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Aenigmatinea glatzella
Immagine di Massimiliano Panu/sandbox1 mancante
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
SottoregnoEumetazoa
SuperphylumProtostomia
PhylumArthropoda
SubphylumTracheata
SuperclasseHexapoda
ClasseInsecta
SottoclassePterygota
CoorteEndopterygota
SuperordineOligoneoptera
SezionePanorpoidea
OrdineLepidoptera
SottordineGlossata
InfraordineNeopseustina
SuperfamigliaNeopseustoidea
FamigliaAnigmatineidae
Kristensen & Edwards, 2015
GenereAenigmatinea
Kristensen & Edwards, 2015
SpecieA. glatzella
Nomenclatura binomiale
Aenigmatinea glatzella
Kristensen & Edwards, 2015
Serie tipo
Aenigmatinea glatzella
Kristensen & Edwards, 2015

Aenigmatinea glatzella Kristensen & Edwards, 2015[1] è un lepidottero endemico dell'Australia, unico rappresentante del genere Aenigmatinea Kristensen & Edwards, 2015 e della famiglia Aenigmatineidae Kristensen & Edwards, 2015.[1]

Etimologia

Il nome del genere fa riferimento all'enigmatica combinazione di caratteri, in abbinamento al genere Tinea che, nell'accezione linneiana, stava a indicare tutti i piccoli lepidotteri omoneuri in cui la posizione delle ali a riposo ricorda una forma cilindrica.[1][2]

L'epiteto specifico è stato dato in onore dello scopritore della falena, R. V. Glatz, oltre che per sottolineare l'insolita scarsità di scaglie sul capo dell'insetto, dal momento che Glatze, in tedesco, significa appunto "testa calva".[1]

Descrizione

Si tratta di piccole falene diurne, alquanto primitive, caratterizzate da una nervatura alare di tipo omoneuro e con una serie di caratteri morfologici decisamente peculiari, tali da fare ipotizzare una prossimità filogenetica con la famiglia Neopseustidae.[1]

I principali caratteri distintivi sono a carico dell'ala anteriore e si possono riassumere nella presenza di un lobo jugale pronunciato, di un settore radiale suddiviso in due soli rami terminali e di una media non ramificata.[1]

Adulto

Capo

La capsula cefalica appare lucida, biancastra nel maschio e tendente al giallino nella femmina, ma marroncina nella parte inferiore. Si nota una singola macchia ialina tra i punti di inserzione delle antenne. La capsula risulta chiusa, se vista posteroventralmente, da un ponte ipostomale di lunghezza e spessore ragguardevoli, almeno per quanto riguarda i Lepidoptera. È possibile che questo distretto anatomico includa anche parte dei tessuti di pertinenza del labium, qui insolitamente ridotto. Non si nota la presenza di una "cresta" di scaglie in prossimità del vertice.[1]

Le antenne hanno una lunghezza pari circa ai due terzi dell'ala anteriore, con lo scapo a forma di botte, di lunghezza più che doppia rispetto a quella del pedicello; sono rivestite di scaglie nere, piliformi sullo scapo e lamellari sul flagello. Si nota uno sclerite intercalare tra scapo e pedicello, la cui membrana è ricca in melanina e munita di microtrichia. I flagellomeri sono pressoché cilindrici e provvisti di lunghi sensilli.[1]

Gli ommatidi degli occhi, la cui superficie è smussata, appaiono parzialmente separati da sottili strisce di cuticola fortemente pigmentata. Gli ocelli sono sviluppati e la loro cuticola forma lenti inspessite, caratteristica tipica dei Lepidoptera più evoluti, e al contrario alquanto insolita nelle poche famiglie di Homoneura che conservano gli ocelli.[1]

Le appendici boccali esternamente visibili appaiono fortemente ridotte, più che nelle altre famiglie di Lepidoptera Homoneura non-Hepialoidea. Il labrum risulta piccolo, stretto e non sclerificato, con una larghezza via via crescente verso l'apice e provvisto di microtrichi solo sulla superficie esterna. Le mandibole appaiono robuste ma non funzionali, essendo molli e prive di dentellatura; durante la fase farata, tuttavia, sono stati osservati dei movimenti mandibolari. Le mascelle sono costituite da piccole protuberanze bilobate, situate posteriormente alle mandibole, ai lati del processo mediano prelabio-ipofaringeo; il lobo interno (lacinia) risulta vestigiale, mentre quello esterno (galea) si mostra per la maggior parte non sclerificato ma provvisto di sensilli di vario genere, ravvicinati in prossimità dell'apice. Il suddetto processo prelabio-ipofaringeo è costituito da un lobo conico non slerificato, munito all'apice di un pronunciato orifizio che porta ad una piccola invaginazione, avente la funzione di salivarium vestigiale. Al momento non è stata identificata alcuna ghiandola salivare, benché siano presenti residue fibre muscolari molto assottigliate, probabilmente associate un tempo a questo tipo di struttura anatomica. I palpi labiali sono del tutto assenti, ma è possibile comunque identificare una ligula vestigiale. Il sitoforo appare robusto e privo di evidenti sensilli gustativi, decisamente affusolato nella parte anteriore e tronco nel margine interno. I muscoli addetti alla funzione succhiante sono ben sviluppati. A differenza di quanto osservato di norma nelle altre famiglie di non-Glossata, non si rileva alcuna commessura tritocerebrale al di sotto del tratto esofageo precerebrale.[1]

Torace

Gli scleriti laterocervicali sono assottigliati ma mantenuti rigidi da robusti ispessimenti che corrono per tutta la loro lunghezza; rivelano inoltre dei processi subapicali che reggono setole con funzione propiocettiva. Il ponte precoxale è presente e molto sviluppato. Il primo spiracolo toracico è del "tipo Coelolepida" proposto da Davis nel 1975,[3] in cui si osserva una sclerificazione atriale in un semplice apodema con la struttura di una "leva"; l'apertura è garantita da un legamento elastico che mette in connessione il pronoto con l'apice dell'apodema, mentre la chiusura è dovuta alla contrazione delle fibre muscolari poste tra l'apice apodemale e la parete atriale adiacente. Il rapporto tra la lunghezza del metanoto e quella del mesonoto è pari a circa 0,8. Il basisterno è rinforzato da una cresta mediana e risulta lievemente convesso nella sezione anteriore.[1]

L'ala anteriore è lunga 4 mm, con un rapporto lunghezza/larghezza pari a circa 2.8; è priva di macchie o bande colorate, ma ricoperta di scaglie iridescenti la cui colorazione apparente muta repentinamente dal brunastro all'oro fino al porpora, a seconda dell'angolo di incidenza della luce. Le scaglie sono più o meno triangolari, con margine esterno pressochè diritto. Sul margine alare si notano sottili scaglie piliformi grigio-brunastre, con qualche sfumatura di porpora. Il lobo jugale appare molto sviluppato.[1]

L'ala posteriore è grigio-brunastra, con lievi iridescenze dorate, e priva di lobo jugale. Sulla costa (C) non sono presenti le setole del frenulum, ma al contrario si osserva un piccolo ciuffo di scaglie piliformi rivolte all'indietro, una struttura fino ad ora mai riportata nelle famiglie di falene omoneure.[1]

Le nervature alari appaiono semplificate ad un livello insolito per gli Homoneura. Le venature omerali sono estremamente fragili e apprezzabili solo previa colorazione, oppure con la tecnica della microscopia a contrasto interferenziale. Nell'ala anteriore, la subcosta (Sc) non è ramificata, come pure la radio (R); il settore radiale (Rs) è rappresentato da un'unica biforcazione posta nel terzo centrale, mentre nell'ala posteriore la suddetta biforcazione si può trovare in posizione pre-apicale oppure essere addirittura assente; la media (M) non è ramificata nell'ala anteriore, mentre mostra due soli rami in quella posteriore. Certamente insolita è la configurazione delle nervature che raggiungono il termen nella parte posteriore delle ali, anteriormente alla cellula Cup: si tratta di tre sole nervature, ma nell'ala anteriore sono la M e i due rami della cubito (CuA1 e CuA2), mentre nell'ala posteriore si tratta dei due rami della media (M1 ed M2) e della singola CuA, priva di ramificazioni. Infine le nervature anali (A) si uniscono sia nell'ala anteriore sia in quella posteriore, giungendo al termen con un'unica nervatura A1+2.[1]

Il margine anteriore del primo tergite toracico è appiattito; la parte anteriore sclerificata del tergite si ripiega vistosamente all'indietro.[1]

Nella tibia del primo paio di zampe, l'epifisi è poco sviluppata (meno di un terzo della lunghezza tibiale) e situata distalmente, così da estendersi oltre il limite della tibia stessa; la formula degli speroni tibiali è 0-2-4.[1]

Lo stomodeo è breve e semplice, con valvola cardiaca ben sviluppata.[1]

Addome

La ghiandola sul V sternite addominale si apre verso l'esterno con una sorta di papilla appiattita pseudocircolare, a differenza di quanto avviene solitamente nei Lepidoptera. Nei tergiti e negli sterniti dei segmenti da II a VII si possono osservare delle "finestre" ovali, prive di pigmentazione, in prossimità dei margini laterali.[1]

L'apparato genitale maschile è caratterizzato dalla presenza dei transtilla, ossia processi laterali delle valve. L'edeago ha una sclerificazione molto ridotta e rivela, poco prima dell'estremità anteriore, una fascia non sclerotizzata e flessibile che non trova corrispondenze tra le altre forme di Homoneura provviste di fallo sclerificato. Non si nota la presenza di cornuti lungo la vesica.[1]

Nel genitale femminile, l'ovopositore è del "tipo Eriocrania" (Davis, 1975), con l'urite VIII che va a formare una sorta di cono asimmetrico uniformemente sclerificato, con margini anteriori da cui partono robuste apofisi anteriori; la porzione dorso-mediana del suddetto cono si estende vistosamente all'indietro, andando a formare un lobo dorso-terminale piegato verso il basso. L'ultima parte dell'addome è costituita da una sorta di collare non sclerificato di forma pseudocilindrica, segnato da una netta plica trasversale. L'estremità posteriore rivela due processi laterali che convergono a formare una robusta apofisi posteriore. La bursa copulatrix risulta essere delicata e priva di sclerificazioni. L'estremità dell'ovopositore è provvista di una dentellatura ridotta e morbida, particolare coerente col fatto che le uova vengono deposte nelle parti libere della pianta, e non inserite all'interno dei tessuti, come in altre famiglie di Lepidoptera.[1]

Il mesentero è ampio e sviluppato. Si osservano sei tubi malpighiani, ciascuno adducente alla regione di transizione tra mesentero e proctodeo.[1]

Uovo

Dati non disponibili.[1]

Larva

Il bruco presenta segmenti toracici e addominali non sclerificati e privi di pigmentazione; non sono presenti né zampepseudozampe; sui segmenti toracici, in corrispondenza delle regioni che ospiterebbero i punti di inserzione delle zampe, si osservano piccole protuberanze tronche. La capsula cefalica appare stretta e non pigmentata, tranne che sulla superficie antero-dorsale e nelle parti boccali. Sono visibili piccole antenne, affiancate da evidenti strisce di cuticola cranica. Il tentorio è molto meno sviluppato di quello dei Micropterigidae, soprattutto nelle due branche anteriori che appaiono assottigliate, ma rappresenta comunque una struttura robusta. Non sono distinguibili i palpi labiali. Il lobo prelabio-ipofaringeo appare arrotondato, con all'apice l'apertura della ghiandola labiale.[1]

Pupa

La pupa è exarata e dectica. Sul capo è visibile un'area "rugosa" mediale, dovuta alla presenza di piccolissimi coni ravvicinati; è probabile che questa struttura, senza simili nel gruppo dei lepidotteri omoneuri, giochi un ruolo, assieme alle mandibole, nell'apertura di una via che permetta l'emersione dell'adulto dal bozzolo. Le mandibole sono robuste e funzionali; il labrum è setoso ma non è possibile distinguere alcuna struttura paragonabile ad un anteclipeo.[1]

Biologia

Ciclo biologico

Il maschio vola attivamente al mattino sopra le foglie della pianta ospite.[1]

Gli adulti sono diurni e presumibilmente hanno vita breve. Sono stati osservati esclusivamente in prossimità delle piante di Callitris preissii, sulle cui foglie la femmina deposita le uova dopo l'accoppiamento. Il lungo ovopositore della femmina le permette di inserire le uova sotto una brattea, nel punto di contatto tra lo stelo centrale ed un meristema laterale.[1]

Il forte sviluppo dei muscoli addetti alla suzione (non rilevabile nella larva) lascia presumere che l'adulto sia in grado di assumere acqua e altri fluidi dalle gocce presenti sulle foglie, sebbene questo fenomeno non sia ancora stato osservato finora.[1]

 
Callitris preissii

I segni lasciati dall'alimentazione della larva sono visibili sul lato inferiore della corteccia, in corrispondenza delle camere larvali.[1]

La giovane larva crea la propria camera all'interno del tessuto dello stelo, più o meno in prossimità del punto di ovoposizione; l'allungamento del rametto in cui si trova determina la distanza maggiore o minore tra la posizione definitiva della camera e la posizione iniziale di inserzione, non essendo stati trovati tunnel che indichino un percorso della larva prima dell'inizio della formazione della camera; la larva si nutre del floema e del tessuto della superficie interna della corteccia.[1]

Si è notata la contemporanea presenza di larve a diversi stati di sviluppo e si presume che l'accrescimento larvale possa richiedere più di una stagione.[1]

Periodo di volo

La specie sembra essere univoltina, con il periodo di volo limitato ai soli mesi di settembre e ottobre.[1]

Alimentazione

La sola pianta nutrice riportata è Callitris preissii Miq., 1845 (Cupressaceae).[1]

Distribuzione e habitat

 
Posizione dell'Isola dei canguri rispetto all'Australia

A. glatzella è endemica dell'Isola dei canguri, a sud dell'Australia.[1]

L'habitat è rappresentato da una fascia di territorio immediatamente retrostante la costa, in cui l'umidità rimane spesso a livelli elevati. Le piante di Callitris si trovano inframmezzate a eucalipti e ad altro genere di vegetazione erbosa o arbustiva, su una base costituita da terreni calcarei o dune sabbiose non consolidate. È possibile che la presenza di sabbia attorno a ogni pianta di Callitris abbia protetto questo micro-habitat dal propagarsi di incendi tra la vegetazione.[1]

 
Spiaggia presso Remarkable Rocks, nell'Isola dei canguri

Tassonomia

[1]




Tassonomia

Inizialmente il genere fu inserito nella famiglia Cossidae da Patricia Gentili nel 1989, viste le similitudini morfologiche riscontrate in un primo tempo; in seguito, la stessa Gentili, assieme a Donald R. Davis, decise di creare una famiglia a sé stante per questo taxon; non sono ancora stati tuttavia compresi appieno i rapporti filogenetici che intercorrono tra gli Andesianidae e gli altri gruppi di Heteroneura non-Ditrysia. L'alta concentrazione di setole frenulari, solo presso la base dell'ala posteriore della femmina, potrebbe stare ad indicare una posizione filogenetica degli Andesianidae successiva rispetto ai Nepticuloidea, sebbene nelle femmine di questi ultimi la presenza di ampie zone munite di setole potrebbe rappresentare in realtà un carattere derivato in un secondo tempo.

Specie

Il genere si compone di tre sole specie (dato aggiornato al 23 dicembre 2011), a diffusione esclusivamente neotropicale[4];

Sinonimi

Non sono stati riportati sinonimi.[1]

Filogenesi

È mostrato di seguito un cladogramma ricavato dal lavoro di N. P. Kristensen et al. (2015),[1] analizzando un set di otto geni[5] attraverso il software MrBayes (v. 3.2):[6]


    
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Trichoptera

 Lepidoptera 
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Agathiphagidae

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Micropterigidae

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Heterobathmiidae

 Glossata 
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Lophocoronidae

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Exoporia (6 famiglie)

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Eriocraniidae

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Acanthopteroctetidae

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Aenigmatineidae

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Neopseustidae

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Heteroneura (120 famiglie)

Conservazione

Nessuna specie appartenente a questo genere è stata inserita nella Lista rossa IUCN.[7]

Note

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad ae af ag ah ai aj ak (EN) Kristensen, N. P. et al., A new extant family of primitive moths from Kangaroo Island, Australia, and its significance for understanding early Lepidoptera evolution (abstract), in Systematic Entomology, vol. 40, n. 1, Oxford, The Royal Entomological Society - Blackwell Publishers, gennaio 2015, pp. 5–16, DOI:10.1111/syen.12115, ISSN 0307-6970 (WC · ACNP), LCCN 76646885, OCLC 5718372841. URL consultato il 4 ottobre 2016.
  2. ^ (LA) Linneo, Pars II, in Systema naturæ, Tom. I, Editio duodecima, reformata, Holmiæ, Laurentius Salvius, 1767, pp. 1328, ISBN non esistente, LCCN agr11000908, OCLC 897527988. URL consultato il 4 ottobre 2016.
    «Alis convolutis fere in cylindrum…»
  3. ^ (EN) Davis, D. R., Systematics and zoogeography of the family Neopseustidae with the proposal of a new superfamily (Lepidoptera, Neopseustoidea) (PDF), in Smithsonian Contributions to Zoology, vol. 210, Washington, D.C., Smithsonian Institution Press, 1975, pp. 1-44, DOI:10.5479/si.00810282.210, ISSN 0081-0282 (WC · ACNP), LCCN 75619049, OCLC 1258187.
  4. ^ a b c d Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Gentili, 1989
  5. ^ (EN) Rota, J. & Wahlberg, N., Exploration of data partitioning in an eight-gene data set: phylogeny of metalmark moths (Lepidoptera, Choreutidae) (abstract), in Zoologica Scripta, vol. 41, n. 5, Stoccolma, Blackwell Science, settembre 2012, pp. 536-546, DOI:10.1111/j.1463-6409.2012.00551.x, ISSN 0300-3256 (WC · ACNP), LCCN 72625949, OCLC 5154078255. URL consultato il 4 ottobre 2016.
  6. ^ (EN) Ronquist, F., Teslenko, M., van der Mark, P., Ayres, D. L., Darling, A., Höhna, S., Larget, B., Liu, L., Suchard, M. A., Huelsenbeck, J. P., MrBayes 3.2: efficient bayesian phylogenetic inference and model choice across a large model space, in Systematic Biology, vol. 61, n. 3, 2012, pp. 539–542, DOI:10.1093/sysbio/sys029.
  7. ^ IUCN 2014. IUCN Red List of Threatened Species. Version 2014.3., su iucnredlist.org. URL consultato il 4 ottobre 2016.

Bibliografia

Pubblicazioni

Testi

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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