Utente:Distico/Sandbox
SU BAILLY
La vita di Bailly potrebbe essere descritto in termini di duplice attrazione di scetticismo e credenza. Questi furono i due poli tra i quali fluttuava il suo pensiero. Qualche volta, come nell' Éloge de Leibnitz, egli era attratto dallo scetticismo. Altre volte invece, come nell' Histoire de l'astronomie ancienne e nelle Letters a Voltaire, sotto l'influenza di Court de Gébelin, egli lo respinse. A Voltaire scrisse: «Il dubbio deve avere limiti; non tutte le verità possono essere provate come verità matematiche».[1] Bailly sapeva comunque certamente dubitare ed essere scettico quando la ragione lo richiedeva. La partecipazione all'indagine ufficiale sul mesmerismo ne fu una prova, e gli permise anche di dissipare l'illusione che fosse un frère illuminé.
In prima istanza, si sarebbe potuto immaginare che Bailly si potesse disporre a favore del magnetismo animale, affascinato dal concetto, presente nelle teorie di Mesmer, di armonia universale, dalla soluzione semplice di fenomeni complessi, dalla riconciliazione della Terra e le forze celesti, che egli andava cercando. Infatti il suo mentore, Court de Gébelin, aveva abbracciato il magnetismo animale come una nuova "fede" che aveva l'obiettivo di «ristabilire l'armonia primitiva che regnava tra l'uomo e l'universo».[2] Il fatto che un membro dell'altra commissione, Jussieu, pubblicò un parere dissenziente a quello degli altro, era comunque la prova giusto che ad essi fu permesso di operare in completata libertà.
La Fête de la Fédération
Quando iniziò a farsi largo l'idea di organizzare una festa a Parigi, per convocare una federazione di delegati politici e della Garde nationale da tutta la nazione, la Comune di Parigi adottò questi progetto. Si nominò una delegazione, guidata da Bailly, per presentare il progetto all'Assemblea nazionale costituente la quale l'approvò il 5 giugno.[3]
La Fête de la Fédération si tenne il 14 luglio 1790, ad un anno esatto dalla Presa della Bastiglia, e vi parteciparono i rappresentanti di tutte le province della Francia per assistere al solenne giuramento di fedeltà che sarebbe stato pronunciato dal generale La Fayette, da Luigi XVI e da Talleyrand, vescovo di Autun. La cerimonia si svolse al Campo di Marte, dove per l'occasione fu costruito un grande anfiteatro in grado di ospitare 400'000 persone.[4]
Elogi
Gli elogi testimoniano lo sviluppo del pensiero di Bailly. Tratto tipico della sua epoca, Bailly è meno interessato alla forma estetica che nello scopo didattico dell'arte. Convinto della superiorità della sua epoca illuminata, Bailly è anche affascinato dal concetto di "uomo naturale", con il quale si intende non l'uomo primitivo, ma il denominatore comune degli uomini in tutte le società in tutti i periodi. Storia, diritto, arte, e scienza sono tutti visti come espressioni del progresso fisico e morale dell'uomo.
La composizione dell′Éloge de Leibnitz in particolare avrebbe avuto un effetto profondo e duraturo sul pensiero di Bailly. Anche se dà voce al credo del philosophe, dell'uomo universale, è stato il système ad averlo attratto, la «verosimigianza sostituita alla verità inaccessibile». Al periodo di questi éloges si potrebbe datare anche la germinazione di numerose idee di Bailly che trovarono la luce nelle opere successive, come l′Histoire de l'astronomie ancienne, le Lettres sur l'Atlantide de Platon e l′Essai sur les fables et sur leur histoire.
Bailly godette di un moderato successo con i suoi éloges. Dei quattro presentati nelle varie competizioni, uno solo vinse il prix d'eloquence, mentre altri due hanno ricevuto una menzione d'onore. Anche se quelli di Carlo V, Molière e Lacaille non sembra fossero andati immediatamente in stampa, gli altri due, quello su Corneille e quello su Leibniz, furono invece pubblicati ognuno per due edizioni. Nel 1770 fu inoltre pubblicata a Berlino e a Parigi da Delalain un'ulteriore edizione che raccoglieva tutti e cinque gli éloges. Eppure, se Bailly era alla ricerca di fama e fortuna con questo tipo di scrittura, si deve comunque ammettere che non colse nel segno. Se il suo obiettivo era quello di ottenere la segreteria dell'Accademia francese delle scienze, come gli era stato promesso da D'Alembert che poi però lo aveva tradito preferendogli Condorcet, non ci riuscì. Alcuni aneddoti, riportati dal biografo di Bailly, Michel de Cubières, sembrano infatti riflettere anche una certa disillusione da parte dell'insigne astronomo sia nei confronti degli éloges sia verso il mondo accademico più in generale.[5] A quanto pare, infatti, Bailly arrivò a dire che «i premi accademici non provano nulla» e che la maggior parte degli éloges non erano altro che «folies de jeuness» ovvero "follie di gioventù".[5]
Bailly philosophe
da pag 453
About the time of Bailly's retirement to Chaillot, we can detect a change in his thinking which was, for a time, to widen the gap between him and the philo- sophes. Bailly seems always to have needed a guide and mentor-first Lacaille, then Clairaut, d'Alembert, and Buffon. The first two directed his efforts in the fields of astronomy and mathematics; d'Alembert and Buffon enocuraged him in the literary field. When he turned to the popularization of astronomy, he came under the influence of Court de Gebelin 51 whose nine volume Monde primitif was just appearing. This work was an attempt to reduce the complexities of civilization, its customs, traditions, speech, etc. to a universal theme. Court de Gebelin felt that the key to the mysteries of nature was to be found in the history of antiquity and that history, properly understood, might lead humanity to a new golden age. His vision of le grand ordre was utopian, and much of his history is inaccurate; but in many ways Court de Gebelin was a precursor of modern thinkers. His theory of fables as allegorical documents foreshadows the work of modern folklorists. Similarly his search for the primitive language which was the source of all languages anticipated the linguistic research of the nineteenth century. If Bailly had acquired from his astronomical research a conviction that truth was basically simple, he had also learned from Leibnitz to substitute "vraisemblance" for "la verite inaccessible." The influence of Court de Ge'belin was to encourage this speculative bent and cause Bailly to be branded "frere illumine" by the more ardent philosophes. Yet the illuminism of Bailly's work, if it can be called that, is not so far removed from the rationalism of his detractors, but is rather symptomatic of the deterioration of systematic doubt which was common towards the end of the century.
Spirito di sistema
Les systemes sont utiles; nous disons plus, ils sont necessaires. Les verites qui ne sont pas classees sont mal connues; ce sont des personnages illustres dont nous devons dire l'origine, la famille et la parente: en leur creant des genealogies et des alliances, nous soulageons la memoire. Sans un ordre quelconque, l'homme se perdrait dans la foule des faits; son intelligence succomberait sous la masse de ses connaissances. D'ailleurs cette reduction est conforme a 1'economie physique de l'univers. Les hommes, soit par raison ou par instinct, ont toujours senti qu'en faisant dependre plusieurs verites d'une seule, ils se rapprocheraient de la nature, qui avec un petit nombre de moyens, produit la variete infinie des choses. Bailly, Histoire de l'astronomie moderne.
Bailly had practically abandoned astronomical ob- servation after his last work on the satellites of Jupiter.1 Now he was completely absorbed in historical composi- tion. We know that the history of modern astronomy was planned and perhaps begun even before the publica- tion of the ancient astronomy in 1775, for there are numerous references to it in that work. Like the earlier volume, the two which appeared in 1779 offer a fairly straightforward and factual account of events and dis- coveries based on documented, if not incontrovertible, arguments. They are written in a scholarly manner and make use of many of the same sources available to historians of science today. In some respects, Bailly's work is still without a serious rival.2 The ideas generated by his public debate with Vol- taire, however, seem to have produced some alterations in the original plan. An esprit de systeme pervades the work. Although Bailly himself refused to admit this, he seems constantly to be proving that systewme is the instrument of progress. An awareness of this new development in his thought is indicated by the appear- ance of a new and more philosophic "Discours pre- liminaire" at the head of volume one. The ostensible reason for this preface is Bailly's de- fense of the biographical system which he uses. He recognizes that the new history of the eighteenth century is the history of the human spirit, of the multitude and mass of humanity as well as its leaders and its principal milestones. But science, he feels, is somehow above- or apart from-this sceptred sway: "Les sciences, comme les evenements, sont les ouvrages des hommes, mais la multitude n'y a point de part; la multitude les ignore ou les regarde avec indifference: ceux qui les cultivent sont une classe isolee." 3
--> RASOIO DI OCCAM che è un tratto tipico del pensiero di Bailly
two tendencies in Bailly's thinking: devotion to the idea of progress and a preoccupation with systems.
Sebbene si sia sempre rifiutato di ammetterlo, Bailly sembra voler costantemente dimostrare che il système è lo strumento del progresso. La consapevolezza di questo nuovo sviluppo nel suo pensiero è indicata dalla comparsa di un nuovo e più filosofico Discours préliminaire, rispetto a quello dell′Histoire de l'astronomie ancienne, alla testa del primo volume dell′Histoire de l'astronomie moderne. La ragione apparente di questa prefazione è la difesa che Bailly fa del sistema storico-biografico che egli utilizza. Egli, prefigurando Hegel, riconosce che la nuova storia del XVIII secolo è la storia dello spirito umano, della moltitudine e della massa dell'umanità, ma allo stesso tempo dei suoi grandi leader e delle sue principali tappe. Ma la scienza, almeno secondo Bailly, è in qualche modo al di sopra - o almeno oltre - questo "dominio scettrato" della moltitdine: «La scienza, come gli eventi, sono le opere degli uomini, ma la moltitudine non ne ha alcuna parte; la moltitudine li ignora o li guarda con indifferenza: coloro che li coltivano sono una classe isolata».[6]
L′Histoire de l'astronomie moderne conferma le due tendenze fondamentali nel pensiero di Bailly, presenti nelle altre opere: la devozione all'idea di progresso e la sua preoccupazione verso i sistemi, e soprattutto verso uno speculativo esprit de système. Questi due aspetti non si escludono a vicenda. In effetti continuano ad andare di pari passo in tutto il discorso di Bailly. Eppure il suo desiderio di applicare il rasoio di Occam ovunque, ovvero il suo desiderio di semplificare, conciliare e generalizzare fu la principale debolezza del suo lavoro, e applicando costantemente questo metodo in categorie di conoscenza dove esso era inapplicabile lo portò a fare delle conclusioni quantomai azzardate. Applicandolo infatti alla storia antica, ad esempio, Bailly dedusse l'esistenza di un'atavica filosofia «saggia e sublime» e di un elevato stato di civiltà proprio all'inizio della storia, l'esistenza di un antichissimo popolo civilizzato e scientificamente progredito. Questa nozione, in definitiva, era in contrasto con l'idea stessa di progresso che lo stesso Bailly vagheggiava. L'idea di progresso di Bailly allora si sublimava nella possibilità di un ritorno all'età dell'oro, un'epoca di conoscenza e ordine (il cosiddetto grand ordre) che lui vide arrivare attraverso la Rivoluzione francese, anche se in seguito capì, sulla sua stessa pelle, di essere in torto.
Il rapporto con la massoneria
La massoneria in Francia nella metà del XVIII secolo comprendeva sia un gruppo attivo di logge "ortodosse", ovvero fondamentalmente basate sul modello inglese, che insegnavano la filosofia newtoniana sia un altro gruppo, altrettanto attivo, di logge aristocratiche e rituali sotto il patrocinio delle grandi famiglie nobili, di una famiglia reale neutrale e di un clero che, in assenza di ordini specifici, era libero di comportarsi come voleva.
Inizialmente le logge erano il terreno comune di incontro dei philosophes, dei borghesi, degli uomini di chiesa, e dei nobili. Erano l'unico luogo in cui gli tutti i savant, indipendentemente dal rango sociale, dalla ricchezza o dalla religione, potevano incontrarsi sullo stesso piano. Il catalizzatore era la civilizzazione razionalista, scientifica e commerciale dell'Inghilterra, e ovunque in tutto il mondo nel corso del XVIII secolo i massoni inglesi erano attivi nella diffusione della dottrina della pace, della fratellanza e del progresso, in altre parole di quello che alcuni studiosi chiamano grand ordre. Questo fu senza dubbio l'aspetto della Massoneria che a cui facevano appello Montesquieu, Voltaire, Benjamin Franklin, Condorcet e certamente anche Bailly.
Eppure, nonostante i suoi apprendimenti newtoniani, la loggia di cui faceva parte Bailly, Les Neuf Sœurs non era affatto esente dal cabalismo e dall'interesse per gli «spiriti che presiedono agli astri».[7]
Il poeta Évariste de Parny catturò lo spirito di questa loggia - lo stesso spirito speculativo (esprit de systeme) che anima le opere speculative di Gèbelin e Bailly - quando scrisse la sua Cantate pour la Loge des Neuf Sœurs:
Ainsi que le repos, les arts sont nécessaires.
Qu'ils renaissent toujours chéris,
La France à leurs bienfaits est encore sensible;
Et nos fidèles mains de leur temple paisible
«Voi non sgriderete più, tempeste passeggere.
Oltre che il riposo, sono necessarie le arti.
Essi rinascono sempre cari,
La Francia è ancora sensibile ai loro benefici;
E le nostre mani fedeli del loro tempio pacifico
Rilevano i nobili detriti.»
L'esistenza della loggia Les Neuf Sœurs, era la giusta prova che gli ideali espressi del grand ordre esistevano sia tra i philosophes più razionalisti, sia tra i savant più speculativi. Questi ideali attiravano numerosi uomini illuminati, perché erano basati sia sulla scienza che sulla sulla storia ed affermavano di essere documenti autentici delle grandi leggi cosmiche, con dei titoli di legittimità che risalivano alla stessa origine del mondo. La storia non era più un semplice oggetto di curiosità puramente antiquaria, ma un deposito di verità e conoscenze che avrebbero potuto portare, nella loro visione, alla nuova età dell'oro. Lo stesso Bailly non trovò questo sistema come preconfezionato. Anzi, fu il suo stesso pensiero a portarlo ad accettare molti degli stessi principi che trovavano espressione nelle opere dei suoi amici massoni e che lo portarono, in ultima analisi, ad unire le sue forze con loro. La fiducia nella legge, nel grand ordre, nel linguaggio universale, e nella filosofia sublime che pensava di aver trovato tra gli antichi corrispondeva bene con le idee utopiche dei suoi contemporanei e preparò la sua mente per l'idea utopistica del età dell'oro che sperava di aver trovato grazie alla Rivoluzione francese, anche se poi si rese conto che questa speranza fu vana.
//
Nel 1782 apparve la seconda e ultima opera della serie sull′Histoire de l'astronomie moderne, che copriva gli anni tra il 1730 e il 1782.[9] Diversamente dalla prima, pubblicata in due volumi in quarto, essa è costituita da un singolo volume ed è l'opera più breve tra le quattro che compongono la tetralogia di Bailly sulla storia dell'astronomia. Solo due dei sei capitoli in effetto sono dedicati al progresso dell'astronomia in tale periodo, il resto dell'opera invece comprende: delle disquisizioni sulla matematica; la presentazione delle generali congetture sulla forma dell'universo; una confutazione dell'articolo di Charles Francois Dupuis sulle costellazioni; e un epilogo riassuntivo in cui Bailly dà uno sguardo all'indietro sul terreno teorico già coperto e azzarda alcune osservazioni sul futuro dell'astronomia. Il punto di partenza di quest'opera è il punto finale della precedente, ovvero la preminenza della dottrina newtoniana.
Di conseguenza Bailly si preoccupa della perfezione dei principi newtoniani mostrata da migliori osservazioni, migliori misure, strumenti più sottili e, soprattutto, dal campo, in estensione, della matematica. Tra le realizzazioni del secolo egli elenca:
- la determinazione accurata della dimensione e della forma della Terra attraverso delle misurazioni effettuate in Lapponia, Francia, Perù e Sud Africa;
- le misurazioni della gravitazione in piccoli corpi fatte da Bouguer e Maskelyne;
- la conferma della teoria delle comete di Halley;
- gli enormi passi in avanti fatti nel determinare correttamente il moto dei pianeti e dei satelliti (ambito al quale lo stesso Bailly aveva contribuito);
- gli studi di Bouguer, di Mayer e Halley sulla rifrazione atmosferica;
- il rapido sviluppo in Inghilterra di aiuti alla navigazione, in particolare attraverso gli orologi di Harrison;
- l'invenzione delle lenti acromatiche.
Ovviamente Bailly tratta numerosi altri aspetti importanti dei progressi fatti dall'astronomia nel suo secolo, ma, a suo giudizio, i maggiori passi in avanti sono stati compiuti nell'applicazione della dinamica e del calcolo integrale all'astronomia.
I progressi in matematica fatti da uomini come Eulero, Clairault e d'Alembert[12] affrettarono la soluzione di alcuni tra i più difficili e delicati problemi astronomici, come, ad esempio, il problema dei tre corpi. L'immaginazione di Bailly fu colpita dalla scoperta, fatta da William Herschel nel marzo del 1781, di quello che sarebbe diventato il settimo pianeta, Urano, e comprese subito le sue implicazioni:
Una tale visione porta inevitabilmente a delle speculazioni sulla natura ultima dell'universo. Bailly pone (ma non tenta di rispondere) alcune delle domande che hanno a lungo disturbato i pensatori e che continuavano ad occupare un buon numero di pagine della letteratura scientifica a lui contemporanea. Perché i pianeti e i loro satelliti ruotano nella stessa direzione sullo stesso piano generale? Perché i pianeti ruotano nella direzione del loro moto di rivoluzione? Qual è la causa delle novae e delle nebulose? Qual è il moto del sistema solare? Che cosa lo ha messo in moto? Cos'è la gravità? «Questa forza, questa attrazione è per caso un effetto di una causa primordiale?».[14] Bailly è convinto comunque che un certo numero di segreti della natura saranno definitivamente svelati:
Questo passaggio, da un punto di vista strettamente filosofico, è un notevole esempio della riabilitazione settecentesca delle passioni e si è ancora più stupiti di trovare tali nozioni favorevolmente recensiti anonimamente nel Année littéraire dove si legge: «Rendiamo grazie al signor Bailly per aver aperto i cieli invertendo il muro di bronzo elevato da un'arroganza pedantesca».[15]
Il lettore moderno, così come il recensore del XVIII secolo, comunque, è in grado di vedere almeno un difetto in quest'ultimo volume dell′Histoire de l'astronomie moderne. Il difetto è la troppo lunga confutazione che Bailly fa della Mémoire sur l'origine des constellations et sur l'explication de la fable di Dupuis. Il sistema di Dupuis è infatti tanto semplice quanto improbabile. Egli trovava nel sorgere e nel tramontare delle stelle principali una presunta chiave interpretativa per gli eroi e le eroine della mitologia, la loro genealogia, le loro avventure, i loro temperamenti, ecc. Insomma Dupuis era convinto che la mitologia avesse principalmente un'origine astronomica e che tramite l'astronomia si potessero spiegare i miti. Bailly invece era ancora ansioso di dimostrare, come aveva già fatto nelle opere precedenti, che al contrario il mito aveva principalmente un origine storica, e che i personaggi e le leggende mitiche avevano comunque un fondo di verità. Bailly inoltre era in particolare disaccordo con la cronologia di Dupuis basata sul dodici segni dello Zodiaco che questi aveva presentato nella sua Mémoire explicatif du Zodiaque, chronologique et mythologique.
Il quinto capitolo dell'opera è dedicato invece ad una rielaborazione dei suoi punti di vista dell′Histoire de l'astronomie ancienne e delle Lettres sur l'origine des sciences, legati a degli spunti sull'astronomia dell'antico popolo progredito scientificamente di cui aveva già parlato nelle altre opere e dal quale, secondo lui, discendevano tutte le più importanti civiltà dell'antichità. Oltre a questo capitolo, Bailly spende poco più di due o tre pagine sul tema della preistorica età dell'oro di cui parla diffusamente invece nelle opere precedenti e successive. Nell'epilogo riassuntivo, discutendo i progressi fatti dall'astronomia, egli riafferma la sua fede in «un'astronomia che è stata perfezionata, poi distrutta e dimenticata»[16] e nella rinascita che avvenne in Cina e a Babilonia «ai tempi della fondazione dei nuovi imperi».[17]
Egli non suggerisce, tuttavia, che quella prima astronomia era «perfezionata» nella stessa misura dell'astronomia del XVIII secolo, ovviamente. Anzi, afferma categoricamente che ciò non era vero:
Bailly, infine, termina la sua monumentale opera sulla storia dell'astronomia moderna con una nota ottimistica sul progresso dell'umanità e sulla perfettibilità dell'uomo.
Giudizi successivi
Bailly esercitò una certa influenza sugli uomini del suo tempo, basti pensare a Joseph de Maistre, André Chénier, Madame de Staël e altri personaggi come lo stesso Napoleone. In un passaggio del poeta Chénier vi è forse un'illustrazione della teoria preferita di Buffon secondo cui «lo stile è l'uomo stesso». Un'intera generazione stava per familiarizzare con queste parole sulla figura di Bailly e le sue idee:
«Chénier, L'Invention, nelle Œuvres.[19]»
Roi des antres du Nord: et de glaces armés,
Ses pas usurpateurs sur nos monts imprimés;
Et l'œil perçant du verre, en la vaste étendue,
Allant chercher ces feux qui fuyaient notre vue;
Aux changements prédits, immuables, fixés,
Que d'une plume d'or Bailly nous a tracés,
)
Ovviamente non tutti i contemporanei erano d'accordo sulle sue ipotesi paleostoriche e preistoriche. Il quinto capito, quello in cui disquisisce sull'astronomia di un presunto popolo antichissimo, e ormai dimenticato, che aveva istruito tutti gli altri, gli attirò infatti notevoli critiche negative, soprattutto da parte degli ambienti del clero più bigotti che non accettavano ipotesi storiche diverse dalla tradizione sacra imposta dalla Bibbia. L'anonimo recensore dell′Année littéraire (che in questo caso sembra parlare come l'abate Royou) scrisse: «Fa arrabbiare vedere uno scrittore, anche degno, rinnovare delle opinioni avverse alla tradizione sacra e al sentimento degli storici profani».[20]
Lo stesso Jérôme Lalande (cioè dal "partito" dei philosophes), che era suo amico, finisce in qualche modo per criticarlo, almeno leggermente, nell′éloge che gli dedicò dopo la morte:
- 107 The title page differs slightly from those of the two preceding volumes; it reads "...depuis l'Ecole d'Alexandrie jutsqu'à l'apoque de 1782." The privilege is dated April 17, 1782.
- 108 ASTR MOD 3: 331.
- 109 Ibid. 3: 208.
- 110 It is difficult to say whether it was from political motives or from a fine sense of justice that Bailly refrains from indicating in his writings the lack of agreement between d'Alembert and himself. D'Alembert and Condorcet are both referred to frequently in this volume as important contributors to the advance of learning.
- 111 ASTR MOD 3: 342.
- 112 Ibid. 3: 215.
- 113 Ibid.
- 114
- 115 Ibid. 6: 243.
- 116 Eloge de Bailly, 325.
- 117 ASTR MOD 3: 316.
- 118
- 119 Ibid. 3: 329-330.
- 120 Chenier, L'Invention, in cEuvres
Note
- ^ Jean Sylvain Bailly, Lettres sur l'Atlantide de Platon.
- ^ Lettre de l'auteur du Monde primitif a messieurs ses souscripteurs sur le magnétisme animal, 42, Parigi, Valleyre, 1784.
- ^ Fête de la Fédération su cosmovisions.com
- ^ 14 luglio 1790: la Festa della Federazione di Giovanni Ligasacchi
- ^ a b Michel de Cubières, Recueil des pièces intéressantes sur les arts, les sciences et la littérature, ouvrage posthume de Sylvain Bailly, précédé de la vie littéraire et politique de cet homme illustre, 1810, XX-XXII.
- ^ Bailly, Histoire de l'astronomie moderne: p. XIII.
- ^ Viatte 1: 105-106; ivi è presente una enumerazione degli elementi mistici della massoneria del XVIII secolo.
- ^ Œuvres, élégies et poésies diverses, Paris, Garnier, 1861.
- ^ Il titolo di quest'opera differisce leggermente da quello dei due volumi precedenti; in esso vi è la dicitura finale "...depuis la fondation de l'école d'Alexandrie jusqu'à l'époque de 1782". Il privilegio di pubblicazione è datato 17 aprile 1782.
- ^ Bailly, Histoire de l'astronomie moderne 3: 331.
- ^ Ibid. 3: 208.
- ^ È difficile dire se fosse per motivi politici o per un fine senso di giustizia che Bailly si astiene dall'indicare nei suoi scritti la mancanza di accordo (e anche l'inimicizia) che esisteva tra lui e d'Alembert. Il che è comunque strano perché d'altro canto D'Alembert fa spesso riferimento in modo anche abbastanza cattivo e malizioso di Bailly e delle sue idee nei propri scritti. Bailly ha invece l'onestà intellettuale di citare frequentemente in quest'opera sia D'Alembert che Condorcet, entrambi suoi nemici giurati in ambito accademico, per aver comunque dato importanti contributi al progresso del sapere.
- ^ Bailly, Histoire de l'astronomie moderne 3: 342.
- ^ a b Ibid. 3: 215.
- ^ L′Annee litteraire 1782, 6: 252.
- ^ Bailly, Histoire de l'astronomie moderne 3: 316.
- ^ Ibid. 3: 318.
- ^ Ibid. 3: 329-330.
- ^ Chénier, L'Invention, Œuvres, 2: 16.
- ^ L′Annee litteraire, 1782, 6: 243.
- ^ Lalande, Éloge de Bailly, 325.