Italo Balbo
Italo Balbo (Quartesana di Ferrara, 6 giugno 1896 – Tobruk, 28 giugno 1940) è stato un politico, generale e aviatore italiano. Fu ministro dell'Aeronautica e governatore della Libia.
Italo Balbo | |
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Governatore Generale della Libia | |
Durata mandato | 1º gennaio 1934 – 28 giugno 1940 |
Monarca | Vittorio Emanuele III d'Italia |
Capo del governo | Benito Mussolini |
Predecessore | carica istituita |
Successore | Rodolfo Graziani |
Ministro dell'Aeronautica del Regno d'Italia | |
Durata mandato | 12 settembre 1929 – 6 novembre 1933 |
Predecessore | Benito Mussolini |
Successore | Benito Mussolini |
Dati generali | |
Partito politico | Partito Nazionale Fascista |
Titolo di studio | laurea |
Università | Università di Firenze |
Italo Balbo | |
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Governatore della Libia | |
Durata mandato | 1º gennaio 1934 - 28 giugno 1940 |
Predecessore | nessuno |
Successore | Rodolfo Graziani |
Dati generali | |
Partito politico | Partito Nazionale Fascista |
Titolo di studio | laurea |
Università | Università di Firenze |
Professione | Aviatore militare |
Biografia
Prima della Grande guerra
Figlio di Camillo Balbo e Malvina Zuffi, entrambi maestri elementari: il padre era di origini piemontesi, mentre la madre era romagnola. In famiglia vigeva il rispetto assoluto per la monarchia ed il servizio militare. Dopo la sua nascita, la famiglia Balbo si trasferisce da Quartesana a Ferrara, centro politico rilevante, percorso da fermenti di classe contadina e animato da idee socialiste. Le accese dispute tra monarchici e repubblicani si svolgevano spesso al Caffè Milano, soprannominato all'epoca "sitùzz", ovvero piccolo sito, posticino.[1] Anche il giovane Italo Balbo partecipò attivamente alle discussioni politiche, che esercitarono senz'altro una certa influenza sulle sue opinioni politiche.
In famiglia i contrasti si accentuavano, poiché Italo, di idee repubblicane ma conservatrici, si scontrava con lo spirito monarchico del padre. Nel 1911, appreso al Caffè Milano circa l'iniziativa organizzata da Ricciotti Garibaldi per liberare l'Albania dal controllo turco, fuggì da casa e si aggregò alla spedizione militare. Non riuscì a partecipare alla spedizione, bloccato dalla polizia, avvisata dal padre.
Nel 1914 Italo Balbo si schierò decisamente con il movimento interventista e, durante la partecipazione ad una manifestazione interventista a Milano, conobbe Benito Mussolini. Balbo divenne poi guardia del corpo di Cesare Battisti durante i comizi da lui tenuti a favore dell'intervento in guerra.
Prima guerra mondiale
Durante la prima guerra mondiale prestò servizio nel battaglione Alpini "Val Fella". Promosso tenente, il 16 ottobre 1917 lascia il battaglione perché destinato, su sua domanda, al Deposito Aeronautico di Torino per un corso di pilotaggio, la sua vera grande passione. Pochi giorni dopo, a causa dell'offensiva austro-tedesca, fu costretto a ritornare al fronte, assegnato al battaglione Alpini "Monte Antelao". Nel 1918, al comando del reparto d'assalto del battaglione Alpini "Pieve di Cadore", partecipa all'offensiva sul Monte Grappa che liberò la città di Feltre. Nel corso dell'ultima fase della guerra si guadagnò una medaglia di bronzo e due d'argento al Valor Militare, raggiungendo il grado di capitano.
Dopo l'armistizio Balbo rimase cinque mesi con il suo battaglione come commissario prefettizio di Pinzano al Tagliamento (UD). A marzo del 1919 Balbo ritorna a studiare a Firenze presso l'Istituto di scienze sociali "Cesare Alfieri" dove si laurea in scienze sociali il 30 novembre 1920 con una tesi intitolata Il pensiero economico e sociale di Giuseppe Mazzini. Nel clima post bellico non era infrequente che studenti ex combattenti cercassero di impressionare gli esaminatori quando la preparazione non era sufficiente. Un aneddoto attribuisce a Italo Balbo un'accesa discussione con il professor Breschi durante un esame. Balbo passò l'esame, ma certamente non per merito.[2].
Intanto, nell'inverno del 1919 Balbo era stato presentato alla contessina Emanuela Florio (1901 - 1980), con la quale nel 1924, alla morte del conte Florio, si sposò. Dal matrimonio nasceranno tre figli (Giuliana nel 1926, Valeria nel 1928 e Paolo nel 1930). Studente a Firenze si iscrive all'Associazione Arditi ed inizia l'attività giornalistica come direttore del settimanale militare L'Alpino, fino al dicembre del 1919. Dopo la laurea tornò alla sua città natale dove fu assunto come impiegato da una banca e dove iniziò la sua attività nel fascio agrario.
Adesione al fascismo
Dopo essere stato in gioventù di idee repubblicano-mazziniane, fu Grande Oratore della loggia massonica Gerolamo Savonarola di Ferrara[3] facente parte della comunione della Gran Loggia di Piazza del Gesù, dalla quale entrò in sonno in data 18 febbraio 1923[4]. Dopo la guerra, Balbo aderì al fascismo e presto divenne segretario del Fascio di Ferrara ed uno degli esponenti di spicco dello squadrismo agrario. In questa veste organizzò una squadra d'azione denominata «Celibano», nome derivante dalla storpiatura dialettale del suo drink preferito, il cherry-brandy conosciuto anche come Sangue Morlacco.
Il gruppo di Balbo, in parte finanziato dai proprietari terrieri locali[5], contrastava i disordini provocati durante il biennio rosso dagli scioperi e dal monopolio instaurato violentemente dalle leghe socialiste[6] attraverso spedizioni punitive che colpivano i social-comunisti[7] e le cooperative contadine di Portomaggiore, Ravenna, Modena e Bologna. Le leghe socialiste detenevano un enorme potere, che permetteva loro di emarginare coloro che non aderivano, dirottando solo verso i propri affiliati i finanziamenti pubblici e facendosi rimborsare dalla comunità le spese elettorali[8].
Nell'agosto del 1922 avvennero i Fatti di Parma: dopo l'occupazione militare di gran parte della città dell'Emilia e della Romagna, conseguente al cosiddetto sciopero legalitario di inizio mese, le squadre d'azione fasciste tentarono la presa anche di Parma. L'assedio alla città, in cui si trovavano asserragliati gli Arditi del Popolo e le formazioni di difesa proletaria fu tentato da circa diecimila uomini provenienti dalle province circostanti. Il 5 agosto il governo proclamò lo stato d'assedio militare in diverse provincie del nord fra cui Parma[9]. Il 6 agosto, Balbo, resosi conto dell'impossibilità di conquistare la città senza scontrarsi con l'esercito (su consiglio anche del capo della polizia locale, Lodomez[10]), s'impegnò a ritirarsi dalla città a partire dalle ore 12 del giorno stesso.
Alla fine si conteranno quattro morti a Sala Baganza (due nelle file fasciste e due tra gli abitanti) e cinque morti a Parma, tutti abitanti del quartiere Oltretorrente. I cinque caduti fra le file delle formazioni di difesa proletaria furono: Ulisse Corazza, consigliere comunale del Partito Popolare Italiano, Carluccio Mora, Giuseppe Mussini, Mario Tomba ed il giovanissimo Gino Gazzola[11].
Nell'ottobre del 1922 Italo Balbo fu uno dei «quadrumviri» della Marcia su Roma, insieme ad Emilio De Bono, Cesare Maria De Vecchi e Michele Bianchi. Guidò in particolare la spedizione punitiva contro il quartiere di San Lorenzo che aveva attaccato una colonna fascista. Nel 1923 venne accusato di essere il mandante dell'omicidio del parroco antifascista Don Giovanni Minzoni ad Argenta, avvenuto per mano di due squadristi facenti capo alle sue milizie: il caso venne archiviato alcuni mesi dopo, per essere poi riaperto - sotto la pressione della stampa, a seguito del delitto Matteotti - nel 1925, risolvendosi con l'assoluzione di tutti gli imputati[12]. Nel 1924 Balbo, divenuto nel frattempo Console della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN), fu costretto a dimettersi dalla carica a seguito delle documentate rivelazioni de "La Voce Repubblicana" circa ordini da lui impartiti di bastonature di antifascisti e pressioni sulla magistratura[13], perdendo la successiva causa per diffamazione da lui intentata al quotidiano[14]. Nel 1924 divenne comandante generale della MVSN e sottosegretario all'economia nazionale nel 1925.
Ministro dell'Aeronautica e le trasvolate
Il 6 novembre 1926 venne nominato segretario di Stato all'aviazione e si apprestò ad organizzare la neocostituita Regia Aeronautica ed il 12 settembre 1929, a soli trentatré anni, ministro dell'Aeronautica (diventando il più giovane ministro europeo dell'epoca[senza fonte]). Dopo il successo delle due crociere di massa nel Mediterraneo, la Crociera aviatoria del Mediterraneo Occidentale (1928) e la Crociera aviatoria del Mediterraneo Orientale (1929), Balbo guidò due voli transatlantici, in formazione. Il primo, la Crociera aerea transatlantica Italia-Brasile nel 1930, con 12 idrovolanti Savoia-Marchetti S.55A partiti da Orbetello alla volta di Rio de Janeiro (Brasile), si svolse dal 17 dicembre 1930 al 15 gennaio 1931.
La seconda crociera atlantica, la crociera aerea del Decennale, venne organizzata per celebrare il decennale della Regia Aeronautica[15] in occasione della Century of Progress, esposizione universale che si tenne a Chicago tra il 1933 ed il 1934. Dal 1º luglio al 12 agosto del 1933 guidò la trasvolata di 25[16] idrovolanti S.55X[17] partiti da Orbetello verso il Canada e con destinazione finale gli Stati Uniti.
La traversata di andata approdò in Islanda, proseguendo poi verso le coste del Labrador. Il governatore dell'Illinois, il sindaco e la città di Chicago riservarono ai trasvolatori un'accoglienza trionfale ed a Balbo venne intitolata una strada, tutt'oggi esistente, in prossimità del lago Michigan, la Balbo Avenue (ex-7th Avenue). I Sioux presenti all'Esposizione di Chicago lo nominarono capo indiano con il nome di Capo Aquila Volante. In quell'epoca infatti i rapporti fra Italia e USA erano ottimi e quest'impresa fu molto seguita e considerata straordinaria.
Il volo di ritorno proseguì per New York, dove venne organizzata in suo onore e degli altri equipaggi una grande ticker-tape parade, secondo italiano dopo Diaz ad essere acclamato per le strade di New York, ed intitolato a Balbo uno dei suoi viali. Il presidente Roosevelt lo ebbe ospite. Di ritorno in Italia, il 13 agosto 1933 venne nominato Maresciallo dell'Aria[18]. Dopo questo episodio il termine Balbo divenne di uso comune per descrivere una qualsiasi formazione numerosa di aeroplani. Meno noto è che negli Stati Uniti il termine "balbo" sia utilizzato anche per indicare il pizzo lungo con baffi[19].
Al di là di queste imprese, Balbo dispiegò grande energia nell'imporre disciplina e rigore alla neonata Regia Aeronautica, accantonando gli aspetti romantici ed individualistici dell'aviazione pionieristica ed indirizzandola piuttosto a formare una Forza Armata coesa e disciplinata. I voli transoceanici in formazione furono un esempio di tale indirizzo: non più imprese individuali, ma di gruppo e minuziosamente programmate e studiate. È da rilevare che se Balbo avallò le idee di Giulio Douhet sull'aviazione strategica, nel contempo sostenne fattivamente la costituzione dello Stormo d'assalto sotto il comando di Amedeo Mecozzi, incoraggiando lo sviluppo dell'aviazione tattica.
Si oppose invece alla realizzazione di navi portaerei, che riteneva avrebbero sottratto fondi e materiale alla Regia Aeronautica riducendo anche l'indipendenza della neonata Arma Aerea. La mancata realizzazione di portaerei influì negativamente sulle operazioni della Regia Marina nel secondo conflitto mondiale (vedasi battaglia di Capo Matapan), ma sarebbe un errore attribuirne la responsabilità alla sola opposizione di Balbo, vista la posizione conservatrice dei vertici della Regia Marina.[20][21]
La Libia
Raggiunta un'enorme popolarità e considerato politicamente come un insidioso rivale di Mussolini, fu probabilmente per queste motivazioni che Balbo venne promosso governatore[22][23] della Tripolitania, della Cirenaica e del Fezzan che, sotto il suo patronato, si fondono nel 1934 in un'unica colonia: la Libia, procedendo poi ad una nuova organizzazione territoriale su province.
Il 16 gennaio 1934 sbarca a Tripoli e lancia un proclama: «Assumo da oggi, in nome di Sua Maestà, il governo. I miei tre predecessori, Volpi, De Bono, Badoglio, hanno compiuto grandi opere. Mi propongo di seguire le loro orme». Balbo dette un fortissimo impulso alla colonizzazione italiana della Libia, organizzando l'afflusso di decine di migliaia di pionieri dall'Italia e seguendo una politica di integrazione e pacificazione con le popolazioni musulmane. Vennero avviati progetti di opere pubbliche e sviluppo della rete stradale e ferroviaria rispettivamente con 4.000 km e 400 km di nuove strade e ferrovie, in particolare la litoranea che segue il Mediterraneo per centinaia di chilometri e che in suo onore si chiamò Via Balbia.
Dopo l'invasione tedesca della Polonia nel settembre del 1939, Balbo, in visita a Roma, espresse ripetutamente malcontento e preoccupazione per l'alleanza militare con la Germania (opinione condivisa peraltro nelle fasi iniziali anche da Galeazzo Ciano, Emilio De Bono e Dino Grandi) e per la politica seguita da Mussolini sia sul piano interno che sul piano internazionale[24]. Del resto il suo dissenso nei confronti del Duce si era sempre più acuito a partire dal 1938, quando, in più occasioni, manifestò a Mussolini la sua contrarietà alla promulgazione delle leggi razziali. Balbo proveniva da Ferrara, città sede di un'antica e rappresentativa comunità ebraica, aveva amici e finanziatori ebrei. Tuttavia, anche in Libia la sua politica non può in alcun modo essere definita come "antirazzista". L'obiettivo di Balbo fu l'italianizzazione e l'assimilazione forzata delle comunità, così degli arabi, così degli ebrei tripolini. Se è vero che Balbo riuscì a ridurre l'impatto iniziale delle leggi razziali in nome dell'interesse dell'Italia ad avere la mediazione commerciale, linguistica e professionale degli ebrei, in Libia la politica di assimilazione giunse fino ad eseguire pubbliche fustigazioni di cittadini ebrei che non avevano voluto tenere aperte le proprie attività il sabato[25][26].
Lo scoppio della guerra
Fin dai primi giorni di guerra le autoblindo inglesi causarono diversi problemi agli italiani e l'eliminazione di queste divenne importante. Balbo catturò la prima autoblindo il 21 giugno 1940. Successivamente progettò un'azione segreta per la cattura di altre, che facevano base nella zona di Sollum. Il piano prevedeva l'atterraggio di alcuni velivoli nel campo di aviazione avanzato di Sidi Azeis per fare da esca e permettere l'azione di una colonna celere dell'Esercito italiano proveniente dalla Ridotta Capuzzo. Fu per prendere contatto con i reparti della zona che Balbo decise di recarsi a Sidi Azeis.
L'ultimo volo
Il 28 giugno si levò in volo da Derna con due trimotori “S.79”, uno pilotato da lui stesso e uno dal generale Felice Porro. L'equipaggio era costituito da Italo Balbo, il pilota, il maggiore Ottavio Frailich, secondo pilota, il capitano motorista Gino Cappannini, il maresciallo marconista Giuseppe Berti. Frailich, Cappannini e Berti erano tutti atlantici che avevano già volato con Balbo nella Crociera del Decennale. All'equipaggio vero e proprio si aggiunsero il maggiore Claudio Brunelli, i tenenti Cino Florio e Lino Balbo (cognato e nipote di Italo Balbo), il console della Milizia Enrico Caretti e il capitano Nello Quilici, direttore del Corriere Padano e padre di Folco Quilici. Durante il rientro l'aereo di Balbo, prossimo all'atterraggio nella vicina Tobruk senza aver tuttavia avvisato prima la base, fu scambiato dalla contraerea dell'incrociatore italiano San Giorgio - che si trovava arenato nei pressi del porto - per uno degli aerei inglesi che in quello stesso momento stavano attaccando le attrezzature navali lì presenti e fu di conseguenza preso di mira e colpito.[27] Mentre quello di Porro riuscì a compiere una manovra diversiva e non fu centrato, quello di Balbo, ormai in fase di atterraggio, precipitò in fiamme al suolo, provocando la morte di tutto l'equipaggio.
Il giorno dopo, sul bollettino delle Forze Armate apparve il seguente comunicato:
Il giorno successivo, un aereo britannico paracadutò sul campo italiano un biglietto di cordoglio a nome dell'esercito di Sua Maestà:
Le giornate dal 29 giugno al 4 luglio 1940 vennero dichiarate di lutto nazionale. Il 30 giugno il corteo funebre portò le salme dei caduti fino a Bengasi, dove il 1º luglio si svolsero i riti funebri. Il giorno successivo le salme furono portate in aereo a Tripoli, dove venne allestita una camera ardente nell'ufficio che era stato di Balbo nella sede del governo coloniale. Il 4 luglio, dopo una messa nella cattedrale di San Francesco, le bare vennero portate per le strade di Tripoli. Su proposta di Mussolini i resti di Balbo vennero sepolti nel luogo scelto per il monumento ai caduti, con l'idea di trasferirli in Italia a guerra finita. La salma di Balbo e degli altri caduti nell'incidente di Tobruk rimasero in Libia fino al 1970, quando l'ondata di nazionalismo libico sollevata dal colonnello Gheddafi minacciò la distruzione dei cimiteri italiani nell'ex-colonia. La famiglia Balbo rimpatriò la salma in Italia e come luogo finale di sepoltura venne scelto Orbetello. Qui Balbo riposa con tutti i membri dell'equipaggio del suo ultimo fatale volo, ad eccezione di Nello Quilici.
L'ipotesi del complotto
La vedova di Balbo, Emanuela Florio, sostenne che la morte del marito fosse dovuta a un ordine giunto da Mussolini.[senza fonte] Questa ipotesi fu liquidata come una "stupidaggine" da Claudio Marzola, il capopezzo imbarcato sull'incrociatore della Regia Marina San Giorgio che riteneva di aver abbattuto l'aereo di Balbo[28]. Franco Pagliano nel 1965 e Giorgio Rochat nel 1986 considerarono definitivamente appurato che Balbo fu abbattuto dalla contraerea italiana di Tobruk per un fatale errore di valutazione, mentre erano totalmente prive di fondamento tutte le altre ipotesi.[29][30] La teoria del complotto aveva trovato credito anche per la presenza, a bordo dell'aereo, di Nello Quilici, direttore del Corriere Padano, giornale che più volte aveva sfidato la censura del governo fascista. Tuttavia lo stesso figlio del giornalista, Folco Quilici, ritenne l'ipotesi non sostenibile, sia per la grande quantità di soldati impiegati, che per altri elementi raccolti e descritti nel suo libro Tobruk 1940, pubblicato nel 2004. Giungendo alla conclusione che doveva essersi trattato di un incidente causato dal mancato riconoscimento della nazionalità dell'aereo, essendovi stata da poco sul campo aeroportuale T.2 un'incursione di aerei inglesi[31].
Nel 2006 Quilici fu contattato da Aldo Massa, un guardiamarina che il giorno dell'abbattimento dell'aereo di Balbo era di vedetta nell'unico edificio in cemento armato del porto, un bunker dotato di ampia feritoia. Grazie alle testimonianze di Massa e di altri, Quilici segnalò la presenza di un sottomarino all'ancora nella rada di Tobruk e, sebbene nessun rapporto ufficiale facesse riferimento alla sua presenza in Libia, lo identificò nel sommergibile posamine italiano "Marcantonio Bragadin", proveniente da Napoli. Dalla sua torretta fu esplosa la raffica che abbatté l'aereo di Balbo, che si schiantò e bruciò a lungo nella notte, rendendo quasi irriconoscibili i corpi[32]. Nella confusione che seguì l'abbattimento il Bragadin ripartì dal porto libico la sera stessa[33].
I commenti dei contemporanei
Di lui lo stesso Mussolini dirà[34]:
Galeazzo Ciano invece il giorno 29 giugno annoterà sul suo diario:
L'impressione del futuro generale e presidente degli Stati Uniti d'America Dwight D. Eisenhower, quando ancora era un giovane ufficiale, incaricato dal governo americano di occuparsi del soggiorno di Balbo in America, fu[35]:
Scrissero di lui Giuseppe Prezzolini ed Ardengo Soffici[36]:
e
Onorificenze
— Cielo di Tobruk, 28 giugno 1940.
Note
- ^ Oggi è chiamato "Caffè Europa"
- ^ Secondo Claudio G. Segrè in Italo Balbo, pagina 47
- ^ Rosario F. Esposito, La massoneria e l'Italia. Dal 1800 ai nostri giorni, Edizioni Paoline, Roma, 1979, pag. 362.
- ^ Rosario F. Esposito, La massoneria e l'Italia. Dal 1800 ai nostri giorni, Edizioni Paoline, Roma, 1979, pag. 372.
- ^ "I Fasci di combattimento schierati contro leghe rosse e leghe bianche sollecitarono i finanziamenti privati, giustificati coi benefici arrecati dall'intervento repressivo delle squadre d'azione. Si istituì una tassazione parallela, col versamento regolare di somme commisurate all'estensione delle tenute", pag. 69, Mimmo Franzinelli, Squadristi, 2003, Mondadori: "Nel 1921, mentre gli industriali puntavano non tanto sul fascismo quanto su Giolitti, gli agrari delle regioni settentrionali e i grandi proprietari di quelle centrali aderivano o appoggiavano in modo più univoco il fascismo", pag. 17, Giampiero Carocci, Storia del fascismo, 1994, Newton.
- ^ Attilio Tamaro, Venti anni di storia, Editrice Tiber, Roma, 1953, 113 pagg.: "Nel febbraio 1920 nel Ferrarese sessantamila lavoratori incrociarono le braccia, abbandonarono i campi e le stalle, vigilarono con le squadre di guardie rosse in armi il lavoro dei proprietari ribelli e dei "crumiri", percossero quanti lavoravano, incendiarono le ville e i fienili di quelli che non poterono allontanare dal lavoro"
- ^ Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune, 2003, Società Editrice Il Mulino, Bologna, 2009.
- ^ Giordano Bruno Guerri, Fascisti, Oscar Mondadori (Le scie), Milano 1995, pag. 80: «Bisogna considerare che a Ferrara, come in molte altre zone dell'Italia centrale e settentrionale, vigeva già una forma di illegalità di segno opposto. Il Partito socialista aveva il pieno controllo del comune e la Camera del lavoro e le leghe contadine facevano il bello e il cattivo tempo: otteneva lavoro solo chi era gradito alle leghe, che decretavano una vera morte civile a chi non voleva aderire; posti che avrebbero dovuto essere assegnati per concorso venivano attribuiti a membri del partito; denaro spettante a orfani e vedove di guerra veniva versato agli uffici del lavoro; spese per la propaganda di partito venivano accollate all'amministrazione pubblica».
- ^ Mario Palazzino "Da prefetto di Parma a gabinetto Ministro Interno" Parma 2002, pag. 75.
- ^ Eros Francescangeli, Arditi del Popolo, Roma, Odradek 2000, pagg. 106-107.
- ^ Ad esclusione del Corazza, nessuno di essi risultava aderente a partiti politici, mentre i due caduti a Sala Braganza, Onorato Buraldi e Camoens Rosa, erano apolitico il primo e sindacalista corridoniano il secondo.
- ^ M. Tagliaferri, L'Unità Cattolica. Studio di una mentalità, Pontificia Università Gregoriana, Roma, 1993, p.284.
- ^ G. Candeloro, Storia dell'Italia moderna. Il Fascismo e le sue guerre, Vol. 9, Feltrinelli, Milano, 2002, p. 91.
- ^ Nel 1947 la Corte di Assise di Ferrara istruì un nuovo processo sull'omicidio di Don Minzoni, che si concluse con la condanna per omicidio preterintenzionale di due imputati senza che fosse provata una responsabilità diretta di Balbo.
- ^ cfr. A.A. V.V, L'Aviazione - grande enciclopedia illustrata, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1983, pag. 211 - Vol. VII.
- ^ Dei 25 idrovolanti S.55X partiti da Orbetello, l'I-DINI rimase incidentato all'arrivo della prima tappa, durante l'ammaraggio nel porto di Amsterdam causando la perdita di un membro dell'equipaggio. Quindi dei 25 partenti solo 24 completarono la duplice trasvolata. L'unico altro incidente occorso fu il 9 agosto, quando durante il decollo da Porta Delgada per la penultima tappa, s'incidentò l'I-RANI. Il pilota Enrico Squaglia rimase ferito a morte. Cfr. (tra gli altri) Blaine Taylor, Fascist eagle: Italy's air marshal Italo Balbo, Pictorial Histories Pub. Co, Missoula, Montana, 1996 ISBN 1-57510-012-6
- ^ La X della versione si riferisce appunto al "Decennale"; cfr. A.A. V.V, L'Aviazione - grande enciclopedia illustrata, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1983, pag. 212 - Vol. VII.
- ^ REGIO DECRETO LEGGE del 13 AGOSTO 1933 n. 998
- ^ Baerds.org, su beards.org. URL consultato il 15-11-2008.
- ^ Alberto Santoni, Da Lissa alle Falkland, Milano, Mursia, 1987
- ^ Giorgio Giorgerini, La guerra italiana sul mare, Milano, Mondadori, 2000, Claudio G. Segre, Italo Balbo, Bologna, il Mulino, 1989
- ^ Qualche settimana prima, quando gli era stata comunicata la nomina a governatore della colonia, Balbo aveva compreso che non si trattava esattamente di una promozione: sarebbe stato più appropriato definirla un esilio La storia siamo noi - Italo Balbo, lo squadrista trasvolatore, su lastoriasiamonoi.rai.it. URL consultato il 29-06-2010.
- ^ Arrigo Petacco, L'armata nel deserto, p. 13.
- ^ La storia siamo noi - Gli eroi del primo aprile, su lastoriasiamonoi.rai.it. URL consultato il 29-06-2010.
- ^ http://www.morasha.it/tesi/trni/trni00.html.
- ^ Antonio Angeli, La voglia di pace uccise Balbo, in Il Tempo, 23 giugno 2010. URL consultato il 29-06-2010.
- ^ Arrigo Petacco, op. cit., pp. 12-13
- ^ La morte di Balbo, su icsm.it. URL consultato il 29-06-2010.
- ^ Franco Pagliano, La morte di Balbo, in "La storia illustrata" nº 6, Anno IX, giugno 1965, pag. 779: "La verità è molto più semplice: l'aereo di Balbo fu abbattuto dalla difesa contraerea di Tobruk per un errore di identificazione da attribuirsi in gran parte alla disorganizzazione che allora regnava nella nostra base."
- ^ Giorgio Rochat, Italo Balbo, Edizioni Utet, 1986, pag. 301: "Diciamo quindi esplicitamente che Mussolini non aveva alcun motivo per liberarsi di Balbo, tanto più nel momento in cui era impegnato in un'incerta battaglia... che non è parimenti attribuibile la volontà di eliminare Balbo ad altri gerarchi o comandanti o servizi segreti italiani o stranieri... Non vi è quindi alcun dubbio che Balbo cadde vittima della sua irruenza, di un concorso eccezionale di fatalità e della disorganizzazione della difesa antiaerea italiana."
- ^ Folco Quilici, Tobruk 1940. Dubbi e verità sulla fine di Italo Balbo, collana Oscar bestsellers, Milano, Mondadori, 2006, ISBN 978-88-04-55846-0.
- ^ Folco Quilici Tobruk 1940, Mondadori
- ^ Antonio Carioti, Un sommergibile abbatté l'aereo di Balbo, su archiviostorico.corriere.it, Corriere della Sera, 13 febbraio 2006.
- ^ La citazione è riportata ne I grandi nomi del XX secolo Vol.3 - I gerarchi di Mussolini - Italo Balbo, il capitano di ventura di Sandro Volta, pagina 35
- ^ Enzo Cicchino, Storia: Italo Balbo, su larchivio.org, Associazione Italiana Autori Scrittori Artisti "L'ARCHIVIO".
- ^ Le citazioni sono riportate in Italo Balbo di Claudio G. Segrè, pagina 491
- ^ Medaglia d'oro al valor militare BALBO Italo, su quirinale.it, Quirinale. URL consultato il 06-06-2008.
Bibliografia
- Italo Balbo, La Centuria Alata, Montepulciano, Editrice Le Balze, 2010. ISBN 88-7539-059-2.
- Italo Balbo,Scritti, 1933.
- Italo Balbo, Stormi in volo sull'oceano,Milano, Mondadori, 1931.
- Giordano Bruno Guerri, Italo Balbo, Milano, Mondadori, 1998, ISBN 88-04-45501-2.
- Folco Quilici, Tobruk 1940. La vera storia della fine di Italo Balbo, ISBN 88-04-53411-7.
- Claudio G. Segre, Italo Balbo. Una vita fascista, Bologna, Il Mulino, 2000.
- Paul Corner, Il fascismo a Ferrara 1915-1925, Roma-Bari, Laterza, 1975.
- Ranieri Cupini, Cieli e mari, Milano, Mursia, 1973.
- Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista. 1919-1922, Milano, Mondadori, 2004.
- F. M. Feltri, Lo squadrismo in Emilia-Romagna, in Chiaroscuro. Percorsi di storia locale, Vol. 3, Sei, 2010. Visto il 14/2/2010.
- Claudio G. Segrè, Italo Balbo, Bologna, Società editrice il Mulino, 1988. ISBN 978-88-15-13783-8.
- Sergio Miglietti, "La conquista dell'Atlantico", Cossila, Epica Edizioni, 1946
- Italo Balbo, Diario 1922, Mondadori 1932.
- Italo Balbo, "Da Roma a Odessa sui cieli dell'Egeo e del mar Nero: note di viaggio", Fratelli Treves, 1929
- Learco Maietti, Italo Balbo. Un uomo scomodo, Ferrara, Este Edition, 2000.
- Learco Maietti, Il ferrarese di Quartesana e i suoi tempi. Breve viaggio attraverso la vita e i tempi di I. Balbo, Ferrara, O.D.C., 1966.
Voci correlate
Altri progetti
- Wikiquote contiene citazioni di o su Italo Balbo
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Italo Balbo
Collegamenti esterni
- Italo Balbo: la morte ricerche eseguite da Francesco Mattesini presso l'Ufficio Storico dell'Aeronautica Militare
- Italo Balbo - La storia del gerarca fascista La Storia Siamo Noi
- Immagini degli idrovolanti delle trasvolate oceaniche
- S.E. Italo Balbo inaugura il monumento a Francesco Baracca a Milano, settembre 1931 da Istituto Luce
- Italo Balbo e i Sioux
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