]

Regno (235-238)

Il regno di Massimino fu caratterizzato dai tre problemi che concorsero a causare l'anarchia militare o crisi del III secolo: pressione delle popolazioni barbare dal'esterno,[49] guerre civili all'interno, collasso economico.

Consolidamento del potere

Massimino si rendeva conto dell'opposizione che incontrava presso l'aristocrazia senatoriale; per questo motivo rimosse i consiglieri più vicini ad Alessandro Severo,[50] che mise a morte, in quanto riteneva stessero organizzando un complotto, mantenendo comunque nei posti di potere, molti degli uomini designati dal precedente imperatore; tra gli altri, Timesiteo fu allontanato con l'incarico di un comando provinciale.[48] Secondo Erodiano, essendo cosciente delle proprie umili origini, non voleva che vi fosse intorno a lui qualcuno di più nobile nascita.[51] La Historia Augusta aggiunge:

«[Massimino] non voleva avere vicino a sè alcun nobile, governando come avrebbe fatto uno Spartaco o un Atenione. [...] Cercò di sospendere le leggi emanante da Alessandro Severo. E nel sospettare amici e collaboratori divenne sempre più crudele.»

L'opposizione senatoriale si coagulò in due tentativi di usurpare il trono di Massimino. L'imperatore, eletto per la sua forza fisica e per le sue capacità militari,[49] volle subito iniziare una campagna militare oltre il Reno. Il nobile consolare Magno[52] corruppe alcuni soldati e centurioni,[53] che avevano l'incarico di fare la guardia al ponte in costruzione sul fiume, di tagliarlo dopo il passaggio dell'imperatore, lasciandolo isolato sull'altra sponda (non esistevano, infatti, imbarcazioni in territorio nemico), e di acclamare al suo posto Magno stesso.[54] Massimino, venuto a conoscenza dei fatti (dove qualcuno insinuò che fosse stato lo stesso Massimino a simularla, per avere il pretesto per esercitare tutta la sua crudeltà[55]), mise a morte tutti i congiurati senza processo, senza accusa, senza delatori, senza difesa, proscrivendone tutti i loro beni, tanto che alla fine ci furono ben 4.000 vittime.[56] Proprio per la celerità della repressione di Massimino, Erodiano avverte che l'episodio non fu confermato da indagini e che quindi potrebbe essere stato inventato da Massimino.[57]

Vi fu poi il tentativo di usurpazione di un certo Quartino, detto Tito (ex-console ed amico di Alessandro Severo), il quale fu fatto imperatore contro la sua stessa volontà dalle unità di arcieri osroeni, fedeli ad Alessandro Severo e che ritenevano reponsabile Massimino della sua morte.[58] Tuttavia, un ex-comandante di questa unità, Macedonio, decise assieme ai propri uomini di assassinare durante il sonno Quartino e, ritenendo di guadagnarsi il favore di Massimino, tagliò la testa dell'usurpatore e la inviò a Massimino.[59] L'imperatore comprese di aver scampato un grosso pericolo, ma non di meno fece uccidere Macedonio.[60]

Campagne militari lungo il fronte settentrionale (235-237)

La pressione dei barbari lungo le frontiere settentrionali e quella, contemporanea, dei Sasanidi in Oriente, si erano infatti, non solo intensificate, ma avevano diffuso la sensazione che l'impero fosse totalmente accerchiato dai nemici.[61] Si rivelavano ormai inefficaci gli strumenti della diplomazia tradizionale, usati fin dai tempi di Augusto e basati sulla minaccia dell'uso della forza e sulla fomentazione di dissidi interni alle diverse tribù ostili per tenerle impegnate le une contro le altre.

 
Le operazioni militari di Massimino in Sarmatia, contro Iazigi e Daci liberi.

Si rendeva necessario ricorrere immediatamente alla forza, schierando armate tatticamente superiori e capaci di intercettare il più rapidamente possibile ogni possibile via di invasione dei barbari; la strategia era però resa difficoltosa dal dover presidiare immensi tratti di frontiera con contingenti militari per lo più scarsi.[62] Molti degli imperatori che vennero via via proclamati dalle legioni nell'arco di venticinque anni non riuscirono neppure a metter piede a Roma, né tanto meno, durante i loro brevissimi regni, a intraprendere riforme interne, poiché permanentemente occupati a difendere il trono imperiale dagli altri pretendenti a il territorio dai nemici esterni. Tuttavia in Massimino l'impero seppe trovare un abile capo militare capace di guidarlo in una difesa energica dei confini.[49]

«C'è da ricordare che Massimino, appena divenuto imperatore, intraprese ogni tipo di campagna militare, concucendola con grande forza e sfruttando le sue capacità belliche, volendo che gli altri lo stimassero e volendo supreare in fama Alessandro Severo, che lui aveva ucciso.»

A tale scopo tra il 235 e il 236 l'imperatore condusse la sua prima campagna contro gli Alemanni. Massimino riteneva, infatti, che fosse una priorità dell'Impero la guerra "antigermanica",[63] continuò a combattere gli Alemanni, riuscendo non solo a respingere le loro incursioni lungo il limes germanico-retico, ma anche a penetrare profondamente in Germania[64] per circa 30-40 miglia romane (45-60 chilometri) e a battere sul loro terreno le armate alemanne, nella regione del Württemberg e Baden.[65]

«[Massimino] passò in Germania con tutto l'esercito e le truppe di Mauri, Osroeni e Parti, nonché tutte le altre che Alessandro aveva condotto con sé per la campagna militare. Ed il motivo principale per cui portava con sé le truppe ausiliarie orientali era che nessuno valeva di più nel combattimento contro i Germani degli arcieri armati alla leggera. Alessandro aveva inoltre un apparato bellico mirabile, a cui si dice Massimino aggiunse molti nuovi accorgimenti. Entrato nella Germania transrenana per trenta o quaranta miglia del territorio barbarico, incendiò villaggi, razziò bestiame, saccheggiò, uccise molti dei barbari, generò notevole bottino ai suoi soldati, prese numerosi prigionieri, e se i Germani non si fossero ritirati nelle paludi e nelle selve, avrebbe sottomesso a Roma tutta la Germania.»
«[Massimino] si rese direttamente protagonista di molte azioni, come quando, addentratosi in una palude, si trovò circondato dai Germani, se non fossero venuti in suo aiuto, quando era rimasto impantananto con il suo cavallo. Era convinto, con la solita spavalderia dei barbari, che l'imperatore dovesse essere in prima linea. Condusse così una specia di battaglia navale, dove uccise un gran numero di nemici.»

A questa campagna apparterrebbero alcune vestigia archeologiche, che testimoniano le devastazioni compiute anche lungo il limes del Norico[66] Per questi motivi ricevette dal Senato l'appellativo di "Germanicus maximus",[1][2][3] mentre sulle monete appare la dicitura "Victoria".

«[Massimino] dispose che fossero dipinti dei quadri raffiguranti le fasi in cui era stata condotta la guerra stessa, e che venissero esposti davanti alla Curia, perché fosse la pittura a raccontare le sue res gestae. Ma dopo la sua morte il Senato, ne dispose la loro rimozione e distruzione.»

Elevò il figlio Gaio Giulio Vero Massimo al rango di cesare[9] e princeps iuventutis ("principe dei giovani"), mentre la moglie defunta, Cecilia Paolina, fu divinizzata.

 
Il limes pannonicus, lungo il quale Massimino combattè negli anni 236-237.

Divenne, quindi, console agli inizi del 236, insieme a Marco Pupieno Africano.[67] Poi, avendo reso sicure le frontiere della Germania lungo l'l'alto Danubio, Massimino condusse nuove campagne contro i sarmati Iazigi della piana del Tibisco, che avevano provato ad attraversare il Danubio dopo circa un cinquantennio di pace lungo le loro frontiere, ed i vicini Quadi (come sembra testimonino alcune iscrizioni rinvenute in zona Brigetio[68]). Egli aveva un sogno: quello di emulare il grande Marco Aurelio e conquistare la libera Germania Magna.[69] Il suo quartier generale fu posto a Sirmio, al centro del fronte pannonico inferiore e dacico. Così infatti riporta la Historia Augusta:

«Portate a termine le campagne in Germania [contro gli Alemanni], Massimino si recò a Sirmio, per preparare una spedizione contro i Sarmati, e programmando di sottomettere a Roma le regioni settentrionali fino all'Oceano.»

Numerose appaiono, infine, le iscrizioni lungo il tratto di limes pannonicus che univa nell'ordine i castra di: Ulcisia Castra,[70] Aquincum,[71] Matrica,[72] Intercisa,[73] Annamatia,[74] Lussonium,[75] Alta Ripa,[76] Ad Statuas,[77] Sopianae[78] e Mursa,[79] a testimonianza delle campagne militari nell'area sarmatica. In numero inferiore sono invece le iscrizioni lungo il tratto di limes dacicus, come ad esempio nella fortezza legionaria di Apulum.[80]

Grazie ai successi ottenuti sul Danubio, l'imperatore poté ottenere i titoli di Dacicus (fine del 236-inizi del 237)[1][2][3][4] e Sarmaticus (nel 237).[2][3][5]

Contemporaneamente nel corso del 236, fu respinta un'incursione di Carpi e Goti, culminata con una battaglia vittoriosa per le armate romane di fronte ad Histropolis. Ciò potrebbe significare che, attorno a questa data, i Goti avevano già occupato la zona della Dacia libera a nord dei Carpazi, fino alla foce del Danubio ed alle coste del Mar Nero, incluse le città di Olbia e Tyras.[81]

Impegnato nelle guerre sulle frontiere, Massimino non andò mai a Roma per rafforzare il proprio potere: invece di cercare il sostegno del Senato romano, decise di fondare il proprio potere sull'esercito;[82] raddoppiò la paga dei soldati e ciò, in coerenza con le continue guerre, richiese un aumento delle tasse. Gli esattori ricorsero a metodi violenti e sequestri illegali, che gli alienarono ancora di più la classe dirigente.[34]

Offensiva sasanide in Oriente (237-238)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Campagne mesopotamiche di Ardashir I.

Frattanto lungo il fronte orientale, negli anni 237-238[83] le città della provincia romana di Mesopotamia, Nisibi e Carrhae, furono assediate e occupate dai Sasanidi.[84][85][83] Non a caso anche Erodiano suggerisce che i Sasanidi rimasero tranquilli per tre o quattro anni dopo le campagne di Alessandro Severo del 232, il cui esito finale fu assai incerto per le due parti.[86]

Rivolte interne: i Gordiani

 
Busto di Gordiano I (Musei Capitolini-Roma).

All'inizio del 238, nella provincia d'Africa, una estorsione di un funzionario del fisco, che per mostrarsi zelante a Massimino,[87] attraverso una sentenza comprata in una corte corrotta contro proprietari terrieri locali, accese una rivolta generale nell'intera provincia. I proprietari terrieri armarono i loro "clienti" e contadini, oltre ad alcuni militari, e, prima uccisero il funzionario corrotto,[87] poi presero Tisdrus (l'odierna El Djem) e proclamarono imperatore il governatore della provincia africana, Gordiano I.[64][88] Quest'ultimo, se inizialmente non voleva la porpora imperiale, tanto da essere stato minacciato con le armi nel caso non avesse accettato,[89] in seguito accettò il titolo di Augusto insieme al figlio, Gordiano II, nella città di Tisdrus.[90] Poi dispose di occupare la stessa Cartagine.[91]

Frattanto il prefetto del pretorio di Massimino, Vitaliano, fu ucciso a Roma[92] da uomini legati ai due usurpatori; molti amici di Massimino furono messi a morte, come pure il praefectus urbi Sabino fu ucciso dalla folla in una sommossa.[93][94] Il Senato di Roma riconobbe, quindi, i due nuovi imperatori come Augusti[95] (addirittura promettendo al nipote Gordiano III la pretura, il consolato ed il titolo di Cesare[96]), dichiarando Massimino hostes (nemico dello stato), chiedendo infine l'aiuto di tutte le province, affinché combattessero per la comune salvezza e libertà, ricevendone piena adesione con la messa a morte di numerosi funzionari, amici, generali e militari fedeli a Massimino.[97] Le onorificenze militari di quest'ultimo vennero, inoltre, revocate, il suo nome e quello di suo figlio furono cancellati dalle iscrizioni e dai papiri, e i dipinti celebranti le sue vittorie sui Germani, che adornavano la Curia, furono staccati e bruciati.[98] Massimino reagì marciando verso l'Italia con le legioni pannoniche.[34] Ecco come si espresse il Senato, secondo la Historia Augusta:

«Il Senato ed il Popolo romano, grazie ai principi Gordiani, avendo deciso di liberarsi da quella belva ferocissima [di Massimino], augurano ai proconsoli, governatori, legati, generali tribuni, magistrati, singole città, municipi, fortezze, villaggi, castelli quella prosperità che ora stanno cominciando a godere. Grazie al favore degli dei, abbiamo avuto quale imperatore il proconsolare Gordiano, uomo integerrimo e senatore di grandi principi morali, a cui abbiamo conferito il titolo di Augusto, non solo a lui ma anche al figlio, nobile e giovane Gordiano, ad ulteriore protezione della Repubblica. Ora a voi sta dare il vostro assenso alla lotta per la salvezza della Repubblica, per impedire ogni scelleratezza e difenderla da quella belva e dai suoi amici, ovunque essi siano. Noi abbiamo dichiarato Massimino e suo figlio nemici pubblici (hostis).»

La rivolta in Africa fu il risultato di un episodio e non era stata programmata; la maggior parte delle province rimasero fedeli a Massimino. Il governatore di Numidia, Capelliano, fedele a Massimino e comandante dell'unica legione presente nella zona, la Legio III Augusta, sbaragliò le milizie dei due Gordiano nella battaglia di Cartagine, ponendo fine alla loro rivolta.[99] Intanto Massimino, preso da una terribile collera anche contro il suo stesso figlio, che a suo tempo si era rifiutato di recarsi a Roma, come viene descritto nella Historia Augusta,[100] decise di marciare con le sue armate pannoniche su Roma, dopo aver distribuito un nuovo e ricco donativum ai suoi soldati.[101]

Caduta e morte

 
L'antica città romana di Aquileia nel suo sviluppo: dal primo periodo repubblicano (con le mura del castrum legionario quadrangolare in rosa più scuro); a quello successivo dopo la vittoria sui Cimbri con le mura costruite nel 100 a.C.; fino alla città alto imperiale (con le mura costruite nel periodo compreso tra l'imperatore Marco Aurelio e Massimino Trace); il periodo tetrarchico, in rosa più chiaro.

Con Massimino che si avvicinava minaccioso e i due Gordiani morti, i senatori decisero di continuare la resistenza eleggendo co-imperatori due di loro, Pupieno e Balbino[102] (tardo aprile, inizi di maggio 238). Tuttavia una fazione a Roma preferì il nipote di Gordiano I, Gordiano III, e ci furono duri combattimenti nelle strade: Balbino e Pupieno accettarono allora di proclamare il giovane Gordiano cesare.[103]

I tre avversari di Massimino potevano contare su milizie formate da coscritti e da gruppi di giovani, mentre l'imperatore aveva a propria disposizione un grande esercito che veniva da anni di guerre; Massimino decise allora di marciare rapidamente su Roma per spazzare via i suoi oppositori. Non considerò, però, le difficoltà connesse con l'attraversamento delle Alpi alla fine dell'inverno e il suo esercito fu rallentato dalla guerriglia messa in atto dai difensori in Italia settentrionale.[103]

Quando l'esercito di Massimino giunse in vista di Aquileia, posta all'incrocio di importanti vie di comunicazione e deposito dei viveri e dell'equipaggiamento necessari ai soldati, la città chiuse le porte all'imperatore, guidata da due senatori incaricati dal Senato, Rutilio Pudente Crispino e Tullio Menofilo. Massimino prese allora una decisione fatale: invece di scendere rapidamente sulla capitale con un contingente, mise personalmente sotto assedio la città di Aquileia, permettendo ai suoi avversari di organizzarsi: Pupieno raggiunse infatti Ravenna, da cui diresse la difesa della città assediata.[11][103][104]

Sebbene il rapporto di forze fosse ancora a vantaggio di Massimino, il prolungato assedio, la penuria di viveri e la rigida disciplina imposta dall'imperatore causarono l'ostilità delle truppe verso l'imperatore. Soldati della Legio II Parthica strapparono le sue immagini dalle insegne militari, per segnalarne la deposizione, poi lo assassinarono nel suo accampamento, assieme al figlio Massimo ed ai suoi ministri (10 maggio 238).[11][7][105]

Le loro teste, tagliate e poste su pali, furono portate a Roma da messaggeri a cavallo, mentre i corpi di padre e figlio furono mutilati e dati in pasto ai cani, una poena post mortem.[106] Il Senato elesse imperatore il tredicenne Gordiano III[107] e ordinò la damnatio memoriae per Massimino.[108]

Titolatura imperiale

Titolatura imperiale Numero di volte Datazione evento
Tribunicia potestas 4 anni: la prima il 20 marzo del 235, poi rinnovata ogni anno al 10 dicembre.
Consolato 1 volta: nel 236.[67]
Titoli vittoriosi Germanicus Maximus[1][2][3] nel 235,[2][109] Dacicus Maximus[1][2][3] nel 236/7[4] e Sarmaticus maximus[2][3] nel 237.[5]
Salutatio imperatoria 6 volte:[110] la prima al momento della assunzione del potere imperiale, il 20 marzo del 235, poi ancora nel 235 (II[111]) e nel 237 (III-IV-V[112]-VI[110]).
Altri titoli Pontifex Maximus,[112][113] Pater Patriae,[113] Pius e Felix[114] nel 235.[113]

Giudizi su Massimino

 
Testa frammentaria di Massimino, proveniente dalle sale imperiali del Palatino; fu probabilmente distrutta a seguito del contrasto tra l'imperatore e il Senato romano.
Cronologia
Vita di Massimino Trace
235 Massimino fu eletto Augusto per volontà delle legioni germaniche.[115] Condusse una campagna militare contro la federazione germanica degli Alemanni, con "quartier generale" a Mogontiacum.
236-237 Massimino condusse nuove campagne militari contro Sarmati (Iazigi) e Daci liberi della piana della Tisza, ponendo il suo "quartier generale" a Sirmium.[116]
238 All'inizio dell'anno prime sollevazioni in Africa, portarono a proclamare imperatori Gordiano I[64][88] ed il figlio Gordiano II, dopo aver occupato anche la stessa Cartagine.[91] La rivolta africana fu sedata nel sangue, costringendo poi Massimino a marciare su Roma, dove si era provveduto ad eleggere due Augusti, Pupieno e Balbino.[102] Massimino fu però ucciso, nella sua marcia di avvicinamento, presso Aquileia dalle sua stesse truppe.[11][7]

Di lui le fonti raccontano che fu amato dei suoi soldati, ma odiato a Roma, dal popolo e dal Senato. La Historia Augusta dice:

«Massimino ebbe sempre l'accortezza di governare i soldati non solo con la disciplina, ma anche guadagnandosi la loro stima ed affetto con premi e ricompense. Non sottrasse mai ad alcuno la sua razione di viveri. Non permise mai che alcun soldato lavorasse nell'esercito come fabbro o come artigiano, come solevano fare gli altri [imperatori romani], al contrario impegnò le legioni in battute di caccia.»

Egli fu anche molto considerato per le sue doti militari di abile generale, avendo condotto oltre le frontiere settentrionali ogni sorta di campagna militare contro i barbari.[49]

«Vi furono sotto il suo regno numerose altre guerre e battaglie, dalle quali uscì sempre vincitore, facendo ritorno con un grande bottino e [...] tanti prigionieri, che il suolo di Roma faticava a contenerli.»

E' vero anche che,

«[...] accanto a queste doti egli era di una crudeltà tale che alcuni lo chiamavano Ciclope, altri Busiride, altri Scirone, altri Falaride, altri Tifone o Gigante. Il Senato lo temeva al punto che nei templi si facevano voti, sia privatamente sia pubblicamente, comprese le donne ed i bambini, perchè Massimino non venisse mai a Roma
«Si sentiva raccontare di gente messa dallo stesso in croce, rinchiusa viva nelle carogne di animali appena uccisi, gettata in pasto alle belve, o anche massacrata a forza di bastonate, senza alcuna distinzione di grado sociale, essendo evidente che egli voleva amministrare rigidamente la disciplina militare, applicandola anche alle cose civili, ciò che non conviane mai ad un sovrano per farsi amare. Egli credeva, infatti, che l'Impero non si poteva amministrare, se non con la crudeltà.»

E sembra che questa crudeltà fosse soprattutto dettata dal timore di essere trattato con disprezzo dalla nobilitas, a causa delle sue umili origini barbariche. Egli si ricordava, infatti che in passato, prima di diventare Imperatore, era stato snobbato persino dai suoi servi dei nobili, tanto che neppure i loro procuratori lo avevano ammesso alla sua presenza.[117]

«[Massimino] sia aspettava che una volta divenuto Imperatore, tutti avrebbero mantenuto lo stesso atteggiamento nei suoi confronti. Tanto può il complesso della propria inferiorità, in tale meschinità.»
«[Massimino] per nascondere le su umili origini fece uccidere tutti quelli che ne erano a conoscenza, molti anche tra gli amici, che in passato, mossi da misericordia per la sua povertà, gli avevano fatto molti doni. Infatti non vi fu mai un essere tanto crudele sulla terra, che poneva nelle sue virtù la forza fisica, quasi da ritenersi immortale, da non poter essere ucciso.»

Erodiano dello stesso aggiungeva che:

«Una volta che Massimino si impadronì dell'Impero, generò grandi cambiamenti, esercitando il suo potere con crudeltà e causando un diffuso terrore. Tentò di operare una completa trasformazione, da una mite autocrazia ad una feroce tirannia, consio dell'odio contro di lui per essere stato il primo uomo ad aver raggiunto la porpora imperiale dalle più umili origini ad una simile e fortunata posizione. Il suo carattere era naturalmente barbarico, come la sua razza era barbarica. Aveva ereditato la brutalità dei suoi concittadini; rese la sua posizione imperiale sicura con atti di crudeltà, temendo che sarebbe diventato oggetto di disprezzo da parte del Senato e del popolo romano, cimpressionati più dalle sue umili origini che dalle sue vittorie militari.»

Sappiamo però che Massimino svolse energicamente il suo impegno nel corso del breve regno in cui esercitò il potere, e che segnò l'inizio del periodo soprannominato dell'anarchia militare. Affrontò, soprattutto le pressioni esterne dei barbari del Nord con grande energia.

Note

  1. ^ a b c d e f Y.Le Bohec, L'esercito romano da Augusto alla fine del III secolo, p.268.
  2. ^ a b c d e f g h i j AE 1902, 16. Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "MassiminoTraceGermanicus" è stato definito più volte con contenuti diversi
  3. ^ a b c d e f g h i AE 1905, 179; AE 1958, 194; AE 1964, 220a; AE 1966, 217; AE 1966, 218.
  4. ^ a b c CIL XI, 1176; CIL VIII, 10073; CIL VIII, 22030; AE 2002, 1663; IScM-5, 250b; RIB 1553; CIL 17-2, 170; CIL 13, 06547 (4, p 100); MiliariHispanico 461; CIL II, 6345; CIL II, 4834; AE 1958, 194; CIL II, 4649; AE 1980, 831; AE 1986, 586; CIL VI, 40776.
  5. ^ a b c AE 1958, 194; AE 1979, 543; AE 1983, 802; CIL II, 4886; CIL III, 3336; CIL VIII, 10075; AE 1905, 179; CIL VIII, 10025; AE 2003, 1972; CIL VIII, 10083; CIL VIII, 22020; CIL II, 4693; CIL II, 4731; CIL XIII, 6547; Erodiano, Storia dell'Impero dopo Marco Aurelio, VII, 2, 9; VII 8, 4.
  6. ^ a b c d Historia Augusta - I due Massimini, 1.5.
  7. ^ a b c d Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, 25.2.
  8. ^ a b Historia Augusta - I due Massimini, 1.6.
  9. ^ a b c Aurelio Vittore, De Caesaribus, 25.1-2.
  10. ^ a b Historia Augusta - I due Massimini, 1.7.
  11. ^ a b c d e f Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, IX, 1.
  12. ^ Aurelio Vittore, Epitome de Caesaribus, 25.1.
  13. ^ a b Erodiano, VI, 8.1.
  14. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 1.4.
  15. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 2.2.
  16. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 2.1.
  17. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 6.5-7.
  18. ^ Erodiano, VII, 1.2; Historia Augusta - I due Massimini, 6.8.
  19. ^ a b Bowman, p. 26.
  20. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 3.1-4.
  21. ^ Zosimo, Storia nuova, I, 13.
  22. ^ ILS 1349; Aurelio Vittore, De Caesaribus, 25.1.
  23. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 3.6.
  24. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 4.4.
  25. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 4.5.
  26. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 4.6-8.
  27. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 4.9.
  28. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 5.1-2.
  29. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 5.3-5.
  30. ^ CIL III, 10984.
  31. ^ a b Erodiano, VI, 8.2.
  32. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 6.1-3.
  33. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 6.4.
  34. ^ a b c Meckler.
  35. ^ La prima citazione conservatasi dell'appellativo "Trace" è nella Epitome de Caesaribus 25.1; Jason Moralee, "Maximinus Thrax and the Politics of Race in Late Antiquity", Greece & Rome, 55 (2008), pp. 55-82, doi:10.1017/S0017383507000319.
  36. ^ Roman Imperial Coinage, Alexander Severus, IVb, 1; BMCRE 118; RSC 1.
  37. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 7.1-4.
  38. ^ Historia Augusta - Alessandro Severo, 63.5.
  39. ^ Erodiano, VI, 9.8.
  40. ^ a b Erodiano, VI, 8.3.
  41. ^ Erodiano, VI, 8.4.
  42. ^ Erodiano, VI, 8.5.
  43. ^ Erodiano, VI, 8.7.
  44. ^ Erodiano, VI, 8.8.
  45. ^ Erodiano, VI, 9.1-2.
  46. ^ Erodiano, VI, 9.3-7.
  47. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 8.1.
  48. ^ a b Southern, p. 64.
  49. ^ a b c d Historia Augusta - Vita dei due Massimini, 10.3.
  50. ^ Historia Augusta - Vita dei due Massimini, 9.7.
  51. ^ Erodiano, VII, 1.3-4.
  52. ^ CIL IX, 338.
  53. ^ Historia Augusta - Vita dei due Massimini, 10.1.
  54. ^ Historia Augusta - Vita dei due Massimini, 10.2.
  55. ^ Historia Augusta - Vita dei due Massimini, 10.5.
  56. ^ Historia Augusta - Vita dei due Massimini, 10.6.
  57. ^ Erodiano, VII, 1.5-8.
  58. ^ Historia Augusta - Vita dei due Massimini, 11.1-3.
  59. ^ Historia Augusta - Vita dei due Massimini, 11.4.
  60. ^ Erodiano, VII, 1.9-11; Historia Augusta - Vita dei due Massimini, 11.5.
  61. ^ Remondon, p.74.
  62. ^ Stephen Williams, Diocleziano. Un autocrate riformatore, p. 23.
  63. ^ Santo Mazzarino, L'Impero romano, p. 492.
  64. ^ a b c Aurelio Vittore, De Caesaribus, 26.1.
  65. ^ Michael Grant, Gli imperatori romani, storia e segreti, p. 186; al termine delle operazioni militari di Massimino, furono ricostruiti numerosi forti ausiliari come quelli di Echzell, Butzbach, Kapersburg, Saalburg e Kleiner Feldberg (cfr. H.Shonberger, The Roman Frontier in Germany: an Archaeological Survey, p. 175).
  66. ^ Alföldy (p. 169) riscontra segni di devastazione a Lauriacum ed a Bernau.
  67. ^ a b AE 1972, 503.
  68. ^ AE 2006, 1046, CIL III, 4630, CIL III, 11341, CIL III, 11342, CIL III, 15203,1.
  69. ^ S. Mazzarino, p. 498.
  70. ^ AE 1980, 713, CIL III, 3740.
  71. ^ AE 1986, 586, CIL III, 3708, CIL III, 3711, CIL III, 14354,4-5.
  72. ^ AE 1969/70, 494, AE 1983, 779.
  73. ^ AE 1975, 698, AE 1975, 699, AE 1975, 700, AE 1975, 701.
  74. ^ CIL III, 10639 e CIL III, 10642.
  75. ^ CIL III, 3732.
  76. ^ CIL III, 10645.
  77. ^ CIL III, 3734.
  78. ^ AE 1996, 1258 del 237.
  79. ^ CIL III, 3735, CIL III, 3736.
  80. ^ AE 1983, 802 e AE 1983, 803.
  81. ^ Southern, p. 220-221.
  82. ^ Southern, p. 65.
  83. ^ a b J.-M.Carriè, Eserciti e strategie, La Roma tardo-antica, per una preistoria dell'idea di Europa, vol.18, Milano 2008, p.94
  84. ^ Zonara, L'epitome delle storie, XII, 18.
  85. ^ Giorgio Sincello, Selezione di cronografia , 681.
  86. ^ Erodiano, Storia dell'impero dopo Marco Aurelio, VI, 6.6.
  87. ^ a b Historia Augusta - I due Massimini, 14.1.
  88. ^ a b Historia Augusta - I due Massimini, 13.6.
  89. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 14.2.
  90. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 14.3.
  91. ^ a b Aurelio Vittore, De Caesaribus, 26.2.
  92. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 14.4.
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  94. ^ Southern, p. 66.
  95. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 14.5.
  96. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 16.3-7.
  97. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 15.2-3.
  98. ^ Erodiano, VII, 2.8.
  99. ^ Bowman, p. 31.
  100. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 17.
  101. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 18.
  102. ^ a b Aurelio Vittore, De Caesaribus, 26.7.
  103. ^ a b c Bowman, p. 32.
  104. ^ Aurelio Vittore, De Caesaribus, 27.4.
  105. ^ Bowman, p. 33.
  106. ^ Erodiano, viii.5.9
  107. ^ Aurelio Vittore, De Caesaribus, 27.6.
  108. ^ Per l'iconografia e le mutilazioni dei ritratti di Massimino Trace e di suo figlio Massimo si veda Varner, Eric, Mutilation and Transformation, BRILL, 2004, ISBN 90-04-13577-4, pp. 200-203.
  109. ^   Roman Imperial Coinage, Maximinus, IV, 5;
      Roman Imperial Coinage, Maximinus, IV, 40.
  110. ^ a b CIL VIII, 22030.
  111. ^ CIL II, 4731.
  112. ^ a b CIL VIII, 10073.
  113. ^ a b c CIL XV, 2.
  114. ^ AE 1981, 383, AE 1973, 238.
  115. ^ Erodiano, VI, 8.3-8.8.
  116. ^ Historia Augusta - I due Massimini, 13.3.
  117. ^ Historia Augusta - Vita dei due Massimini, 8.9-10.

Bibliografia

Fonti primarie
Fonti secondarie
  • Alan Bowman, Peter Garnsey e Averil Cameron, The Cambridge ancient history - XII. The Crisis of the Empire A.D. 193-337, Cambridge University Press, 2005, ISBN 0-521-30199-8
  • (IT) Giuseppe Dobiaš, Il limes romano nelle terre della Repubblica Cecoslovacca, vol.VIII, Roma, Istituto Studi Romani, 1938.
  • (IT) Yann Le Bohec, L'esercito romano. Da Augusto alla fine del III secolo, Roma, 1992-2008, ISBN 88-430-1783-7.
  • Meckler, Michael, "Maximinus Thrax (235-238 A.D.)", De Imperatoribus Romanis.
  • (EN) András Mócsy, Pannonia and Upper Moesia, Londra, 1974.
  • (EN) Pavel Oliva, Pannonia and the onset of crisis in the roman empire, Praga, 1962.
  • Marina Silvestrini, Il potere imperiale da Severo Alessandro ad Aureliano in: AA.VV., Storia di Roma, Einaudi, Torino, 1993, vol. III, tomo 1; ripubblicata anche come Storia Einaudi dei Greci e dei Romani, Ediz. de Il Sole 24 ORE, Milano, 2008 (v. il vol. 18º)
  • (EN) Pat Southern, The Roman Empire: from Severus to Constantine, Londra & New York, 2001, ISBN 0-415-23944-3.
  • (IT) Stephen Williams, Diocleziano. Un autocrate riformatore, Genova, 1995, ISBN 88-7545-659-3.
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