Monumenti di Busto Arsizio
Template:Voce principale Pur essendosi caratterizzata negli ultimi secoli come una città essenzialmente industriale, gli edifici più interessanti di Busto Arsizio sono i numerosi monumenti di carattere ecclesiastico. Per quanto riguarda l'architettura civile e l'archeologia industriale, grazie al grande sviluppo economico agli inizi del XX secolo, sono pregevoli anche alcune costruzioni in stile liberty e art déco.
Architetture religiose
Attualmente a Busto Arsizio esistono venticinque chiese, tre cimiteri e diverse cappelle (come ad esempio quella molto capiente dell'Istituto Maria Immacolata o quelle dell'ospedale e della casa di riposo).[1] Sono presenti inoltre il battistero di San Filippo Neri (presso la chiesa parrocchiale di San Giovanni) e diverse edicole votive, come quella secentesca[2] di San Carlo Borromeo in via Matteotti[3], quella settecentesca della Madonna in via Matteotti, restaurata nel 1990,[4] quella di Santa Maria Nascente[5] in via Daniele Crespi, nei pressi della piazza Trento e Trieste e quella dedicata alla Madonna al biforcamento tra la via Quintino Sella ed il viale della Repubblica.
Alcune di queste chiese, in particolare San Giovanni Battista, San Michele Arcangelo e Santa Maria di Piazza, sorsero prima dell'anno mille. In età comunale nacquero le prime rettorie, poi denominate parrocchie. Esse comportavano la presenza di un sacerdote al quale era affidava la cura delle anime e che generalmente era residente presso una chiesa preesistente. Busto Arsizio era sottoposta alla pieve di Olgiate Olona, ma la comunità, sulla base delle sue crescenti disponibilità economiche, costituì cinque "benefici curati" fra il XIII e il XVI secolo: tre presso la chiesa di San Giovanni Battista e due presso quella di San Michele Arcangelo, mentre la chiesa di Santa Maria, situata nella piazza centrale del borgo, si configurava come santuario, senza incombenze parrocchiali.
San Carlo Borromeo nel 1583 trasferì a Busto Arsizio le dignità ecclesiastiche della pieve (cioè del distretto)[6] e i curati di San Giovanni e di San Michele vennero innalzati al grado di canonici, come coadiutori del prevosto nella cura delle anime (Busto Arsizio fu pertanto considerata formalmente parrocchia unica).
Nel Seicento un nuovo fervore religioso portò alla costruzione di nuove chiese, come san Gregorio in Camposanto (1632), Madonna in Veroncora (1639) e san Bernardino (1665), oltre che alla ricostruzione delle chiese di san Giovanni Battista (1609) e san Michele Arcangelo (1652). Nel Settecento sorsero Madonna in Campagna (1702), san Rocco (1706), la chiesa vecchia di Sacconago (1708), la chiesa di sant'Anna (1710, poi Tempio Civico), la chiesa di sant'Antonio da Padova (1717, nel territorio di Borsano).
Busto rimase di fatto una sola parrocchia fino al 1906, quando venne attribuita anche a San Michele tale funzione.[7] Successivamente, nel 1928, Borsano e Sacconago vennero annesse al comune, portando a quattro il numero delle parrocchie. Nel corso del Novecento si sono poi formate le altre parrocchie fino ad arrivare al numero attuale, di tredici. È stato il secolo in cui sono state costruite più chiese (ben undici, oltre a quella dei Frati, sorta a partire dal 1898).
Nel corso della storia, molte chiese sono state abbattute per essere successivamente ricostruite con capienza maggiore. Altre chiese, invece, sono state abbattute definitivamente: tra di esse si possono ricordare, oltre ai ruderi medievali di Santa Croce, sconsacrata nel 1948 e demolita nel 1972,[8] la chiesa borsanese di Santa Maria dei Restagni, quella sinaghina di San Donato, quella di Sant'Eurosia in località Cascina Brughetto (demolita nel 1952)[9] e la cappella di sant'Ambrogio in Canton Santo,[10] non molto distante dalla chiesa di Santa Maria di Piazza.
Nel caso di Sacconago, la costruzione della nuova chiesa (1928) non ha comportato l'abbattimento della chiesa settecentesca dato che furono utilizzati a tale scopo i terreni appartenenti al vecchio cimitero.
Anche alcune cappelle ed edicole votive sono state demolite nel corso degli anni. Un esempio è costituito dalla cappelletta di sant'Alò in Vernaschella (secondo alcune ipotesi l'intitolazione farebbe riferimento a sant'Egidio, vescovo francese vissuto tra il 590 e il 660, e secondo altre a sant'Anatalone, primo vescovo ambrosiano). L'edificio si trovava nel mezzo del bivio tra l'attuale via Silvio Pellico (anticamente "Vernasca") e il ramo oggi soppresso dell'attuale via Confalonieri (anticamente "Vernaschella"). La cappella, le cui prime notizie scritte risalgono al 1630, fu demolita nel 1914 con la promessa di costruirne un'altra all'incrocio tra la via Silvio Pellico e la strada Piombina (oggi via Venegoni), ma il progetto non fu mai attuato. [11]
Basilica di San Giovanni Battista
La basilica di San Giovanni Battista (uno dei due santi patroni della città, insieme a san Michele Arcangelo) ha il titolo di basilica romana minore.
L'edificio attuale fu costruito tra il 1609 e il 1635 nel luogo dove esisteva una primitiva cappella a tre navate dedicata dai Longobardi ad uno dei loro santi protettori. Il campanile fu costruito tra il 1400 e il 1418, dunque risulta essere più antico della chiesa attuale.
La facciata, completata tra il 1699 e il 1701 da Domenico Valmagini, presenta un ordine inferiore di lesene binate ioniche, un breve protiro con frontone arcuato, porte di rame e di bronzo, statue e bassorilievi.[12]
L'interno, progettato dall'architetto Francesco Maria Richini, vi sono diversi dipinti del pittore bustocco Daniele Crespi, tra i quali Cristo morto con San Domenico.
Sul fianco destro della chiesa si trova il "mortorio", un tempietto di cui non si conosce l'autore, costruito tra il 1689 e il 1692. Sul fianco sinistro è stata collocata una statua della beata bustocca Giuliana Puricelli.
La piazza antistante la chiesa è stata creata demolendo alcuni edifici preesistenti e utilizzando l'area dell'antico cimitero, antecedente a quello che venne poi costruito appena fuori dal borgo, nell'attuale Parco "Ugo Foscolo".[13] Sulla stessa piazza si affacciano altri due edifici pregevoli: il palazzo Volonterio, recentemente restaurato e il credito varesino.
Santuario di Santa Maria di Piazza
Eretto nel centro storico della città su una preesistente chiesa dedicata alla Madonna, che a sua volta aveva sostituito una cappella risalente all'epoca della cristianizzazione,[14] il santuario di Santa Maria di Piazza (detto anche della Beata Vergine dell'Aiuto) è un esempio di architettura rinascimentale.
Fu edificato in pochi anni tra il 1515 e il 1522 sotto la guida di Antonio da Lonate, che avrebbe impostato la pianta centrale, e di "magistro Tomaxio ingeniero", probabilmente Tommaso Rodari, autore dei portali a ovest e a sud, e forse del loggiato nel tamburo sotto la cupola.
La pianta centrale dell'edificio, per la quale si è ipotizzata l'esistenza di un disegno bramantesco, si compone di un rigoroso volume cubico scandito da lesene e sormontato da un tiburio ottagonale con gugliotti e lanterna che interpreta in forme più leggere la tipologia della tradizione lombarda.
Internamente, la parte bassa, quadrata, che è tagliata negli angoli da archi diagonali formanti nicchie e cuffie, rimanda agli studi di chiese a pianta centrale compiuti da Leonardo, mentre il tamburo con una ghiera di nicchie (la corona dei dodici santi) riecheggia gli esempi di Santa Maria Incoronata di Canepanova a Pavia, dell'Incoronata a Lodi e della basilica di Santa Maria della Croce a Crema).
L'arredo interno include opere di scultura e dipinti di Gaudenzio Ferrari (tra cui l'Ultima cena, nell'altare di destra) e di Bernardino Luini ed una copia della perduta Madonna delle Vittorie di Giovan Paolo Lomazzo.
Una copia esatta del santuario, in dimensioni ridotte, fu edificata alla fine Ottocento a Crespi d'Adda.[15]
Chiesa di San Michele Arcangelo
Una delle chiese principali della città è quella di San Michele Arcangelo, santo patrono della città,[16] la quale è anche sede di prepositura. Con il suo campanile risalente al X secolo, che costituisce l'elemento architettonico più antico della città, è situata al limite nord dell'antico borgo, in una zona leggermente più alta del resto dell'abitato esistente all'epoca. Per questo motivo si è molto propensi a pensare che la base del campanile stesso fosse una delle torri di una fortificazione preesistente, all'interno della quale probabilmente esisteva una cappella dedicata a tale santo (si ricordi che San Michele Arcangelo è patrono dei Longobardi).
La prima citazione della chiesa di San Michele risale al 1300 circa. Tra il 1652 e il 1679 venne ricostruita dall'architetto Francesco Maria Ricchino, che decise di capovolgerne l'orientazione. Nel 1796 fu completata la facciata, restaurata tra il 1924 e il 1925. Le pareti laterali e la volta furono restaurate nel 1834. Grazie al progetto voluto dall'allora prevosto don Luigi Brambillasca e al finanziamento della provincia di Varese presieduta da Marco Reguzzoni, nel 2004 la chiesa di San Michele ha visto un profondo restauro delle strutture portanti, di alcune opere d'arte e della facciata esterna. Nel 2007 sono iniziati dei lavori di restauro della torre campanaria, che si sono conclusi l'anno successivo.
Nella chiesa sono conservate varie reliquie, tra le quali l'intero corpo del martire San Felice.[17] Nella cappella invernale, ricavata nel 1991, si trova un crocifisso ligneo della metà del Trecento, che viene utilizzato nella funzione del Venerdì Santo per commemorare la passione e la morte in croce di Gesù.
Chiesa di San Rocco
Fu eretta negli anni 1706-1713 nei pressi di una preesistente cappella, pure dedicata al santo protettore contro le pestilenze, che risaliva alla fine del XV secolo.[18] Si trova a pochi metri dalla piazza Manzoni, un tempo sede del mercato.[19]
A pochi metri dalla chiesa si trovava una porta secondaria del borgo di Busto Arsizio: Porta Novara.[20] Nel 1909 la chiesa venne allungata e l'altare retrocesso di alcuni metri.
Sulla facciata, completata nel 1895, si trovano le statue di San Rocco e di San Giuseppe. L'interno conserva invece affreschi di Salvatore e Francesco Maria Bianchi (1731) e di Biagio Bellotti.
Legata un tempo al culto contadino della benedizione degli animali, in anni recenti[21] a settembre vi si celebra la sagra di San Rocco. Oggi appartiene alla parrocchia prepositurale di San Michele Arcangelo, insieme a Madonna in Prato, a San Carlo e alla chiesa parrocchiale.
Altre chiese
Di seguito sono descritte le altre chiese attualmente esistenti sul territorio di Busto Arsizio: in primo luogo le undici che, insieme a san Giovanni Battista e san Michele Arcangelo, sono sedi parrocchiali; in secondo luogo le dieci che, insieme a san Rocco, costituiscono le chiese sussidiarie. Le chiese parrocchiali sono state tutte costruite nel Novecento, fatta eccezione per la chiesa dei Frati minori, iniziata nel 1898. Si tratta molto spesso di luoghi di culto edificati in zone di espansione della città, o altre volte di chiese moderne e più capienti che prendono il posto di quelle antiche, come nei casi delle nuove chiese parrocchiali di Sacconago e Borsano, entrambe dedicate ai santi apostoli Pietro e Paolo. Le chiese sussidiarie invece sono tutte più antiche: l'unica eccezione è costituita da san Carlo Borromeo, una delle tre chiese sussidiarie della prepositurale di san Michele Arcangelo. Tale edificio infatti rappresenta l'ultimo luogo di culto cristiano cattolico costruito in città. È stato infatti consacrato nel settembre del 2000 dal cardinal Carlo Maria Martini, allora arcivescovo di Milano.
- Chiesa di San Luigi e Beata Giuliana: eretta nei primi anni cinquanta per volere del prevosto di san Michele Arcangelo don Luigi Scola, sorge nel nuovo quartiere il cui nome fa riferimento alla beata bustocca. Fu aperta al culto il 15 settembre 1957[22] e divenne parrocchia l'anno successivo.[23] La chiesa, costruita in calcestruzzo armato e in un'area prevalentemente agricola,[24] è dedicata alla beata Giuliana e al santo gesuita Luigi Gonzaga. All'interno della chiesa si trova una tela del XVII secolo raffigurante la beata, in seguito ridipinta.[25] L'esterno presenta dei muri in mattoni a vista e un portale in calcestruzzo sormontato da un timpano triangolare vetrato.[26] Il campanile ha pianta ottagonale. Alla festa organizzata per i cinquant'anni di elevazione a parrocchia della chiesa ha partecipato anche l'allora arcivescovo di Milano, il cardinale Dionigi Tettamanzi.[27]
- Chiesa del Santissimo Redentore: edificata e consacrata nel 1962 tra le parrocchie di Beata Giuliana e di Madonna Regina, era sussidiaria della parrocchia di San Michele Arcangelo fino al 1973, quando assurse essa stessa tale ruolo per far fronte al grande incremento demografico del quartiere che era sorto intorno alla chiesa.[28] Nel 1976, grazie al lavoro di don Gaetano Banfi, architetto e sacerdote, vennero aggiunte la navata laterale con finestre esagonali ed il campanile a vela con pianta rettangolare.[29] Nel pomeriggio del 16 aprile 2010 un fulmine ha colpito tale campanile provocando la caduta di alcuni blocchi di conglomerato cementizio.[30] Oggi nel territorio della parrocchia vivono circa 7400 anime.[31]
- Chiesa di San Giuseppe: costruita su progetto dell'architetto marnatese Camillo Crespi Balbi tra il 1912 e il 1914 come cappella dell'ospedale di Busto Arsizio, venne dedicata a san Giuseppe, patrono dei lavoratori. A lui era dedicata anche la chiesa che esisteva nella vecchia sede ospedaliera di Palazzo Gilardoni, oggi palazzo comunale. Il campanile di questa chiesa novecentesca non poggia a terra ma si innalza dal centro della facciata tripartita.[32] In origine la facciata era in mattoni a vista: l'aspetto attuale risale al 1933. L'interno è costituito da tre navate. Con la ristrutturazione del 1988 sono stati eliminati i due altari laterali, ricavando più spazio per i fedeli. La chiesa infatti, già ausiliare di San Giovanni Battista, divenne parrocchia nel 1990.[33] Ulteriori restauri all'esterno della chiesa sono stati eseguiti nel 1997.
- Santuario del Sacro Cuore di Gesù (o dei Frati minori): iniziato a partire dal 1898 (anno della posa in opera della prima pietra) su progetto dell'ingegner Luigi Cesa Bianchi,[34] sorgeva su un'area acquistata due anni prima ai fratelli Bottigelli. Dapprima sorse una cappella (l'attuale sagrestia) e a partire dal 1906, su progetto dell'ingegnere Luigi Carlo Cornelli, proseguirono i lavori. Il cardinale bustocco Eugenio Tosi, allora vescovo di Squillace, il 23 giugno 1911 benedisse la chiesa, il campanile e consacrò l'altare maggiore. L'architetto Silvio Gambini progettò l'ornamentazione interna e la facciata, eseguite tra il 1919 e il 1920.[35] Dopo una nuova pausa nei lavori, dovuta alla prima guerra mondiale, il santuario consacrato da monsignor Lodovico Antomelli il 30 aprile 1921[36] e divenne sede parrocchiale nel 1983. Il santuario, di stile eclettico, presenta tre navate. Gli interni furono affrescati da Alessandro Pandolfi con alcune scene della vita di san Francesco d'Assisi. L'altare maggiore con la scalinata bianca retrostante è opera dell'architetto bustocco Richino Castiglioni, che ideò anche la parete di fondo e la cappella dell'Eucarestia.
- Chiesa di Santa Maria Regina (o di Madonna Regina): costruita a partire dal 1961 per volere dell'allora prevosto di san Michele Arcangelo don Pini, su progetto di Carlo Bortoli, Anna Sarian e Antonio Garavaglia. Sorse su un territorio ancora poco urbanizzato e sul quale, qualche decennio prima, si trovavano solo alcune cascine. La chiesa presenta una pianta ottagonale e poggia su pilastri in calcestruzzo armato. L'esterno è in mattoni a vista. Fu consacrata alla presenza del cardinal Giovanni Colombo il 24 giugno 1964 e divenne parrocchia tre anni dopo, il 31 maggio 1967.[37] Il primo parroco fu don Marco Brivio, a cui sono stati dedicati la piazza antistante alla chiesa e il centro di ascolto parrocchiale.[38] Oggi nel territorio della parrocchia vivono circa 5000 anime.[39]
- Chiesa di Santa Croce di Brughetto: situata nel quartiere di Sant'Edoardo, sviluppatosi nel secondo dopoguerra, fu aperta al culto nel 1951 e divenne parrocchia nel 1991.[40] Sorge nelle vicinanze della Cascina Brughetto e riprende il nome di una chiesa cinquecentesca situata nel centro di Busto Arsizio, sconsacrata nel 1948 e demolita nel 1972.[41] Le vetrate, la via Crucis, il crocifisso e l'altare sono stati completati tra il 1952 e il 1975, mentre solo nel 1982 furono costruiti i portici laterali, già presenti nel progetto originario. La chiesa non presenta campanile e pertanto la campana è collocata all'interno di un arco che si erge sul presbiterio.
- Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di Borsano: costruita a partire dal 1939 su un terreno adiacente a quello dove sorgeva la chiesa ottocentesca, benedetta nel 1825 e demolita nel 1943. Fu consacrata il 17 ottobre 1942 dal cardinal Ildefonso Schuster. La facciata tripartita preannuncia le tre navate interiori. L'organo della chiesa fu costruito da Antonio De Simoni Carrera nel 1885 e restaurato nel 1992.[42] La via crucis e la controfacciata sono opere dell'artista Serena Moroni. Le vetrate sono di Gaetano Banfi. Il campanile a pianta quadrata, costruito nel 1958, sostituisce quello della vecchia chiesa, demolito nel 1953.
- Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo (o dei Santi Apostoli): sorse in via Genova a partire dal 1923 su progetto degli architetti Gabriele Rechichi e Italo Azimonti. L'aula presenta tre navate e cappelle laterali semicircolari. Al di sotto si trova la cripta.[43] Il campanile è a pianta quadrata. La prima santa Messa fu celebrata nel 1924 in una chiesa provvisoria in legno. Nel 1930 la chiesa divenne sede della quinta parrocchia di Busto Arsizio, oltre alle due parrocchie storiche (San Giovanni Battista e San Michele Arcangelo) e alle due parrocchie dei quartieri di Borsano e Sacconago, aggregati al comune nel 1928.
- Chiesa di Sant'Anna: la prima chiesa del villaggio omonimo, costruito da zero a partire dal 1959, fu edificata in legno nel 1961 e nello stesso anno divenne parrocchia. Il prevosto di san Giovanni Battista prevosto Monsignor Galimberti fece collocare la statua di Sant'Anna proveniente da un altare minore del Santuario di Santa Maria di Piazza. La nuova chiesa venne realizzata su progetto dell'architetto bustocco Enrico Castiglioni[44] a partire dal 1973 con due navate di diversa dimensione coperte da un tetto ad una sola falda.[45] Sulla parete dietro all'altare c'è un dipinto del Cristo risorto. Sulla parete in fondo alla chiesa fu collocata nel 1977 una via Crucis. La chiesa fu benedetta nel 1975 e consacrata l'anno successivo. Al di sotto della chiesa è presente un salone-teatro, risistemato nel 1981. Tra il 1985 e il 1986 furono collocate due statue di legno rappresentanti sant'Antonio da Padova e il Cristo crocifisso.
- Chiesa di Sant'Edoardo: sorta nel 1938 e consacrata il 12 ottobre dell'anno successivo dal cardinal Ildefonso Schuster. Progettata da due sacerdoti architetti, Giuseppe Polvara e Giacomo Bettoli, la chiesa fu affrescata da Ernesto Bergagna tra il 1943 e il 1947, anno in cui fu fatta parrocchia.[46] Fu intitolata a Sant'Edoardo re e confessore in ricordo del principale donatore per la costruzione, il cavaliere del lavoro Edoardo Gabardi.[47] Da qui, alle 6:30 del mattino del 25 aprile 1945 partì, ad opera del parroco don Ambrogio Gianotti, l'ordine di insurrezione che porterà alla liberazione del Nord-Italia.
- Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di Sacconago, ("chiesa nuova"): edificata sull'area del cimitero vecchio a partire dal 1928, anno nel quale il comune di Sacconago venne aggregato a Busto Arsizio. La chiesa fu consacrata nel 1933 e vi si portarono, con solenni processioni, le reliquie e le campane dalla "chiesa vecchia". La prima santa Messa fu celebrata nel 1932 da don Antonio Marelli, che già nel 1904 si era rivolto al cardinal Ferrari facendogli presente il problema della poca capienza della chiesa settecentesca. La chiesa fu consacrata dal cardinal Ildefonso Schuster il 24 settembre 1933 e vi si portarono, con solenni processioni, le reliquie e le campane dalla chiesa vecchia.[48] Il progetto dell'edificio, con muro in mattoni a vista e blocchi di pietra disposti irregolarmente, è dell'ingegner Azzimonti. L'interno presenta tre navate e un'abside semicircolare. Vi si conserva una tela ad olio secentesca con il martirio di Sant'Orsola. L'altare maggiore, in marmo bianco, risale al 1937.[49] Il campanile della chiesa, una torre di 50 metri d'altezza, fu completato solo nel 1946.
- Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo di Sacconago, ("chiesa vecchia"): costruita tra il 1708 e il 1724 nell'area sulla quale sorgevano l'antica chiesa medievale ad aula unica (resti del cui presbiterio sopravvivono nell'attuale sacrestia) ed il cimitero posto al suo fianco. Nel 1611 fu costruito il campanile, di stile prerinascimentale. L'edificio attuale è formato da una navata unica sulla quale si aprono quattro cappelle laterali. L'organo attuale risale al 1923 e sostituì quello antico, donato cinque anni più tardi alla parrocchia di Grantola. Recentemente l'edificio è stato oggetto di ampi restauri,[50] che hanno portato alla luce pregevoli affreschi rimasti sepolti per oltre 300 anni.[51]
- Chiesa di Madonna in Prato: sorta nel prato esistente presso la biforcazione tra le strade che conducevano a Gallarate (sulla destra guardando la facciata della chiesa), e a Verghera ed Arnate (a sinistra), la sua configurazione attuale è opera del canonico Biagio Bellotti che, tra il 1773 e l'anno successivo[52] modificò la chiesa cinquecentesca. Tale chiesa, già ampliata nel 1584, fu edificata per sostituire un'edicola del Trecento che presentava un dipinto della Madonna che allatta Gesù Bambino.[53] Bellotti ridipinse l'affresco sopra l'originario, poi rinvenuto durante i recenti lavori di restauro. Sue sono anche le tre statue poste in cima alla facciata della chiesa. L'edicola originale, che presentava un piccolo portico aperto, sorgeva su quello che era il prato di Piscina (una della quattro contrade del borgo di Busto Arsizio in epoca medievale). La chiesa fu più volte oggetto di restauro, nel 1893, nel 1921 e tra il 1976 e il 1978. Oggi la Madonna in Prato (o chiesa dell'Immacolata Concezione)[54] è una delle tre chiese ausiliarie della parrocchia di San Michele Arcangelo, insieme a San Rocco e a San Carlo Borromeo.
- Chiesa di San Carlo Borromeo: edificata su un terreno comprato nel 1995,[55] consacrata il 24 settembre 2000 dal cardinale Carlo Maria Martini e dedicata ad uno dei più importanti vescovi della diocesi. È ubicata nella zona della parrocchia di San Michele Arcangelo più vicina al territorio di Madonna Regina.[56] Nell'ampia sala sottostante la chiesa, è stata inaugurata, il 26 novembre 2010 la chiesa ortodossa di San Giovanni Crisostomo, appartenente all'Esarcato del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli per le chiese ortodosse russe in Europa occidentale.[57] Si tratta di una delle sei chiese ortodosse russe d'Italia.[58]
- Chiesa di Sant'Antonio abate: sussidiaria di san Giovanni Battista, la sua prima pietra fu posta nel 1363 per volere di Cristoforo de Medicis, si affaccia sulla piazza Santa Maria e condivide il campanile con la basilica. Fu la sede della scuola di predicazione di sant'Antonio e, a partire dal 1572, della scuola del santissimo Sacramento.[59] I confratelli di tale scuola ampliarono e modificarono l'edificio ispirandosi alle norme del cardinale San Carlo Borromeo, la ricchezza dell'interno (metafora dell'anima) si contrappone con la povertà dell'esterno (metafora del corpo).[60] La chiesa fu ulteriormente ampliata negli anni tra il 1669 e il 1672 fino ad assumere la configurazione attuale. Nel 1875 venne eseguito un restauro per volere del prevosto di san Giovanni, don Giuseppe Tettamanti. Nel 1889 fu rimosso il portico che precedeva la chiesa e la facciata fu rinnovata da Carlo Maciachini, che la divise con lesene. La decorazione della facciata venne poi rimossa nel 1939 e nel 1975 sopra la porta della facciata fu posta la statua di sant'Antonio. All'interno della chiesa sono raffigurati sant'Antonio Abate e san Carlo Borromeo, nella pala dell'altare. È anche presente un organo del 1727, recentemente restaurato. La chiesa attualmente viene utilizzata per mostre d'arte e per accogliere l'annuale mercatino dei Barlafusi, organizzato dal Centro di Aiuto alla Vita cittadino con il fine di aiutare economicamente le mamme che non desiderano abortire.[61]
- Chiesa di San Gregorio Magno in Camposanto: eretta a partire dal 1632, al termine di un'epidemia di peste, nell'area del lazzaretto adiacente al cimitero degli appestati. I lavori, subito interrotti, continuarono tra il 1656 e il 1659. Lo stile della chiesa, appartenente alla parrocchia di San Giovanni Battista, è barocco e risponde alle norme di San Carlo Borromeo e alla povertà degli esterni.[62] Nel 1719 si costruirono il campanile e la nuova sacrestia.[63] L'altare di marmo sostituì quello di mattoni nel 1736.[64] La chiesa fu ampliata in modo sostanziale nel 1743.[65] nel La volta fu dipinta da Biagio Bellotti intorno al 1745.[66] Tra il 1924 e il 1926 sul fondo della chiesa fu aggiunta la nuova sacrestia e vennero condotti dei restauri che comprendevano il trasferimento dell'altare sul fondo della chiesa.[67] La pala dell'altare rievoca il miracolo di San Gregorio Magno, che nel 590 ottenne la cessazione della peste dopo una solenne processione. All'esterno, vicino alla parete occidentale della chiesa, nel 1941 è stata collocata una copia della colonna votiva. Nel 2012, al termine dei lavori di restauro, san Gregorio è diventato il primo edificio religioso della Lombardia dotato di teleriscaldamento.[68]
- Tempio civico della Beata Vergine delle Grazie: conosciuto anche come chiesa di sant'Anna (da non confondere con la chiesa dell'omonima parrocchia bustocca), fu costruito tra il 1710 e il 1714, con pianta quasi ottagonale ed un esterno in mattone a vista.[69] È situato di fronte alla casa municipale (Palazzo Gilardoni) e divenne tempio civico il 7 giugno 1959.[70] Al suo interno si trovano le lapidi in memoria dei Caduti di tutte le guerre e dei lager nazisti. Gli affreschi, realizzati da Salvatore Bianchi e da suo figlio Francesco Maria, furono completati tra il 1712 e il 1714.[71]
- Chiesa di Madonna in Veroncora: citata nei documenti a partire dal 1639, sorgeva nelle campagne di Busto Arsizio. Si tratta di una piccola chiesa a pianta quadrata e coperta con una volta a crocera. Si affaccia su Largo san Grato, protettore dei raccolti. In cima al campanile ottocentesco a pianta quadrata si trova una statua intitolata a tale santo.[72] Nel Settecento vi si celebrava una santa Messa di domenica all'aurora. Una volta ausiliaria di san Michele Arcangelo, attualmente si trova sul territorio della parrocchia del Santissimo Redentore.[73] Tale parrocchia organizza ogni anno presso la chiesa la Sagra dell'Angelo,[74] che affonda la sua storia nel solco delle tradizioni bustocche, tra fede e lavoro. All'interno è presente un affresco seicentesco raffigurante la deposizione di Gesù tra le braccia della Vergine Maria. La chiesa è stata oggetto di un importante restauro tra il 1982 e il 1985.
- Chiesa di San Bernardino: dedicata a san Bernardino da Siena, sorge sull'area della "cascina dei Poveri", dove nel Medioevo era nata la beata Giuliana. L'edificio fu costruito tra il 1663 e il 1667 e benedetto nel 1668. La sacrestia fu aggiunta nel 1684[75] e il campanile è del secolo successivo. Nel 1913, su progetto dell'architetto teramano e bustese d'adozione Silvio Gambini, vennero demolite la sagrestia e la parete di fondo per aggiungere un nuovo presbiterio, una nuova aula e una nuova sagrestia.[76] L'edificio fu dichiarato pericolante nel 1967 e fu chiuso al culto.[77] Nel settembre del 2000 è terminato il restauro di questo antico oratorio, durato circa un anno e mezzo.[78] Durante tale restauro, su progetto e con direzione dei lavori dell'architetto Alfredo Castiglioni, è stato riportato alla luce il vecchio pavimento in calce e sabbia, visibile sotto una lastra di vetro.[79] L'acquasantiera in pietra, la statua di san Bernardino e la lapide con iscrizione dedicatoria alla Beata Giuliana, tutte opere d'arte del secolo XVII, sono attualmente esposte presso le Civiche raccolte d'arte di palazzo Marliani-Cicogna.[80]
- Chiesa di Sant'Antonio da Padova: appartenente al territorio parrocchiale di Borsano, venne costruita per volere del conte Carlo Rasini tra il 1717 e il 1719, nelle adiacenze della sua residenza.[81] La piccola chiesa presenta una sagrestia sulla sinistra mentre il campanile si trova sulla destra. Attraverso il restauro del 2007,[82] sono emersi alcuni pregevoli affreschi sulle pareti. I dipinti possono essere assegnati al pittore Giovanni Stefano Doneda Montalti junior. Nell'olio su tela dietro l'altare sono raffigurati sant'Antonio, l'Angelo Custode con il Bambino Gesù e, più in alto, la Madonna. Il soggetto dell'affresco della parete di sinistra dietro all'altare è il miracolo della mula.[83] L'affresco sulla parete di destra dietro all'altare rappresenta il miracolo del piede risanato.[84] Sulla facciata della chiesa era presente un pannello dedicato al santo. Già negli anni sessanta i colori erano quasi scomparsi e nel 1985 il Club Folclore e Sport decise di incaricare al pittore bustocco Gigi Magugliani la realizzazione di un nuovo dipinto, che fu poi collocato al posto del precedente.[85] Il pannello fu rimosso durante i successivi restauri e divenne impossibile tornare a collocarlo nella stessa posizione. Nel 2012, dopo il restauro commissionato dal Club borsanese a Giulia Lucarelli e a Silvio Combi, il quadro è stato collocato all'interno di una struttura in acciaio e vetro a vista, progettata dagli architetti Elena Colombo e Davide Candiani e posta all'incrocio tra via Novara e via 24 Maggio, in un'aiuola concessa da Agesp, l'ex-municipalizzata bustocca.
- Chiesa di Madonna in Campagna: dedicata alla Beata Vergine dei Sette Dolori, sorge sulla strada detta in Longù, che collegava Sacconago con Ferno.[86] Fu costruita a partire dal 1702 nel luogo in cui si venerava un'immagine della Pietà su un tratto di muro.[87] Poco dopo il termine dei lavori, il 13 marzo 1704, il cardinal Alberico Archinto inviò a Sacconago il vicario foraneo monsignor Curioni per benedire la chiesetta. La benedizione ebbe luogo il 23 marzo. La chiesa venne dotata di sagrestia nella seconda metà del Settecento.[88] L'interno presenta pareti bianche, una volta a botte e un pavimento di mattonelle. Sulla parete di fondo si trova un dipinto della Pietà, con la Madonna che regge il corpo del figlio morto e il Golgota sul fondo. Durante i recenti restauri si è scoperto che al di sotto di questo affresco ve n'era un altro, risalente al XV secolo più semplice e senza sfondo. Tale affresco era dunque venerato in quel luogo già prima della costruzione della chiesa. A causa dei recenti lavori di rinnovamenti della viabilità che hanno permesso la connessione del quartiere bustocco con la zona industriale di sud-ovest, parte della vecchia strada fiancheggiata dalle robinie è andata perduta.[89]
Cimitero monumentale
Il Cimitero monumentale è uno dei tre cimiteri attualmente esistenti nel territorio di Busto Arsizio, oltre ai cimiteri di Sacconago e di Borsano. È situato all'inizio di via Favana, strada che prende il nome da una cascina che si trova sul suo percorso.
Alla fine del XIX secolo il precedente campo santo, situato appena fuori dai confini dell'abitato, sul terreno oggi occupato dal parco "Ugo Foscolo", divenuto troppo piccolo, venne rimpiazzato da un nuovo e più spazioso cimitero, progettato dall'ingegner Ercole Seves sul modello del cimitero di Milano di Carlo Maciachini e inaugurato nel 1894,[90] in un luogo allora lontano dall'abitato, all'incrocio tra la via per Lonate e la via Corbetta.
Una delle realizzazioni più significative è il mausoleo della famiglia Ottolini, progettato dall'architetto Camillo Crespi Balbi.
Nel corso degli anni il cimitero ha subito diversi ampliamenti, fino a ricoprire una superficie circa doppia di quella iniziale. Nel frattempo anche la città è cresciuta e il nuovo quartiere sorto intorno alla chiesa di Santa Maria Regina ha circondato l'area.
Il 29 settembre del 2000 venne celebrato da monsignor Claudio Livetti, ex-prevosto di San Giovanni, il funerale di sette bambini non nati e ogni ultimo venerdì del mese vengono seppelliti i feti abortiti in modo spontaneo o volontario.
Ville e palazzi
A Busto Arsizio esistono ville, palazzi e resti di strutture industriali in stile liberty, costruite ai margini del centro storico durante il periodo dello sviluppo industriale. Due tra le ville più importanti sono la Ottolini-Tosi e la Ottolini-Tovaglieri, situate nei pressi di uno degli stabili dell'ex-Cotonificio bustese (oggi Museo del tessile e della tradizione industriale di Busto Arsizio), entrambe progettate dall'architetto Camillo Crespi Balbi.
Altri edifici interessanti dal punto di vista architettonico sono la villa Leone, situata in via XX settembre, ed i Molini Marzoli Massari, che si affacciano su via Cadorna, entrambi progettati dall'architetto Silvio Gambini in stile liberty. Inoltre vanno menzionati il palazzo Marliani-Cicogna, oggi sede della biblioteca comunale ed un tempo residenza del conte di Busto Arsizio, e, appena fuori dai limiti del vecchio borgo, il palazzo Gilardoni, attuale sede del municipio ed ex-ospedale cittadino.[91]
Alcune architetture civili sono andate perdute, come la sontuosa villa Bossi-Gabardi[92] di via Mameli, della quale dopo la demolizione è rimasto solo il cancello, che oggi costituisce l'ingresso del Parco al liberty. Il monumento che si trova all'interno del parco è la testimonianza di un altro elegante edificio andato perduto: la casa Rena di piazza Garibaldi, progettata da Silvio Gambini e realizzata tra il 1906 e il 1907. È andata perduta anche la villa di Antonio Ottolini, su via san Michele, di Camillo Crespi Balbi e di bellezza non inferiore alle altre due, di Ernesto ed Enrico Ottolini.[93]
Recentemente, anche gli antichi edifici[94] lungo via Solferino[95] hanno avuto la stessa sorte e sono stati demoliti tra l'agosto e il settembre 2010.[96] Altri, come la Ca' Bianca di via Pisacane, edificio in stile liberty costruito nel 1939 su progetto dell'architetto Silvio Gambini,[97] avranno probabilmente la stessa sorte.[98]
Sono invece in stato di degrado due importanti edifici settecenteschi: la casa Custodi,[99] e la casa Canavesi-Bossi, detta "il Conventino",[100] le cui cantine sono di origine cinquecentesca.[101] Nel quartiere di Borsano, versa in condizioni di degrado anche la Cascina Burattana, una delle ultime realtà del patrimonio agricolo della città di Busto Arsizio.
In alcune circostanze, edifici in stato di degrado sono stati recuperati. Un caso è quello della villa Luigi Colombo[102] di via Manara, progettata nel 1906 da Silvio Gambini in stile Lyberty. Il restauro ha coinciso con lo sventramento dello stabile, di cui sono rimaste solo la parete esterna sulla via Manara e le due pareti esterne perpendicolari ad essa. Dell'interno è stato possibile recuperare la scala elicoidale decorata da ferri battuti rappresentanti armoniosi intrecci fitomorfi.
Villa Ottolini-Tosi
La villa Ottolini-Tosi era di proprietà di Ernesto Ottolini, uno dei tre figli di Carlo Ottolini, il padrone del cotonificio omonimo. È collocata a poca distanza dalle altre due residenze che ospitavano la famiglia di Ernesto ed Antonio Ottolini (quest'ultima fu poi demolita). Il progetto della villa fu redatto da Camillo Crespi Balbi, l'architetto di fiducia della famiglia e l'edificio venne costruito nel 1902.
La villa ha la forma di un castello medievale:[103] si articola su due piani principali fuori terra ed uno, seminterrato, destinato agli ambienti di servizio. In corrispondenza della zona a sud-ovest è presente un terzo piano fuori terra. La villa è dominata da un torrione che costituisce una sorta di ambiente di guardia.
Per la costruzione furono impiegati la pietra appena sbozzata e il mattone a vista. I ferri battuti sono stati realizzati dall'artigiano lombardo Alessandro Mazzucotelli.
L'ambiente interno di maggior pregio è il salone, impreziosito da mosaici e da un soffitto di travi a vista decorate.
Villa Ottolini-Tovaglieri
La villa Ottolini-Tovaglieri, era di proprietà di Enrico Ottolini, uno dei tre figli di Carlo Ottolini, il padrone del cotonificio omonimo. Fu edificata su progetto di Camillo Crespi Balbi[104] di fronte al Cotonificio di sua proprietà. L'edificio, collocato sul bordo interno del centro storico della città, in prossimità della chiesa di San Michele Arcangelo, rappresentava un monumento al potere economico della borghesia industriale di Busto Arsizio.
L'edificio si articola su tre piani più un seminterrato destinato alle cantine. Il piano rialzato, che poggia su uno zoccolo di grossi blocchi di pietra squadrati, è rivestito da blocchi sommariamente squadrati e disposti a file di spessore che diminuisce man mano. L'esterno è caratterizzato da uno spazio verde di dimensioni molto ridotte, che fanno apparire la villa come un palazzo cittadino.
I ferri battuti, con decorazioni a forma di foglie e frutti dell'ippocastano, sono opera di Alessandro Mazzucotelli.
L'interno rivela un forte gusto per la decorazione. L'ampio e luminoso spazio d'ingresso a sud presenta pavimenti policromatici, affreschi alle pareti e un lavorato soffitto a travi a vista.
Villa Leone
La villa si affaccia su corso XX Settembre, la strada che mette in comunicazione la città di Busto Arsizio con il comune limitrofo di Castellanza. Fu progettata in stile liberty dall'architetto Silvio Gambini nel 1910. La struttura dell'edificio è rimasta inalterata negli anni, pur con la perdita di alcuni particolari decorativi, quali la fascia colorata del sottogronda.[105]
Presenta due piani rialzati ed un sottotetto abitabile. La veranda, che sporge dal corpo principale, è coperta da una terrazza di travetti a raggiera e presenta colonne dai capitelli decorati da fasci di rose.[106] La finestra ovoidale tripartita riprende quella di Villa Ferrario in via Palestro, anch'essa di Silvio Gambini, progettata nel 1903. Al centro della finestra è posto un tondo con le iniziali del primo proprietario della casa, Leone Edoardo. La facciata è movimentata da cornici aggettanti, lesene e profilature.
Pur riprendendo elementi compositivi già utilizzati in edifici precedenti, siamo di fronte ad una svolta nel percorso formale di Silvio Gambini, che è testimoniata dall'abbandono della rigidità della simmetria.
Palazzo Marliani-Cicogna
Il palazzo si trova sulla centrale piazza Vittorio Emanuele II (antica piazza "dùl Conti").
Il conte Luigi Marliani acquistò un antico edificio cinquecentesco dalla famiglia Rasini e la parte di fossato che vi si affacciava, per realizzarvi la propria residenza tra il 1624 e il 1653 attraversi importanti trasformazioni ed ampliamenti. L'impianto venne in seguito ulteriormente modificato nella prima metà del Settecento. Attorno al 1820, la famiglia Cicogna Mozzoni, che aveva ottenuto la proprietà dai conti Gamberana, lo vendette al comune, che vi collocò gli uffici comunali e distrettuali, in vicinanza delle nuove carceri sul retro, sistemate nell'edificio progettato da Francesco Croce nel 1762 come casa di correzione per la gioventù ed albergo dei poveri.[107]
Dopo il trasferimento della deputazione comunale nel nuovo municipio a Palazzo Gilardoni, nel 1862 si deliberarono i lavori di riparazione del palazzo per adattarlo all'uso come tribunale del circondario. Gli uffici giudiziari vennero quindi spostati in altra sede attorno al 1970, mentre la Biblioteca civica vi si era trasferita negli anni cinquanta. Oggi è sede della biblioteca comunale e delle Civiche raccolte d'arte.
Al centro dell'antistante piazza Vittorio Emanuele II fu collocato nel 1958 un monumento ai caduti[108][109], smontato il 23 agosto 2010 per essere poi spostato in piazza Trento e Trieste. È previsto il restauro degli edifici della piazza Vittorio Emanuele II entro il 2012, con la realizzazione di un autosilo sotterraneo.[110]
Palazzo Gilardoni
Situato appena fuori dai limiti del vecchio borgo, fu costruito verso la metà dell'Ottocento su progetto dell'architetto Pietro Gilardoni ed aperto a partire dal 1853 con il nome di ospedale San Giuseppe.[111]
Busto Arsizio aveva bisogno da anni di un ospedale. I canonici Benedetto Ladriani e Biagio Bellotti avevano lasciato in eredità, coi loro testamenti rispettivamente del 1729 e del 1784, cospicue somme di denaro alla confraternita religiosa chiamata "Scuola dei Poveri". In realtà, la seconda somma rimase in sospeso fino al 1821, quando venne erogata dai discendenti del canonico con la condizione della costruzione di un ospedale cittadino. Fu quindi incaricato Pietro Gilardoni, allievo dell'architetto austriaco Leopoldo Pollak (autore della Villa reale di Milano). L'ospedale fu ampliato in un primo momento nel 1875 e successivamente nel 1903, sempre a causa della mancanza di letti, che passarono dai 30 iniziali ai 60 dell'inizio del Novecento. Nel 1905 si diede inizio alla costruzione del nuovo ospedale, su un ampio terreno a nord della città.
Archeologia industriale
Grazie allo sviluppo industriale, a partire dalla metà dell'Ottocento, Busto Arsizio conserva alcuni edifici storici industriali dismessi, di interesse per l'archeologia industriale, per i quali sono stati avviati piani di recupero:
- Cotonificio bustese (fondato nel 1887 e chiuso nel 1978), acquistato dal comune nel 1980 ed ora Museo del tessile e della tradizione industriale di Busto Arsizio
- Molini Marzoli Massari (costruiti nel periodo 1906-1926 in stile liberty, con sobrie decorazioni floreali, ad opera dell'architetto Silvio Gambini[112] per la Società Anonima Molini Marzoli Massari). Si trattava di un grande impianto per la macinazione del frumento, studiato per una potenzialità di 500 quintali al giorno e affaciato sulla ferrovia, prima del suo spostamento. L'impianto cessò l'attività nel 1975, ma non demolito per il suo interesse storico artistico. Venne acquistato dal comune nel 1985 e dal 15 aprile del 2000 ospita il polo culturale comunale e la sede dell'università degli studi dell'Insubria (per il corso di laurea in biologia sanitaria della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali).
- Cotonificio Giovanni Milani (fondato nel 1870, costruito tra il 1880 e gli anni venti, chiuso negli anni sessanta e demolito nel 2004) e sulla cui area è stato creato un parco pubblico che conserva le due ciminiere ed il portale.
- Tessitura Lissoni & Castiglioni, ora adibita a struttura commerciale.
- Cotonificio Ercole Bossi (costruito prima del 1875), ora sede ACLI.
- Cotonificio Crespi Lombardo-Veneto (del 1914), ora sede di banca.
- Calzaturificio Borri (fondato nel 1892[113], acquistato dal comune nel 2001 e in attesa di un progetto di recupero.[114]
- Cotonificio Venzaghi (1906),[115] oggi spartito in aziende minori.
- Cotonificio Enrico Candiani (1907), sede dal 1970 di un'altra struttura produttiva.
Cotonificio Bustese
Il Museo del tessile e della tradizione industriale, situato appena fuori dal centro storico, è stato inaugurato il 30 gennaio 1997 ed ha in esposizione macchinari tessili e prodotti finiti (dalle fibre tradizionali alle nuove fibre sintetiche) dell'epoca che va dall'Ottocento fino ad oggi.
Inaugurato nel dicembre 2007, il museo ha ottenuto dalla Regione Lombardia il marchio di qualità per i servizi offerti.[116] L'edificio in cui è allestito il museo era la sede della nuova filatura dell'ex-Cotonificio Bustese di Carlo Ottolini, acquistata dal comune nel 1980. Nel giardino pubblico intorno al museo, durante il periodo natalizio, vengono allestiti un mercatino e una pista per il pattinaggio su ghiaccio.
Molini Marzoli Massari
I Molini Marzoli Massari, siti lungo il viale Cadorna, in una zona dove un tempo passava la linea ferroviaria, risalgono al 1906-1907, quando furono realizzati dall'ingegner Guazzoni. In seguito, ad opera dell'architetto bustese Silvio Gambini alcuni edifici che componevano il complesso vennero demoliti, altri vennero modificati e ne furono costruiti di nuovi, in uno stile Liberty tipico del Gambini. I lavori terminarono nel 1927,[117] quando questo primo e unico molino per la macinazione del frumento di Busto Arsizio entrò in funzione.
Il molino chiuse i battenti negli anni sessanta e nel 1985 il complesso fu acquistato dal Comune di Busto Arsizio che, dopo un restauro nel 2000, vi insediò il Polo Scientifico Tecnologico lombardo, il Centro Tessile Cotoniero, una sala convegni, varie funzioni per la Facoltà di Biologia dell'Università dell'Insubria e alcuni uffici comunali.
Oggi il complesso è conosciuto con il nome di Tecnocity - Molini Marzoli Massari.
Piazze
Piazza Volontari della Libertà
È la piazza che accoglie i pendolari e viaggiatori che giungono a Busto Arsizio dalla stazione delle Ferrovie dello Stato, inaugurata da Benito Mussolini il 26 ottobre 1924, che si affaccia su un lato della piazza. Di fronte alla stazione si trova un condominio di otto piani che sorge sull'area che sarebbe dovuta essere occupata dal palazzo Frangi, su progetto dell'architetto Silvio Gambini, della quale fu realizzata solo la parte più a nord-ovest, all'angolo con via Mameli, a causa di diatribe tra i proprietari dei terreni interessati dal progetto. Questo palazzo, risalente al 1926, voleva essere il biglietto da visita per le persone che scendevano dal treno e, uscite dalla stazione, si ritrovavano in piazza Volontari della Libertà. La casa fu eretta in stile neoeclettico, attentamente curata negli ornamenti e nei ferri battuti delle finestre al piano terra e dei balconi dell'ultimo piano.
Al centro della piazza si trova il monumento equestre in bronzo e granito dedicato a Enrico dell'Acqua, industriale bustese pioniere delle esportazioni di cotone nell'America latina, realizzato da Enrico Saroldi e Amedeo Fontana. Intorno alla figura centrale raffigurante Enrico dell'Acqua a cavallo, si trova un gruppo di statue in bronzo a simboleggiare l'Industria Tessile, il Commercio, la Produzione, la Vedetta e la Nuova Alba[118]. Il basamento in blocchi granitici misura 14,7 m × 14,3 m, mentre l'altezza totale del monumento è di 9,3 m (4,8 m di basamento e 4,5 m di statua bronzea).
Grazie all'associazione Enrico dell'Acqua e all'intervento della provincia di Varese all'epoca presieduta dal bustocco Marco Reguzzoni, la statua ed il basamento sono stati restaurati nel 2007.
Piazza Garibaldi
Si trova tra piazza Trento e Trieste e Palazzo Gilardoni e da questa piazza parte la via XX settembre che arriva fino a corso Sempione in località Buon Gesù. La piazza ospita una fontana, realizzata nel 1966 dallo scultore bustocco Giuseppe Rebesco per celebrare il centenario dell'elevazione di Busto Asizio a città[119]. La fontana presenta tre formelle in granito di Alzo che raffigurano tre valori tipici dei bustocchi: il lavoro, la famiglia e la fede. Il 24 giugno 2005, giorno in cui si festeggia il patrono della città, San Giovanni Battista, è stata inaugurata la fontana dopo i lavori di restauro che l'hanno interessata, conclusisi in occasione dei 140 anni di elevazione della città. In questa occasione sono anche risistemate le aiuole e installati dei faretti per l'illuminazione notturna della piazza e delle telecamere di sorveglianza[119].
In passato, al posto della fontana al centro della piazza era presente la statua della Gloria alata, realizzata dal milanese Costante Orazio Grossoni e inaugurata il 21 giugno 1927 alla presenza del re Vittorio Emanuele III. Questo monumento resistette solo 15 anni, in quanto i suoi 60 quintali di bronzo furono fusi ed utilizzati per scopi bellici[118].
Piazza Trento e Trieste
Questa piazza ospita dal 2011 il monumento ai Caduti che fino al 2010 si trovava in piazza Vittorio Emanuele II. Questo monumento, realizzato nel 1958 dall'artista Enrico Manfrini,[120] è formato da due stele in calcestruzzo rivestito con lastre di granito rosa contenenti tre uomini nudi in caduta. Sul lato esterno delle stele sono scolpiti, da una parte, gli ideali che hanno portato al sacrificio e, dall'altra, i valori della città: la famiglia (rappresentata da una madre con due figli uno dei quali viene allattato al seno), il lavoro, la fede (rappresentata dal Santuario di Santa Maria di Piazza)[118]. Alla base del monumento di trova l'iscrizione
caduti per la patria
BUSTO ARSIZIO
in auspicio di pace
Su questa piazza si affaccia anche la chiesa di San Gregorio Magno in Camposanto, eretta a partire dal 1632.
Altre piazze
- Piazza Santa Maria: è la piazza più importante e centrale della città, nella quale convergevano le quattro contrade in cui era suddiviso l'antico borgo di Busto Arsizio. Accoglie il santuario di Santa Maria di Piazza e la chiesa di sant'Antonio abate. Da questa piazza parte corso Europa, che termina, dopo poco più di 300 metri, in piazza Manzoni.
- Piazza San Giovanni: è situata nel centro storico; sorge a est rispetto alla piazza Santa Maria. Un lato della piazza è interamente occupato dalla Basilica di San Giovanni Battista. Sugli altri lati della piazza si affacciano palazzi storici, alcuni dei quali restaurati negli anni 2000, come palazzo Volonterio. La piazza è collegata ad altre 3 importanti piazze della città: via Milano la collega a piazza Garibaldi, via Tettamanti Monsignor Giuseppe a piazza Vittorio Emanuele II, via Cavour e via Sant'Antonio la collegano alla piazza Santa Maria.
- Piazza San Michele: è situata al bordo del centro storico, dove sorgeva una fortificazione longobarda che difendeva il vecchio borgo. È dominata da un lato dalla chiesa di San Michele Arcangelo e dal lato opposto dal palazzo più alto della città. Si trova a pochi metri dal parco del Museo del tessile ed è contigua a piazza Manzoni.
- Piazza Manzoni: è una piazza dalla forma allungata, aperta al traffico veicolare, lungo la quale si affacciano alcuni edifici degni di nota. Tra questi, in primo luogo villa Pozzi, che oggi ospita la caserma della Guardia di Finanza, realizzata nel 1905 dall'architetto Silvio Gambini per Ercole Pozzi, titolare di un'industria manifatturiera bustocca e in secondo luogo le scuole Manzoni, opera dell'architetto Camillo Crespi Balbi, del 1903. Sulla piazza, che in precedenza si chiamava piazza della Fiera, si trovavano due delle quattro porte della città, Pessina (in corrispondenza dell'attuale via Giacomo Matteotti) e Savico (in corrispondenza dell'attuale via Giuseppe Lualdi). Fino al 1951 al centro della piazza transitava il tranvia Milano-Gallarate.
- Piazza Vittorio Emanuele II: è la piazza che ospitava il monumento ai caduti prima del suo trasferimento in piazza Trento e Trieste. Su di essa si affacciano la biblioteca comunale e Palazzo Marliani-Cicogna. Dal 2011 è in costruzione un autosilo completamente interrato al centro della piazza.
Aree naturali
Parco Ugo Foscolo
Sorge sull'area un tempo occupata dal vecchio cimitero cittadino, costruito quando i precedenti campisanti delle chiese di San Michele e San Giovanni erano diventati insufficienti. All'interno del parco è presente il monumento ai reduci delle patrie battaglie, inaugurato nel 1909.[121] Costituito da due colonne doriche con una breve trabeazione, fu progettato dall'ingegnere Luigi Carlo Cornelli e realizzato dagli scultori Giulio Cassani e Enrico Sirtori.
Parco dell'Alto Milanese
Il Parco dell'Alto Milanese, che si estende sui territori comunali di Castellanza e Legnano e sulla parte meridionale di quello di Busto Arsizio, occupato da zone boschive e rurali. Il parco tutela la flora e la fauna locali e le tradizionali attività nel campo dell'agricoltura e dell'allevamento.
La sede del parco si trova nella villa Ottolini-Tosi di Busto Arsizio.[122]
Parco degli Alpini
Il parco degli Alpini, situato su via Mameli ospita un monumento al liberty, realizzato con elementi decorativi di casa Rena, edificio liberty di piazza Garibaldi progettato da Silvio Gambini (1906-1907). Il cancello di accesso al parco è quello della demolita villa Bossi-Gabardi (costruita nel 1925), che sorgeva sull'area del parco fino agli anni settanta.[92] Tale villa venne realizzata nel 1925, ad opera dell'architetto Duilio Torres e dell'ingegnere Piero Tosi, con una facciata sviluppata su piani degradanti e arricchita da morbide decorazioni, oltre che dal bugnato in pietra chiara che rivestiva gran parte dell'edificio[123].
Parco Comerio
Inaugurato nel 2005, sorge nell'area della ex-fabbrica Ercole Comerio, nel quartiere di san Michele.[124] All'interno del parco vi sono un laghetto, un bar e un'area con giochi per i bambini. La fabbrica che vi sorgeva fu sede di una retata fascista il 19 gennaio 1944.[125] Furono arrestati sette lavoratori, colpevoli di aver fomentato uno sciopero.[126] Solo Melchiorre Comerio, fratello del titolare della ditta, verrà rilasciato. Gli altri saranno deportati al campo di sterminio di Mauthausen.[127]
Note
- ^ L'ex-prevosto di San Giovanni Battista, monsignor Claudio Livetti li considera un segno di "civitas christiana": Introduzione di monsignor Livetti, su santamariaregina.it. URL consultato il 13 dicembre 2009.
- ^ Devoti di Busto a raccolta per il restauro, su artevarese.com. URL consultato il 23 settembre 2011.
- ^ Danneggiata la statua di San Carlo, su laprovinciadivarese.it. URL consultato il 29 settembre 2011.
- ^ Edicola della Madonna, su webcultura.eu. URL consultato il 30 settembre 2011.
- ^ Tra sport e fede, si pedala per chiesette e cappelle, su www3.varesenews.it. URL consultato il 30 settembre 2011.
- ^ AA.VV., 1981, p.40 Nello stesso anno, come si legge alla stessa pagina del libro citato, rovinò l'ultima delle sette torri della Busto medievale.
- ^ AA.VV., 2006, Vol.II p.190
- ^ Il Ferrario parla di questo oratorio con le seguenti parole: "bello di sacri dipinti" (cfr. Ferrario, 1987, p. 212).
- ^ Santa Croce, su webcultura.eu. URL consultato il 30 settembre 2011.
- ^ Cappella Canton Santo, su bustocco.com. URL consultato il 4 settembre 2011.
- ^ (IT) Giuseppe Gabri, Farioli Giuseppe, Sant’Alò in Vernaschella, in Comunità, n. 9-10, Busto Arsizio, Settembre-Ottobre 2012, pp. 22-25.
- ^ Spada, 2004, p.35
- ^ Bertolli, 1991, p.23
- ^ Spada, 2004, p.47
- ^ Crespi d'Adda, su turismo.provincia.bergamo.it. URL consultato il 15 dicembre 2009.
- ^ AA.VV., 2006, Vol. I, p. 15, nota 4
- ^ AA.VV., 2006, Vol. I, p. 160
- ^ Secondo lo storico Crespi Castoldi, l'epidemia di peste del 1485 fece 1100 morti.
- ^ San Rocco, su webcultura.eu. URL consultato il 30 settembre 2011.
- ^ Ferrario, 1987, p. 212
- ^ Al via la 26ª edizione della Sagra di San Rocco, su www3.varesenews.it. URL consultato il 1º gennaio 2010.
- ^ Paredi, 1992, p.61
- ^ Cinquant'anni di presenza, la parrocchia di Beata Giuliana in festa, su www3.varesenews.it. URL consultato il 4 novembre 2011.
- ^ Parrocchia Beata Giuliana, su parrocchiabeatagiuliana.it. URL consultato l'11 luglio 2011.
- ^ Beata Giuliana Puricelli, su itctosi.va.it. URL consultato il 1º gennaio 2009.
- ^ San Luigi, su santamariaregina.it. URL consultato l'11 luglio 2011.
- ^ Beata Giuliana, foto di gruppo con arcivescovo, su www3.varesenews.it. URL consultato il 4 novembre 2011.
- ^ Origini della chiesa, su bustoredentore.it. URL consultato il 31 marzo 2012.
- ^ Santissimo Redentore, su santamariaregina.it. URL consultato il 1º gennaio 2009.
- ^ Busto, la chiesa del Redentore resta inagibile dopo il crollo, su ilgiorno.it. URL consultato il 2 ottobre 2012.
- ^ Unità Pastorale Giovanile Beato Giovanni Paolo II (PDF), su easyshop.ascomlabs.it. URL consultato il 2 ottobre 2012.
- ^ San Giuseppe, su webcultura.eu. URL consultato il 30 settembre 2011.
- ^ Spada, 2004, p.38
- ^ Sacro Cuore, su webcultura.eu. URL consultato il 13 ottobre 2011.
- ^ Spada, 2004, p.29
- ^ Storia del Convento S. Cuore - Busto Arsizio (VA), su fratiminori.it. URL consultato il 27 agosto 2012.
- ^ Santa Maria Regina, su santamariaregina.it. URL consultato il 27 ottobre 2011.
- ^ Busto, cinque angeli aiuteranno Madonna Regina, su laprovinciadivarese.it. URL consultato il 27 ottobre 2011.
- ^ Unità Pastorale Giovanile Beato Giovanni Paolo II (PDF), su easyshop.ascomlabs.it. URL consultato il 2 ottobre 2012.
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- ^ La figura sull'estremità destra è verosimilmente identificabile con quella del committente, il conte Carlo Rasini (Cfr.Rimoldi, 1995, p.1811)
- ^ Tale miracolo fu praticato ad un tal Leonardo di Padova che in confessione aveva riferito a Sant'Antonio di aver percosso con un calcio la propria madre in modo talmente violento da farla cadere a terra. Dopo aver udito le parole di Antonio secondo il quale "il piede che colpisce la madre o il padre, meriterebbe di essere tagliato all'istante", Leonardo tornò a casa e si recise il piede. Venuto a sapere dell'accaduto, Sant'Antonio riattaccò il piede a Leonardo passandovi sopra le sue mani (cfr. Il piede riattaccato, su santantonio.org. URL consultato il 28 dicembre 2009.).
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Bibliografia
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