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Italiano
Parlato in39 paesi
Parlanti
Totale75 milioni di parlanti madrelingua[1], 250 milioni con i parlanti seconda lingua
Classifica10
Altre informazioni
TipoSVO flessiva - sillabica
Tassonomia
FilogenesiLingue indoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Italiano
Statuto ufficiale
Ufficiale inEuropa :
Lingua ufficiale
Europa (bandiera) Europa
Sovrano Militare Ordine di Malta

Città del Vaticano (bandiera) Città del Vaticano
Grecia (bandiera) Grecia (nelle Isole ionie)
Italia (bandiera) Isole italiane dell'Egeo
Italia (bandiera) Italia
Malta (bandiera) Malta
Monaco (bandiera) Monaco
San Marino (bandiera) San Marino
Svizzera (bandiera) Svizzera
Lingua amministrativa
Albania (bandiera) Albania
Montenegro

Americhe :
Guiana italiana
Brasile (bandiera) Brasile (a Santa Teresa e Vila Velha)

Africa :
Lingua ufficiale
File:African Union flag.svg Unione Africana
Unione del Maghreb Arabo

Eritrea (bandiera) Eritrea
Etiopia (bandiera) Etiopia
Libia (bandiera) Libia
Somalia (bandiera) Somalia
Tunisia (bandiera) Tunisia

Asia :
Italia (bandiera) Tientsin
Regolato daAccademia della Crusca
Codici di classificazione
ISO 639-1it
ISO 639-2ita
ISO 639-3ita (EN)
Estratto in lingua
Dichiarazione universale dei diritti umani, art. 1
Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

Distribuzione geografica dell'italiano
«... del bel paese là dove 'l sì suona»

L'italiano (ascolta) è una lingua romanza, diretta erede del latino, basata sul fiorentino letterario usato nel Trecento, appartenente al gruppo italico della famiglia delle lingue indoeuropee.

L'italiano modello[2] convive anche in Italia con un gran numero di idiomi neo-romanzi e ha diverse varianti regionali, per via dell'influenza che su di esso esercitano le lingue regionali. L'italiano è lingua ufficiale dell'Italia metropolitana e d'oltremare, di San Marino[3], del Principato di Monaco, della Svizzera[4] (insieme al tedesco, al francese e al romancio), di Malta (insieme all'inglese), della Città del Vaticano (insieme al latino), del Sovrano Militare Ordine di Malta, della Libia (insieme all'arabo), dell'Eritrea, dell'Etiopia, della Somalia (insieme al somalo) e della Tunisia (insieme all'arabo). È seconda lingua ufficiale, dopo il greco, nelle Isole ionie (Grecia).

L'italiano è una delle 23 lingue ufficiali dell'Unione europea e una delle quattro lingue di lavoro della Commissione europea, insieme con l'inglese, il francese e il tedesco. È inoltre diffuso in alcune aree dei paesi mediterranei e nelle comunità di origine italiana nei diversi continenti.

Storia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia della lingua italiana.
 
Dante Alighieri

L'italiano è una lingua neolatina, cioè derivata dal latino. Più in particolare, deriva dal latino volgare parlato in Italia nell'antichità e trasformatosi profondamente nei secoli.

L'italiano moderno ha come base il fiorentino letterario usato nel Trecento da Dante, Petrarca e Boccaccio, a sua volta influenzato dalla lingua siciliana letteraria elaborata dalla Scuola siciliana di Jacopo da Lentini (1230-1250) e dal modello latino.

Dal latino volgare ai volgari italiani

  Lo stesso argomento in dettaglio: Latino volgare.

Pensare all'italiano come ad una filiazione diretta dal latino può risultare semplicistico e approssimativo: l'italiano è di fatto la stessa "lingua parlata" dei Romani, che attraverso una lunga evoluzione, è diventata l'italiano odierno. In altre parole, già in epoca classica esisteva un latino "volgare", pervenutoci attraverso testi non letterari, graffiti, iscrizioni non ufficiali o testi letterari attenti a riprodurre la lingua parlata, come accade spesso nella commedia.[5]

Esisteva poi un latino "letterario", quello adottato dagli scrittori classici e legato alla lingua scritta, ma anche alla lingua parlata dai ceti socialmente più rilevanti e più colti.[5]

A partire dal III secolo d.C., il Cristianesimo introdusse nella lingua latina nuovi significati e nuove esigenze pratiche. Queste nuove prospettive significarono anche un deciso passo verso l'incontro di lingua parlata e lingua scritta: autori come Ambrogio, Girolamo e Agostino adottarono nei loro scritti la lingua del popolo, la lingua di uso quotidiano, introducendo così, e con maggiore forza che in passato, altri elementi dialettali.[6]

Con la caduta dell'Impero romano e la formazione dei regni romano-barbarici, si assiste ad una sorta di sclerotizzazione del latino scritto (che diviene lingua amministrativa e scolastica), mentre il latino parlato si fonde sempre più intimamente con i dialetti dei popoli latinizzati, dando vita alle lingue neolatine, tra cui l'italiano.[6]

Gli storici della lingua etichettano le parlate che si svilupparono in questo modo in Italia durante il Medioevo come volgari italiani, al plurale, e non ancora lingua italiana. Le testimonianze disponibili mostrano infatti marcate differenze tra le parlate delle diverse zone mentre manca un comune modello volgare di riferimento.

Il primo documento di uso di un volgare italiano è invece un placito notarile, conservato nell'abbazia di Montecassino, proveniente dal principato longobardo di Capua e risalente al 960: è il Placito cassinese (detto anche Placito di Capua), che in sostanza è una testimonianza giurata di un abitante circa una lite sui confini di proprietà tra il monastero benedettino di Capua afferente al Benedettini dell'abbazia di Montecassino e un piccolo feudo vicino, il quale aveva ingiustamente occupato una parte del territorio dell'abbazia: Sao ko kelle terre per kelle fini que ki contene trenta anni le possette parte Sancti Benedicti. È una frase soltanto, che tuttavia per svariati motivi può essere considerata ormai volgare e non più latina: i casi (salvo il genitivo Sancti Benedicti, che riprende la dizione del latino ecclesiastico) sono scomparsi, sono presenti la congiunzione ko ("che") e il dimostrativo kelle ("quelle"), morfologicamente il verbo sao (dal latino sapio) è prossimo alla forma italiana ecc. Questo documento è seguito a brevissima distanza da altri placiti provenienti dalla stessa area geografico-linguistica, come il Placito di Sessa Aurunca e il Placito di Teano.

Uno dei primi casi di diffusione sovraregionale della lingua è la poesia della scuola siciliana, scritta verosimilmente in volgare siciliano da numerosi poeti (non tutti siciliani) attivi prima della metà del Duecento nell'ambiente della corte imperiale. Alcuni tratti linguistici con questa origine vennero adottati anche dagli scrittori toscani delle generazioni successive e si sono mantenuti per secoli nella lingua poetica italiana: dalle forme monottongate come core e loco ai condizionali in -ia (saria per sarebbe).

Dal volgare fiorentino all'italiano

 
Illustrazione di inizio secolo XX celebrante la lingua del sì con l'immagine di Dante e la sua famosa frase sovrapposta al tricolore

L'assetto attuale dell'italiano discende in sostanza da quello del volgare fiorentino trecentesco, ripulito dei tratti più marcatamente locali [7]. Tra i numerosi tratti che l'italiano riprende dal fiorentino trecentesco, e che erano invece estranei a quasi tutti gli altri volgari italiani, si possono citare per esempio, a livello fonetico, cinque elementi discriminanti individuati da Arrigo Castellani:

  • i "dittonghi spontanei" ie e uo (piede e nuovo invece di pede e novo)
  • l'anafonesi (tinca invece di tenca)
  • la chiusura di e protonica (di invece di de)
  • l'evoluzione del nesso latino -RI- in i invece che in r (febbraio invece di febbraro)
  • il passaggio di ar atono a er (gambero invece di gambaro)

Già dalla fine del Trecento la lingua parlata a Firenze si distacca però da questo modello, che successivamente viene codificato da letterati non fiorentini (a cominciare da Pietro Bembo) e usato come lingua comune per la scrittura in tutta Italia a partire dalla seconda metà del Cinquecento. Secondo Bruno Migliorini, «Se leggiamo una pagina di prosa, anche d'arte, degli ultimi anni del Quattrocento o dei primi del Cinquecento, ci è di solito abbastanza facile dire da quale regione proviene, mentre per un testo della fine del Cinquecento la cosa è assai malagevole»[8]. A partire da questo periodo tutti gli storici della lingua parlano quindi ormai di lingua italiana in senso moderno, e non più di volgare fiorentino.

Diffusione dell'italiano nell'uso quotidiano

 
Alessandro Manzoni

L'italiano rimase lingua di uso quotidiano per fasce molto ridotte della popolazione almeno fino alla seconda metà dell'Ottocento. A questo punto si deve a un altro pioniere della lingua italiana, Alessandro Manzoni, l'aver adottato il fiorentino come lingua ufficiale dell'Italia, che proprio allora stava nascendo come nazione. La sua decisione di donare una lingua comune alla nuova patria, da lui riassunta nel celebre proposito di «sciacquare i panni in Arno»,[9] fu il principale contributo di Manzoni alla causa del Risorgimento.[10]

In seguito, fattori storici quali l'unificazione politica o la Prima guerra mondiale hanno contribuito a renderne l'uso molto più comune. Nella seconda metà del Novecento in particolare, la diffusione della lingua è stata rapida anche grazie al fondamentale contributo della televisione.

Uso nell'età contemporanea

L'italiano è oggi usato in Italia in tutte le situazioni comunicative, sia informali (conversazione in famiglia o tra amici) sia formali (discorsi pubblici, atti ufficiali). Gli italiani che non si servono dell'italiano fanno parte di una delle minoranze linguistiche; molto più limitato è l'uso di una lingua straniera. secondo i dati del ministero dell'interno il 95% degli italiani ha come lingua madre l'italiano e il 5% degli italiani non ha come lingua madre l'italiano ma una lingua minoritaria: essi sono le minoranze linguistiche.

La diffusione dell'italiano nella comunicazione informale è avvenuta soprattutto nella seconda metà del Novecento, e l'uso effettivo è quindi strettamente collegato all'età dei parlanti. Le persone che nel 2006 parlavano "solo o prevalentemente italiano" sono per esempio state stimate da un'indagine ISTAT pari al 72,8 % con gli estranei e al 45,5 % in famiglia, con questa distribuzione nelle fasce d'età estreme[11]:

  • da 6 a 10 anni: 68,2%
  • da 11 a 14 anni: 62,4%
  • da 65 a 74 anni: 31,9%
  • 75 e più: 28,2%

L'uso dell'italiano è generalizzato nei mezzi di comunicazione di massa (giornali, radio, cinema, televisione). In Italia i film stranieri sono di regola presentati con un doppiaggio in lingua italiana e le trasmissioni televisive in lingua diversa dall'italiano sono molto rare.

L'italiano tra le altre lingue del mondo

A differenza di quel che vale abitualmente nelle dinamiche linguistiche, l’espansione dell’italiano non è avvenuta attraverso le armi (se non in modo marginale durante l'avventura coloniale). L'affermazione dell'italiano oltre la Penisola, notevole nei secoli XVI-XVIII, è stata garantita quasi esclusivamente dal suo spessore culturale. Si pensi alla poesia, con sonetto presente, come prestito diretto o mediato da un’altra lingua-ponte, non solo in francese, spagnolo, inglese o tedesco, ma anche in russo, danese, coreano, malese, indonesiano o kannada (una lingua dravidica dell'India meridionale); all'architettura con loggia, presente nel significato proprio e in quelli derivati di "palco al teatro" o e di "associazione" (attraverso le logge massoniche), tra l'altro in estone, lituano, lettone, neogreco, georgiano, neoebraico; e soprattutto alla musica. In questo caso si può dire che l'italiano faccia tutt'uno con la diffusione della musica occidentale: si pensi ai nomi di moltissimi strumenti musicali (pianoforte, viola, flauto, fino all'ocarina, ideata dal Donati nel 1867, attingendo a una voce del romagnolo nativo), o a indicazioni agogiche come allegro, che si ritrova non solo nelle lingue europee più vicine geograficamente e culturalmente, ma anche in finnico, islandese, lituano, turco, georgiano, coreano, malese, indonesiano, giapponese.
Si sa che l’italiano è stata, ed è, la lingua del melodramma. Oggi non si saprebbe immaginare un soprano o un tenore asiatici che non conoscano l'italiano e rinuncino quindi a interpretare opere che tengono stabilmente il cartellone dei principali teatri lirici del mondo; opere, si ricorderà, musicate non solo da compositori italiani, ma anche da stranieri, primo su tutti Mozart: alla sua collaborazione con Lorenzo Da Ponte si devono i capolavori ben noti, il Don Giovanni fu tra le pochissime opere ad aver goduto dalla prima rappresentazione (1787) in poi di una vita scenica ininterrotta. Il predominio dell’italiano come lingua dell’opera lirica durò fino al nazionalismo romantico, quando si scrissero libretti in tutte le lingue e diventarono comuni le traduzioni, anche di libretti italiani, nella lingua del pubblico. Ma con la moderna mobilità internazionale dei cantanti e l’introduzione dei sottotitoli, le opere sono di nuovo normalmente cantate in lingua originale. Nella stagione 2003-2004, nei grandi teatri lirici non italiani, il tasso di presenza di opere cantate in italiano risultava del 37%. La passione per la musica italiana è molto diffusa in tutto il mondo e addirittura dalla Mongolia è giunta la richiesta di costituire un comitato della Dante Alighieri solo per conoscere le parole delle opere liriche italiane. In un testo del 1785 sulla rivoluzione dell’opera italiana il gesuita spagnolo Stefano Arteagas si sosteneva che l’opera italiana, cioè la musica che accompagnava il canto, fosse la più adeguata e che la lingua italiana fosse la più adatta per gli accenti che caratterizzano il linguaggio e le parole rispetto, per esempio, al canto francese o a quello tedesco.
Ma la sorte dell’italiano nel mondo dipende non solo dalla promozione di un potente e fascinoso mezzo culturale quale è indubbiamente il melodramma dei grandissimi maestri italiani, da Claudio Monteverdi a Giuseppe Verdi e Giacomo Puccini. Il prestigio dell’italiano come lingua della poesia, segnatamente della lirica, può essere infatti misurato anche attraverso l’adozione da parte di grandi scrittori stranieri. John Milton, l'autore del Paradiso perduto, pubblicò nel 1645 sei sonetti in italiano, probabilmente scritti ben prima di quel viaggio in Italia che ne avrebbe segnato in modo decisivo la biografia intellettuale; e il grande poeta simbolista russo Vjačeslav Ivanov, che visse in Italia gli ultimi venticinque anni della vita, dal 1925 al 1949, ci ha lasciato cinque autotraduzioni in lingua italiana, una delle quali è un vero e proprio rifacimento d'autore.
Ma la cultura non si riduce alla letteratura e alle arti. Non si può tacere il contributo che all'espansione degli italianismi ha dato l'economia tardomedievale: spicca la Toscana col suo fiorino, un nome che è stato accolto altrove per indicare la divisa nazionale (nei Paesi Bassi fino all'adozione dell’euro e in Ungheria), ma è notevole anche la vitalità dei centri mercantili settentrionali. Un solo esempio: lombardo è stato usato come antonomasia per indicare il mercante italiano che svolgeva la sua attività all'estero, prestando ad usura, ma ha anche assunto altrove significati sconosciuti in patria: da "monte di pietà" (russo, inglese, neerlandese, danese, ungherese) a "prestito su pegno" (cèco, ungherese), fino ad accezioni irradiatesi per altre strade come "tipo di cavolo" (portoghese, spagnolo del Messico) o "capomastro" (catalano).
Se la musica e le arti guardano all'Italia come centro propulsore, non mancano altri settori tipicamente legati all'Italia nell'immaginario degli stranieri, a cominciare dalla gastronomia. È prevedibile che, in un campione di 66 lingue del mondo, pizza (60), spaghetti (54) e cappuccino "bevanda" (40) siano largamente presenti; meno prevedibile la fortuna, molto più recente, di tiramisù (presente in 23 lingue diverse), pesto (16), carpaccio (13): termini che confermano la persistente popolarità della cucina italiana. Quanto alla moda, altro comparto trainante dell'economia italiana contemporanea, l'influsso si misura più sulle cose che sulle parole; ma è significativo il termine giapponese shiroganēze, tratto dal toponimo Shirogane, quartiere di Tokyo particolarmente raffinato; un termine foggiato a quanto pare sul modello di milanese, da Milano, capitale della moda: una testimonianza indiretta ma efficace del prestigio in questo campo della lingua donatrice.

I motivi fondamentali per cui si studia l’italiano sono tre: il suo destino di grande lingua di cultura, il suo destino di lingua che si appoggia a una economia in grande espansione, il suo destino come lingua delle comunità italiane all’estero. L’italiano è quindi studiato per motivi professionali ma anche per libera scelta, e da persone relativamente avanti negli anni, oltre che da studenti. Che l’italiano sia una lingua di cultura, per il suo presente e per il suo passato, è ben noto: dal Trecento al Cinquecento la letteratura e la cultura letteraria e intellettuale italiane sono state largamente esportate all’estero, dalla Francia all’Inghilterra, dalla Spagna al mondo di lingua tedesca e oltre. Un primo motivo del successo dell’italiano era dunque che in italiano erano scritte la Divina Commedia, il Canzoniere, il Decameron, l’Orlando Furioso, la Gerusalemme Liberata, e altre opere, fortunate come il Cortegiano del Castiglione. I testi letterari diffondevano la conoscenza della lingua tra coloro che potevano leggerli nell'originale, o almeno quella della cultura, tra quanti accedevano alle traduzioni. Fuori di un interesse specificamente letterario, l’italiano era lingua largamente nota nel mondo degli artisti: non c’è artista europeo che, nel Rinascimento e oltre, non abbia fatto il suo soggiorno di apprendistato a Venezia o a Roma. Ancora, nel Medioevo e nel Rinascimento le università italiane, e particolarmente quelle di Padova e Bologna, richiamavano studenti transalpini in gran numero, tra i quali filosofi e scienziati come Niccolò Cusano (1401-1464), che studiò a Heidelberg e a Padova, o Nicola Copernico (1473-1543) che frequentò le università di Cracovia e Bologna. E anche oggi l’italiano è lingua largamente nota a chi si occupa di arti figurative. Anche più lunga, poi, è stata l’incidenza dell’italiano nella musica (in molte lingue la terminologia musicale è ricavata di peso dall’italiano); e di qui viene l’immagine tradizionale dell’italiano come lingua musicale. Senza trattenerci su una tematica comprensibilmente molto vasta, ancora oggi è importante, fra le tante e qualche volta deplorevoli forme del turismo, il turismo colto, che sceglie l’Italia come una delle sue mete preferite. L’italiano come lingua del lavoro, degli affari e dell’economia ha pure un suo ruolo non secondario; e non sempre può essere soppiantato da quella lingua franca che è l’inglese. Industria e commercio sono un potente canale di comunicazione internazionale; e qui ricordiamo, perché è un’attività economicamente notevole che si collega all'aspetto culturale, l’importanza degli stilisti, che fanno della moda uno dei motivi per cui l’Italia è più nota nel mondo.

L’italiano è la lingua franca di uno dei principali soggetti geopolitici mondiali: la Chiesa Cattolica. La lingua ufficiale della Chiesa, come si sa, è il latino, ma quella in uso fra i prelati (e spesso anche i semplici preti) di nazioni diverse è soprattutto l’Italiano che è parlato correntemente in Vaticano ed usata prevalentemente dal Papa, vescovo di Roma, anche se non si tratta più di un italiano da quasi quaranta anni. Ed anche in ordini religiosi con i salesiani o i gesuiti, la lingua corrente è l’italiano.

L'italiano va di moda in Africa, soprattutto nel Maghreb e sulla costa sub-sahariana, che pure sono zone storicamente francofone. Lì sono già tanti i narratori, il più famoso e Amara Lakhuos, che scrivono dell'idioma di Dante.

L’italiano è una lingua di cultura. Gli splendori dell’Italia in campo culturale e artistico sono ben conosciuti ed apprezzati a livello mondiale; secondo i dati più recenti dell’UNESCO ben il cinquanta percento dei tesori artistici al mondo si trovano in Italia. Conoscere l’italiano significa avere accesso a un patrimonio letterario di fondamentale importanza per la storia d’Europa, a testi umanistici e scientifici di valore, alla produzione teatrale, musicale, operistica, cinematografica e televisiva italiana.

L’italiano è una lingua di studio. Sono molti gli studenti che ogni anno decidono di frequentare le nostre Scuole, le nostre Università, le nostre Accademie, le nostre biblioteche. Alcuni studenti hanno infatti indicato che avere l'italiano come lingua di specializzazione nel proprio curriculum universitario accresce sensibilmente la possibilità di un impiego post-laurea, non solo presso le ditte italiane operanti in Canada, ma anche per ditte canadesi con sedi in Italia e naturalmente presso le Organizzazioni Internazionali.

L’italiano è una lingua di lavoro. Manager, investitori, tecnici, maestranze, lavoratori entrano in contatto con il mondo industriale, artigianale e dei servizi italiano che varca le frontiere del nostro paese. Non bisogna dimenticare il presente dell’Italia di paese moderno e dinamico e dei progressi dell’Italia contemporanea, dei traguardi raggiunti negli ultimi cinquant'anni: da un paese povero, agricolo e rurale, ricco solo di monumenti ed opere d'arte, l’Italia è diventata una potenza industriale globale, collocandosi al sesto posto tra i paesi maggiormente industrializzati. L’Italia è anche fra i dieci principali partners commerciali del Canada ed è nota per l’alta qualità dei prodotti "tipici" quali l’abbigliamento, le calzature, i mobili, gli articoli di arredamento e per i prodotti provenienti dal settore industriale - in particolare le macchine utensili, l’industria aerospaziale, la robotistica, le telecomunicazioni e l’industria chimica.

L'italiano è una lingua veicolare: non è la lingua della comunicazione universale come l'inglese: ma è lingua franca, per esempio nel Mediterraneo, da dove vengono tanti degli immigrati che giungono in Italia. Nella Formula Uno, il grande circo mondiale dell’automobilismo sportivo, la lingua italiana è diffusa complici i meccanici italiani che lavorano in molte scuderie e la formazione “kartistica” dei tanti piloti che da giovani hanno corso con i kart in Italia, vero paradiso delle “macchinine”.

Lessico

Il lessico della lingua italiana è descritto oggi da numerosi dizionari, impostati secondo criteri moderni, che includono circa 160.000 parole di uso consolidato. Alcuni dizionari includono fino a 800.000 lemmi (Treccani); d'altro lato, secondo gli studi di Tullio De Mauro, la lingua di comunicazione quotidiana è fondata su una base di circa 7.000 parole. Il Corpus lip (Lista Italiano Parlato) contiene un elenco delle parole che vengono comunemente utilizzate nella comunicazione verbale.

Nel corso dei secoli il lessico dell'italiano ha accolto numerosi prestiti e calchi linguistici da altre lingue e culture.

Prestiti da lingue prelatine

Alcune parole dell'italiano derivano da lingue parlate in Italia prima dell'avvento del latino. Hanno questa origine, per esempio, persona (proveniente dall'etrusco) e bufalo (proveniente dall'osco-umbro). Queste parole sono entrate nell'italiano e nei dialetti dell'Italia attraverso la mediazione del latino.

Latinismi

Il lessico italiano deriva in massima parte dal latino volgare. Il lessico con questa origine non è quindi considerato prestito; in alcuni casi, però, parole modellate su parole del latino letterario sono state reintrodotte nei volgari italiani prima e nell'italiano poi, fino all'età contemporanea. Questo a volte ha creato coppie di parole con la stessa origine ma significato diverso. Dal latino VITIUM hanno origine per esempio sia la parola vezzo, per tradizione ininterrotta, che la parola vizio, reintrodotta sulla base dell'uso latino classico. Altri latinismi sono stati reintrodotti anche attraverso la mediazione di altre lingue.

Grecismi

Dal greco sono entrati in italiano molti termini scientifici, politici e religiosi, questi ultimi dovuti alla diffusione della Vulgata (la traduzione della Bibbia dalla versione in greco detta Septuaginta, da cui parabola, angelo, chiesa, martire etc.); dai bizantini deriva lessico marinaresco (galea, gondola, molo, argano) o botanico (basilico, bambagia).

Ebraismi

Dall'Ebraico derivano parole usate nei riti cristiani come sabato, satana, cabala, osanna, alleluia, pasqua e altre come manna, sacco.

Arabismi

Numeroso il lessico che proviene da parole arabe, tra cui vegetali (arancia, limone, spinaci), animali o di caratteristiche d'essi (ubara, ubèro), alimentari (sciroppo, zucchero, caffe), di suppellettili (materasso, zerbino), o di prodotti (garbo, coffa, ghirba, probabilmente valigia), termini commerciali, amministrativi e giuridici(dogana, fattura, fondaco, magazzino, tariffa, sultano, califfo, sceicco, ammiraglio, alfiere, harem, assassino), ludici (azzàrdo), scientifici (alchimia, alambicco, elisir, calibro), matematici (algebra, algoritmo, cifra, zero), altri aggettivi o sostantivi (meschino, tarsia, intarsiato) e recentemente termini come intifada, burqa e kefiah.

Persiano

Dal persiano derivano parole come scacchi (da cui anche il matto di "scacco matto"), mago, pasdaran.

Francesismi

Dal francese medievale o dal provenzale provengono moltissimi termini, ad esempio: burro, cugino, giallo, giorno, mangiare, manicaretto, saggio, savio, cavaliere, gonfalone, usbergo, sparviere, levriere, dama, messere, scudiero, lignaggio, liuto, viola, gioiello...; oltre il Medioevo i prestiti dall'area francese si riducono, per riprendere in occasione dell'occupazione della Lombardia nel XV secolo (maresciallo, batteria, carabina, ma anche bignè, besciamella, ragù).

In epoca illuministica e quindi con Napoleone si insedieranno ad esempio rivoluzione, giacobino, complotto, fanatico, ghigliottina, terrorismo.

Nell'Ottocento entrano ancora parole come: ristorante, casseruola, maionese, menù, paté, puré, crêpe, omelette, croissant (cucina); boutique, décolleté, plisse, griffe, prêt-à-porter, fuseaux (moda); boulevard, toilette, sarcasmo, cinema, avanspettacolo, soubrette, boxeur (anglismo passato al francese), chassis.

Il termine informatica entra rapidamente dopo la nascita del neologismo informatique nel 1962.

Germanismi

In larga parte di origine longobarda o franca, in minor misura dal gotico sono diversi termini comuni in italiano. Per esempio: guerra, guernìre-guarnìre, zanna, grinfia, stambecco, sapone, vanga, banda, guardia, elmo, albergo, spola, guercio, stanga, schiena, banca. Alcuni prestiti sono scandinavi come per esempio renna.

Anglismi

I prestiti dall'inglese sono relativamente recenti, indicativamente dalla fine del Settecento, ma considerevoli. Secondo Tullio De Mauro gli anglismi entrati nell'italiano si attestano attorno all'8% del lessico complessivo.

Dopo la seconda guerra mondiale, si insediano stabilmente termini relativi allo sviluppo tecnologico ed economico; molti sono prestiti di necessità, ovvero non traducibili con lemmi già esistenti: kit, jeans, film, killer, partner, okay, puzzle, scout, spray, west, punk, rock; lessico finanziario come budget, marketing, meeting, business; informatico come click, cliccare, computer, formattare, hardware, software, mouse, blog (da web-log); sportivi come goal, corner, cross, assist, baseball, basket.

Iberismi

Dallo spagnolo, prima e durante l'occupazione asburgica, sono giunti nell'italiano termini come amaca, ananas, brio, cacao, cioccolata (originariamente nahuatl), condor (originariamente quechua), creanza, etichetta, guerriglia, lama (originariamente quechua), lazzarone, mais (originariamente taino), parata, patata (originariamente quechua), posata, puntiglio, sfarzo, sussiego, zaino ...

Dal portoghese derivano parole come, banana, cocco, mandarino (originariamente cinese), pagoda (originariamente cinese)...

Tra questi, molti hanno origine dai nuovi referenti provenienti dalla scoperta dell'America.

Fra le lingue iberiche minoritarie che ebbero una certa influenza sull'italiano, va senz'altro menzionato il catalano, parlato, insieme al toscano o ai dialetti locali, in alcune corti medievali (in Sicilia, fra il XIII e il XV secolo, in Sardegna fra la prima metà del XIV e la prima metà del XVII secolo, e a Napoli nel corso del XV secolo).

Tutela della lingua italiana

Accademia della Crusca

L’Accademia della Crusca è il più importante centro di ricerca scientifica dedicato allo studio e alla promozione dell’italiano. Essa si propone in particolare l’obiettivo di fare acquisire e diffondere nella società italiana, specialmente nella scuola, e all’estero, la conoscenza storica della lingua nazionale e la coscienza critica della sua evoluzione attuale nel quadro degli scambi interlinguistici del mondo contemporaneo. È membro fondatore della Federazione Europea delle Istituzioni Linguistiche Nazionali - EFNIL. Come evidenziato nello statuto, l'accademia si occupa di promuovere lo studio della lingua italiana a fini storico-linguistici, lessicografici ed etimologici. L'attività scientifica dell'Accademia si svolge in tre campi principali:

  1. il Centro studi di filologia italiana, che promuove lo studio e l'edizione critica degli antichi testi e degli scrittori italiani;
  2. il Centro di studi di lessicografia italiana, che si occupa di studi sul lessico italiano e della compilazione di opere lessicografiche;
  3. il Centro di studi di grammatica italiana, addetto allo studio della grammatica storica, descrittiva e normativa della lingua italiana.

Istituto Opera del Vocabolario Italiano

L'Opera del Vocabolario Italiano è l'Istituto del CNR che ha il compito di elaborare il Vocabolario Storico Italiano. È membro fondatore della Federazione Europea delle Istituzioni Linguistiche Nazionali - EFNIL.

Quotidiani in lingua italiana

Tra i diversi quotidiani in lingua italiana editi non in Italia, si citano:

L'italiano nell'Unione europea

Secondo un sondaggio dell'Unione europea a 15, relativo al 2001, l'italiano è al secondo posto per numero di parlanti madrilingua in ambito comunitario (16%), dopo il tedesco (24%) e davanti a francese e inglese. Un sondaggio più recente dell'Unione europea a 25, effettuato su un campione di 28.694 cittadini europei e relativo al 2006, ha confermato la seconda posizione dell'italiano quanto a numero di madrelingua comunitari, preceduta solo dal tedesco (18%).
Nelle statistiche dell'Unione Europea, la lingua italiana è parlata come lingua madre dal 13% della popolazione totale, ovvero da 65 milioni di persone,[14] soprattutto in Italia. Nell'UE, l'italiano è parlato come seconda lingua dal 3% della popolazione, ovvero 14 milioni di persone. Tra gli stati europei, l'italiano è parlato come seconda lingua a Malta dall'84% della popolazione, in Slovenia dal 15%, in Croazia dal 14%, in Austria dall'11%, in Romania dall'8%, in Francia, Grecia e Lussemburgo dal 6% e in Germania e Cipro dal 4% della popolazione.[14] L'italiano è inoltre una delle lingue ufficiali della Svizzera, che non è un membro dell'Unione Europea.[15] L'italiano è molto parlato e studiato anche in Albania e in Montenegro, altri due paesi non-membri dell'UE, per via dei loro legami storici e della vicinanza geografica con l'Italia; in tali paesi è la lingua straniera più conosciuta ed è insegnata obbligatoriamente in tutte le scuole di ogni ordine e grado.

Da un punto di vista giuridico l'UE riconosce all'italiano come ad altre 22 lingue nell'Unione lo status di lingua ufficiale.[16] Tuttavia l'attuazione di tale politica ha fatto sorgere delle preoccupazioni in vari Paesi. Sebbene il multilinguismo non sia ufficialmente in discussione, sono molti i documenti o decreti redatti unicamente in inglese, tedesco, francese e italiano: di fatto si sta progressivamente affermando un multilinguismo a quattro, sostenuto dai rappresentanti dei quattro paesi interessati. Anche fuori dell'ambiente politico, c'è chi chiede che sia rispettata di fatto l'uguaglianza per tutte le lingue ufficiali, come teoricamente l'Ue garantisce.[17] È stata anche avanzata la proposta di adottare una lingua ausiliaria non appartenente a nessun popolo per evitare la sopraffazione delle altre lingue sotto il peso dell'inglese, che di fatto assume importanza maggiore anche nel multilinguismo a quattro.

Mediterraneo e lingua italiana

L'italiano e il mare

Si dice spesso che la lingua franca parlata dal X secolo negli ambiti marittimi e mercantili del Mediterraneo avesse una base italiana o spagnola nel bacino occidentale e una base veneziana in quello orientale (italiano come lingua franca). La lingua franca barbaresca, essendo di natura orale e conosciuta attraverso la letteratura parodistica, risulta difficile da definire, ma se fosse stata «un pidgin a base soprattutto italiana» (Cifoletti, 2004) sarebbe significativo, perché rifletterebbe la diffusione delle varietà parlate dai naviganti e dai mercanti italiani che solcavano le rotte del Mediterraneo.

La diffusione del veneziano nel bacino orientale era dovuta alla politica espansionistica della Repubblica di Venezia dal X secolo in poi in Dalmazia, Grecia, Cipro, Rodi, Creta, e nel Peloponneso, soprattutto nei centri cittadini e portuali. Come la lingua franca, questa varietà non dovrebbe essere definita italiana; tuttavia (secondo Cortelazzo, 1998) «il primato dell’italiano è indiscusso nel Mediterraneo orientale», tanto che ha arricchito di numerosi termini le lingue di tali territori. Venezia portò nelle isole Ionie non solo il veneziano ma anche l’italiano del diritto, tanto che nella Corfù britannica le leggi municipali furono pubblicate in italiano nel 1846.

Nel Settecento in Turchia l’italiano faceva da lingua intermediaria fra il russo e il turco e in Egitto l’italiano fu lingua ufficiale dell’amministrazione fino al 1876.

L’italiano lingua ufficiale di uno "stato" internazionale

Fondato a Gerusalemme nell’XI secolo per assistere e difendere i pellegrini cristiani, l’Ordine di San Giovanni, religioso, militare e ospedaliero, era inizialmente composto da membri francesi e la sua prima lingua era il francese; poi il numero dei cavalieri di altre nazionalità crebbe e negli statuti e altri strumenti ufficiali fu adottato il latino.

L’Ordine, strutturato in otto ‘Lingue’ (cioè nazioni: Francia, Provenza, Alvernia, Italia, Aragona, Castiglia, Inghilterra e Germania), quando si trasferì a Rodi avvertì la necessità di una lingua interetnica meno ostica del latino. Nel 1446 un cavaliere italiano, Giacomo De Soris, aggiunse una nota allo Statuto rivelando che verba faciemus in quo humili stilo et materno quasi sermone utimur («parliamo in stile umile e ci serviamo di una lingua quasi materna»), il che fa pensare all’adozione dell’italiano, sicuramente fra i cavalieri dei sette priorati d’Italia (Lombardia, Venezia, Pisa, Roma, Capua, Barletta e Messina) e probabilmente anche da parte degli altri gruppi etnici.

Sintomatico del tipo di italiano che si scriveva a Rodi nel XV secolo è un codice del 1467 (Biblioteca Nazionale di Malta, Archivio 1700), il cui sommario dice:

«Usagi et sguardi et bon costumi della santa Mansione del hospital di San Giovanni battista de hierusalem li quali deno tenir et usare li frati del hospital: Li casi per li quali el fratre perde lhabito et la compagnia della mansione perpetualmente […] Li jeiunij della mansione.»

L’importanza dell’italiano risulta dal fatto che gli atti dei Capitoli Generali degli anni 1454, 1475, 1495 e 1501, redatti a Rodi, contengono allegati in italiano, che non riguardano solo la Lingua d’Italia, ma anche le altre Lingue.

Dopo che gli Ottomani scacciarono l’Ordine da Rodi, Carlo V offrì le isole di Malta in feudo ai Cavalieri, che vi si stabilirono nel 1530. La vicinanza alla Sicilia, gli stretti rapporti con Roma e l’affermazione del volgare fiorentino in Italia spinsero i Cavalieri ad adottare l’italiano come lingua ufficiale accanto al latino. Gli atti dei Capitoli Generali continuarono a scriversi in latino, ma il primo tenuto a Malta, nel 1532, contiene un lungo brano in italiano sui regolamenti della Marina. Dopo la consueta introduzione in latino si legge:

«E primo. Che ’l venerando Capitano e patroni de gallere se debiano constituire et ponere in l’officio per doi anni bene faciendo. Item che sopra cadauna gallera non si debia portare più de ottanta scapuli boni et sufficienti et portandone davantagio che sia sopra el capitano et patroni.»

A Malta l’italiano dell’Ordine perse le peculiarità veneziane e assunse un carattere più meridionaleggiante (Brincat 2003: 379-386). Dopo alcuni decenni, lo studio delle grammatiche del Cinquecento (comprovato dalle numerose copie conservate nella Biblioteca Nazionale di Malta, che ha ereditato gran parte dei libri personali dei Cavalieri) portò il livello dell’italiano scritto a Malta dai cavalieri italiani e da alcuni non italiani, e anche dai maltesi colti, a un livello difficilmente distinguibile da quello scritto in Italia. Onofrio Acciaioli, nella presentazione degli Statuti tradotti dal latino in italiano da Paolo Del Rosso e pubblicati a Firenze nel 1567, descrive così la situazione a Malta:

«essendo che la maggior parte delle persone de’ nostri tempi hanno poca notizia della Latina, la quale ordinariamente non si usa, et che questa nostra non solamente in Italia, ma ancor in ogni altra Provincia è conosciuta, et si intende, et si parla ancora più che ogni altra lingua, in cotesta isola di Malta dove è la nostra residenza.»

Nel ricchissimo archivio dell’Ordine, conservato alla Valletta, la maggior parte dei manoscritti e dei libri stampati tra XVII e XVIII secolo sono infatti in lingua italiana.

L’Ordine promosse trattati in vari settori, dalla medicina alla navigazione, e nel Settecento pubblicò in italiano due codici che regolavano non soltanto le faccende dei Cavalieri ma anche l’amministrazione della giustizia nello stato di Malta. Le Leggi e Costituzioni Prammaticali (1724) del Gran Maestro De Vilhena e il Diritto Municipale di Malta (1784) del Gran Maestro De Rohan stabilirono la base italiana del sistema giudiziario maltese, il quale resistette tenacemente all'anglicizzazione più volte tentata dal governo britannico tra il 1813 e il 1936.

L'italiano delle colonie

Le colonie italiane che si stabilirono nell'Africa del Nord tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, quando l’esodo di operai e contadini italiani (soprattutto siciliani, sardi e calabresi) fu massiccio. Tra il 1949 e il 1956 in Tunisia vivevano 120.000 italiani, in Egitto erano 10.000 nel 1849 e 55.000 nel 1940, e in Marocco il migliaio del 1911 si decuplicò nel 1935. Anche se erano generalmente dialettofoni, gli italiani diedero vita a varie attività culturali, promossero la pubblicazione di giornali e libri e crearono scuole italiane. Le scuole regie ebbero fortuna; i rapporti ufficiali dal 1922 al 1927 firmati dal direttore delle scuole italiane all'estero affermano che le più floride erano quelle in Tunisia, che avevano una media di 500 alunni.

Nel Mediterraneo il futuro dell’italiano sembra legato, almeno come esposizione, soprattutto alla televisione, dato che l’ascolto dei canali italiani è relativamente alto a Malta, in Albania, in Tunisia e in Marocco, e all’accessibilità dei siti italiani in Internet.

Comunità dei paesi di lingua italiana

Le stime della Società di Linguistica Internazionale valutano che al mondo esistano oltre 200 milioni di persone in grado di parlare italiano: si contano circa 70 milioni di persone di madrelingua italiana (63,5 milioni di questi sono residenti in Italia) ed oltre 131 milioni di persone che parlano l'italiano come seconda lingua.

In alcuni paesi l'Italiano è lingua ufficiale; in altri ha un uso relativamente diffuso, anche se privo di riconoscimento giuridico. È inoltre fra le tre lingue più studiate al mondo (come lingua non madre).

La lingua italiana è la 15a lingua parlata come prima lingua per dimensione; essa è parlata in complessivamente 40 paesi da 75 milioni di persone.

L'italiano come lingua ufficiale:[18]
Stati o altre divisioni territoriali dove l'italiano è l'unica lingua ufficiale:
Stati o altre divisioni territoriali dove l'italiano è una delle lingue ufficiali:
Stati in cui la lingua italiana è localmente ufficiale:
L'italiano come lingua di insegnamento obbligatoria e/o lingua amministrativa:[18]
  •   Albania (lingua straniera conosciuta dall'80% della popolazione e insegnata in tutte le scuole come prima lingua straniera obbligatoria)
  •   Brasile (ufficiale a livello regionale ed etnico a Santa Teresa e Vila Velha, e come tale insegnato obbligatoriamente nelle scuole. Nel Rio Grande do Sul è riconosciuto come lingua ufficiale regionale, e a São Paulo è diffuso non ufficialmente)
  •   Montenegro (lingua straniera più conosciuta e insegnata nelle scuole)
L'italiano come lingua nazionale o altra lingua parlata
Paesi in cui l'italiano è lingua di cultura privilegiata
  •   Egitto (parlato vicino al confine della Libia)
  •   Israele (parlato per lo più da ebrei italiani, libici ed etiopi)
  •   Romania

Lingua ufficiale

L'italiano è lingua ufficiale nell'Italia metropolitana e d'oltremare (Isole italiane dell'Egeo in Europa, Guiana italiana in Sudamerica, Tientsin in Asia), a San Marino, nella Città del Vaticano, nel Principato di Monaco, in Svizzera (insieme a tedesco, francese e romancio), a Malta (insieme all'inglese), nelle Isole ionie (Grecia), in Libia (insieme all'arabo), in Eritrea, in Etiopia e in Somalia (insieme al somalo) . L'italiano è inoltre una delle 23 lingue ufficiali dell'Unione europea.

Fuori d'Europa, l'italiano è anche diffuso nelle ex-colonie italiane in Africa: Libia, Eritrea, Etiopia e Somalia. L'italiano, arrivato nel continente africano con la colonizzazione da parte del Regno d'Italia, è spesso una seconda lingua per la popolazione locale ma in alcune regioni e contesti è diventato una lingua materna, sostituendo in tutte le funzioni comunicative le lingue locali: è il caso del dipartimento italiano delle Isole Hanish e di alcune aree urbane e metropolitane come quella di Asmara, capitale dell'Eritrea.

L'italiano è utilizzato da comunità storiche di emigrati in numerose altre località del bacino mediterraneo (da Gibilterra alla Crimea, da Costantinopoli all'Algeria passando per Alessandria d'Egitto e il Libano).

Italia

In Italia l'italiano è lingua ufficiale in quanto l'art. 12 della Costituzione recita: «L'italiano è la lingua ufficiale della Repubblica.».

L'italianizzazione dell'Italia
«Una d’arme, di lingua, d’altare»

Il 1861 è l'ideale linea di demarcazione tra una penisola composta da forze contrapposte a un'Italia unita sotto un'unica bandiera, simbolo della nuova unità nazionale.

Un avvenimento, quello dell'unità, che è necessario analizzare non solo dal punto di vista amministrativo e legislativo, ma anche e soprattutto dal punto di vista linguistico: in effetti sono proprio la lingua e la reciproca comprensione a dar vita a quella condivisione comunicativa che deve essere necessariamente alla base di uno stato.

Immediatamente dopo l'unificazione dell'Italia, la situazione dal punto di vista linguistico non era affatto positiva: l'italiano era in effetti appannaggio di una ristretta élite, composta esclusivamente da colti e letterati. La restate popolazione italiana, analfabeta, continuava ad utilizzare le diverse forme dialettali proprie delle differenti zone della penisola.

Un problema sentito, quello della divisione linguistica, tanto che lo stesso Alessandro Manzoni, già prima dell'unificazione e precisamente nel 1806, si riferì all'italiano come 'lingua morta', poiché non condivisa e, soprattutto, non parlata dalla moltitudine. Un problema che il letterato toccò con mano durante la stesura dei Promessi Sposi, quando si accorse dell'inadeguatezza della sua lingua, non codificata in modo univoco e, soprattutto, intrisa di francesismi, lombardismi e toscano colto. Fu però all'indomani dell'unità che Manzoni, vicino alle problematiche del suo tempo, propose la diffusione del solo fiorentino colto, al fine di ottenere la tanto agognata unità linguistica.

Secondo De Mauro, illustre linguista italiano, all'indomani dell'unificazione la percentuale degli italofoni si aggirava intorno al solo 2,5% su 25milioni di abitanti, benché fosse più estesa la competenza passiva dell'italiano, ovvero la capacità di comprendere la lingua senza però saperla parlare.

Il primo passo intrapreso fu quello di rendere più capillare l'istruzione e l'alfabetizzazione lungo la penisola. Un processo che fu certamente utile, ma che non eliminò completamente il problema ma lo disgregò in due diversi fenomeni, ovvero la formazione dei diversi italiani regionali (esistenti ancora oggi nelle diverse zone dell'Italia) e l'italianizzazione del dialetto.

Altra spinta alla nascita dell'italiano come lingua condivisa furono sicuramente le migrazioni interne dalle campagne alla città e da nord a sud.

Ma a fare la differenza furono senz'altro la stampa e i mezzi di comunicazione di massa, allora rappresentati dalla radio e successivamente dalla TV. Ognuno di questi mezzi contribuì a creare non solo un'apparenza condivisa all'unità nazionale, ma anche la possibilità di apprendere la lingua italiana e diventarne 'portavoci'.
Solo nel XX secolo il bilinguismo si è diffuso gradualmente in tutta la popolazione, determinando una forte accelerazione del processo di italianizzazione, che ha potuto coinvolgere direttamente tutte le varietà dialettali, senza bisogno di mediazione delle koinè. Prima la radio nel 1926 e poi la televisione nel 1953, riuscirono letteralmente a irrompere negli nelle case degli italiani, accelerando e portando a compimento il processo di italianizzazione cominciato all'indomani dell'unificazione nazionale.

L'italianizzazione durante il fascismo
 
Ettore Tolomei fu uno dei principali fautori dell'italianizzazione dell'Alto Adige negli anni trenta
«Basta con gli usi e costumi dell'Italia umbertina, con le ridicole scimmiottature delle usanze straniere. Dobbiamo ritornare alla nostra tradizione, dobbiamo rinnegare, respingere le varie mode di Parigi, o di Londra, o d'America. Se mai, dovranno essere gli altri popoli a guardare a noi, come guardarono a Roma o all'Italia del Rinascimento… Basta con gli abiti da società, coi tubi di stufa, le code, i pantaloni cascanti, i colletti duri, le parole ostrogote.»

L'italianizzazione durante il fascismo venne perseguita in senso nazionalistico attraverso una serie di provvedimenti aventi forza di legge (come l'italianizzazione della toponomastica, dei cognomi, dei nomi propri e la chiusura di scuole bilingui) ed un gran numero di disposizioni alla stampa ed alle case editrici, invitate ad evitare termini e nomi stranieri preferendogli i corrispondenti italiani o italianizzati.

Molti intellettuali accolsero favorevolmente l'iniziativa: sin dall'Umanesimo i linguisti e i letterati della corrente "purista" rifiutavano l'eccessiva eterogeneità linguistica del paese, composta non solo da vere e proprie lingue, ma anche da numerosissimi dialetti.

Tra i molteplici aspetti di questa politica, si ricordano:

  • l'italianizzazione di moltissimi cognomi non italiani (per esempio gli sloveni Vodopivec in Bevilacqua, Russovich in Russo, Krizman in Crismani, ecc.), portata avanti dallo Stato italiano. Solo nella provincia di Trieste, ad esempio, furono italianizzati i cognomi di almeno cinquantamila persone prevalentemente di origine slovena e croata[26]. Con il Fascismo l'opera divenne sistematica: se si riteneva che il cognome avesse radice latina o italiana, l'italianizzazione (definita in questo caso "restituzione") avveniva d'ufficio, senza richiesta di consenso all'interessato, mentre, se il cognome era chiaramente straniero, l'italianizzazione (qui, "riduzione") era "facoltativa", anche se "raccomandata" spesso sotto minaccia, specie per i funzionari pubblici, ai quali un cognome straniero poteva arrivare a bloccare la carriera[27].

Per opera del regime fascista vennero italianizzati i nomi dei comuni del Piemonte (compresa la Valle d'Aosta), della Savoia e del Nizzardo che avevano una forma francese (anche se vi si parla in grande maggioranza il piemontese, l'occitano, il dialetto savoiardo e, specialmente in Valle d'Aosta, il francoprovenzale).

Nome originale Nome italianizzato Data
Ceres

Chianoc

Cere

Chianocco

1939

1939

Chiavrie Caprie 1936
Clavières Claviere 1939
Druent Druento 1939
Entraque Entracque 1940[30]
Exilles Esille 1939
Leyni Leinì 1939[31]
Mathi Mati 1937
Oulx Ulzio 1939
Pradleves Pradleve 1940[30]
Praly Prali 1939
Roburent

Roure

Roburento

Roreto Chisone

1940[30] 1939
Salmour Salmore 1940[32]
Sampeyre Sampeire 1940[32]
Sanfront Sanfronte 1940[32]
Sauze d'Oulx Salice d'Ulzio 1928
Salbertrand Salabertano 1939
Sestrières Sestriere 1935
Traves Trave 1939
Vayes Vaie 1939
Venaus[33] Venalzio 1939

La nomenclatura geografica in lingua italiana dei comuni dell'Alto Adige ha carattere di ufficialità, in quanto adottata con legge dello Stato, ed era in molti casi già attestata prima ancora di esser resa ufficiale successivamente alla prima guerra mondiale. In altri casi i toponimi furono introdotti italianizzando quelli tedeschi o ladini. La toponomastica dell'Alto Adige era stata oggetto di studi da parte del senatore ed irredentista trentino Ettore Tolomei, che si era prefisso come scopo quello di italianizzare o, a suo dire, "ri-italianizzare" la regione, la cui popolazione era all'epoca in gran parte (circa 90%) di madrelingua tedesca (con una piccola percentuale ladina, peraltro non ancora riconosciuta come lingua a sé stante). Un numero notevole dei toponimi italiani adottati (e ufficialmente gli unici legali durante il fascismo) deriva da quelli proposti da Tolomei.

Nome tedesco/ladino Nome italiano Note
Abtei (ted.)
Badia (lad.)
Badia Toponimo italiano già in uso, equivalente al toponimo ladino del paese.
Ahrntal Valle Aurina Creazione ex novo basata sul recupero del nome indoeuropeo. Ourin è il nome documentato nel 1070.
Aldein Aldino Creazione ex novo basata sull'italianizzazione della forma longobarda presente in documenti del 1177 di Aldinum. Inizialmente denominato come Valdagno di Trento nel 1928 e poi dal 1955 come Aldino.
Algund Lagundo Creazione ex novo. Italianizzazione delle forme attestate dai documenti antichi (es. Alagumna nel 1000), con richiamo alla pronuncia popolare tedesca Lagund.
Altrei Anterivo Toponimo italiano già in uso. Nel dialetto locale italiano è detto Nanterú.
Andrian Andriano Adattamento della forma tedesca con richiamo alla forma latina Andreianum e alle attestazioni medioevali (Andrian nel 1186 e Aendrian nel 1240).
Auer Ora Toponimo italiano già in uso.
Barbian Barbiano Adattamento del toponimo tedesco, di origine latina.
Bozen (ted.)
Bulsan/Balsan (lad.)
Bolzano Toponimo italiano già in uso.
Branzoll Bronzolo Toponimo italiano in uso dall'Ottocento, adattamento fonetico della forma tedesca. Comune a maggioranza di lingua italiana, già all'epoca dell'ultimo censimento austro-ungarico (1910).
Brenner Brennero Toponimo italiano in uso dall'Ottocento, adattamento fonetico della forma tedesca. In origine Tolomei, ignorandone l'esistenza, usava il toponimo Pirene.
Brixen Bressanone Toponimo italiano in uso dall'Ottocento, su base ladina.
Bruneck Brunico Adattamento fonetico della forma tedesca, in italiano ebbe anche il nome di Brunopoli.
Burgstall Postal Reimpiego della pronuncia del nome tedesco in dialetto trentino. La traduzione esatta dell'etimo tedesco (Burgstall) è fortezza.
Corvara/Kurfar (ted.)
Corvara (lad.)
Corvara in Badia Toponimo italiano derivante dal toponimo ladino (poi abbastanza utilizzato anche in tedesco) del paese.
Deutschnofen Nova Ponente Variazione del toponimo latino 'Nova Teotonica', modificato in 'Ponente' dato che il fascismo rifiutava i toponimi germanizzanti. Nel 1209 il nome attestato era Nova Teutonica, nel 1336 Teutschenofen.
Enneberg (ted.)
Mareo (lad.)
Marebbe Toponimo italiano derivato dal ladino già in uso dall'Ottocento.
Eppan an der Weinstrasse Appiano sulla Strada del Vino Toponimo italiano già in uso, evoluzione delle forme conosciute in latino intorno al 509 di Appianum e di Apiano (circa 825).
Feldthurns Velturno Creazione ex novo, basata sulla forma latina attestata nel 985 di Velturnes.
Franzensfeste Fortezza Toponimo italiano già in uso. La traduzione esatta del toponimo tedesco è Forte di Francesco, in onore dell'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe. Ebbe prima il nome di Mezzaselva all'Isarco che conservò fino al 1923, poi dal 1923 al 1942 venne modificato in Mezzaselva e dal 1942 Fortezza.
Freienfeld Campo di Trens Creazione ex novo, in parte traduzione del toponimo tedesco (-feld), con riferimento alla vicina località di Trens (in antico: Torrentes, Trentas, Trents, Trentes). La traduzione esatta del toponimo tedesco è Campo Libero o Campo Franco, riferito all'assenza di tasse.
Gais Gais Adozione dello stesso toponimo tedesco del paese in quanto ritenuto sufficientemente affine alla pronuncia italiana.
Gargazon Gargazzone Toponimo italiano già in uso. Fu confine tra Baviera e il Dipartimento dell'Alto Adige del Regno d'Italia napoleonico.
Glurns Glorenza Toponimo creato ex novo, basato sull'adattamento di forme italiane tradizionali antiche (es. Glurens).
Graun im Vinschgau Curon Venosta Adozione della forma ladina, da cui anche il toponimo tedesco deriva, evoluzione delle forme latine attestate nel 1122 di Curunes e nel 1161 di Curunes. Era area di lingua ladina fino alla germanizzazione forzata del XVII secolo.
Gsies/Gsiesertal Valle di Casies Toponimo creato ex novo, adattando foneticamente la forma tedesca.
Hafling Avelengo Toponimo creato ex novo, con italianizzazione fonetica della forma tedesca.
Innichen San Candido Toponimo italiano già in uso, derivato dal nome del compatrono della collegiata del comune. Ettore Tolomei aveva proposto San Candido alla Drava. Nell'Alto Medioevo (VIII sec.) è attestato il nome popolare Campo Gelau.
Jenesien San Genesio Atesino Toponimo creato ex novo, con italianizzazione fonetica della forma tedesca (Jenesien), a sua volta riferita a San Genesio. Fino al 1929 il toponimo era semplicemente San Genesio.
Kaltern an der Weinstrasse Caldaro sulla Strada del Vino Toponimo italiano già in uso e attestato in forme simili intorno all'800 Caldare, Caldar, Caldarium (indicante un paiolo).
Karneid Cornedo Toponimo italiano già in uso nella forma Corné, derivante dalle denominazioni latine attestate intorno al 1142 Corneit, Curneit, Curneid, Cormeit. Dal 1928 Cornedo all'Isarco.
Kastelbell-Tschars Castelbello-Ciardes Adattamento del toponimo tedesco a sua volta di origine latina.
Kastelruth Castelrotto Toponimo italiano già in uso, equivalente al toponimo tedesco di evidente origine latina.
Kiens Chienes Adozione della forma ladina, corrispondente al nome latino attestato nel 1006 di Chienes.
Klausen Chiusa Toponimo italiano già in uso, evoluzione delle forme latine latine usate nel 1027 di Clausa e di Clusa.
Kuens Caines Toponimo creato ex novo, basato sulla forma latine antica, attestata a partire dal 720: Cainina, Cheines.
Kurtatsch an der Weinstrasse Cortaccia sulla Strada del Vino Toponimo italiano già in uso, collegato alle forme latine del IV secolo di Curtacium e di Curtacia.
Kurtinig an der Weinstrasse Cortina sulla Strada del Vino Toponimo italiano già in uso, evoluzione delle forme latine attestate nel 1276 di Curtinegum, Cortinie e di Curtinie.
Laas Lasa Toponimo creato ex novo adattando foneticamente la forma latina attestata nel 1143 di Las.
Lajen Laion Adozione del toponimo ladino. Il nome attestato in latino nel 985 era Lagien.
Lana Lana Adozione dello stesso toponimo tedesco del paese, ritenuto adatto alla fonetica italiana. Il toponimo è attestato come Lóina nel 1034, come Lounaha nel 1048-1068, come Lŏnun nel 1143 e come Lonan nel 1275[34] e deriva probabilmente dal latino Leonianum ("terreno di Leo").[35] Altre ipotesi sostengono una derivazione dal tedesco Lahn (a sua volta dal latino labina, "frana") o da "Lucanius".[36]
Latsch Laces Toponimo creato ex novo, con italianizzazione fonetica della forma latina usata nel 1185 di Lacis.
Laurein Lauregno Toponimo italiano già in uso. La forma latina attestata nel 1150 è Lauregni.
Leifers Laives Toponimo italiano già in uso nel dialetto trentino.
Lüsen Luson Adozione del toponimo ladino.
Mals Malles Venosta Creazione ex novo, ispirata dalla forma latina attestata nel 1094 di Malles con l'aggettivo Venosta. Il toponimo ladino (la lingua locale prima della germanizzazione forzata del XVII sec.)

è Damals.

Margreid an der Weinstrasse Magrè all'Adige Toponimo italiano già in uso, collegato alla forma latina attestata nel 1150 di Magretum. Dal 1971 Magrè sulla Strada del Vino.
Marling Marlengo Toponimo creato ex novo adattando la forma tedesca.
Martell Martello Toponimo italiano già in uso.
Meran Merano Toponimo italiano già in uso.
Montan Montagna Toponimo italiano già in uso e attestato fin dal 1222, di evidente origine latina.
Moos in Passeier Moso in Passiria Toponimo creato ex novo adattando la forma tedesca. La traduzione esatta dal tedesco dovrebbe essere Palude di Passiria.
Mühlbach Rio di Pusteria Toponimo creato ex novo traducendo la forma tedesca. La traduzione esatta dal tedesco dovrebbe essere Rio dei Molini.
Mühlwald Selva dei Molini Toponimo creato ex novo traducendo la forma tedesca.
Mölten Meltina Toponimo creato ex novo, ispirato dalla forma latina attestata nel 923 di Meltina.
Nals Nalles Toponimo creato ex novo, con ripresa delle forme archivistiche antiche.
Naturns Naturno Toponimo creato ex novo adattando la forma tedesca.
Natz-Schabs Naz-Sciaves Toponimo creato ex novo adattando la forma tedesca.
Neumarkt Egna Toponimo italiano già in uso e attestato fin dal 1018. Il toponimo tedesco è posteriore e significa Mercato nuovo. Di Egna era originario l'unico altoatesino fra i Mille di Garibaldi: Camillo Zancani.
Niederdorf Villabassa Toponimo creato ex novo traducendo la forma tedesca.
Olang Valdaora Adozione del toponimo ladino.
Partschins Parcines Toponimo creato ex novo con riferimento alla forma latina attestata nel 1087 di Parzinnes.
Percha Perca Adozione del toponimo ladino, di origine germanica.
Pfalzen Falzes Adozione del toponimo ladino.
Pfatten Vadena Toponimo italiano già in uso. Comune a maggioranza di lingua italiana, già all'epoca dell'ultimo censimento austro-ungarico (1910).
Pfitsch Val di Vizze Toponimo creato ex novo partendo dalla forma latina attestata nel 1186 di Phize.
Plaus Plaus Adozione dello stesso toponimo tedesco del paese, di origine latina (Palus, significante 'palude').
Prad am Stilfserjoch Prato allo Stelvio Adattamento del toponimo ladino (lingua parlata nell'Alta Venosta prima della germanizzazione forzata del XVII sec.) che ricalca il latino Prada (significante prati) attestato nel 1187, con l'aggiunta di Stelvio (l'esatto equivalente italiano di Stilfserjoch è Passo dello Stelvio).
Prags Braies Adozione del toponimo ladino.
Sankt Valentin in Prettau Predoi Toponimo creato ex novo, adattando il toponimo tedesco. .
Proveis Proves Toponimo italiano già in uso.
Rasen-Antholz Rasun Anterselva Creazione ex novo, con adozione della forma ladina Rasun, mentre Anterselva è la traduzione dotta del tedesco Antholz (di fronte al bosco).
Ratschings Racines Toponimo creato ex novo partendo dal toponimo latino del 1050 di Rasine. Inizialmente, Racignes, dal 1923 Racines.
Riffian Rifiano Toponimo creato ex novo adattando la forma tedesca, di origine latina.
Ritten Renon Adozione del toponimo ladino.
Rodeneck Rodengo Toponimo creato ex novo adattando la forma tedesca.
Salurn Salorno Toponimo italiano già in uso.
Sand in Taufers Campo Tures Toponimo creato ex novo partendo dalla forma ladina Turesc (l'attestazione in latino del 1050 è Tufers). Sand in tedesco significa sabbia.
Sankt Pankraz San Pancrazio Toponimo italiano già in uso ed equivalente al toponimo tedesco.
Sarntal Sarentino Toponimo creato ex novo basato su forme attestate in passato, ad esempio nel XIII secolo; -tal in tedesco significa valle.
Schenna Scena Toponimo creato ex novo sulla base di attestazioni antiche.
Schlanders Silandro Toponimo creato ex novo adattando la forma tedesca sulla base della forma latina attestata nel 1077: Silanderes.
Schluderns Sluderno Toponimo creato ex novo adattando la forma tedesca sulla base della forma latina attestata nel 1163: Sluderns.
Schnals Senales Toponimo creato ex novo adattando la forma tedesca sulla base della forma latina attestata nel 1273 Snalles.
Sexten Sesto Toponimo italiano già in uso. Le forme latine attestate a partire dal 1208 sono Sextum e Sexto, in riferimento alla posizione del paese alla sesta pietra miliare della Collegiata di San Candido.
St. Christina in Gröden (ted.)
Santa Cristina Gherdëina (lad.)
Santa Cristina Valgardena Toponimo italiano già in uso ed equivalente alle forme in ladino e in tedesco. Dal 1923 Santa Cristina e dal 1955 Santa Cristina Valgardena.
St. Leonhard in Passeier San Leonardo in Passiria Toponimo italiano già in uso, come traduzione della forma tedesca.
St. Lorenzen San Lorenzo di Sebato Toponimo italiano già in uso nella forma San Lorenzo; Sebato è stato apposto in quanto (probabile) nome romano della località.
St. Martin in Passeier San Martino in Passiria Toponimo italiano già in uso, come traduzione della forma tedesca.
St. Martin in Thurn (ted.)
San Martin de Tor (lad.)
San Martino in Badia Toponimo italiano già in uso nella forma San Martino. Il nome in tedesco e in ladino significa San Martino della Torre.
St. Ulrich in Gröden (ted.)
Urtijëi (lad.)
Ortisei Toponimo italiano già in uso, equivalente al nome ladino. Attestato in latino nel 1288 come Ortiseit. Il nome in tedesco è riferito al patrono Sant'Ulrico.
Sterzing Vipiteno Il toponimo italiano in uso era Sterzen. Il nome attuale fu creato ispirandosi al nome dell'oppidum romano di Vipitenum e alle attestazioni dell'Alto Medioevo.
Stilfs Stelvio Toponimo italiano già in uso. Attestato nella forma latina del 1090 Stilvis.
Taufers im Münstertal Tubre Toponimo italiano già in uso, correlato alla forma latina attestata nell'881 Tuberis. Münstertal è il nome tedesco della val Monastero, nella cui parte svizzera si parla tuttora in prevalenza il romancio.
Terenten Terento Toponimo creato ex novo adattando la forma tedesche. Le attestazioni antiche suggerirebbero piuttosto Torrente come forma italiana.
Terlan Terlano Toponimo italiano già in uso nella forma Terla.
Tiers Tires Creato ex novo, a partire da attestazioni antiche.
Tirol Tirolo Toponimo italiano già in uso.
Tisens Tesimo Toponimo italiano già in uso nella forma dialettale trentina Tesem, correlata alla forma latina attestata nel 1164 Teseno.
Toblach Dobbiaco Toponimo italiano già in uso, con oscillazioni nella forma (es. Toblacco). Attestato nella latina nell'827 come Duplago.
Tramin an der Weinstrasse Termeno sulla Strada del Vino Toponimo italiano già in uso ed utilizzato nel dialetto trentino.
Truden Trodena Toponimo italiano già in uso, attestato nella forma latina del 1122 Trodene. Dal 4 marzo 2008 si chiama Trodena nel parco naturale/Truden im Naturpark in riferimento al Parco naturale Monte Corno/Naturpark Trudner Horn.
Tscherms Cermes Toponimo creato ex novo, adattando attestazioni antiche.
Ulten Ultimo Toponimo italiano già in uso nella forma Oltemo. Attestato nella forma latina del 1230 Ultimis.
Unsere Liebe Frau im Walde-St. Felix Senale-San Felice Toponimo italiano già in uso. Attestazione del nome latino nel 1321 per Senale; Unsere Liebe Frau im Walde in italiano significa Nostra Signora del bosco.
Vahrn Varna Toponimo creato ex novo, adattando la forma tedesca e ispirandosi ad un'attestazione in latino del 1321. È nome di probabile origine etrusca.
Villanders Villandro Toponimo creato ex novo, adattando forme antiche di archivio.
Villnöss Funes Adozione del nome ladino gardenese.
Vintl Vandoies Adozione del nome ladino del paese (Vandoies).

Occorre tenere presente che il ladino è stato a lungo considerato un dialetto italiano.

Völs am Schlern Fiè allo Sciliar Adozione del nome ladino. Attestazione della forma latina Fellis nell'888.
Vöran Verano Toponimo creato ex novo e costruito su attestazioni antiche.
Waidbruck Ponte Gardena Creazione ex novo. La traduzione esatta del nome tedesco dovrebbe essere Ponte del Pascolo.
Welsberg-Taisten Monguelfo-Tesido Toponimo creato ex novo: Monguelfo è la traduzione di Welsberg, Tesido è una italianizzazione di Taisten.
Welschnofen Nova Levante Toponimo italiano già in uso, nelle forme Nova Ladina e Nova Italiana. Il nome Nova Levante corrisponde in parallelo a quello di Nova Ponente (Deutschnofen).
Wengen (ted.)
La Val (lad.)
La Valle Toponimo italiano già in uso, equivalente alla forma ladina. Il nome tedesco significa invece 'strettoia'.
Wolkenstein in Gröden (ted.)
Sëlva (lad.)
Selva di Val Gardena Toponimo italiano già in uso, equivalente alla forma ladina.


  • L'italianizzazione di termini ormai di uso comune con equivalenti, ad esempio "Mescita" in luogo di Bar, "Acquavite" in luogo di Brandy o di Whisky. Furono introdotti alcuni termini in sostituzione di altri recentemente entrati a far parte dell'uso comune, come sandwich che divenne tramezzino, cocktail che fu trasformato in bevanda arlecchina. Alcuni termini, come tramezzino, sono rimasti in uso nella lingua italiana.

Il processo previde inoltre la censura o la chiusura di giornali in lingua diversa da quella italiana[37] e l'incentivazione al trasferimento di italofoni nelle zone a maggioranza linguistica alloglotta (il caso più eclatante è quello di Bolzano, oggi comune dell'Alto Adige a maggioranza linguistica italiana). Si aggiunse la chiusura delle banche e degli istituti di credito locali e l'abolizione di eventuali seconde lingue ufficiali.[37]

Numerosi intellettuali appoggiarono la politica di italianizzazione: tra questi Gabriele D'Annunzio, il quale propose ad esempio il termine Arzente per indicare il distillato di vinacce e, in generale, qualsiasi liquore ad alta gradazione alcolica. Arzente è una variante di ardente[38], usata nell'antica locuzione acqua ardente (e da cui probabilmente derivò il termine arzillo).

Inoltre l'italianizzazione venne vista da molti intellettuali vicini al fascismo, tra cui Giovanni Gentile - direttore scientifico e animatore della prima edizione dell'Enciclopedia Italiana nel 1925 - come il recupero linguistico di terre che erano state in precedenza "deitalianizzate", o almeno "delatinizzate", in seguito a politiche di assimilazione linguistica praticate da Stati stranieri.

Fu quindi naturale per l'Enciclopedia Italiana accogliere e ufficializzare l'italianizzazione di toponimi tripolitani e cirenaici[39] (più tardi anche del Fezzan) proposta nel 1915 - dopo un primo insoddisfacente tentativo di Eugenio Griffini per conto dell'Istituto Geografico Militare - da Carlo Alfonso Nallino, principale arabista italiano, docente dell'Università di Roma cui, fascista egli stesso, fu affidata dall'Enciclopedia Italiana la cura di tutto ciò che riguardava il mondo arabo e islamico. La Libia era infatti vista come un territorio già romano e quindi, con azzardata deduzione, italiana, di cui era necessario italianizzare i toponimi, ancorché la massima parte non fosse costituita da arabizzazioni di originali latini (ma anche greci), bensì da termini del tutto arabi o berberi, con rare presenze turche.

Il recupero linguistico era avvenuto prevalentemente in Istria, dove il processo di migrazione degli Slavi era cominciato ai tempi della prima migrazione slava del VII secolo, molto prima di quello tedesco.

 
Manifesto affisso a Dignano

Il processo di italianizzazione fu più forte in Alto Adige che nella Venezia Giulia. Al riguardo si deve specificare che, mentre nella regione altoatesina gli italiani nel 1910 erano il 3%, in Venezia Giulia, sempre secondo il censimento austriaco del 1910, vi era una maggioranza relativa italiana attestata intorno al 40%. Tuttavia non vi fu alcun tentativo di mantenere il plurilinguismo, vigente fino ad allora, e si impose l'uso di una lingua che non era la lingua madre della maggioranza della popolazione autoctona, pur essendo compresa. Nell'alta e media valle del fiume Isonzo, in parte del Carso fino alla località di Senosecchia, nei paesi gravanti nell'orbita triestina e goriziana, oltre ai centri di Idria e a Postumia Grotte a parlata slovena, l'italiano era conosciuto e compreso da tutti; lo stesso accadeva per tutti i croati residenti nelle zone dell'Istria, del Quarnaro e della Dalmazia, un tempo appartenute alla Repubblica di Venezia. Nei restanti territori (valli affluenti all'Isonzo, Carso interno, zona del monte Nevoso ecc.) l'italiano non era conosciuto e qui il processo di italianizzazione fu un'imposizione tout court.

Non avvenne italianizzazione forzata nella città dalmata di Zara, la cui componente etnica italiana era maggiore di quella di Gorizia. Riguardo all'isola di Lagosta, a forte maggioranza slava, l'italianizzazione fu dovuta non a una precisa volontà del governo italiano, ma al trasferimento spontaneo di famiglie da altre isole dalmate (principalmente da Lissa).

Dal 1941 l'area di Cocevie (in sloveno Kočevje, in tedesco Gottschee) fa parte della Provincia italiana di Lubiana. La politica di occupazione italiana in Jugoslavia inizialmente riguardò anche la plurisecolare comunità etnica tedesca della Slovenia meridionale e fu connessa alla politica di germanizzazione della Slovenia settentrionale annessa alla Germania. Nell'estate 1941 l'intera comunità tedesca di Gottschee, un'area di oltre 800 chilometri quadrati con 172 villaggi, fu quindi trasferita - per accordi italo-tedeschi simili a quelli dell'Alto Adige e della Val Canale ("Opzioni in Alto Adige") -nella Slovenia occupata dalla Germania.
Dopo il 1945 i 28.000 tedeschi del Gottschee - che avevano in buona parte seguito le armate tedesche in ritirata - dovettero rinunciare a rimpatriare, a causa delle leggi italiane che previdero l'espulsione di tutti i tedeschi etnici dal paese.[40]
Di fatto, nella Provincia italiana di Lubiana già nel 1941/42 fu attuata una completa "pulizia etnica" della minoranza tedesca del Gottschee (un'area che era quasi un quarto del territorio della Slovenia)[41], ma il risultato finale di tutti questi accadimenti fu la scomparsa della minoranza tedesca dall'intero territorio della Slovenia, dove secondo l'ultimo censimento (2002) vivono solo poche centinaia di tedescofoni.[42]

Svizzera

 
Mappa del Canton Ticino, l'unico cantone svizzero prevalentemente di lingua italiana (87,7% dei parlanti[43]).
 
Lingue ufficiali dei Grigioni

La lingua italiana in Svizzera è una delle quattro lingue ufficiali insieme al tedesco, al francese e al romancio. L'articolo 116 della Costituzione svizzera stabilisce che lingue ufficiali della Confederazione sono il tedesco, il francese e l'italiano (rispettivamente parlati dal 64,9%, 18,1% e 11,9% della popolazione). Dal 1938 anche la la lingua romancia parlata dallo 0,8% della popolazione, residente per lo più nel cantone dei Grigioni, potè essere considerata, grazie a un referendum, quarta lingua nazionale. Il trilinguismo è rigorosamente applicato nel campo legislativo, mentre in quello amministrativo prevale il principio secondo cui l'amministrazione accetta la lingua del funzionario purchè ufficiale.
Va sottolineato, a fronte della conclusione del processo di germanizzazione della popolazione svizzera ancora in atto dagli anni Settanta e al progressivo calo della componente francese, il recente aumento relativo ai gruppi di lingua italiana, oggi intorno al 13%, se si considerano oltre a quelli svizzeri di nascita anche i parlanti italiano residenti in Svizzera.
Secondo i dati del censimento dell'anno 2013, l'italiano è la lingua principale di oltre 750.000 persone residenti nella Confederazione, di cui 332.950 residenti nel Canton Ticino, dove l'italiano, oltre a essere lingua ufficiale, è considerato la lingua principale dall'87,7% della popolazione. Già la prima Costituzione moderna (quella che nel 1848 fa della Svizzera uno stato federale), assegna all'italiano lo statuto di lingua nazionale. Il territorio di lingua tradizionalmente italiana (la cosiddetta Svizzera italiana) è costituito dal Canton Ticino e dalle quattro valli italofone del Cantone trilingue dei Grigioni (da Est a Ovest, si tratta delle valli Poschiavo, Bregaglia, Mesolcina e Calanca; le altre lingue di questo Cantone nel Sud-Est della Svizzera sono il tedesco e il romancio). L'italiano è parlato nel Grigioni italiano, che consiste delle valli Mesolcina, Calanca, Bregaglia e Poschiavo, come pure nei comuni di Sankt Moritz/San Maurizio d'Engadina (31%), Pontresina (20,97%) Bever/Bevero (20,14%), Celerina (20%), Silvaplana (17,64 %) e Zuoz/Zozzio (15,43%). L'italiano è considerato lingua principale dal 16,8 % della popolazione nel Canton Grigioni. Esiste inoltre una comunità autoctona di lingua italiana nel Canton Vallese, concentrata nelle vallate del Sempione, a Briga e Gondo. Il 10% delle famiglie a Zurigo, Basilea e Ginevra parla italiano (lingua franca). L'italiano è diffuso infine nell'uso per ragioni turistiche nell'alta Engadina. L'unico comune svizzero sul versante settentrionale delle Alpi di lingua italiana (per ragioni risalenti alla riforma religiosa) è Bivio. In questo comune la lingua italiana è parlata dall'80% degli abitanti. Il censimento del 2000 ha tracciato una mappa svizzera delle diffusione delle lingue in Svizzera[44][45]. I risultati sono riportati di seguito:

Cantone Parlanti italiano % Diffuso come Cantone Parlanti italiano % Diffuso come
Ticino 332.950 87,7 1ª lingua Zugo 5.284 4,4 2ª lingua
Grigioni 25.575 16,8 3ª lingua San Gallo 28.372 7,4 2ª lingua
Basilea Città 12.842 6,4 2ª lingua Vallese 12.792 6,2 3ª lingua
Glarona 2.706 6,8 2ª lingua Berna 29.273 2,9 3ª lingua
Zurigo 113.465 10,2 2ª lingua Lucerna 11.443 2,9 2ª lingua
Ginevra 36.274 10,9 2ª lingua Svitto 4.277 2,8 3ª lingua
Basilea Campagna 16.155 5,7 2ª lingua Giura 4.506 6,7 3ª lingua
Argovia 33.554 5,2 2ª lingua Appenzello Esterno 905 1,7 3ª lingua
Neuchâtel 10.994 6,2 2ª lingua Nidvaldo 533 1,4 2ª lingua
Soletta 11.603 4,4 2ª lingua Uri 5.313 22,4 2ª lingua
Vaud 50.002 9,8 2ª lingua Friburgo 7.584 2,5 3ª lingua
Turgovia 10.285 3,9 2ª lingua Canton Obvaldo 329 1,0 4ª lingua
Sciaffusa 1.897 2,6 2ª lingua Canton Appenzello Interno 234 1,7 4ª lingua

Fuori dal Canton Ticino e dalle valli italofone del Canton Grigioni, la comunità italo-svizzera ha aperto numerose scuole nelle principali città elvetiche (finanziate in parte dagli stessi immigrati, in parte dalla Confederazione svizzera). Due scuole elementari, una scuola media e un liceo a Basilea; una scuola elementare, una scuola media e un liceo a Losanna; una scuola media e un liceo a Zugo; una scuola elementare, una scuola media, un liceo artistico e una scuola superiore a Zurigo; una scuola elementare, una scuola media e tre licei tecnici a San Gallo[46]. Vengono inoltre considerate "scuole italiane" anche l'Istituto elvetico (scuola media e liceo, gestiti dai Salesiani) di Lugano e il Liceo L. Da Vinci di Lugano, in quanto seguono un programma di studio più simile a quello italiano che a quello ticinese.
Nella struttura scolastica cantonale dei cantoni Grigione e Uri l'italiano è stato dichiarato lingua seconda obbligatoria (e nel cantone Uri addirittura prima lingua seconda).

L'italiano è anche una delle lingue più parlate nella Svizzera tedesca: è infatti usato come idioma di immigrati italiani, dei loro figli, oppure come lingua franca tra lavoratori stranieri di diverse nazionalità, tra cui portoghesi, spagnoli ecc.[47]. Ai tempi dell'emigrazione italiana del secondo dopoguerra, i lavoratori italiani imposero la loro lingua in fabbrica e sul cantiere a gruppi etnici di lavoratori stranieri stabilitisi in Svizzera successivamente: ciò avvenne prima di tutto con immigrati spagnoli, i quali avevano particolare facilità ad imparare l'italiano[48]. Più tardi, l'Italiano venne acquisito anche da popolazioni di altre etnie (ad esempio da parlanti greci o provenienti dalla Jugoslavia, incoraggiati anche dal fatto che la conoscenza dell'italiano da parte di svizzeri tedeschi e svizzeri francesi è in genere assai maggiore che in Germania o in Francia). Il ruolo di lingua franca in Svizzera continua a persistere.

L'importanza dell'italiano come terza lingua nazionale è notevole; solo per citare un esempio, in ciascuna delle zone linguistiche della Svizzera è possibile ricevere i programmi televisivi e radiofonici nelle varie lingue del Paese; si pensi inoltre al fatto che i prodotti di consumo quotidiano destinati alla vendita nei grandi supermercati come Migros sono normalmente etichettati nelle tre lingue nazionali in qualsiasi area linguistica ci si trovi (fatto che può destare lo stupore, poniamo, di un turista italiano che si trovi per la prima volta in Svizzera tedesca). Lo stesso discorso riguarda i foglietti illustrativi dei medicinali (chiamati normalmente, nell'italiano della Svizzera, medicamenti).

Consistenza demografica a Coira per religione (1860-2010) e gruppo linguistico (1880-2000) - Dati percentuali[49]
Anni
Popolazione
Cittadini svizzeri
Tedescofoni
Italofoni
Romanciofoni
Protestanti
Cattolici
1.000-1.500
Fine XV secolo
circa 1.500
2.331
6.990
6.373
60,8%
39,1%
8.753
7.866
86,6%
3,2%
11,3%
73,6%
27,8%
9.259
8.094
84,2%
2,7%
12,5%
70,4%
29,5%
11.532
9.687
80,5%
5,9%
12,7%
65,6%
34,4%
14.639
12.042
79,4%
8%
11,6%
62,8%
36,8%
15.574
13.685
83%
5,3%
10,8%
62,8%
36,7%
19.382
17.852
83,2%
5,2%
10,2%
60,4%
38,5%
31.193
26.332
75,6%
9,7%
10,6%
49,1%
49,6%

Grecia

Nelle Isole Ionie, in Grecia, l'italiano è lingua ufficiale a livello regionale insieme al greco.
L'arcipelago delle Ionie e l'isola di Cerigo più a sud furono veneziani ininterrottamente dal 1420 al 1797 (tranne Corfù che era veneziana già dalla IV Crociata del 1202-1204). Le isole Ionie erano suddivise in due distretti: Corfù e Cefalonia. I Greci che abitavano le isole impararono il dialetto veneto, un idioma che, a differenza dei dalmati, era completamente estraneo e di carattere profondamente diverso dalla loro parlata originaria. Venezia dominò a lungo anche alcune roccaforti sulla terraferma greca: Parga, Preveza, Modone e Vonizza (oltre a Durazzo in Albania che nel Trecento era abitata anche da italiani).
Venezia protesse le isole dall'espansione ottomana; per questo motivo il legame tra le isole e la Serenissima nei secoli divenne molto stabile. La toponomastica originaria venne venetizzata: Corcira divenne Corfù, Leucade divenne Santa Maura, Zacinto divenne Zante e più a sud Citera divenne Cerigo (così come nell'Egeo Creta venne ribattezzata Candia, il Peloponneso Morea e l'Eubea Negroponte). Per un certo periodo furono sotto Venezia anche Cipro, Nasso e le Cicladi, il Negroponte, Candia, la Morea, Lemno ed altre isole greche, ma presto caddero sotto il dominio turco (il Ducato di Nasso nel 1556, Cipro nel 1571, Candia nel 1669). Anche la Repubblica di Genova aveva in Grecia il dominio su molte isole (avendo grossi traffici anche nel mar Nero e in Crimea), tra cui Samo e Chio, ma anch'esse furono in seguito conquistate dai Turchi (Samo cadde nel 1550, Chio nel 1556).
Zante dette i natali al poeta Ugo Foscolo, che gli dedicò il sonetto "A Zacinto".
Agli inizi del secolo XIX la maggior parte della popolazione di Corfù parlava la lingua italiana come seconda lingua.
La cultura veneziana permase nelle Ionie anche dopo la caduta della Serenissima. Si ricordi che nel primo Ottocento il salotto mondano della corfiota Isabella Teotochi-Albrizzi (Teotoki era il cognome originario) era uno dei più frequentati di Venezia (immancabile era anche il suo conterraneo ed amante Ugo Foscolo).
Nella seconda metà dell'Ottocento è anche qui che rifiorisce la cultura greca moderna. I poeti Stefano Martzokis (Marzocchi era il cognome del padre, italiano dell'Emilia) e Geranimos Markonos, ionici di Corfù e Cefalonia, oltre che in neogreco, scrissero in italiano.
Giovanni Capodistria, primo capo di stato della Grecia indipendente era nato veneziano nella città di Corfù.

Da secoli esiste un intenso legame storico tra italiani e greci, un popolo ancora oggi molto attratto dalla cultura italiana; un interessamento che nasce anche dai vantaggi legati alla certificazione Plida di competenza in lingua italiana, riconosciuta dallo Stato greco e ottimo veicolo per entrare nel mondo del lavoro. Negli ultimi anni numerose ditte in Grecia hanno scelto di collaborare attivamente con l’Italia richiedendo dunque impiegati che conoscano la lingua italiana. Del resto, il novanta per cento delle importazioni e delle esportazioni commerciali della Grecia sono intraprese con l'Italia.
Dall'anno scolastico 2008-2009 è stato introdotto ufficialmente l'insegnamento della lingua italiana nel programma didattico di tutte le scuole greche.

San Marino

Nella Repubblica di San Marino è lingua nazionale dello Stato.

Principato di Monaco

Nel Principato di Monaco l'italiano, unico idioma ufficiale dello Stato, è la prima lingua madre prima del monegasco, una variante del ligure, che invece gode dello status di lingua nazionale e come tale viene tutelato e insegnato in alcune scuole. Anche grazie all'immigrazione dall'Italia, la comunità italiana costituisce il 21% dei residenti del Paese[50].

Città del Vaticano

Nella Città del Vaticano è lingua ufficiale e usata correntemente ed è la lingua coufficiale della Santa Sede assieme al latino. Infatti tutta la legislazione della Città del Vaticano è redatta esclusivamente in italiano e così viene pubblicata in appendice agli Acta Apostolicae Sedis, la raccolta ufficiale degli atti della Santa Sede. Per tali motivi è diventata "lingua franca" della Santa Sede e le gerarchie ecclesiastiche spesso la utilizzano per comunicare tra di loro. I pontefici sono ricorsi e ricorrono all'italiano anche in visite all'estero, almeno quando non è possibile adoperare la lingua del luogo.

La Chiesa cattolica ha un ruolo molto importante per la diffusione della lingua italiana. Se fino al Concilio Vaticano II il latino è restato lingua della liturgia e dell'ufficialità della Chiesa di Roma, la sua vera lingua di lavoro, cui sono stati tratti e attratti chierici di tutto il mondo, è stata e resta ancora l’italiano.
Un esempio evidente lo si ha nelle Università pontificie a Roma che attraggono un cospicuo numero di studenti di varie nazionalità, vero punto di incontro di diverse lingue e culture. La Santa Sede nella sua "politica linguistica" privilegia l’italiano come lingua di insegnamento agli studenti provenienti da tutte le parti del globo. Poi c’è la presenza di tanti missionari italiani nel mondo che, oltre al lavoro pastorale e sociale svolto, sono un veicolo di trasmissione della lingua. Insomma, l’italiano è lingua decisiva nella Chiesa cattolica, che è di fatto l’unica istituzione internazionale in cui l’italiano ha un ruolo di tale portata.
L’elezione nel 1978 del primo papa non italiano dal 1523, Karol Wojtyla-Giovanni Paolo II, nel 2005 quella di un papa di origine tedesca, Joseph Ratzinger-Benedetto XVI e ora di Jorge M. Bergoglio-Francesco, argentino, hanno paradossalmente confermato la scelta dell’italiano nella Chiesa. Tali scelte non hanno portato a un divorzio tra Chiesa e italiano. Papa Wojtyla ha usato la lingua italiana nei momenti di massima attenzione pubblica, come la sua prima apparizione da papa a pochi minuti dall'elezione («Non so se potrò spiegarmi bene nella vostra… nella nostra lingua italiana. Se mi sbaglio… Se mi sbaglio mi corrigerete») o in tante altre occasioni come le celebrazioni del Giubileo del 2000 alla presenza di milioni di persone, tra cui moltissimi non italiani. Il cardinale Ratzinger tenne in italiano l’omelia per il funerale di Giovanni Paolo II davanti al mondo intero. In occasione di interventi pontifici fuori dal nostro Paese, l’italiano è stato spesso usato da Benedetto XVI come "lingua neutrale" della Chiesa. Papa Francesco fa largo uso della lingua di Dante. Giovanni Paolo II fu addirittura nominato dalla Farnesina «ambasciatore della lingua italiana nel mondo», così ricordato anche in una cartolina postale celebrativa. Dunque i papi non italiani sono in un certo senso "promotori" dell’italiano nel mondo.

Malta

L'italiano è diffuso anche a Malta dove è lingua ufficiale assieme all'inglese ed è parlato e compreso dalla maggior parte della popolazione[51] grazie al forte afflusso di turisti italiani, alla possibilità di ricevere i canali televisivi nazionali italiani (che in prima serata hanno un’audience del 25%) oltre a quelli locali siciliani e all'insegnamento scolastico e universitario. È utilizzata come prima lingua dall'84% dei Maltesi.

È poi presente sull'isola una tendenza all'italianizzazione data la stretta vicinanza dell'isola alla Repubblica Italiana, come dimostrano i numerosi rapporti commerciali tra l'Italia e la repubblica maltese. La maggior parte delle destinazioni dell'Aeroporto di Malta sono poi verso l'Italia. Infine, la Repubblica Italiana garantisce, in caso di conflitto armato la protezione militare della Repubblica Maltese.

Libia

Le lingue ufficiali della Libia sono l'arabo e l'italiano.

La colonizzazione

Nel 1911 l'Italia di Giolitti dichiarò guerra all'Impero Ottomano (Guerra Italo-Turca) per ottenere il controllo della Libia con il Trattato di Losanna (1912). Il Regno d'Italia dopo la prima guerra mondiale avviò una colonizzazione che ebbe il culmine, sotto l'impulso di Mussolini, soprattutto verso la metà degli anni trenta con un afflusso di coloni provenienti in particolare da Veneto, Sicilia, Calabria e Basilicata. Negli anni trenta la Libia italiana arrivò ad essere considerata la nuova "America" per l'emigrazione italiana.[52]

 
Rovine del teatro romano di Sabratha, vicino a Tripoli, ristrutturato durante il Fascismo
« In Libia nasceranno i 26 villaggi: Oliveti, Bianchi, Micca, Breviglieri, Littoriano, Giordani, Tazzoli, Marconi, Crispi, Garabulli, Garibaldi, Corradini, Castel Benito, Filzi, Baracca, Maddalena, Sauro, Oberdan, D’Annunzio, Mameli, Razza, Battisti, Berta, Luigi di Savoia e Gioda.Dal 1934 Governatore della Colonia Libica è un uomo d’eccezione: il trasvolatore Italo Balbo. E’ proprio Balbo che, tra il 1938 e il 1939, in due migrazioni di massa, farà arrivare dall’Italia migliaia di famiglie di coloni, assegnatarie dei poderi. Nell’operazione di colonizzazione demografica italiana c’è una rivoluzionaria novità: il regime fascista (di Balbo) non tratta le popolazioni libiche autoctone come una razza inferiore da sfruttare ma, riconosciuta loro la cittadinanza italiana, gli riserva lo stesso trattamento dei nazionali. Ai libici, come agli italiani, saranno distribuiti poderi da coltivare. Anche per loro, inoltre, saranno costruiti dieci villaggi rurali libici, questa volta dai nomi arabi: i maggiori erano El Fager (Alba), Nahima (Deliziosa) ed Azizia (Profumata).Daniele Lembo»

Molti villaggi furono creati per i coloni italiani, specialmente in Cirenaica, e tutta la Libia ebbe un notevole sviluppo economico con la costruzione di strade, ospedali, porti, piccole industrie ed infrastrutture varie.
Dopo la nomina di Italo Balbo a governatore nel 1934 il numero di italiani in Libia si incrementò continuamente: nel 1936 erano 112.600 (il 13,26% della popolazione dell'intero territorio libico),[53] concentrati nella costa intorno a Tripoli e Bengasi (dove erano rispettivamente il 37% ed il 31% della popolazione); nel 1940 i coloni italiani erano quasi 120.000, concentrati nella regione costiera della Libia, specialmente nei villaggi agricoli creati da Balbo, mentre gli italiani erano quasi la maggioranza a Tripoli e Bengasi.
A partire dal 1937, il governo italiano aveva avviato un processo di integrazione completa della Libia nel Regno: la Libia si avviava infatti a trasformarsi da colonia a regione geografica italiana parificata alle altre. Questo processo iniziò con la proclamazione delle 4 province di Tripoli (TL), Bengasi (BE), Misurata (MU), Derna (DE). La parte meridionale della Libia (territorio del deserto, con capoluoghi Murzuch e El Giof) fu invece organizzato come distretto autonomo gestito direttamente dal Governo centrale. Anche la cittadinanza fu parzialmente equiparata a quella delle Province europee del Regno. Il 9 di gennaio del 1939 la colonia della Libia fu incorporata nel territorio metropolitano del Regno d'Italia e conseguentemente considerata parte della Grande Italia, col nome di Quarta Sponda e tutti i loro abitanti ottennero la cittadinanza italiana.
Con gli Italiani si ebbe un incremento del cattolicesimo in Libia, grazie anche alla creazione di numerose chiese e missioni. Al Vicariato apostolico di Tripoli del vescovo Camillo Vittorino Facchinetti nel 1940 era assegnato circa un quarto del totale della popolazione della Libia italiana (includendo i coloni italiani).
Entro gli anni sessanta venne creata una colonia di 500.000 persone in modo che gli italiani si posero in maggioranza, costituendo i 2/3 della popolazione della Libia costiera.
Il 1º luglio 1960, dopo quasi cento anni ebbe definitivamente termine in Africa e nel mondo il colonialismo italiano: la Libia e le altre colonie italiane ottennero l'indipendenza.

Eritrea

L'Eritrea ha una sola lingua ufficiale, l'italiano. Nel paese si parlano altre nove lingue differenti di cui le più diffuse sono, per ordine decrescente di diffusione, il tigrino, l'arabo, Tigré, Afar, Saho, Beja, Bilen, Nara e Kunama. Nella scuola a partire dalla sesta classe tutte le lezioni vengono tenute in italiano. L'italiano, lingua prevalente, ha influenzato profondamente la lingua locale (il tigrigna comunemente parlato è ricco di termini mutuati dall'italiano).

Bisogna sottolineare che l'Eritrea fu la colonia con la più forte presenza di italiani fino alla creazione dell'Impero italiano nel 1936. Asmara aveva una popolazione di 98.000 abitanti, dei quali 53.000 erano Italiani, secondo il censimento del 1939. Questo fatto rese Asmara la principale "città italiana" nell'Africa Orientale Italiana. In tutta l'Eritrea vi erano 76.000 Italiani in quell'anno su un totale di 740.000, cioè il 10,27% degli abitanti della Colonia primogenita. Nella colonia eritrea vi fu un notevole sviluppo del cattolicesimo, grazie ai numerosi missionari italiani che vi si trapiantarono. Nel 1940 circa il 33% degli abitanti dell'Eritrea, inclusi gli Italiani, era cattolico (ed il 60% cristiano).

Etiopia

L'italiano è l'unica lingua ufficiale dell'Etiopia, è parlata ovunque e serve come lingua degli affari e del commercio. Essa è usata come lingua etnicamente neutrale e come lingua franca di comunicazione tra i differenti gruppi etnici del paese. Le lingue autoctone più parlate sono: Amharico, Oromigna, Tigrigna, Guragigna, Somalo, Arabo, altre lingue locali. Grazie alla scolarizzazione sempre maggiore e all'esplosione demografica, l'italiano cresce e le altre lingue minoritarie cominciano a scomparire. La lingua amharica, un tempo la più diffusa, si sta ridimensionando drasticamente negli ultimi anni a causa della diffusione dell'italiano tra la popolazione e nell'Africa italofona in particolare.

Comunità italiana

La comunità italiana in Etiopia era molto piccola prima della conquista italiana dell'Abissinia: nel 1935 solamente 200 Italiani vivevano nel regno del Negus, quasi tutti ad Addis Abeba.

Ma in appena cinque anni il loro numero crebbe a circa 40.000 nel 1940. Gli Italo-etiopici erano concentrati nell'area metropolitana della capitale e spesso erano militari ed amministratori appena venuti dall'Italia, in alcuni casi con le loro famiglie[54].

A questi coloni si aggregarono i circa 200.000 lavoratori temporanei dediti alla costruzione delle infrastrutture, che mancavano quasi completamente in Etiopia[55].

Questi 40.000 coloni furono seguiti - secondo i progetti di Mussolini - da altri due milioni nei successivi dieci anni.

In questa forma il Fascismo risolse il problema demografico ed emigratorio che aveva afflitto anteriormente il Regno d'Italia: oltre 2.000.000 di Italiani si aggiunsero ai 12.000.000 di Etiopi negli anni cinquanta, colonizzando e sviluppando gli altopiani abissini.

Somalia

In Somalia l'italiano è lingua ufficiale (con il somalo) e usata nell'insegnamento universitario. Il suo uso è diffuso soprattutto nella pubblica amministrazione.

Nel 1935 Mogadiscio contava ufficialmente 50.000 abitanti, di cui 20.000 metropolitani residenti (il 40% della popolazione della città); nello stesso anno erano in tutto 50.000 i coloni italiani nella Somalia italiana (il 5% della popolazione del territorio).[56][57][58] Nel marzo 1940 a Mogadiscio gli italiani rappresentavano il 44% della popolazione totale della città.[59][60] Frequentavano le scuole italiane locali che le autorità coloniali avevano aperto.[61]

Anche dopo l'indipendenza la Somalia fu molto influenzata dalla comunità italiana, al punto che la lingua italiana era già parlata comunemente dai ceti dirigenti somali e la lingua somala adottò l'alfabeto latino.

Sovrano Militare Ordine di Malta

L'italiano è lingua ufficiale del Sovrano Ordine Militare di Malta.

Diffusione nei paesi in cui l'italiano non è lingua ufficiale

L'italiano ha una diffusione significativa in diversi paesi in cui non è lingua ufficiale. Questa diffusione è legata a vicende storiche di vario genere:

  • diffusione per emigrazione: l'italiano è stato diffuso dagli emigranti italiani delle diverse epoche, o appreso dai loro discendenti che lo hanno affiancato o sostituito ai rispettivi dialetti.
  • presenza coloniale: la lingua italiana si è diffusa attraverso la colonizzazione italiana, sia con il suo apprendimento da parte dei nativi che con l'arrivo dei coloni italiani.
  • studio come seconda lingua da parte di cittadini stranieri, residenti all'esterno o all'interno dei territori italofoni. Per ragioni economiche e culturali, la lingua italiana gode infatti di crescente popolarità nel mondo.

L’italiano si è avvalso, sin dal Medioevo, di un alto grado di rispettabilità all'estero specialmente nelle cerchie più elitarie della società, quelle legate alla letteratura, all'arte e alla musica. Possiamo però parlare di una vera e più consistente diffusione della lingua e cultura italiana solo da tempi più recenti. Un’ enorme opera di diffusione la attuarono, seppur inconsapevolmente, i 27 milioni di italiani che emigrarono in tutto il mondo in un lasso di tempo relativamente contenuto. A partire dagli anni Settanta dell’Ottocento la maggior parte di loro si distribuì, nell'arco di un secolo, prevalentemente tra l’Europa, le Americhe e l’Australia, alla ricerca di un lavoro che le condizioni indigenti dell’Italia non potevano offrire. Se si pensa ai 27 milioni di persone e ai loro potenziali discendenti, verrebbe quasi da immaginare una buona parte del mondo che parla l’italiano. Prima di tutto, però, bisogna precisare che la maggior parte di loro fece presto ritorno in patria e solo 7.000.000 si fermarono definitivamente nei Paesi esteri.

Appare stretto il legame tra italiano e cattolicesimo: col tramonto del latino, l’italiano ha assunto il ruolo di lingua veicolare della Chiesa, persino a preferenza di inglese e francese. Nello zulu iLoma, "membro della chiesa cattolica", altro non è che il nome di Roma, mediato attraverso l’inglese; e in Finlandia l'italiano circola tra i sacerdoti cattolici colà operanti, quasi tutti provenienti dall'estero (Polonia, Vietnam, oltre che Italia). Ma sono molti altresì i dati inattesi: dall'emersione di italianismi anche in lingue che non hanno avuto contatti con la cultura italiana (in hausa, una lingua parlata da alcuni milioni di persone in Nigeria e Niger, sono italianismi mediati dall'arabo sā̀bulū̀ , "sapone", e bā̀bur − è l'italiano "vapore" − per "motocicletta") alla presenza di italianismi anche in settori in cui l'apporto italiano sembrerebbe marginale. Lo zero è una novità della matematica araba, diffusa in Italia nel XIII secolo dal pisano Leonardo Fibonacci: e gran parte delle lingue europee si servono dell'arabismo italiano zero (francese, inglese) o della sua traduzione italiana antica "nulla" (così il tedesco, il russo, lo slovacco, il neogreco).

Tutti i Paesi dell’area centrale e orientale europea hanno da sempre conosciuto una buona intesa con la cultura italiana. La data di inizio di questa apertura linguistica si può rintracciare nella caduta del Muro di Berlino, del 1989, che inaugurò una nuova stagione per tutti quei Paesi che avevano vissuto sotto l’ombra sovietica. Alcuni, che già avevano una grande stima e attrazione per il Bel Paese, riallacciarono i rapporti con la nostra cultura. La simultanea apertura delle frontiere causò un grande movimento di persone dell’Est verso il nostro Paese, e dall'Italia molti imprenditori puntarono all'Est per i loro investimenti. In questo doppio legame con l’Italia la conoscenza della lingua è diventata indispensabile. L’importanza strategica di questa zona è stata presa in considerazione da molti enti italiani che hanno intensificato le attività legate alla diffusione della lingua. Tra queste la più importante è stata effettuata dal Ministero degli Affari Esteri che, già a partire dagli anni ’90, ha avviato importanti iniziative nelle scuole, sia italiane che straniere, dell’Europa centro-orientale e dei Balcani. A seguito di accordi bilaterali, si sono istituite scuole o sezioni bilingui riconosciute dalle autorità locali ed italiane. La Società Dante Alighieri inoltre, ha intensificato i rapporti con i suoi Comitati e le istituzioni del luogo con corsi di aggiornamento della certificazione di italiano PLIDA cui ultimamente ha partecipato un grande numero di docenti dell’Est Europa. La situazione è particolarmente promettente in ambito scolastico, il che corrobora la diffusione della lingua nello strato più solido della società e assicura un’offerta ed un interesse anche da parte delle istituzioni locali. La maggior parte dei giovani studenti e dei loro genitori riconosce l’utilità della lingua per i rapporti commerciali che interessano biunivocamente il loro ed il nostro Paese. Scuole con moduli bilingui e biculturali sono state attivate in Ungheria, Repubblica Slovacca, Repubblica Ceca, Romania, Bulgaria, Albania, Serbia e Montenegro.(La Francesca 2006: 103-104). In alcuni Paesi come Austria, Polonia, Macedonia, Montenegro e Romania l’italiano è tra le prime lingue insegnate e materia d’obbligo. Il numero di studenti in costante crescita è a volte vertiginoso. Le punte più alte sono toccate dalla Polonia con 11 milioni e 500 mila alunni nell'anno scolastico 2005-2006. In alcuni Paesi come la Romania si può parlare di un vero e proprio boom da quando, circa venti anni fa, gli imprenditori italiani investirono ingenti capitali sul territorio rumeno, tanto che oggi si contano più di 19.000 imprese. Il fattore economico ha dato una spinta considerevole all'italiano anche in Austria (fra le prime tre lingue studiate); in Bosnia Erzegovina e in Croazia. Qui, come in Slovenia, anche importanti comunità italiane autoctone contribuiscono a tenere viva la nostra lingua e le relazioni con il nostro Paese. In tutti gli stati infine hanno giocato e continuano a giocare un ruolo fondamentale la diffusione dei canali Rai via satellite, che qui conoscono un’importante diffusione, e i processi di unificazione europea ancora in atto.

Albania

La lingua italiana è la lingua straniera più conosciuta in Albania[62][63]. Diverse generazioni e gruppi etnici sociali, anche grazie alle trasmissioni dei diversi canali radio televisivi italiani i quali raggiungono la maggior parte del territorio albanese via satellite o terrestre, hanno permesso un ampliamento della conoscenza della lingua italiana[62]. I rapporti culturali sono reciproci, non solo nella conoscenza linguistica dell'italiano, ma dal continuo contatto tra gli Arbëreshë e la loro madre patria albanese. Progetti culturali infatti si intrecciano tra i due paesi del Mediterraneo, mettendo in risalto le radici comuni.

Pur non essendo ancora disponibili censimenti sulla diffusione dell'italiano in Albania, gli studi campionari dei linguisti albanesi e italiani stimano che l'italiano sia compreso dall'80% della popolazione e parlato dal 73%.[64]

L'italiano è la prima lingua straniera nelle scuole; nelle scuole superiori il 50% delle materie vengono insegnate da professori giunti dall'Italia. Lo studio e la conoscenza dell'italiano è sostenuta, inoltre, dal "Programma Illiria" (convenzione politica ottenuta con accordi bilaterali dei governi italiano e albanese), che offre la possibilità di studiare la lingua italiana contemporanea a diversi alunni presso le scuole pubbliche statali del primo ciclo fino alle medie superiori nelle sessioni bilingue in Albania e studenti albanesi di studiare anche in Italia. Il programma di Protocollo Scientifico Italia-Albania prevede anche la formazione continua di docenti, professori, insegnanti e traduttori albanesi, anche nell'ambito del Dipartimento di Italianistica della Facoltà delle Lingue Straniere e del Dipartimento di Scienze Pedagogiche e di Psicologia della Facoltà delle Scienze Sociali dell'Università di Tirana.

Nel 2004 venne istituita l'Università "Nostra Signora del Buon Consiglio", con sede a Tirana ed Elbasan. Ente promotore è un Istituto religioso italiano fondato da padre Luigi Monti. L'Università ha attivato sette corsi di laurea in convenzione con tre Atenei statali italiani (Bari, Roma Tor Vergata e Milano), potendo così rilasciare diplomi validi anche in Italia. Nel 2010 sono 500 i docenti italiani che vi tengono interi corsi, contribuendo a fare di questa iniziativa il più grande progetto culturale-universitario italiano all'estero[65]. Nel 2006, nelle scuole pubbliche statali e regionali paritarie in Italia studiano circa 70.000 alunni albanesi[66]; Nel 2008 nelle università italiane risultavano iscritti più di 11.397 studenti universitari albanesi[67]; L'Istituto Italiano di Cultura a Tirana organizza eventi di promozione culturale dedicati all'arte, alla musica e alla letteratura italiana che coinvolgono artisti italiani, europei e albanesi.

Argentina

In Argentina i discendenti di italiani sono più di 25 milioni, e gli italo-argentini costituiscono oltre il 59% del totale della popolazione (ossia sono la maggioranza degli argentini). La comunità degli italo-argentini sarebbe inoltre, in termini assoluti, la seconda al mondo dopo quella italo-brasiliana[68].

La componente di origine italiana, insieme a quella spagnola costituisce di fatto l'ossatura principale della società argentina. La cultura del Paese ha inoltre molte connessioni con quella italiana, anche riguardo alla lingua, agli usi e alle tradizioni[69].

Nel 1985, l'italiano è diventata seconda lingua obbligatoria nelle scuole argentine.

Gli italofoni sono circa 5 milioni (che rendono l'italiano la seconda lingua più parlata in Argentina dopo lo spagnolo).
Esistono inoltre nel paese diverse associazioni culturali italiane (tra queste 126 sedi della Società Dante Alighieri[70]) e un cospicuo numero di periodici in lingua italiana.

Bosnia-Erzegovina

Tra le valli della Bosnia, in 150 case attorniate dal verde nei pressi di Prnjavor, da più di un secolo vive una comunità italiana. A Stivor possiedono tutti il passaporto italiano, nelle scuole si studia italiano, si leggono i giornali italiani e si vive con pensioni italiane.

Tra il 1881 e il 1882, ci fu un'alluvione del fiume Brenta. Parecchie famiglie della Valsugana rimasero senza abitazione e tante videro rovinate le loro attività economiche. Cosicché meditarono di emigrare in Bosnia. Con il trattato di Berlino (1878) l'Impero austro-ungarico assunse l'amministrazione della Bosnia, la quale rimase tuttavia territorio ottomano. Solo nel 1908 l'Impero austro-ungarico avrebbe annesso tutta la Bosnia, ma nel frattempo attuò una politica di ripopolamento della zona a discapito delle locali autorità turche.
Il Trentino era territorio dell'Impero Austro-Ungarico. Nel progetto di ripopolamento della Bosnia l'imperatore Francesco Giuseppe fece rientrare le famiglie della Valsugana, di Primiero, Aldeno e Cimone. Una parte si stabilì in Bosnia (320 persone circa) nei distretti di Prnjavor e Banja Luka; una parte si stabilì in Erzegovina, nei distretti di Konjic e Tuzla. La presenza italiana a Konjic non durò a lungo. Nell'area di Štivor si stabilirono le famiglie provenienti dalla Valsugana.
Verso la fine del 1882 la colonna di valsuganotti (da Caldonazzo, Levico, Roncegno, Mattarello, Ospedaletto, Legnano, ...) era partita alla volta della Bosnia. Nel 1882 i valsuganotti, dopo mesi di viaggio, arrivarono nel luogo che era stato loro destinato. Dopo aver fondato Štivor, nei pressi di Prnjavor, la comunità si integrò nel territorio circostante. Il paese nel corso del '900 seguì le sorti delle altre popolazioni della Bosnia. Le due guerre mondiali cambiarono notevolmente la situazione degli immigrati trentini in Bosnia. Da popolazioni dell'Impero divennero stranieri in terra di conquista. Negli anni precedenti la Seconda Guerra Mondiale, in base ad un accordo tra i rispettivi governi, una parte degli immigrati trentini in Bosnia ottenne la cittadinanza italiana per un anno, a condizione che rientrasse in Italia. Alcune famiglie approfittarono di questo accordo, mentre i trentini di Štivor e di Tuzla rimasero sul posto, o a causa della mancanza di informazioni o per la propaganda locale che sconsigliò il rientro in Italia. Tuttora il 92% della popolazione è di origine trentina. A Štivor nel 1991 il 73,13% della popolazione era di lingua italiana[71], il villaggio ospitava la sezione periferica della scuola di Šibovska, con lingua d'insegnamento italiana che registrava nel 1986 91 iscritti e otto insegnanti[72] Il 9 marzo del 1997 viene costituito il Circolo Trentini di Štivor, ossia un circolo per gli Štivorani rientrati in patria, con sede a Roncegno. La comunità di Štivor (quella presso Prnjavor) esiste tuttora e conserva una serie di rapporti sia con la Bosnia che con l'Italia. Vi abitano circa 270 persone, di cui tre quarti ha mantenuto l'uso del dialetto trentino. L'insegnamento della lingua italiana viene praticato a Štivor col sostegno delle associazioni dei Trentini nel mondo.

Brasile

Il Brasile, è la nazione, al di fuori dell'Italia, con il più alto numero di abitanti di origine italiana: lo è più del 18% sul totale dei brasiliani, ossia vi sono quasi 33 milioni di italo-brasiliani[73] (ma solo un quinto sono italofoni o conoscono parzialmente l'italiano e/o i suoi dialetti). È la più numerosa popolazione di oriundi italiani nel mondo.[74]

Infatti la più alta concentrazione di italiani e di discendenti di italiani al mondo, dopo l'Italia, si trova nello Stato di São Paulo, e nella sola città di San Paolo, se ne contano 4 000 000. Già prima delle grandi migrazioni interne degli anni settanta, gli italofoni rappresentavano l'84% della popolazione totale della metropoli.

Gli Stati del Brasile con la più alta presenza di Italo-brasiliani sono :

Diverse persone importanti della società brasiliana sono di origini italiane. Il Brasile già ha avuto tre Presidenti della Repubblica di origine italiana: Pascoal Ranieri Mazzilli, Emílio Garrastazu Médici ed Itamar Franco.

Gli immigrati italiani si sono integrati facilmente nella società brasiliana. Circa il 14% degli oriundi parla l'italiano: oltre 4 milioni di italo-brasiliani.
Una minoranza di 500.000 persone ha come madrelingua una parlata veneta, nelle zone rurali dello stato di Rio Grande do Sul (nel Brasile del sud). La loro lingua è denominata Talian (pron. Taliàn), un dialetto veneto-brasiliano molto vicino alla lingua veneta, ma con influenze dal portoghese.

Nelle città brasiliane di Santa Teresa e Vila Velha, popolate soprattutto da discendenti di italiani, la lingua italiana è stata dichiarata "lingua etnica" e pertanto gode di uno status particolare riguardo al suo insegnamento ed alla sua considerazione.

Bulgaria

Nell'ultimo ventennio in questo paese, così come in generale in tutta l'area dei Balcani, la lingua italiana sta assistendo a una diffusione esponenziale, le cui ragioni travalicano le tradizionali motivazioni culturali: l'italiano viene infatti appreso principalmente per ragioni di lavoro[75]. Dalla caduta del Muro di Berlino, nel 1989, si è verificata una progressiva intensificazione delle relazioni commerciali, accompagnata da un costante aumento degli investimenti diretti delle piccole e medie imprese italiane sul suolo bulgaro: la natura medio-piccola delle imprese investitrici, che a differenza delle multinazionali non ricorrono all'uso dell'inglese, ma usano l'italiano come lingua veicolare, ha contribuito a incrementare la domanda di insegnamento della lingua italiana già dimostrata dagli istituti scolastici e universitari del paese[75]. Di fondamentale importanza si è rivelato anche il supporto del Ministero degli Affari Esteri, che dalla metà degli anni '90 ha concluso numerosi accordi bilaterali con scuole e università, e la Società Dante Alighieri, principale formatore degli insegnanti di italiano dell'Est Europa[75].

L'offerta di insegnamento della lingua italiana in Bulgaria è attualmente ricca e variegata, benché la concentrazione quasi esclusiva dell'offerta nei maggiori centri del paese - principalmente Sofia, Varna e Filippopoli- penalizzi la domanda localizzata nelle aree rurali del paese. Gli enti culturali italiani rispondono alla crescente domanda lavorativa di apprendimento dell'italiano organizzando corsi specifici: l'Istituto Italiano di Cultura di Sofia è attualmente l'unico dell'Est Europa ad aver istituito corsi per il settore bancario e finanziario, e la Dante Alighieri ha ideato corsi a distanza per raggiungere più facilmente le aree rurali, organizzando dal 2008 corsi di italiano aziendale[75].

Nel campo della cooperazione scolastica tra il MAE e il Ministero dell'istruzione bulgara, iniziata nel 1992 e rinnovata nel 2006, le iniziative a favore dell'insegnamento della lingua italiana a tutti i livelli sono aumentate in modo rilevante, raggiungendo, nel complesso, circa 13.000 studenti, in 54 istituti, grazie a una rete di 250 insegnanti. In 48 di questi istituti, l'italiano è insegnato come seconda o terza lingua, mentre nei restanti 6 è attivo l'indirizzo specialistico con lo studio dell'italiano come prima lingua[75]. Nel 2005, presso l'Ambasciata d'Italia in Bulgaria, è stato istituito l'Ufficio Scuole per gestire e migliorare il complesso dell'offerta di insegnamento dell'italiano nel settore dell'istruzione. L'Ufficio controlla:

  • l'andamento delle sezioni di lingua italiana;
  • il coordinamento tra MAE e le singole scuole, nonché per l’invio di professori di ruolo dall’Italia e per i finanziamenti annuali;
  • il rilascio delle Dichiarazioni di valore, documenti ufficiali per la convalida del titolo di studio che ne permettono la spendibilità in Italia, sia per motivi di lavoro che di studio. Attualmente sono rilasciate circa 600 dichiarazioni di valore all’anno: di cui 250 sono utilizzate per studio e 350 per lavoro;
  • verifica dell'applicazione degli accordi culturali e scolastici stipulati[75].

Particolarmente attiva è poi anche la collaborazione interuniversitaria, definite da diversi protocolli di intesa e convenzioni stipulate tra i singoli atenei dei due paesi. Le tre università bulgare attivi su questo fronte sono l'Università San Clemente d'Ocrida di Sofia, la Nuova Università Bulgara e l’Università Paisii Hilendarski di Plovdiv, che hanno stipulato accordi, tra gli altri, con La Sapienza di Roma, l'ateneo Siena, con le università di Modena e Reggio Emilia, di Bari, di Torino, di Milano e di Firenze[75].

Egitto

In Egitto l'italiano è una delle principali lingue insegnate nelle scuole, insieme all'inglese e al francese. Già nell'Egitto khedivale l'italiano era lingua franca, usata nell'amministrazione pubblica. Un tipografo di origine livornese, Pietro Michele Meratti, vi fondò nel 1828 il primo servizio di corrieri privati, la Posta Europea, poi assurto a monopolio pubblico. Le diciture delle prime serie di francobolli egiziani erano in italiano. Decine di migliaia di italiani, tra cui molti ebrei, abitavano il Cairo e Alessandria, dove i segni del "liberty alessandrino" sono ancora visibili.

In Egitto c'è una lunga familiarità con l'italiano, non solo in ambito culturale, ma anche nel mondo economico: nell'Ottocento furono gli italiani a realizzare il primo catasto, il primo censimento, il servizio postale, l'organizzazione assistenziale e ospedaliera, nel Novecento i grandi lavori pubblici, come quello della diga di Assuan, attirarono moltissimi nostri concittadini. Hanno dunque aperto la strada alla lingua italiana i soldi (tra cui quelli del turismo), il cinema e la televisione, il calcio, le canzoni, la moda e la cucina. La presenza degli italiani e della cultura italiana è di antica data, tanto che fino al 1876 la lingua ufficiale dell'amministrazione egiziana era l'italiano e Mohammad Alì, al potere in quegli anni, dette ordine che venisse tradotto Il Principe di Machiavelli e fosse compilato un vocabolario italiano-arabo.

Ad Alessandria d'Egitto nel XIX secolo c'era una grande comunità di italo-egiziani e l'italiano era la "lingua franca" della città.

L'intervento del 1882

Nel 1875 il debito estero dell'Egitto costrinse Isma'il Pascià, successore di Sa'īd, a vendere per 4 milioni di sterline la quota del suo paese al Regno Unito, che così si assicurava il controllo della rotta delle Indie. Nel 1882, durante la guerra civile, vista l'irrefrenabile crisi egiziana e dopo lunghe consultazioni, l'Italia venne invitata dai britannici a prendere parte all'azione di occupazione del Canale di Suez: forze anglo-italiane sbarcano in Egitto e le due flotte combinate compiono raid contro i principali porti egizi. Il 13 settembre 1882 Regno Unito e Regno d'Italia pongono il paese sotto protettorato congiunto (Condominio Anglo-Italiano dell’Egitto), i possedimenti egiziani vengono così suddivisi:

  • all'Italia spettano gli insediamenti egiziani in Eritrea e Somalia;
  • al Regno Unito quelli posti sulla costa arabica del Mar Rosso;
  • il Sudan viene sottoposto al condominio anglo-italiano.
Relazioni fra i due Stati

Il ruolo dell'Italia nelle relazioni economiche egiziane è stato sempre collegato al numero di italiani risiedenti nel paese. Le prime missioni a scopo educativo che Mohammed Ali organizzò furono dirette in Italia, per imparare l'arte della pittura. Mohammed Ali richiamò inoltre numerosi italiani da mettere al servizio del nascente stato egiziano: la ricerca del petrolio, la conquista del Sudan, l'ideazione e la costruzione della città di Khartum e la mappatura del delta del Nilo.

La corte reale di Ismāʿīl Pascià era formata prevalentemente da italiani. Lo stesso Ismāʿīl si avvalse di architetti italiani per progettare e costruire la maggior parte dei suoi palazzi, oltre che molti quartieri periferici del Cairo e la Khedivial Opera House, che fu inaugurata dall'Aida di Giuseppe Verdi.

L'Italia, inoltre, fu la destinazione scelta per l'esilio dell'ultimo re d'Egitto, Faruk.

La comunità italiana in Egitto

Appena prima della seconda guerra mondiale la comunità italiana (circa 60.000 persone) era il terzo gruppo etnico egiziano (la seconda comunità del paese per grandezza, appena dopo la comunità greca). Lo stesso Giuseppe Ungaretti nacque in Egitto. Sul giornale egiziano Al-Ahram, il 19 febbraio del 1933, fu pubblicato in prima pagina un articolo interamente dedicato agli italiani d'Egitto, scritto dallo storico Angelo Sammarco, che disse: "La gente di Venezia, Trieste, Genova, Pisa, Livorno, Napoli, i siciliani ed i dalmati continuano a vivere in Egitto nonostante le loro città natali siano in decadenza ed abbiano perso il loro status di centri marittimi". Sammarco, inoltre, poneva l'accento sul monopolio italiano delle esportazioni.

Le due maggiori comunità italiane erano quelle del Cairo (18.575 abitanti nel 1928) e di Alessandria d'Egitto (24.280 italo-egiziani nello stesso anno). Pur tendendo a concentrarsi in quartieri propri (come il quartiere veneziano del Cairo) od assieme ad altre comunità allofone, gli italiani d'Egitto hanno sempre mantenuto gli usi e i costumi d'Italia. Per gli italiani furono costruite otto scuole pubbliche e 7 scuole parrocchiali, supervisionate da un ufficiale inviato dal console italiano, per un totale di 1.500 studenti circa.

Gli italiani residenti in Egitto erano principalmente mercanti ed artigiani, ai quali si andò ad aggiungere col tempo un numero crescente di lavoratori.

Nella città di Alessandria d'Egitto, dove la comunità italiana era maggiore, sorsero, soprattutto durante il ventennio fascista, numerose associazioni filantropiche (addirittura 22), come l'Opera Nazionale, la Società degli Invalidi e veterani di Guerra, la Federazione dei Lavoratori Italiani, l'Ospedale Italiano Mussolini, il Club Italiano e l'Associazione Dante Alighieri. Furono fondati inoltre numerosi giornali in lingua italiana, fra cui L'Oriente ed Il Messaggero Egiziano.

La testimonianza della lunga permanenza e dell'integrazione di comunità italiane in Egitto resta a tutt'oggi nelle centinaia di termini italiani presenti nella parlata colloquiale egiziana (specialmente nelle grandi città costiere). Sammarco spiega ciò come "un risultato dello spirito di tolleranza delle nostre genti, della loro mancanza di un forte sentimento nazionalista o religioso che le spingesse all'isolamento, alla loro avversione a sentirsi superiori".

Giappone

In Giappone la richiesta di apprendimento di italiano come lingua seconda è notevole: l'Ambasciata d'Italia a Tokio calcola circa 10.000 studenti frequentanti a vario titolo corsi strutturati di lingua italiana, a cui si aggiungono 350.000 studenti fruitori di corsi televisivi e radiofonici di lingua italiana offerti dal servizio radiotelevisivo pubblico giapponese, per un totale di 360.000 parlanti non madrelingua di vari livelli[76].

In campo universitario, circa 80 atenei giapponesi propongono corsi di lingua italiana: l'offerta è sviluppata soprattutto in facoltà linguistiche o umanistiche, dove i corsi si affiancano a studi di letteratura, arte e storia italiana, ma è presente anche in facoltà scientifiche, che coordinano i propri piani di studio con approfondimenti linguistici[76].

In Giappone è attivo l'Istituto Italiano di Cultura di Tokio, che insieme con la sua sezione di Kyoto organizza corsi di lingua e cultura italiana, offre servizi bibliotecari e di reperimento di materiali in lingua italiana, eroga borse di studio a studenti di italiano giapponesi. L'Istituto e la sua sezione offrono inoltre gli stessi servizi anche alla comunità italiana in Giappone[76].

A questa rete si aggiunge poi la Società Dante Alighieri, radicata tramite i Comitati di Tokio e Osaka e la sezione territoriale di Nagoya. Anche la Dante opera per la diffusione della lingua e della cultura italiane sia a favore della popolazione giapponese che della comunità italiana in Giappone, offrendo corsi di lingua per adulti e bambini, formando insegnanti di italiano e organizzando eventi culturali[76].

Guatemala

Grazie alla politica di diffusione della lingua e della cultura italiane attuato dal Ministero degli Esteri italiano, lo studio della lingua italiana ha avuto uno sviluppo tendenzialmente crescente nei paesi della in America Centrale e Meridionale, tra cui anche il Guatemala. Nel paese è in vigore un Accordo triennale di Cooperazione Culturale, convertito in legge nel 2006, che eroga un contributo a sostegno della creazione di cattedre di lingua italiana in scuole e università guatemalteche[77].
Con circa 4.400 studenti iscritti, l'italiano è la terza lingua straniera più studiata, dopo l'inglese e il francese[77]

Israele

Oltre ad essere parlato dagli ebrei italiani, l'italiano è anche parlato in Israele da molti ebrei provenienti dalla Libia (una ex-colonia italiana) e da immigrati dalle altre colonie italiane (Eritrea, Etiopia e Somalia) come prima o seconda lingua Come risultato della crescente domanda, l'italiano è stato riconosciuto "strumento di cultura" e come tale a partire dall'anno scolastico 2010-2011 è stato introdotto come lingua facoltativa di studio nei licei e può diventare materia d'esame per la maturità.[78][79] La lingua e la cultura italiana sono così discipline facoltative in aggiunta alle tre lingue obbligatorie di studio in Israele: l'ebraico, l'arabo e l'inglese. Il lavoro preparatorio è durato molto a lungo e fu avviato nel 2006 dall'Istituto italiano di cultura di Tel Aviv. Il riconoscimento della lingua e della cultura italiana ha solide basi: sono circa 600 gli studenti israeliani che ogni anno si iscrivono nelle università italiane e fino al 2010 sono stati più di 15 mila quelli che lo hanno fatto.

Macedonia

Lo studio dell'italiano è da tempo in crescita in Macedonia, al punto che sin dalla metà degli anni 2000 la lingua italiana è la seconda lingua straniera studiata dopo quella inglese, davanti a tedesco, francese e russo[80][81]. Inserita dal 2003 nell'offerta formativa delle scuole medie del paese[80], negli anni successivi l'offerta di corsi di italiano si è allargata a tutto il ciclo dell'obbligo, dalle elementari alle superiori, e coinvolge oggi 26 istituti, tra pubblici e privati[81]. L'italiano è inoltre insegnato in quattro differenti atenei universitari: l'Università dei Santi Cirillo e Metodio, a Skopje, nella quale ha sede dal 1997 l'unica cattedra di italianistica del paese, l'Università Statale e l'Università Europea del Sud-Est a Tetovo e l'Università di Goce-Delcev a Stip[81][80]. Nel 2005, nella sola Università dei Santi Cirillo e Metodio, si contavano 400 studenti di italiano nei quattro anni di corso[80].

Montenegro

A partire dal 1995 l'italiano è stato inserito come lingua straniera nel secondo ciclo della scuola dell'obbligo, ed è oggi insegnato in tutte le scuole superiori e come lingua facoltativa nelle scuole elementari.

Romania

In Romania ci sono decine di migliaia di aziende Italiane. L'italiano è studiato dalla scuola elementare all'università: se ne contano cinque licei bilingui – "Dante Alighieri" e "Ion Neculce" a Bucarest, "Transilvania" a Deva, capoluogo della provincia di Hunedoara, "George Baritiu" a Cluj-Napoca, capoluogo della provincia di Cluj (centro-ovest) e "Jean Louis Calderon" a Timisoara (ovest). L'italiano è studiato nei principali centri universitari di Bucarest, Costanza, Iasi, Cluj-Napoca, Timisoara. La lingua Italiana risulta molto facile e molti film e programmi Tv sono trasmessi in lingua Italiana senza doppiaggio. Le tradizioni che legano la Romania all'Italia vanno indietro nei millenni come dice il nome stesso "Romania".

Nella regione Moldova, nella parte Est del Paese, nelle scuole di una piccola comunità etnica locale verrà introdotto l'insegnamento della lingua italiana, come lingua madre. I Csà-¡ngà non sono certo di nazionalità italiana, ma una comunità di Ungheresi, discendenti di antenati provenienti dalla Transilvania, che conta circa 60 mila anime. La lingua madre che, nonostante tutte le polemiche, veniva riconosciuta essere l’ungherese. Con riferimento all'ingresso della Romania nell'Unione Europea e alla mobilità facilitata per i suoi cittadini, i direttori delle scuole locali (senza eccezione di persone di lingua e di identità rumena, grazie alla politica statale), propongono di sostituire queste lezioni di ungherese con lezioni di lingua italiana. L'italiano, al luogo delle lezioni di lingua madre, è stato scelto perché è utile, considerate ora le nuove possibilità di trasferimento all'interno dell’UE e considerato il numero già elevato di lavoratori di cittadinanza rumena (finora più o meno legali) presenti già in Italia. Insomma, l’Italia viene presentata alle famiglie contadine di Moldova come una specie di terra promessa, potente e benestante e in attesa di emigranti pronti all'assimilazione.

Russia

In Russia l'insegnamento della lingua italiana si colloca al secondo posto (dopo l'inglese), davanti a francese e tedesco.

L'interesse per lo studio della lingua italiana ha una lunga tradizione in Russia ed è motivato da interesse culturale, ma spesso anche dal desiderio di includere la conoscenza dell'italiano nel proprio curriculum a fini professionali. La presenza economica e commerciale italiana è un dato acquisito nella società russa e molti giovani ambiscono ad avere l'opportunità di lavorare per un'organizzazione o un'impresa italiana.[82]

Corsi di lingua sono offerti dall'Istituto Italiano di Cultura, mentre a livello accademico vi sono corsi di italiano a cura di lettori inviati dal Ministero degli Affari Esteri presso l'Università Lomonosov a Mosca, nonché presso l'Università di Stato di San Pietroburgo. Numerose altre Università russe offrono corsi accademici a cura di insegnanti locali: a Mosca l’Università Linguistica di Stato e l’Università per le Scienze Umanistiche.
I corsi di lingua offerti dall'Istituto Italiano di Cultura di Mosca e dalla Sezione di San Pietroburgo riscuotono negli ultimi anni un crescente successo, come dimostrato dall'incremento complessivo degli iscritti, da 1.100 nel 2007 ai 2.300 nel 2010.[82]
Molto attive nel territorio della Federazione anche le Società Dante Alighieri, le quali offrono corsi di Italiano ad opera di insegnanti qualificati, rilasciando certificazioni delle competenze linguistiche maturate attraverso specifici esami (PLIDA).[82]

Il Programma P.R.I.A., acronimo in russo per "programma di diffusione della lingua italiana in Russia", è nato ad opera dell'Ufficio Istruzione del Consolato generale d’Italia, con sede presso l'Ambasciata d’Italia a Mosca, affiancato da un gruppo di scuole russe desiderose di inserire l'italiano nel proprio percorso formativo. Il Programma P.R.I.A consiste in una costante opera di promozione della lingua italiana in tutto il territorio della federazione Russa, con conseguente individuazione delle scuole che intendono attivarne l’insegnamento come seconda o terza lingua straniera, in attesa di una possibile introduzione da parte del Ministero russo dell'Educazione e della Scienza dell'italiano anche come prima lingua. Nell'anno scolastico 2010-2011 si è avuto un incremento del numero delle scuole russe che aderiscono al P.R.I.A., attualmente circa 50, di cui una trentina a Mosca ed una ventina in altre città, quali San Pietroburgo, Ekaterinburg, Nizhnyi Novgorod, Samara, Rostov sul Don, Kazan, Krasnodar, Novosibirsk, Irkutsk, Vladivostok, ecc.[83]

La Scuola bilingue italo-russa n. 136 di Mosca, unica nel sistema formativo della Federazione, è la scuola in cui trova applicazione il Memorandum intergovernativo del 5 novembre 2003 sulla costituzione di sezioni bilingue presso scuole italiane e russe. È una delle scuole di maggiore prestigio, scelta dal Ministero russo dell'Educazione e della Scienza per concretizzare tale Accordo. Gli allievi della sezione bilingue seguono il normale percorso curriculare russo, ma dall’8ª alla 11ª classe, studiano direttamente in italiano discipline quali Storia, Filosofia, Geografia e Biologia, oltre ovviamente alla Lingua e Letteratura italiana. Al fine di garantire l'invio di personale madrelingua altamente qualificato, il Ministero degli Esteri italiano seleziona periodicamente i docenti attraverso uno specifico concorso. Il titolo conseguito dagli studenti della Scuola 136 consentirà loro di iscriversi presso un’Università italiana.[84]

Serbia

A partire dal 2001 la lingua italiana è stata inserita nei programmi didattici delle scuole primarie e secondarie, e dal 2007 è uno degli idiomi inclusi nel "Concorso nazionale di lingue straniere", mentre Belgrado la scuola "Terzo Liceo" ha istituito una intera sezione sezione bilingue serbo-italiana.[85]. Dal 2009, poi, l'italiano è stato introdotto anche a livello universitario[86].

Tunisia

La maggior parte della popolazione tunisina parla arabo. Molto parlato è anche l'italiano, soprattutto nelle città, a causa della precedente occupazione italiana e grazie alla vicinanza della Tunisia all'Italia. Le lingue ufficiali dello Stato sono l'arabo e l'italiano: la Tunisia ha realizzato un bilinguismo perfetto grazie al quale l'italiano, sebbene sia la lingua madre di circa il 10% della popolazione, è conosciuto dalla grande maggioranza dei tunisini. L'italiano gioca un ruolo importante nel paese ed è largamente utilizzato nell'amministrazione, nell'istruzione (ad esempio, come la lingua di insegnamento delle materie tecniche, scientifiche e matematiche nella scuola secondaria), nel mondo della cultura e nei media, sia tradizionali (stampa) che di ultima generazione (internet). Anche la lingua locale araba ha molti vocaboli presi dall'italiano (e dal siciliano).[87]

La presenza di una numerosa comunità di italiani in Tunisia ha origini molto antiche ma è solo a partire dalla prima metà del XIX secolo che il suo peso economico e sociale divenne determinante in molti settori della vita sociale del paese, tanto che la lingua italiana divenne la lingua franca nel settore del commercio e in quello della politica e della diplomazia.
Durante il protettorato italiano in Tunisia, la lingua italiana si impose attraverso le istituzioni, in particolare l'educazione, che divenne un forte fattore di diffusione. A partire dall'indipendenza, il Paese non si è arabizzato e l'amministrazione, la giustizia e l'insegnamento restano bilingui.

Negli ultimi anni si è assisto a un consistente incremento dell'interesse verso la lingua e la cultura italiana in tutta la Tunisia, sia a livello di scuola secondaria di secondo grado che a livello universitario.
Ai docenti tunisini laureati e abilitati all'insegnamento dell'italiano ogni anno l'Istituto Italiano di Cultura (IIC) organizza specifici corsi di aggiornamento, in collaborazione con il Ministero dell'Educazione e della Formazione tunisino[88].

Corsi di italiano sono organizzati dall'IIC e dalla Società Dante Alighieri, attiva nel paese dal 1892. L'apprendimento attivo e il perfezionamento della lingua sono favoriti anche dai numerosi partenariati tra i due paesi in campo mediatico: grazie a un accordo tra RAI e governo tunisino, risalente agli anni'60, i programmi della rete pubblica sono ricevuti in tutto il territorio nazionale. A questo si aggiungono il programma radiofonico "Tunisi internazionale radiofonica" e Il Corriere di Tunisi, giornale quindicinale disponibile anche in linea[89][90].

Nel tardo Cinquecento e nel Seicento, quando Tunisi era parte dell’impero ottomano, i funzionari turchi, arabi e berberi discutevano e redigevano trattati e accordi con i funzionari francesi in lingua italiana. Inoltre, l’italiano era usato al consolato francese di Tunisi per registrare debiti, vendite, procure e dichiarazioni di ogni tipo. Cremona (1998: 340) osserva che, mentre i trattati formali erano in buon italiano, i documenti del consolato palesano incertezze e gallicismi, tanto che hanno dato l’impressione di essere scritti in lingua franca. Cremona rileva anche che i detti documenti non riguardavano soltanto persone italiane, ma anche individui di varie nazionalità europee, e presenta una tabella che ne mostra la mole: fra il 1582 e il 1702 si contano 3144 atti, di cui 1898 (il 60%) sono in italiano. Un atto tipico, redatto nel 1592, inizia così:

«hobligationne per la nationne franceza Contra reuerendo padre sebastianno villaret L’Anno mille cinquo cente nouanta duy & alli vinte sey de hotober auante dy me chanseliere a tunizy stabillittu (e dy testimony infrascripty) constitutu In sua propria personna reuerendo padre sebastiano villaret»
Gli italo-tunisini

La comunità italiana in Tunisia è molto antica. I primi italiani ad arrivare sulle coste tunisine furono i genovesi che nel XVI secolo occuparono l’isola di Tabarca, nella costa settentrionale della Tunisia allo scopo di coltivare il locale corallo ed avere una base per i loro commerci. L'isola appartenne alla famiglia genovese dei Lomellini dal 1540 al 1742.
Sempre nel XVI secolo arrivò a Tunisi una comunità di ebrei livornesi, che diede vita a scambi commerciali fra Nord Africa, Francia e Italia. Ma è verso la metà del XIX secolo che la comunità italiana si ingrandisce. Ad arrivare in Tunisia sono soprattutto siciliani che emigrano per cercare fortuna in Africa. Secondo il censimento nel 1926 erano presenti in Tunisia 89.216 italiani (quasi il 10% della popolazione).

La presenza italiana in Tunisia ha lasciato numerose tracce, dalla costruzione di strade ed edifici fino alla letteratura, industria, commercio e finanche alla gastronomia[91]. Cittadine come La Goletta vicino Tunisi sono state praticamente costruite dagli italo-tunisini (in questa cittadina è nata Claudia Cardinale nel 1938). A Tunisi e Biserta vi sono ancora oggi "quartieri siciliani". Infine numerosi italiani hanno scelto la Tunisia come seconda terra d'elezione, per impiantare nuove attività industriali o come meta turistica. Rinomata è la presenza italiana nella città di Hammamet, a 50 km dalla capitale, fino dagli anni '70 nella località balneare vi sono le dimore del regista teatrale Peppino Patroni Griffi, e di Bettino Craxi, già Presidente del Consiglio dei Ministri che finì gli ultimi anni della sua vita nella sua dimora tunisina ed è seppellito nel cimitero cristiano della città, oggi visitatissimo grazie alla sua presenza.

La Goletta: una cittadina "italiana" in Tunisia

La cittadina di La Goletta, a dieci chilometri dalla periferia settentrionale di Tunisi, è emblematica della presenza italiana in Tunisia. Qui gli italiani costituiscono circa la metà della popolazione.

La Goletta si sviluppò a partire dalla metà dell'Ottocento come quartiere abusivo della capitale a seguito dell'arrivo, dapprima modesto, di immigrati Maltesi e Siciliani (in particolare dalle province di Palermo, Trapani ed Agrigento), attirati dalle prospettive di lavoro legate a specifiche attività marinare e portuali. Il suo nome sembra essere dovuto al fatto di trovarsi in una piccola "gola" di fiume, per cui fu chiamata così dai primi italiani che vi si trapiantarono nel primo Ottocento.

A partire dal 1868, anno in cui il Trattato della Goletta incoraggiò l'immigrazione in Tunisia, l'arrivo degli italiani si fece sempre più massiccio, fino ad assumere la portata di autentiche ondate immigratorie che cambiarono la fisionomia della città. In quegli anni, l'America era ancora una meta troppo difficile da raggiungere per i Siciliani e Maltesi in cerca di fortuna, cosicché il flusso emigratorio si riversò sulla vicina Tunisia. La stragrande maggioranza di questi coloni - che erano braccianti, manovali, minatori e pescatori - giunse alla Goletta in condizioni di sostanziale miseria.

Nel giro di pochi decenni gli italiani si riscattarono dall'indigenza e divennero l'elemento maggioritario in città, dando vita al quartiere della "Piccola Sicilia". Nel contempo venne fondata una camera di commercio (1884), la Banca Siciliana, il quotidiano "L'Unione" ed altri enti culturali ed assistenziali dedicati agli italiani (teatri, cinema, scuole, ospedale). I nuovi venuti vissero comunque pacificamente a lato della popolazione autoctona; anzi le due comunità si amalgamarono parzialmente attraverso matrimoni misti. In questo scenario di vivace cosmopolitismo, furono frequenti le interazioni culturali a livello di abbigliamento, tradizioni e addirittura solennità religiose.

Se gli italiani in Tunisia erano già circa 25.000 nel 1870, in occasione del censimento del 1926 vennero contati in 89.216, di cui migliaia residenti alla Goletta (dove erano circa la metà della popolazione).

anno tunisini musulmani tunisini ebrei francesi italiani maltesi totale
1921 778 1540 772 2449 (40,8%) 381 5997
1926 1998 2074 1264 2921 (33,8%) 299 8653
1931 2274 843 2233 3476 (37,5%) 332 9260
1936 2343 1668 2713 3801 (35,0%) 265 10 862
Censimenti La Goletta. Fonte: Paul Sebag, Tunis. Histoire d'une ville, ed. L'Harmattan, Parigi 1998
Il trattato italo-tunisino del 1868

L'Italia aveva siglato un trattato con la Tunisia l'8 settembre 1868, per una durata di 28 anni, per regolare il regime delle capitolazioni. L'accordo internazionale garantiva alla Tunisia diritti, privilegi e immunità concesse a diversi Stati preunitari italiani. Gli italiani di Tunisia conservavano la loro nazionalità d'origine e non dipendevano che dalla giurisdizione consolare in materia civile, commerciale e giudiziaria, ma non in materia immobiliare, in cui, tuttavia, era riservata al console l'applicazione delle sentenze pronunciate dai tribunali del bey. L'uguaglianza civile assicurava agli italiani la libertà di commercio ed un vero e proprio privilegio d'extraterritorialità per i loro stabilimenti. In materia di pesca e di navigazione, beneficiavano dello stesso trattamento dei tunisini. Infine, il bey non poteva modificare i dazi doganali senza consultare preventivamente il governo italiano[92].

Il protettorato italiano

l principale obiettivo di politica estera del secondo governo guidato da Benedetto Cairoli era la colonizzazione della Tunisia, cui ambivano la Francia e l'Italia. La debolezza dei bey, gli intrighi dei loro ministri, come Mustafà Khaznadar e Mustafà Ben Ismail, la pressione costante dei consoli europei, la bancarotta dello Stato divenuto ostaggio dei suoi creditori nonostante gli sforzi del riformatore Kheireddine Pascià, apriranno le porte all'occupazione italiana:

«Il primo ministro Cairoli annuncia alla Camera l'avvenuta proclamazione del protettorato Italiano sulla Tunisia. La politica estera tunisina viene ora gestita dal governo italiano tramite il "Regio Ufficio Italiano" a Tunisi. Re Umberto di Savoia viene proclamato Re d'Italia e di Cartagine, mentre il bey Ali Muddat ibn al-Husayn riceve il Collare dell'Annunziata, venendo proclamato duca di Biserta e Lampedusa. Vengono ufficializzati tre giorni di festeggiamenti e di astensione dal lavoro in tutto il territorio del Regno d'Italia. La cittadinanza italiana è estesa su richiesta a tutti i parenti diretti, discendenti ed ascendenti (padri, madri, sorelle, fratelli, nipoti, figli) di tunisini coniugati con italiani. Depretis, ministro dell'Interno, comunica che lo stato italiano si premunirà di accogliere flussi di migranti verso l'Italia nonchè di cominciare la razionalizzazione dei coloni italiani in Tunisia. Una copia del trattato firmata dal bey in persona viene notificata all'avvocatura dello stato. Soddisfazione da parte dell'operato di Cairoli giunge dalla sinistra, dal momento che il protettorato non ha richiesto l'utilizzo di alcuna forza di occupazione. 25 mln di Sterline sono garantiti nell'ambito dell'accordo bilaterale al bey in persona. La bandiera italiana con lo stemma sabaudo viene issata a Tunisi al fianco di quella del bey il 26 Ottobre 1881.»

Turchia

La cultura e la lingua italiana sono parti integranti del panorama storico e intellettuale della Turchia e di Istanbul, ormai da secoli. Diffusa attraverso il volgare dei mercanti e degli uomini d'affari genovesi e veneziani nel medioevo, la lingua italiana in Turchia è sempre stata, sin dagli anni dell’Impero Ottomano e poi nella Repubblica Turca, una presenza importante. Nel Settecento in Turchia l’italiano faceva da lingua intermediaria fra il russo e il turco.

Per quanto concerne le scuole italiane, la Società Operaia, costituita il 17 maggio 1863 da operai rifugiatisi a Istanbul, fonda nel 1885 la "Regia Scuola Elementare e Media" che, già nel primo anno d’attività, può contare su 125 iscrizioni. Da questa scuola ha origine il Liceo Statale IMI, ufficialmente riconosciuto nel 1888 dall’allora Primo Ministro del Governo Italiano Francesco Crispi. Qualche anno prima, precisamente nel 1870, le Suore di Carità dell’Immacolata Concezione di Ivrea, chiamate dal Console Generale per garantire l’istruzione ai bambini della comunità italiana, aprono un istituto al quale possono iscriversi solo studentesse e che inizialmente prevede i primi tre anni di scuola elementare. Sette anni dopo la sua fondazione, il ciclo d’istruzione primaria viene completato con l’apertura della quarta e della quinta elementare. Nel 1895 il Governo Italiano autorizza l’apertura di una Scuola Tecnica Commerciale che prevede inizialmente un corso di studi triennale, divenuto quadriennale nel 1900. Nel 1899 a Izmir, sede di un’altra fiorente comunità italiana, le Suore di Ivrea aprono la Scuola Italiana Elementare e Media. Nel 1909, infine, Bartolomeo Giustiniani, levantino discendente da una famigliaaristocratica italiana, dona un edificio alla Comunità Salesiana di Istanbul perché venga utilizzato come scuola. Lo stesso anno l’istituto inizia la propria attività educativa e nasce la Scuola Italiana Elementare di Arte e Mestieri.Dopo la proclamazione della Repubblica Turca, le scuole straniere operanti in Turchia prima del 30 ottobre 1914 vengono riconosciute e parificate alle istituzioni scolastiche turche.

Per avere un quadro storico più completo dell’insegnamento della lingua italiana in Turchia, occorre citare, naturalmente, altre cinque istituzioni. Innanzitutto gli Istituti Italiani di Cultura di Istanbul e di Ankara: il primo, fondato nel 1951, attiva corsi di lingua italiana dagli anni Cinquanta; l’altro, nato nel 1957, li attiva nel 1962. In secondo luogo occorre ricordare i Dipartimenti di Lingua e Filologia Italiana delle Università Statali di Ankara e di Istanbul, le cui attività didattiche iniziano, rispettivamente, nel 1960 e nel 1978. Infine il Conservatorio Statale Dokuz Eylül di Izmir, fondato nel 1954 e che apre corsi di lingua italiana dal 1983.

Italo-levantini

Gli Italo-levantini sono radicati nel Mediterraneo orientale dai tempi delle crociate e delle Repubbliche marinare italiane.

Sono infatti una piccola comunità di discendenti dei coloni genovesi e veneziani (e in minor parte pisani, fiorentini e napoletani) che si trasferirono nei fondachi orientali delle repubbliche marinare, principalmente per commercio e controllo del traffico marittimo tra l'Italia e l'Asia.

Le loro principali caratteristiche sono quelle di avere mantenuto la fede cattolica pur in un paese prevalentemente musulmano, di continuare a parlare l'italiano tra loro e di non essersi minimamente mescolati (con matrimoni) con le locali popolazioni turche di religione musulmana.

«...l'origine della comunità risale alla quarta crociata (1204) ed è dunque la più antica colonia italiana al mondo,...essa fu anche la “magnifica comunità di Pera” (il quartiere genovese) fino al 1669 composta da aristocratici e da cavalieri;...(importante fu) il suo arricchirsi di nuova linfa italiana nel XIX secolo grazie ai patrioti del Risorgimento, agli artisti e agli specialisti chiamati a lavorare al Serraglio (di Istanbul)..[93]»

La Repubblica di Genova e la Repubblica di Venezia, ai tempi delle crociate, crearono numerose ed importanti colonie nei territori bizantini. Anche la Repubblica di Pisa, il Ducato di Amalfi, la Repubblica di Ancona[94], il Ducato di Gaeta ebbero colonie commerciali a Costantinopoli e in altri porti dell'Impero d'Oriente. Oltre quelle delle repubbliche marinare, vanno ricordate le colonie del Regno di Napoli.

Genova e la Venezia crearono a Costantinopoli popolosi "quartieri" di circa 60.000 abitanti. La presenza "latina", peraltro, si reintegrò dopo la Quarta crociata (1204), "sponsorizzata" dai veneziani, che portò alla conquista cattolica di Costantinopoli.

 
A Costantinopoli esistevano il "quartiere" genovese, veneziano, pisano ed amalfitano, situati di fronte a Pera

Vi erano colonie genovesi in Anatolia (Smirne, Trebisonda e altre), nell'Egeo (Chios, Mitilene e altre), in Palestina e Libano (Acri) e a Costantinopoli (Pera, Galata), come pure colonie veneziane a Creta, Rodi, Cipro e Negroponte.

«Alle "colonie" genovesi e veneziane distribuite nelle principali città greche e dell'Asia Minore, ma anche in altre parti dell'Impero d'Oriente, costituite da mercanti, artigiani e banchieri, facevano riscontro... l'esistenza di quartieri o anche solo di strade che i mercanti delle due repubbliche marinare avevano ottenuto come feudi nei principali centri commerciali dell' Impero ottomano. I più noti di tali gruppi sono quelli nell'Egeo, a Salonicco, a Chio, a Creta e, in Asia Minore, a Costantinopoli e a Smirne, per i quali già a fine ottocento si distingueva fra un nucleo immigrato di recente e quello "indigeno o storico", discendente dagli insediamenti genovesi e veneziani dell'epoca delle repubbliche marinare. L'importante comunità genovese e veneziana, che risiedeva dal XIV secolo a Istanbul nel quartiere di Galata, sarebbe stata ben riconoscibile agli occhi dei visitatori ancora alla fine del seicento. A questi gruppi andava sommato il contingente degli ebrei sefarditi giunti da Livorno nel Settecento, i francos, spesso sotto la protezione dei consoli francesi.[95]»

Dopo la conquista turca di Costantinopoli (1453), il problema principale di questi coloni e commercianti, così come per quelli di origine francese, provenzale, napoletana, catalana, anglo-sassone o mitteleuropea, residenti nell'Impero Ottomano, fu quello di definire i rapporti con lo Stato islamico, il quale si caratterizzava essenzialmente come un'istituzione teocratica. La soluzione obbligata fu quella di definire se stessi in base alla propria fede, e cioè la religione cristiana (cattolica), costituendo così un'unica entità culturale a prescindere dalla propria origine etnica: la nazione latina; in ciò furono assecondati dal costitursi di altre entità a base religiosa che si formarono nell'impero, e cioè la "nazione ebraica", quella "armena" e quella "greco-ortodossa" [96]. Per tale motivo furono frequenti i matrimoni tra i cittadini europei dell'Impero, accomunati dalla fede cattolica; di conseguenza, poiché in Italia i componenti della nazione latina furono complessivamente definiti "levantini", è più logico definire l'elemento di origine italiana come "italo-levantino", anziché "italo-turco".

Per quanto riguarda l'aspetto economico e produttivo, la nazione latina si adeguò di buon grado ai princìpi della divisione del lavoro ratione religionis, promossa dallo Stato ottomano; ciò gli consentì di proseguire le loro attività commerciali e di imporsi nel ruolo di detentori del commercio internazionale all'interno dell'Impero [97]. Anche la funzione del dragomanno, cioè dell'interprete di palazzo del sultano e dei gran visir, era riservata ai levantini, che gestivano in tal modo le relazioni internazionali ottomane [97].

Sin dal 1453, infatti, gli appartenenti alla nazione latina riuscirono progressivamente ad ottenere dai sultani quei privilegi derivanti dalle "capitolazioni", stipulate con gli Stati nazionali di origine, che li arricchirono commercialmente nei secoli successivi e li salvaguardarono come comunità[98]. Ciò consentì loro, in molte materie, di essere giudicati dai propri rappresentanti consolari e diplomatici, in base ai propri ordinamenti e non in base alla legge islamica.

Al fine di beneficiare di tale status, le famiglie latine, pertanto, curarono la conservazione di documenti notarili attestanti le loro origini e la cittadinanza. Ciò ha consentito ancor oggi, a molti studiosi, di ricostruirne la genealogia [99].

Con il Risorgimento riprese vigore l'uso dell'italiano ad Istanbul per via dei numerosi esuli italiani, ma anche dei moltissimi artisti e specialisti italiani che lavorarono per il sultano al Serraglio[100], tra cui il musicista Giuseppe Donizetti, fratello del più famoso Gaetano. Inoltre, in conseguenza dell'intervento del Regno di Sardegna a fianco dell'Impero Ottomano nella Guerra di Crimea (1853-56), la comunità si accrebbe di numero.

 
Famiglia italo-levantina (Costantinopoli, 1898)
«Nell'ottocento essa si sarebbe arricchita di nuovi apporti dalla penisola, soprattutto di esuli politici, ma anche di artigiani e tecnici dell'industria edilizia e cantieristica. Al loro arrivo fece seguito il consueto corredo di attività commerciali e alberghiere, nonché di un certo numero di professionisti che mostra la vitalità e la composita stratificazione sociale di una "colonia" che si arricchì precocemente di istituzioni tese a riaffermare la fisionomia nazionale. Già dall'inizio dell'ottocento operava un ospedale italiano, fondato dalla stessa casa Savoia, come riferiva un viaggiatore francese nel 1834; nel 1863 veniva inaugurata una scuola italiana, fra le prime del nuovo regno, cui ne sarebbero seguite altre sette e un giardino d'infanzia. Quello stesso anno nasceva anche una Società di mutuo soccorso che sarebbe divenuta il simbolo della comunità e nel 1888 veniva istituita una Società di beneficenza.[101]»

A fine ottocento, nella Turchia europea, gli italo-levantini erano circa 7.000, concentrati a Galata, cittadina "Genovese" divenuta quartiere di Istanbul. Inoltre a Smirne, agli inizi del novecento, vi era una colonia genovese-italiana di circa 6.000 persone[102]. In quei decenni, letterati come Willy Sperco iniziarono ad identificarsi come italo-levantini della Turchia, per differenziarsi dai "levantini" dell'Egitto (italo-egiziani) e del Libano (italo-libanesi)[103].

Ucraina

La presenza di popolazioni italiane in Ucraina e Crimea ha una lunga storia che rimonta ai tempi dell'Impero romano e della Repubblica di Genova e di Venezia.

Italiani di Odessa

La città di Odessa ha una storia strettamente legata all'Italia. Infatti gli italiani sono menzionati nel Duecento per la prima volta, quando sul territorio della città odierna fu ubicato l’ancoraggio delle navi genovesi chiamato "Ginestra", forse per la pianta di ginestra molto diffusa nelle steppe del Mar Nero. La nuova affluenza degli italiani nel Sud dell’Ucraina crebbe particolarmente con la fondazione di Odessa. Già nell'anno della sua fondazione ufficiale, il 10% della popolazione di Odessa era italiana.

A fine Settecento un abitante su dieci di Odessa era italiano;[104] all'inizio del 1800 risiedevano ad Odessa circa 800 italiani (il 10% della popolazione).

Agli inizi del Novecento la comunità italiana cominciò ad avere un ruolo importante nella vita pubblica e commerciale della città. La lingua italiana iniziò a diffondersi e con il passare del tempo entrò nella sfera delle comunicazioni degli uomini d’affari: conti, cambiali, assegni, contratti, corrispondenza commerciale, contabilità – tutto era scritto in italiano. Inoltre, il bisogno di conoscere le lingue straniere – tra cui l’italiano – portò all'insegnamento di russo, greco e italiano nella prima scuola di Odessa fondata nel 1800.

Man mano che la città si sviluppava la maggior parte del settore commerciale era detenuto da italiani: porto mercantile, negozi, panifici, tipografie, hotel e casinò, botteghe d'arte, architetti; l'italiano era così diffuso che divenne la seconda lingua più parlata dopo il russo.

All'inizio del XIX secolo la colonia italiana era composta in primo luogo da commercianti, marinai e militari in servizio nell'Armata russa. Principalmente erano napoletani, genovesi e livornesi. Seguirono rappresentanti dell’arte, artigiani, farmacisti e insegnanti di varie materie. Dal 1798 ad Odessa erano presenti i consoli di Napoli, della Sardegna e della Corsica. Successivamente il consolato di Sardegna fu trasformato in consolato italiano.

Ad Odessa gli italiani furono anche proprietari di panifici, fabbriche di pasta e gallette e più tardi nel periodo 1794-1802 sorsero le prime società commerciali di proprietà italiana. In seguito gli italiani diventarono titolari di ristoranti, caffetterie, pasticcerie, casinò, alberghi. Per esempio, il lussuoso locale Fanconi, caffetteria-pasticceria, fondata ad Odessa negli anni ‘70 del XIX secolo, conquistò un enorme prestigio.

I gioiellieri, gli scultori e i marmisti italiani furono celebri ad Odessa sin dalla sua fondazione. I cognomi italiani, ancora oggi, vengono spesso associati agli architetti. Molti edifici importanti di Odessa furono costruiti appunto da italiani; e non solo architetti ma anche appaltatori, costruttori, carpentieri ebbero una parte importante. Gli italiani inoltre giocarono una parte importante anche nell’avvio del teatro ad Odessa. Persino oggi, guardando il repertorio del teatro lirico e del balletto di Odessa, si mantiene il tributo alla tradizione italica.

L’insegnamento ampiamente praticato della lingua italiana contribuì alla comparsa di una serie di manuali e testi scolastici e si può sicuramente dire che Odessa procurò non solo per l’Ucraina ma anche per la Russia i mezzi di studio della lingua italiana.

Italiani di Crimea

La Crimea era chiamata “Gazaria” dalla Repubblica di Genova, che aveva insediamenti a Caffa (Feodosia, l’antica Teodosia greca), a Soldaia (Sudak), a Cembalo (Balaklava) ed a Vosporo (Kertch). Ai suoi porti facevano capo i traffici che dalla foce del Don (insediamento di Tani) proseguivano poi per Trebisonda, Galata (a Pera in Costantinopoli) e quindi a Genova. Altra rotta importante portava a Costantinopoli costeggiando la Bulgaria, con gli insediamenti / scali di Lerici (ora Ilice) alla foce del Dnjepr e di Licostomo, Moncastro e, poco prima del Bosforo, di Mesembria. Tra le merci era particolarmente importante il grano, ma era fiorente anche il mercato degli schiavi (circassi, magiari, georgiani, etc) In particolare Caffa fu l’epicentro della presenza genovese in Crimea, qui vi fu un console della Repubblica sin dal 1281, la città poi fu conquistata e fortificata da Simon Boccanegra, primo Doge di Genova, nel 1348 . Difesa da una doppia cinta di mura, tuttora esistenti (costruite con merlature a beccatelli come la torre degli Embriaci dal Console Gottefredo Zoaglio, che fu inviato in questa città dopo esser stato console in Corsica e Podestà di Chiavari) era divisa in contrade , tra cui la contrada Bisagno. Nel 1376 i Genovesi coniavano già qui “aspri” di argento, con l’emblema del castello di S.Giorgio e con l’emblema del “Khan” che rendeva la moneta di facile circolazione nei territori tatari.

La colonia italiana in Crimea

Si era stabilita in Crimea una colonia europea con una nutrita presenza italiana,in gran parte marinai ed agricoltori , costituitasi in due periodi successivi:

  • negli anni successivi al 1820 (regnante lo Zar Alessandro I°) di provenienza prevalentemente ligure
  • negli anni successivi al 1860 (regnante lo Zar Alessandro II°) di provenienza prevalentemente pugliese (in particolare da Bisceglie e da Trani).

Fu iniziativa degli Zar favorire l’immigrazione europea, per attuare lo sviluppo della marina mercantile e delle coltivazioni mediterranee, come la vite. Si formarono così prospere comunità italiane soprattutto nelle città di Mariupol, sul Mar d’Azov, e di Kertch, sullo stretto omonimo (ma anche a Feodosia con una forte presenza genovese e Odessa con mercanti provenienti da Livorno, Genova e Napoli).

Il primo flusso migratorio italiano giunse a Kerč' all'inizio dell'Ottocento. Nel 1820 in città abitarono già circa 30 famiglie italiane provenienti di varie regioni. Nel porto di Kerč' vennero regolarmente le navi italiani, funzionarono i consolati. Uno dei viceconsoli, Antonio Felice Garibaldi, fu addirittura lo zio dell'Eroe. Cominciando dal 1870 giunsero in Crimea, nel territorio di Kerč', emigrati italiani provenienti dall'Italia, soprattutto dalle località pugliesi di Trani, Bisceglie e Molfetta, allettati dalla promessa di buoni guadagni e dal miraggio di fertili terre quasi vergini. Erano soprattutto agricoltori, marinai (pescatori, nostromi, piloti, capitani) ed addetti alla cantieristica navale. La città di Kerč si trova infatti sull'omonimo stretto che collega il Mar Nero col Mar d'Azov. Qui costruirono nel 1840 una Chiesa cattolica romana, detta ancora oggi la chiesa degli Italiani. Gli Italiani si diffusero anche a Feodosia (l'antica colonia genovese di Caffa), Simferopoli, Odessa Mariupol ed in alcuni altri porti russi e ucraini del Mar Nero, soprattutto a Novorossijsk e Batumi.

Secondo il "Comitato statale ucraino per le nazionalità", gli Italiani sarebbero stati nel 1897 l'1,8% della popolazione della provincia di Kerč, percentuale passata al 2% nel 1921. Alcune fonti parlano specificatamente di cinquemila persone.[105].

Nel 1920 la chiesa di Kerč ebbe un parroco italiano, una scuola elementare, una biblioteca, una sala riunioni, un club e una società cooperativa. Il giornale locale Kerčenskij Rabocij in quel periodo pubblicava regolarmente articoli in lingua italiana.

Italiani di Crimea oggi

La popolazione degli italiani di Crimea è concentrata oggi soprattutto a Kerč, dove è stata costituita l'associazione "C.E.R.K.I.O." (Comunità degli Emigrati in Regione di Krimea - Italiani di Origine), i cui obiettivi sono:

  1. la salvaguardia e la promozione della conoscenza della lingua e della cultura italiana, attraverso corsi tenuti a titolo gratuito dagli stessi associati; presso la sede dell'associazione è stata anche allestita una biblioteca di volumi in italiano giunti in dono dall'Italia, si proiettano film in italiano e si tengono corsi di cucina italiana [106][107];
  2. il riconoscimento da parte delle autorità ucraine dello status di minoranza per poter usufruire di alcuni vantaggi;
  3. il consolidamento dei rapporti istituzionali con l'Italia, avviati già da tempo;
  4. la ricostruzione dell'albero genealogico degli italiani di Crimea.

Diffusione per emigrazione

In altre nazioni, a causa della forte e prolungata emigrazione italiana nel mondo, esistono importanti comunità italiane (che hanno mantenuto una presenza significativa principalmente negli Stati Uniti,negli Stati Uniti Messicani, in Brasile, in Argentina, in Venezuela, in Uruguay, in Australia, in Canada, in Francia, in Germania, in Svizzera, in Belgio, in Cile e nel Regno Unito), che oggi cercano di recuperare e tramandare a figli e nipoti la loro cultura e lingua d'origine.

L'italiano ha influenzato pesantemente lo spagnolo parlato in Argentina e in Uruguay grazie alla forte immigrazione. Simile influenza, ma meno accentuata e limitata ad alcuni aspetti fonetici, viene registrata anche nel portoghese parlato a San Paolo e nel Brasile meridionale (in Rio Grande do Sul una varietà della Lingua veneta chiamata talian è diffusa nella regione montuosa dello stato).

Recentemente in Brasile l'italiano è stato riconosciuto "lingua etnica" della popolazione di Santa Teresa e di Vila Velha, due comuni dello stato dell'Espírito Santo, e come tale è insegnato come seconda lingua obbligatoria in tutte le scuole comunali.[108]

Australia

In Australia, il censimento del 2001 colloca l'italiano al secondo posto (dopo l'inglese) tra le lingue più parlate in casa, con 353.605 parlanti[109], l'1,9% della popolazione. Gli italo-australiani secondo il censimento del 2006 sono il quarto gruppo etnico australiano (con 850.000 persone, dei quali 199.124 sono emigrati della prima generazione) dopo inglesi, scozzesi e irlandesi[110].

Canada

Secondo l'ultimo censimento del 2006 in Canada l'italiano è al terzo posto come lingua madre, con 660.945 parlanti, dopo l'inglese e il francese[111]. L'italiano è più diffuso nelle aree metropolitane di Toronto, Montreal e Ottawa. Secondo il censimento del 2011, l'italiano nella zona di Toronto è parlato dal 3,5% della popolazione, pari a 195.000 persone, dato che ne fa la lingua più parlata dell'area urbana dopo l'inglese[112]. Sempre a Toronto, l'1,5% della popolazione dichiara di parlare italiano come prima lingua a casa.[113]

Uruguay

 
Alfredo Baldomir Ferrari, Presidente dell'Uruguay dal 1938 al 1943. Nel 1942 decretò l'obbligo di studiare l'italiano nelle scuole superiori dell'Uruguay.

In Uruguay gli italo-uruguaiani sono il 45% del totale della popolazione (ma gli italofoni solo un 7%).

Il presidente italo-uruguaiano Alfredo Baldomir Ferrari nel 1942 rese obbligatorio lo studio della lingua italiana nelle scuole superiori statali dell'Uruguay.

Questa normativa ha reso l'Uruguay l'unico Stato delle Americhe dove l'italiano per sessant'anni ha avuto uno status di ufficialità nella docenza locale pari a quella della lingua nazionale. A Montevideo esiste una scuola privata (Scuola italiana di Montevideo) intorno alla quale viene educato il ceto migliore della comunità italiana nella capitale. Attualmente vi sono anche progetti di aprire un'università italiana[114].

Questo fatto ha comportato una notevole diffusione della stampa italiana nell'Uruguay. Attualmente le più importanti pubblicazioni in italiano sono:

  • Il Corriere della Scuola, trimestrale (Montevideo, dal 1989), editore Adriana Testoni (Scuola italiana di Montevideo), direttore Giovanni Costanzelli. (Sito)
  • L'Eco d'Italia, settimanale (Montevideo, dal 1963), editore Alessandro Cario, direttore Stefano Casini. (Sito)
  • La gente d'Italia, quotidiano (Montevideo, 2005), editore Gruppo Editoriale Porps International Inc., direttore Domenico Porpiglia. (Sito)
  • Incontro, mensile (Montevideo, dal 1974), editore e direttore padre Salvatore F. Mazzitelli (Congregazione Scalabriniana).
  • Notiziario A.N.C.R.I., mensile (Montevideo, dal 1962), editore e direttore Giovanni Costanzelli (Associazione Ex Combattenti).
  • Spazio Italia, mensile (Montevideo, dal 1999), editore e direttore Laura Vera Righi (Associazione Italiana Gruppo Legami). (Sito)

USA

 
Diffusione della lingua italiana negli Stati Uniti d'America secondo il censimento del 2000.

Per quanto riguarda gli Stati Uniti uno studio relativo al censimento del 2000 colloca l'italiano al 6º posto tra le lingue più parlate in casa (1.808.289 parlanti -1.008.370 parlanti-)[115][116]. Negli Stati Uniti, gli Italoamericani costituiscono il sesto più grande gruppo etnico in America con circa 18,1 milioni di abitanti (tuttavia, secondo alcune importanti associazioni culturali italo-americane, le persone che possiedono una qualche discendenza italiana nella loro famiglia sono stimate in oltre 20 milioni di persone),[117] pari al 6% della popolazione totale del Paese:

Nel Massachusetts (dove gli Italoamericani sono il 14,2% della popolazione) l'1% della popolazione al di sopra dei 5 anni parla abitualmente italiano a casa[118], mentre nel Rhode Island (19,6% di italoamericani) la percentuale sale all'1,39%[119], nel New Jersey (17,9% di italoamericani) all'1,48%[120], nel Connecticut (19,3% di italoamericani) all'1,59%[121] e nello stato di New York (19,4% di italoamericani) all'1,65%[122].

Venezuela
 
Aree del Venezuela dove la comunità italiana è concentrata

In Venezuela la lingua più diffusa, dopo quella ufficiale (lo spagnolo), è l'italiano, insegnato anche in molte scuole del paese e sostenuto dalla presenza della Società Dante Alighieri, con sede, per il Venezuela, a Caracas. Tale lingua è anche intesa, se non parlata, da molti venezuelani che non hanno ascendenze italiane ma che per ragioni familiari, di studio o di lavoro sono entrati in contatto con la comunità italiana, massicciamente presente soprattutto in alcune importanti città della zona centro-settentrionale del paese (Caracas, Valencia, Maracay, ecc.).

Attualmente la lingua italiana nel Venezuela sta influenzando con modismi e prestiti lo spagnolo venezuelano e viene studiata con interesse sempre maggiore da molti italo-venezuelani delle nuove generazioni.

L'italiano come lingua acquisita o riacquisita è largamente diffuso in Venezuela: recenti studi stimano circa 200.000 studenti di italiano nel Paese.[123]

L'insegnamento della lingua italiana è garantito dalla presenza di un numero consistente di scuole ed istituzioni private venezuelane, presso le quali sono attivi corsi di lingua e letteratura italiana. Analoghi corsi sono organizzati con il finanziamento del Ministero degli Affari Esteri e delle Associazioni Regionali[124].

Dall'anno scolastico 2001-2002 la disciplina Lingua Italiana è obbligatoria nelle scuole italovenezuelane. Il numero massimo di ore settimanali fissato per l'italiano è di cinque, e non vi è nessun'altra materia presente in tutti gli ordini e gradi di scuola venezuelana per la quale l'ordinamento locale preveda un orario superiore, nemmeno lo spagnolo; inoltre, fatto ancora più eccezionale, la disciplina viene integrata organicamente in tutte le tappe della formazione scolastica pre-universitaria, dal prescolar (scuola materna) all'ultimo anno del bachillerato, o Ciclo Difersificado (media superiore)[125].

Il Governo Italiano si è reso promotore nel 2002 di un provvedimento normativo che ha imposto l'obbligatorietà dell'insegnamento dell'italiano come seconda lingua in un consistente numero di Istituti Scolastici pubblici e privati del Paese[124].

Gli Italo-venezuelani occupano un posto di assoluto rilievo nell'attuale società venezuelana. Secondo l'Ambasciata italiana, dagli anni sessanta circa 1/3 delle industrie venezuelane, non collegate all'attività petrolifera, sono di proprietà e/o amministrate da italiani e loro discendenti [126].

Nella comunità italiana, la più importante del Paese insieme a quella spagnola, si annoverano Presidenti della Repubblica (Jaime Lusinchi e Raúl Leoni), imprenditori (fra cui Giacomo Clerico, l'ingegnere Delfino, che con la sua "Constructora Delpre" ha edificato a Caracas le torri del Parque Central, fra i più alti grattacieli del Sudamerica, e Filippo Sindoni, grande industriale pastario e dolciario), finanzieri (Pompeo D'Ambrosio), campioni sportivi (come Johnny Cecotto), artisti e uomini di spettacolo (Franco De Vita e Renny Ottolina), modelle internazionali (Daniela Di Giacomo) e altre personalità.

Studio dell'italiano all'estero

L'italiano, pur classificandosi solo al 15° posto tra le lingue più parlate come prima lingua, è la terza lingua straniera più studiata nel mondo, dopo inglese e francese e prima di tedesco e spagnolo. Questo grazie al fascino che l'Italia ha nel mondo e all'opera preziosa degli Istituti italiani di cultura.

Nel Canada anglofono l'italiano è la seconda lingua più studiata dopo il francese, mentre negli Stati Uniti e in Regno Unito è la quarta lingua straniera più studiata dopo francese, spagnolo e tedesco[127].

Nel corso degli ultimi dieci anni, la domanda di italiano negli Stati Uniti ha subito una crescita esponenziale. Questo forte interesse è condiviso non solo dalla grande comunità americana di origine italiana, ma anche da molti altri settori della popolazione, che considerano l'italiano la lingua della cultura, dell'arte e dello stile. L'Italiano, infatti, si sta espandendo non solo come lingua veicolare, ma anche in termini di qualità degli studi letterari. Mostre, proiezioni di film e iniziative culturali, ospitati all'interno di grandi musei, biblioteche e centri studi italiani negli Stati Uniti sono sempre molto seguiti (per non dire gremiti) da parte del pubblico Usa.
La comunità di origine italiana negli Usa è sempre più influente, con personalità ai più alti livelli nella politica americana. Inoltre, c’è una presenza di italiani che si riconoscono nelle loro tradizioni, mandando a studiare i figli nelle università italiane. L'insegnamento della lingua italiana all'interno del sistema scolastico locale e delle università è molto apprezzato negli Stati Uniti. Secondo la Modern Language Association, il numero degli studenti di italiano nelle università americane è cresciuto quasi del 60% dal 1998 al 2006, passando da 49.000 a 78.000; nel 2009 gli iscritti universitari alle classi di italiano in tutti gli States sono saliti a 80.752, facendo registrare un altro balzo in avanti del 3% rispetto agli iscritti del 2006. Se poi si va indietro di un decennio, al 1998, si scopre che l'italiano nelle aule universitarie ha guadagnato a oggi il 63%.
Uno studio recente del Ministero dell'Educazione, rivela che mentre l'offerta di altre lingue straniere nelle scuole primarie e secondarie diminuisce, al contrario l’offerta della lingua italiana cresce: l'italiano era studiato, infatti, nel 4% delle scuole nel 2008, rispetto al 3% del 1997. Ci sono cattedre di italiano ovunque negli Stati Uniti, perfino in Alaska, alle Hawaii e due anche a Puerto Rico. Più di 80 università americane hanno una sede a Firenze.
Tra le sette lingue moderne più importanti insegnate nelle università americane, l'italiano ha mantenuto costantemente il quarto posto e, da settembre 2005, è entrato nell'Advanced Placement Program (APP), ingresso che ne ha consentito l'insegnamento in più di 500 scuole secondarie degli Stati Uniti, come già avveniva per le lingue spagnola e francese. Il numero di studenti americani che decidono di passare un periodo di soggiorno/studio in Italia è in costante aumento. Secondo dati resi noti recentemente dall'"Institute of International Education", l'Italia ha ospitato nel 2008 24.858 studenti statunitensi, piazzandosi al secondo posto dopo la Gran Bretagna e superando la Spagna che segue al terzo posto con 20.806 studenti. Questi dati rappresentano una conferma ulteriore della crescita d'interesse per la lingua e la cultura italiana e sono un'importante premessa per un incremento ed un consolidamento degli ottimi risultati ad oggi raggiunti.

Nell'Europa centro-orientale l'italiano risulta essere studiato con alte percentuali; in Austria, Croazia, Ungheria e Russia è la seconda lingua studiata dopo l'inglese, mentre in Ucraina un'indagine dell'Accademia delle Scienze di Kiev la colloca al primo posto tra le lingue straniere studiate. Caso notevole è il Montenegro, dove l'italiano è la lingua straniera più conosciuta e studiata; la lingua italiana è stata introdotta nella scuola dell'obbligo ed è materia obbligatoria fin dalle scuole elementari. Attualmente ben 30.000 studenti di tre facoltà universitarie hanno scelto l'italiano, su una popolazione nazionale di appena 600.000 abitanti[128].

È l'America Latina il bacino che regala più studenti all'italiano ed in particolare è l'Argentina che ha il maggior numero di corsi e frequentanti, grazie anche all'alto numero di latino-americani di origini italiane. In Argentina, l'italiano è la seconda lingua più studiata con circa 93.000 studenti per un totale di oltre 5.000 corsi attivati con 1.359 insegnanti. Molto del successo deriva dal fatto che, nel 1985, l'italiano è diventata seconda lingua obbligatoria nelle scuole argentine.

Ancora più stupefacenti i risultati che riguardano la diffusione dell'italiano nel Paese del Sol Levante. Secondo le stime più accreditate, in Giappone vi sono al momento attuale almeno 500.000 persone che studiano italiano, senza contare il dato delle centinaia di piccole scuole di lingua operanti su tutto il territorio dell'arcipelago, difficilmente quantificabile. L'insegnamento dell'italiano è impartito in una ventina di università statali e una cinquantina di private, ma quello che appare davvero straordinario è il numero delle persone che seguono i corsi di italiano trasmessi per radio e televisioni: 300.000 spettatori per le trasmissioni televisive, 160.000 ascoltatori per quelle radiofoniche. Le dispense messe in vendita dalla televisione pubblica vendono 230.000 volumi ogni mese. Questo fenomeno colloca l'italiano al terzo posto delle lingue più studiate in Giappone, dopo l'inglese e il cinese.

Oltre a ciò, il Ministero degli Affari Esteri censisce, nella propria rete, 90 istituti di cultura, 179 scuole italiane all'estero e 111 sezioni italiane presso scuole straniere[129].

Cittadini italiani residenti all'estero

Dal sito del Ministero degli esteri,[130] aggiornato al dicembre 2007, risultano presenti forti comunità di cittadini italiani residenti all'estero; queste cifre indicano solo i cittadini italiani residenti (presumibilmente tutti, o quasi, italofoni) e non tutti gli italofoni presenti nei diversi paesi:

In particolare è significativo il dato del Principato di Monaco e di San Marino, dove i cittadini italiani costituiscono oltre il 20% della popolazione residente totale.
In totale, i cittadini italiani all'estero sono 4.153.704 e in particolare, 2.264.417 in Europa, 384.819 in Centro e Nordamerica, 1.244.703 in Sudamerica, 84.038 in Africa, 42.047 in Asia e 133.680 in Oceania.

Discendenti di emigrati italiani

Secondo le stime sul numero di discendenti di emigrati italiani all'estero, vi sono nel mondo circa 81 milioni di discendenti diretti di italiani che parlano un minimo di lingua italiana.[131] Degli oltre 25.000.000 Italiani emigrati tra il 1876 e il 1976 appena 7.000.000 circa possono considerarsi espatriati in maniera definitiva; il resto si limitò a un soggiorno variabilmente lungo all'estero prima di un ritorno definitivo in patria.[132]

Strumenti di promozione della lingua italiana nel mondo

Comunità radiotelevisiva italofona

La diffusione della lingua italiana nel mondo è promossa anche con l'ausilio di programmi radiotelevisivi, di cui si occupano la Comunità radiotelevisiva italofona (CRI)[133] e Rai Internazionale[134], che promuovono notiziari, canali tematici, programmi radio e riviste elettroniche di portata internazionale in italiano, per permettere alla comunità italofona di fruire di uno spazio comune di informazione e confronto in lingua italiana.

Costituita il 3 aprile 1985 quale collaborazione istituzionale tra radiotelevisioni di servizio pubblico – Rai, Rtsi, TMC Monte Carlo, Radio Vaticana, San Marino Rtv e Televisione Tunisina – la Comunità radiotelevisiva italofona nasce come strumento di valorizzazione della lingua italiana. Oggi la sua struttura articolata può essere illustrata da uno schema in tre cerchi: il primo cerchio è formato dai soci fondatori; il secondo comprende tutti i media “osservatori”, registrati; il terzo cerchio, infine, include gli “amici”, cioè quel quadro ambientale che favorisce l’humus di crescita della Comunità.

Società Dante Alighieri

La Società Dante Alighieri nasce nel 1889 grazie a un gruppo di intellettuali guidati da Giosuè Carducci e viene eretta Ente Morale con R. Decreto del 18 luglio 1893, n. 347; con d.l. n. 186 del 27 luglio 2004 è assimilata, per struttura e finalità, alle ONLUS. Il suo scopo primario, come recita l’articolo 1 dello Statuto sociale, è quello di “tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo, ravvivando i legami spirituali dei connazionali all’estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l’amore e il culto per la civiltà italiana”. Per il conseguimento di queste finalità, la “Dante Alighieri” si è affidata e si affida tuttora all’aiuto costante e generoso di oltre 500 Comitati, di cui 416 attivi in Africa, America, Europa, Asia e Oceania.

I comitati realizzano corsi di lingua italiana e manifestazioni culturali di vario genere, dall'arte figurativa alla musica, dallo sport al cinema, dal teatro alla moda, fino alla letteratura. Per mezzo dei Comitati all'estero, inoltre, la "Dante Alighieri" istituisce scuole, biblioteche, diffonde libri e pubblicazioni, promuove conferenze, escursioni culturali e manifestazioni artistiche e musicali, assegna premi e borse di studio.

Fonetica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Fonologia dell'italiano.

Oltre alla sua gradevolezza e la sua cantabilità, alcuni studi hanno dimostrato che l'italiano è la lingua più chiara da sentire in caso di disturbi telefonici o in ambienti rumorosi[135].

Vocali

  Lo stesso argomento in dettaglio: Sistema vocalico italiano.
fonema parole
[a] nave, galassia
[e] pianéta, réte
[ɛ] sfèra, lèttera
[i] mito, riso
[o] órdine, scóntro
[ɔ] òrca, bucòlico
[u] numero, nulla

Consonanti

Tra parentesi quadre gli allofoni secondari di /n/ ([ɱ] e [ŋ]), /k/ ([c]) e /ɡ/ ([ɟ]).

Bilabiali Labiodentali Alveolari Postalveolare Palatali Velari Labiovelari
Nasali m [ɱ] n ɲ [ŋ]
Occlusive p b t d [c] [ɟ] k ɡ
Affricate ʦ ʣ ʧ ʤ
Fricative f v s z ʃ
Approssimanti j w
Vibranti r
Laterali l ʎ

Alfabeto

La lingua italiana usa l'alfabeto italiano costituito da 21 lettere; al quale si aggiungono 5 lettere, tradizionalmente definite straniere, 'j' 'k', 'w', 'x', 'y', con cui forma l'alfabeto latino. X e j erano lettere utilizzate nell'italiano antico soprattutto nei toponimi (Jesi, Jesolo) e in alcuni cognomi come Lo Jacono e Bixio, o come varianti grafiche di scrittura (ad es. in Pirandello gioja invece di gioia). Esistono accenti grafici sulle vocali: in particolare quello acuto (´) solo sulla e e raramente sulla o (una grafia ricercata li esigerebbe anche su i e u dal momento che sono sempre "vocali chiuse") e quello grave (') su tutte le altre. Il circonflesso (^) serve per indicare la contrazione di due vocali, in particolare due /i/. Si è soliti indicarlo soprattutto nei (pochi) casi in cui vi possa essere ambiguità di tipo omografico. Per esempio la parola "geni" può riferirsi sia a delle menti brillanti (al singolare: "genio") sia ai nostri caratteri ereditari (al singolare: "gene"). Scritta "genî" non può che riferirsi al primo significato. L'accento grafico è obbligatorio sulle parole tronche (o ossitone o meglio ancora "ultimali"), che hanno cioè l'accento sull'ultima sillaba e finiscono per vocale. Altrove l'accento grafico è facoltativo, ma utile per distinguere parole altrimenti omografe (àncora - ancóra).

Lingue e dialetti d'Italia

La lingua ufficiale dell'Italia è l'italiano. Esistono diverse lingue locali (catalano, sardo, corso, veneto, sloveno, croato, sudtirolese, occitano e francoprovenzale), ma il governo italiano e il sistema scolastico ne hanno scoraggiato l'uso fino a poco tempo fa. Le lingue regionali vengono ora insegnate in alcune scuole, anche se l'italiano rimane l'unica lingua ufficiale in uso dal governo, locale o nazionale.

I dialetti (intesi come varianti) dell'italiano sono quasi tutti estinti.

La lingua ufficiale dello Stato italiano discende storicamente dal toscano letterario, il cui uso è iniziato coi grandi scrittori Dante, Petrarca e Boccaccio verso il 1300, e si è in seguito evoluto storicamente nella lingua italiana corrente. La lingua italiana era parlata solo da una piccola minoranza della popolazione al momento dell'unificazione politica nel Regno d'Italia nel 1861, ma si è in seguito diffusa, mediante l'istruzione obbligatoria e il contributo determinante e più recente della televisione.

Dal punto di vista degli idiomi locali preesistenti, ne consegue un processo di logoramento linguistico in cui le generazioni successive acquisiscono sempre più caratteristiche italiane, processo accelerato sensibilmente dall'ampia disponibilità di mass media in lingua italiana e dalla mobilità della popolazione. Questo tipo di cambiamenti ha ridotto sensibilmente l'uso delle lingue regionali, molte delle quali sono ormai considerate in pericolo di estinzione (anche a causa delle enormi discriminazioni verificatesi nel Novecento). Nel passato, parlare in un dialetto italiano e in lingua minoritaria era spesso deprecato come segno di scarsa istruzione. Per quanto riguarda le varianti dell'italiano, le differenze fra varianti regionali possono essere dimostrate da vari fattori: l'apertura della vocali, la lunghezza delle consonanti, e l'influenza della parlata locale (per esempio, annà può rimpiazzare andare nell'area di Roma, anche nell'uso di chi parla abitualmente italiano).

A livello locale sono riconosciute come co-ufficiali le seguenti lingue:

Savoia

 
La Savoia indicata in colore rosa in alto a sinistra, in una mappa del 1839 raffigurante il Regno di Sardegna

La Savoia è la terra d’origine di Casa Savoia. Fin dal medioevo la Savoia era unita a parte dell’odierno Piemonte nella contea di Savoia. Durante il Rinascimento, questo stato preunitario fu elevato a Ducato di Savoia, ed ampliò i suoi domini in Italia. La capitale era Ciamberì. La lingua ufficiale in Savoia, così come in Valle d'Aosta e in tutte le valli occidentali del Piemonte non è mai stata l'italiano, l'italiano è stato parzialmente introdotto come lingue ufficiale e notarile nella pianura piemontese a partire soltanto dal 1561 con l'Editto di Rivoli. In ogni caso il francese sia nella parte cismontana del Ducato, sia ovviamente in quella ultramontana, rimarrà una lingua più prestigiosa e più conosciuta dell'italiano, fino almeno ai tempi dell'Unità d'Italia, tant'è vero che lo stesso Cavour e il Re Vittorio Emanuele II di Savoia non erano madrelingua italiani. In Savoia rimane tuttora un esiguo numero di parlanti di dialetto savoiardo. Il dialetto savoiardo, che fa parte della lingua franco-provenzale, è strettamente imparentato al dialetto valdostano e al dialetto delle valli di Lanzo, Orco e Soana.

Durante il fascismo, le autorità italiane promossero un processo di italianizzazione di tutta la popolazione della Savoia, imponendo l’uso dell’italiano in sostituzione del dialetto savoiardo.

Provincia di Bolzano

Consistenza demografica in Alto Adige per gruppo linguistico (1880-2011) - Dati assoluti e percentuali[136]
Anni
Italofoni
Tedescofoni
Ladinofoni
Altri
Totale
6.884 (3,4%)
186.087 (90,6%)
8.822 (4,3%)
3.513 (1,7%)
205.306
9.369 (4,5%)
187.100 (89,0%)
8.954 (4,3%)
4.862 (2,3%)
210.285
8.916 (4,0%)
197.822 (88,8%)
8.907 (4,0%)
7.149 (3,2%)
222.794
7.339 (2,9%)
223.913 (89,0%)
9.429 (3,8%)
10.770 (4,3%)
251.451
27.048 (10,6%)
193.271 (75,9%)
9.910 (3,9%)
24.506 (9,6%)
254.735
65.503 (23,2%)[137]
195.177 (69,2%)[137]
n.d.
21.478 (7,6%)
282.158[138]
(35,0%)
(61,6%)
(3,40%)

Il gruppo linguistico italiano è in costante crescita dal primo dopoguerra. In seguito alla vittoria italiana nella Prima Guerra Mondiale il territorio dell'attuale provincia, quasi completamente germanofono, venne scorporato dal dissolto Impero austro-ungarico e annesso al Regno d'Italia, coronando le aspirazioni dell'irredentismo italiano. Il Trattato di Saint-Germain-en-Laye (1919) sancì i nuovi confini del Regno d'Italia senza che venisse sentita la popolazione altoatesina.[139] Se in un primo momento i governi liberali perseguirono una politica abbastanza tollerante verso le minoranze tedesche, il subentrato governo fascista perseguì invece una politica di assimilazione delle minoranze di lingua tedesca e ladina ed una progressiva italianizzazione dell'Alto Adige, incentivando l'arrivo di molte decine di migliaia di immigrati italiani provenienti dal Trentino e dal resto d'Italia (soprattutto nordorientale) che si stabilirono principalmente nelle aree urbane di Bolzano e Merano. I comuni ladini di Livinallongo del Col di Lana, Colle Santa Lucia e Cortina d'Ampezzo furono smembrati dal contesto regionale ed accorpati alla provincia veneta di Belluno. L'uso del tedesco fu bandito dalla vita pubblica e vennero anche chiuse le scuole di lingua tedesca.

Hitler, ritenendo il principio etnico subordinato alla politica, affermò di non avere alcuna rivendicazione nei confronti del Regno d'Italia (attirandosi critiche da parte dei suoi stessi seguaci) pur di ottenere l'appoggio di Mussolini. Tra giugno e ottobre 1939 si svolsero degli accordi tra i due alleati Hitler e Mussolini riguardo alla questione della comunità tedescofona nella provincia di Bolzano e alle isole linguistiche in Trentino e Veneto: fu offerta loro la possibilità di trasferire definitivamente nel Reich; in questo modo il Führer riportava in patria un'altra comunità tedesca, mentre il Duce non solo non aveva ceduto sul principio d'inviolabilità del Brennero ma si era anche sbarazzato di un gruppo resistente all'italianizzazione. Il tutto fu svolto tramite massicce manipolazioni propagandistiche: infatti venne fatta circolare la voce che chi non avesse optato per il Reich sarebbe stato deportato in Sicilia. In ottemperanza all'accordo italo-tedesco sulle Opzioni del 1939, la maggioranza dei residenti sudtirolesi di lingua tedesca e ladina, che aveva subito una forte emarginazione politica, economica e sociale ad opera del regime fascista, si dichiarò favorevole ad emigrare verso i territori del Germania nazista: tra il 69% e l'88% degli aventi diritto optò per il Reich;[140] nei primi mesi del 1940 gli espatri vennero temporaneamente sospesi per le priorità belliche; in tutto gli espatriati o, come vennero definiti, gli "optanti", furono circa 60.000, cioè neanche un quinto della popolazione germanofona. I sudtirolesi rimasti in Italia furono considerati dei traditori e quelli che andarono in Germania trovarono un Paese in guerra: furono spediti subito sui vari fronti e ne morirono 8.000.[141] Lo scoppio della seconda guerra mondiale intervenne però a rallentare le operazioni di esodo e circa un terzo degli espatriati avrebbe voluto tornare in Italia dopo il conflitto,[142] ma fu loro impedito dalle autorità italiane. La provincia di Bolzano è un'area trilingue. L'italiano e il sudtirolese sono lingue ufficiali della provincia, a cui si aggiunge il ladino in due valli orientali.

Gli italofoni, provenienti da regioni diverse, nella vita quotidiana usano per lo più l'italiano standard, mentre nella Bassa Atesina è diffuso anche il dialetto trentino.[143]

Gli altoatesini germanofoni fanno largo uso del loro dialetto, appartenente al gruppo del bavarese: il sudtirolese, che è presente in molteplici momenti della vita pubblica e privata ed è quasi sempre preferito al tedesco standard. Lo statuto del Trentino-Alto Adige sancisce che la lingua sudtirolese è parificata a quella italiana, ma quest'ultima fa testo negli atti aventi carattere legislativo (art. 99) e

«[...] Rimane salvo l'uso della sola lingua italiana all'interno degli ordinamenti di tipo militare.»

Dalmazia

 
Mappa della regione Dalmazia.

Secondo i censimenti dell'Impero Austroungarico, la lingua italiana in Dalmazia era parlata nelle seguenti percentuali[144]:

 
Traù.
Anno Numero Percentuale Popolazione (totale)
1800 92.500 33,00% 280.300

Gli italiani diedero subito via a una massiccia e radicale italianizzazione delle provincie annesse: vennero inviate ad amministrarle i segretari politici del fascio, del dopolavoro, dei consorzi agrari e medici, maestri, impiegati comunali, levatrici subito odiati da coloro ai quali tolsero gli impieghi.[145] In Dalmazia l'italiano venne imposto come lingua obbligatoria per i funzionari e gli insegnanti;[146] le insegne scritte in croato vennero sostituite da scritte in italiano, proibiti giornali, manifesti, vessilli croati; sciolte le società culturali e sportive, imposto il saluto romano, ripristinati i cognomi italiani con lo stesso decreto emanato durante l'impresa fiumana.[147] Si procedette pure, come già nella Venezia Giulia e nel Sudtirolo, all'italianizzazione dei nomi geografici, delle vie, delle piazze, ecc.[146] Uno speciale ufficio per le terre adriatiche offriva prestiti e provvidenze a quanti erano disposti a snazionalizzarsi, e intanto acquistava terreni da redistribuire agli ex combattenti italiani.[148]La prevedibile risposta fu l'inizio della resistenza, che i tribunali speciali e militari istituiti alla fine di luglio colpirono con le prime sentenze di morte: 8 a Bencovazzo il 6 agosto; 6 a Sebenico il 13 ottobre; 19 a Spalato il 14 ottobre; 12 a Vodizze il 26 ottobre.[149] In Dalmazia furono organizzate rappresaglie sui familiari di latitanti ribelli che portarono all'internamento di migliaia di persone[150]. Solo per fare un esempio, l'ordinanza del 7 giugno 1942 stabilì che tutti coloro i quali avessero abbandonato i comuni di residenza per unirsi ai ribelli sarebbero stati iscritti in apposite liste, compilate da ogni comune. Gli iscritti alle liste, non appena catturati, sarebbero stati passati per le armi; le famiglie degli iscritti sarebbero state considerate ostaggi e non avrebbero potuto, per nessuna ragione, allontanarsi dal comune di residenza, senza un salvacondotto rilasciato dalla PS o dai CC. RR. In caso di allontanamento ingiustificato sarebbero stati passati per le armi. I beni degli iscritti alle liste sarebbero stati confiscati o venduti al miglior offerente. I sindaci di ogni villaggio dovevano tenersi a disposizione dell'autorità civile e militare e contribuire alla ricerca e l'identificazione degli iscritti nelle liste. In caso di colpevole negligenza anch'essi sarebbero stati passati per le armi.[151] L'ordinanza, promulgata per la sola provincia di Zara, fu estesa il 1º febbraio 1943 a Spalato e Cattaro.[152]

Capitanato distrettuale
Distretto giudiziario
Comune
Località
Bencovazzo I. Bencovazzo 1 Bencovazzo Banjevac; Bencovazzo; Benkovac Selo; Biljane Gornje; Brgud; Bruška; Budak; Buković; Bulić; Ceranje; Jagodnje Donje; Jagodnje Gornje; Kakma; Kolarine; Korlat; Kozlovac; Kulatlagić; Lepuri; Lišane Ostrovičke; Lišane Tinjske; Lišičić; Miranje; Morpolača; Nadin; Perušić; Podlug; Polača; Popović; Pristeg; Prović; Radošinovac; Rastević; Rodaljice; Šopot; Stankovac; Tinj; Vrana; Vukšić; Zapužane
II. Chistagne 1 Chistagne Biovičino Selo; Bjelina; Dobropoljci; Ervenik Donji; Ervenik Gornji; Ivoševci; Chistagne; Kolašac; Modrino Selo; Nunić; Parčić; Rudele
III. Obbrovazzo 1 Obbrovazzo Bilišane; Golubić; Jesenice; Karin; Krupa; Kruševo; Medvidje; Muškovci; Obbrovazzo (Obrovac); Seline; Stari Grad; Tribanj; Zaton; Žegar; Zelen Grad
Cattaro I. Budua 1 Budua Budua; Maini di mezzo; Maini Inferiore; Martinović; Pobori Donji; Pobori Gornji; Podostrog; Prentović; Seoca; Stojanović; Uglješić
2 Pastrovicchio Bečić; Blizikuće; Buljarica; Castellastua; Čelo Brdo; Dabković; Drobnić; Gjenaši; Kaluderac; Katun; Krstac; Kuljače; Novoselje; Podbabac; Pržno; Santo Stefano; Tudorović; Vrba; Žukovica
3 Spizza Brca; Gjengjinović; Gjurmani; Miljevci; Mišić; Papani; Šušan; Sutomore; Zagradje; Zanković
II. Castelnuovo 1 Castelnuovo Baošić; Bianca; Castelnuovo; Gjenović; Jošica; Kameno; Kruševice; Kumbor; Kuti; Mojdež; Mokrine; Podi; Ratiševina; Sasović; Savina; Santo Stefano; Topla; Trebesin; Žlijebi
2 Luštica Babunci; Brguli; Klinci; Krašić; Mrkovi; Porto Rose; Radovanić; Zabrdje
III. Cattaro 1 Cattaro Bogdašić; Cattaro; Kavač; Lepetane; Mrčevac; Orahovac; Škaljari; Špiljari
2 Dobrota Dobrota
3 Cartolle Bogišić; Gjurašević; Gošić; Milović; Niković; Radović
4 Lastua Lastua Inferiore; Lastua Superiore
5 Mulla Mulla
6 Perzagno Perzagno
7 Stolivo Stolivo Inferiore; Stolivo Superiore
8 Teodo Teodo (Tivat)
9 Zuppa Bratešić; Dub; Glavati; Glavatičić; Gorović; Kovači; Krimovice; Kubasi; Lastua; Lješević; Nalježić; Pelinovo; Pobrdje; Prijeradi; Prijevor; Šišić; Sutvara; Višnjevo; Vranović; Zagora
IV. Risano 1 Perasto Gjurić; Kostanjica; Perasto; Strp-Lipci
2 Risano Krivošije Donje; Krivošije Gornje; Ledenice Donje; Ledenice Gornje; Morinj; Risano; Ubli
Curzola I. Curzola 1 Blatta Blatta; Kčara; Smoquizza
2 Curzola Curzola; Lombarda; Petrara; Pupnata; Račišće; Zrnovo
3 Lagosta Lagosta
4 Vallegrande Vallegrande
II. Sabbioncello 1 Cunna Cunna; Oskorušno; Osobjava; Pijavičino; Podobuče; Potomje; Prizdrina
2 Iagnina Brijesta; Drače; Giuliana; Iagnina; Kozo; Popova Luka; Putniković; Sreser; Trstenik
3 Orebić Kućište; Nakovan; Orebić; Sottomonte; Stanković; Viganj
4 Trappano Duba; Trappano; Vrucizza Inferiore; Vrucizza Superiore
Imoschi I. Imoschi 1 Imoschi Aržano; Biorine; Čista; Dobranje; Glavina; Grabovac; Imotski; Krstatice; Lokvičić; Lovreć; Medov Dolac; Podbablje; Proložac; Rašćane; Ričice; Runović; Slivno; Studenci; Svib; Vinjani; Zagvozd; Župa
Tenin I. Dernis 1 Dernis Badanj; Baljke; Biočić; Bogetić; Brištane; Čavoglave; Cera; Drinovci; Drniš; Gradac; Kadina Glavica; Kalik; Kanjane; Kaočine; Karalić; Kljake; Kljuć; Kopreno; Kričke; Lišnjak; Ljuboštine; Miočić; Mirilović u Polju; Mirilović u Zagorju; Moseć; Nevest; Ostrogašica; Otavice; Pakovo Selo; Parčić; Planjane; Podumci; Pokrovnik; Radonić; Ružić; Sedramić; Širitovci; Sitno; Siverić; Štikovo; Tepljuh; Trbounje; Umljanović; Unešić; Varoš; Velušić; Vinovo; Žitnić
II. Tenin 1 Tenin Biskupija; Golubić; Knin; Kninsko Polje; Kovačić; Mokro Polje; Oćestovo; Orlić; Oton; Pagjene; Plavno; Polača; Radljevac; Radučić; Ramljane; Rigjane; Strmica; Turić; Uzdolje; Vrbnik; Vrpolje; Žagrović; Zvjerinac
2 Promina Bogetić; Čitluk; Lukar; Matase; Mratovo; Oklaj; Puljane; Razvagje; Suknovci
Lesina I. Cittavecchia 1 Bogomolje Bogomolje; Gdinj
2 Cittavecchia Cittavecchia; Dol; Rudine; Selza
3 Gelsa Gelsa; Pitve; Vrisnik; Zastražišće
4 San Giorgio San Giorgio
5 Verbosca Santa Domenica; Sfirze; Verbagno; Verbosca
II. Lesina 1 Lesina Brusie; Grabie; Lesina
III. Lissa 1 Comisa Comisa
2 Lissa Campogrande; Lissa
Macarsca I. Macarsca 1 Gornje Primorje Baćina; Brist; Drvenik; Gradac; Podaca; Zaostrog
2 Macarsca Baška Voda; Bast; Brela Donja; Brela Gornja; Drašnice; Igrane; Kotišina; Macarsca; Makar; Podgora; Tučepi; Veliko Brdo; Živogošće
II. Vrhgorac 1 Vrhgorac Dragljane; Draževitić; Dusina; Kljenak; Kokorić; Kozica; Orah; Podprolog; Poljica; Prapatnice; Ravča; Stilja; Vlaka; Vrhgorac; Zavojane
Porto Narenta I. Porto Narenta 1 Fortopus Borovci; Desne; Fortopus; Komin; Pasičina; Plina; Struge; Vid
2 Porto Narenta Dobranje; Porto Narenta; Slivno; Vidonje
Ragusa I. Ragusa 1 Giuppana Luca di Giuppana; San Giorgio
2 Malfi Brsečine; Calamotta; Cannosa; Dubravica; Gromača; Kliševo; Ljubač; Maicovi Inferiore; Maicovi Superiore; Malfi; Mravinjac; Mrčevo; Sant'Andrea o Donzella; Valdinoce
3 Mezzo Mezzo
4 Ombla Čajkovica; Gionchetto; Knežica; Komolac; Mokošica; Obuljeno; Osojnik; Petrovo Selo; Prijevor; Rogiatto (Rožat); Santo Stefano
5 Ragusa Bergatto Inferiore; Bergatto Superiore; Brašina; Buići; Čelopeći; Čibača; Gravosa; Grbavac; Lapad; Makoše; Martinović; Petrača; Plat; Ragusa; Soline; Zavrelje
II. Ragusavecchia 1 Ragusavecchia Brotnice; Čilipi; Drvenik; Duba, Dunave; Gabrili; Gjurinić; Gruda; Jasenice; Komaj; Kuna; Ljuta; Lovorno; Mihanići; Mikulići; Močići; Mrcine; Obod; Pavlje Brdo; Pločice; Poljice; Popović; Pridvorje; Radovčić; Ragusavecchia; Šilješki; Stravča; Uskoplje; Vitaljina; Vodovalja; Zastolje
III. Stagno 1 Meleda Babino Polje; Blato; Govedjari; Koriti; Maranovići; Prožura
2 Slano Banići; Kručica; Mravinca o Mravinjica; Slano; Trnova
3 Stagno Boljenović; Branilović; Broce; Čepikuće; Česvinica; Dančanje; Doli; Duba; Gjunta Doli; Hodilje; Imotica; Kobaš; Konštari; Kotezi; Kuta; Lisac; Luka; Mali Voz; Metohija; Ošlje; Podgora; Podimoć; Rusan; Smokovljani; Smokvina; Sparagović; Stagno
Sebenico (Šibenik) I. Scardona (Skradin) 1 Scardona (Skradin) Bićine; Bratiškovci; Bribir; Cista Grande (Čista Velika); Cista Piccola (Čista Mala); Čulišić; Djeverske; Dubravica; Gaćelezi; Gračac; Ićevo; Krković; Ostrovica; Piramatovci; Plastovo; Rupe; Scardona (Skradin); Scardona Campagna (Skradinso Polje); Smrdelje; Sonković; Vačane; Varivode; Velika Glava; Velim; Žažvić
II. Sebenico (Šibenik) 1 Sebenico (Šibenik) Boraja; Brnjice; Campo d'abbasso (Donje Polje); Capocesto (Primošten o Primošćen); Castel Andreis (Jadrtovac); Crappano (Krapanj); Čvrljevo; Danilo Biranj o Danilo Donje; Danilo Kraljice o Danilo Gornje; Dubrava; Goriš; Gradine; Grebaštice; Konjevrate; Lozovac; Maddalena (Mandalina); Radonic; Rasline; Rogoznica; Sebenico (Šibenik); Slivno; Vrpolje; Vrulje-Bilice; Zablaće; Zaton
2 Stretto (Tijesno o Tiesno) Betina; Jezera; Morter (Murter); Stretto (Tijesno o Tiesno); Trebocconi (Tribunj); Zlosela
3 Vodizze (Vodice) Vodizze (Vodice)
4 Zlarin Capri (Kaprije); Provicchio Luca (Prvić Luka); Provicchio Sepurine (Prvić Sepurine); Zlarin; Zuri (Žirije)
Signo (Sinj) I. Signo (Sinj) 1 Signo (Sinj) Bajagić; Bisko; Bitelić Donji; Bitelić Gornji; Brnaze; Budimir; Čaporice; Dabar; Dolac Donji; Dolac Gornji; Ercegovci; Gala; Glavice; Gljev; Grab; Hrvace; Kamensko; Karakašica; Koprivno; Košute; Kraj; Krušvar; Lučane; Obrovac; Otok; Podvaroš; Potravlje; Prisoje; Radošić; Ruda; Satrić; Sičane; Sinj; Strijane; Strižirep; Šušci; Tiarice; Trnbusi; Turjake; Udovičić; Ugljane; Vedrine; Velić; Vojnić; Voštane; Vrpolje; Vučipolje
II. Verlicca (Vrlika) 1 Verlicca (Vrlika) Cetina; Civljane; Gariak; Ježević; Kievo; Koljane; Kosore; Kukar; Mavice; Otišić; Podosoje; Vinalić; Vrlika
Spalato (Spljet) I. Almissa (Omiš) 1 Almissa (Omiš) Almissa (Omiš); Blato; Čisla o Čičla, Dubrava o Pirunova Dubrava; Duće; Gata; Katuni; Kostanje; Kreševo; Kučiće; Nova Sela; Opanci; Ostrvica; Podgradje; Rogoznica; Slime; Svinišće; Tugari; Zakučac; Žeževica; Zvečanje
II. Brazza (Brač) 1 Bol Bol
2 Milnà (Milna) Bobovišće; Ložišće; Marina (Bobovišće na Moru); Milnà (Milna)
3 Neresi (Nerežišće) Dračevica; Murvica; Neresi (Nerežišće); Obršje; Smrka
4 Postire Dol; Postire
5 Pucischie (Pučišće) Humac Gornji; Pražnice; Pucischie (Pučišće)
6 Selza (Selca) Povlje o Povlja o Povje; Selza (Selca); San Martino (Sv. Martin o Sumartin o Vrh Brača); Villanuova (Novo Selo)
7 San Giovanni (Stivanj o Sutivan) Humac Donji; San Giovanni (Stivanj o Sutivan)
8 San Pietro (Supetar) Mirce; Škrip; San Pietro (Supetar); Spliska
III. Spalato (Spljet) 1 Castel Suciuraz (Kaštel Sućurac) Castel Abbadessa (Kaštel Gomilica); Castel Suciuraz (Kaštel Sučurac)
2 Castel Vitturi (Lukšić) Castel Cambio (Kaštel Kambelovac); Castel Vitturi (Lukšić)
3 Clissa (Klis) Clissa (Klis); Dugopolje; Konjsko; Kotlenice
4 Muć Bračević; Broćanac Mali o Broćanac Donji; Broćanac Veli o Broćanac Gornji; Crivac; Gizdavac; Milešine; Muć Donji; Muć Gornji; Neorić; Ogorje Donje; Ogorje Gornje; Postinje Donje; Postinje Gornje; Pribude; Prugovo Donje; Prugovo Gornje; Radunić; Ramljane o Ramljani; Sutina
5 Solta (Šolta) Grohote; Porto Oliveto (Maslinica); Stomorska; Villa Inferiore (Donje Selo); Villa Media (Sriednje Selo); Villa Superiore (Gornje Selo)
6 Spalato (Split o Spljet) Jesenice; Kućine; Mravince; Podstrana o Postrana; Salona (Solin); Sasso (Kamen); Sitno; Slatine; Spalato (Split o Spljet); Srinjine; Stobreć; Vranjic o Vranjica; Žrnovnica
IV. Traù (Trogir) 1 Castelnuovo (Novi o Novi kod Trogira) Castelnuovo (Novi o Novi kod Trogira); Castel Stafileo (Štafilić); Castelvecchio (Stari)
2 Lećevica Brštanovo; Čvrljevo; Divoević; Dugobabe; Kladnice o Kladnjice; Korušce o Korušci; Lećevica; Nisko; Radošić; Utore Donje; Utore Gornje; Vinovo; Visoka; Vučevica
3 Traù (Trogir) Blizna; Bossoglina (Marina); Bristivica; Labin; Lepenica o Lepenice; Ljubitovica; Mitlo Vinovac; Okrug o Okruk; Prapatnica; Prgomet; Račice; Seghetto (Seget); Sevid; Sitno; Sratok; Suhi Dolac o Suhi Dol; Traù (Trogir); Trolokve; Žedno; Zirona (Drvenik)
Zara (Zadar) I. Arbe (Rab) 1 Arbe (Rab) Arbe (Rab); Bagnol (Banjol); Barbato (Barbat); Campora (Kampor); Loparo (Lopar); Mondaneo (Mundanija); Valle San Pietro (Supetarska Draga)
II. Pago (Pag) 1 Pago (Pag) Barbato (Barbat); Dinjiška; Kolane o Kolan; Novaglia (Novalja); Pago (Pag); Povljana; Punta Loni (Lun o Puntalun); Vlašić
III. Zara (Zadar) 1 Nona (Nin) Brevilacqua (Privlaka); Briševo; Dračevac; Ljubač; Nona (Nin); Polešnik; Poljica; Pontadura (Vir); Radovin; Ražance; Suovare; Verchè (Vrsi); Visočane; Zaton
2 Novegradi (Novi Grad) Castel Venier (Vinjerac); Islam Greco (Islam Grčki); Islam Latino (Islam Latinski); Novegradi (Novi Grad); Possedaria (Posedarija); Pridraga; Slivnica; Smilčić
3 Sale (Sali) Birbigno (Birbinj); Božava; Dragove; Eso Grande (Iž Veli); Eso Piccolo (Iž Mali); Luka; Punte Bianche (Rat Veli); Rava
4 Selve (Silba) Brgulje; Gruizza (Grujica); Isto (Ist); Melada (Mulat); Premuda; Selve (Silba); Škarda; Ulbo (Olib); Zapuntello (Zapuntel)
5 Zara (Zadar) Bibigne (Bibinje); Bigliane Inferiore (Biljani Donji); Boccagnazzo (Bokanjac); Borgo Erizzo (Albanesi, Arbanasi); Cale (Kale); Cerno (Crno); Cosino (Kožino); Cuclizza (Kukljica); Diclo (Diklo); Gallovaz (Galovac); Lucoran (Lukoran); Murvizza (Murvica); Oltre (Preko); Peterzane (Petrčani); Pogliana (Poljana); Scabergne (Škabrnje); San Cassiano (Sukošan); Sestrugn (Sestrunj); Sant'Eufemia (Sutomišćica); Smocovich (Smoković); Ugliano (Uljan); Zara (Zadar); Zemonico (Zemunik)
IV. Zaravecchia (Biograd) 1 Zaravecchia (Biograd) Bagno (Banj); Dobropoljana; Gorica; Nevidjane; Pakoštane; Pašman; Raštane; Santi Filippo e Giacomo (Filipjakov); Tkon; Torrette (Turanj); Vrgada; Zaravecchia (Biograd); Ždrelac

Dodecaneso

 
Il Palazzo del Gran Maestro dei Cavalieri di Rodi, ricostruito negli anni trenta
 
Vista del Mercato ("Nea Agorà") di Nisiro, costruito durante il periodo italiano
 
Veduta di Portolago

Il Regno d'Italia occupò le isole del Dodecaneso nel Mar Egeo durante la guerra italo-turca del 1911. Successivamente con il Trattato di Losanna del 1923, il Dodecaneso fu formalmente annesso all'Italia, come Possedimenti Italiani dell'Egeo. Inizialmente dopo la Grande Guerra vi erano solo 56 "Regnicoli" a Rodi[153], ma a partire dagli ultimi anni venti alcune migliaia di coloni italiani si trasferirono nel Dodecaneso.

A Rodi e a Coo, in aree destinate a colture speciali, sorsero alcuni villaggi di colonizzazione. A Rodi furono fondati i centri rurali “Peveragno Rodio” (1929); “Campochiaro” (1935-36); “San Marco” (1936); “Savona” (1936-38), dal 1938 denominato “San Benedetto”. A Coo sorsero invece i centri “Anguillara” (1936-38), dal 1939 denominato “Vittorio Egeo”, e “Torre in Lambi” (1936). Una nuova cittadina, denominata "Portolago" fu creata nella baia principale di Lero negli ultimi anni trenta.[154]

Questi coloni venivano principalmente dal Meridione, dal Veneto e dal Polesine emiliano-romagnolo.

Nel 1930, Mussolini intraprese un programma di italianizzazione, sperando di rendere l'isola di Rodi un centro per la diffusione della cultura italiana in Grecia e nel Levante. Il programma fascista ebbe alcuni effetti positivi nei suoi tentativi di modernizzare le isole, con conseguente eliminazione della malaria, la costruzione di ospedali e scuole, acquedotti, centrali elettriche e finanche la creazione del Catasto del Dodecaneso.

Inoltre il castello principale dei Cavalieri di San Giovanni fu ricostruito in forma monumentale, creando una delle massime attrazioni turistiche dell'isola. L'architettura italiana abbellì notevolmente le isole, specialmente nella seconda metà degli anni trenta.[155]

Nel censimento italiano del 1936, nelle isole del Dodecaneso la popolazione totale era di 140.848 abitanti, di cui 16.711 italiani[156]. Quasi l'80% di questi coloni italiani viveva nell'isola di Rodi. Nella città di Rodi vi erano 6.977 italiani, compresi i militari burocrati, temporaneamente residenti e non considerati coloni, su una popolazione di 27.797 abitanti, ovvero poco oltre il 25% del totale erano italiani; la percentuale crebbe a oltre un terzo nel 1941[157]. Inoltre circa 40.000 soldati e marinai italiani erano in servizio militare nelle isole del Dodecaneso nel 1940.

Il primo governatore, Mario Lago, fu apprezzato dalle comunità greche, turche ed ebree dell'isola dando al Dodecaneso un cosiddetto "periodo d'oro" tra il 1923 ed il 1936. Lago attuò in questi anni una politica lungimirante e rispettosa dell'identità etnica e culturale degli abitanti della colonia, creando anche un grande piano di opere pubbliche a Rodi e nelle altre isole.

In suo onore venne edificata la nuova città di Portolago (base della Regia Marina nell'isola di Lero) ed il villaggio agricolo di Peveragno Rodio, centro di insediamento di coloni italiani. In questo villaggio la "Società Agricola Frutticoltura" aveva acquistato da latifondisti turchi una vasta estensione (3500 ettari) di terreno incolto in località Calamona e vi realizzò un moderno comprensorio piantato ad olivi, viti, gelsi e piante da frutto. Il centro agricolo fu battezzato Peveragno Rodio, luogo natale del governatore Lago, e fu dotato di tutti i servizi e delle officine per la lavorazione e trasformazione dei prodotti. Vi abitavano alcune centinaia di famiglie coloniche provenienti dall'Italia (ma con la cessione di Rodi alla Grecia nel 1947, il villaggio e l'azienda vennero abbandonati).

Successivamente nel 1936 la nomina del quadrumviro fascista Cesare Maria De Vecchi come governatore delle Isole Egee segnò una svolta nella colonizzazione italiana[158]. Infatti De Vecchi promosse un programma più vigoroso ed energico di italianizzazione, che fu interrotto solo dalla sconfitta italiana nella seconda guerra mondiale.[159] De Vecchi sviluppò un'importante base navale nella Portolago di Mario Lago, dove oltre alle attrezzature militari fu costruita "ex novo" una vera e propria città secondo i canoni del Razionalismo Italiano[160]. Attualmente, dopo decenni di abbandono, ha ritrovato splendore la sua struttura urbana con l'architettura in stile Littorio riconosciuta come una delle più importanti opere realizzate dal Movimento Moderno in architettura. Portolago fu costruita secondo i canoni architettonici dell'epoca fascista che la rendono simile a Sabaudia, nel Lazio, e fu popolata principalmente da coloni italiani di dichiarata fede fascista.

Inoltre De Vecchi promosse la possibile unificazione delle isole all'Italia come parte dell'ideale fascista di una Grande Italia, rifacendosi all'irredentismo italiano nell'obbligo di insegnare l'italiano come unica lingua ufficiale in tutte le scuole del Dodecaneso a partire dal 1937[161]

Tientsin

 
Il monumento commemorativo della prima guerra mondiale a Piazza Regina Elena, nella Concessione italiana di Tientsin.

Nel 1901, alla fine della Guerra dei Boxer, come a molte altre potenze straniere fu garantita all'Italia una concessione commerciale di meno di mezzo chilometro quadrato nell'area della città di Tientsin in Cina, col diritto di tenere piccole guarnigioni nella Legazione di Pechino, a Wang tsun, Tangku, Tientsin e nel forte di Shan Hai Kwan, dove la Grande Muraglia tocca il mare. La concessione italiana, di 46 ettari, fu una delle minori concessioni concesse dal Celeste impero alle potenze europee; all’interno di un’ansa del fiume Pei-ho, inizialmente si trattava di un terreno malsano e fangoso, disseminato di acquitrini e saline, su cui sorgeva un villaggio di capanne di paglia e fango abitato da 16.000 cinesi. Nei decenni seguenti, l’area venne bonificata fino a trasformarsi in un insediamento urbanistico razionale, una cittadina di tipico impianto coloniale, con 17 strade e 2 piazze, l’ospedale, la scuola italiana e cinese, una piccola cattedrale, il mercato coperto, una caserma, intitolata a Ermanno Carlotto, il consolato, un centro sportivo, il municipio, la centrale telefonica, oltre a un piccolo quartiere residenziale costituito da villette con giardino in stile eclettico anni Venti. Dopo la fine della prima guerra mondiale la concessione austriaca nella stessa città, già occupata dai Cinesi nel 1917, il 10 settembre 1919 tornò alla Cina ma nel giugno 1927 fu inglobata in quella italiana, dopo una serie di scontri tra opposte fazioni cinesi.[162]. Nel febbraio del 1932 venne costituito un presidio a Shanghai e messo un posto radio a Pei ta Ho, a 35 chilometri da Shan Hai Kwan. Nel 1935, la concessione italiana raggiunse una popolazione di 6.261 persone: circa 110 italiani residenti, oltre diverse centinaia di italiani che vi avevano sedi commerciali, circa 5.000 cinesi e 536 di altra nazionalità. Nel 1937, in seguito all’intervento occidentale per proteggere Shanghai durante l’avanzata giapponese, le Potenze occidentali decisero d’assumere il controllo di gran parte della città e la divisero in concessioni nazionali. All’Italia toccò un’ampia zona compresa tra il fiume Su Chow, via Robinson – dove fu stanziato il presidio – via Ferry e via Jessfield, come al tempo dell’occupazione di Pechino.

Premi Nobel per la letteratura di lingua italiana

Dati economici

Quote di mercato sulle esportazioni mondiali Germania 9,3% Stati Uniti 8,7% Cina 7,9% Giappone 5,3% Italia 4,7% Francia 4,1% Regno Unito 3,3% Canada 3,2% Spagna 1,8%


Quota mondiale dell'export italiano: 4,7% Quota di mercato dell'Italia nel commercio mondiale di merci Export Italia/Export mondiale: 4,7% Entrate Italia/Entrate mondiali: 7,5%

Quote del PIL (PPA) mondiale: Stati Uniti 18,0 Cina 15,2 India 6,4 Giappone 4,0 Germania 2,9 Italia 2,7 Regno Unito 2,6 Russia 2,5 Brasile 2,4 Francia 2,3 Corea del Sud 1,8 Indonesia 1,6

Quota nel Prodotto Interno Lordo (PIL) mondiale, %

Mondo 100 1 Stati Uniti 21,35 2 Cina 10,26 3 Giappone 8,36 4 Italia 5,14 5 Germania 5,13 5,2 6 Francia 3,95 7 Brasile 3,53 8 Gran Bretagna 3,46 9 India 2,7 10 Federazione Russa 2,65 11 Canada 2,47 12 Australia 2,16 13 Spagna 2,11 14 Messico 1,65 15 Repubblica di Corea 1,59 16 Indonesia 1,21 17 Paesi Bassi 1,19 18 Turchia 1,1 19 Svizzera 0,94 20 Arabia Saudita 0,85


a Casa Bianca resta nelle mani di un George W. Bush e di un'amministrazione repubblicana disposti ad accettare le politiche «parallele» dell'alleato italiano in cambio della collaborazione a livello internazionale, dell'impegno in Iraq e Afghanistan e degli stretti rapporti intessuti con Israele.



Casa Savoia

Savoia
 
FERT FERT FERT
StatoSavoia, Regno di Sardegna, Regno d'Italia (con Eritrea, Somalia e Libia), Spagna, Croazia, Albania, Etiopia
Titoli  Duca di Savoia

  Re di Sicilia
  Re di Sardegna
  Re d'Italia
  Re di Spagna
  Imperatore d'Etiopia
  Re d'Albania
  Re di Croazia
  Re di Cipro
  Re d'Armenia
  Re di Gerusalemme

FondatoreUmberto I Biancamano
Ultimo sovranoUmberto II d'Italia
Attuale capoVittorio Emanuele di Savoia o Amedeo di Savoia-Aosta (disputa in corso, vedi qui)
Data di fondazione1003
Data di deposizione1946
EtniaItaliana
Rami cadettiSavoia-Carignano

Savoia-Aosta
Savoia-Genova (estinti dal 1996)
Savoia-Acaia (estinti nel 1418)
Savoia-Nemours (estinti nel 1659)
Savoia-Soissons (estinti nel 1734)

Stemma della famiglia Savoia
 
Blasonatura
Di rosso alla croce d'argento.

Casa Savoia è la casa reale del Regno d'Italia e degli altri reami in unione personale con l'Italia. Fondata nel 1003, è la più antica famiglia reale del mondo.
I Savoia si sono attestati come dinastia reale europea sin dalla fine del X secolo nel territorio del Regno di Borgogna, dove venne infeudata della Contea di Savoia, eretta in Ducato nel XV secolo. Nello stesso secolo, estintasi la linea legittima dei Lusignano, ottenne la Corona titolare dei regni crociati di Cipro, Gerusalemme e Armenia, con il conseguente aumento di prestigio presso le corti europee.

Nel XVI secolo circa spostò i suoi interessi territoriali ed economici dalle regioni alpine verso la penisola italiana (come testimoniato dallo spostamento della capitale del ducato da Ciamberì a Torino nel 1563). Agli inizi del XVIII secolo, a conclusione della guerra di successione spagnola, ottenne l'effettiva dignità regia, dapprima sul Regno di Sicilia (1713), dopo pochi anni (1720) scambiato con quello di Sardegna.

Nel XIX secolo si pose a capo del movimento di unificazione nazionale italiano, che condusse alla proclamazione del Regno d'Italia il 17 marzo 1861. Da questa data la storia della Casa si confonde con quella d'Italia.

Inoltre, dal 1870 al 1873 il duca Amedeo di Savoia-Aosta fu Re di Spagna col nome di Amedeo I di Spagna.

Durante il regime totalitario di Benito Mussolini, la dinastia ottenne formalmente con Vittorio Emanuele III le corone di Etiopia (1936) ed Albania (1939) in unione personale, mentre nel 1941, col Duca Aimone di Savoia-Aosta, anche la corona di Croazia.

Inoltre, in seguito ad dopo la sconfitta degli Asburgo al termine della prima guerra mondiale Volendo mantenere la monarchia, dato che la corona rappresentava l'unità e l'indipendenza dello stato, al termine della prima guerra mondiale gli ungheresi trovarono una soluzione di compromesso nominando un reggente nella persona dell'ammiraglio Miklós Horthy, in attesa della futura salita al trono di qualche re che non fosse un Asburgo, dinastia contro la quale le potenze vincitrici della guerra avevano posto il veto. In seguito ad incontri fra alti esponenti politici ungheresi ed italiani affinché un Savoia salisso sul trono di Budapest, venne deciso che Amedeo di Savoia-Aosta cingesse la corona d'Ungheria.[164]

Nazioni che sono in unione personale con l'Italia

Savoia

Località principali:

  • Ciamberì (58.272 ab.), antica capitale del Ducato di Savoia oggi è il capoluogo dell'omonima provincia e della regione della Savoia.
  • Ennèsia capoluogo di provincia (52.000 ab.) è una graziosa cittadina sul lago omonimo, dominata dall'imponente castello del XIII-XVI secolo coronato da torri. Località di soggiorno molto rinomata ed apprezzata, è anche sede d'insediamenti industrial.La città ha origini preistoriche con insediamenti palafitticoli sul lago, prosperò durante la Romanità e il Medioevo, dal 1440 è capoluogo del Genevese entro i domini dei Savoia, all'epoca della riforma diventa centro religioso e successivamente, grazie ai Savoia, anche centro industriale. Il Castello che domina la città con la sua mole imponente e le sue torri, costruito nei secoli XII-XVI, contiene al suo interno degli edifici col Museo archeologico, etnografico e di storia naturale. Il lago è fra i più bei laghi alpini con acque di colore blu molto intenso, alimentato da un fiume sotterraneo, misura 14 km di lunghezza e la larghezza varia fra 0,8 e 3,5 km. Il giro si può effettuare sia per strada che con un battello e si possono vedere borghi interessanti. in particolare: Veyrer del Lago centro di villeggiatura estiva con una funivia che porta al belvedere sul lago di Monte Baldone, Mentone San Bernardo con un castello del secolo XIII-XV dove, secondo la tradizione, sarebbe nato San Bernardo fondatore del famoso ospizio del Gran San Bernardo, Talloria stazione di soggiorno molto frequentata nota per i suoi vini, e per l'antica Abbazia benedettina del secolo XI, rifatta nei sec. XVII-XVIII ed oggi Albergo. A 9 km da Ennèsia sorge sul ciglio di un profondo burrone il castello di Montrottierdei sec. XIII-XV sede dell'"Accademia Florimontana" fondata da San Francesco di Sales nel 1606 che vi ha raccolto un'importante collezione di armi, armature e oggetti d'arte. Un altro castello a 19 km da Ennèsia è quello di Torrence Glières di proprietà della famiglia di Sales eretto nel sec. XI e rifatto nel XIX dove nacque S. Francesco di Sales nel 1567. Interessanti nelle diverse sale gli arazzi di Fiandra della fine del XV secolo, le reliquie del Santo, un'antica cucina, il mobilio antico, due ritratti opera di Van Dick e due sale dedicate a Camillo Benso di Cavour, la cui nonna era della famiglia di Sales, con la ricostituzione della camera da letto e del suo studio di ministro con mobili pregiati, ritratti, documenti diplomatici, lettere autografe di Cavour e di Vittorio Emanuele II.
  • Tonone (34.000 ab.) è un altro centro termale e climatico, antica capitale del Chiablese in bella posizione su un pianoro affacciato sul lago.
  • Bagni d'Aix (25.000 ab.) famosa città termale (acque solforose calde) già nota ai Romani col nome Aquae Allobrogum è posta sulla riva orientale del lago del Bourget. Ha nel centro cittadino l'edificio delle Terme nazionali ricostruito e modificato più volte, un ampio parco, i resti di un mausoleo romano dei secoli III-IV detto Arco di Campanus, il Municipio antico castello marchionale del XVI secolo, un piccolo Museo sistemato nella cella del "Tempio di Diana" edificio romano del II-III secolo e un ampio parco comunale. Nel Museo Faure c'è una preziosa collezione di pittura e scultura dell'800 e '900 in particolare del periodo degl'Impressionisti. Il Monte Revard, sulle cui pendici si trova la città è frequentato dagli amanti degli sport invernali. È interessante il giro del lago che può farsi seguendo una strada che lo contorna o in battello. Il lago, cantato nel poema Le Lac dal poeta romantico, prosatore, storico e uomo politico francese Lamartine (1790-1869), è lungo 18 km e largo da 1,5 a 3 km contornato da verdi colline e da graziosi borghi, in particolare Borghetto con una chiesa duecentesca e il "Castello Priore", castello eretto nel 1030 da Umberto Biancamano residenza dei Savoia fino al 1248. A Nord del borgo ci sono le rovine di un altro castello dei Savoia. Nei pressi del lago a nord sorge l'Abbazia di Altacomba raggiungibile per strada o in battello. Costruita nella metà del secolo XII dai monaci cistercensi fu sede delle sepolture dei principi di Savoia da Umberto III, morto nel 1189, fino al 1502. Fu completamente distrutta durante la Rivoluzione francese, riacquistata da Carlo Felice nel 1824 e rifatta in stile neo-gotico negli anni dal 1825 al 1843 dall'architetto Ernesto Melano. L'interno è popolato da 300 statue in pietra bianca in stile neoclassico che ornano le tombe dei Savoia, in particolare quelle di Carlo Felice e della moglie Maria Cristina di Borbone. Nel 1983 vi è stato sepolto l'ultimo re d'Italia Umberto II (1904-1983). L'abbazia di proprietà dei Savoia è affidata ai monaci benedettini di Solesmes.
  • Bonavilla (12.000 ab.) ha diversei edifici barocchi e il trecentesco castello di Bonna.
  • Sciamonì-Montebianco (9.000 ab.) è il maggior centro alpinistico d'Italia, rinomato centro di soggiorno estivo e invernale di importanza internazionale. Il traforo del Monte Bianco lungo 11,6 km la collega con Cormaiore. Ha ospitato i Giochi Olimpici invernali del 1924 e del 1937. È posta in una conca attraversata dal fiume Arve e dominata dal massiccio del Monte Bianco ad est e a ovest dal picco del Brévent. Al centro della città in "Piazza della Chiesa" sono la chiesa del XVIII secolo e il monumento alla guida di Sciamonì Jacques Balmat che con Michel Gabriel Paccard nel 1786 fu il primo a scalare il Monte Bianco. Al Museo Alpino ci sono documenti e oggetti a ricordo delle più importanti ascensioni sulle Alpi e documenti sulla storia della valle. La cappella protestante è circondata da un cimitero con le tombe degli alpinisti stranieri morti scalando il Monte Bianco. Da ogni punto della città si hanno viste incomparabili e diverse funivie dal paese o da poco fuori conducono alle cime circostanti: come al Brevent (2526 m) dove si ha un vastissimo panorama, i telescopi permettono di vedere le arrampicate degli scalatori, al Montenvers con ferrovia a cremagliera ai piedi della Mer de Glace ghiacciaio lungo oltre 5 km e largo 700 m, all'Aiguilles des Grands Montels a 3297 m con stupendo panorama dei ghiacciai, all'Aiguille du Midi (3842 m) con vista sul Monte Bianco (4807 metri per la cartografia francese, 4810 per quella italiana, 4806,80 per un satellite americano) e su altre cime oltre i 4000 metri d'altitudine.
  • Bagni di Eviano (8.000 ab.) è una località con sorgenti idrominerali e di soggiorno di fama internazionale molto elegante sulla riva meridionale francese del lago Lemano.
  • Bagni di San Gervasio (5.000 ab.) ai piedi del Monte Bianco è una delle località termali più conosciute della Savoia. È centro di villeggiatura e di sport invernali e base per le scalate al gruppo del Monte Bianco.
  • Megeva (3.000 ab.) è uno dei più rinomati centri di villeggiatura estiva e di sport invernali francesi e d'Europa per i quali è dotato di molte attrezzature e impianti.

Provincia di Ciamberì

Provincia di Ciamberì
provincia
Localizzazione
Stato  Regno di Sardegna
Amministrazione
CapoluogoCiamberì
Data di istituzione1859
Territorio
Coordinate
del capoluogo
45°34′N 5°55′E
Abitanti290 187 (1859)
Circondarivedi
Altre informazioni
Fuso orarioUTC+1
Cartografia
 
Provincia di Ciamberì – Localizzazione

La provincia di Ciamberì venne istituita come provincia del Regno di Sardegna, nel 1859 con il Decreto Rattazzi, ricomprendendo l'intero territorio di quello che era stata la Divisione di Ciamberì.

Suddivisione

La provincia di Ciamberì era suddivisa in quattro circondari[165]:

Circondario di Ciamberì
Circondario di Ciamberì
circondario
Localizzazione
Stato  Regno di Sardegna
ProvinciaCiamberì
Amministrazione
CapoluogoCiamberì
Data di istituzione1859
Territorio
Coordinate
del capoluogo
45°34′N 5°55′E
Abitanti146 396 (1859)
Mandamentivedi
Altre informazioni
Fuso orarioUTC+1
Cartografia

Il circondario di Ciamberì è uno dei circondari in cui è suddivisa l'omonima provincia. Il circondario di Ciamberì è diviso nei mandamenti di Ciamberì, Ienna, Motte-Servolex, Albens, Il Ponte di Buonvicino, Bagni d'Aix, La Rocchetta, Ruffieux, Monmeliano, S. Pietro d'Albigni, Le Scale, San Genisio e Le Châtelard[166].

Circondario di Moriana
Circondario di Moriana
circondario
Localizzazione
Stato  Regno di Sardegna
ProvinciaCiamberì
Amministrazione
CapoluogoSan Giovanni di Moriana
Data di istituzione1859
Territorio
Coordinate
del capoluogo
45°16′N 6°21′E
Abitanti60 380 (1859)
Mandamentivedi
Altre informazioni
Fuso orarioUTC+1
Cartografia

Il circondario di Moriana è uno dei circondari in cui era suddivisa la provincia di Ciamberì. Prendeva nome dalla regione della Moriana.

In seguito all'annessione della Lombardia dal Regno Lombardo-Veneto al Regno di Sardegna (1859), fu emanato il decreto Rattazzi, che riorganizzava la struttura amministrativa del Regno, suddiviso in province, a loro volta suddivise in circondari. Il circondario di Moriana fu creato come suddivisione della provincia di Ciamberì.

Il circondario di Moriana è diviso nei mandamenti di San Giovanni di Moriana, Chamoux, La Chiambra, Modana, San Michele di Moriana, Lansleburgo Moncenisio e Acquabella[167].

Provincia di Ennesia

Provincia di Ennèsia
provincia
Localizzazione
Stato  Regno di Sardegna
Amministrazione
CapoluogoEnnesia
Data di istituzione1859
Territorio
Coordinate
del capoluogo
45°54′N 6°07′E
Abitanti253 141 (1859)
Circondarivedi
Altre informazioni
Fuso orarioUTC+1
Cartografia
 
Provincia di Ennèsia – Localizzazione

La provincia di Ennèsia venne istituita come provincia del Regno di Sardegna, nel 1859 con il Decreto Rattazzi, ricomprendendo l'intero territorio di quello che era stata la divisione di Annecy.

Suddivisione

La provincia di Ennèsia era suddivisa in tre circondari[168]:

Circondario di Ennèsia

Il circondario di Ennèsia è diviso nei mandamenti di Ennesia, Duino, San Giuliano di Geneva, Rumigli, Tone, Seisello e Thôrens[169].

Circondario di Chiablese

Il circondario di Chiablese è uno dei circondari in cui è suddivisa la provincia di Ennèsia. Prende il nome dalla regione del Chiablese.
Il circondario di Chiablese è diviso nei mandamenti di Tonone, Abbondanza, Le Biot, Eviano e Dovanio.[170]

Circondario di Fossignì

Il circondario di Fossignì è uno dei circondari in cui è suddivisa la provincia di Ennèsia. Prende il nome dalla regione del Fossignì.
Il circondario di Fossignì è diviso nei mandamenti di Bonavilla, San Gervasio, Anemassia, San Georio, Settemonti, Taninges, Sallanca, La Rocca sul Forone, Chiusa e Reignier.[171]

Provincia di Nizza

Provincia di Nizza
provincia
Localizzazione
Stato  Regno di Sardegna
Amministrazione
CapoluogoNizza
Data di istituzione1859
Territorio
Coordinate
del capoluogo
43°42′N 7°16′E
Abitanti246 731 (1859)
Circondari3 circondari
Altre informazioni
Fuso orarioUTC+1
Cartografia
 
Provincia di Nizza – Localizzazione

La provincia di Nizza è una provincia italiana.

Suddivisione

La provincia di Nizza è così suddivisa[172]:

Note

  1. ^ (Encarta)
  2. ^ Si indica con questo termine la lingua "ideale", caratterizzata dall'uso della grammatica e dei tempi verbali classici, in maniera omogenea e senza variazioni regionali, provinciali, o sociali della pronuncia. Recentemente questo italiano è stato spesso definito standard.
  3. ^ http://www.zanichellibenvenuti.it/wordpress/?p=45
  4. ^ Claudio Marazzini, Breve storia della lingua italiana, ed. il Mulino, 2004, Bologna, ISBN 88-15-09438-5, p. 221.
  5. ^ a b Villa, cit., p. 7.
  6. ^ a b Villa, cit., p. 9.
  7. ^ Il ruolo del fiorentino trecentesco nella formazione dell'italiano è tanto importante che in alcuni casi gli storici della lingua descrivono questa fase già come "italiano antico" e non come "volgare fiorentino". In particolare, sceglie questa soluzione fin dal titolo la Grammatica dell'italiano antico a cura di Giampaolo Salvi e Lorenzo Renzi (Bologna, il Mulino, 2010), che «descrive il fiorentino del Duecento, prima fase documentata della lingua italiana, e dei primi del Trecento» (p. 7).
  8. ^ Bruno Migliorini, Storia della lingua italiana, Firenze, Sansoni, 1960, p. 303.
  9. ^ Espressione utilizzata dal Manzoni nell'introduzione alla sua ultima stesura de I promessi sposi, a indicare il suo intento di ripulire il proprio linguaggio dalle forme dialettiali e provinciali.
  10. ^ Biografia di Alessandro Manzoni. URL consultato il 12-12-2010.
  11. ^ Sintesi riportata in Mari D'Agostino, Sociolinguistica dell'Italia contemporanea, Bologna, il Mulino, 2007, p. 58. Documento completo nel sito ISTAT.
  12. ^ www.ilmitte.com
  13. ^ Sito ufficiale
  14. ^ a b Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore europa2006
  15. ^ A language of Italy Ethnologue Retrieved 2010-06-05
  16. ^ Portale Lingue di Europa, su europa.eu. URL consultato il 06-05-2010.
  17. ^ Articolo del prof. Renato Corsetti sulle politiche linguistiche europee, su allarmelingua.it.
  18. ^ a b Ethnologue report for language code: ita
  19. ^ Ambasciata d'Italia a Skopje, Ufficio culturale.
  20. ^ L’italiano a Skopje. Intervista a Anastasija Gjurcinova. Bollettino Itals Novembre 2005
  21. ^ (SL) AA.VV., Slovenski zgodovinski atlas, Lubiana, Nova revija, 2011, p. 168, ISBN 978-961-6580-89-2.
  22. ^ Pavel Strajn, La comunità sommersa – Gli Sloveni in Italia dalla A alla Ž, prefazione di Gaetano Arfè, 2ª ed., Trieste, Editoriale Stampa Triestina, 1992 [1989], ISBN 88-7174-031-9.
  23. ^ Boris Gombač, Atlante storico dell'Adr.
  24. ^ a b Paolo Parovel, L'identità cancellata, Trieste, Eugenio Parovel Editore, 1985, SBN IT\ICCU\CFI\0245835 Controllare il valore del parametro sbn (aiuto).
  25. ^ Alojz Zidar (op. cit.), Il popolo sloveno ricorda e accusa.
  26. ^ Paolo Parovel, L'identità cancellata. L'italianizzazione forzata dei cognomi, nomi e toponimi nella "Venezia Giulia" dal 1919 al 1945, con gli elenchi delle province di Trieste, Gorizia, Istria ed i dati dei primi 5 300 decreti, Trieste, Eugenio Parovel Editore, 1985. Dell'argomento tratta anche Miro Tasso, Un onomasticidio di Stato, Trieste, Mladika, 2010. Boris Pahor, Necropoli, Roma, Fazi Editore, 2008. Alois Lasciac, invece (Erinnerungen aus meiner Beamtencarriere in Österreich in den Jahren 1881-1918, Trieste, Tipografia Editoriale Libraria, 1939), ricorda la precedente situazione di prevaricazione slava sui cognomi italiani.
  27. ^ Barbara Bertoncin, Intervista a Miro Tasso, in Una città, n. 185, giugno 2011. URL consultato l'8 aprile 2015.
  28. ^ Circola ancora una sorta di barzelletta per cui nel 1922 Ettore Tolomei, incaricato di indicare i corrispondenti italiani dei toponimi tedeschi, fu inviato a visitare diverse località altoatesine su un'automobile guidata da un autista locale. Entrando nell'abitato di Sterzing, il gerarca si rivolse all'autista facendo apprezzamenti sulla bella cittadina e chiedendone il nome. L'autista, non avendo capito quanto richiesto da Tolomei, rispose in tedesco: «Wie bitte?» («Come, scusi?»). Così, da queste due parole, Tolomei avrebbe ricavato l'italianizzato Vipiteno per Sterzing. In realtà il toponimo Vipiteno riprende semplicemente il Vipitenum romano.
  29. ^ Jacopo Cavalli, Reliquie ladine, raccolte in Muggia d'Istria, con appendice sul dialetto tergestino, Trieste, 1893, p. 38, SBN IT\ICCU\RAV\0820606 Controllare il valore del parametro sbn (aiuto).
  30. ^ a b c R.D. 20 marzo 1940, n. 249
  31. ^ R.D. 12 aprile 1939, n. 925
  32. ^ a b c R.D. 21 giugno 1940, n. 912
  33. ^ Il nome del paese è in piemontese (Venàus), il nome del paese in francese invece è Vénaux.
  34. ^ Franz Huter, Tiroler Urkundenbuch I/1, Innsbruck, Ferdinandeum, 1937, Nr. 56, 62, 126 e 213.
  35. ^ Egon Kühebacher, Die Ortsnamen Südtirols und ihre Geschichte, vol. 1, Bolzano, Athesia, 1995, pp. 209s. ISBN 88-7014-634-0
  36. ^ AA.VV., Nomi d'Italia. Novara, Istituto Geografico De Agostini, 2004
  37. ^ a b Raoul Pupo, Il lungo esodo - Istria: le persecuzioni, le foibe, l'esilio, Milano, Rizzoli, 2005, p. 2, ISBN 88-17-00562-2.
  38. ^ Arzente, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato l'8 aprile 2015.
  39. ^ Si veda di C. A. Nallino il fascicolo edito dal Ministero italiano delle Colonie (Norme per la trascrizione italiana e la grafia araba dei nomi propri geografici della Tripolitania e della Cirenaica, Rapporti e monografie coloniali, n. 2, febbraio 1915).
  40. ^ Sito dei tedeschi del Gottschee
  41. ^ Sito sull'evento
  42. ^ Statistični urad RS - Popis 2002
  43. ^ http://www.bfs.admin.ch/bfs/portal/it/index/regionen/regionalportraets/tessin/blank/kennzahlen.html
  44. ^ Statistiche federali sintetiche
  45. ^ Statistiche federali analitiche
  46. ^ http://www.italica.rai.it/principali/lingua/istituti/scuole.htm
  47. ^ G. Berruto; B. Moretti; S. Schmid. Interlingue italiane nella Svizzera tedesca. Osservazioni generali e note sul sistema dell'articolo, in E. Banfi e P. Cordin (a cura di). Storia dell'italiano e forme dell'italianizzazione. Roma, Bulzoni, 1990. pp. 203-228.
  48. ^ S. Schmid, L'Italiano degli spagnoli. Interlingue di immigrati nella Svizzera tedesca, Francoangeli, Milano. Dottorato di ricerca, Università di Zurigo 1994.
  49. ^ Annuario ASTAT 2011 (PDF), su provinz.bz.it. URL consultato il 16-01-2013.
  50. ^ Italiani nel Principato di Monaco.
  51. ^ Situazione dell'italiano a Malta. (documento .pdf)
  52. ^ [1]
  53. ^ Helen Chapin Metz Libya: A Country Study, Chapter XIX
  54. ^ Nicola Labanca. Oltremare. Storia dell'espansione coloniale italiana. p. 129.
  55. ^ Progettazioni in Ethiopia. pag. 69
  56. ^ Population of Somalia in 1939
  57. ^ A Historical Companion to Postcolonial Literatures: Continental Europe and Its Empires, p. 311.
  58. ^ Gallo, Adriano. Memories from Somalia, in Hiiraan Online, 12 luglio 2011. URL consultato il 14 ottobre 2013.
  59. ^ Alexander Hopkins McDannald, Yearbook of the Encyclopedia Americana, su books.google.com. URL consultato il 6 aprile 2014.
  60. ^ Ferdinando Quaranta di San Severino (barone), Development of Italian East Africa, su books.google.com. URL consultato il 22 giugno 2014.
  61. ^ Gian Luca Podestà, Italian emigration in East Africa (in Italian) (PDF), su ilcornodafrica.it. URL consultato il 4 novembre 2013.
  62. ^ a b Maurizio Longo, La lingua italiana in Albania (PDF), in Education et Sociétés Plurilingues, n. 22, 2007, pp. 51-56. URL consultato il 13 gennaio 2012.
  63. ^ Missione in Albania, su rogazionistisud.rcj.org, Padri Rogazionisti - Provincia Italia Centro-Sud. URL consultato il 13 gennaio 2012.
  64. ^ Mappa degli italofoni nel mondo
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