Enrico Cialdini
Enrico Cialdini (Castelvetro di Modena, 8 agosto 1811 – Livorno, 8 settembre 1892) è stato un militare e politico italiano, tra le figure di maggior rilievo militare nel Risorgimento, in particolare durante le fasi della campagna piemontese in Italia centrale del 1860, dell'assedio di Gaeta e la repressione del brigantaggio postunitario, della terza guerra d'indipendenza italiana. La sua figura è stata tuttavia, a partire dai primi anni del XXI secolo, al centro di progressive critiche e controversie, soprattutto per i suoi duri metodi nelle fasi centrali della lotta al brigantaggio nel meridione d'Italia e, in particolare, per il massacro di Pontelandolfo e Casalduni.
Enrico Cialdini | |
---|---|
![]() | |
Senatore del Regno d'Italia | |
Legislatura | VIII |
Dati generali | |
Firma |
Enrico Cialdini | |
---|---|
Nascita | Castelvetro di Modena, 8 agosto 1811 |
Morte | Livorno, 8 settembre 1892 |
Dati militari | |
Paese servito | ![]() ![]() |
Forza armata | ![]() ![]() |
Arma | Esercito |
Grado | Maggiore generale |
Guerre | Prima guerra d'indipendenza italiana Seconda guerra d'indipendenza italiana Terza guerra d'indipendenza italiana |
Battaglie | Battaglia di Castelfidardo Assedio di Gaeta (1860) |
Altre cariche | Diplomatico |
voci di militari presenti su Wikipedia | |
Biografia
Gli esordi e l'esilio
Studiò medicina fino al 1831 quando, coinvolto nei moti di rivolta dei ducati e della Romagna, fu costretto ad emigrare prima in Francia poi in Portogallo.
Combatté contro i Carlisti in Spagna, come il conterraneo Manfredo Fanti, col grado di colonnello. Cialdini, d'altra parte, era di madre (Luigia Santyan y Velasco) e moglie (Maria Martinez de Leon) spagnole.
Le guerre di indipendenza
Rientrato in Italia nel 1848, nel corso della Prima guerra d'indipendenza servì sotto il generale Durando e i pontifici alla battaglia di Monte Berico (Vicenza) dove venne ferito. Rimasto nell'esercito piemontese, partecipò al corpo di spedizione italiano alla guerra di Crimea col grado di generale.
Nel corso della Seconda guerra d'indipendenza fu a Palestro nel 1859 e l'anno successivo all'assedio di Ancona, venendo promosso a Generale d'armata il 6 ottobre 1860, dopo l'importante vittoria sui pontifici ottenuta a Castelfidardo il 18 settembre, transitando attraverso Porta Rimini a Pesaro l'11 settembre. Proseguendo a sud fu comandante all'assedio di Gaeta, al termine del quale gli venne conferito il titolo di Duca di Gaeta.
Nel corso della Terza guerra d'indipendenza ebbe il comando di una delle due armate italiane, quella schierata a sud del Po verso Mantova e Rovigo. Per tutta la prima parte della guerra non assunse alcuna posizione offensiva, limitandosi ad azioni dimostrative. Solo dopo che il capo di Stato Maggiore generale Alfonso La Marmora era stato sconfitto dagli austriaci a Custoza, iniziò l'assedio della fortezza austriaca di Borgoforte, a sud del Po; gli venne dunque affidato il grosso dell'esercito e guidò l'avanzata italiana dal Po da Ferrara fino all'Isonzo.
La repressione del brigantaggio
Dopo aver partecipato alla spedizione del 1860 alla guida del IV Corpo d'Armata, nell'agosto 1861 Cialdini venne inviato a Napoli, con poteri eccezionali per affrontare l'emergenza del cosiddetto brigantaggio (pochi giorni prima, il 15 luglio, era stato nominato Luogotenente del Re Vittorio Emanuele II nell'ex Regno delle Due Sicilie). In una seconda fase, comandò una dura repressione del fenomeno attraverso un sistematico ricorso ad arresti in massa, esecuzioni sommarie, distruzione di casolari e masserie, vaste azioni contro centri abitati.
L'obiettivo strategico consisteva nel ristabilire le vie di comunicazione e conservare il controllo dei centri abitati. Gli strumenti a sua disposizione venivano, nel frattempo, incrementati con l'istituto del domicilio coatto e la moltiplicazione delle taglie. Le forze a sue disposizione consistevano in circa 22.000 uomini, presto passati a 50.000 nel dicembre del 1861. In seguito, tra il 1862 e 1863, le truppe dedicate alla repressione vennero aumentate sino a centocinquemila uomini (circa i due quinti delle forze armate italiane del tempo) e Cialdini poté riassumere l'iniziativa, giungendo ad eliminare le grandi bande a cavallo ed i loro migliori comandanti e, soprattutto, ad estinguere il cosiddetto "focolaio lucano".
Con l'azione di Cialdini la lotta contro il brigantaggio raggiunse il risultato strategico principale, cancellando le premesse per una possibile sollevazione generale delle province meridionali. Con estrema severità, non solo contro i briganti stessi, ma anche contro la popolazione accusata di appoggiarli, talvolta senza alcun fondamento, il generale ottenne lo scopo di annientare completamente il brigantaggio, sebbene l'attività brigantesca avesse perso, ormai, i connotati di azione collettiva e, al contempo, l'appoggio popolare, degenerando, vieppiù, in mero banditismo. Nel 1867, Francesco II delle Due Sicilie sciolse il governo borbonico in esilio e, solo nel gennaio 1870, il governo italiano soppresse le zone militari nelle province meridionali, sancendo così la fine ufficiale della emergenza militare.
Cialdini fu responsabile del massacro di Pontelandolfo e Casalduni, compiuto dal Regio Esercito ai danni della popolazione civile dei due comuni ila 14 agosto 1861. Tale atto fu la conseguenza dell'uccisione di 45 militari dell'esercito piemontese (un ufficiale, quaranta bersaglieri e quattro carabinieri), avvenuta alcuni giorni prima ad opera di alcuni "briganti" e di contadini del posto che li avevano fatti prigionieri. I due piccoli centri vennero quasi rasi al suolo tramite fuoco, lasciando circa 3.000 persone senza dimora. Il numero di vittime è tuttora incerto, ma compreso tra il centinaio e il migliaio. Furono violentate e uccise le donne, l'esercito saccheggiò tutti i beni, chi non morì fucilato fu arso vivo all'interno delle abitazioni dei due paesi. Celebre la frase che preannunciava tale operazione: "Di Pontelandolfo e Casalduni non rimanga pietra su pietra". [2].
Al termine del massacro, il colonnello Negri telegrafò a Cialdini: " Ieri mattina all'alba giustizia fu fatta contro Pontelandolfo e Casalduni. Essi bruciano ancora".
La dura reazione del reparto inviato fu la risposta ai soldati e carabinieri del Regno d'Italia precedentemente massacrati. L'episodio si spiega tenendo conto che i militari si erano arresi e che furono comunque uccisi, compresi i feriti, come dalla seguente descrizione:
Sei militari, già gravemente feriti, furono massacrati a colpi di mazza. Un cocchiere si segnalò per il suo comportamento, facendo passare e ripassare dei cavalli al galoppo sopra i corpi dei soldati, alcuni moribondi, altri solo feriti ma impossibilitati a muoversi perché legati. Fu allora inviato un altro reparto militare, questa volta di ben maggiore forza, comandato dal tenente colonnello Pier Eleonoro Negri e costituito da 400 bersaglieri. Quando entrarono a Pontelandolfo, il 14 agosto del 1861, questi soldati, che già sapevano della strage dei propri commilitoni arresisi, videro che i loro stessi corpi erano stati smembrati ed appesi dai briganti come trofei in diverse parti della località, con il capo mozzo del tenente Bracci che era stato conficcato su d'una croce, come si è detto sopra.»
La carriera politica
Eletto deputato al primo (1860) ed al secondo (1861) parlamento italiano nella circoscrizione di Reggio Emilia, il 13 marzo 1864 venne nominato senatore da Vittorio Emanuele II di Savoia.
Nel 1869, venne nominato da Vittorio Emanuele II ambasciatore speciale in Spagna, al fine di favorire un esponente della Casa Savoia al trono vacante (successione spagnola del 1870). Il tentativo ebbe successo il 6 novembre del 1870, quando le cortes designarono Amedeo d'Aosta quale nuovo re di Spagna, con il titolo di Amedeo I di Spagna.
All'abdicazione di Amedeo, l'11 febbraio del 1873, Cialdini passò ad ambasciatore italiano in Francia fino al 1881.
Nel 1881 prese definitivo congedo dalla vita politica.
Controversie e critiche
La figura di Enrico Cialdini, lungamente considerata eroica dalla storiografia risorgimentale, è stata più recentemente al centro di un processo di revisione storica che lo ha fatto diventare il centro di numerose critiche. In particolare, il massacro perpetrato a Pontelandolfo e Casalduni è stato riconosciuto come luogo della memoria[3] per crimine di guerra[senza fonte], tanto che l'ex Presidente del Consiglio Giuliano Amato ha chiesto ufficialmente scusa alla "città martire" nell'ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell'unificazione italiana[4]. Alle scuse di Amato seguirono anche quelle di Graziano Delrio nel 2011 sindaco di Reggio Emilia che oltre ad avere il generale nella toponomastica cittadina (una strada e il palazzo della questura in suo nome) ospita un busto di Cialdini nel porticato centrale del municipio reggiano, Delrio ricevette in Comune il vicesindaco di Pontelandolfo, non senza qualche imbarazzo dell'amministrazione comunale.[5]
Negli anni seguenti l'unità nazionale, non poche città intitolarono piazze o strade a Cialdini, esposero suoi busti o lo premiarono con la cittadinanza onoraria. Tuttavia, a partire dai primi anni del XXI secolo alcune città, come Mestre[6], Catania, Casamassima[7] e Lamezia Terme hanno rimosso il suo nome dalle strade precedentemente intitolategli. In quest'ultima città, via Cialdini è stata dedicata ad Angelina Romano[8], una bambina di nove anni[9] fucilata nella strage di Castellammare del Golfo.[10], mentre Vicenza ha ridenominato la piazza Pier Eleonoro Negri in piazza Pontelandolfo, il vicentino Nergri era colonnello e luogo tenente di Cialdini che compì il massacro di Casalduni e Pontelandolfo. [11]
Il 26 dicembre 2016 il Consiglio del Comune di Napoli ha deliberato all'unanimità la rimozione del busto di Cialdini dalla locale Camera di Commercio[12]. Il 20 aprile 2017, inoltre, lo stesso Comune di Napoli, «come atto di riconoscimento della memoria storica delle vittime delle stragi che il generale Cialdini ha perpetrato nel nostro territorio e nel Mezzogiorno d'Italia», ha ritirato la cittadinanza onoraria che era stata in passato concessa a Cialdini[13].
Onorificenze
Onorificenze Italiane
Medaglia commemorativa della guerra di Crimea
Medaglia francese commemorativa della campagna 1859
Onorificenze straniere
Note
- ^ tratto da: La sfida della fede. Fuori e dentro la Chiesa: la cronaca in una prospettiva cristiana, Paoline, Milano 1993
- ^ Marchese di Norman: Difesa del Duca di Modenaedizione Emiliana, Venezia 1862 (pagina 53)
- ^ Il masstacro dimenticato di Pontelandolfo quando i bersaglieri fucilarono gli innocenti repubblica.it
- ^ Pontelandolfo, scuse per un massacro. Il Corriere della Sera, Accesso il 21 aprile 2017
- ^ Reggio Emilia: strada, caserma e un busto dedicati allo stragista Cialdini gazzettadireggio.gelocal.it
- ^ [1]
- ^ OCCHIO ALLE STRADE: VIA CIALDINI CAMBIA NOME. Casamassima Web, accesso il 21 aprile 2017
- ^ Da Via Cialdini in via Angelina Romano, La Vittima spodesta il carnefice. Lamezia Live, accesso il 21 aprile 2017
- ^ Pino Aprile (2016) Carnefici. Piemme Editore.
- ^ «8 marzo: ricordiamo Angelina Romano, “martire” siciliana»vvox.it
- ^ A Vicenza adesso c’è «piazza Pontelandolfo» il mattino.it
- ^ Napoli, il Consiglio all’unanimità: «Rimuovere il busto di Cialdini». Il Corriere del Mezzogiorno, 26 dicembre 2016. accesso il 21 aprile 2017.
- ^ Al generale Enrico Cialdini revocata la cittadinanza onoraria di Napoli. Il Mattino, 20 aprile 2017. Accesso il 21 Aprile 2017
- ^ a b c Sito web del Quirinale: dettaglio decorato.
Bibliografia
- Giuseppe Monsagrati, CIALDINI, Enrico, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 25, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1981. URL consultato il 10 aprile 2015.
Altri progetti
- Wikisource contiene una pagina dedicata a Enrico Cialdini
- Wikiquote contiene citazioni di o su Enrico Cialdini
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Enrico Cialdini
Controllo di autorità | VIAF (EN) 42591032 · ISNI (EN) 0000 0000 6120 5414 · SBN PALV026962 · BAV 495/98683 · CERL cnp01079373 · GND (DE) 116517115 · BNF (FR) cb16157906f (data) |
---|