Utente:Claudio Gioseffi/Sandbox 3
Delle fortificazioni - castelli, mura, torri, fossati - che hanno difeso Vicenza per due millenni, oggi poco rimane: qualche tratto di mura, specialmente laddove è servito come basamento per le abitazioni, qualche torre, ricordi nella toponomastica.
Epoca antica
Come le altre città venete, nel 49 a.C. Vicenza divenne municipium romano optimo iure, cioè con pienezza di diritti civili e politici. A questi anni risalgono la ristrutturazione dell'abitato secondo un tracciato urbanistico ad assi ortogonali, la sostituzione di abitazioni in legno con costruzioni in pietra o laterizio e l'edificazione delle prime mura erette, come avvenne per altre città consimili, per delimitare lo spazio urbano da quello rurale e conferire prestigio al nuovo status di città romana[1], in un tempo in cui tutta la regione era pacificata e apparentemente non erano necessarie: dalla vittoria contro i Cimbri del II secolo a.C. e fino al II secolo d.C. il Veneto non fu più territorio di incursioni barbariche. In assenza di reperti significativi, si presume che le mura fossero costruite solo parzialmente, in particolare a ovest della città, che invece negli altri lati era naturalmente difesa dai fiumi Bacchiglione e Retrone[2].
Nel I secolo d.C. Vicenza aveva acquisito una certa importanza, tanto da demolire in parte le mura per consentire lo sviluppo della città e costruire il Teatro, in cui si svolgevano i ludi scenici e di cui si può vedere ancora l'esatto perimetro. Nel II secolo a Vicenza fu risparmiato il saccheggio da parte dei Quadi e dei Marcomanni che avevano invaso la Regio, ma furono fermati a Opitergium. Quando ormai l'impero era entrato in piena crisi, nel IV-V secolo, le mura di Vicenza furono ricostruite e le difese rafforzate[1]. Non risulta comunque documentato che la città sia stata saccheggiata o distrutta, neppure durante le spedizioni dei Visigoti o degli Unni[3] nel V secolo.
Alto Medioevo
Prima cinta: mura altomedievali
La necessità di creare dei solidi baluardi alle città e alle villae si presentò drammaticamente nel IX secolo, in ragione delle devastanti incursioni degli Ungari nella pianura veneta. Così anche a Vicenza si ebbe il fenomeno dell'incastellamento e, probabilmente nel X secolo[4]si cominciò ad erigere delle solide mura, che racchiuseno dapprima il nucleo più storico e nel XIII secolo inglobarono anche una parte dell'ormai popolato Borgo Berga.
Questa prima cortina di mura - ben rappresentata dalla Pianta Angelica del 1580 ma anche tuttora ben riconoscibile, percorrendo la strada interna alle mura, creata a suo tempo[5] e rimasta libera fino ad oggi - formava un anello quasi del tutto circolare.
- Percorso (con riferimento alla toponomastica attuale)
Partendo dalla Porta Feliciana[6] in piazza De Gasperi, le mura contornavano sul lato esterno contrà Mure Pallamaio. Dopo che nell'XI secolo fu costruito il ponte Furo, superavano il fiume Retrone e continuavano fino al Porton del Luzo[7] (alla destra e alla sinistra dell'omonima contrà si vedono ancora interessanti tratti delle mura originarie).
Continuando per contrà del Guanto e passata la Porta de Mezo o Porta de Berga[8], le mura superavano nuovamente il Retrone poggiando sul Ponte delle Barche. Qui la cinta probabilmente si interrompeva per lasciare spazio al porto[9] e riprendeva lungo la riva del Bacchiglione fino a raggiungere la Porta di San Pietro che dava accesso all'omonimo ponte (ora Ponte degli Angeli). Lungo tutto il percorso, i larghi tratti di terreno in pendenza tra le mura e i fiumi, chiamati piarde, oltre che servire a dare sfogo alle esondazioni, erano tenuti liberi per costituire una maggior difesa o utilizzati per depositare le merci trasportate per via fluviale.
Da qui le mura, lungo l'esterno di contrà Canove e di Motton[10] Pusterla, andavano all'incrocio con contrà Porti dov'era la Porta di Pusterla[11], di fronte al ponte che dava accesso all'omonimo borgo. Seguendo poi l'esterno di contrà San Biagio, all'incrocio con l'attuale Corso Fogazzaro nelle mura si apriva la Porta Nova, oltrepassata la quale e proseguendo all'esterno di Motton San Lorenzo (dove si trova tuttora il più lungo tratto delle mura originarie) le mura completavano - per una lunghezza complessiva di 1252 pertiche[12] - l'anello ritornando alla Porta Feliciana.
Oltre alle cinque porte principali[13] e al citato Porton del Luzo, si aprivano nel primo tratto anche una porta vicino a contrà della Racchetta, che dava in Campo Marzo, e la porta di Carpagnon, vicino al Ponte Furo[14].
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Tratto di mura altomedievale in Campo Marzo
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Il Porton del Luzo, porta che si apriva a sud nella cinta medievale
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Mura altomedievale, incorporate in un'abitazione, in Mure San Michele
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Tratto di mura altomedievale in Mure San Michele
Fossati della prima cinta
Pressoché l'intero circuito delle mura altomedievali era protetto dall'acqua.
Ancora durante il primo millennio i benedettini, bonificando la palude a nord-ovest della città, avevano incanalato le acque della roggia Seriola - detta anche Bacchiglioncello - da Maddalene fino a pochi metri dal convento dei Crociferi, per farle scaricare nel Bacchiglione. In seguito, negli ultimi decenni del XII secolo, i vicentini ne avevano ulteriormente prolungato l'alveo per portarlo fin sotto Porta Nova. Di lì un fossato appositamente scavato costeggiava all'esterno le mura - a un dislivello di 4-5 metri inferiore - passava per contrà Cantarane, davanti a Porta Feliciana, separava Campo Marzo da Mure Pallamaio per versare infine l'acqua nel Retrone presso Ponte Furo. Nel 1222 questo percorso fu ulteriormente prolungato, costruendo un ponte-canale che valicava il Retrone, portava l'acqua in un'ulteriore fossa[15] dietro a Porton del Luzo e a Porta de Mezo e attraverso la Piarda giungeva infine al Ponte delle Barche, dove l'acqua si gettava infine nel Retrone[16].
Secondo il Sottani, anche il breve tratto di mura tra la porta Pusterla e la Porta Nova era protetto da una fossa, che da quest'ultima portava la Seriola fino a circa 100 m a monte della Porta Pusterla. La fossa, la cui parte iniziale corrisponderebbe a contrà delle Beccariette, sarebbe stata interrata al momento della costruzione delle mura occidentali. Tra le mura, il fossato e il fiume vi sarebbe stata un'ampia piarda, detta Prà dell'Asinello[17].
Infine, la protezione delle mura tra Porta Pusterla fino all'Isola e alle Barche era affidata al fiume Bacchiglione. Anche in questo tratto, fino a Porta San Pietro, un'ampia piarda, fino al Novecento chiamata piarda dei Tecchio, ora occupata dal Patronato Leone XIII[18].
Torri cittadine
L'arrivo in città delle famiglie feudali ne cambiò l'aspetto, arricchendola di edifici privati e pubblici. Secondo il cronista Battista Pagliarini[31] che scrive qualche secolo più tardi, le torri sarebbero state più di cento. Può trattarsi di un'esagerazione, ma è documentato che il Comune nel 1208 dovette emanare un praeceptum, una sorta di regolamento edilizio, per dare ordine al moltiplicarsi di edifici e di mura e all'occupazione delle aree pubbliche. Piano regolatore del Duecento
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Il basamento de campanile della cattedrale è parte di una fortificazione del X secolo[20]
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Torre dei Verlato in contrà del Monte. La sua esistenza è ricordata dal XII secolo, nel 1312 fu confiscata dal Comune alla famiglia dei Verlato, nel 1404 divenne residenza del capitano veneto[21]
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La Torre Coxina, del Duecento, inserita nel Palazzo del Territorio
Basso Medioevo
Nel Duecento la struttura urbanistica della città era simile a quella di altre città venete. Al centro dell'insediamento più antico – vicino a dove si presume fosse il Foro romano – il Palatium vetus, prima sede del Comune nella seconda metà del XII secolo, il Salone dei Quattrocento sostenuto da archivolti sotto il quale passava l'antico cardo maximus e dove si riuniva il Consiglio di Credenza e, più ad est, il Palazzo del Podestà, affiancato a nord dalla Torre dei Bissari e a sud da quella del Tormento, rappresentavano la sede del potere pubblico. Al mancato riconoscimento delle sue prerogative, Federico II ordinò, il giorno di Ognissanti, l'assalto della città da parte delle sue truppe, che la saccheggiarono e incendiarono i palazzi comunali e molte case-torri, risparmiando solo gli edifici religiosi.Castello san pietro – palazzo territorio –
I podestà della prima metà del XIII secolo … erano direttamente responsabili della raccolta dei tributi, della difesa della città e del distretto, che veniva attuata sia con la custodia permanente delle mura e delle fortificazioni che con la mobilitazione di uomini in caso di bisogno. Castelli di campagna e torri cittadine Delega per la difesa al vescovo
Seconda cinta: mura scaligere di Borgo San Pietro
- Percorso (con riferimento alla toponomastica attuale)
Sviluppo demografico La pressione fiscale continuò ad aumentare: ai fini di imposta, dopo il 1335 fu redatto un estimo rurale e nella seconda metà del secolo i prelievi si fecero massicci per finanziare le nuove mura e l'allargamento della città, così come i lavori di sistemazione del Bacchiglione. Lo sviluppo della città e l'ampliamento delle mura La città in effetti si arricchiva e si espandeva. Nel corso del Trecento il numero degli abitanti aumentò notevolmente e si crearono borghi al di fuori dell'antica cinta muraria altomedioevale di cui, a partire dal 1365, Cansignorio della Scala dispose l'ampliamento, sia a est che a ovest del centro storico. Il borgo orientale già densamente abitato, al di là del Bacchiglione, fu racchiuso dal nuovo tratto in cui si aprivano le porte di S. Lucia, di Padova e di Camarzo - posta alla fine di contrà S. Pietro e successivamente chiusa[46] – e consentivano l'accesso alle strade provenienti rispettivamente da Treviso, Padova e Casale per confluire al ponte (ora degli Angeli), dall'epoca romana unico passaggio disponibile per valicare il fiume. A ovest, invece, la nuova cinta si inserì nella struttura fortificata di Porta Castello per dirigersi verso nord, creare l'avamposto della Rocchetta, aprirsi nelle porte Nuova e S. Croce, per poi seguire il corso del Bacchiglione e innestarsi nuovamente nei pressi del ponte Pusterla. Il nuovo tratto racchiudeva così un'area non ancora abitata che, per volontà di Antonio della Scala, fu dotata di un tracciato viario ad assi ortogonali, con isolati regolari di notevoli dimensioni. La costruzione delle mura, che comportò alcune modifiche al percorso del Bacchiglione e della roggia Seriola per diventare i fossati di completamento, rispettò l'integrità della vecchia cinta. Questo fatto mantenne integra l'identità del nucleo storico cittadino, al punto che le nuove inclusioni furono ancora sempre chiamati, dagli storici locali come nel linguaggio corrente, i borghi della città.
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Mura scaligere a Santa Lucia
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Mura scaligere in via Legione Gallieno
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Mura scaligere a Santa Lucia
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Mura scaligere a Santa Lucia
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Torricella (completamente ristrutturata), in via Torretti; sullo sfondo la Torre Coxina
Terza cinta: mura scaligere di Borgo Portanova
- Percorso (con riferimento alla toponomastica attuale)
Porta santa croce Porta Castello Rocchetta Percorso attualizzato ovest
Età moderna
Quarta cinta: mura veneziane di Borgo Berga
- Percorso (con riferimento alla toponomastica attuale)
gallery veneziana sud
Quinta cinta: fortificazioni veneziane di Borgo Pusterla
- Percorso (con riferimento alla toponomastica attuale)
Porta san bortolo gallery veneziana nord
Età contemporanea
Note
- ^ a b Ghedini, 1988, pp. 45-47
- ^ Due lacerti si trovano in Motton San Lorenzo e in contrà Canove vecchie
- ^ Secondo Paolo Diacono anche Vicenza fu saccheggiata, ma non distrutta, dagli Unni di Attila, ma questo dato viene considerato poco attendibile da Cristina La Rocca, Le 'invasioni', in Storia del Veneto, pp. 58-59.
- ^ Sottani, 2012, pp. 218-19
- ^ Gli Statuti della città del 1264 imponevano che un tratto di terreno della larghezza di circa 6,5 all'interno delle mura restasse libero e ad uso pubblico per esigenze di difesa Sottani, 2012, p. 215
- ^ Così detta perché portava al monastero di San Felice, oggi è inglobata nella parete di fondo supermercato
- ^ Questa porta fornì un varco nelle mura per andare verso il monastero di San Silvestro e il territorio vicentino a sud-ovest fino alla fine del XII secolo, poi fu chiuso e riaperto soltanto nel 1554 secolo su richiesta del rinnovato monastero di San Silvestro
- ^ Porta de Mezo, perché si trovava a circa metà strada tra la Porta Feliciana e la Porta san Pietro, oppure Porta de Berga, perché dava accesso all'omonimo borgo e al territorio della Riviera Berica verso sud-est
- ^ Sottani, 2012, p. 217
- ^ Motton era il tratto di terreno di riiporto che serviva a rialzare ulteriormente le mura
- ^ Detta vetus negli Statuti del 1264, forse per differenziarla dalla vicina Porta Nova
- ^ Pari a 2679 metri, lunghezza fatta misurare dagli Scaligeri dei primi decenni del Trecento Sottani, 2012, p. 222
- ^ Che, secondo il Castellini in Storia della città di Vicenza, erano fortificate da torri e munite tutte di ponte levatoio
- ^ Sottani, 2012, pp. 217-18
- ^ Ancor oggi, dopo l'interramento, contrà e stradella della Fossetta
- ^ Sottani, 2012, pp. 171-81, 223-27
- ^ Sottani, 2012, pp. 227-28
- ^ Sottani, 2012, pp. 228-32
- ^ Barbieri, 2004, p. 310
- ^ Barbieri, 2004, p. 301
- ^ Barbieri, 2004, pp. 387, 06
Bibliografia
- Franco Barbieri e Renato Cevese, Vicenza, ritratto di una città, Vicenza, Angelo Colla editore, 2004, ISBN 88-900990-7-0
- Barbieri Franco, Vicenza: la cinta murata, 'Forma urbis' , Vicenza, Ufficio Unesco del Comune di Vicenza, 2011
- Francesca Ghedini, Una regione dell'Italia romana attraverso i suoi monumenti, in Storia del Veneto, I, Laterza, 2004, pp. 41-55
- Giambattista Giarolli, Vicenza nella sua toponomastica stradale, Vicenza, Scuola Tip. San Gaetano, 1955
- Natalino Sottani, Antica idrografia vicentina. Storia, evidenze, ipotesi, Vicenza, Accademia Olimpicae, 2012