Disambiguazione – Se stai cercando il nome di battesimo, vedi Totò (nome).
«Al mio funerale sarà bello assai perché ci saranno parole, paroloni, elogi, mi scopriranno un grande attore: perché questo è un bellissimo paese, in cui però per venire riconosciuti in qualcosa, bisogna morire.»
Totò

Totò, pseudonimo di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, (Napoli, 15 febbraio 1898Roma, 15 aprile 1967), è stato un attore, scrittore e musicista italiano.

Meglio conosciuto come Antonio De Curtis vantava i titoli si Altezza Imperiale, conte Palatino del Sacro Romano Impero, Esarca di Ravenna, Duca di Macedonia e di Illiria, Principe di Costantinopoli, di Cilicia, di Tessaglia, di Ponto, di Moldavia, di Dardania, del Peloponneso, conte di Cipro e di Epiro, conte e duca di Drivasto e di Durazzo.[1]

Firma di Totò.
Totò in una scena del telefilm Totò Ciak.
Totò nella rivista Bada che ti mangio! (1949-1950), dietro di lui Mario Riva

Attore simbolo dello spettacolo in Italia, soprannominato «il principe della risata», è considerato uno dei maggiori interpreti del cinema e del teatro, campi dove si è affermato particolarmente per la duplice capacità di affrontare con la medesima capacità interpretativa ruoli comici e drammatici, ma si è distinto anche al di fuori della recitazione, lasciando contributi come drammaturgo, poeta, musicista, paroliere e cantante.[2][3][4][5]

Maschera nel solco della tradizione della commedia dell'arte, accostato a comici come Buster Keaton e Charlie Chaplin,[6] ma anche ai fratelli Marx e a Ettore Petrolini,[7][8] in quasi cinquant'anni di carriera ha spaziato dal teatro (con oltre cinquanta titoli) al cinema (con novantasette pellicole) e alla televisione (con nove telefilm, partecipazioni a spettacoli di varietà e sketch pubblicitari), lavorando con molti tra i più noti protagonisti dello spettacolo italiano e arrivando a sbaragliare con numerosi suoi film i record d'incasso e di ascolti.[9][10] Sia nei copioni brillanti che nelle parti impegnate, che hanno caratterizzato soprattutto l'ultima fase della sua carriera, ha adoperato una propria unicità interpretativa,[11] mai venuta meno nemmeno quando una grave forma di corioretinite lo ha portato a una condizione di quasi totale cecità.

Quasi sempre stroncato dalla critica, costantemente premiato dal pubblico al botteghino, è stato ampiamente rivalutato dopo la sua scomparsa, tanto da poterlo considerare il comico italiano più popolare di sempre.

Biografia

Lo scugnizzo del Rione Sanità

«...negli oggetti d'argento che lucido io vedo sempre riflessa la faccia di quello scugnizzo muorte 'e famme che sono stato...»
 
Totò a otto anni
 
Anna Clemente
 
Giuseppe De Curtis

Totò nasce il 15 febbraio 1898 nel rione Sanità,[12] un quartiere considerato il centro della “guapperia” napoletana, al civico 109 di via Santa Maria Antesaecula, frutto di una relazione clandestina tra sua madre, Anna Clemente, col marchese Giuseppe De Curtis.[13] Non riconosciuto dal padre viene registrato all'anagrafe come Antonio Vincenzo Stefano Clemente, figlio di Anna e di N.N..[14] Solitario e di indole malinconica,[15] cresce in condizioni disagiate, con la madre che pensa più all'amante che al figlio ed affidato perennemente a sua nonna Teresa. Il padre, che pure ha qualche occasione per vederlo di persona, ricopre di regali costosi l'amante ma non si cura minimamente del figlio, che vive la sua infanzia in condizioni di estrema povertà, con pasti frugali e abiti ricavati dalle vistose gonne dismesse da Anna.[16]

Ricco di fantasia fin da bambino, attore per trasformarsi in una persona più felice del bimbo solo che è,[17] dimostra una precoce vocazione artistica. Riempie le sue giornate osservando di nascosto le persone, in particolare quelle che gli sembrano più eccentriche, cercando di imitarne i movimenti, e facendosi attribuire così il nomignolo di «'o spione».[18][19] Questo suo curioso metodo di "studio" lo aiuta molto per la caratterizzazione di alcuni personaggi interpretati durante la sua carriera. Le sue prime recite avvengono quindi in casa, paludato negli abiti della madre trasformati in improvvisati costumi di scena, sorridendo di se stesso davanti allo specchio.[20] Se non è da escludersi che i travestimenti fossero un inconscia voglia di averla accanto,[21] è indubbio che al piccolo Totò recitare piace davvero e lo fa a danno dello studio, tanto che giunto in quarta elementare viene retrocesso in terza per scarso profitto. I suoi spettacoli casalinghi, che hanno inizialmente sua nonna come unico spettatore, riempono i vuoti affettivi, sfogano una vocazione artistica che emerge prepotente, ma servono soprattutto al bambino per dimenticare la povertà con una sorta di autocompiacimento.[22][23]

 
L'edificio dove Totò è nato e ha vissuto la sua infanzia.

La sua prima recita pubblica risale al 1905. Sua nonna ha ricavato un paio di pantaloni corti da una veste a fiori rossi piuttosto vistosa, costellata da macchie di cosmetici, che risultano larghi e alti di vita. Sceso in strada con un aspetto simile a un clown viene deriso dagli altri ragazzi, che gli danno del "femminiello" e del "ricchione". In un moto di rabbia si strappa di dosso l'indumento, e una volta rimasto in mutande improvvisa una macchietta con un giro di danza che riscuote l'unanime consenso e l'applauso dei ragazzi e di tutti i presenti.[24]

L'anno successivo entra in collegio per iniziativa del padre, ma il suo profitto è scarso e ne esce a tredici anni senza conseguire la licenza ginnasiale.[25] Durante la permanenza nell'istituto Cimino un incidente, il pugno di un precettore che lo colpisce involontariamente in pieno viso durante un arrangiato incontro di boxe, gli deforma il naso e il mento, caratterizzando quella che sarà in futuro la sua "maschera".[26] Tornato a casa annuncia ai già contrariati genitori che vuole intraprendere la carriera di attore, da loro vista come sinonimo di miseria e di vita sregolata. Più per accontentare sua madre che per una reale vocazione per qualche tempo coltiva l'idea di diventare sacerdote, ma il suo esordio da chierichetto è disastroso ed abbandona anche questa strada.[27]

Intanto ha sviluppato l'interesse per le cose belle e raffinate[28] ed ha anche scoperto il sesso grazie ai suoi amici, che lo hanno portato da un'attempata prostituta di nome Carmela, la nave scuola di tutti i ragazzi del Rione Sanità.[29] Per il giovane Totò sono due aspetti della vita cui non vale la pena rinunciare, anche se dalla prima esperienza con una donna è uscito con lo scolo. Per mettere insieme i soldi necessari a soddisfare le sue ambizioni va a lavorare da uno zio marmista secondo alcuni,[30] da un imbianchino di nome mastro Alfonso per altri,[31] da un sarto per altri ancora.[32] Con grandi sacrifici risparmia la somma necessaria a comprare il primo abito decente della sua vita, un completo di cui fare sfoggio nel quartiere ed utile anche per far colpo sulle ragazze, che lui chiama "'o vestitiello".[33]

 
Totò durante il servizio militare, nel 1918

Quell'abito, e il marchio infamante della dizione N.N. sui documenti che presenta quando viene chiamato alle armi, sono all'origine del riconoscimento di suo padre e della riappacificazione familiare.[34] Tornato dal fronte, infatti, il giovane Totò non lo ritrova nel cassetto dove lo ha lasciato perchè sua madre, perennemente a corto di soldi per la sua vita dispendiosa, l'ha venduto.[35] Preso da un moto di ribellione, stanco di fare una vita grama con un padre benestante, lancia un ultimatum ai genitori. "Se non fate in modo che mi chiami De Curtis", dice loro, "da oggi in poi non mi vedrete più". Anna e Giuseppe si sposano tuttavia solo nel 1924, venuto a mancare il marchese padre, e col nome di Antonio De Curtis Totò ritrova in parte la sua serenità, anche se i ricordi dell'infanzia non lo abbandoneranno mai.[36]

La vita militare e l'esordio nel varietà

«La gente non riesce a distinguere il principe De Curtis da Totò, e questo mi dispiace»

Durante gli anni della prima guerra mondiale si arruola volontario nel Regio Esercito ed assegnato al 22º Reggimento fanteria, di stanza dapprima a Pisa, poi a Pescia. Alla stazione di Alessandria, durante il trasferimento al fronte, il comandante del suo battaglione lo arma di coltello e lo avverte che avrebbe condiviso gli alloggiamenti in treno con un reparto di soldati marocchini dalle strane e temute abitudini sessuali. Terrorizzato all'idea non è chiaro se viene colto da vero malore[37] o finge un attacco epilettico,[38] fatto sta che evita di partire per la Francia e viene ricoverato nel locale ospedale militare. Inquadrato successivamente nell'88º Reggimento fanteria "Friuli", di stanza a Livorno, si trova a subire soprusi e umiliazioni da parte di un caporale che lo carica di corvès. Da quell'esperienza nasce uno dei motti più celebri dell'attore, «Siamo uomini o caporali?», a sottolineare che gli uomini non si dividono in buoni e cattivi, ma tra persone che vogliono comandare e persone che si rassegnano a subire.[39]

 
Gustavo De Marco
 
Totò nel 1920

Terminato il servizio militare il padre vorrebbe avviarlo alla carriera di ufficiale di Marina per distoglierlo dalle sue velleità artistiche.[40] Poco avvezzo alla disciplina, ed anzi spronato dalle recite per i commilitoni improvvisate sulla falsariga di quelle giovanili, inizia la strada di attore teatrale nel 1918, scritturato dall'impresario Eduardo D'Acierno. Totò si esibisce alla sala Napoli, un locale minore del capoluogo campano, e porta in scena le macchiette di Gustavo De Marco, famoso attore di quegli anni che si può considerare il suo maestro. Il primo vero successo lo ottiene comunque con "Vicolo", una parodia della canzone "Vipera" ascoltata nell'interpretazione di un giovanissimo Nino Taranto.[41] Di questa macchietta i suoi biografi riportano due versioni discordanti. Liliana De Curtis[42] scrive che tratta di un uomo che viene rapito dalla grande bellezza di una donna ed esce dall'avventura con una malattia venerea. Caldiron,[43] Bispuri[44] e Anile[45] scrivono invece che Totò fa il verso alle grandi dive del muto come Francesca Bertini, mima le pene d'amore di un uomo che finisce nelle mani di una femme fatale, messa in ridicolo parodiando le movenze dei film e riducendola (sarebbero parole dell'attore), «come 'na gallina spennacchiata». Comunque siano andate le cose è una caricatura grossolana, che riesce a divertire il pubblico ma non ottiene il particolare successo che Totò si aspetta. Non potendola replicare all'infinito riscrive il medesimo soggetto col nuovo titolo "Biscia" e monta un numero completamente diverso, nel quale per la prima volta si produce nei movimenti contorsionistici del collo e degli arti che lo renderanno famoso negli anni a venire.[46]

In questa prima fase della sua carriera Totò ha assunto il nome d'arte "Clerment" e si esibisce per un compenso di 1,80 lire al giorno.[47] Dal riscontro ottenuto dal pubblico intraprende la strada della parodia ma non con il successo sperato. Le successive esibizioni al teatro Trianon e nei piccoli teatrini attorno alla stazione centrale, frequentati perlopiù da viaggiatori in attesa tra un treno e l'altro, si rivelano infatti un fiasco. Dopo l'ennesima ondata di fischi ottenuta al teatro Della Valle di Aversa decide di raggiungere i suoi genitori, che si sono nel frattempo sposati e sono andati a vivere in un appartamento di via Villafranca, a Roma.[48][49]

Dalla depressione ai primi successi

«Le lacrime per un comico sono come la Rolls Royce per un povero: un lusso che non ci si può permettere.»
 
Totò negli anni '20
 
Totò negli anni '30

Riunitosi alla famiglia Totò, nuovamente contro la volontà dei genitori, ottiene un ingaggio come straordinario - cioè un elemento da utilizzare occasionalmente e senza nessun compenso - nella compagnia dell'impresario Umberto Capece.[50][51] E' una compagine caratterizzata da attori di bassa qualità e per di più negligenti, che lavora in un baraccone di legno sistemato a piazza Risorgimento, pomposamente chiamato "Salone Sant'Elena", dove si varia lo spettacolo ogni giorno e si prova solo due ore prima di andare in scena. Si rappresenta di tutto, dai copioni impegnati alle macchiette napoletane, ma sulla base di un canovaccio che gli attori riempono con lazzi e improvvisazioni. Per recarsi al lavoro, perennemente a corto di soldi, è costretto a farsi a piedi ogni giorno la strada tra la stazione Termini e la zona delle mura vaticane. La fatica quotidiana lo spinge a chiedere a Capece qualche moneta in più dei due soldi che gli ha concesso dopo quindici giorni per poter almeno usare il tram, ma l'impresario gliele nega e lo licenzia su due piedi.[52] Dopo una breve esperienza nella compagnia di Francesco De Marco, che si esibisce al teatro Diocleziano e che dura solo due settimane per l'antipatia di un primo attore che teme di essere scalzato, rimane del tutto disoccupato.[53]

Sfiduciato e depresso continua a coltivare i suoi sogni frequentando abitualmente i Caffé Canavera di piazza San Silvestro e Vesuvio di piazza San Claudio, dove si ritrovano soprattutto gli attori senza lavoro. Nonostante si trovi nel suo ambiente la mancanza di un ingaggio e il pessimismo per il futuro aggravano la sua depressione.[54] Tenta addirittura il suicidio con l'etere ma sua madre, trovatolo disteso sul letto incosciente, lo rianima mettendogli la testa sotto il rubinetto.[55] Questo gesto estremo è anche dettato da un attricetta calabrese che si esibisce in un numero esotico spacciandosi per indiana. Totò l'ha piantata in asso dopo che nella sua camera, prossimi ad abbandonarsi ad un rapporto, la giovane si fa avvolgere da un pitone terrorizzando il giovane attore. Per vendicarsi ha sparso la diceria che Totò è impotente arrecandogli una grave offesa, dato che le donne sono la seconda grande passione della sua vita dopo il teatro.[56][57]

L'impresario Giuseppe Jovinelli, il primo impresario che ha creduto nel talento comico di Totò.

Deciso a reagire alle difficoltà abbandona il teatro dialettale napoletano per darsi a quello di varietà. L'occasione è l'incontro con l'impresario teatrale Giuseppe Jovinelli, proprietario dell'omonimo teatro che ha lanciato Ettore Petrolini e Raffaele Viviani, dove si esibiscono attori del calibro di Gustavo De Marco, Alfredo Bambi ed altri.[58] Secondo la maggioranza dei biografi Totò si presenta al noto impresario una mattina del 1920 e si propone come imitatore del De Marco dandogli seduta stante alcune dimostrazioni che lo convincono a mandarlo in scena. Questa versione stride con quella raccontata dalla figlia, secondo la quale l'esordio dell'attore napoletano risale al 1922, quando sbarca il lunario allo Jovinelli lavorando come maschera e convince il selettivo impresario, notoriamente diffidente verso gli esordienti, a mandarlo in scena una sera che il De Marco è indisposto per un malore.[59] La stampa specializzata dell'epoca e i programmi del teatro collocano comunque l'esordio di Totò al luglio del 1920.[60] ed attestano al contempo che l'attore napoletano ha abbandonato lo pseudonimo "Clermant" per utilizzare il diminutivo usato da sua madre, come del resto già faceva nella compagnia Capece.

 
Totò con la paglietta de "Il bel Ciccillo".

Per la prima volta Totò ha un camerino tutto suo, dove inizia ad utilizzare una scatola di latta per i trucchi che lo seguirà per tutta la vita, ma il pubblico per molti aspetti non è diverso da quello dei piccoli teatri campani. Accanto a persone impomatate e bottegai susseguiosi, infatti, gli spettatori di questo antenato dell'avanspettacolo sono generalmente burrascosi. Commenti, derisioni e pernacchie non si contano, come pure è facile vengano lanciati oggetti od ortaggi contro gli attori. Spronato dal nome a grandi caratteri sui manifesti Totò si sente in grado di affrontarlo.[61] Ragazzacci sboccati e soldati che sputano le bucce delle fusaie sulla testa del vicino gli danno ragione, anche perché gli imprevisti di spettacoli improvvisati più o meno sul momento (come la fuga in platea dai colpi di un pugile infuriato), vengono scambiati per scene preparate.[62]

Il successo è tale che quando si esibisce nella macchietta "Il bel Ciccillo", già cavallo di battaglia di Gustavo De Marco, riscuote un successo tale ("sei meglio di De Marco" si dice urlassero dal pubblico), da scalzare la fama del grande attore.[63]

L'affermazione nazionale

«Ragazzo mio, non hai capito niente. Tu sei il primo comico, mentre io sono Totò.»
 
Totò indossa il fracchesciacche coi pantaloni a zompafuosso. E' il secondo abito della sua vita e fino all'ultimo il suo costume di scena per antonomasia.

I buoni risultati ottenuti gli valgono un rinnovo per sei mesi del contratto con Jovinelli.[64] La paga è buona ma non sufficiente allo stile di vita cui Totò ambisce. Può mantenersi, soddisfa qualche piccolo capriccio ma ancora non può permettersi gli abiti eleganti e gli accessori di lusso che sognava da bambino povero. Per coprire quelle che per tutta la vita chiamerà "le toppe al culo" indossa sempre il suo vecchio cappotto militare, che per nessuna ragione si toglie in presenza di altre persone e che tiene addosso anche quando si siede sulla poltrona del suo barbiere di fiducia.[65] Proprio da quest'ultimo, il suo nome è Pasqualino, si presenta un giorno senza l'ingombrante indumento. Con la liquidazione di Jovinelli ha potuto finalmente dar via il suo vecchio abito rattoppato. Lo ha dato a un conoscente che per indumenti forse non eleganti ma nemmeno rattoppati ha voluto anche il cappotto e ventitrè lire. Non potendosi permettere di meglio ora indossa quello che diventerà il tipico costume di scena della sua carriera, il "fracchesciacche" coi pantaloni a zuompafosso, una camicia dal collo basso con un laccio di scarpe al posto della cravatta e una bombetta.[66]

Pasqualino, che ha la sua bottega in via Frattina, è amico di attori e impresari e riesce a farlo scritturare da Salvatore Cataldi e Wolfango Caviglia, proprietari della Sala Umberto I di via della Mercede.[67] La sera del debutto l'attore da il meglio di se, lasciandosi andare in mimiche facciali, piroette, doppi sensi e le immancabili macchiette di Gustavo De Marco. Tra richieste di bis e applausi per Totò è la definitiva affermazione nello spettacolo di varietà e il trampolino di lancio verso la notorietà nazionale.

 
In abito elegante con l'atteggiamento alla Rodolfo Valentino.

Tra il 1923 e il 1927 si esibisce nei principali caffè-concerto italiani. La stampa e la critica iniziano ad interessarsi della sua arte e ne tessono le lodi.[68] Aumentano finalmente i guadagni, e con le maggiori entrate inizia a riempire il suo guardaroba di abiti eleganti e ad impomatare i capelli con le tanto desiderate basette alla Rodolfo Valentino. E' un periodo roseo anche con le donne, e sono numerose le avventure con sciantose e ballerine, al punto da valergli l'appellativo di sciupafemmine. Si racconta che prima di iniziare uno spettacolo sbircia sempre tra il pubblico alla ricerca della "bella di turno", alla quale dedicare la sua esibizione, e che il più delle volte lo raggiunge nel suo camerino durante l'intervallo o al termine dello spettacolo.[69]

Durante questo girovagare per l'Italia inizia per Totò anche l'ossessione araldica. Va spesso nei cimiteri per scoprire sulle lapidi i nomi di altri De Curtis. A Torino scopre la tomba di un nobile suo omonimo, vissuto due secoli prima, e ne è entusiasta al punto da portare tutta la compagnia sulla tomba, sulla quale si commuove al punto da trascinare i presenti al pianto.[70]

Nel 1929, mentre si trova a La Spezia, viene contattato dal barone Vincenzo Scala, titolare del botteghino del Teatro Nuovo, che gli comunica una proposta di scrittura da parte dall’impresario Eugenio Aulicio, titolare della Compagnia Stabile Napoletana Molinari. Chiesto ed ottenuto il cospicuo compenso di trecento lire al giorno torna di nuovo nella sua città, dove recita in alcun spettacoli di Mario Mangini e di Eduardo Scarpetta come Miseria e nobiltà e Messalina e I tre moschettieri (dove impersona d'Artagnan), accanto alla giovane Titina De Filippo. Messalina rimane particolarmente impresso negli occhi del pubblico in quanto Totò improvvisa una scenetta in cui si arrampica su per il sipario facendo smorfie e sberleffi agli spettatori, i quali vanno totalmente in visibilio.[71]

Il dramma di Liliana Castagnola

«E' con il profumo di questi fiori che vi esprimo tutta la mia ammirazione.»
 
La celebre foto di Liliana Castagnola con la dedica a Totò. L'attrice porta la pettinatura a caschetto che nasconde una cicatrice sulla fronte, effetto di un colpo di pistola sparato da un suo amante, che l'ha colpita di striscio.
 
Liliana Castagnola.
 
La foto di scena che la Castagnola regalava autografate agli ammiratori e che scatenava l'irrefrenabile gelosia di Totò.

Le soddisfazioni professionali dell'attore non vanno però di pari passo con quelle sentimentali. Nonostante il suo successo con le donne e le numerose avventure, si sente inappagato,[73] almeno fino a quando non irrompe nella sua vita Liliana Castagnola. Totò la nota su alcune fotografie nel provocante abito di scena che scatenerà la sua gelosia. Donna di grande fascino, divoratrice di uomini e dei loro soldi, la Castagnola è costante oggetto delle cronache mondane da quando è stata espulsa dalla Francia per aver indotto due marinai al duello e un suo amante geloso si è tolto la vita dopo averle sparato due colpi di pistola.[74] Quando giunge a Napoli nel 1929, scritturata dal teatro Santa Lucia, Totò è nel pieno del successo. Abita in un lussuoso albergo, si muove soltanto in taxi e spende cifre astronomiche per fiori e regali alla fortunata di turno, scelta tra una pletora di donne che se lo contendono. L'attore non può fare a meno di notarla in un palco del Teatro Nuovo, dove si è recata per assistere a un suo spettacolo, e almeno inizialmente la considera la prescelta di quella sera. Le manda un grande mazzo di rose rosse alla pensione degli artisti, dove alloggia e lei lo invita a sua volta a un suo spettacolo.[75][76]

La donna fatale che ha economicamente rovinato molti amanti, malvista al punto di ispirare la scandalosa protagonista del romanzo Mimì Bluette fiore del mio giardino, vede in Totò l'uomo della sua vita, e per restargli vicino a Napoli rifiuta ulteriori scritture. Il suo amore è sincero ma, com'è tipico del suo carattere, morboso e per molti aspetti malsano. Entrambi sono poi bersaglio di maldicenze e pettegolezzi che trascinano Liliana in un profondo stato di depressione. Già nel febbraio 1930 la relazione inizia a deteriorarsi mentre la donna, in un moto di attaccamento morboso al suo uomo, propone di farsi scritturare nella stessa compagnia.[77] Sentendosi sempre più oppresso dal suo comportamento Totò, che più volte ha meditato di lasciarla, accetta un contratto con la compagnia della soubrette "Cabiria" per una tourneè in tutta Italia. Nella notte tra il 2 e il 3 marzo, dopo aver scongiurato invano più volte Totò di non partire, si toglie la vita ingerendo un intero tubetto di sonniferi.[78]

Viene trovata morta dallo stesso Totò al mattino con al suo fianco una lettera d'addio:

«Antonio,

potrai dare a mia sorella Gina tutta la roba che lascio in questa pensione. Meglio che se la goda lei, anziché chi mai mi ha voluto bene. Perché non sei voluto venire a salutarmi per l'ultima volta? Scortese, omaccio! Mi hai fatto felice o infelice? Non so. In questo momento mi trema la mano... Ah, se mi fossi vicino! Mi salveresti, è vero? Antonio, sono calma come non mai. Grazie del sorriso che hai saputo dare alla mia vita grigia e disgraziata. Non guarderò più nessuno. Te l'ho giurato e mantengo. Stasera, rientrando, un gattaccio nero mi è passato dinnanzi. E, ora, mentre scrivo, un altro gatto nero, giù per la strada, miagola in continuazione. Che stupida coincidenza, è vero?... Addio. Liliana tua[79]»

Totò ne rimane sconvolto e sente tutto il peso della sua responsabilità, soprattutto di non aver compreso l'intensità dei suoi sentimenti e di aver pensato «ha avuto molti uomini, posso averla senza assumermi alcuna responsabilità». Il rimorso lo accompagnerà per tutta la vita, tanto che decide di farla seppellire nella cappella dei De Curtis, ubicata nel cimitero del Piano di Napoli, e di dare a una eventuale figlia il suo nome in luogo di quello della nonna paterna, contravvenendo all'uso napoletano. Decide inoltre di conservare un fazzoletto intriso di rimmel, raccolto nella stanza dove la donna è morta e col quale si è forse asciugata le ultime lacrime prima o in attesa della morte. In merito all'impegno già preso, la sera stessa parte per la tournée.[80]

Il matrimonio, l'avanspettacolo e l'incontro con il cinema

«Le mando ciò che più le rassomiglia, augurandole di conservare sempre la freschezza di questi fiori.»
Totò nel 1930, nel suo primo provino cinematografico, con la Cines

Negli anni '30 la carriera di Totò, ormai famoso ed acclamato, incontra l'avanspettacolo e il cinema, mentre nella sua vita personale entra con tutta la sua bellezza una giovane ragazza fiorentina allora sedicenne, Diana Rogliani, anch'ella frutto di una relazione clandestina.

 
Stefano Pittaluga.
 
Totò e Diana.

Nel 1930 Stefano Pittaluga, reduce dalla produzione con la Cines del primo film sonoro italiano, La canzone dell'amore, è alla ricerca di volti nuovi da portare sul grande schermo. Le grandi doti comiche di Totò gli sono ben note, e gli fa sostenere un provino per il film Il ladro disgraziato. Seppure in fase avanzata il progetto non va in porto perché Totò dovrebbe imitare Buster Keaton e all'attore napoletano questa imposizione del regista non garba.[81][82] Accantonata l'idea di entrare nel cinema nel 1932 diventa capocomico di una propria formazione, Le follie estive, ed inizia l'attività nel neonato avanspettacolo, un genere teatrale leggero, con brevi rappresentazione che richiedono un minimo impegno in costumi e regia, che nei teatri trasformati in cinema precede la proiezione del film.[83]

L'anno precedente, intanto, ha conosciuto Diana Rogliani. L'incontro avviene il 30 agosto 1931 in teatro, dove la ragazza non ancora sedicenne ha avuto l'eccezionale permesso di recarsi con la sorella e il cognato.[84] Quest'ultimo è Raniero Di Censo, un attore buon amico di Totò, al quale la ragazza vorrebbe essere presentata. Il Di Censo gli fa avere un biglietto e poco dopo l'attore li raggiunge nel foyer, dove si trattiene per una decina di minuti. Per Totò la vista di quella ragazza è un colpo di fulmine. Fatto chiamare l'amico da una maschera Totò, che ha trentatrè anni, gli dice chiaro e tondo che la vuole sposare perché ha rivisto in lei l'ideale femminile di una figurina pubblicitaria sulla quale aveva molto fantasticato. La giovanissima età della ragazza lo impensierisce, ma i dubbi fanno presto a diradarsi quando, al termine di quello stesso spettacolo, si rivedono nel camerino dell'attore. Voltandole le spalle Totò le manifesta chiaro e tondo la sua intenzione.

Per motivi burocratici (Diana è nata a Bengasi e i documenti tardano; inoltre sua madre ha presentato una denuncia per corruzione di minore[85]), si sposano solo il 15 aprile 1935, quando la loro unica figlia Liliana ha quasi due anni.[86]

 
Totò con Guglielmo Inglese, una delle sue "spalle" teatrali più presenti insieme a Eduardo Passarelli e Mario Castellani. I primi due parteciparono anche ad alcuni film con Totò, Castellani invece affiancò il comico in quasi tutta la sua carriera cinematografica

Il decennio degli anni '30 è ricco di successi e di gratificazioni personali. Malgrado i guadagni non siano altissimi il comico napoletano può dare una prima casa alla sua famiglia, un appartamento al civico 10 di via Tibullo, arredato con mobili comprati di seconda mano da un rigattiere,[87] e porta in scena numerosi spettacoli con l'aiuto di Guglielmo Inglese, la sua prima spalla. I copioni sono spesso lacunosi e approssimativi, e Totò può dare sfogo a tutte le risorse creative della sua comicità imparando l'arte dei guitti, cioè di quegli attori che recitano senza un vero e proprio copione, cui aggiunge ovviamente il particolare gusto della sua arte. Alcune delle più famose macchiette che lo renderanno famoso al cinema ("Il pazzo", "Il chirurgo", "Il manichino", "il burattino"), nascono e si caratterizzano proprio in questo periodo estremamente prolifico, nel quale giunge perfino a travestirsi da soubrette.[88] A plasmare questa sua forma d'espressione concorre l'estrema povertà della sua infanzia. Lui stesso, del resto, sostiene che "la miseria è il copione della vera comicità..." e che "...non si può essere un vero attore comico senza aver fatto la guerra con la vita".[89]

 
Totò nel suo primo film, Fermo con le mani! (1937). Gli occhi e la bocca, fortemente marcati dal trucco di scena, ricordano Ridolini, il grande divo del cinema muto di cui l'attore napoletano, che già aveva rifiutato di imitare Buster Keaton, dovrebbe in qualche modo essere l'alternativa italiana.[90]

Man mano che il suo repertorio si arricchisce di novità ne cresce la fama e la popolarità, al punto che a volerlo nel cinema sono ora figure di primo piano come Umberto Barbaro e Cesare Zavattini. L'idea è quella di affidargli il ruolo di "Blim" nel film Darò un milione di Mario Camerini, ma il regista non se la sente di utilizzare un attore ancora sconosciuto al pubblico cinematografico e gli preferisce il ben più noto e già affermato Luigi Almirante. L'esordio risale al 1937. A chiamarlo al suo primo ruolo è Gustavo Lombardo, fondatore della Titanus e produttore dei film di Leda Gys, sua moglie e grande diva del muto italiano. Il soggetto e la sceneggiatura di Fermo con le mani! non sono propriamente memorabili ma consentono a Totò di farsi conoscere dal più vasto e composito pubblico del cinema, ben più variegato e popolare di quello del teatro. Per l'attore napoletano è un'esperienza preziosa. Il set cinematografico non è infatti il palcoscenico del teatro, a Totò mancano le risate e gli applausi del pubblico, ed in più si sente oppresso dai comandi del regista.[91] Fino al 1941, quando riprende l'attività in teatro, gira Animali pazzi di Carlo Ludovico Bragaglia, dove ricopre un doppio ruolo, San Giovanni decollato, sceneggiato tra gli altri da Cesare Zavattini e lodato dalla critica, L'allegro fantasma , dove i ruoli di Totò sono addirittura tre, ma per quanto sfrutti al massimo le sue potenzialità "marionettistiche" e la grande mimica del volto e dei movimenti i risultati sono sempre modesti, e lasciano l'attore del tutto insoddisfatto.[92] Le sue prime esperienze cinematografighe, seppure condizionate dalla censura di regime, sono però il banco di prova per la ripresa post-bellica, quando farà affidamento all'improvvisazione e alle reazioni della troupe con la preziosa esperienza nel frattempo maturata nello teatro di rivista.[93]

La stagione della rivista

«Io odio i capi, odio le dittature... Durante la guerra rischiai guai seri perché in teatro feci una feroce parodia di Hitler ... gli feci un gran dispetto, perché il potere odia le risate.»
 
Totò in camerino mentre viene aiutato da Diana Rogliani a indossare il costume da robot, prima di entrare in scena per la rivista Bada che ti mangio
 
Totò mentre interpreta Pinocchio con Anna Magnani e Mario Castellani, nella rivista Volumineide (1941-1942)
 
La Magnani, è probabilmente l'unica interprete femminile in grado di misurarsi con la recitazione di Totò. Di sicuro è stata l'unica presenza in grado di rubargli la scena.

Negli anni dei suoi primi film l'epoca dell'avanspettacolo va lentamente esaurendosi. Al suo posto si afferma la rivista, spettacolo teatrale di carattere leggero che in Italia conosce la massima popolarità quando, sul finire degli anni trenta, vengono meno i vecchi generi teatrali (varietà, Café-chantant, operetta).[95] I suoi tratti caratteristici, un misto di prosa, musica, danza e scenette umoristiche ispirate all'attualità e ai tradizionali cliché erotico-sentimentali, uniti da un tenue filo conduttore, è ancora più congegnale alla comicità di Totò, che attinge a piene mani dalla realtà quotidiana. La censura fascista è in quel periodo ancora più stringente a causa della guerra ma Totò riesce spesso ad aggirarla, al punto da attirarsi la nomina di antifascista, accusa lanciata anche ai fratelli De Filippo.[96] La sua capacità di irridere ad eventi e personaggi di quel periodo è tale che anche il pubblico riesce a sdrammatizzare, seppure per una sera, gli orrori di una guerra che fa presto a sbarcare sul territorio italiano.

 
Michele Galdieri

Il debutto nella rivista avviene al teatro Quattro Fontane, dove va in scena "Quando meno te l'aspetti". Con Totò lavorano Mario Castellani e Anna Magnani, con la quale instaura un profondo rapporto artistico ed umano.[97][98] Autore dello spettacolo è Michele Galdieri, uno tra i grandi scrittori di riviste teatrali degli anni Quaranta, col quale Totò avvia un sodalizio durato nove anni. I suoi spettacoli sono messi in scena dagli impresari Elio Gigante e Remigio Paone. Tra le riviste più note Volumineide, Orlando Curioso, e Con un palmo di naso. Il debutto avviene al teatro Quattro Fontane, dove va in scena "Quando meno te l'aspetti". Con Totò lavorano Mario Castellani e Anna Magnani, con la quale instaura un profondo rapporto artistico ed umano.[99][100] Autore dello spettacolo è Michele Galdieri, uno tra i grandi scrittori di riviste teatrali degli anni Quaranta, col quale Totò avvia un sodalizio durato nove anni. I suoi spettacoli sono messi in scena dagli impresari Elio Gigante e Remigio Paone. Tra le riviste più note Volumineide, Orlando Curioso, e Con un palmo di naso.

Degno di nota lo spettacolo Che ti sei messo in testa?, messo in scena a Roma nel 1944, in piena occupazione nazista. La rivista è pesantemente tagliata e modificata dalla censura. Il titolo, che doveva essere "Che si sono messi in testa?" viene modificato perché vi si ravvisa un riferimento alla politica tedesca del periodo.[101] Moltissime battute sono tagliate o modificate anche dopo l'inizio delle rappresentazioni sebbene la critica (o meglio, lo "sberleffo") al regime fosse spesso solo "sussurrato" (come la famosa "io penso che le pecore sono stufe di belar" che Totò pronuncia nei panni del pastore Aligi)[102] Nonostante gli interventi censori le repliche devono interrompersi bruscamente causa una denuncia per una feroce parodia di Hitler inscenata a seguito dell'attentato del colonnello Claus von Stauffenberg. Avvertito al termine di una serata parte all'alba del mattino dopo con moglie e figlia e si rifugia da una coppia di conoscenti fuori Roma, i De Sanctis, presso i quali viene però riconosciuto. Decide allora di tornare a Roma, dove nel frattempo sua madre ha depistato la polizia, e rimane nascosto fino all'arrivo degli americani (4 giugno 1944).[103]

La ripresa dell'attività e i problemi familiari

«Io sono Totò, l'unico che esista, per questo devo tornare a recitare.»
 
Con Carlo Campanini ne Il ratto delle Sabine

La liberazione di Roma coincide più o meno con la morte di suo padre (29 settembre). In attesa di riprendere l'attività teatrale Totò accetta una proposta di Mario Amendola e Guido Bonnard e nel 1945 gira il suo sesto film, Il ratto delle Sabine, dove interpreta il ruolo di Aristide Tromboni, capocomico di una scalcagnata compagnia di attori a caccia di scritture e soprattutto di cibo. Con un buon cast, che comprende grandi nomi del teatro come Clelia Matania, Aldo Silvani, Mario Pisu e Renato Castellani (al suo primo film accanto a Totò), la pellicola, girata con pochi mezzi, riesce gradita al pubblico ma è stroncata dalla critica.[105] In attesa di riprendere l'attività teatrale va in scena con spettacoli destinati alle truppe, fa la sua prima ed unica esperienza di doppiatore e parte per una tourneè in Spagna, dove senza sapere una parola della lingua recita nello spettacolo Entre dos luces (Tra due luci), per il quale inventa la canzonetta "Tengo la cabeza de mantequilla" (Ho la testa di burro) in un linguaggio misto tra il napoletano e uno spagnolo quasi del tutto inventato. [106]

Nel 1947 viene a mancare Anna Clemente. La scomparsa di sua madre lo sorprende sul set de I due orfanelli, primo film in cui trasporta al cinema non solo la sua grande capacità di improvvisazione ma anche la feroce vena satirica di cui è capace.[107] Totò recita ancora secondo i canoni della rappresentazione teatrale ma affonda gli artigli nella realtà del periodo, irridendo in particolare ai politici (Sentite, voi siete un giudice, uomo saggio. Quello lì è un ladro. Secondo voi, andrà in galera? - No. - Perché? - Quello è un furbo, e la vita è fatta per i furbi: probabilmente diventerà ministro.) e al grande raduno dei partigiani nel primo anniversario della liberazione (Siamo in 15, non facciamo che poi fra un anno , quando si fa il raduno, si presentano in quarantamila). Alla fine dell'anno (21 dicembre) debutta con C'era una volta il mondo, lo spettacolo in cui da vita a numeri destinati a diventare famosi anche al cinema come Il manichino (ripreso ne I pompieri di Viggiù), e soprattutto lo sketch del vagone letto con Isa Barzizza e Mario Castellani, nato da uno scambio di battute che dura in origine otto minuti e che Totò, stante il successo, amplia in breve tempo fino ai tre quarti d'ora e inserisce anche nella successiva "Bada che ti mangio".[108][109]

Totò nei particolari

La politica

 
La foto di Totò col distintivo del Partito Nazionale Fascista

Sebbene non si conosca con certezza il pensiero politico di Totò[110] si sa da fonti accertate che è fermamente contrario a qualsiasi forma di dittatura e supremazia.[111] Secondo Franca Faldini è un uomo di idee fondamentalmente anarchiche.[112] In tempi relativamente recenti si è discusso a proposito di una foto dell'attore apparsa sulla rivista Film, in cui è ripreso con la "cimice" (il distintivo del Partito Nazionale Fascista) sul risvolto della giacca. Scattata dal tedesco Eugen Hass nel 1943 è più probabilmente il frutto di una imposizione all'attore, che pochi mesi prima, nella rivista "Volumineide", se la prendeva coi guerrafondai attraverso la filastrocca: "Qui le teste son di legno / ch'e' proibito avere ingegno / chi ragiona in questo regno / non e' degno di campà". Dopo il 25 luglio 1943, peraltro, la cimice la portano in pochi, e vederla su un attore famoso è un mezzo di propaganda.[113][114] Il suo attaccamento ai titoli nobiliari, unito allo stile di vita sfarzoso, gli hanno in seguito attirato la nomina di monarchico ma Franca Faldini, sua seconda compagna, lo ha sempre smentito. Il suo famoso "Viva Lauro" pronunciato al Musichiere, peraltro a poca distanza di tempo dalle elezioni politiche, viene da quest'ultima attribuito al fatto che l'armatore napoletano, seppure per fare incetta di voti, in quel periodo distribuisce cibo, aiuti e denaro alla gente dei bassi, la stessa cui non manca di far pervenire anche il suo sostegno.

Teatrografia

«Totò non è Chaplin o Buster Keaton, fenomeni tipicamente cinematografici. Totò è il teatro.»

Dal 1928 al 1957 (anno in cui deve giocoforza abbandonare le scene a causa della malattia agli occhi) Totò prende parte a circa 40 spettacoli tra commedie e rappresentazioni di avanspettacolo, oltre a dodici "grandi riviste" andate in scena negli anni quaranta e cinquanta. A partire dal 1931 Totò figura spesso anche come autore.

Nella compagnia di Isa Bluette:

  • 1928: Madama Follia, di Ripp (Luigi Miaglia) e Bel Ami (Anacleto Francini);
  • 1928: Il Paradiso delle donne, di Ripp e Bel Ami;
  • 1928: Mille e una donna, di Ripp e Bel Ami;
  • 1928: Girotondo, di Ripp e Bel Ami;
  • 1928: Peccati... e poi Virtudi, di Masera (Marchesotti, Segurini e Rapetti).

Nella compagnia di Achille Maresca:

  • 1928: Sì, sì, Susette, di Ripp e Bel Ami;
  • 1928: La stella del Charleston, di Giovanni Manca e Refrain;
  • 1929: Monna Eva, di Paolo Reni;
  • 1929: La giostra dell'amore, di Cherubini, Armando Fragna e Cesare Andrea Bixio.

Nella Compagnia Stabile Napoletana Molinari di Enzo Aulicino:

  • 1929: Messalina, di Kokasse (pseudonimo di Mario Mangini) e Mascaria (pseudonimo di Maria Scarpetta, figlia di Eduardo Scarpetta);
  • 1929: Lo balcone de Rusinella , di Eduardo Scarpetta;
  • 1929: Santarellina, di Henri Meilhac e Ludovic Halévy. Riduzione di Mario Mangini;
  • 1929: Miseria e nobiltà, di Eduardo Scarpetta;
  • 1929: Amore e cinema, di Carlo Mauro;
  • 1929: Il processo di Mary De' Can, di Carlo Mauro;
  • 1929: Bacco, Tabacco e Venere, di Mario Mangini e Carlo Mauro
  • 1930: I tre moschettieri, di Kokasse.

Nella compagnia di Achille Maresca:

  • 1931: La vile seduttrice, di Ripp e Bel Ami;
  • 1931: La vergine di Budda, primo avanspettacolo scritto da Antonio De Curtis, Totò.

Nella Compagnia di Riviste e Fantasie Comiche Totò:

  • 1932: Colori nuovi, scritto da Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese;
  • 1932: Ridi che ti passa, scritto da Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese;
  • 1932: Era lui, sì... sì...! Era lei, no... no...!, di Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese;
  • 1932: La vergine indiana, scritto da Antonio De Curtis;
  • 1932: Totò, Charlot per amore, scritto da Antonio De Curtis;
  • [1933: Al Pappagallo (Compagnie di riviste di Totò);
  • 1933: Se quell'evaso fossi io, di Bel Ami;
  • 1933: Questo non è sonoro, di Tramonti (pseudonimo di Paolo Rampezzotti);
  • 1933: Il mondo è tuo, scritto da Antonio De Curtis e Cliquette (pseudonimo di Diana Rogliani, moglie di Totò);
  • 1933: La banda delle gialle, di Tramonti;
  • 1933: Dalla calza al dollaro, di Tramonti;
  • 1933: Il grand'Otello, di Bel Ami;
  • [1934: La mummia vivente, di Bel Ami e Tramonti;
  • 1934: I tre moschettieri, di Mario Mangini e Tramonti;
  • 1935: Belle o brutte mi piaccion tutte, di Guglielmo Inglese e Tramonti;
  • 1936: 50 milioni... c'è da impazzire!, scritto da Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese;
  • 1936: Una terribile notte, di Mario Mangini;
  • 1937: Dei due chi sarà, scritto da Antonio De Curtis;
  • 1937: Uomini a nolo, scritto da Antonio De Curtis e Bel Ami;
  • 1937: Novanta fa la paura, scritto da Antonio De Curtis;
  • 1938: Se fossi un Don Giovanni, scritto da Antonio De Curtis;
  • 1938: L'ultimo Tarzan, scritto da Antonio De Curtis;
  • 1938: Accade una notte che..., scritto da Antonio De Curtis;
  • 1939: Fra moglie e marito, la suocera e il dito, ultimo avanspettacolo scritto da Antonio De Curtis.

Il ciclo della Grande Rivista:

Filmografia

«E io pago! E io pago!»

Dal 1937 al 1967 Totò partecipa a novantasette film, quasi sempre come attore protagonista, per una media di oltre quattro all'anno (numero che non tiene conto della sua pausa durante la guerra), diretto da quarantadue differenti registi. Quelli con cui ha lavorato maggiormente sono Mario Mattòli (sedici film), Camillo Mastrocinque (undici), Steno (dieci), Sergio Corbucci (sette), Mario Monicelli (sette) e Carlo Ludovico Bragaglia (sei). Occasionalmente ha svolto anche il ruolo di sceneggiatore e doppiatore. Esiste inoltre un cospicuo numero di progetti mai realizzati, un film di cui, prima della morte, ha girato solo una scena e una serie di film di montaggio, realizzati unendo spezzoni delle sue pellicole.

Attore

 
Totò e Titina De Filippo in San Giovanni decollato (1940)
 
Totò e Alda Mangini in Totò cerca casa (1949)
 
Totò e Luigi Pavese in Totò le Mokò (1949)
File:Totò Sceicco 1950 1.JPG
Totò con Aroldo Tieri in Totò sceicco (1950)
 
Totò con Lea Padovani in Una di quelle (1953)
 
Totò e Anna Maria Ferrero in Totò e Carolina (1954)
 
Totò e Peppino De Filippo nella scena della "lettera" in Totò, Peppino e la... malafemmina (1956)
 
Totò insieme a Peppino e Giacomo Furia ne La banda degli onesti (1956)
 
Totò con Fernandel in La legge è legge (1958)
 
Totò con Fabrizi ne I tartassati (1959)
File:Chi si ferma e perduto.png
Totò e Peppino con Enzo Petito in Chi si ferma è perduto (1960)
 
Totò con Vittorio De Sica e Gianni Agus ne I due marescialli (1961)
 
Totò con Nino Taranto e Ugo D'Alessio in Totòtruffa 62 (1961)
 
Totò con Nino Marchetti e Nino Taranto in Totò contro Maciste (1962)
 
Totò nel film Totò diabolicus (1962)
 
Totò e Walter Pidgeon ne I due colonnelli (1962)
 
Totò nel film Gli onorevoli (1963)
 
Totò e Nino Manfredi in Operazione San Gennaro (1966)

Doppiatore

Sceneggiatore

Film di montaggio

Film non realizzati

Televisione

Attore

Per il piccolo schermo Totò gira nel 1967 TuttoTotò, una serie di nove telefilm diretti da Daniele D'Anza, così composti:

  • Il latitante, andato in onda il 4 maggio (nel ruolo di don Gennaro La Pezza; l'episodio viene ricavato dalla sceneggiatura per un film mai realizzato, Le belve*
  • Il tuttofare, andato in onda il 10 maggio (nel ruolo di Rosario De Gennaro, detto Lallo)
  • Il grande maestro, andato in onda il 13 maggio (nel ruolo di Mardocheo Stonatelli)
  • Don Giovannino, andato in onda il 18 maggio (nel ruolo omonimo)
  • La scommessa, andato in onda il 25 maggio (nel ruolo di Oberdan Lo Cascio), in cui Totò figura anche come sceneggiatore
  • Totò Ciak, andato in onda l'8 giugno (nel ruolo dell'agente segreto, è una parodia dei generi cinematografici in voga con la partecipazione di alcuni cantanti)
  • Totò a Napoli, andato in onda il 13 giugno (nel ruolo della guida non autorizzata, recita alcune poesie sue)
  • Totò Ye Ye, annunciato per il 29 giugno ma in realtà mai trasmesso all'epoca; è andato in onda solo nel 2011 su Raitre (Totò ricopre il ruolo del capellone in uno special con la partecipazione di cantanti e complessi musicali)
  • Premio Nobel, con Corrado, andato in onda il 6 luglio (nel ruolo di Serafino Bolletta)

Carosello

Nell'autunno del 1966 Totò gira nove sketch pubblicitari per la RAI diretti dal regista Luciano Emmer, andati in onda su Carosello prima della morte dell'attore. Di questi nove cortometraggi ne sono rimasti soltanto due (Totò cassiere e Totò calzolaio), replicati nelle rievocazioni del celebre contenitore serale e inseriti nella relativa raccolta in DVD. Degli altri si ignora la sorte, probabilmente sono andati persi o distrutti.

  • Totò cassiere
  • Totò calzolaio
  • Totò spazzino
  • Totò petroliere
  • Totò proprietario di ristoranti
  • Totò farmacista
  • Totò barista
  • Totò giocatore
  • Totò elettricista

Nel gennaio 1967 vengono girati altri sette caroselli. Il progetto ne prevede dieci, ma Totò non riesce a finirli tutti perché è al momento molto impegnato sul set. Questi sketch non sono mai stati trasmessi in quanto trafugati prima della messa in onda.

  • Totò ingegnere
  • Totò pittore
  • Totò meteoronauta
  • Totò iettatore
  • Totò ferroviere
  • Totò operaio
  • Totò giardiniere

Apparizioni

Interviste

Programmi dedicati alla sua vita

Documentari

Radio

Interviste

Poesie

La lista completa delle poesie scritte da Totò (tra parentesi il titolo in italiano).

  • 'A livella (La livella)
  • A passiona mia erano 'e rrose (La mia passione erano le rose)
  • Uocchie 'ncantatore (Occhio incantatore)
  • 'Ncantesimo (Incantesimo)
  • Esempio
  • Calannario
  • Essa
  • La donna
  • Ma che dulore (Ma che dolore)
  • 'O sole (Il sole)
  • A Franca
  • Preghiera del clown
  • 'A vita è ingiusta (La vita è ingiusta)
  • Tutto è finito
  • Chi è ll'ommo (Chi è l'uomo)
  • 'E dduje 'nnammurate (I due innamorati)
  • Riflessione
  • 'A 'mmasciata (L'ambasciata)
  • Statuina a Francesca
  • 'A femmena (La femmina)
  • Pe nun te scurdà cchiù (Per non scordarti più)
  • Viola d'ammore (Viola d'amore)
  • Siamo uomini o caporali
  • Cuore
  • 'A cchiu' bella (La più bella)
  • Ho bisogno di rivederti
  • 'O piso (Il peso)
  • Che me manca!
  • Donna Amalia
  • Pe sta vicino a tte (Per stare vicino a te)
  • La società
  • Napule, tu e io (Napoli, tu e io)
  • 'O saccio sultant'io (Lo so soltanto io)
  • Passione
  • Il dramma di Don Ciccio Caccavalle
  • 'A cchiu' sincera (La più sincera)
  • Nu iuorno all'intrasatta (Un giorno all'improvviso)
  • All'intrasatta... (All'improvviso)
  • Ricunuscenza (Riconoscenza)
  • 'A mundana (La prostituta)
  • Dick
  • Zuoccole, tammorre e femmene (Zoccoli, tamburi e donne)
  • Si fosse n'auciello (Se fossi un uccello)
  • 'Ngiulina (Angelina)
  • Balcune e llogge (Balconi e logge)
  • Ll'ammore (L'amore)
  • Uocchie ca mme parlate (Occhi che mi parlate)
  • 'A statuetta (La statuetta)
  • 'A cunzegna (La consegna)
  • Ammore perduto (Amore perduto)
  • 'A nnammurata mia (La mia fidanzata)
  • Core analfabeta (Cuore analfabeta)
  • 'E ccorna (Le corna)
  • 'O schiattamuorto (Il becchino)
  • Felicità
  • 'A vita (La vita)
  • Il fine dicitore
  • Bianchina
  • 'E pezziente (I pezzenti)
  • 'A speranza (La speranza)
  • Il cimitero della civiltà
  • Sarchiapone e Ludovico
  • L'indesiderabile
  • L'acquaiola

Canzoni

Scritte e in alcuni casi cantate da Totò

Canzoni solo interpretate

Note

  1. ^ I nomi di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato l'11 luglio 2015.
  2. ^ Il cinema di Totò, Premessa.
  3. ^ Bispuri, 2000, pp. 246-247.
  4. ^ Totò, il principe degli attori comici, su raistoria.rai.it.
  5. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  6. ^ Totò, p. 132«Un attore talmente eccezionale e irripetibile che forse ci vorranno cento anni perché ne nasca un altro... Totò era il massimo allo stato puro, all'altezza di Charlot e Buster Keaton.» Alberto Sordi
  7. ^ Vita di Totò, p. 19.
  8. ^ Totò principe e clown, p. 25.
  9. ^ Diario semiserio di Antonio de Curtis, p. 130.
  10. ^ Antonio de Curtis, Totò, su teatro.org. URL consultato l'11 luglio 2015.
  11. ^ Vittorio De Sica e Totò, su antoniodecurtis.com. URL consultato il 6 gennaio 2015. - Totò è senz'altro una delle figure italiane più importanti che abbia conosciuto nella mia carriera e nella mia vita. Parlare della sua arte? Basta vedere il successo che ha avuto con i giovani di oggi, i ragazzi di quindici, diciotto anni che non lo conoscevano. Clown come lui ne nasce uno ogni cento anni. Bastano i pochi film buoni che Totò ha fatto, tra i quali per esempio Guardie e ladri e il piccolo episodio ne L'oro di Napoli a metterne in risalto tutta la straordinaria bravura, proprio ne L'oro di Napoli il personaggio di Totò aveva un risvolto drammatico che lui rese benissimo, perché era un attore completo, il più grande a mio parere, che il teatro musicale e il cinema italiano abbia mai avuto.
  12. ^ Totò mio padre, pag. 30
  13. ^ L'infanzia di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 6 giugno 2015.
  14. ^ Totò. Siamo uomini o caporali?, p. 129
  15. ^ Totò a prescindere, pag. 76 e 109
    Totò, in un'intervista:
    La felicità non esiste. La felicità non esiste in nessun modo. Nessuno è felicissimo..
    Nell'intervista di Oriana Fallaci:
    Io amo esser solo. Ho bisogno di essere solo: per contemplare, per pensare. A volte mi danno noia perfino le persone che amo. Sì, è difficile viver con me. A me non piace andare nei night, non mi è mai piaciuto. Io, quando vedo quel divertimento falso non posso fare a meno di pensare che dietro a ciascuna di quelle persone v’è un dramma: il pianista magari ha le scarpe rotte, l’industriale ha le cambiali che scadono, l’entraineuse ha il figlio ammalato... Sono un misantropo, la base della mia vita è la casa. La casa, per me, è una fortezza, quasi una persona. Quando vi entro la saluto sempre come una persona: "Buonasera, casa".
  16. ^ Totò mio padre, pag. 30
  17. ^ Totò mio padre, pag. 31
  18. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  19. ^ Totò a prescindere, pag. 9
  20. ^ L'infanzia di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 6 giugno 2015.
  21. ^ Totò mio padre, pag. 31
  22. ^ La formazione del comico, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 6 giugno 2015.
  23. ^ L'infanzia di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 6 giugno 2015.
  24. ^ Totò mio padre, pag. 32
  25. ^ L'infanzia di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 6 giugno 2015.
  26. ^ Totò mio padre, pag. 32
  27. ^ Diario semiserio di Antonio de Curtis, p. 65. Anna Clemente affermava: «Meglio ‘nu figlio prevete ca ‘nu figlio artista».
  28. ^ Totò mio padre, pag. 33
  29. ^ Totò, pag. 7
  30. ^ Totò mio padre, pag. 33
  31. ^ L'infanzia di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 6 giugno 2015.
  32. ^ Totò, p. 7
  33. ^ Totò mio padre, pag. 32. ...il guardaroba favoloso che mio padre ebbe al culmine del successo era solo un miraggio, ma quel "vestitiello" gli servì a liberarsi del complesso dello straccione.
  34. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  35. ^ Totò mio padre, pag. 31
  36. ^ Totò mio padre, pag. 32
  37. ^ Totò a prescindere, pag. 54
  38. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  39. ^ Totò a prescindere, pag. 7. Scrive Totò: Tutto cominciò quando, nel 1915, chiesi di arruolarmi come volontario al Distretto militare di Napoli. Venni assegnato al 22° Reggimento di stanza a Pisa e capii subito che la vita militare non fa per me. Insofferente alla disciplina, cercai di passare la maggior parte del tempo in infermeria, fingendomi ammalato. Mi andò bene fino al giorno in cui fui trasferito a Livorno [...] ...capitai sotto le grinfie di un caporale intransigente e ottuso, che prese a perseguitarmi. Seppi che era stato promosso caporale per l'assoluta mancanza di graduati disponibili, e che era quasi analfabeta. Ebbene, la sua ignoranza la dimostrava tutta.
  40. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  41. ^ Totò nei ricordi di Nino Taranto, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 6 giugno 2015. Con Totò ci siamo conosciuti in un teatro della periferia di Napoli, il teatro Orfeo. Venne una sera ancora vestito da militare, era più vecchio di me, ma io avevo già cominciato a lavorare nel varietà fin da giovanissimo. All'Orfeo mi esibivo in alcune macchiette e facevo la parodia di canzone di E. A. Mario, Vipera, che gli piacque molto, volle che gli ricopiassi i versi.
  42. ^ Totò a prescindere, pag. 9
  43. ^ Il Principe Totò, pag. 23
  44. ^ Totò principe clown, pag. 66
  45. ^ Totò proibito: storia puntigliosa e grottesca dei rapporti tra il principe De Curtis e la censura, pag. 76
  46. ^ La formazione del comico, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 6 giugno 2015.
  47. ^ Totò: vita e arte di un genio, pag. 24
  48. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  49. ^ Il teatro di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 14 luglio 2015.
  50. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  51. ^ La formazione del comico, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 6 giugno 2015.
  52. ^ A. De Curtis, Il complesso dei fratelli siamesi, su blog.libero.it. URL consultato il 14 luglio 2015.- Come Dio volle, anche la "ferma" ebbe termine, e io potei finalmente avvicinarmi a quel teatro che, ancora ragazzo, mi aveva affascinato. La mia famiglia, intanto, si era trasferita a Roma. Fu al Salone Elena, in piazza Risorgimento, che io feci la mia prima esperienza. Il Salone Elena era, in realta', una modesta baracca di legno dove si recitavano soprattutto La cieca di Sorrento e La sepolta viva,L'ombra del disonore e Il capo della camorra. Ma io sapevo che da pochi giorni era stata scritturata la "Compagnia comica diretta da Umberto Capece", che faceva rivivere la maschera del Pulcinella napoletano. E fu Capece che mi consentì finalmente di passare "dall'altra parte". Non ero più lo spettatore Antonio de Curtis, ma Totò attore comico. ... Ebbi subito successo e, quindici giorni dopo, la prima paga: due soldi al giorno. Questo mi incoraggiò, due settimane più tardi, a chiedere un piccolo aumento. Pioveva forte, quella sera, ed ero fradicio da capo a piedi. "Signor Capece", gli dissi, "mi basterebbe una lira per settimana: almeno i soldi per tornare a casa con il tram. Perché a piedi non ce la faccio più, andata e ritorno". "Andate un po' a far del bene alla gente!", brontolò Capece. E mi indicò la porta.
  53. ^ La formazione del comico, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 6 giugno 2015.
  54. ^ La formazione del comico, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 6 giugno 2015.
  55. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  56. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  57. ^ Totò mio padre, pag. 42
  58. ^ Il teatro di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 14 luglio 2015.
  59. ^ A. De Curtis, Il complesso dei fratelli siamesi, su blog.libero.it. URL consultato il 14 luglio 2015.- Prendendo il coraggio a due mani, anche per non dover ascoltare mia madre che invariabilmente mi rimproverava di non essere diventato ufficiale di marina, decisi allora di presentarmi a don Peppe Jovinelli che era uno degli impresari più esigenti e più temuti di quel tempo. ... Non era il momento più propizio perché don Peppe aveva appena finito di scaraventare fuori dal suo ufficio un attore che era arrivato tardi alle prove, tuttavia il colloquio fu abbastanza cordiale, molto più di quanto potessi sperare ... Il giorno dell'esordio, mentre il pubblico batteva ancora le mani, don Peppe si precipitò in palcoscenico contrariamente alle sue abitudini. "Giovanotto, siete stato veramente bravo", mi disse stampandomi sulla schiena una pesante manata..
  60. ^ Il teatro Jovinelli tra passato e futuro, “Il Café-Chantant, Rivista quindicinale illustrata”, 12-27 gennaio 1920.
  61. ^ A. De Curtis, Il complesso dei fratelli siamesi, su blog.libero.it. URL consultato il 14 luglio 2015.
  62. ^ Totò, pag. 9
  63. ^ Totò mio padre, pag. 49
  64. ^ Il teatro di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 14 luglio 2015.
  65. ^ Totò mio padre, pag. 32.
  66. ^ Il baule di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  67. ^ A. De Curtis, Il complesso dei fratelli siamesi, su blog.libero.it. URL consultato il 14 luglio 2015.
  68. ^ Il teatro di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 14 luglio 2015.
  69. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  70. ^ Totò, pag. 12
  71. ^ Il teatro di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 14 luglio 2015.
  72. ^ Totò, pag. 14
  73. ^ Totò mio padre, pag. 78
  74. ^ Totò mio padre, pag. 81
  75. ^ Totò, pag. 14
  76. ^ Totò mio padre, pag. 81
  77. ^ Totò, pag. 14
  78. ^ Totò mio padre, pag. 82
  79. ^ Totò mio padre, pag. 83
  80. ^ Totò, pag. 14-15
  81. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  82. ^ Primi film, su antoniodecurtis.com. URL consultato il 10 luglio 2015.
  83. ^ Totò mio padre, Pag. 72
  84. ^ Totò mio padre, Pag. 16
  85. ^ Totò mio padre, pag. 33-34. Totò era follemente felice ma presto fu riportato alla realtà da un fonogramma dei carabinieri: mia nonna [la madre di Diana, n.d.a.] l'aveva denunciato per corruzione di minorenne [ma in seguito] si arrese alla realtà dei fatti, e pur continuando a nutrire qualche perplessità sul futuro della figlia fu costretta a fare buon viso a cattivo gioco
  86. ^ Totò mio padre, pag. 37-39
  87. ^ Totò mio padre, pag. 34
  88. ^ Totò, Pag. 14
  89. ^ Totò a prescindere, Pag. 103
  90. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  91. ^ Primi film, su antoniodecurtis.com. URL consultato il 10 luglio 2015.
  92. ^ Primi film, su antoniodecurtis.com. URL consultato il 10 luglio 2015.
  93. ^ Totò, un altro pianeta, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  94. ^ Diario semiserio di Antonio de Curtis, pp. 117-127.
  95. ^ Il teatro di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  96. ^ Totò mio padre, pag. 51
  97. ^ Mario Castellani e Totò, su antoniodecurtis.com. URL consultato il 15 luglio 2015.
  98. ^ Totò visto da Anna Magnani, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 15 luglio 2015.
  99. ^ Mario Castellani e Totò, su antoniodecurtis.com. URL consultato il 15 luglio 2015.
  100. ^ Totò visto da Anna Magnani, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 15 luglio 2015.
  101. ^ Il teatro di Totò, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 10 luglio 2015.
  102. ^ Il teatro in guerra, su pamabu.altervista.org. URL consultato il 13 marzo 2011.
  103. ^ Totò mio padre, pag. 51-53
  104. ^ Totò mio padre, pag. 77
  105. ^ Il ratto delle Sabine, su antoniodecurtis.org. URL consultato il 15 luglio 2015. - Questo Ratto delle Sabine ha indubbiamente diritto al brevetto del più insulso, aberrante film prodotto dalla cinematografia italiana postbellica. Una sequela di cretinerie, di sinistri luoghi comuni, per i quali sarebbe stato inutile sprecare, non diciamo pellicola, ma anche carta igienica [-.-] Pensare che Totò sia capace, con la semplice efficacia della sua maschera, di risollevare le sorti d'uno squallido, volgare, stupido copione, significa rendere un cattivo servizio al beniamino delle platee. Vincenzo Talarico. L'Indipendente, 7 dicembre 1945.
  106. ^ Tutto Totò, pag. 101
  107. ^ Il cinema di Totò, pag. 99
  108. ^ Dizionario del Teatro Dizionario del teatro, su delteatro.it. URL consultato il 6 marzo 2015.
  109. ^ Mario Castellani ci parla di Totò, su tanogabo.it. - Uno dei suoi sketch più famosi è quello del vagone-letto, che ha fatto sbellicare dalle risate le platee di tutta Italia. Ebbene, nella rivista di Galdieri in cui era inserito, era accennata soltanto la situazione: due uomini nella cabina e una donna che chiede ospitalità per la notte. La prima volta che lo facemmo, questo sketch durava una decina di minuti; le ultime volte siamo arrivati a tenerlo in piedi quasi un' ora, col pubblico che ci seguiva col fiato sospeso. In seguito al rinnovato interesse per la figura e per l'arte di Totò, spesso mi capita di sentirmi chiedere il testo di questo e di altri sketch diventati ormai leggendari. Ma i testi non ci sono. Non ci sono mai stati.
  110. ^ Totò l'uomo e la maschera, pag. 45
  111. ^ Diario semiserio di Antonio de Curtis, pp. 117-127
  112. ^ Franca Faldini racconta Totò, su antoniodecurtis.org, antoniodecurtis.com. URL consultato il 22 ottobre 2013.
  113. ^ [Toto’ : quella foto con la " cimice " fascista Toto’ : quella foto con la " cimice " fascista]. URL consultato il 15 luglio 2015.
  114. ^ Caldiron, 2001, p. 28.

Bibliografia

Bibliografia di approfondimento

Raccolte di poesie di Totò

  • Antonio De Curtis. 'A livella. Napoli, Gremese Editore, 1997. ISBN 88-7742-105-3.
  • Franca Faldini (a cura di). Antonio De Curtis. Dedicate all'amore. Napoli, Edizioni Colonnese, 1981.
  • Giuseppe Bagnati. Totò, l'ultimo sipario. Nuova Ipsa, 2013, p. 130. ISBN 978-88-7676-507-0 .

Raccolte di battute di Totò

  • Matilde Amorosi (a cura di). Liliana de Curtis (con la collaborazione di). Totò. Parli come badi. Milano, Rizzoli, BUR, Biblioteca Univ. Rizzoli, Collezione Superbur, 1994, p. 215, ristampa 1995, p. 210, ristampa 2003, p. 210. ISBN 88-17-20257-6 e ISBN 13 9788817202572 e Torino, La Stampa, Collezione ComicaMente, 2004, p. 176, distribuito gratuitamente col quotidiano, ISBN non esistente.
  • Liliana de Curtis, Matilde Amorosi (a cura di). Fegato qua, fegato là, fegato fritto e baccalà. Milano, Rizzoli, 2001, p. 251, ISBN 88-17-12691-8.

Monografie e studi su Totò

  • Salvatore Cianciabella (prefazione di Philip Zimbardo, nota introduttiva di Liliana De Curtis). Siamo uomini e caporali. Psicologia della dis-obbedienza. Franco Angeli, 2014. ISBN 978-88-204-9248-9. Sito: www.siamouominiecaporali.it
  • Alberto Anile. Il cinema di Totò (1930 - 1945). L'estro funambolo e l'ameno spettro. Genova, Le Mani, 1995. ISBN 88-8012-051-4.
  • Alberto Anile. Totò e Peppino, fratelli d'Italia, in Lello Arena (a cura di). Totò, Peppino e... (ho detto tutto). Libro + VHS. Torino, Einaudi, 2001. ISBN 978-88-06-15944-3.
  • Alberto Anile. Totò proibito. Storia puntigliosa e grottesca sui rapporti tra il principe de Curtis e la censura. Torino, Lindau, 2005. ISBN 978-88-7180-527-6.
  • Liliana De Curtis e Matilde Amorosi. Totò, mio padre. Mondadori, 1990. ISBN 88-04-33680-3.
  • Liliana De Curtis e Matilde Amorosi. Totò, a prescindere. Mondadori, 1992. ISBN 88-04-35748-7.
  • Liliana De Curtis e Matilde Amorosi. Totò, ogni limite ha una pazienza. Rizzoli, 1995. ISBN 88-17-84412-8.
  • Roberto Escobar. Totò. Avventure di una marionetta. Il Mulino, 1998. ISBN 88-15-06302-1.
  • Dario Fo. Totò: Manuale dell'attor comico. Firenze, Vallecchi, 1995. ISBN 88-8252-028-5.
  • Marco Giusti (a cura di). Antonio de Curtis. Totò si nasce. 1ª ed. Milano, Arnoldo Mondadori Editore (collana "Biblioteca Umoristica Mondadori - I Maestri della comicità"), 2000. ISBN 88-04-47918-3.
  • Marco Giusti. Totò rubato. Un carosello scomparso, in Il grande libro di Carosello, Frassinelli, 2004. ISBN 88-7684-785-5.
  • René Marx. Totò, le rire de Naples. Paris, Editions Henri Berger, 1996. ISBN 2 909 776 01 8 (unica biografia critica in francese).
  • Camillo Moscati. Totò. Imperatore di Capri. Editore Lo Vecchio, 2005. ISBN 88-7333-077-0.
  • Lello Lucignano. Gli uomini che hanno fatto grande Totò. Cavinato Editore International, 2014. ISBN 978-88-89986-89-9.