Neutrino

particella elementare appartenente al gruppo dei leptoni

Template:Fisica-schedaparticella Il neutrino è una particella elementare. Ha spin 1/2 e quindi è un fermione. La sua massa è molto piccola, infatti recenti esperimenti (vedi Super-Kamiokande) hanno mostrato che è diversa da zero (da 100.000 a 1 milione di volte inferiore a quella dell'elettrone). Poiché i neutrini non hanno carica elettricacarica di colore, interagiscono solo attraverso la forza nucleare debole e non sentono l'interazione nucleare forte e la forza elettromagnetica. Poiché possiedono una massa, sono sensibili anche alla gravità, ma essendo la gravità la forza più debole ed avendo il neutrino una massa piccolissima, questa interazione è trascurabile rispetto all'interazione debole.











Il neutrino nel modello standard

Neutrini nel modello standard
delle particelle elementari
Fermione Simbolo Massa
Generazione 1 (elettrone)
Neutrino dell'elettrone   < 2.2 eV
Antineutrino dell'elettrone   < 2.2 eV
Generatione 2 (muone)
Neutrino muonico   < 170 keV
Antineutrino muonico   < 170 keV
Generazione 3 (tau)
Neutrino tau   < 15.5 MeV
Antineutrino tau   < 15.5 MeV
Generazione 4 (x) Probabile ?
Neutrino x   < xy.z MeV
Antineutrino x   < ab.c MeV


Poiché il neutrino interagisce debolmente, quando si muove attraverso la materia le sue possibilità di interazione sono molto piccole. Occorrerebbe un ipotetico muro spesso un anno luce in piombo per bloccare la metà dei neutrini che lo attraversano. I rivelatori di neutrini tipicamente contengono centinaia di tonnellate di materiale, costruito in modo tale che pochi atomi al giorno interagiscano con i neutrini entranti. In una supernova collassante, la densità del nucleo diventa abbastanza alta (1014 g/cm3) da intercettare parte dei neutrini prodotti.


Esistono tre tipi differenti di neutrino: il neutrino elettronico νe, il neutrino muonico νμ e il neutrino tau ντ, corrispondenti ai rispettivi leptoni del modello standard (elettrone, muone e tauone).

L'esistenza del neutrino venne postulata nel 1930 da Wolfgang Pauli per spiegare lo spettro continuo del decadimento beta. Il nome neutrino, invece, fu coniato da Enrico Fermi come diminutivo di neutrone.

Flussi di neutrini possono oscillare tra i tre autostati di interazione, in un fenomeno conosciuto come oscillazione dei neutrini (che fornisce una soluzione al problema dei neutrini solari e a quello dei neutrini atmosferici).

La gran parte dell'energia di una supernova collassante viene irradiata in forma di neutrini, prodotti quando i protoni e gli elettroni del nucleo si combinano a formare neutroni. Questa reazione produce un flusso considerevole di neutrini. La prima prova sperimentale di questo fatto si ebbe nel 1987, quando vennero rivelati i neutrini provenienti dalla supernova 1987a.

Alcuni anni fa si pensava che i neutrini potessero essere ritenuti responsabili per la materia oscura, ma con l'attuale conoscenza della loro massa possono contribuire solo per una frazione insignificante.

Scoperta del neutrino

Sebbene postulato nel 1930 il neutrino fu scoperto solo 26 anni dopo dai fisici Clyde Cowan e Fred Reines nel corso di un esperimento eseguito al reattore nucleare a fissione, di Savannah River.

L'interesse di porre tutto l'apparato presso questo tipo di reattore è che esso è una fonte molto importante di antineutrini: durante la fissione nucleare si sviluppano molti neutroni, i quali decadono emettendo antineutrini.

 

L'apparato sperimentale era costituito da un bidone di 200 litri d'acqua mescolato a cloruro di cadmio, in modo da poter sfruttare la reazione inversa del decadimento del neutrone:

 

con creazione di un neutrone e di un positrone.

Data la scarsa sezione d'urto del processo è chiaro che serve una grande quantità di protoni (cioè di acqua) per avere un segnale utile.

Il positrone si annichila con un elettrone presente nell'apparato, dando luogo a due fotoni di energia pari alla massa della particella; il neutrone prodotto viene moderato dall'acqua e assorbito dal cadmio, il quale, dopo l'assorbimento, si trova in uno stato eccitato ed emette, quindi, un fotone.

Il segnale ricercato, quindi, è composto da due fotoni di energia uguale (0,511 MeV/c), seguiti da un fotone di energia molto maggiore a breve tempo di distanza.

L'alto flusso disponibile permetteva di avere due rivelazioni all'ora ed il fondo calcolato per questo esperimento era molto minore di questo valore.

L'esperimento si rivelò, quindi, concludente.

Rivelatori di neutrini

Esistono diversi tipi di rivelatori di neutrini. Ogni tipo consiste di grosse quantità di materiale (necessarie a causa dell'elevata penetratività dei neutrini) posto in cave sotterranee che hanno lo scopo di proteggerli dalla radiazione cosmica.

  • I rivelatori al cloro consistono di serbatoi riempiti di tetracloruro di carbonio. In questi rivelatori un neutrino converte un atomo di cloro in uno di argon secondo la reazione  . Il fluido viene periodicamente purgato con dell'elio che rimuove l'argon. La quantità di atomi di   prodotta viene misurata tramite l'attività radioattiva del gas estratto (l'isotopo 37 dell'argon decade in cloro con un'emivita di 35 giorni). Lo svantaggio di questi rivelatori consiste nel fatto che non è possibile determinare la direzione del neutrino incidente, nè la sua energia: l'unica informazione è il flusso medio, per di più su periodi dell'ordine del mese. Fu il rivelatore al cloro di Homestake, South Dakota, contenente 520 tonnellate di  , che rilevò per primo il deficit di neutrini provenienti dal sole e portò al problema dei neutrini solari. Questo tipo di rivelatore è sensibile solo ai neutrini elettronici νe. L'energia di soglia della reazione utilizzata in questi rivelatori (la minima energia che il neutrino incidente deve possedere per essere rivelato) è pari a 814 keV.
  • I rivelatori al gallio sono simili a quelli al cloro dal punto di vista del funzionamento, ma più sensibili ai neutrini a bassa energia. Si basano sulla reazione   Anche in questo caso non si ottengono informazioni sulla direzione del neutrino. Tra questi rivelatori vale la pena di citare quelli utilizzati nell'esperimento GALLEX, poi diventato GNO, realizzato in Italia nei Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell'INFN situati nel traforo del Gran Sasso d'Italia.
  • I rivelatori ad acqua pura come il Super-Kamiokande contengono una grande massa d'acqua, circondata da rivelatori di luce detti "tubi fotomoltiplicatori". In questi rivelatori, il neutrino trasferisce parte della sua energia ad un elettrone, che in seguito all'urto si muove più velocemente di quanto faccia la luce in acqua (ma in ogni caso non più velocemente della luce nel vuoto). Questo genera una emissione ottica (in luce visibile), conosciuta come radiazione Cherenkov che può essere rivelata dai tubi fotomoltiplicatori. Questo rivelatore ha il vantaggio che il neutrino viene registrato in tempo reale ed è possibile raccogliere informazioni sulla sua traiettoria, andando a costruire una vera e propria mappa del cielo visto in neutrini. Fu questo tipo di rivelatore che registrò il flusso di neutrini provenienti dalla Supernova 1987a. Questo rivelatore è sensibile a tutti i tipi di neutrino, anche se con sezioni d'urto diverse (maggiori di un fattore 6 per i neutrini elettronici rispetto agli altri). Uno svantaggio di questa tipologia di rivelatori consiste nell'elevata soglia (circa 5 Mev) in energia, dovuta all'impossibilità di rivelare l'emissione da elettroni colpiti da neutrini d'energia troppo bassa.
  • I rivelatori ad acqua pesante usano tre tipi di reazione per rivelare i neutrini. La prima è la stessa dei rivelatori ad acqua pura. La seconda implica la collisione del neutrino con un atomo di deuterio, con il conseguente rilascio di un elettrone. Nella terza il neutrino spezza in due l'atomo di deuterio. I risultati di queste reazioni vengono rivelati dai "tubi fotomoltiplicatori". Questo tipo di rivelatore opera al Sudbury Neutrino Observatory ed è in grado di rivelare tutti e tre i tipi di neutrino.
  • L'esperimento OPERA invece si prefigge lo scopo di osservare direttamente il fenomeno di oscillazione (Neutrino Appereance) di neutrini di tipo muonico   in neutrini di tipo tauonico  . I neutrini muonici vengono prodotti dal progetto CNGS presso il CERN di Ginevra (Svizzera) ed inviati verso il sito dell'esperimento OPERA ai Laboratori Nazionali del Gran Sasso. L'esperimento è composto da due supermoduli formati da un bersaglio e da uno spettrometro magnetico. Il bersaglio e' composto da lastre di ferro, tra le quali sono inseriti dei mattoncini formati da pile di fogli di Piombo (1mm di spessore) e lastre di emulsione fotografica (grani del diametro di 1 micron). Il canale di scoperta privilegiato è l'interazione di corrente carica tra un neutrino di tipo tau ed un mattoncino del bersaglio, la particella tau prodotta viaggia per un breve tragitto nel target (una frazione di millimetro, tipicamente) e successivamente decade in un muone ed una coppia di neutrini. L'analisi al microscopio delle tracce lasciate sulle emulsioni fotografiche dalle particelle cariche permette di ricostruire i vertici (primario e secondario) dell'evento. In cinque anni di presa dati, OPERA prevede di misurare un piccolo numero di tali eventi (circa 15-20, in funzione della differenza di massa tra i due tipi di neutrino) ma con una contaminazione dovuta al fondo estremamente bassa.

Neutrini e teoria delle stringhe

I risultati del rilevatore AMANDA nell'Antartide, sembrano avallare l'esistenza di un numero di dimensioni superiori alle 4 dello spaziotempo canonico. In particolare, il rapporto tra neutrini diretti verso l'alto e quelli diretti verso il basso rilevati da AMANDA sono in buon accordo con quanto previsto dalla teoria delle stringhe per il comportamento dei neutrini ad elevata energia.

I risultati di IceCube, un rivelatore di un kilometro cubo che sostuirà AMANDA, sembrano dunque promettere la prima verifica indipendente dalla cosmologia della teoria delle stringhe.

Voci correlate

Collegamenti esterni

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