Il percorso dei Diecimila dell'Anabasi di Senofonte

I Diecimila furono un gruppo di mercenari, principalmente greci, assoldati da Ciro il Giovane nel tentativo di usurpazione del trono di Persia dal fratello, Artaserse II. La marcia che li portò alla battaglia di Cunassa e il loro ritorno in Grecia (durata un anno e tre mesi, dal 401 al 399 a.C., e lunga millecentocinquanta parasanghe[1]) fu registrata da uno dei mercenari, Senofonte, nella sua Anabasi.

Antefatti

Le lotte intestine per la successione al trono dell'impero persiano si verificarono già con il padre dei due Dario II, il quale su consiglio di Tissaferne utilizzò per la prima volta un contingente di mercenari greci per avere la meglio sul fratello Arsite.[2]

La posizione di Tissaferne venne ridimensionata però per volere della moglie del Re dei Re, Parisatide, la quale volle il figlio prediletto Ciro come satrapo di Caria e Lidia.

La morte di Dario provocò lo scontro tra i fratelli per il possesso della corona, infatti il primo genito venne alla luce prima che egli cingesse la corona, per questo motivo Ciro la reclamò; essendo lui il primo figlio di Dario, Re dei Re. Venne per questo imprigionato, ma per intercessione della madre liberato.

I due si prepararono alla guerra.

Composizione

Ciro, a cui non mancavano i finanziamenti, trovò in Grecia uomini nati per la guerra, i quali dopo la caduta di Atene erano rimasti senza "lavoro". Radunò con notevole astuzia un'armata di oltre diecimila mercenari greci (i Diecimila, come poi vennero chiamati dagli storici), composta da:

Senofonte suddivide il contingente in:

Inoltre, essi erano appoggiati da una flotta di 35 triremi spartane al comando di Pitagora e 25 triremi agli ordini di Tamos l'Egizio.[10]

Secondo l'Anabasi, i Diecimila avevano anche un appoggio tattico di 100.000 soldati persiani al comando di Arieo e 20 carri falcati[11].

Senofonte è molto preciso per quanto riguarda la composizione dell'armata greca, esagerà il numero dei persiani in entrambi gli schieramenti. Più probabile che Ciro avesse a disposizione tra fanti e cavalieri 15.000 uomini, compresa la sua guardia del corpo composta da 600 cavalieri catafratti.[12]

I comandanti

  • Clearco di Sparta, la massima carica dell’esercito dei mercenari, ci viene descritto da Senofonte come un comandante ideale: severo ma giusto, manteneva benissimo la disciplina tra i soldati.[13]
  • Chirisofo di Sparta fu il comandante delle truppe mercenarie dopo la morte di Clearco e prese il controllo dell’avanguardia greca durante la marcia verso il mare. Dimostrò di essere un capo deciso ma generoso con le sue truppe, e più volte operò in stretta collaborazione con Senofonte, anche se non mancarono con lui degli attriti. Lasciò la spedizione una volta arrivato al mare, in cerca di navi, e, tornato con una sola trireme, gli rivenne conferito il comando, dopo che Neone di Asine aveva ricoperto il suo ruolo durante la sua assenza. Morì, essendo febbricitante ed avendo bevuto un farmaco. Neone riprese il suo posto.[14]
  • Prosseno di Beozia, ci dice Senofonte, era molto corretto ed onesto, ma privo di polso e incapace di punire giustamente chi si comportava male.[15]
  • Menone di Farsalo ci viene dipinto come un capo spregiudicato e pronto a tutto per conquistare potere e ricchezze.[16].
  • Sennia e Pasione lasciarono la spedizione molto precocemente, alle porte Siriache, venendo a conoscenza della vera missione di Ciro; fuggirono per mare, lasciando, però, i loro familiari presso Ciro. Questo, tuttavia, rispose che non avrebbe punito né inseguito i traditori, avendolo questi servito molte volte precedentemente.[17]
  • Sofeneto di Stinfalo, uno degli strateghi più anziani, lasciò la spedizione una volta arrivato sul Ponto, imbarcatosi in una delle navi che stavano riportando in Grecia le donne e i bambini.
  • Agia l’arcade e Socrate l'acheo, entrambi sui trentacinque anni, a detta di Senofonte non vennero mai biasimati né derisi da nessuno come vili in guerra o nei confronti degli amici.[18]

La spedizione

Percorso verso l’interno

I mercenari, radunati da tutta la Grecia in Asia Minore, vennero inizialmente tenuti all’oscuro del disegno di Ciro, che prima sostenne che sarebbero serviti per affari interni – il sospetto che il satrapo Tissaferne stesse tramando di impadronirsi delle città anatoliche, l’assedio di Mileto per ricondurre in città gli esuli[19] – poi per la sottomissione della Pisidia.

La colonna, da Sardi, partì per raccogliere gli uomini di Aristippo, condotti da Menone di Larissa, a Colossi, in Frigia; Clearco condusse le sue truppe a Celene. Nel frattempo giuse Sosi di Siracusa con trecento opliti e Sofeneto di Arcadia con mille. L’esercito quindi mosse verso Tarso, attraverso la Cappadocia e la Cilicia.

Una volta conosciuto lo scopo della missione di Ciro, i mercenari chiesero stipendi maggiori, che vennero aumentati da un darico a un darico e mezzo al mese a testa.

Presso Isso giunse la flotta di Ciro, composta da 25 navi persiane e 35 triremi greche, che trasportavano i 700 opliti spartani che gli efori avevano inviato a Ciro. Prima delle "porte Siriache" si aggiunsero altri 400 opliti sotto il comando di Abrocoma. Sennia e Pasione abbandonarono la spedizione, non disposti a rimanere con Ciro fino in fondo.

Il Gran Re venne a conoscenza del disegno di Ciro sono quando quest’ultimo era a Lampsaco e, nella strada verso Babilonia, non aveva trovato nessun ostacolo. Artaserse quindi organizzò un esercito che si scontrò con i mercenari durante la battaglia di Cunassa.

La battaglia di Cunassa

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Cunassa.

Nella battaglia i due eserciti erano a grandi linee alla pari, in quanto il Gran Re non aveva potuto, in poco tempo, chiamare a raccolta gli eserciti delle satrapie; tra i ribelli i Greci si disposero ai lati dello schieramento, mentre Ciro si collocò al centro, in faccia al fratello.

Ciro si concentrò in ripetuti assalti al fratello Artaserse, proprio nel mezzo dello schieramento lealista, e durante uno di questi attacchi perse la vita. Sembra però che nel resto del campo di battaglia trionfassero i ribelli, quindi fu impossibile stabilire con certezza il vero esercito vincitore della battaglia, il che provocò una situazione d’incertezza.

Questa battaglia segnò una svolta fondamentale nella guerra di Ciro contro il fratello Artaserse, in quanto da qui iniziò il ritorno a casa dei Greci, attraverso le impervie regioni nell’interno dell’Asia Minore.

La lunghezza della strada percorsa in totale da Efeso nell’Ionia fino al campo di battaglia era di novantatré tappe, cioè 535 parasanghe, ossia 16 050 stadi. Il campo di battaglia distava da Babilonia 360 stadi.[20]

Verso il mare

Il giorno seguente la battaglia i Greci vennero informati della morte di Ciro: questi, già pronti ad incalzare il Gran Re, caddero in un profondo sconforto. Il giorno seguente vennero degli ambasciatori chiedendo ai mercenari di consegnare le armi, ma questi rifiutarono, dicendo che non spettava ai vincitori cedere le armi.[21]

Con Arieo e Tissaferne

Clearco decise piuttosto di seguire il persiano Arieo, il capo della cavalleria dell’esercito ribelle, che promise di riportare i Greci a casa senza ingannarli e restando sempre fedele a loro.[22] I mercenari ed Arieo quindi si avviarono, passando pericolosamente vicino alla zona dove si erano accampati i soldati del Gran Re.

Il giorno dopo il Re propose una tregua e i mercenari la accettarono per potersi rifornire[23]; venne Tissaferne a trattare la pace con i Greci, e venne concluso che il re avrebbe lasciato tornare questi in patria, a patto che non devastassero ingiustamente il territorio.[24] Il satrapo di offrì anche di accompagnare fino nella sua satrapia i Greci.

Dopo più di venti giorni[25] Tissaferne si presentò e la colonna mosse, oltrepassando il muro della Media e giungendo alla città di Sittace, vicino al fiume Tigri.[26] Attraversò il fiume sotto il controllo dei Persiani, quindi arrivò al fiume Zapata, dove Clearco, a causa della diffidenza che c’era tra Persiani e Greci, decise di risolvere i contrasti parlando con Tissaferne.[27] Si decise che i capi dei Greci sarebbero andati al campo di Tissaferne per chiarire la questione di persona.

La trappola di Tissaferne

Cinque strateghi – Prosseno il beota, Menone il tessalo, Agia l'arcade, Clearco il lacone, Socrate l'acheo – e venti locaghi andarono all’accampamento persiano[28]: i primi entrarono, i secondi rimasero fuori ad attendere. Dell’agguato Senofonte scrive:

«Non passò molto che, a un segnale unico, chi era all'interno venne preso, chi all'esterno massacrato. Poi alcuni cavalieri barbari si lanciarono in scorrerie per la pianura, ammazzando tutti i Greci che trovavano sulla loro strada, schiavi o liberi che fossero.»

Allora anche gli altri vecchi alleati persiani di Ciro, primo tra tutti Arieo, abbandonarono i Greci, intimando loro di consegnare le armi ad Artaserse, sostenendo che Clearco stesse tramando contro Tissaferne.[29] I mercenari rimasero per un po’ spiazzati, quindi nominarono dei nuovi capi – al posto di Clearco, Timasione di Dardano; al posto di Socrate, Santicle l'acheo; invece di Agia, Cleanore l'arcade; al posto di Menone, Filesio l'acheo; invece di Prosseno, Senofonte l'ateniese[30]– e, su incitazione di Senofonte, si ripresero dal colpo subìto.

Attraverso l'Armenia

Eliminato l'equipaggiamento superfluo e stabilito l'ordine di avanzata, i mercenari partirono: Chirisofo di Sparta teneva l'avanguardia, Senofonte e Timasione comandavano la retroguardia.[31] Naturalmente i Persiani si gettarono all'inseguimento, bersagliando da lontano i mercenari, i quali, assaliti alle spalle, tentarono di rispondere, con più perdite che benefici. Venne così istituito un corpo di duecento frombolieri e conquanta cavalieri per coprire da lontano la ritirata.[32]

Dopo l'attraversamento del fiume Zapata i Greci vennero nuovamente attaccati da Mitradate, con ingenti truppe: questi risposero e misero in fuga i nemici. Presso la città di Mespila i mercenari furono nuovamente attaccati dai barbari guidati da Tissaferne, ma lo respinsero con le armi da lancio. La ritirata proseguì tra agguati e brevi scontri tra la cavalleria persiana e la retroguardia greca, sempre incalzata dai nemici.

Un giorno, quando i Greci erano riusciti a distanziare i nemici, questi ricomparvero su un'altura sovrastante la strada.[33] Senofonte, con un contingente di peltasti, si mise a scalare la collina per conquistarne la sommità, arrivando in cima prima dei nemici.[34]

Adattamenti moderni

  • Alla celebre opera di Senofonte si è ispirato Sol Yurick nella scrittura del romanzo "I guerrieri della notte" (1965), dal quale Walter Hill, sceneggiatore e regista americano, ha tratto il film "I guerrieri della notte" (The warriors, 1979) che racconta come una piccola gang rimasta isolata (e accusata di un omicidio) dopo un raduno di bande, cerchi, con un lungo e pericoloso viaggio, di tornare verso casa. Il cammino, tutto notturno, è segnato da scontri e inseguimenti, e la salvezza coincide con l'alba ed il raggiungimento del mare (Coney Island, New York), così come i soldati di Senofonte raggiunsero Trebisonda, sul Mar Nero. Il film I guerrieri della notte, anche esso diretto da Walter Hill, può riferirsi all'opera di Senofonte, in quanto i membri della gang dei "Guerrieri" sono costretti ad attraversare 50 miglia di territorio ostile per poter tornare al proprio quartiere.
  • Il film del 1979 I guerrieri della notte (regia di Walter Hill) è una trasposizione moderna della storia narrata da Senofonte in una New York dominata da un'innumerevole quantità di gang criminali.
  • Alla celebre opera di Senofonte è ispirato il film I guerrieri della palude silenziosa (il cui titolo originale è "Southern Comfort", 1981), di Walter Hill, che racconterebbe, in piccolo e in tempi moderni, una storia affine a quella descritta nell'Anabasi.
  • Valerio Massimo Manfredi ha scritto un libro intitolato L'armata perduta, strettamente collegato all'Anabasi, raccontato però dal punto di vista di una donna, Abira, innamorata di Senofonte stesso.

Note

  1. ^ Senofonte, VII, 8, 26.
  2. ^ Frediani, p. 260.
  3. ^ La composizione esatta variò nel corso della spedizione perché in Cilicia morirono 100 opliti agli ordini di Menone, in Siria vi furono defezioni. Non è molto chiaro se Sosi di Siracusa e Sofeneto di Arcadia comandarono reggimenti già contabilizzati in precedenza o altri contingenti di mercenari. Lo stesso Senofonte è poco chiaro, infatti narra che:
    «Qui [a Celene], nel parco, Ciro passò in rassegna le truppe greche e le contò: il numero totale degli opliti era di undicimila, i peltasti risultarono circa duemila.»
«[Nella regione di Babilonia] poi, mentre i soldati si armavano, li si contò: diecimilaquattrocento gli opliti, duemilacinquecento i peltasti,mentre i barbari al séguito di Ciro erano centomila, con circa venti carri falcati.»
  • ^ a b c d e Radunatisi a Sardi Senofonte, I, 2, 3.
  • ^ Radunatisi a Colosse. Senofonte, I, 2, 6.
  • ^ a b c Radunatisi a Celene; Senofonte, I, 2, 9.
  • ^ Senofonte, I, 4, 7.
  • ^ chiamato con il secondo nome Agia. Senofonte, II, 5, 31.
  • ^ a b Giunti con le triremi. Senofonte, I, 4, 3.
  • ^ Approdate ad Isso. Senofonte, I, 4, 2.
  • ^ Senofonte, I, 7, 10.
  • ^ Frediani, p. 265.
  • ^ Senofonte, II, 6, 7-10.
  • ^ Senofonte, VI, 6, 11.
  • ^ Senofonte, II, 6, 16-20.
  • ^ Senofonte, II, 6, 21.
  • ^ Senofonte, I, 4, 7-8.
  • ^ Senofonte, II, 6, 30.
  • ^ Senofonte, I, 1, 6-7.
  • ^ Senofonte, II, 2, 6.
  • ^ Senofonte, II, 1, 9.
  • ^ Senofonte, II, 2, 8.
  • ^ Senofonte, II, 3, 9.
  • ^ Senofonte, II, 3, 28.
  • ^ Senofonte, II, 4, 1.
  • ^ Senofonte, II, 4, 12-13.
  • ^ Senofonte, II, 5, 1-3.
  • ^ Senofonte, II, 5, 31.
  • ^ Senofonte, II, 5, 35-38.
  • ^ Senofonte, III, 1, 47.
  • ^ Senofonte, III, 2, 37.
  • ^ Senofonte, III, 3, 20.
  • ^ Senofonte, III, 4, 37.
  • ^ Senofonte, III, 4, 49.
  • Bibliografia

    Fonti primarie
    Fonti secondarie