Viaggi di Platone in Sicilia
I viaggi di Platone in Sicilia si svolsero durante il IV secolo a.C., coprendo un arco di tempo che va dal 388 a.C. al 360 a.C., con una pausa tra il primo e il secondo viaggio di circa vent'anni.[1]

Il filosofo ateniese si recò per tre volte alla corte dei Dionisî di Siracusa. Con la mediazione di Dione, fu chiamato dal giovane tiranno Dionisio II affinché gli facesse da maestro, per guidare lo Stato di Siracusa verso la realizzazione di una società perfetta, ma il suo disegno politico fallì.
I suoi viaggi in Sicilia si rivelarono spesso pieni di insidie. L'ultima volta che vi si recò la situazione politica a Siracusa era già fortemente instabile. Entrato in contrasto con Dionisio II, Platone riuscì a tornare ad Atene grazie alla mediazione dei pitagorici di Taranto. Di lì a poco tempo il suo discepolo Dione avrebbe attaccato la tirannide dionisiana con l'appoggio dell'Accademia.
L'esperienza siciliana ebbe grande influenza nella vita del filosofo ateniese.[2]
Contesto storico
La sconfitta di Atene
Platone crebbe negli anni della guerra del Peloponneso. Secondo Aristosseno avrebbe preso parte a tre spedizioni militari, dal 409 al 407 a.C.: a Tanagra, Corinto e Delio (dove avrebbe ricevuto anche un premio per il suo valore ).[3]
Pochi anni prima della sua efebìa, nel 413 a.C., si verificò la grave sconfitta ateniese in Sicilia dove Atene perse l'intera armata.[N 1] L'evento fu carico di conseguenze politiche per il Mediterraneo.[N 2]
Seguì la spedizione siciliana in Egeo; missione capitanata da Ermocrate siracusano (che Platone elogerà in seguito per le sue doti di statista), al fianco di Sparta, nel prosieguo della medesima lunga guerra .[5]
Atene venne definitivamente sconfitta dalle forze peloponnesiache nella battaglia di Egospotami, capitanata da Crizia - zio di Platone - per cui venne instaurato, all'interno della capitale attica, il governo dei Trenta Tiranni.[N 3]
Il discepolo di Socrate, deluso dalle «nefandezze dei tempi»[7], colpito fortemente dalla condanna a morte del suo maestro, decise di lasciare Atene all'età di ventotto anni, e nel 399 a.C. incominciò i suoi viaggi.[8]
Nel frattempo era salito al trono di Siracusa Dionisio il Grande, proclamatosi strategós autokrátor nell'anno 405 a.C., in un momento di forte tensione politica nella Sicilia greca: l'isola infatti era stata messa a ferro e fuoco dalla rinvigorita invasione cartaginese.[9][N 4]
Lo Stato ideale di Platone
Popolato da «Dèi e figli di dèi»,[N 5] nel dialogo La Repubblica, Platone definì i canoni di quello che egli chiamò «Stato ideale»; una città ideale, che per essere tale deveva avere al proprio apice una cerchia eletta di filosofi. Tre le classi che avrebbero composto lo Stato platonico: i cittadini (la forza lavoro), i guardiani (difensori della città) e i custodi (i filosofi eletti). Ogni classe avrebbe dovuto rispettare il proprio ruolo. In esso avrebbe prevalso l'armonia dell'essere umano col tutto.[12]
Ne Le leggi però, il suo ultimo e più ampio dialogo, egli accantona il suo ideale massimo - conseguenza probabile degli anni passati a stretto contatto con la tirannide siciliana[13] - e definisce i canoni dello «Stato migliore»; secondo nell'ordine di graduazione del suo ideale politico.[14]
Le regole
«Bisogna estirpare - osserva prendendo spunto dalla disciplina militare ma parlando in generale - dall'intera vita di ciascun individuo lo spirito di indipendenza.»
Nello Stato ideale di Platone vi erano delle rigide regole da seguire. Platone era convinto che per conservare un ottimo Stato fosse essenziale controllare la procreazione umana. Nel livello più alto doveva vigere la comunanza della donna,[N 6] mentre i figli sarebbero appartenuti solo allo Stato.[17]
Particolarmente critico con Platone è stato Karl Popper, il quale nel suo noto saggio storico lo ha definito un pensatore totalitario.[N 7] rimproverandogli di innalzare gli ellenici sopra a tutti gli altri popoli.[19] Effettivamente uno dei motivi di scontro con il governo siracusano sarà proprio incentrato sui Barbari[20]: Platone voleva che le guardie del tiranno fossero elleni e non mercenari d'origine barbarica, invece Siracusa aveva fondato il suo sistema difensivo proprio sui Barbari, dando loro grande spazio e ruolo all'interno delle poleis.[N 8]
L'attuazione
Un'accusa rivolta a Platone fu quella di aver dedicato le sue maggiori attenzioni a Siracusa e di aver trascurato conseguentemente la politica di Atene. In sostanza, l'essersi speso per Stati esteri anziché prodigarsi per la propria patria.[22]
Ma la matrice che spinse Platone a concentrare i propri sforzi sulla Sicilia era di solida origine: l'isola mediterranea doveva apparirgli come una sorta di «terra promessa»,[23] dove potevano disfarsi vecchie città e far sorgerne di nuove, dando loro una diversa costituzione; il tutto con relativa facilità. Una simile terra ben si prestava alle sue sperimentazioni politiche.[23]
I motivi che lo spinsero a scegliere proprio Siracusa, tentando di farla divenire la capitale di un nuovo ordine politico che si sarebbe dovuto espandere su larga scala, vanno ricercati nella situazione geopolitica di tale polis. Essa era infatti l'altra capitale politico-intellettuale della grecità: avamposto a cui guardare contro l'invasore barbaro, già perfetto punto focale di un nuovo impero; come la definì Alcibiade, essa si mostrava totalmente immersa in quel mondo italiota - divenuto terra dei Pitagorici - in cui l'influenza e il controllo dei Dionisi era palpabile.[25]
Controllare i Siracusani gli avrebbe quindi dato accesso a un impero socio-culturale che sembrava a portata di mano.[25]
Ma l'impatto con la città dei Dionisi non fu come egli sperava. Non gli piacque affatto, come testimonia la settima epistola, quel che trovò: una dolce vita fatta tutta di perdizioni, distrazioni, nel qual mezzo si consumavano luculliani «banchetti italioti e siracusani».[26] Individuò nella condotta di questa vita la causa della dissolutezza, una scelleratezza che, naturalmente, si sfogava in un'instabilità politica che caratterizzava il governo di Siracusa.[27] L'unico modo per sopperire a tale situazione era porre alla vetta del comando una classe di re-filosofi, cresciuti ed educati nella dottrina platonica.
Con questa concezione, Platone si confrontò con i tiranni di Siracusa e lui stesso ammetterà (se come si suppone la settima epistola è una testimonianza di suo pugno) di aver posto le basi per il crollo della tirannide dionisiana:
«ho paura d’essere stato proprio io, inconsapevolmente e senza accorgermene, a porre i presupposti per la caduta della tirannide, quelle volte che mi incontrai con Dione, allora giovane, e gli dimostrai per via di ragionamento ciò che mi pareva essere il meglio per l’uomo, esortandolo a realizzarlo»
Ciononostante nessun re-filosofo venne innalzato nel governo siracusano e il fine ultimo di Platone rimane ancora una vexata quaestio. Secondo lo storico Sinclair, Platone «non immaginò mai nessun uomo mortale in quella parte sublime, tranne se stesso»[29] e continua sostenendo che:
I viaggi
Secondo Ermodoro, Platone si recò una prima volta in Italia presso i pitagorici Filolao e Eurito, tuttavia sono stati sollevati dubbi sull'attendibilità di tale notizia:
Veritiera appare la notizia di un viaggio di Platone in Italia, nel 390 a.C., riportata anche da Diogene Laerzio, ma non per incontrare Filolao, bensì Archita di Taranto.[30] Secondo Cicerone e Valerio Massimo, Platone si recò a Taranto per apprendere dal futuro governatore della polis tarantina le dottrine di Pitagora.[31]
Dove si ha la maggiore documentazione è sui tre viaggi del filosofo in Sicilia. Una prima volta vi giunse tra il 388 a.C. e il 387 a.C.[32]
Ci sono pervenute tredici lettere attribuite a Platone, delle quali però vengono considerate autentiche solo la VII e, se pur con minore consenso, l'VIII.[33] (la prima attestazione dell'esistenza di una raccolta di lettere si trova in Aristofane di Bisanzio).[N 10] E, attribuito sempre a Platone, l'epigramma per Dione. Vi sono poi i numerosi documenti degli storici antichi che, se pur con diverse discordanze, danno testimonianza dell'approdo di Platone in Sicilia. La più antica biografia di Platone ci è data dal documento papiraceo, di cui restano solo frammenti, di Filodemo di Gadara (II sec. a.C.) dove si attestano i viaggi siciliani di Platone.[34]
Il maggiore scettico riguardo all'intera tradizione sui tre i viaggi è stato Moses Israel Finley che in riferimento a ciò ha parlato di «saga platonica»[35]
Un'ipotesi che è stata avanzata è quella che vede l'insorgere degli Accademici in difesa del loro maestro, che avebbe dato origine ad una corposa tradizione aneddotica sui tre viaggi, volta a riscattare l'immagine di Platone, facendo di lui un filosofo eroe, pronto a rischiare la vita al cospetto dei tiranni pur di realizzare il suo ideale massimo.[36]
Primo viaggio
L'Etna
Platone, se pur succintamente, dà testimonianza del suo primo viaggio in Sicilia nella Lettera VII.[37]
Secondo le fonti bibliografiche, Platone si sarebbe recato nell'isola spinto dalla curiosità di vedere il vulcano Etna (tuttavia tale interesse non appare nell'epistola autobiografica del filosofo ateniese).[38]
Due epistole, attribuite a Diodoro Siculo, ma ritenute dei falsi storici, parlano di una corrispondenza tra i Catanei e Platone, dove i primi avrebbero invitato il filosofo a venire a Katane per visitare il vulcano in eruzione:
Ciò che maggiormente tradisce il falsario in queste epistole è la versione distorta dei fatti storici.[N 11] Tuttavia, nonostante non si possa dar credito alle attribuzioni diodoree,[N 12] appare plausibile che Platone abbia visitato il monte Etna. Lo storico greco Diogene Laerzio afferma che il filosofo ateniese si sia recato nel suo primo viaggio siciliano presso i crateri etnei:
«Per tre volte si è recato in Sicilia per nave. La prima volta per vedere l'isola e i crateri. E fu allora che Dionigi, figlio di Ermocrate, che era tiranno, lo costrinse a frequentarlo.»
Alla sua testimonianza si aggiunge quella di Ateneo, il quale dice che Platone volle andare sui crateri dell'Etna per vedere i «torrenti di fuoco» che dal monte scaturivano.[42] Vi sono inoltre le parole di Apuleio:
«Quanto ai tre viaggi in Sicilia, certo i maligni lo criticano sostenendo opinioni discordanti. Ma la prima volta egli partì per ragioni scientifiche, cioè per conoscere la natura dell’Etna e gli incendi di questa montagna incavata»
Nella Bibliotheca historica di Diodoro (XIV, 59, 3) si parla di una grave eruzione vulcanica avvenuta ai tempi di Dionisio I: le forze cartaginesi di Imilcone II, dopo aver distrutto Messana, marciavano contro Siracusa ma dovettero interrompere il loro cammino via terra a Naxos a causa di una grande eruzione dell'Etna, la cui lava irruppe persino nel mar Ionio. Aggirarono il vulcano via mare, scontrandosi così con la flotta dionisiana.[45]
Ciò accadde durante l'anno primo della novantaseiesima Olimpiade; nel 396 a.C. Otto anni prima dell'arrivo di Platone.[46] Fu una delle più disastrose eruzioni dell'Etna nella sua millenaria storia.[47]
Resta controversa l'interpretazione degli storici che asseriscono il verificarsi di un'altra eruzione vulcanica durante il soggiorno di Platone in Sicilia.[N 13]
Il dialogo platonico Fedone, nel quale l'ateniese descrive il cratere dell'Etna in eruzione (111 E), potrebbe rendere plausibile il fatto che Platone non solo si sia recato sui crateri del monte Etna, ma che abbia assistito di persona anche ad una delle sue eruzioni laviche.[48][N 14]
«e grandi fiumi di fuoco e molti poi di fango liquido ora più pulito ora più melmoso, come in Sicilia ci sono i fiumi di fango che scorrono prima della lava, e poi la lava stessa; e ciascuno di essi riempie dunque le regioni»
L'arrivo a Siracusa
L'invito per Platone alla corte di Siracusa giunse dopo che il tiranno Dionisio I seppe della sua presenza in Sicilia.[50]
La Lettera VII non chiarisce come o perché vi giunse: l'ateniese si mantiene sul vago.[N 15]
L'incontro tra i due nelle antiche fonti appare dunque casuale; solamente l'alessandrino Olimpiodoro il Vecchio scrisse che Platone andò a Siracusa con la chiara intenzione di mutare la tirannide in aristocrazia.[51][N 16]
Vi erano inoltre i probabili interessi, se pur taciuti dagli antichi storici, di Dionisio I nel condurre Platone nella sua dimora: uno dei principali potrebbe essere l'intenzione del tiranno di riallacciare pacifici rapporti con Atene; soprattutto dal momento che Sparta si mostrava ora fredda e ora contraria alle sue mosse politiche.[52]
Oltre a ciò Dionisio I era noto per avere il desiderio di circondarsi di letterati, sia perché egli voleva affermare un suo ruolo filosofico[53] e sia perché soleva servirsi dei letterati per creare, secondo gli studiosi, un'organizzazione del consenso, sfruttando la loro eloquenza per propagandare la propria politica[54] - contaminazioni della tirannide dionisiana si ravvisano ad esempio nella leggenda di Siculo e nella leggenda della fondazione di Roma.[55]
Se Platone non venne con l'intenzione di influenzare e attuare un cambiamento nella politica siciliana, si può comunque supporre che egli accettasse di buon grado l'invito a corte, poiché interessato a conoscere di persona il principale artefice di una tirannide già molto nota militarmente, politicamene e culturalmente.[56]
La conoscenza di Dione
Quel che viene posto in evidenza dallo stesso Platone in questo primo viaggio è la sua conoscenza con il principe siracusano Dione, cognato e genero di Dionisio I - fratello di Aristomache e marito di Arete (figlia di Dionisio) - e il positivo, forte legame che riuscì ad instaurare con lui.[57] Dione da quel momento gli divenne amico e discepolo;[58] il suo prediletto.[59][60]
In una Siracusa che egli giudicò dedita alla perdizione,[61] Dione gli tese una mano, mostrandosi favorevole alle sue idee. Un incontro, quello con il figlio di Ipparino, che segnò profondamente la sua vita.[62]
Il ventenne Dione è stato definito l'«Eros filosofico di Platone»;[63] Le antiche fonti, e la critica moderna, parlano di amore tra i due.[N 17] Molti sostengono inoltre che il Simposio di Platone sia una viva reminiscenza del tempo passato con Dione in Sicilia.[65]
Il giovane mutò il proprio stile di comportamento, seguendo il pensiero platonico e ciò lo rese sospetto agli occhi della tirannide.[60]
Il confronto con Dionisio I
Platone nel documento autobiografico parla pochissimo del tiranno Dionisio I. Quei pochi tratti che espone, rivelano una figura essenzialmente ostile al suo pensiero.[N 18]
Il contesto storico che fa da cornice al loro incontro è quello del 388 a.C.: un anno particolarmente carico di eventi politici nella vita di Dionisio I; non solo Platone giunse alla sua corte, ma secondo antiche fonti romane, fu l'anno in cui i Galli Senoni, che pochi mesi prima avevano incendiato Roma, vennero a domandargli amicizia e alleanza, ottenendola.[66] È anche l'anno in cui arrivarono le pubbliche, feroci critiche di Lisia, che guardava alla tirannide di Dionisio I come a una «minaccia per la libertà dei popoli».[67] . Nella Grecia continentale si arrivò a temere un'invasione da parte delle forze militari di cui il tiranno grandemente disponeva, e si paventava un segreto accordo tra Dionisio e la Persia, nella figura di Artaserse II, per dividersi le future terre conquistate.[68][69]
La diffidenza e i timori causati dalla persona di Dionisio I, si ritrovano nelle antiche fonti; particolarmente critico appare l'approccio con il filosofo ateniese nei racconti di Plutarco e Diogene Laerzio.
Secondo lo storico di Cheronea, i due discussero pubblicamente di virtù, giustizia e coraggio: mentre Dionisio asseriva di essere felice, Platone rispondeva che non poteva esserlo, perché ingiusto, mentre la felicità apparteneva solo ai giusti. Inoltre Platone lo tacciò di codardia, affermando che i tiranni erano le persone meno coraggiose di tutte.[70] I presenti alla discussione mostravano apertamente la loro ammirazione a quelle parole ed allora a quel punto, irritato, il tiranno domandò a Platone cosa fosse venuto a fare in Sicilia, e questi gli rispose che era alla ricerca di un uomo virtuoso. Sprezzante, Dionisio gli disse che era evidente che non lo avesse ancora trovato.[71]
Laerzio nella sua versione sostiene che i due discussero di virtù e tirannide e che, annoiato dai suoi discorsi, il tiranno disse a Platone che le sue parole sapevano di «rimbambimento senile»[72], al che l'ateniese rispose:
«Ma le tue sanno di tirannide»
Epilogo del primo viaggio
Le fonti di Plutarco e Diogene concordano nel sentenziare un epilogo burrascoso per il primo viaggio del filosofo ateniese.
Secondo Plutarco, Dione e i suoi amici lo fecero imbarcare frettolosamente su una trireme per salvarlo dall'ira del tiranno, acutissima dopo lo scontro verbale,[73] mentre secondo Diogene, a intercedere per placare tale furia fu Aristomache, congiuntamente a Dione.[74]
Lo consegnarono al navarco lacedemone Pollide, presente in città per conto di Sparta nell'anno 388 a.C. - la sua venuta è vista come la volontà da parte degli spartani di impedire a Dionisio di riallacciare i rapporti con Atene, continuando l'intesa Sparta-Siracusa-Persia (la quale avrà comunque fine dopo la pace di Antalcida).[75]
Dionisio avrebbe chiesto a Pollide di uccidere Platone durante il viaggio che li riconduceva in Grecia, o se non volesse farlo, che almeno lo rendesse schiavo. Aggiunse Dionisio, che poiché Platone, stando alla sua filosofia, si definiva «uomo giusto» in ogni situazione, anche in schiavitù, sarebbe stato comunque felice.[73] Lo spartano condusse quindi Platone ad Egina che era in guerra contro Atene e le cui leggi prevedevano la condanna a morte per qualunque ateniese osasse mettere piede nell'isola.[74][73] Secondo le fonti di Diogene, qui Platone venne portato di fronte a un tribunale che, vedendolo indifferente davanti a qualsiasi sorte gli fosse toccata, non lo giudicò degno di morte e decise quindi di venderlo alla stregua di un prigioniero di guerra.[74]
A riscattarlo dalla schiavitù sarebbe stato l'amico filosofo Anniceride che Dione volle ripagare inviandogli la cifra spesa per la libertà di Platone. Il filosofo cirenaico con il denaro ricevuto da Dione comprò invece, per conto del filosofo ateniese, il giardino situato nell'Accademia.[76]
Sulla temporanea schiavitù di Platone si è molto discusso. La storica Marta Sordi crede nell'effettiva responsabilità del tiranno ai danni di Platone; essa afferma che si sarebbe trattato di una ripicca di Dionisio contro Atene, colpevole, tramite le orazioni del famoso Lisia, di averlo offeso pubblicamente. [77] Altri invece, pur ritenendo veritiera la disavventura di Platone a Egina, non credono alla presunta responsabilità di Dionisio nella vicenda. [78]
La tradizione aneddotica sarebbe nata prendendo spunto da accadimenti storici: come la conflittualità tra Egina e Atene, realmente verificatasi, durante la guerra di Corinto.[79] Gli Ateniesi avevano effettive difficoltà a spostarsi liberamente in quelle acque, per cui Platone poté ritrovarsi casualmente prigioniero del nemico durante il tragitto verso casa, ma senza la responsabilità di Dionisio e dell'ambasciatore lacedemone.[78]
Secondo viaggio
Di ritorno ad Atene, nel 387 a.C. fondò l'Accademia (così chiamata per essere sorta su di un bosco sacro all'eroe Academo) e la consacrò alle Muse e al dio Apollo. Platone divenne scolarca di molti discepoli, e la sua fama si accrebbe sempre più.
Nel 367 a.C., trascorsi vent'anni dal suo primo viaggio in Sicilia, Platone decise di recarvisi una seconda volta, spinto da un nuovo scenario politico che si era aperto nel governo di Siracusa: quell'anno infatti morì il tiranno Dionisio I, e suo figlio, Dionisio il Giovane, si apprestava a salire al trono.[82] Dione lo chiamò a sé, scrivendogli che era quello il momento giusto per cercare di attuare i loro propositi e che il giovane Dionisio si mostrava ben disposto all'erudizione platonica.[N 20]
«Se mai altra volta, certo ora potrà attuarsi la nostra speranza che filosofi e reggitori di grandi città siano le stesse persone»
Platone, ormai maturo nelle sue idee, partì con la ferma intenzione di attuare quel tanto sperato cambiamento politico che egli riteneva essenziale affinché si potesse mettere fine ai mali dell'umanità.[85] Lasciò la direzione dell'Accademia a Eudosso di Cnido,[86] l'anno in cui vi fece ingresso il giovane Aristotele.[85]
Diogene differentemente da Plutarco, dalla settima epistola e da Nepote[87], non menziona Dione tra i promotori del secondo viaggio. L'antico storico greco dice che Platone venne in Sicilia per chiedere a Dionisio II un po' di terra e di uomini disposti a vivere secondo il suo governo ideale. Dionisio avrebbe promesso di esaudire questa sua richiesta, ma alla fine non gli avrebbe dato quel che l'Ateniese desiderava.
«La seconda volta si recò presso Dionigi il Giovane chidendogli un po' di terra e alcuni uomini che vivessero secondo la sua costituzione. E Dionigi, benché avesse promesso, non mantenne fede.»
Il tiranno in un primo momento si mostrò abile ricettore delle dottrine di Platone, mutando rapidamente il volto al suo governo.[88]
Secondo le fonti di Plutarco, tra i due sarebbe nato un rapporto così profondo che portò il giovane Dionisio a essere follemente geloso dell'Ateniese e a desiderare che questi ammirasse solo lui[89][N 21] - nella settima epistola, col senno di poi, lo stesso Platone non sembra in grado di definire che tipo di sentimenti lo abbiano legato al giovane Dionisio.[N 22]
La riforma di Platone
Allarmati dal repentino cambiamento che Dionisio II mostrava a contatto con Platone e temendo che la tirannide fosse in procinto di cadere, i detrattori di Dione richiamarono dal suo esilio Filisto - braccio destro di Dionisio I, da questi esiliato nel 386 a.C. per motivi poco chiari.[92] Giunto a Siracusa, Filisto osservando la situazione si fece tale opinione:
«Gli Ateniesi [...], grazie a un solo sofista [Platone], volevano abbattare la tirannide di Dionisio, convincendolo a disfarsi delle sue diecimila guardie e ad abbandonare le quattrocento triremi, i diecimila cavalieri e una fanteria di molte volte maggiore, per andare a cercare nell'Accademia quel suo 'bene' misterioso e diventare felici in virtù della geometria.»
La riforma di Platone provocò un acceso dibattito tra le fazioni politiche che accerchiavano il tiranno. La smilitarizzazione e la radicale trasformazione era vista dai sostenitori della tirannide come un nuovo tentativo da parte di Atene di conquistare Siracusa: non essendovi riuscita con la spedizione del 415 a.C. adesso ci riprovava con l'eloquenza del suo migliore esponente.[95]
Tuttavia sono sorti parecchi dubbi sulla veridicità della notizia plutarchea, poiché la posizione di Platone non era del tutto pacifista: egli aborriva, sì, la guerra civile, ma riteneva necessario il difendersi contro nemici esterni come i Barbari; era quindi improbabile che premesse affinché il tiranno si privasse totalmente delle sue forze militari.[96]
Al quarto mese di permanenza del filosofo ateniese in Sicilia, Dione venne esiliato[97] - ambiguità e gelosia furono i principali motivi.[N 24] Platone rimase ugualmente a corte:[99]
Nella terza epistola del Corpus Platonicum si parla di una dura campagna denigratoria da parte di Filisto (Filistide nel testo) nei confronti di Platone davanti al popolo siracusano e ai mercenari, accusandolo di essere rimasto sull'acropoli al fianco di Dionisio per influenzarlo.[101]
Solamente il sopraggiungere di una guerra che impegnava direttamente Dionisio, offrì a Platone l'occasione di lasciare la Sicilia - si trattava di un conflitto con i Lucani, tra i confini della Magna Grecia o di una ripresa delle ostilità con Cartagine.[102] Il tiranno gli promise comunque che in tempo di pace avrebbe mandato a chiamare sia lui che Dione.[103]
Terzo viaggio
Premessa: l'esilio di Dione
Esiliato da Siracusa, ma potendo ancora disporre interamente del suo patrimonio, Dione venne accolto ad Atene nell'Accademia di Platone; qui divenne intimo amico di Speusippo, nipote di Platone,[N 25] e di Callippo - l'Accademico che in seguito Platone avrebbe rinnegato.[N 26] Godendo di ottima fama presso le città greche, Dione fu ben accolto, oltre che da Atene, anche da Corinto e da Sparta.[106]
L'appoggio che la Grecia dimostrò a Dione è stato definito ambiguo nei confronti di Dionisio II, tuttavia una chiave di lettura negativa non è la sola possibile. Bisogna infatti considerare che proprio la figura di Platone, in quegli anni legata sia al tiranno che al principe siracusano, fungeva da collante tra i due e mostrava agli occhi dei greci una situazione, ciononostante, recuperabile e ancora pacifica.[106]
I Lacedemoni conferirono la cittadinanza spartana a Dione nel 365 a.C.;[107] l'anno in cui Dionisio II aveva mandato i propri contingenti militari nelle acque di Tebe per soccorrere Sparta.[N 27] Tale gesto sconcerta gli studiosi che dibattono nel cercare di comprendere se la mossa di Sparta stesse a indicare la volontà di rottura con la tirannide dionisiana o semplicemente se in Grecia non si percepiva ancora la gravità della situazione tra Dione e Dionisio II.[106] Proprio Platone, durante il suo terzo e ultimo viaggio in Sicilia, assisterà impotente alla rottura definitiva dell'equibrio.[109]
Gli inviti
Negli anni che intercorsero tra il secondo e il terzo viaggio di Platone, Dionisio II riuscì a mantenere in maniera costante i contatti con il filosofo.[110] Nel frattempo il conflitto bellico scoppiato nel 366 a.C. si risolse a favore di Siracusa, per cui il tiranno valutò che i tempi erano nuovamente maturi per richiamare Platone presso la sua corte.[111]
Il primo invito venne rifiutato dall'Ateniese,[111] Dionisio allora si rivolse a Archita di Taranto, con la cui polis aveva stretto di recente ottimi rapporti,[N 28] e ai Pitagorici, chiedendo loro di persuadere il filosofo a tornare.[113]
Platone infine cedette, ma in lui avrebbe prevalso più che altro il desiderio di aiutare Dione,[114] poiché Dionisio gli scrisse una lettera in tali termini:
«Se mi darai ascolto e verrai in Sicilia, per prima cosa la situazione di Dione verrà regolata secondo i tuoi desideri - desideri che saranno senz'altro ragionevoli e ai quali io non farò opposizione; in caso contrario, nulla si farà di quanto tu desideri per i suoi affari e per lui.»
Platone lasciò la direzione dell'Accademia a Eraclide Pontico[116] e nel 361/360 a.C. tornò una terza volta nel mar di Sicilia, affrontando la «mortal Cariddi».[117] Il filosofo ateniese stavolta però portò con sé un nutrito gruppo di discepoli, tra cui si annoverano Speusippo e Senocrate.[N 29]
Il fallimento dello Stato ideale
In questo terzo viaggio, tra i due vi fu un solo discorso incentrato sulla filosofia e fu sconfortante per Platone comprendere che il tiranno non aveva intenzione di approfondire i suoi insegnamenti - poiché egli non era «acceso dall’ardore filosofico come da un fuoco» (Lettera VII, 341c-d) - ma desiderava solamente credersi superiore agli altri, appropriandosi di parole non sue.
Ciò dedusse Platone accusando Dionisio II di aver pubblicato un testo sui princìpi primi e supremi della phýsis servendosi delle parole udite dal filosofo ateniese durante uno dei loro incontri. La colpa del Siracusano fu quella di aver tradito il principio base della filosofia platonica: un máthema non può essere intrappolato nella stesura di un discorso, che rimane comunque relativo.[119]
Stando così le cose, Platone vedeva infrangersi inesorabilmente il sogno di veder sorgere a Siracusa uno Stato illuminato retto da un suo re-filosofo.
Sull'operato di Platone in Sicilia si sono interrogati in molti. Diverse sono le possibilità che potrebbero spiegare il fallimento del suo tentativo politico. L'inadeguatezza del modello platonico, inserito in un contesto temporale errato o la possibile debolezza, o incertezza, di Platone di fronte al potere tangibile, sono solo alcune delle ipotesi.
Ad ogni modo, mentre a corte si consumavano gli ultimi atti del rapporto filosofico tra Platone e Dionisio II, tra le vie della città, come informa Plutarco, gli Accademici avevano altri progetti; essi infatti sondavano il terreno per un'imminente spedizione militare di Dione contro il tiranno.[120]
Il piano dei discepoli di Platone prevedeva l'uso della forza e della violenza, per cui andava contro i principi morali del loro maestro e come è stato fatto osservare da alcuni studiosi è molto probabile che Platone fosse totalmente all'oscuro dei progetti del nipote Speusippo - principale sostenitore di un intervento bellico a favore degli anti-tirannici - altrimenti non avrebbe continuato a lavorare a una mediazione pacifica tra Dione e Dionisio II.[121]
I beni di Dione
Con uno stratagemma, esposto dettagliatamente nella settima epistola, Dionisio II riuscì a fare credere a Platone che a Dione sarebbero stati restituiti i suoi beni, ma in realtà il Siracusano non aveva alcuna intenzione di dare al temuto zio la possibilità di rendersi potente con un'ingente somma di denaro.[123] Alle proteste di Platone, tutto il patrimonio fu immediatamente venduto.[123]
Il filosofo evitò di ribattere. I due non parlarono mai più di Dione. Ciò provocò la prima insanabile frattura tra loro.[123]
«Io, cittadino ateniese, amico di Dione, suo alleato, mi recai dal tiranno per cambiare in amicizia un rapporto di ostilità; combattei contro i calunniatori, ma ne fui sconfitto. Tuttavia, per quanto Dionigi con onori e ricchezze cercasse di tirarmi dalla sua parte per usarmi come prova a favore della legittimità dell’esilio di Dione, in questo fallì miseramente.»
Agli occhi della Sicilia, Platone e Dionisio II si professavano amici, ma in realtà i due erano ormai giunti a un punto di rottura: Platone desiderava andarsene, Dionisio II era invece sempre più isolato.[124]
Gli studiosi ritengono che il Siracusano fosse a conoscenza dei movimenti cospiratori che avvenivano alle sue spalle nel nome di Dione e della filosofia platonica e che decise di rompere la mediazione con Platone solo quando si rese conto che nemmeno il maestro era in grado di controllare i suoi discepoli.[125]
Platone e la rivolta dei mercenari
«Dionigi manifestò l’intenzione di diminuire la paga ai mercenari con maggiore anzianità, contrariamente a quelle che erano state le abitudini di suo padre; i soldati, furiosi, si riunirono in assemblea e dichiararono il loro disaccordo. Dionigi tentò la soluzione di forza, facendo chiudere le porte dell’acropoli, ma quelli si fecero subito sotto le mura, intonando a gran voce il loro barbaro canto di guerra, al che Dionigi, terrorizzato, si affrettò a concedere ai peltasti riuniti tutto quello che chiedevano, e anche qualcosa in più.»
La settima epistola dà testimonianza di una sommossa di mercenari contro Dionisio II. Placata l'ira dei soldati, all'indomani si cercarono i fomentatori e fu accusato Eraclide. Capitò allora che Platone, mentre passeggiava nel giardino di Dionisio, assistette per caso a una conversazione tra il tiranno e Teodota, lo zio di Eraclide, venendo coinvolto nelle preghiere di quest'ultimo affinché il Siracusano risparmiasse la vita di suo nipote, concedendogli l'esilio nel Peloponneso. Dionisio avrebbe acconsentito.[128]
La sera seguente Teodota andò a cercare Platone dicendogli che Dionisio non aveva rispettato il patto e che i suoi peltasti stavano dando la caccia a Eraclide che si aggirava lì intorno. Insieme si recarono da Dionisio.[128]
Introdotti alla sua presenza, Platone prese la parola difendendo l'accordo stipulato in giardino. Teodota si gettò piangente ai piedi di Dionisio, allorché il filosofo parlò nuovamente provocando lo sdegno del tiranno:
«"Sta su, Teodota; Dionigi non ardirà fare nulla in violazione degli accordi di ieri", ed egli, allora, guardandomi davvero da tiranno, ribatté: "A te non ho fatto promesse, né piccole, né grandi"; ed io: "Per gli dèi, bada che tu hai promesso anche a me di non fare ciò di cui anche lui ti prega". Detto ciò, mi volsi indietro e uscii. Dionigi continuò a dar la caccia ad Eraclide, ma Teodota riuscì a fargli arrivare dei messaggi, per avvertirlo di fuggire.»
Quella fu la rottura definitiva tra Dionisio II e Platone. Il Siracusano allontanò Platone dall'Acropoli, facendolo dimorare nella casa di Archedemo, dove Platone ebbe un altro incontro con Teodota - che, va specificato, in passato fu confidente di Dione; - Dionisio lo venne a sapere e andò su tutte le furie, dicendogli che aveva fatto male a preferirgli Dione e i suoui amici; detto ciò il tiranno non lo ricevette più a palazzo.
Platone divenne agli occhi di Dionigi un nemico, al pari di Dione.
Epilogo finale
La partenza di Platone
Il filosofo ateniese adesso viveva tra i mercenari e questi spesso lo minacciavano di morte, poiché colpevole di volere indurre Dionisio II a congedarli.[129] L'Ateniese allora escogitò una via di fuga, scrivendo una lettera ad Archita e ai suoi amici di Taranto, informandoli delle pericolose condizioni in cui si trovava. Costoro inviarono in suo soccorso Lamisco, il quale pregò Dionisio di lasciare partire Platone; il Siracusano acconsentì e Platone fu libero di fare ritorno ad Atene.
Il filosofo ateniese lasciò definitivamente la Sicilia nel 360 a.C.[130] Durante il viaggio di ritorno verso casa, Platone si fermò a Olimpia dove incontrò Dione e lo informò di tutto quanto era avvenuto. Dione era ormai deciso a intraprendere un'azione militare contro il nipote e lo esortò a unirsi a lui; Platone rifiutò nettamente dicendogli che Dionisio II lo aveva in qualche modo rispettato, impedendo che gli venisse fatto del male quando fu calunniato. Inoltre, Platone disse di non avere più l'età per combattere.
«Sarò di certo con voi se, provando bisogno di reciproca amicizia, cercherete di fare qualcosa di buono; ma finché siete a desiderare il male, chiamate in aiuto qualcun altro.»
La guerra civile a Siracusa
Dall'isola di Zacinto, Dione salpò alla volta della Sicilia alla guida di un esercito di modesta entità, composto da mercenari, per detronizzare il nipote Dionisio II; lo accompagnavano diversi Accademici.
Come appare evidente dalla settima epistola, il discepolo di Platone non aveva il consenso o il favore del suo maestro in questa iniziativa bellica. La sua azione fece precipitare la polis di Siracusa in una guerra civile.[133]
Dione fece armare il popolo contro il tiranno; Dionisio II dal canto suo offrì un trattato di pace allo zio, che venne rifiutato. Continuarono gli scontri tra la fazione tirannica e quella accademica; la cattura di Filisto e le torture inflittegli, portarono Dionisio II a cercare rifugio a Locri (patria della madre), città di cui divenne tiranno.[133]
Il conflitto nella sua fase cruenta continuò pur senza la presenza del tiranno; infine Dione nel 354 a.C. prese il comando, con l'intenzione di formare un governo che richiamasse quello di Creta e di Sparta, ma non ne ebbe il tempo, poiché il suo compagno Callippo lo uccise.[134]
La notizia giunse a Platone, che da Atene osservava lo svolgersi degli eventi; in tale occasione scrisse un epigramma per il suo discepolo:
Μοῖραι ἐπέκλωσαν δὴ τότε γεινομέναις,
σοὶ δέ, Δίων, ῥέξαντι καλῶν ἐπινίκιον ἔργων
δαίμονες εὐρείας ἐλπίδας ἐξέχεαν.
κεῖσαι δ' εὐρυχόρῳ ἐν πατρίδι τίμιος ἀστοῖς,
ὦἐμὸν ἐκμήνας θυμὸν ἔρωτι Δίων.»
«Lacrime per Ecuba e per le donne troiane
filarono già le Moire, quando esse nacquero;
a te, invece, Dione, che per le tue belle opere
celebravi la vittoria, versarono le dèe ampie speranze.
Nella tua grande patria, dai concittadini onorato, giaci, O Dione,
tu che con follia d'amore mi hai stravolto l'animo.»
La congiura dell'Ateniese si rivelò fallimentare, poiché egli stesso sarà ucciso dai Dionei. L'instabilità socio-politica permase per lungo tempo a Siracusa; è questo il periodo a cui risale la stesura della VII e VIII lettera indirizzate ai familiari di Dione. I Dionei riunitisi intorno alla figura di Ipparino (figlio di Dionisio I e fratellastro di Dionisio II), scrivono a Platone chiedendogli consiglio su come agire. Il filosofo rispose loro di eleggere tre Re - nominando a modello la costituzione data da Licurgo a Sparta - riconosciuti nelle figure di Ipparino, il figlio di Dione (Ipparino III o Areteo) e lo stesso Dionisio II, il quale in quel momento si trovava ancora in Italia.[136] Ciò mostra come mutò nel corso degli anni il pensiero di Platone; nell'ultima lettera egli desidera che si attui quello che ha stilato nelle Leggi.[137]
Platone morì nel 347 a.C., non vide quindi tornare la pace a Siracusa. Lo stesso anno della sua morte Dionisio II prese nuovamente il potere della polis siciliana ma nel 343 a.C. fu assediato dalle forze provenienti da Cartagine e da Corinto che definitivamente lo detronizzarono esiliandolo in quella che fu la madrepatria dei Siracusani. Il potere venne stabilizzato dal generale corinzio Timoleonte; terminò così la tirannide dionisiana.[138]
Conseguenze
Il ruolo degli Accademici
È ormai accertato che l'Accademia prese parte alla spedizione militare di Dione contro Dionisio II.[139] Lo dimostra la salita al trono di Callippo, il quale a sua volta venne ucciso dal pitagorico Leptine.[140]
Il caso di Siracusa, che certamente fu il primo e più eclatante,[141] venne riproposto dai discepoli di Platone in più occasioni: Popper - che definisce l'Accademia platonica «allevatrice di tiranni» - conta nove discepoli e filo-accademici che usurparono i troni di differenti città.[142]
L'esempio più noto viene descritto da Ateneo di Naucrati, il quale afferma che Cherone di Pellene - discepolo di Platone e Senocrate - agì in maniera deplorevole nel tentativo di attuare lo Stato ideale narrato nella Repubblica e nelle Leggi.[143]
Timoleonte stesso è stato definito un filo-accademico o comunque ritenuto fortemente influenzato da Platone;[144] tale deduzione è resa possibile dal fatto che il Corinzio attuò le riforme auspicate nella settima epistola: cacciò dalla Sicilia i mercenari e intraprese la guerra contro Cartagine; in sostanza si prodigò in difesa della grecità contro i Barbari.[N 33]
Nonostante ciò non è possibile stabilire se gli Accademici e i filo-accademici agissero con alle spalle un grande disegno politico (magari emanato da Platone stesso) o se si trattò solo di iniziative singole e di casi sporadici.[146]
Possibili implicazioni con il mito di Atlantide
In quella che è considerata la IX tetralogia di Platone sono inseriti due dialoghi, il Timeo e il Crizia - ai quali sarebbe dovuto seguire l'Ermocrate (identificato con l'omonimo statista siracusano) - dove l'Ateniese parla di un'immensa isola scomparsa, Atlantide; inghiottita dalle acque in un solo giorno e in una sola notte. Ciò accadde, scrive Platone, 9000 anni prima del suo tempo.
Numerosi i punti di contatto con il mito di Atlantide e la Siracusa dei due Dionisii. Il fatto che Platone specifichi che gli atlantidei fossero governati da una società perfetta, totalmente dedita alle leggi che facevano di loro un popolo eletto, riporta inevitabilmente al parallelo con lo Stato ideale che Platone voleva si formasse a Siracusa.
Lasciandosi andare alle tentazioni dei mortali, gli atlantidei provocarono l'ira di Zeus che radunò gli dèi a consiglio per punire Atlantide e la sua società corrotta, ormai avida di conquiste e potere.
Anche in questo passo è possibile intravedere l'analogia con il pensiero di Platone e i suoi discordi nelle Lettere riferite ai suoi viaggi in Sicilia: egli ammonì più volte Dionisio II, esortandolo a disfare la tirannide, poiché essa era una causa dei mali che affliggevano l'umanità.[147]
A supportare tale identificazione, si aggiungono delle analogie con l'Atlantide platonica. Essa infatti rispecchiava molte caratteristiche, fisiche e morali, della Siracusa del IV secolo: era una potenza navale; aveva mire espansionistiche su più fronti del Mediterraneo ma, come Atlantide, estendeva il suo controllo fino al Tirreno; anche la sua conformazione geografica era estremamente somigliante a quella atlantidea: il vulcano alle spalle, la fertile piana che la circondava, le fonti d'acqua dolce al suo interno, il vasto porto e la divisione su più strati fortificati.[148]
Ciò lascia supporre che i viaggi di Platone in Sicilia abbiano realmente potuto ispirare - in una maniera abbastanza incisiva - il mito di Atlantide.[148]
Note
- Note esplicative
- ^ Così Tucidide, La guerra del Peloponneso, VIII, 1: (greco antico)«ἐς δὲ τὰς Ἀθήνας ἐπειδὴ ἠγγέλθη, ἐπὶ πολὺ μὲν ἠπίστουν καὶ τοῖς πάνυ τῶν στρατιωτῶν ἐξ αὐτοῦ τοῦ ἔργου διαπεφευγόσι καὶ σαφῶς ἀγγέλλουσι, μὴ οὕτω γε ἄγαν πανσυδὶ διεφθάρθαι»(italiano)
«Allorché Atene fu colta dalla notizia [della sconfitta], la città stette per lungo tempo incredula, perfino contro i lucidi rapporti di alcuni reduci, uomini di garantito stampo militare che rimpatriavano fuggiaschi dal teatro stesso delle operazioni: l'annientamento dell'armata non poteva davvero esser stato così totale.» - ^ La sconfitta di Atene diede soprattutto risalto al nuovo ruolo e potere di Siracusa: «[...] se Atene aveva condotto una politica aggressiva nei confronti dell'occidente, Siracusa sola era stata in grado di arrestarne l'avanzata. Siracusa erede e superatrice della stessa Atene [...]» (Cit. Alessandra Coppola Archaiologhía e propaganda: i Greci, Roma e l'Italia, 1995, p. 99).[4]
- ^ La tradizione familiare di Platone è ricca di nobili origini: per parte di padre discendeva da Codro, l'ultimo dei grandi re tribali di Atene, mentre per parte di madre discendeva da quel Solone legislatore di Atene. Inoltre i suoi due zii, Crizia e Carmide, furono i due uomini più in vista nel governo dei Trenta Tiranni. Con una simile tradizione alle spalle era quindi logico, secondo Karl Popper, aspettarsi da Platone un vivo interesse per le faccende politiche (come lui stesso ammette nella settima lettera) e così effettivamente fu.[6]
- ^ Un governo, quello di Dionisio I, che destava grande interesse e al contempo suscitava non poche critiche: la massiccia militarizzazione e il possesso di nuove terre furono oggetto di numerosi dibattiti; sotto la sua autorità nacquero i concetti, ancora nella loro forma embrionale, di Stato territoriale e di Ellenismo.[10]
- ^ Platone dice che un tempo gli esseri umani erano protetti dal Dio o erano divini essi stessi, adesso dovevano ritornare a quell'origine (come divini per natura erano i re di Atlantide e gli autoctoni antichi abitatori di Atene).[11]
- ^ Il rapporto di Platone con la donna è stato definito da un lato rivoluzionario, poiché egli voleva dare alle donne la stessa educazione dei maschi e le stesse mansioni all'interno della Repubblica, ma dall'altro non si discosta dal pensiero del mondo antico che vede la donna come un essere incompleto: se l'uomo non seguiva le giuste regole, sarebbe rinato donna (Platone, Timeo, 90 e). Ancora più oscuro fu il pensiero del suo allievo Aristotele - il quale non condivideva la concezione platonica dello Stato ideale -, egli sosteneva che la donna non fosse in grado di generare; il suo unico scopo era quello di ospitare nel suo grembo il figlio dell'uomo.[16]
- ^ «Difendendo Platone dalla mia accusa di essere un razzista, il professor Levinson [R. B. Levinson, In Defense of Plato, Harvard University Press, Cambridge 1953] cerca di confrontarlo favorevolmente con alcuni ben “noti” razzisti totalitari moderni i cui nomi ho cercato di tener fuori dal mio libro. (E continuerò a tenerli fuori). Egli dice di costoro... che il loro programma di riproduzione “era essenzialmente diretto a preservare la purezza della razza dominatrice, un fine che, come ci siamo sforzati di dimostrare, Platone non condivideva”. Non lo condivideva proprio? ... “Dev'essere puro il genere dei guardiani”, dice Platone ... O i custodi non sono forse i dominatori dell'ottima città di Platone?»[18]
- ^ L'esercito siracusano sotto l'epoca di Dionisio era in gran parte composto da forze mercenarie provenienti principalmente dall'Iberia, dalla Gallia, dall'Italia (Etruschi, Liguri, Campani), dall'Africa. Questa politica si sostiene abbia legato i Dionisi alle leggende autoctone di diverse terre: Iperborei, Diomede, Siculo.[21]
- ^ Il Capparelli ad esempio crede plausibile che: «Anche l'attività politica che Platone tentò con tanta ostinazione in Sicilia col risultato che sappiamo, forse che non gli venne dal vedere quello che i pitagorici con immenso, se pure non duraturo successo, avevano compiuto in Magna Grecia?»[24]
- ^ Diogene Laerzio (III, 61-62) scrive che Aristofane di Bisanzio alla fine del III secolo a.C. inseriva le Lettere nella sua edizione delle opere platoniche. Esse facevano parte anche della nona tetralogia nell’edizione di Trasillo di Mende (I secolo). Diogene indica inoltre i nomi dei destinatari delle tredici lettere (che corrispondono a quelli che abbiamo oggi) ma non è possibile determinare se il contenuto delle due collezioni fosse identico. Muccioli, p. 53, ipotizza che per un dato periodo (gli anni subito seguenti alla caduta della tirannide) le lettere fossero tenute segrete dall'Accademia.
- ^ Il falsario, ignorando il resto delle antiche fonti, pone maggiore accento su Cerere e non sui crateri. Nei suoi testi sono inoltre presenti fatti storici mai accaduti, come la Katane neutrale che rifiuta il supporto logistico agli Ateniesi durante la loro venuta in Sicilia; Dione che cerca rifugio a Katane e diviene arconte della polis.[39]
- ^ Le lettere catanesi appaiono piuttosto come un tentativo di esaltazione per la città etnea, pensata in epoca moderna, servendosi principalmente del testo di Tommaso Fazello.[40]
- ^ Se mai è avvenuta, essa non ha lasciato tracce geologiche né accurati resoconti storici come invece accadde per quella del 396 a.C. Altre fonti inoltre, le quali risultano isolate, asseriscono che vi fu un'altra eruzione - la sesta, dicono - sotto Dionisio il Giovane e che questi avrebbe invitato Platone a verificare lo stato in cui versava la montagna (cit. in Itinéraire déscriptif historique et artistique de la Sicile. [With plates.] Fr. & Ital, 1857, p. 67; Ilaria Di Pietra, Catania: viaggi e viaggiatori nella città del vulcano, itinerari tra il XVI e il XIX secolo, 2007, p. 95).
- ^ Paul Natorp, Dottrina platonica, 1999, p. 169: «Tutto ciò ci consente di supporre che nello scritto vada riconosciuto il riflesso immediato del viaggio di Platone in Italia e in Sicilia.»
- ^ Gli storici antichi e moderni hanno fornito le loro versioni: secondo Diogene Laerzio l'ateniese fu persino costretto dal tiranno a venire a corte. DL III, 18.
- ^ Pur senza citare Olimpiodoro, così anche Ettore Pais in Storia dell'Italia antica, p. 186. (cit. presente in Muccioli, p. 150) «Platone si lusingò di diventare il riformatore dello Stato più potente della Grecia e consigliò a Dionisio la trasformazione della tirannia in signoria legittima [...]»
- ^ Diogene Laerzio nel libro III lo cita diverse volte insieme ad altri due amori di Platone: Astero (o Astro) e Fedro. Per Kurt Hildebrandt, Dione fu la figura più importante, insieme a Socrate, nella vita di Platone. Egli scrisse che la vicinanza con il giovane siracusano fu per Platone «la forza a cui attingere per operare sulla terra e la sicurezza della sua potenza» (Platon, der Kampf des Geistes um die Macht, trad. in Stefan George e l'antichità, Giancarlo Lacchin, 2006, p. 220).[64]
- ^ Nella Lettera VII è presente un discorso nel quale Platone dice ciò che pensa del governo di Dionisio I:«Dopo aver conquistato molte e grandi città della Sicilia messe a sacco dai barbari, non fu in grado, dopo averle colonizzate, di insediare in ciascuna di esse governi fidati di suoi compagni, né di altri [...] e risultò sette volte più inefficace di Dario, il quale, facendo affidamento non su fratelli o creature sue, ma solo su persone che avevano partecipato alla sottomissione del Medo eunuco, fece una divisione in sette parti, ciascuna più grande della Sicilia [...] con le leggi che promulgò, infatti, ha fatto sì che l'impero persiano si conservasse fino ad oggi. E inoltre anche gli Ateniesi colonizzarono essi stessi molte città greche che avevano subito l'invasione dei barbari, ma le conquistarono già abitate, e tuttavia mantennero l'impero per settant'anni, per essersi assicurati degli amici in ciascuna delle città. Dionisio invece, che aveva riunito in un solo stato tutta quanta la Sicilia, non fidandosi nella sua saggezza di nessuno, a stento riuscì a salvare se stesso.»
- ^ In verità è molto difficile stabilire se il culto apollineo di Dionisio II fosse legato a Platone, poiché la sua patria, Siracusa, ha da sempre avuto un fortissimo legame con il dio sole: va menzionato, ad esempio, il legame con l'Apollo della Tenea Corinzia o il nome di Ortigia, la cui etimologia lega tutte le isole sacre ai gemelli degli astri: Artemide e Apollo. Oltre ciò vi si potrebbe celare il desiderio di Dionisio II di avvicinarsi al culto dei Pitagorici, dediti ad Apollo, poiché conquistata la città magno-greca di Reggio Calabria il Siracusano la rifondò con il nome di Febea, la Luminosa in onore di Febo Apollo. Non si può però escludere il tentativo di accostarsi maggiormente alla filosofia di Platone, notoriamente connesso al dio Apollo.[81]
- ^ Lo stesso Platone riconobbe in Dionisio II una predisposizione all'erudizione (Lettera VII 328a, 338d-e, 339c). Inoltre anche dalla Suda risultano composizioni letterarie del giovane tiranno. In particolare, si è a conoscenza di un suo scritto intitolato Sui poemi di Epicarmo. Tali testimonianze sono importanti per guardare con occhio più critico alla tradizione plutarchea e filo-platonica che tende a dipingere Dionisio II come un giovane selvaggio da educare secondo le maniere platoniche. Tale tradizione potrebbe invece essere nata per giustificare il fallimento delle idee platoniche alla corte di Siracusa.[83]
- ^ Nella narrazione plutarchea il desiderio in Dionisio II di apprendere le dottrine platoniche viene presentato come pura possessività tirannica; egli è volubile e traditore (cfr. Colonnese, pp. 29, 30). Secondo alcuni studi moderni però bisognerebbe anche considerare l'indottrinamento al quale venne sottoposto Dionisio II: il filosofo ateniese, come afferma nella settima lettera (341c-d), doveva vivere per lungo tempo a stretto contatto con il disceopolo, affinché la predicazione sortisse gli effetti desiderati. Ciò potrebbe spiegare la possessività del Siracusano. Ma Platone dice comunque che Dionisio non si fece suo discepolo, perché si mostrava restio a seguire le sue abitudini e continua asserendo che non lo fece per paura di perdere la propria autonomia d'azione.[90]
- ^ Riferisce Platone nella settima epistola: «Mi amava sì, sempre di più con il passar del tempo» (Lettera VII 330a). L'Ateniese appare in imbarazzo nel doversi confrontare con i suoi buoni propositi teorici e il vederli cedere davanti al potere in carne e ossa: «lo vediamo indotto a scendere a patti con il tiranno, che pretende di "usarlo" lungi dall'esserne a sua volta "usato". È qui il vero fallimento di Platone».[91]
- ^ Ciò che il filosofo temeva era la massiccia presenza di mercenari Oschi in Sicilia (Lettera VII 353e.). La Siracusa dionisiana, la cui politica filo-barbarica è nota alla critica moderna, in un primo tempo vi si alleò per poter controllare meglio i popoli della Magna Grecia. Poi iniziò a contrastarli facendosi protettrice della grecità italiota.[94]
- ^ Una presunta lettera del figlio di Ipparino alle forze di Cartagine avrebbe svelato un'intesa segreta dei Dionei ai danni di Dionisio II (Plutarco, Dion, 14). Inoltre vi sarebbe stato il fattore gelosia, poiché il tiranno desiderava prendere il posto di Dione nelle simpatie di Platone (Lettera VII, 330a). Tuttavia vi sarebbe dell'altro, volontariamente taciuto da Platone nella sua settima epistola.[98]
- ^ Plutarco, Dion, 17, 2-4 (= F 14 Isnardi Parente, Speusippo = T 29 Taran). Sarebbe stato lo stesso Platone a far avvicinare Speusippo a Dione, affinché addolcisse con il suo buon umore il carattere del Siracusano (Plutarco, Dion, 17, 3-4).[104]
- ^ Callippo, personaggio ambiguo nelle antiche fonti, è elencato tra i discepoli di Platone in Diogene Laerzio (III, 46) ma Platone, nella settima epistola, ne prende chiaramente le distanze (Ep. VII 333d-334c. 336e-d) (cf. 351d-e; Ep. VIII, 352c). Plutarco lo definisce «compagno di misteri e di eteria» (Dion, 17, 2; 54, 1-2; 56, 6).[105]
- ^ Sparta aveva un forte legame con Dionisio II: Isocrate lo menziona tra i principi stranieri alleati di Archidamo, ed egli dice che il lacedemone era pronto a evacuare Sparta inviando donne e bambini in Sicilia sotto la protezione di Dionisio II. E lo stesso Siracusano non mancò ai suoi rapporti di alleanza inviando truppe a Tebe. Non si spiegherebbe quindi un repentino voltafaccia degli Spartani nei suoi confronti.[108]
- ^ Nella settima epistola Platone afferma che fu per merito suo se Dionisio II riuscì a instaurare ottimi rapporti con Archita di Taranto. Tuttavia resta il dubbio se tali rapporti siano poi sfociati in una vera e propria symmacchia tra Siracusa e Taranto (a favore si è pronunciato, se pur con cautela, Stroheker. Comunque si può certamente parlare di un rapporto saldo e duraturo.[112]
- ^ Probabili motivi di sicurezza lo spinsero a essere circondato dai suoi più fedeli Accademici, anche se questi, come informa Plutarco, si dimostrarono più interessati all'ormai palpabile clima anti-tirannico che permeava Siracusa, piuttosto che a limitare la loro presenza a corte, al fianco di Platone.[118]
- ^ Arist., Pol., V, 1312b, 9-11, 16-17. Aristotele sostiene che le nobili stirpi possono degenerare fino alla follia, come nel caso di Dionisio II.[122]
- ^ La costellazione dei Pesci - già legata alla dea Atargatis - che qui sarebbe rappresentata dai due delfini, anticamente simboleggia una "rinascita" e la coniazione siracusana avrebbe così legittimato il nuovo potere, una nuova età dell'oro grazie ai Dionisi. L'astro invece richiamerebbe il culto della dea madre, in questo caso Syra (con Sosia = Salvatrice), assimilata a una stella (Sothis, Iside, Atargatis, Astarte, sono tutte dee legate alle stelle) e nel suo insieme la moneta vorrebbe quindi significare una nuova rinascita sotto l'auspicio della dea protettrice Syra. Interessante appare la riconiazione della moneta dionigiana con la personificazione di Sikelia e una stella a sedici raggi da parte dei mercenari campani di Tauromenio.[126]
- ^ Lo stratagemma economico di Dionisio fu una rivoluzione monetaria che in seguito sarà adottata anche da altri Stati: come quello di Tolomeo II Filadelfo o come quello di Augusto, il quale coniò monete in oricalco, pari al bronzo, ma con maggiore lucentezza e quindi maggiore valore nominale.[127]
- ^ Ma è stata proposta anche la visione inversa: ovvero fu l'Accademia ad affiancarsi alle riforme di Timoleonte, scrivendo la Lettera VII tempo dopo che questi eventi accaddero e attribuendola a Platone.[145]
- Fonti
- ^ Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 358.
- ^ Così emerge dalle antiche fonti ed è sostenuto da numerosi studiosi. Vd. bibliografia.
- ^ F. Wehrli, Die Schule des Aristoteles, vol. 2, "Aristoxenos", Basel/Stuttgart 1967, fr. 11. Cit. in Platone, Reale, Cicero, p. 74.
- ^ Per l'importanza dell'evento e l'influenza che esso ebbe nel prosieguo della storia mediterranea vd. es. Lorenzo Braccesi, Hesperia 7: Studi Sulla grecità Di Occidente, 1996; André Piganiol, Le conquiste dei romani. Fondazione e ascesa di una grande civiltà, 2010, pp. 96-97.
- ^ La politica di Ermocrate nel pensiero di Platone in Quarte giornate internazionali di studi sull'area Elima: Erice, 1-4 dicembre 2000 : atti, vol. 1, p. 110.
- ^ Cfr. Karl Popper, ed. 2014, sez. 9.
- ^ Luciano Zamperini, p. 10.
- ^ L. Zamperini, Platone, 2003, p. 10; G. Polizzi in Manuale di base di storia della filosofia: Platone, 2009, p. 5; M. Zani, Platone: Non mettere in movimento l'anima senza il corpo, né il corpo senza l'anima...., 2015, p. 11.
- ^ Marta Sordi, Amnistia, perdono e vendetta nel mondo antico, vol. 23, 1997, p. 172.
- ^ Marta Sordi, I due Dionigi, i Celti e gli Illiri, 2002, p. 585; Lorenzo Braccesi, L'Alessandro occidentale: il Macedone e Roma, 2006, p. 57.
- ^ Cit. e cfr. Francesco Adorno, n. 47, R. Mugnier, Le sens du mot Theios chez Platon, Parigi 1930.
- ^ Francesco Adorno, n. 3, n. 50, H. Oldenberg, De Platonis arte dialectica Gottinga 1873, Cornford, Plato's Theory of Knowledge Londra 1935.
- ^ Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 16.
- ^ Plato, Leggi, 739a-e. Cfr. fonte moderna: {Francesco Adorno, n. 3, H. Oldenberg, De Platonis arte dialectica, Gottinga 1873.
- ^ Trad. con nota in Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 16.
- ^ Cfr. Angela Giallongo, L'immagine della donna nella cultura greca, 1981, pp. 121-156, 67, 105, 142; Duby, Perrot, Berriot-Salvadore, 1991, Storia delle donne in Occidente, 347, 352-258, 362.
- ^ Cit. Platone in Adorno, H. Oldenberg, De Platonis arte dialectica, Gottinga 1873.
- ^ Karl Popper, La società aperta e i suoi nemici, ed. originale 1945, ed. 2014, sez. 25;
- ^ Francis Macdonald Cornford, The Republic of Plato, 1941, p. 165; Karl Popper, ed. 2014, n. 49.
- ^ Su Platone e i Barbari vd. Enrico Berti, Filosofia pratica, 2008, p. 256; Gilda Manganaro Favaretto, La guerra: una riflessione interdisciplinare, 2003, p. 113.
- ^ Sull'argomento vd. A. Coppola, Bonacasa, Braccesi, De Miro, pp. 373 e 384; A. Mastrocinque (che oltre a filobarbarica usa il termine antiellena in riferimento alla politica dionisiana), Da Cnido a Corcira Melaina: uno studio sulle fondazioni greche in Adriatico, 1988, p. 45; Klearchos, Volumi 5-6, 1963, p. 98; Kōkalos, 1995, p. 574.
- ^ Cfr. Giorgio Pasquali, Le lettere di Platone, 1967, p. 227; Lami, p. 45; Rivista di storia della filosofia, 2006, vol. 61, ed. 1-3, p. 261.
- ^ a b Domenico Musti, Storia greca, 1989, p. 576, cit. in Bonacasa, Braccesi, De Miro, pp. 139-140.
- ^ Cit. Vincenzo Capparelli, Il messaggio di Pitagora, vol. 1, 1990, p. 310. Sull'argomento vd. anche Paolo Cosenza, pp. 34-35; Cornelia J. de Vogel, Ripensando Platone e il platonismo, 1990, 110-111; Christiane L. Joost-Gaugier, Pitagora e il suo influsso sul pensiero e sull'arte, 2008, p. 118.
- ^ a b Cit. Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 12.
- ^ Lettera VII, 326b.
- ^ Lettera VII, 326d-e.
- ^ cit. in Francesco Adorno, n. 47
- ^ Thomas Alan Sinclair (1961), p. 243.
- ^ Paolo Cosenza, 1977, L'incommensurabile nell'evoluzione filosofica di Platone, p. 245.
- ^ Archita pur essendo probabilmente già all'epoca un personaggio di primo piano a Taranto, non aveva ancora la leadership della polis. Cit. Muccioli, p. 149, Capitolo III: Platone a Siracusa: la tradizione sui rapporti tra Platone e Dionisio I.
- ^ Cfr. Christiane L. Joost-Gaugier 2008, Pitagora e il suo influsso sul pensiero e sull'arte, p. 116.
- ^ Per un approfondimento incentrato sulle lettere platoniche vd. Giorgio Pasquali, Le lettere di Platone, 1967; Margherita Isnardi Parente, Lettere 2002, e Filosofia e politica nelle lettere di Platone, 1970; Luc Brisson, Platon. Lettres, 1987, L. J. Sanders, The Legend of Dion, 2008, pp. 2-6.
- ^ Storia dei filosofi [.] Platone e l’Accademia (PHerc. 1021 e 164), a cura di Tiziano Dorandi, 1991, pp. 186-187.
- ^ Finley, Storia della Sicilia antica, pp. 109, 264; Aspects of Antiquity. Discoveries and Controversies, London, 1968, pp. 75-80. Vd. anche Cfr. Auteri, pp. 75-77 (dove si analizza, e in parte si condivide, la posizione di Finley). Tuttavia la sua posizione estremamente scettica non ha trovato grandi riscontri. Vd. Muccioli, p. 147 (il quale riconosce alcuni tratti romanzeschi affiancati ad alcuni autenticamente drammatici all'interno dei documenti); Athenaeum, vol. 90, 2002, p. 262.
- ^ Cfr. Auteri, p. 77.
- ^ Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 11, Platone e i tiranni.
- ^ Cfr. fonti di Muccioli, p. 149, n. 389. Plato, 326be - passo generico.
- ^ Per un maggiore approfondimento vd. Le epistole di Diodoro Siciliano: un apocrifo tra mondo antico ed età moderna : studi, Daniela Pietrasanta, 2005.
- ^ Cfr. Pietrasanta, Le epistole di Diodoro Siciliano: un apocrifo tra mondo antico ed età moderna : studi, 2005, p. 64.
- ^ Trad. italiana a cura di Giovanni Reale, 2005, p. 323.
- ^ Ateneo, Deipnosophistai. l. 12. c. 22 V. cit. in Ateneo, i Deipnosofisti. I dotti a banchetto, trad. commentata su progetto di Luciano Canfora, introduzione di Jacob Jacob, voll. I–IV, 2001.
- ^ Apuleio, Platone e la sua dottrina, trad. in Emanuele Vimercati, Medioplatonici. Opere, Frammenti, Testimonianze, 2015.
- ^ L’attività eruttiva dell’Etna degli ultimi 2700 anni - The Etna eruptive activity in the last 2700 year (PDF), su www.isprambiente.gov.it. URL consultato il 24 APRILE 2016..
- ^ Diodoro Siculo afferma che i Siracusani persero nello scontro 100 navi e 20.000 uomini (XIV, 59).
- ^ Cfr. Atti del' Accademia Gioenia , p. 61; Nuova enciclopedia popolare ovvero Dizionario generale di scienze ..., vol. 4, 1844, p. 1104.
- ^ Cfr. Genova, Museo civico di storia naturale, Giacomo Doria, Annali, 1878, p. 75; Enrico Mauceri, Sebastiano Agati, Il "Cicerone" per la Sicilia, 1907, p. 280; Sicilia, 2001, p. 82.
- ^ Cfr. Dialoghi filosofici a cura di Giuseppe Cambiano, 2013, n. 87; Biagio Pace, Arte e civiltà della Sicilia antica, 1945, p. 107; Pitagorici: Ippocrate di Chio, Filolao, Archita e Pitagorici minori, 1962, pp. 344-345, n. 22.
- ^ Trad. italiana in Fedone - Ousia.it (PDF).
- ^ Muccioli, p. 149
- ^ Olymp., Commentary on the First Alcibiades of Plato, 2, 97-99 ed. Westerink. Citato in Muccioli, p. 149, n. 390. Trad. inglese di Michael Griffin, Olympiodorus, Life of Plato and On Plato First Alcibiades, 1-9, 2015: «And in Syracuse he visited Dionysius the Great, who was the tyrant of that city, and he attempted to transform his tyranny into an aristocracy».
- ^ Per approfondire vd. Muccioli, p. 150, n. 392 (Anello, Note sui rapporti).
- ^ così L. J. Sanders: Dionysius' interest in establishing a "philosophical rule". p. 219 in "Plato's First Visit to Sicily", Kokalos, 25 (1979). pp. 207- 219.
- ^ Muccioli, p. 151.
- ^ Per tale concetto vd. inoltre Muccioli, p. 151, Platone a Siracusa: la tradizione sui rapporti tra Platone e Dionisio I.
- ^ Cfr. Muccioli, p. 149.
- ^ Lettera VII, 327 A. Cfr. Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 14.
- ^ Annoverato tra i discepoli platonici: Diogene Laerzio, III, 46.
- ^ Platone gli riconobbe un impegno e un'intelligenza mai riscontrata in nessun altro dei giovani da lui conosciuti.
- ^ a b Lettera VII, 327 B e C. Cfr. Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 14.
- ^ Lettera VII, 326 BC.
- ^ Cfr. Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 14.
- ^ Cfr. Giovanni Reale, Eros, dèmone mediatore, e il gioco delle maschere nel Simposio di Platone, 1997, p. 238; Enrico Turolla, Platone: I dialoghi, l'Apologia e le epistole, vol. 3, 1953, p. 750. Non concordano con tale definizione altre fonti che invece sospettano che il legame che univa Platone ai suoi discepoli fosse anche fisico. Cfr. Paolo Cosenza, p. 255; La filosofia politica di Platone, pp. 62-63.
- ^ Cfr con altre fonti moderne: Alpha Omega: Rivista Di Filosofia E Teologia Dell'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum, vol. 1, 1-3, 1998, p. 500; Paolo Cosenza, p. 255.
- ^ Cfr. Theodor Gomperz, Pensatori Greci. Vol. III. Platone, (1897). trad. it. Firenze, La Nuova Italia, 1944, pp. 449-460; G. Calogero, Il simposio di Platone, 1946, p. 8; Pubblicazioni dell'Istituto di filosofia dell'Università di Genova, 1965, p. 197; Léon Robin, La teoría platonica dell'amore (1908), tr. it. Milano, CELUC 1973, p. 78.
- ^ Così Marco Giuniano Giustino, Historiarum Philippicarum T. Pompeii Trogi, XX, 5. Per approfondire vd. Alleanze tra i Galli e Siracusa.
- ^ Lisia in Hesperia 5 a cura di Lorenzo Braccesi, 1995, p. 159.
- ^ Ephor. ap. schol. ad Aristeid. p. 294, 13, Felix Jacoby (a cura di) Die Fragmente der griechischen Historiker (= FGrHist) 70 F 211; Diod. Sic. XV, 23 in Hesperia 5, Braccesi, p. 159, n. 63. Sulla possibilità che si trattasse del secondo Dionisio e non del primo vd. Muccioli, p. 234.
- ^ Per un'analisi approfondita del contesto del 388-386 a.C. e della connessione tra i vari eventi e le decisioni di Dionisio I su Platone, vd. Sanders, 1987, 18-9; Sordi, Dionigi I e Platone, 1980, pp. 2013-2022.
- ^ Plutarco, Dion, 5, 1. Diodoro Siculo invece si mantiene più sul vago: XV, 7, 1. Cfr. in Muccioli, pp. 151-152.
- ^ Cfr. Martin Dreher, Barbara Scardigli (a cura di), Plutarco, Dione, 2000, p. 165; Michel Foucault, Il governo di sé e degli altri. Corso al Collège de France (1982-1983).
- ^ Dionisio I in Diogene Laerzio, III, 18 « Οἱ λόγοι σου, » φησί, « γεροντιῶσι, »
- ^ a b c Plutarco, Dion, 5, 3-7.
- ^ a b c Diogene Laerzio, III, 19.
- ^ Colonnese, p. 53.
- ^ Diogene Laerzio, III, 20. Cfr. Platone, Reale, Cicero, p. 78.
- ^ Marta Sordi, Dionigi I e Platone, Miscellanea di studi classici in onore di Eugenio Manni, VI, Roma, 1980, pp. 2013-2022 (=Sordi, La dynasteia, pp. 83-91; cf. pp, 165-166).
- ^ a b Muccioli, pp. 152-154; cfr. Colonnese, pp. 53-54, n. 171.
- ^ Vd. resoconti in Plutarco, Dion, 5, 5; Diogene Laerzio, III, 19. Per un'analisi moderna dei rapporti tra Egina e Atene vd. M. Amit, Great and Small Poleis. A Study in the Relations between the Great Powers and the Small Cities in Ancient Greece, Bruxelles, 1973, pp. 54-59.
- ^ Brian Proffitt, Giovanni Stelli, 6.La fondazione dell'Accademia in Platone alla portata di tutti. Un primo passo per comprendere Platone, 2006, p. 15.
- ^ Cfr le varie ipotesi in Muccioli, pp. 471-481; sul legame tra Platone e Apollo vd. Ippia Maggiore. Sul Bello: Dialoghi socratici, 2015, pp. 118-119.
- ^ Non è concorde con il 367 a.C. Muccioli, il quale ritiene che il filosofo ateniese venisse invitato alla corte dionisiana dopo almeno un anno di governo di Dionisio II e che vi giungesse nel 366 a.C. Muccioli, pp. 159-160.
- ^ Cfr. Muccioli, p. 159. Sul clima filosofico nella corte dionisiana vd. cap. e fonti in voce correlata: Alcimo e la corte dionisiana.
- ^ Trad. italiana in Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 11.
- ^ a b Lettera VII 326a, 326b.
- ^ Cfr. R. Radice, Platone, 2014; E. Berti, La filosofia del "primo" Aristotele, 1997, p. 68; T. Tuppini, Epicuro, 2014, filosofia-cronologia, anno 367-365 a.C.
- ^ Lo storico latino Cornelio Nepote, nella sua Vita di Dione, asserisce che Platone tornò in Sicilia in seguito alle pressanti richieste di Dione. Nep., Dion, 3, 1.
- ^ Così afferma Plutarco: Dion 13, 1-4. La critica moderna è invece più propensa a credere che il cambiamento non fosse dovuto agli insegnamenti di Platone ma all'articolata situazione che vedeva contrapposte le fazioni di Dione e di Filisto. Cfr. Colonnese, pp. 27-28; Muccioli, pp. 199-200.
- ^ Plutarco, Dion, 16.
- ^ Lettera VII, 330a-c. Cfr. con studi moderni: La filosofia politica di Platone, pp. 62-64.
- ^ Cit. Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 15 Platone e i tiranni.
- ^ Plutarco, Dion, 11.
- ^ Trad. italiana in La filosofia politica di Platone, p. 64.
- ^ Cfr. Il federalismo nel mondo antico, 2005.
- ^ Plutarco, Dion, 14. Cfr. Sordi, La Sicilia, pp. 9-10: Il IV secolo, p. 229; Muccioli, p. 201.
- ^ Cfr. Muccioli, pp. 200-202, n. 543.
- ^ Lettera VII 329c.
- ^ Cfr. analisi moderna in Muccioli, pp. 203-206.
- ^ Riferisce Platone nella lettera posterior al viaggio che venne trasferito sull'Acropoli, dove per qualsiasi imbarco occorreva il permesso di Dionigi. (Lettera VII, 329d-e).
- ^ Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 15.
- ^ [Plato], Lettera III, 315e (=FGrHist 556 T 6b). In verità nella settima epistola Platone riferisce di calunnie generali nei suoi confronti presso Dionisio II per indurlo a non seguire la sua filosofia, ma parla di forti dissidi con i mercenari solo nel terzo viaggio. Lettera VII 330a-b. Muccioli, pp. 207-208.
- ^ Muccioli, p. 209.
- ^ Lettera VII 338a.
- ^ Cfr. Muccioli, p. 225.
- ^ Cfr. con fonte moderna Muccioli, pp. 224-225.
- ^ a b c Cfr. Muccioli, pp. 222-228, cap. IV: Dione in Grecia e il rapporto di Dionisio II con le città greche; Marta Zorat, Dionisio II, Dione e Sparta in Hesperia 4 a cura di Lorenzo Braccesi, pp. 165-177.
- ^ Plutarco, Dion', 17, 8.
- ^ Isocrate, VI, 63. Cfr. Muccioli, p. 222
- ^ Muccioli, p. 269, cap. V: La rottura dell'equilibrio - Il terzo viaggio di Platone a Siracusa; Marta Zorat, Dionisio II, Dione e Sparta in Hesperia 4 a cura di Lorenzo Braccesi, p. 168.
- ^ Lettera XIII (di dubbia autenticità); Lettera VII 338a-c. Lettera III 317a-b. Cfr. Muccioli, pp. 269-270.
- ^ a b 'Lettera VII 338a-c. Lettera III 317a-b. Cfr. Muccioli, p. 270.
- ^ Lettera VII, 338c-d; 339d, 350a-b. Karl Friedrich Stroheker, Sizilien und die Magna Graecia cit., p. 129 e Dionysios I pp. 128, 135, n. 32 a p. 233. Cit. Colonnese, p. 31, n. 87; Muccioli, p. 211.
- ^ Plutarco, Dion, 18, 5; Lettera VII 338c-339e; Lettera III 317b-c.
- ^ Lettera VII, 338a-b. 339a-d; Plutarco, Dion, 18, 7-8.
- ^ a b c d e Trad. italiana di Maria Grazia Ciani in Platone. Lettere, Fondazione Lorenzo Valla 2002, p. 103}}.
- ^ Suda cit. in Muccioli, p. 272, n. 741.
- ^ Plutarco, Dion, 18.
- ^ Plutarco, Dion, 2, 1-4.
- ^ Lettera VII, 344 d. Cfr. pensiero platonico in Massimo Cacciari, Labirinto filosofico, 2014.
- ^ Plutarco, Dion, 22, 1-4 (=F 15 Isnardi Parente, Speusippo = T 30 Tarán).
- ^ Helmut Berve, Dion, p. 793 in Muccioli, p. 274.
- ^ Cit. in Muccioli, p. 295.
- ^ a b c Lettera VII, 346a-e; 347a-e; 348a.
- ^ Lettera VII, 347e; 348a.
- ^ Muccioli, p. 279; Sordi, La Sicilia, pp. 13-14.
- ^ Per approfondire vd. Bonacasa, Braccesi, De Miro, pp. 33-42; Moneta docet. ΣYΡΑ o dell’Astro, su www.academia.edu. URL consultato il 14 mggio 2016.
- ^ Sulla coniazione ai tempi di Dionisio I vd. La monetazione mercenariale in Sicilia, 2000; La monetazione di Dionisio I fra economia e propaganda in Bonacasa, Braccesi, De Miro, pp. 33-42; Considerazioni sul pagamento del sîtos ai mercenari nella Sicilia tra Dionisio I e Timoleonte, su www.academia.edu. URL consultato il 17 maggio 2016.
- ^ a b Lettera VII, 348a-e; 349a-e.
- ^ Lettera VII 349c-350a; Plutarco, 19, 8.
- ^ Cit. Muccioli, p. 283.
- ^ Cit. in La filosofia politica di Platone, p. 70.
- ^ Così l'VIII Lettera. Sull'argomento vd. Domenico Musti, UN OTTATIVO DIMENTICATO (Platone, "Lettera VIII", 356 a), Rivista di cultura classica e medioevale, Vol. 44, No. 1 (gennaio-giugno 2002), pp. 7-24; Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 16.
- ^ a b Plutarco, Dion, 25-50.
- ^ Plutarco, Dion, 54-58.
- ^ Trad. italiana a cura di Giovanni Reale, 2005, pp. 334-335. }.
- ^ Bonacasa, Braccesi, De Miro, p. 16
- ^ Muccioli, p. 390.
- ^ Plutarco, 13, 2-16, 1; Diodoro Siculo, XVI, 70, 1.
- ^ Karl Popper, ed. 2014, cap. 7; Muccioli, pp. 306-307.
- ^ Karl Popper, ed. 2014, cap. 7; Muccioli, p. 387.
- ^ La filosofia politica di Platone, p. 70.
- ^ Karl Popper, ed. 2014, cap. 7; per l'elenco dei nomi vd. n. 25.
- ^ Ateneo, XI, 508f-509b (= Democare F 1, Marasco). Cit. con ampia bibliografia al riguardo Muccioli, p. 356, n. 967 (il quale ritiene le mosse di Cherone prassi della tirannia e non della filosofia).
- ^ Su tutti vd. Marta Sordi, Timoleonte, pp. 22. La prima a collegare Timoleonte a Platone fu Renata von Scheliha, Dion. Die platonische Staatsgründung in Sizilien, Leipzig, 1934.
- ^ Cfr. approfondimento in Muccioli, pp. 189; 420-421.
- ^ Muccioli, p. 189.
- ^ Per il possibile messaggio politico all'interno del dialogo su Atlantide e rivolto alla società greca vd. Mary Louise Gill (a cura di Gabriele Cornelli), p. 40-43. Phyllis Young Forsyth vedeva invece questo messaggio rivolto solo a Dionisio II (vd. cit. in Gaiser, p. 176).
- ^ a b Cfr. Gunnar Rudberg, Atlantis and Syracuse, ed. 2012; Phyllis Young Forsyth, Atlantis. The making of myth, Montreal-London 1980.
Bibliografia
Bibliografia storica
- Thomas Alan Sinclair, Il pensiero politico classico, Laterza, 1961, ISBN 9788842041726.
- Alice Swift Riginos, Platonica. The Anecdotes Concerning the Life and Writings of Plato, Leiden, Brill, 1976, (Chapter VI. Travels and Study Following the Death of Socrates, p. 61-69; Chapter VII. The Sicilian Voyages: Plato at the Syracusan Court, pp. 70-85).
- Paolo Cosenza, L'incommensurabile nell'evoluzione filosofica di Platone, Edizioni Il tripode, 1977.
- Lionel Jehuda Sanders, Dionysius I of Syracuse and Greek Tyranny, Croom Helm, 1987.
- Konrad Gaiser, La metafisica della storia in Platone, Vita e Pensiero, 1991, ISBN 9788834302941.
- Federicomaria Muccioli, Dionisio II: storia e tradizione letteraria, CLUEB, 1999.
- Nicola Bonacasa, Lorenzo Braccesi, Ernesto De Miro, La Sicilia dei due Dionisî: atti della Settimana di studio, Agrigento, 24-28 febbraio 1999, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2002, ISBN 88-8265-170-3.
- Karl Popper, Contro Platone, Armando Editore, 2001, ISBN 9788883581731.
- Debra Nails, The People of Plato. A Prosopography of Plato and Other Socratics, Hackett, 2002, ISBN 9780872205642.
- Luciano Zamperini, Platone - Atlanti del sapere / [Demetra], Giunti Editore, 2003, ISBN 9788844025960.
- Francesco Adorno, Platone: Dialoghi politici e Lettere, Utet Libri, 2004, ISBN 9788841894248.
- Giuseppe Auteri, Castoriadis contro Platone, CUECM, 2004, ISBN 9788886673532.
- Gian Franco Lami, Socrate, Platone, Aristotele: una filosofia della polis, da Politeia a Politika, Rubbettino Editore, 2005, ISBN 9788849812435.
- Chiara Colonnese, Le scelte di Plutarco: le vite non scritte di Greci illustri, L'ERMA di BRETSCHNEIDER, 2007, ISBN 9788882654245.
- Giulio Maria Chiodi, Roberto Gatti, La filosofia politica di Platone, FrancoAngeli, 2008, ISBN 9788846494634.
- Karl Popper, La società aperta e i suoi nemici. Volume 1: Platone totalitario, Armando Editore, ed. 2014.
- Giovanni Reale, Vincenzo Cicero, Teagete. Sulla filosofia: Dialoghi socratici, Bompiani, 2015, ISBN 9788858770177.
- Gabriele Cornelli (a cura di), Plato’s Styles and Characters, Walter de Gruyter, 2016, ISBN 9783110445602.
Bibliografia romanzata
- Swami Kriyananda (J. Donald Walters), Il tunnel del tempo, ed. 2014 (si narra di una Siracusa dispotica nata come conseguenza dell'attuazione dello Stato ideale di Platone: «lo Stato è Dio» si ripete nel libro)
Collegamenti esterni
- Quando Platone tentò di educare i siracusani, su repubblica.it. URL consultato il 17 maggio 2016.
- Il filosofo che volle educare il tiranno, su www.corriere.it. URL consultato il 17 maggio 2016.
- Né in cielo né in terra. Lo Stato perfetto di Platone - ‘Terra’ 29.5.09, su www.academia.edu. URL consultato il 17 maggio 2016.
- Platone pensatore totalitario, su www.academia.edu. URL consultato il 17 maggio 2016.
- Platone: la città ideale, su www.filosofia.rai.it. URL consultato il 17 maggio 2016.
- Il governo illuminato di Platone, su epipaideia.altervista.org. URL consultato il 17 maggio 2016.
- Dionigi il Giovane. Un tiranno filosofo, su www.miti3000.it. URL consultato il 17 maggio 2016.
- Il tiranno e il filosofo, su repubblica.it. URL consultato il 17 maggio 2016.
- Platone vexata quaestio, su tuttoscorre.org. URL consultato il 17 maggio 2016.
- Platone: la ricerca della verità nel dialogo, su www.academia.edu. URL consultato il 17 maggio 2016.