Ein alter Tibetteppich

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Ein alter Tibetteppich (Un vecchio tappeto del Tibet) è una poesia della scrittrice tedesca Else Lasker-Schüler inclusa nella raccolta di poesie Meine Wunder, del 1911. La poesia è conforme ai modelli lirici dell'espressionismo tedesco, nel quale lo sperimentalismo linguistico svolge un ruolo fondante e necessario.

Testo originale

Deine Seele, die die meine liebet

Ist verwickt mir ihr im Tibetteppich

Strahl in Strahl, verliebte Farbe,

Sterne, die sich himmellang umwarben.

Unsere Füsse ruhen auf der Kostbarkeit

Maschentausendabertausendweit.

Süßer Lamasohn auf Moschuspflanzentron

Wie lange küsst dein Mond den meinen wohl

Und Wang die Wange buntgeknüpfte Zeiten schon?

Commento

L'azione dell'evento amoroso qui è poco rilevante. Ciò che fonda la composizione poetica è l'insieme di sensazioni e di descrizioni che, attraverso una fitta rete di metafore preziose che ornano il testo, le conferiscono un'aurea di Zauberhaft, che trasporta il lettore in una dimensione esotico-fantasiosa (già presente nel titolo) in piena linea con la poetica della Lasker-Schüler. È proprio l'elemento esotico infatti ad essere oggetto di corrispondenze con le sensazioni dell'io lirico; un vecchio tappeto del Tibet diventa il metro di paragone attraverso cui misurare il sentimento. E che si tratti di un vecchio tappeto poco importa, anzi, tutt'altro, l'elemento della “vecchiaia” viene legato alla speranza di un amore che possa durare in eterno. L'esotismo qui è presente ovunque ed è linguisticamente ricercato attraverso la creazione di Neuschöpfungen, che arricchiscono baroccamente il testo originario grazie alla vitalità della stessa lingua tedesca. Così il corteggiamento delle stelle, che altro non è che quello reale tra l'io e il suo amante è definito «himmellang» (al verso 4), ovvero lungo come il cielo, con una parola che racchiude in se due campi sensibili, quello dello spazio e del tempo, che ben veicola il desiderio di una condizione perpetuante di ricerca reciproca dei due amanti. Il verso 6 è addirittura occupato da una solo lungo neologismo, «Maschentausendabertausendweit» che in maniera loquace istituisce corrispondenze tra la strenuità dell'aggrovigliamento dei fili del tappeto con quello dei fili delle anime dei due amanti e racchiude in sé un andamento raffinatamente iperbolico che sconfina nella fantasia. La forza della luce e del colore è onnipresente; dalla luce che si riversa in altra luce «Strahl in Strahl» del verso 3, che è metafora dell'unione dei due amanti, ai «verliebte Farben» che sono, insieme ad altri elementi, addirittura soggetto della costruzione sintattica, alle stelle del verso successivo, fino ad arrivare ai tempi che nell'ultimo verso sono «buntgeknüpfte» (anche questo, neologismo) e creano una raffinata sinestesia che chiude la poesia nel segno della fantasia. Come in altre liriche di Else Lasker-Schüler anche qui si manifesta il bisogno di sicurezza e sostegno, che in questo caso però sembra essere vissuto come un atto già compiuto grazie a una serenità (forse apparente? O forse non ancora raggiunta, ma ricercata?) e da una preziosità che diventa metafora dell'alto valore dell'amore, così come si evince dal verso 5, «Unsere Füsse ruhen auf der Kostbarkeit». Il verso 7 contiene ben due neologismi che, in due modalità differenti, introducono e descrivono il tu lirico in maniera esotica e corporea; questi è un dolce «Lamasohn» (e attraverso questa creazione occasionale l'amato viene relegato a una sfera più propriamente esotica e animalesca) che siede su un «Moschuspflanzentron», ovvero su di un trono, metafora della potenza virile, fatto di una sostanza vegetale dall'odore afrodisiaco in grado di risvegliare arcani istinti primordiali. Il tema erotico è quindi ancora una volta presente come momento indispensabile nell'evento amoroso, in quanto l'io si trova legata al tu sia spiritualmente che corporalmente. Negli ultimi due versi si fanno strada guance e baci che definitivamente rilegano l'amore al contatto fisico; l'epilogo rimane però insoluto, la domanda finale è una questione aperta che non riceve risposta nemmeno dall'autrice stessa. È l'epilogo amaro che chiude la poesia nel segno (forse) dell'incertezza.

Bibliografia

  • Sigrid Bauschinger, «Else Lasker-Schüler – Biographie», Wallstein Verlag, Göttingen 2004.
  • Anna Chiarloni, Ursula Isselstein(a cura di), «Poesia tedesca del Novecento», Einaudi, Torino 1990.
  • Hans W. Cohn, «Else Lasker-Schüler – The broken world», Cambridge University Press, New York 1974.
  • Walter Jens, «Kindlers Neues Literatur Lexikon», Kindler Verlag, München 1988, vol. 10