Guardie e ladri
Guardie e ladri è un film del 1951 diretto da Mario Monicelli e Steno. È stato prodotto da Dino De Laurentiis e Carlo Ponti e interpretato da Totò e Aldo Fabrizi. Il film, che s'innestava nella corrente neorealista, è una delle opere più importanti nate dalla collaborazione artistica tra i registi Monicelli e Steno nonché uno dei migliori di Totò,[5][6] la cui interpretazione è ancora oggi riconosciuta come una delle sue prove attoriali più apprezzate.[7]
Il film può essere considerato simbolicamente quello che segna l'addio di Totò al varietà e alla rivista. In effetti nella scena finale, da sottofondo proveniente da un'osteria, vi è proprio la musica della rivista dell'epoca; la canzone suonata è La fioraia del Pincio, un motivo che Anna Magnani cantava nel 1940 in Quando meno te l’aspetti, compagnia Grandi Riviste Totò.[8][9]
La sceneggiatura, ambientata a Roma durante il secondo dopoguerra, vede come protagonista Ferdinando Esposito, un ladruncolo sfuggito a una guardia e che questi deve ricatturare, pena la perdita del posto. Dopo inseguimenti vari, i due finiscono per divenire amici, scoprendo di avere molti problemi che li accomunano, nonostante la totale discordanza dei ruoli. Distribuito nelle sale italiane nel novembre del 1951[10] e presentato in concorso alla 5ª edizione del Festival di Cannes, è valso a Piero Tellini il premio per la sceneggiatura e a Totò il Nastro d'argento.[2][1][11] Inizialmente ebbe noie dalla censura, tuttavia fu particolarmente acclamato dalla critica dell'epoca che lo giudicò un classico dell'allora nascente filone della commedia all'italiana.[12]
Guardie e ladri è stato in seguito riproposto più volte in varie situazioni: nel 1972, in occasione del quinto anniversario della morte di Totò, il film venne proiettato al Palazzo Chiablese insieme ad altre tre pellicole dell'attore.[13] Nel 2010 è stato presentato nella sezione retrospettiva "La situazione comica (1937-1988)" della 67ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia.[14][15] Nel gennaio 2011 la Cineteca di Bologna rese omaggio a Monicelli, proiettando nel cinema Lumière sette dei suoi lavori, tra cui Guardie e ladri.[16][17][18] Il film venne inoltre presentato nelle varie retrospettive dedicate al regista: organizzate dal Circolo del Cinema di Adria,[19] dal Museo Nazionale del Cinema di Torino[20][21] e dalla casa delle Culture di Cosenza.[22] Fu proiettato anche nel cinema Orokmozgò di Budapest.[23][24] È stato inoltre inserito nella lista dei 100 film italiani da salvare, nata quest'ultima con lo scopo di segnalare "100 pellicole che hanno cambiato la memoria collettiva del Paese tra il 1942 e il 1978".[25][26][27]
Trama
Ferdinando Esposito è un piccolo truffatore che cerca di mantenere la famiglia con i suoi espedienti. Travestito da guida, e con il suo socio d'affari Amilcare, finge di aver trovato una moneta antica nel Foro Romano e la vende per 50 dollari a un turista americano, il quale si accorge troppo tardi della truffa. Quella stessa mattina i due organizzano una seconda truffa al Teatro Quirino, dove sta avvenendo la distribuzione di alcuni pacchi-dono, destinati alle famiglie. L'idea è di ingaggiare un gruppo di bambini, che dovranno recitare la parte dei loro figli, ma Esposito è senza biglietto. All'entrata del teatro si imbatte con un grasso agente di polizia, il brigadiere Lorenzo Bottoni, così comincia una discussione tra i due e, per non avere problemi e per non bloccare la fila, la guardia gli permette di entrare. La truffa non finisce bene, il presidente del comitato di beneficenza è Mr. Locuzzo, il turista americano truffato, e durante la distribuzione dei pacchi lo riconosce e lo denuncia seduta stante.
Comincia così un lungo inseguimento da parte dell'agente di polizia Bottoni. Esposito riesce a prendere un taxi mentre il brigadiere sale nella macchina dell'americano, con lui al volante. Il taxi di Esposito finisce in una strada bloccata in aperta campagna e l'uomo è costretto a scendere. L'inseguimento si trasforma in una vera a propria caccia all'uomo, il ladruncolo non è inseguito solo dalla guardia e dal turista americano, ma anche dal tassista. Dopo una lunghissima ed estenuante corsa attraverso il fango e la campagna, Esposito è costretto a fermarsi - poiché sofferente di fegato - seguito immediatamente dal brigadiere, anch'egli stremato.
Dopo alcuni diverbi inizia un umano dialogo tra i due, nel quale Bottoni consiglierà ad Esposito una cura per il fegato. Giunti Mr. Locuzzo e il tassista, che erano rimasti indietro, inizia una litigata di gruppo, intanto l'agente Bottoni ammanetta (con una catenella) Esposito, il quale confessa all'autista di non avere denaro per pagarlo. Poiché Esposito non ha più la forza di camminare, l'americano è costretto a tornare indietro a recuperare l'auto, seguito dall'autista, che attende ancora che qualcuno lo paghi. Il ladro e il brigadiere si fermano ad un'osteria lì vicino, si siedono e aspettano. Dopo alcuni minuti, Esposito finge un improvviso attacco di colite, e il brigadiere è costretto a scortarlo in bagno, tendendolo legato, però, con la catenella attraverso la porta. Mr. Locuzzo è di ritorno insieme al tassista, Bottoni avverte Esposito, ma non risponde; allora il brigadiere tira la catena. Si sente il rumore dello scarico, l'agente si accorge che Esposito si è sfilato la catenella, l'ha legata a quella dello sciacquone ed è scappato dalla finestra. Mr. Locuzzo è furioso con Bottoni e dice che protesterà ai suoi superiori.
Più tardi, al commissariato, Locuzzo espone i fatti al commissario ed esige che Bottoni venga punito. Spunta fuori anche l'autista, ancora in attesa di esser pagato, ma niente da fare. Rimasto solo con il brigadiere, il commissario gli dice di non preoccuparsi, ma arrivate le telefonate dei superiori la situazione si capovolge: Bottoni è momentaneamente sospeso dal servizio e rischia di finire sotto processo se non addirittura di perdere il posto. Il commissario, cercando di venire incontro all'agente, lo informa di una possibile ipotesi: se riuscirà ad acciuffare il ladro entro la data prestabilita dal tribunale (3 mesi), contando solo su se stesso e senza l'aiuto di altri membri della polizia, potrà essere riammesso al servizio.
Sconfortato, il brigadiere ritorna a casa e decide di tenere nascosto l'accaduto alla famiglia. Come primo passo per trovare Esposito decide di controllare tra i cassetti degli schedati. Una volta trovate le informazioni si accinge, vestito di abiti borghesi, verso l'abitazione di Esposito: chiede informazioni al portiere e si informa sui membri della famiglia, e per non dare troppo nell'occhio entra in un salone lì vicino, inizia così il suo primo appostamento. Bottoni riesce ad avvicinare il figlio di Esposito, Libero, e cerca di guadagnarsi la sua fiducia, facendolo diventare amico di suo figlio Paolo, invitandolo a casa e regalandogli un maglione.
Passano giorni, e di Esposito, tuttavia, nessuna traccia. Bottoni, dopo l'ennesima attesa di fronte l'abitazione del ladruncolo, torna a casa e la moglie lo informa della presenza della famiglia Esposito (composta da moglie, figli, padre e cognato), che sono venuti per ringraziarlo per le gentilezze che ha fatto al ragazzino, ma non c'è traccia di Ferdinando. Le due famiglie si conoscono e tra il cognato del ladro e la figlia della guardia nasce una simpatia. Quella stessa sera, la famiglia di Esposito, rincasando, trova il capo di casa che attendeva il loro arrivo, che si lamenta per il motivo che all'abitazione ci deve essere sempre qualcuno in caso avesse bisogno di qualcosa. Dopo essersi fatto sentire, l'uomo racconta al padre l'episodio accadutogli e quindi il motivo per cui ha preferito passare dei giorni lontano da casa, poi controlla i compiti dei figli e rimedia la cena.
La moglie Donata gli parla dei Bottoni, spiegandogli che sono persone per bene, e gli chiede di portargli dei fiori per ricambiare le loro cortesie. La mattina dopo, Bottoni, entrato nuovamente nel salone del barbiere, si accorge troppo tardi della presenza di Esposito, proprio accanto a lui, e se lo lascia scappare. Quella stessa mattina, l'uomo, ignaro dell'identità del brigadiere, decide di portare i fiori alla signora Bottoni, proprio mentre il marito è andato a casa di Esposito con la scusa di portare pasta e farina alla famiglia. Ha inizio una comica scena in cui i due si ritrovano a parlare al telefono fra di loro e Bottoni cerca di convincere Esposito a trattenersi a casa sua, dicendo che verrà subito perché ha desiderio di conoscerlo e deve proporgli un affare di molti quattrini, però l'uomo non si trattiene poiché deve partire per alcuni giorni... dopodiché la signora Esposito chiama il fratello Alfredo dicendogli che deve portare il solito pacco al marito. Bottoni decide così di seguire il cognato, sperando di acciuffare il ladro, scopre però che il giovane aveva un appuntamento con sua figlia Liliana.
Verso l'ora di pranzo, il signor Bottoni, dopo aver espressamente raccomandato alla figlia di non frequentare "quel tipo", viene informato dalla moglie che la signora Esposito li ha invitati a pranzo per domenica (l'ultimo giorno prima della scadenza dei 3 mesi), ed è data quasi per certa la presenza del marito - ancora ignaro dell'identità di Bottoni. Come altra possibilità di incontrare Esposito prima del tempo, decide di assegnare un posto come magazziniere al cognato Alfredo (disoccupato), sperando che Ferdinando venga a casa sua per ringraziarlo.
Giunge il giorno del pranzo. Ferdinando ritorna dal suo breve viaggio "d'affari" e si accorda col suo socio Amilcare, perché devono ripartire per Napoli. Entra in casa dove fervono i preparativi, e la moglie gli dice che aspettano gente a pranzo. L'uomo, dopo aver sentito che si tratta dei Bottoni, sbotta di colpo dicendo di essere stufo di "vedere questi bottoni per casa", fa presente di dover ripartire, prepara la sua roba e si appresta a uscire di casa. Per le scale incontra la signora Bottoni e la figlia, seguite dal signor Bottoni. I due si ritrovano da soli, faccia a faccia. Ed è allora che Ferdinando lo rimprovera per aver carpito la buona fede dei suoi familiari, mentre Bottoni gli confida il suo dramma. Una sorta di umana complicità nasce tra i due. Esposito comprende la situazione dell'agente e decide di lasciarsi arrestare.
I due decidono di tenere nascosta la verità alle proprie famiglie, si fermano a mangiare e decidono di avviarsi più tardi verso la questura. Ma durante il pranzo Ferdinando sceglie di andare prima del previsto; i due lasciano credere che abbiano affari comuni, che Ferdinando parta per un viaggio di lavoro e che Lorenzo lo accompagni alla stazione. L'uomo firma le pagelle dei figli, saluta le due famiglie e si avvia, accompagnato dal brigadiere. Si capovolgono i ruoli ed è lo stesso Esposito a convincere Bottoni a condurlo in prigione, nonostante la guardia ne sia ormai riluttante. Durante la sua assenza, sarà Bottoni a pensare anche alla famiglia di Ferdinando.
Produzione
Regia e sceneggiatura
Il soggetto iniziale di Guardie e ladri nacque da Piero Tellini, che fu ispirato da un'idea originaria avuta da Federico Fellini.[5][30] In un primo momento lo sceneggiatore propose il film alla Magnani, che doveva interpretare la parte della ladra.[31] Il compito di dirigere la pellicola andò al regista Luigi Zampa, il quale si impegnò subito nella sceneggiatura con Brancati e Flaiano,[32] e all'inizio del 1949 annunciò l'uscita del film:[33][34][28] dichiarò il 28 febbraio alla rivista Cinema che aveva intenzione di assegnare la parte del brigadiere a Peppino De Filippo e quella di sua moglie ad Anna Magnani.[33][32] Peppino De Filippo era chiaramente considerato un interprete farsesco ma, per Guardie e ladri, il regista non voleva un personaggio con tali caratteristiche; ambiva invece a una nuova figura distaccata dal farsesco, intendeva pertanto sfruttare le capacità dell'attore per creare un personaggio vero e solo con sfumature satiriche e comiche.[32]
Tuttavia per vari motivi la lavorazione non andò avanti, da una parte c'era l'impossibilità di Peppino di dedicarsi al film, poiché impegnato con il teatro,[32] dall'altra c'era il timore del regista a procedere, condizionato dal fatto che era stato spesso criticato in passato e alcune sue pellicole suscitarono numerose controversie e subirono tagli dalla censura; in particolare L'onorevole Angelina (con protagonista la Magnani), dove il regista dovette eliminare alcune battute importanti e tagliare intere scene, per il fatto che nel film appariva Nando Bruno nel ruolo di co-protagonista nei panni di un agente di Pubblica Sicurezza, e secondo il ragionamento della commissione di censura il pubblico avrebbe identificato in quell'agente, che veniva leggermente ironizzato, tutti gli agenti di polizia, e se avesse riso di lui avrebbe riso dell'intero corpo di polizia "danneggiandone il prestigio".[35][36][37] Così onde evitare problemi anche con questo suo nuovo progetto ed essendo lui stesso consapevole dei rischi a cui il film sarebbe andato incontro, decise dopo qualche mese, di rinunciarvi:[33][34] «... Da quel momento - affermò Zampa - è rimasta in me una vera fobia per tutti gli argomenti in cui entrassero agenti o guardie: tanto che dopo aver portato a termine il trattamento di Guardie e ladri, rinunciai... pensando ai limiti di varia natura che, durante la realizzazione del film, mi sarei dovuto imporre.»[28][36][35]
Il film passò dunque nelle mani di Mario Monicelli e Steno, i quali si erano già impegnati precedentemente, con Totò cerca casa (1949), nella sperimentazione di una sorta di "parodia del neorealismo".[38][39] Il titolo del film è particolarmente simbolico, è un puro riferimento all'omonimo e antichissimo gioco da bambini. I due protagonisti si rincorrono per tutta la storia, "tutto il film è un inseguimento, una partita a scacchi - anzi, a nascondino - fra ladro e guardia".[40]
Cast
Guardie e ladri è stato uno dei primi film ad essere prodotto dalla casa di produzione "Ponti-De Laurentiis",[41] fondata dai due produttori dopo aver abbandonato la Lux;[28] fu proprio Carlo Ponti ad avere l'idea di far lavorare insieme due attori di grosso calibro come Totò e Aldo Fabrizi, che in quel periodo godevano di grande popolarità,[42][43][28][44][34] e che oltretutto erano notoriamente amici affezionati, tanto che Fabrizi era l'unico attore che Totò frequentava fuori dalle scene.[45][46][30] Fabrizi dimostrò subito grande interesse per il progetto,[31] mentre da parte di Totò restava qualche esitazione,[41] perché il ruolo offertogli era molto diverso rispetto ai personaggi che aveva interpretato in precedenza ("personaggi sopra le righe"[47]), e lui stesso non sapeva quali erano le sue potenzialità, c'erano quindi dei dubbi ad entrare in un film totalmente nuovo e apparentemente concepito solo per Fabrizi.[41] Infatti quando Steno e Monicelli gli fecero leggere la sceneggiatura del film l'attore affermò: «È bellissima, ma io cosa c'entro, io non posso farlo, questo è un film per Fabrizi.»[30][48][28] L'attore romano aveva già dimostrato qualità nel raffigurare personaggi a sfondo drammatico,[28] per Totò invece il film fu una vera e propria scommessa, anche perché era la prima volta che si misurava con un interprete di pari fama e abilità,[40] c'era comunque da parte sua la voglia di sperimentare qualcosa di nuovo, e fu anche spronato dai due registi, convinti che avrebbe potuto "fare qualcosa di formidabile".[48] Per evitare eventuali difficoltà sul set derivate dall'antagonismo Totò/Fabrizi ai due furono date delle garanzie, a cominciare dal non concedere a nessuno la priorità nei titoli di testa della pellicola,[41] mettendo nei titoli i loro nomi incrociati, scritti due volte ciascuno, in modo che il nome di Fabrizi apparisse in alto e in basso e quello di Totò contemporaneamente a sinistra e a destra.[31][28]
Il ruolo della moglie della guardia, inizialmente pensato per la Magnani, venne affidato ad Ave Ninchi,[41] che aveva già lavorato in precedenza sia con Fabrizi che con Totò, inoltre serviva un'attrice in grado di reggere la recitazione dei due protagonisti. Il ruolo era complementare e sembrò poco adatto alla Magnani, che avrebbe sicuramente preso troppo spazio tenendo testa ai due attori. Per interpretare invece la moglie del ladro fu scelta Pina Piovani, altra attrice proveniente dal teatro di rivista, la quale aveva già recitato una piccola parte in un precedente film di Steno e Monicelli (Vita da cani), l'attrice si dimostrò subito all'altezza: possedeva scioltezza ed elasticità, aveva la capacità di adattarsi, di rispondere alla battuta improvvisata. Non ebbe problemi ad armonizzarsi con Totò, Fabrizi e Ave Ninchi. Monicelli la ricorda come un'attrice abituata all'artigianato, a fare la parte come va fatta senza "psicologizzare".[49]
Tra gli interpreti secondari figuravano Carlo Delle Piane, Ernesto Almirante, Gino Leurini, Rossana Podestà, Mario Castellani e Aldo Giuffré (quest'ultimo fino ad allora fu sottovalutato dalla critica, ma inaspettatamente apprezzato per questo ruolo[50]). Oltre a Pietro Carloni, che impersonò il commissario, furono scritturati vari caratteristi per riempire ruoli di contorno, tra cui Luciano Bonanni (fu il suo esordio cinematografico), Giulio Calì e, in un ruolo più rilevante, l'attore statunitense William Tubbs (erroneamente accreditato come William Thubbs), che interpretò in modo efficiente il turista americano truffato.[51]
Riprese
Le riprese dei registi Steno e Monicelli iniziarono il 3 febbraio del 1951.[33] Non ci furono complicazioni particolari, a parte qualche difficoltà con la sequenza dell'inseguimento, perché convocare Totò sul set il mattino era difficile, l'attore era abituato agli orari teatrali e quindi non lavorava mai prima di mezzogiorno, d'altronde soffriva di pressione bassa e ed era più notturno che mattiniero,[53] era poi un assertore della teoria che "al mattino non si può far ridere";[30] girava in quello che si chiama l'orario francese, dalle 13 alle 21.[54] A ciò andava ad aggiungersi la fatica dei quattro attori, Totò, Fabrizi, Castellani e Tubbs durante la corsa, che per alcune sequenze poteva risultare molto stancante - soprattutto per Fabrizi;[28][41] motivo per cui vennero sostituiti da controfigure per un paio di scene (come la traversata nel fango).[9] La parte della corsa costò quindi tempo e fatica, ai registi e agli attori, difatti Steno dichiarò che impiegarono addirittura quindici giorni.[30][48][55]
Un piccolo episodio "tragicomico" accadde mentre si giravano alcune sequenze dell'inseguimento all'Acqua Acetosa, è capitato che si trovò di passaggio una vettura con a bordo due carabinieri che al grido di Fabrizi «Al ladro! Fermatelo!» saltarono giù ed estrassero le pistole. Si misero a rincorrere Totò che si spaventò e disse: «Fermi, fermi!». L'attore si fermò aspettando l'arrivo dei militi che appena si resero conto della finzione scenica si scusarono con la troupe, e approfittarono dell'occasione per farsi rilasciare un autografo dai due attori.[33][56][57][8]
Raccontò Monicelli: «Totò era un vero uomo di teatro, abituato a orari diversi, spazi ristretti. Si sentiva a disagio all'aperto dove si girava. Si stancava e infastidiva per le lunghe pause, sotto il sole o la pioggia, nelle attese che il cinema comporta. In realtà amava il teatro e riteneva che quello fosse il luogo in cui vale la pena esprimersi. Del cinema non gliene importava molto. Aveva un modo distaccato di comportarsi: era come su un palcoscenico d'avanspettacolo, quando le luci si spegnevano tutto finiva lì. Ma, insieme con Aldo Fabrizi, mi diede la prima grande lezione di uomo di spettacolo. Erano due mostri sacri. Fabrizi aveva fatto il regista, aveva lavorato con la Magnani, era un uomo scontroso e irritabile. Sembrava un'impresa impossibile farli lavorare insieme. Tutti erano preoccupati...»[58]
Sebbene come sottolineato da Monicelli, il carattere di Fabrizi non fosse facile, e sebbene ci fossero dubbi e angosce (soprattutto da parte di Ponti[44]) sul risultato che questi due attori messi insieme avrebbero potuto dare, tra i due comici non ci furono problemi.[30][44] A testimonianza del regista toscano il loro "fu un rapporto stupendo. Si trattavano con grande civiltà, con molto rispetto reciproco",[59][12] si rivelarono molto cooperativi e fra loro c'era una sorta di gara a dimostrare la massima gentilezza e disponibilità sul set,[60][58][41][9] anche verso i registi - con i quali Totò era già particolarmente affiatato;[61] oltre a ciò i due comici non persero occasione per divertirsi durante le riprese, raccontava Steno che per più volte dovettero interrompere alcune scene, perché i due attori scoppiavano improvvisamente a ridere - spesso anche prima del ciak, a volte Monicelli si infastidiva, mentre Steno la prendeva più alla leggera: «Erano duetti di due leoni. Ogni tanto, quando uno si sentiva sopraffatto dall'altro, cavava fuori le sue astuzie di grande attore. Così Totò fregava Fabrizi con una battuta imprevista e Fabrizi fregava Totò mettendosi a ridere e interrompendogli la scena.»[62][12][59] La scena che sembrava infinita era quella dell'osteria, stando a quanto detto dal nipote di Fabrizi in un'intervista e a fonti ormai accertate, i due non riuscivano a portare a termine la sequenza: in più di un'occasione Fabrizi innaffiò il viso di Totò con il caffè che aveva appena assunto, perché improvvisamente scoppiato a ridere.[63][64]
Sul set Totò approvava sempre le decisioni registiche, non discuteva mai. Solo in principio, durante le riprese, dava dei consigli di natura "surreale, astratta" ai due registi, anche se non veniva molto ascoltato.[42][43][58] Ad ogni modo, come di consuetudine, l'attore improvvisava alcune sue scene/battute, e condizionato anche dalla presenza di Fabrizi uscivano fuori gag del tutto impreviste, come raccontato da Carlo Delle Piane, all'epoca quindicenne: «Erano attori eccezionali, con loro non c'era la sicurezza del copione tutto previsto, bisognava stargli dietro, perché le gag non venivano mai uguali, da una ripresa all'altra. Questo, per la mia età, mi divertiva e mi preoccupava. Si provava quello che era scritto, si girava ed era diverso, si ripeteva ed era ancora diverso. Finiva che non capivo niente. Ero dentro, e dovevo istintivamente comportarmi a seconda del momento, non era mai una cosa meccanica.»[59][12] Per il giovane attore c'erano quindi delle piccole difficoltà, ciononostante Totò era molto disponibile verso di lui: cercava di aiutarlo, di dargli tranquillità; mentre da parte di Aldo Fabrizi c'era invece, inizialmente, un certo menefreghismo.[59][12]
L'idea di accoppiare Fabrizi e Totò andò quindi a buon fine, e già nel corso delle riprese della pellicola si pensò subito di bissare, si parlò di un Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, che prevedeva nel cast anche Renato Rascel.[65][8] L'idea poi sfumò e il film fu girato da Mario Amendola e Ruggero Maccari con altri interpreti. Si pensò anche a un eventuale Cani e gatti per la regia di Steno, che poi diventò una commedia con Titina De Filippo.[65]
Le riprese del film sono state interamente effettuate a Roma.[66] La parte iniziale, della truffa al turista, è stata chiaramente girata al Foro Romano.[67] Il luogo dell'origine dell'inseguimento, al Teatro Quirino, è all'incrocio tra Via delle Vergini e Via dell'Umiltà. Il primo stop, durante l'inseguimento in strada, è stato girato invece all'incrocio tra Via del Tritone, Via del Traforo e Via Crispi. Quando Totò scende dal taxi è in Via dei Campi Sportivi. La scena successiva è tuttavia girata da tutt'altra parte, ovvero lungo quella che oggi è la Circonvallazione Salaria, dove è stata girata gran parte dell'inseguimento.[67]
La casa di Esposito sembra una casa posta in un terreno semi-abbandonato, tra fango e terra. Ma poi sul fondo si nota la cupola di San Pietro, infatti l'abitazione non è in Via Roseto (come ci dice il film), ma in Via Gregorio VII, all'angolo con Via dell’Argilla. Oggi la casa è ancora intatta, invece il salone del barbiere e le casupole a sinistra dell'uscita non esistono più.[67] Nella parte finale del film, quando Ferdinando intercetta il brigadiere Bottoni sulla porta d'ingresso, si può notare che i due attori non sono affatto nella casa di Via Gregorio VII come dovrebbero, ma in un'altra zona, precisamente davanti alla Farnesina. Oggi la "seconda abitazione" di Totò, ovvero quella di cui si vede solo l'interno, è stata abbattuta.[67] La sequenza quando il Brigadiere pedina il cognato di Ferdinando è stata girata nella strada Borgo Sant'Angelo e poi in Via del Portico d'Ottavia. La scena dell'incontro tra i due giovani (Liliana Bottoni e Alfredo) è stata girata in piazza delle Cinque Scole.[67]
Fotografia
La fotografia del film è stata curata da Mario Bava, che divenne in seguito un noto regista del cinema horror italiano. Aveva già lavorato un anno prima con Monicelli e Steno, curando la fotografia di Vita da cani (1950), altro film dai tratti comici-drammatici, in cui appariva come protagonista Aldo Fabrizi.
Bava era un operatore molto veloce, professionale, disponibile e molto affabile, anche fuori dal set,[68] i due registi si trovarono molto bene con lui. Rimase in buoni rapporti soprattutto con Monicelli, e fu uno dei pochi collaboratori con cui il regista si intese veramente bene,[68] che lo descrisse come "un uomo simpaticissimo e molto spiritoso... un operatore velocissimo, che non creava mai problemi... sempre molto distaccato e cosciente del tipo di film che faceva come regista."[44] Durante le riprese del film era molto importante essere rapidi, soprattutto per le sequenze dell'inseguimento, gli attori dovevano correre e non ne avevano per niente voglia. Fabrizi e Totò, pur essendo molto bendisposti, avevano le loro seccature: il primo era insofferente mentre l'altro aveva guai con la vista e altri problemi di salute. Quindi la regia aveva bisogno di un direttore della luce molto svelto, quasi sbrigativo, che approfittasse di ogni momento della disponibilità dei due attori. Su questo piano Bava fece un ottimo lavoro, si dimostrò molto capace e collaborativo, e fu molto utile e d'aiuto ai due registi.[68]
L'atmosfera del film muta notevolmente durante la storia, dovuta naturalmente all'ambientazione. Si nota soprattutto nella parte finale, quando il ladro/Totò scopre la vera identità del brigadiere/Fabrizi; Bava riuscì a dare alla scena un'atmosfera particolarmente drammatica, che si denota dallo spazio cupo e dal cambiamento della luce, con le ombre proiettate sulle pareti, un'atmosfera che in qualche modo accoglie entrambi i personaggi.[9]
Guardie e ladri venne girato con un aspect ratio di 1,37:1 in formato 35 millimetri, la lunghezza della pellicola è di 2.900 metri e il processo cinematografico è quello Spherical.[69]
Altri tecnici
- Direttore di produzione: Bruno Todini
- Ispettore di produzione: Nicolò Pomilia
- Assistente alla produzione: Tony Brandt
- Aiuto regista: Mario Mariani
- Assistente alla regia: Rudy Bauer
- Operatore alla macchina: Corrado Bartoloni
- Tecnico del suono: Gino Fiorelli
- Fonico: Aldo Calpini
- Segretaria di edizione: Ines Brusci
Colonna sonora
La colonna sonora è stata composta da Alessandro Cicognini,[70] Cicognini aveva già acquisito notorietà all'epoca per aver composto le colonne sonore di importanti film: tra cui quelle di Quattro passi fra le nuvole (1942) e Prima comunione (1950), entrambi diretti da Alessandro Blasetti. Si era poi già misurato in opere neorealiste, firmando le musiche dei capolavori di Vittorio De Sica, quali Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948).
Censura
I timori iniziali avuti da Zampa, riguardanti gli eventuali tagli censori, erano in realtà fondati. Difatti, una volta terminate le riprese, il film ebbe alcuni problemi con la censura e l'uscita nelle sale fu rimandata verso la fine dell'anno.[33] I due registi ebbero uno scontro con Annibale Scicluna Sorge, che presiedeva la commissione, il quale li aveva mirati già dai tempi di Totò cerca casa, e dava consigli ai produttori sulle scene da girare o da non girare.[44] Scicluna Sorge avversò fortemente l'opera, ebbe una reazione assolutamente sfavorevole nei confronti di Guardie e ladri, tanto che urlò: «Ma come! Una guardia, un rappresentante dello stato, messo sullo stesso piano di un ladruncolo!»[44]
Non tollerava, e non era altrettanto tollerabile dal resto della commissione - la quale aveva il compito di salvaguardare il rispetto della morale e del buon costume - che un agente di pubblica sicurezza stringesse legami con un delinquente o con la famiglia dello stesso, che un ladro si facesse mettere in prigione per aiutare una guardia e, soprattutto, il fatto di mostrare un membro della polizia in un atteggiamento non ortodosso; così si scatenò una gran polemica. Nel film si mettevano quasi sullo stesso piano sia la guardia che il ladro, e il fatto di equivalere questi due ruoli completamente opposti sembrava in qualche modo rivoluzionario. Ci furono quindi una sequela di sedute al Ministero dello spettacolo per convincere Scicluna Sorge che l'intento del film non era affatto quello di minare alla società italiana. Ma questa fraternizzazione fra guardia e ladro corrispondeva a una bomba posta sotto le istituzioni, che non si potevano neanche lontanamente toccare. I due registi furono così costretti a modificare e tagliare alcune scene e battute che sembravano particolarmente "sovversive" ma, come dichiarò anche Monicelli, nel film "non c'era niente di censurabile, se non l'idea in sé". Dopo aver comunque accontentato la commissione apportando alcuni tagli e modifiche di poco conto, i registi riuscirono ad avere finalmente via libera.[12][71][72][44]
Distribuzione
Il film uscì nelle sale cinematografiche italiane il 29 novembre del '51.[10]
Fu uno dei pochissimi lungometraggi italiani ad essere esportato. Venne presentato nei seguenti paesi, con i seguenti titoli:[10]
- Francia: Gendarmes et voleurs, 10 ottobre 1952 - 23 ottobre 1981 (riedizione)
- Portogallo: Polícia e Ladrão, 21 novembre 1952
- Danimarca: Betjenten og tyven, 11 maggio 1953
- Regno Unito: Cops and Robbers, 1953
- Finlandia: Ikuisen kaupungin varas, 24 settembre 1954
- Germania Ovest: Räuber und Gendarm, 1957
- Belgio: Gendarmes et voleurs (titolo francese)
- Spagna: Guardias y ladrones[74]
- Argentina: Policías y ladrones
- Ungheria: Rendőrök és tolvajok
- Polonia: Zlodzieje i policjanci
Venne poi presentato anche in Egitto, in Uruguay, in Turchia,[33] in Russia e in Cina.[75][76][77]
Divieti
Accoglienza
Alla sua distribuzione in Italia, il film ottenne subito un enorme successo di pubblico e un inaspettato gradimento dalla critica cinematografica. Guardie e ladri rappresentò una vera e propria svolta nella carriera di Totò, tanto che per la prima volta un suo film ottenne solo ed esclusivamente giudizi positivi, e fu unanimemente considerato come un archetipo della commedia all'italiana.[8][40][12] Inoltre ottenne una risonanza internazionale: nell'aprile del 1952 venne presentato in concorso a Cannes, subentrando all'ultimo momento al posto de Lo sceicco bianco di Fellini,[82] e aggiudicandosi il premio per la migliore sceneggiatura, che poi nessuno andò a ritirare.[83][9] Nello stesso anno il film partecipò anche al Festival Internazionale del Cinema di Punta del Este, in Uruguay.[8][84][85]
Il passaggio di Totò ad un nuovo personaggio, che mostra un volto non più solo comico ma alternato al drammatico, fu particolarmente apprezzato, e il 27 novembre del '52 l'attore venne premiato con il suo primo Nastro d'argento (il secondo ed ultimo gli è stato conferito nel 1967 per il film Uccellacci e uccellini, di Pasolini), assegnatogli dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici.[1][5][86] L'interpretazione di Totò colpì anche Roberto Rossellini, che decise di cogliere il momento e di volerlo come protagonista nel film Dov'è la libertà?.[5][87] Totò stesso si rivelò molto compiaciuto, che difatti dichiarò in seguito, in più occasioni, che Guardie e ladri fu uno dei suoi film più riusciti e uno dei pochi di cui era pienamente soddisfatto,[9][88] e forse quello a cui era più affezionato.[53]
L'unico che forse sembrò non molto convinto della "trasformazione" dell'attore fu proprio Monicelli: Il regista ha chiaramente dichiarato di aver favorito il passaggio di Totò al neorealismo, "limitando le sue caratteristiche di comicità surreale che lo avevano caratterizzato in precedenza", ma di non aver afferrato il vero spirito dell'attore. Era certo consapevole di essere stato, insieme a Steno, l'artefice principale del repentino cambiamento di Totò, di aver tirato fuori da un grande comico un grande attore. Tuttavia rimase dell'idea che forse sarebbe stato meglio lasciar fare il film come voleva Totò, visto che il comico dava alcuni suggerimenti a carattere un po' surreale durante le riprese,[42][43] quindi il regista pensò che lui e Steno lo avessero in qualche modo contrastato ed "umanizzato".[56][57][87]
Incassi
L'incasso accertato della pellicola all'epoca fu di ₤ 653.790.000,[89][90][91] diventò così uno dei film di Totò di maggiore incasso in assoluto. E, tra tutti i suoi film interpretati da protagonista, Guardie e ladri si posiziona al quarto posto, preceduto da Totò a colori (₤ 775.000.000), Siamo uomini o caporali? (₤ 730.134.000) e Totò, Peppino e... la malafemmina (₤ 678.538.000).[89][90] Gli spettatori nel periodo di proiezione furono 5.820.262, altro record superato solo da Totò a colori (con 6.387.539 spettatori).[89][90]
Critica
Critiche dell'epoca
Ne La settimana incom illustrata, Lamberto Sechi valutò positivamente il film, elogiando in particolar modo l'interpretazione di Totò, che "ha dato estrema dignità a un personaggio che poteva invece riuscire tutt'al più degno di commiserazione"... Rammentò il vecchio Totò, il "prodigioso pupazzo meccanico, l'eccezionale mimo", che "per anni ha dovuto sottostare alle leggi del mercato, rispondere alla domanda con prestazioni quantitativamente adeguate, essere sempre e invariabilmente se stesso, quello del primo applauso, ritagliare ogni personaggio sullo stesso modello; cambiarsi, frenarsi...", e che però ora in Guardie e ladri cambia radicalmente, e "con una recitazione semplice e al tempo stesso piena di fantasia l'attore regge da maestro un personaggio tipico delle cronache italiane, dei banconi di pretura, con gli abiti lisi e la barba i tre giorni." Infine apprezzò la riuscita recitazione di Fabrizi, conforme a quella di Totò, con la sola differenza fondamentale che "Totò è un attore, mentre Fabrizi è un attore romano."[92][93][56]
Nel quotidiano Milano Sera, Oreste del Buono apprezzò la pellicola, affermando che le sue trovate e la recitazione dei suoi interpreti la rendono divertente, anche se in verità non è un film comico, ma "un film senza etichetta, senza limiti di sorta."[94][84]
Lo scrittore Corrado Alvaro, nel settimanale Il Mondo, oltre a gradire la recitazione dei due protagonisti, "in vena come in pochi altri lavori", illustrò un altro lato dell'opera - che il pubblico "carpisce e ride amaro", quello della scenografia e quindi della "difficile atmosfera" della capitale italiana nel dopoguerra, in cui "la società è vista come un profondo regno animale dove gli eventi si svolgono con la cecità del caso", della quale il film offre un buon esempio: "i quartieri romani delle borgate, con le misere casupole fradice di pioggia, le strade senza selciato che si trasformano in pozzanghere, e in alto la sommità dei monumenti lontani e dominanti, le cupole delle basiliche, un paesaggio che non ha nulla da spartire con l'umanità che vi si agita e vive e cerca ragioni di vita, un paesaggio di città astratta che ha finito di vivere nel tempo..." Scrisse che la prima e determinante impressione di questa "durezza di vita" è la scena iniziale nel Foro Romano, che appare "un gruppo di rovine e di colonne ridotte in pietrame, sotto un cielo grigio", dove "non v'è retorica, non v'è grandezza né memoria né storia... C'è un rifiuto dell'estetismo, una noncuranza verso i pretesti del bel quadro e della bella illuminazione..."[95][56]
La pellicola ricevette anche dei buoni giudizi da parte della critica francese, in particolare Georges Sadoul sottolineò il salto di qualità di Totò ad un genere cinematografico maggiore,[96] André Bazin evidenziò la buona sceneggiatura e l'ottimo lavoro svolto dai due registi, che hanno "saputo dirigere con una discrezione senza cedimenti due attori comici molto talentosi ma anche molto impegnativi da gestire."[97][98]
Critiche successive
Guardie e ladri continuò a ricevere critiche e recensioni positive anche anni dopo la sua uscita, e viene considerato tuttora un classico della commedia, "per il gusto del tratteggio sociale e di costume."[99]
Molti pareri critici furono riportati anche nei libri: Masolino D'Amico nel suo libro dedicato alla commedia all'italiana descrisse Guardie e ladri come una "pietra miliare dell'evoluzione del neorealismo in satira sociale sotto il riparo della comicità."[6]
Enrico Giacovelli nel libro "Poi dice che uno si butta a sinistra!" etichettò il film come "l'unico vero esempio di commedia neorealista riuscita... il film dell'equilibrio massimo, quasi chapliniano, fra comico e tragico."[40][34] Nel libro "La commedia all'italiana, la storia, i luoghi, gli autori, gli attori, i film" puntualizzò anche che i duetti di Fabrizi e Totò "restano fra i migliori del cinema italiano."[100] Commento poi riformulato anche da Roberto Poppi in "I registi: dal 1930 ai giorni nostri", ove quotò il film un capolavoro,[101] e scrisse che il duettare di Fabrizi con Totò "è uno degli insuperati esempi di creazione estemporanea di arte recitativa."[102]
Ennio Bispuri nei suoi libri "Vita di Totò" e "Totò: principe clown" reputò il film un capolavoro assoluto,[103] e lo considerò come il migliore tra tutti quelli interpretati da Totò.[5]
Mario Luzi in "Sperdute nel buio: 77 critiche cinematografiche" scrisse invece: «Totò imbroglione e Fabrizi brigadiere dei carabinieri sulla sua traccia. Peripezie e trovate del genere che chiunque conosca i due comici - e chi non li conosce ormai? Se ne fa un abuso vero e proprio - può agevolmente immaginare. Questo film non sposta di un ette il discorso allarmato che ormai tutti i critici un po’ responsabili hanno cominciato a fare a proposito della sconfortante povertà della farsa cinematografica italiana.»[104][105][106]
Anche Walter Veltroni commentò la pellicola, dichiarandola veramente coraggiosa per quel tempo, ed esponendo la sua importanza nella carriera di Totò, che difatti fu uno dei pochi film per i quali l'attore fu celebrato da vivo. Descrisse poi il talento dell'attore, che era "bravo" a prescindere, indipendentemente dal film interpretato, che fosse di Mattòli o di Pasolini.[105][107]
Morando Morandini ribadì l'interpretazione di Totò, "di buona annata, con numerosi risvolti satirici graffianti", considerò ottima la recitazione di Fabrizi e puntualizzò il gran merito del successo della pellicola grazie agli "arguti dialoghi" degli sceneggiatori.[80][81] Diede al film quattro stelle su cinque, sul database MYmovies.[108]
Sul sito Rotten Tomatoes il film detiene il 95% di giudizi positivi da parte del pubblico, con una valutazione media di 3.9 / 5.[109] Mentre su IMDb possiede una media di 7,2 / 10.[110]
Promozione
Manifesti e locandine
La distribuzione affidò al pittore, caricaturista e scenografo Michele Majorana la realizzazione delle locandine e dei manifesti in vari formati.[111]
Slogan
Nelle locandine inoltre furono inseriti vari slogan pubblicitari, tra i più noti:
Edizioni home video
Filmauro
Nel 2002 la FilmAuro distribuì la VHS di Guardie e ladri.[113] Successivamente nel 2005 la stessa azienda distribuì il DVD singolo restaurato del film.[114] Nel DVD il formato video è 1,33:1 anamorfico, l'audio è Dolby Digital 5.1 (in italiano) con sottotitoli in italiano per non udenti. Il disco, con menu animati, è stato strutturato in 16 capitoli, e contiene alcuni contenuti speciali: Trailer originale del film,[115] filmografia di Totò-Fabrizi (inclusi film antologici) e le interviste al critico cinematografico Fabio Ferzetti, al nipote di Aldo Fabrizi e al produttore Dino De Laurentiis. Nel 2006 il film è stato poi nuovamente distribuito in DVD, nel cofanetto "Totò - Il principe della risata", contenente anche i film Totò a colori e Capriccio all'italiana.
Fabbri Editori - Corriere della Sera
La Fratelli Fabbri Editori produsse e distribuì in VHS la serie "Il Grande Cinema di Totò", che includeva anche Guardie e ladri, che successivamente non venne inserito nell'edizione della collana in DVD. Il Corriere della Sera realizzò nel 2002 la collana "Il meglio di Totò", in cui per quindici uscite un film di Totò veniva abbinato al quotidiano; la VHS di Guardie e ladri venne distribuita nella seconda uscita. Nel 2008 il quotidiano, in collaborazione con Fabbri Editori, realizzò la raccolta in DVD "Il Grande Cinema di Totò - Collezione Oro",[116][117] nella quale vennero distribuite alcune delle pellicole migliori del principe della risata: ogni disco della collana venne corredato da un libretto di 16 pagine a cura di Paolo Mereghetti e Goffredo Fofi, con contributi inediti, un apparato fotografico, scritti dell'epoca e una scheda sul film. Il disco di Guardie e ladri, contenente anche una testimonianza inedita di Monicelli nell'apposito libretto, uscì in testa a tutti, il 27 settembre.[116][117]
Citazioni e riferimenti
Citazioni di altre opere
- La scenetta in cui Totò "pesca" dalla salumeria era già stata usata nel suo primo film Fermo con le mani! (1937), dove pesca dal bancone del pescivendolo. Scena ripresa successivamente anche in Totò a Parigi, del 1958.[118]
- La scena della locanda ricorda quella di Totò e Carolina (1955), di Mario Monicelli. Con la sola differenza che Totò interpreta la guardia anziché il ladro.[64]
- I tartassati (il terzo film girato in coppia dai due attori, del 1959) di Steno, può essere considerato in senso figurato un seguito di Guardie e ladri "in versione medio-borghese",[119][120] difatti i due attori si ritrovano negli stessi ruoli di "ladro" e "guardia". Inoltre le scene finali di entrambi i film sono molto simili fra loro, con i due protagonisti che danno le spalle alla telecamera e si allontanano mentre cresce la musica.
- La sequenza in cui Fabrizi, al termine dell'inseguimento, consiglia a Totò una cura per il fegato, è stata in seguito esplicitamente citata nel film L'armata Brancaleone (di Monicelli), nella scena in cui Teofilatto (Gian Maria Volonté) dialoga con Brancaleone (Vittorio Gassman) alla fine del duello.[64]
- La scena dell'inseguimento di Totò e della sua fuga nel bar è stata citata in una parte del film A spasso nel tempo - L'avventura continua (1997) con Christian De Sica che, imitando suo padre Vittorio nel film Pane, amore e..., fa il maresciallo mentre Boldi, che imita Totò, fa il delinquente.[121]
Opere ispirate al film
- Il film La legge è legge (1958) è in qualche modo una "riedizione corretta, più moderna e più leggera" di Guardie e ladri, dove Totò si ritrova nuovamente nella parte del ladruncolo. Commedia giudicata come una "timida rimasticatura in salsa francese di Guardie e ladri" e "una sorta di Guardie e ladri con complicazioni burocratiche."[103][122][123]
- Il film per la televisione Un Natale con i Fiocchi (2012) è ispirato a Guardie e ladri.[124][125]
Parodie
- Nel 1969 è uscita una sorta di farsa parodia della pellicola, con protagonisti Franco e Ciccio, intitolata, appunto, Franco e Ciccio... ladro e guardia.[126]
Remake
Nel 1997 il cinema russo ha realizzato un remake del film, dal titolo omonimo (Полицейские и воры in russo). "Una rivisitazione della pellicola italiana in chiave anti-americana".[127][128] La prima proiezione è avvenuta nel cinema Pushkin di Mosca. Il film è ambientato nella regione di Novgorod, nel profondo nord della Russia.[128] È stato prodotto dalla Etalon Film e girato negli studi della Mosfilm. La pellicola è stata diretta dal regista Nikolai Dostal ed interpretata da Gennady Khazanov e Vyacheslav Nevinny, nei rispettivi ruoli di ladro e guardia.[129] Ricevette due nomination ai premi Nika nel 1998, uno per il miglior attore protagonista (Vyacheslav Nevinny) e uno per il miglior attore non protagonista (Vladimir Zeldin, che interpretava il padre del ladro).[130] Incassò in Russia l'equivalente somma di 35.000 dollari.[131]
Note
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- ^ Monicelli: «Fabrizi e Totò furono molto collaborativi con me ma anche fra di loro, la lavorazione si svolse con molta piacevolezza e facilità. Facendo quel film ho imparato fra l'altro che è più facile lavorare con due o tre star: ognuno vuole far vedere all'altro che non si comporta come una star e quindi viene puntuale, non pretende nulla più dell'altro, è tutto uno scambio di salamelecchi e cortesie che favoriscono la lavorazione; quando invece la star è una sola si dà un po' di importanza perché sa di rappresentare tutto il film e allora può sollevare qualche piccolo problema.» (Anile, 1998, p. 117.)
- ^ Enrico Vanzina: «La collaborazione di mio padre con Totò non fu solo professionale. Papà amava Totò. E Totò amava Steno. Si capivano. Si piacevano. Si stimavano. Io ho conosciuto Totò all'Acqua Acetosa mentre papà girava la famosa sequenza di "Guardie e ladri", quando Totò-ladro è inseguito da Fabrizi-guardia. Avevo due anni. Esiste una foto di questo mio primo incontro con Antonio De Curtis che conservo gelosamente sul mio tavola da lavoro. Quella foto mi ricorda, ogni giorno, che ho avuto la straordinaria fortuna di nascere nel cuore autentico della commedia all'italiana.» (Caldiron, 2002, p. 148. - Caldiron, 2003, p. 97.)
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- ^ Ricordava Mario Monicelli: «La scelta dei luoghi, dei volti, delle ambientazioni rientrava nella nostra visione del cinema: volevamo che tutto fosse realistico. Si prendevano le cose dal vero: la strada, l'osteria, l'autobus. E spesso anche gli attori avevano le facce che incontravi tutti i giorni: facce di gente povera, abituata a vivere con poco, a camminare molto, a stare all'aria aperta. Provate a rivedere l'inseguimento di "Guardie e ladri", girato all'Acqua Acetosa, lungo l'argine del Tevere. Eravamo in aperta campagna... C'era una grande creatività. Ma anche un mercato che tirava. Qualunque cosa facevi, anche una fesseria, andava bene. Bastava mettere della gente che camminava e parlava dentro un'inquadratura. E il pubblico non mancava. All'epoca, del resto, i film erano l'unico svago per il tempo libero...» ( Luca Villoresi, Guardie, ladri e povera gente ecco la Roma di Monicelli, in La Repubblica, Roma, 9 agosto 2007. URL consultato il 21 aprile 2013.)
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- ^ Mario Monicelli: «Il film ebbe un grossissimo successo, persino in Russia e in Cina. Un amico mi disse di aver visto circa dieci anni fa in Cina "Guardie e ladri" doppiato in cinese; lo davano lì come fosse un film recente.» (Monicelli, 1986, p. 34.)
- ^ Carlo Lizzani: «In Cina ebbi occasione di vedere "Guardie e ladri" doppiato in cinese, ed il fatto che mi colpì fu che anche i cinesi capivano e ridevano negli stessi punti del film dove avevano riso gli italiani.» ( Totò - Le interviste del tenente Colombo, su antoniodecurtis.com. URL consultato il 21 aprile 2013.)
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- ^ Monicelli, a proposito del premio a Cannes: «Ci arrivò la notizia che il film aveva preso questo premio, ci compiacemmo fra noi ma non ci furono cerimonie di nessun genere. Nessuno di noi era a Cannes, a quei tempi poi non s'andava alla ricerca delle Palme, dei premi, non ci pensavamo proprio... noi perlomeno che facevamo i film comici, la commedia.» (Anile, 1998, p. 120.)
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non valido; il nome "Incassi E Spettatori Film" è stato definito più volte con contenuti diversi - ^ a b c Amorosi-Ferraù, 1996, pp. 134-139.
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Bibliografia
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Voci correlate
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Collegamenti esterni
- Scheda + videoclip + Film online Guardie e ladri 1951
- Guardie e ladri Scheda, foto, videoclip, locandine
- (EN) 0043606, su IMDb, IMDb.com.
- Guardie e ladri, su Cinematografo, Fondazione Ente dello Spettacolo.
- Guardie e ladri, in MYmovies.it, Mo-Net Srl.
- Approfondimento fotografico sui luoghi dov'è stato girato il film