Rocco Lo Presti

mafioso italiano (1937-2009)

Template:Organizzazione criminale Rocco Lo Presti, all'anagrafe Lopresti, conosciuto come "Roccu u Maneja" a Marina di Gioiosa Jonica, suo paese di origine (Marina di Gioiosa Jonica, 6 maggio 1937Torino, 23 gennaio 2009), è stato un criminale italiano.

Storico boss mafioso di Bardonecchia e della Val di Susa è stato il Padrino della 'Ndrangheta in Piemonte. Ha rappresentato un pezzo di storia della criminalità organizzata in Piemonte assieme alle famiglie della 'Ndrangheta dei Belfiore, degli Ursini e dei Mazzaferro. Tutte originarie di Gioiosa Jonica. Il cognome di Lo Presti è stato un cognome che ha segnato per cinquant'anni Bardonecchia e la Val di Susa. Ne hanno parlato talmente tanto i giornali e la televisione, che sono in pochi a non conoscere il cognome Lo Presti. Sempre sulle prime pagine è stato il nome più conosciuto della Val di Susa. Lo Presti ha passato l'intera vita a difendersi da ogni tipo di accusa e dai continui attacchi da parte della magistratura. Accuse dalle quali è sempre riuscito a dimostrare la propria innocenza avendo avuto i migliori avvocati del Foro di Torino. È sempre uscito indenne dalle maggiori inchieste di mafia in Piemonte[1][2]. Imparentato con la famiglia mafiosa dei Mazzaferro di Marina di Gioiosa Jonica, di cui ne è stato anche l'esponente di maggior rilievo, si trasferì in Piemonte sul finire degli anni cinquanta facendo della cittadina subalpina il suo feudo. Il suo nome è legato a doppio filo con quello della famiglia Mazzaferro. Assieme al cugino Don Ciccio Francesco Mazzaferro ha avuto l'egemonia sul territorio della Val di Susa. Per Bardonecchia la presenza di Lo Presti è stata una maledizione, di quelle da cui non si esce mai. È forse la cittadina che gli ha fatto costruire la sua fama di boss della 'Ndrangheta, il paese dove, almeno a giudicare dalle sue attività messe in piedi dalla sua famiglia, Lo Presti ha fatto fortuna, quel cognome non se lo scrollerà di dosso ancora per tanti anni. Se per molti italiani, Bardonecchia e la Val di Susa è uguale mafia; se la stazione sciistica è stata sempre presente nei titoli dei giornali più per la supposta presenza mafiosa incarnita dal vecchio boss che per le sue piste innevate, è grazie alla leggenda di Lo Presti. Per tutti era da sempre il boss incontrastato della Val di Susa e per tutti Bardonecchia rappresentava il suo regno. Per i calabresi e i siciliani di Bardonecchia, Oulx, Sauze d'Oulx, Sestriere, Cesana, Claviere, Susa, ma anche per i montanari e i villeggianti che arrivavano da Torino, Milano, Genova. Per tutti era una potenza nominale. Un nome che incuteva rispetto o riprovazione, ma di sicuro sempre una certa paura. Una leggenda, appunto. Tutti lo salutavano con rispetto o ci scherzavano su in privato, ma nessuno ha mai avuto la consapevolezza o la certezza fino in fondo che quell'uomo dall'aria mite fosse davvero un capomafia. Ha costruito da imprenditore, molti edifici di Bardonecchia, e ha dato lavoro a migliaia di persone, durante gli anni del boom edilizio. Per i giudici di Torino è stato colui che ha importato il fenomeno Mafia nel nord Italia. Summit segreti, polizia in allerta, sindaco aggredito, a Roma le denunce dell'Antimafia, intimidazioni intorno ai cantieri. Negli anni sessanta e settanta il suo potere in Piemonte è stato pari a quello di Don Antonio Macrì in Calabria. Ha dettato legge nel campo dell'edilizia. Ricco e potente fin dagli anni sessanta, ha creato la propria fortuna nel campo dell'edilizia e delle costruzioni, dettando leggi e regole proprie, stravolgendone per anni il settore. Con un esercito di operai alle sue dipendenze è stato l'uomo che, durante gli anni del boom e della speculazione edilizia in Piemonte, ha imposto il dominio della manodopera edilizia in tutta la Val di Susa. Salito agli onori delle cronache negli anni del boom e della speculazione edilizia prima, e del sequestro-omicidio Ceretto poi, ha avuto il potere assoluto nel campo dell'edilizia e della malavita in Piemonte fino al 1975, anno in cui venne mandato al confino sull'isola dell'Asinara. Per decenni si è indagato su di lui. Il fascicolo è enorme, legato con un grosso spago. Nella storia dell'infiltrazione della 'Ndrangheta in Piemonte tra il '65 e il '75 la sua figura è molto chiacchierata e viene evocata più volte dagli investigatori. Negli archivi di polizia e carabinieri ci sono soltanto informazioni riservati e confidenziali per migliaia di pagine, ma nessuna prova concreta di responsabilità dirette in illeciti o reati di sorta. Il fascicolo è pieno di assolutorie per insufficienza di prove. Inchieste, relazioni parlamentari, denunce, ordini di cattura, intercettazioni, arresti, sequestri. Ma lui ha sempre preferito atteggiarsi a mite cittadino perseguitato dalla giustizia. Eppure è stato l'uomo più chiacchierato della Val di Susa. Un uomo capace di scalare i gradini della carriera criminale sgusciando indenne tra un processo e l'altro, in grado di conquistare potere, abile nel riuscire a costruirsi una robusta posizione economica grazie alle amicizie influenti che gli hanno permesso di creare un impero a Bardonecchia durante gli anni del boom edilizio. A lui si sono rivolti con riverenza numerosi politici in occasione di campagne elettorali. Ha avuto legami con il clan dei marsigliesi e con tutte le più importanti famiglie mafiose della Calabria e della Sicilia. I Belfiore, i Tripodo, i Mesiani Mazzacuva, i Ruga, gli Aquino, gli Ierinò, i Macrì, i Morabito, i Varacalli, i Cataldo, gli Strangio, i Barbaro, gli Alvaro-Palamara, i Raso-Albanese e i Facchineri. Ha avuto rapporti di amicizia e di affari con la Famiglia Inzerillo-Spatola-Gambino di Palermo. Fu proprio attraverso l'amicizia di Totuccio Salvatore Inzerillo, boss di Palermo e i Gambino di Cherry Hill, New Jersey, che avevano soggiornato per un breve periodo a Bardonecchia negli anni sessanta, che ebbe modo di recarsi in più occasioni negli Stati Uniti per stringere alleanze con i cugini della Famiglia Gambino di New York. Ha avuto legami anche con le famiglie della 'Ndrangheta in Canada. Secondo un collaboratore di giustizia negli ultimi anni si era avvicinato ed alleato agli Aquino, rivali dei Mazzaferro. Uomo di vecchio stampo, è stato sempre contrario alla droga.

Biografia

Nato a Marina di Gioiosa Jonica. All'età di 16 anni Lo Presti lascia la Calabria e si trasferisce in Piemonte. Nel 1957 viene arrestato e condannato a Casale Monferrato per spaccio di banconote false e resistenza a pubblico ufficiale. Nel 1962 viene condannato dal Tribunale di Locri per ricettazione. Nel 1963 si stabilisce a Bardonecchia e in pieno boom edilizio mette su una piccola impresa di costruzioni che molto presto conquista una posizione di preminenza su tutte le altre imprese. Dopo l'arrivo di Lo Presti a Bardonecchia, cominciarono a verificarsi episodi tipici degli ambienti dove opera la mafia. Nel settembre del 1963 si verifica il primo episodio. Mario Corino, segretario della locale sede Dc di Bardonecchia, e futuro sindaco del paese, che si sta occupando della speculazione edilizia e disturba, viene aggredito e picchiato di notte da sconosciuti[3]. Vengono fermati per l'aggressione, due muratori calabresi, Francesco Ursino, cognato di Lo Presti, e Antonio Zucco originario di Ciminà. Interrogati dal giudice, i due dichiarano di avere picchiato il Corino perche' spia dei sindacati. Rocco Lo Presti sarebbe stato il mandante. Nel 1965 Lo Presti viene arrestato a Ginevra dalla gendarmeria svizzera per una serie di furti a delle ville. Viene processato e condannato a due anni di reclusione[4]. Nel 1968 Lo Presti torna a Bardonecchia e si sposa con una compaesana in uno degli alberghi più lussuosi del paese, il Grand Hotel Riky. È un matrimonio favoloso con oltre 300 invitati fra cui alcuni venuti apposta dall'America. Tra gli invitati il noto boss italoamericano Frank Coppola, alias Frank Tree Fingers e i Gambino di Cherry Hill. Per le strade uomini con la coppola tengono a bada i curiosi. Da lì in poi chi vuole costruire a Bardonecchia deve passare da Rocco Lo Presti. Chi si ribella muore. Nel dicembre del 1969 viene sospettato di essere il mandante dell'omicidio Timpano. A Exilles lungo la statale della Val di Susa viene trovato il cadavere di Vincenzo Timpano, appena arrivato dalla Calabria. È stato ucciso da Giuseppe Oppedisano, cognato di Lo Presti e cognato dello stesso Timpano. Il cadavere è stato cosparso di benzina e dato alle fiamme. Viene trovata sul luogo del delitto l'Alfa 1750 di proprietà del Lo Presti. Oppedisano confessa, ma non rivelerà mai il movente. Lo Presti ha invece un alibi inattaccabile. Era in volo su un aereo verso il sud Italia[5][6][7]. Nel giugno del 1970, appena sei mesi dopo, viene nuovamente sospettato come mandante dell'omicidio D'Aguanno. Viene trovato a Moncalieri in una discarica abbandonata il cadavere di Luigi D'Aguanno, un ricettatore appena uscito di galera. Qualcuno dice che abbia pagato con la vita una soffiata alla polizia. Viene fermato per l'omicidio Carmine Messina a bordo dell'auto di proprietà del Lo Presti[8][9][10][11][12][13][14]. Anche questa volta Lo Presti risulta essere in volo su un aereo diretto in Calabria. In entrambi i casi Lo Presti viene prosciolto da ogni accusa. Il 12 settembre 1970 in uno dei cantieri di Lo Presti a Bardonecchia viene catturato Filippo Costa, pregiudicato, sospettato di appartenere alla cosca di Luciano Liggio, in quel periodo al centro di un inchiesta sui sequestri di persona portati a termine dal gruppo Liggio.

 
Rocco Lo Presti con il cugino Don Ciccio Francesco Mazzaferro, in un processo del 1974, quando a Bardonecchia dettava legge.

Da manovale a "padrino" di Bardonecchia. Non si muove foglia che Rocco non voglia

Nel 1970 Lo Presti inizia la sua grande ascesa nel campo dell'edilizia. Sono ormai presenti da tempo a Bardonecchia appartenenti delle famiglie siciliane dei Gambino, degli Spatola e degli Inzerillo e Lo Presti molto presto entra in rapporti di affari con i fratelli Salvatore e Alfonso Gambino di Palermo, cugini diretti dei Gambino di New York. Diventeranno i suoi fedelissimi collaboratori nel reclutamento e nello sfruttamento della manodopera edilizia. Successivamente entra in rapporti di amicizia anche con loro cugino, il giovane Totuccio Salvatore Inzerillo, futuro boss di Palermo, ancora agli inizi della sua carriera criminale. Diventeranno amici fraterni. Nel 1971 è il re degli appalti, finiscono tutti a lui. Palazzi, cantieri e centinaia e centinaia di dipendenti. Non c'è impresario o mercante di braccia che non conosca Rocco Lo Presti. In molti sostengono che in questo periodo Lo Presti abbia festeggiato da imprenditore, in un noto ristorante di Bardonecchia, il suo primo miliardo di lire. Il 1° Maggio 1971 è la Festa dei Lavoratori. Ottomila torinesi sono in piazza Vittorio Veneto a Torino per la tradizionale sfilata. In un bar sotto i portici alcuni immigrati calabresi parlano sottovoce. Stanno discutendo con Carmelo Manti, intonacatore cottimista. All’improvviso il Manti si alza, estrae una pistola, spara e uccide i quattro compaesani e si confonde tra la folla. Lascia a terra Domenico Parisi, Giuseppe Prochilo, Alfredo Muoio e Franco Maltraversi. Sono mercanti di braccia che esigono il pagamento della tangente. Deve loro quasi 2 milioni di lire[15]. Giuseppe Prochilo, boss del racket dell'edilizia è il luogotenente di Rocco Lo Presti. La strage del 1° Maggio alza il velo e rompe il fronte di omertà sul racket dell'edilizia. Arrestato e interrogato dal giudice, il Manti, rivela ogni segreto sul racket. Racconta di appalti e subappalti, cottimismo, sfruttamento, tangenti. Torino scopre una organizzazione germogliata sulla miseria e sulla sofferenza di tanti immigrati. Rivela i nomi dei boss che controllano il racket. Tra i nomi c’è anche quello di Rocco Lo Presti[16]. L’attenzione dei giornali e della magistratura si concentra su Bardonecchia. Si inizia a parlare di caporalato, sfruttamento abusivo della manodopera, racket nei cantieri. Operai in cerca di lavoro che vengono reclutati a Porta Palazzo e alla stazione di Porta Nuova al momento del loro arrivo in Piemonte e portati in massa nei cantieri a Bardonecchia. Imprenditori che vengono minacciati e costretti a rinunciare a ogni tipo di lavoro sul territorio di Bardonecchia. Nessun imprenditore può muovere un mattone a Bardonecchia senza il consenso di Lo Presti. È lui a decidere a chi dare il lavoro. È lui a decidere la fornitura dei materiali. È lui ad avere potere di vita o di morte. Attraverso minacce, intimidazioni e prevaricazioni di ogni genere riesce ad avere il controllo della manodopera edilizia in Val di Susa[17]. Nel gennaio del 1972 l'episodio più significativo di minacce. Un gruppo di operai calabresi armati ha circondato un cantiere edile ordinando agli operai di sgomberare e di non farsi vedere mai più. Ai disgraziati non resta che obbedire. Il lavoro passerà a Rocco Lo Presti. Ma quando il magistrato comincia gli interrogatori, nessuno ricorda più niente. Leonardo Ferrero, giornalista de l'Unità che sta svolgendo un servizio sulla speculazione edilizia in Val di Susa viene minacciato dallo stesso Lo Presti come vengono minacciati i sindacati a tutela dei lavoratori. I sindacalisti di Cgil, Cisl e Uil dichiarano ai giudici di Torino che, durante un giro dei cantieri di Bardonecchia nell'ottobre del 1971, i loro spostamenti erano seguiti da alcune auto e che era praticamente impossibile avvicinarsi ai lavoratori che sembrava avessero il terrore di colloquiare. I sindacalisti dichiarano inoltre di essere stati direttamente minacciati e di avere ricevuto telefonate in cui venivano invitati a non andare nei cantieri di Bardonecchia poiché poteva finire male. Altri imprenditori minacciati, cantieri devastati. Il sindaco di Bardonecchia, Mario Corino, accusa pubblicamente Lo Presti. La tensione è alta. Nel maggio 1972 un certo Giovanni Rosace sostiene che a Bardonecchia si svolge un intenso traffico di d'armi e preziosi provenienti da Marsiglia controllato da Lo Presti[18]. Nello stesso periodo in un rapporto dei carabinieri si afferma che il Lo Presti controlla a Torino cinque bische clandestine. Nel 1973 viene mandato in soggiorno obbligato a Bardonecchia il cugino Don Ciccio Francesco Mazzaferro[19]. L'accoppiata è perfetta. Insieme domineranno il campo dell'edilizia aggiudicandosi appalti lucrosi come la realizzazione del Traforo del Frejus.

 
Rocco Lo Presti accompagnato dagli agenti all'Asinara (1976).

Il solido legame con Inzerillo e i Gambino. Il confino all'Asinara

Nel 1973 l'Interpol segnala la presenza di Lo Presti a New York. Per il suo soggiorno negli Stati Uniti sarà ospite con la moglie e la figlia presso i Gambino di Cherry Hill, nel New Jersey. I fratelli John, Joseph e Rosario Gambino, cugini di Salvatore Inzerillo e nipoti di Carlo Gambino, capo della più potente famiglia mafiosa degli Stati Uniti. Una foto ritrae Lo Presti seduto ad un banchetto con Don Carlo Gambino. Si reca anche in Canada, dapprima nell'Ontario, e stringe alleanza con i nomi noti del crimine organizzato di Toronto. Rocco Zito, Mike Racco, Cosimo Stalteri e Jimmy De Leo. Successivamente si reca nel Québec, a Montreal e si allea con Vic Cotroni e Paul Violi. Nel gennaio del 1975 la Criminalpol manda in fumo a Bardonecchia un convegno mafioso. Avrebbe dovuto svolgersi un vertice fra mafiosi calabresi, italoamericani e siciliani, ma saltò tutto all'ultimo momento, forse perché era giunta notizia di una possibile irruzione della polizia. Si è invece svolta in realtà una cerimonia del tutta innocente. Quella del battesimo del secondogenito di Rocco Lo Presti[20]. Nella primavera dello stesso anno Lo Presti torna di nuovo negli Stati Uniti. Si parla di entrare in rapporti di affari con la famiglia Gambino. Iniziare a costruire a Miami in Florida assieme a John Gambino e Salvatore Inzerillo. Purtroppo il sogno americano svanisce. Al suo rientro in Italia, la Commissione Parlamentare Antimafia, attirata dai numerosi articoli sul giornale, che già da un anno si sta occupando di lui, ha mandato a Bardonecchia una delegazione presieduta da Pio La Torre che ha accertato la presenza della criminalità organizzata e ha individuato in Lo Presti il boss mafioso. L'allora questore di Torino Emilio Santillo scrive un voluminoso dossier sull'infiltrazione della 'Ndrangheta in Val di Susa[21][22] che controlla l'edilizia con particolare riferimento alla sua figura. Grazie a questo dossier nel 1975 Lo Presti viene accusato di essere a capo del cosiddetto fenomeno del racket delle braccia e su richiesta dell'ex procuratore capo di Torino, Bruno Caccia[23], viene condannato a tre anni di confino sull'isola dell'Asinara entrando così nel Gotha dei grandi boss mafiosi[24]. Sull'isola troverà Luciano Liggio, Tommaso Buscetta, Ignazio Pullarà di Palermo, Giuseppe Di Cristina di Riesi, Rocco Gioffrè di Seminara, Francesco Barbaro di Platì.

 
Rocco Lo Presti arrestato nell'isola dell'Asinara come mandante del sequestro-omicidio Ceretto (1976).

Il sequestro-omicidio Ceretto. La riabilitazione penale

Nel febbraio 1976 Lo Presti viene prelevato all'Asinara perché accusato di essere il mandante di uno dei sequestri di persona più clamorosi avvenuti in Piemonte negli anni settanta il sequestro-omicidio di Mario Ceretto, un ricco industriale di Cuorgnè[25][26] trovato sepolto in un campo ad Orbassano[27][28]. Il 23 maggio del 1975 l'industriale verrà rapito e ritrovato morto una settimana più tardi in un campo abbandonato. Lo Presti verrà accusato da Giovanni Caggegi di essere ideatore del rapimento. Vengono coinvolti e arrestati anche Cosimo Giuseppe Ruga di Monasterace, Cosimo Metastasio di Stilo, i Giampaolo, i Calabro' e i Giorgi di San Luca, Raffaele La Scala di Locri, e Venanzio Tripodo, figlio di Don Mico Domenico Tripodo. Assolto in primo grado, verrà condannato in appello a 26 anni di reclusione[29]. Lo Presti prevedendo la sentenza di condanna, diserta l'udienza e si rende irreperibile. I suoi legali ricorrono in Cassazione. Lui nel frattempo si rifugia in Francia spostandosi tra Parigi e Marsiglia facendo qualche buon affare con i marsigliesi. Passerà una latitanza dorata di ben due anni e nel dicembre del 1982 arriva la grande svolta. La Cassazione rinvia clamorosamente, per irregolarità, gli atti alla Corte d'appello di Genova e il giudizio si conclude con un'assoluzione per insufficienza di prove escludendo Lo Presti definitivamente da ogni coinvolgimento nel caso Ceretto. Anni più tardi si scoprirà che non è stata del tutto casuale questa decisione da parte della Suprema Corte. Rocco Lo Presti avrebbe dato all'epoca 30 milioni di lire ad un monsignore del Vaticano, Don Simeone Duca, per una sua intercessione presso il magistrato della Corte di Cassazione[30]. Nel Luglio 1977, a Torino, tre killer incappucciati e armati di lupara giustiziano un impresario legato alla 'ndrangheta. La vittima è Giuseppe Zucco, luogotenente di Lo Presti. Faceva parte dell'organizzazione che reclutava la manodopera per il racket delle braccia ed era stato coinvolto insieme a Lo Presti nel traffico d'armi e preziosi provenienti dalla Francia con il clan dei marsigliesi[31]. Nel 1987 Lo Presti viene arrestato assieme ad altre tredici persone per una truffa di tre miliardi di lire a una banca di Cuneo. Secondo l'accusa Lo Presti avrebbe costretto un direttore di banca per anni a coprire assegni a vuoto[32]. Verrà prosciolto da ogni accusa. Nel 1992 Lo Presti chiede e ottiene la riabilitazione penale. È l'inizio di una nuova vita. Il suo potere si ridimensiona ma non si annienta. Resta nell'ombra, ai margini della criminalità organizzata e delle altre famiglie mafiose rimanendo sempre il padrino. Gli altri fanno i soldi con il traffico di droga. Lui è contrario. Abbandona l'attività del settore edile e si dedica al commercio e alla politica. Mette su alberghi, ristoranti, pizzerie, bar, discoteche, negozi di abbigliamento e sale giochi. In questo periodo in molti si rivolgono a Lo Presti in occasione di campagne elettorali, grazie al pacchetto di voti appetibile di cui gode. Significativa è stata la campagna elettorale del 1992 ad un politico torinese che riuscì addirittura ad andare alla Camera dei Deputati grazie al suo appoggio. Altri si rivolgono a lui perché ricevono minacce, intimidazioni a scopo di estorsione e chiedono il suo intervento. Nel 1993 viene arrestato a Bardonecchia il nipote di Lo Presti, Giuseppe Ursino, assieme ad altre quindici persone per traffico d'armi e droga[33].

 
Rocco Lo Presti nell'aula del tribunale durante un'udienza del processo Ceretto del 1978.

L'affare Campo Smith. Bardonecchia, primo comune del nord Italia sciolto per mafia

Nel 1991 Pierluigi Leone, commissario capo di polizia, viene inviato al comando del commissariato di Bardonecchia, ma viene improvvisamente trasferito senza alcun motivo in Calabria, dopo appena due mesi dal suo arrivo. Leone aveva toccato interessi politici forti a Bardonecchia, stava indagando sulla futura realizzazione del complesso Campo Smith e aveva scritto un rapporto investigativo su Lo Presti e proposto una misura di prevenzione nei suoi confronti. Lo stesso Lo Presti lo aveva minacciato e gli aveva fatto capire di essere al corrente di indagini riservate su di lui[34]. Nel novembre del 1995 Lo Presti viene nuovamente arrestato perché coinvolto nell'affare Campo Smith. La realizzazione di un mega residence ai piedi degli impianti da sci. Un investimento da cinquanta miliardi di lire. Il lavoro più grosso mai realizzato a Bardonecchia dopo il Traforo del Frejus. Secondo l'accusa Lo Presti sarebbe stato a capo dell'organizzazione che avrebbe gestito l'intera operazione Campo Smith. Viene arrestato il sindaco di Bardonecchia Alessandro Gibello, e vengono coinvolti nelle indagini tutti i funzionari del Comune per presunti condizionamenti da parte della criminalità organizzata. Viene anche indagato il maresciallo dei carabinieri che per anni avrebbe favorito Lo Presti nei loschi affari. Il 5 maggio del 1995, con decreto del Governo verrà sciolto il consiglio comunale di Bardonecchia[35]. Fino a qualche anno fa, primo e unico comune del nord Italia sciolto per presunte infiltrazioni mafiose. Gli vengono sequestrati beni per un valore di 10 miliardi di lire. Nel aprile 2001 mentre è in corso il processo a suo carico per l'affare Campo Smith, un collaboratore di giustizia, sostiene di aver appreso in carcere da un certo Musuraci detenuto in Spagna, di un possibile coinvolgimento di Rocco Lo Presti, assieme ai Belfiore e agli Ursini, nell'omicidio dell'ex procuratore capo di Torino Bruno Caccia. Una delle ex amanti di Lo Presti inoltre dichiarò ai giudici che all'indomani dell'assassinio del giudice Caccia, il padrino avrebbe ricevuto una telefonata dal gruppo dei calabresi di Torino in cui gli fu detto: "Rocco ti abbiamo fatto il regalo di compleanno". Caccia aveva indagato più volte su Lo Presti e fu colui che lo fece mandare al confino all'Asinara. Ma purtroppo non si ebbero mai prove di un suo ruolo diretto in questo omicidio e ogni accusa cadde nel vuoto.

L'ascesa dei nipoti Ursino. La caduta del Padrino

Dal 2000 in poi cambiano gli assetti criminali a Bardonecchia. A causa delle continue pressioni da parte della magistratura e delle forze dell'ordine Rocco Lo Presti è costretto a cedere lo scettro di comando ai suoi nipoti, i fratelli Luciano e Giuseppe Ursino. Con questa mossa Lo Presti spera di attirare un po' meno l'attenzione su di sé. Convinto poi, da tanti anni di impunità, che in caso di guai giudiziari, al massimo possono vietargli di uscire da Bardonecchia, dal suo regno, come prevede la legge che ha stabilito il soggiorno obbligato nel luogo di residenza. Il nipote Luciano Ursino molto presto entra in rapporti di affari con i fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea col giro dei videopoker rifilando macchine da gioco a più esercenti possibili, da Bardonecchia a Torino. Nel 2003 alla vigilia dei Giochi Olimpici del 2006 si inizia a parlare di appalti in Val di Susa. I lavori suscitano l'interesse del clan Lo Presti. Arrivano le prime minacce. Il direttore dei lavori dell'autostrada Torino-Bardonecchia e i dirigenti dell'Agenzia Torino 2006 ricevono per posta buste con proiettili. Gli Ursino riescono a corrompere un ispettore di polizia che li informa sulle indagini e fornirà loro uno scanner per trovare microspie. Nel aprile 2004 gli Ursino avvicineranno un politico per tentare di ottenere i finanziamenti Ue e metteranno su un giro di usura milionario che si estende da Bardonecchia a Torino. Tra le vittime strangolati dall'usura vi è un noto personaggio politico dell'ex psi che denuncia l'organizzazione e nel novembre del 2006 viene arrestato Rocco Lo Presti assieme ai nipoti Ursino[36][37][38]. Finiscono in manette 15 persone e 14 indagati. Imprenditori e artigiani strangolati con interessi al 120 per cento. In alcuni casi l'organizzazione rileva una quota delle imprese in crisi che si rivolgono ad essa, per poi arrivare a controllare tutte le quote a causa dell'impossibilità dei creditori di far fronte ai pagamenti. A Lo Presti gli vengono nuovamente sequestrati beni per un valore di 2 milioni di euro. Nell'ultimo periodo la malattia lo ha indebolito nel fisico e nel ruolo. Diabetico e ormai malato di cuore è costretto a continue cure mediche. Passa l'ultimo periodo di vita spostandosi da un ospedale all'altro. Muore d'infarto il 23 gennaio del 2009[39] nel reparto detenuti dell'Ospedale Molinette di Torino all'età di 72 anni, il giorno dopo la conferma di condanna in appello a sei anni per associazione a delinquere di stampo mafioso per l'affare Campo Smith, risalente a dieci anni prima. La prima e unica condanna della sua carriera criminale. In pochi parteciperanno ai suoi funerali per timore di controlli da parte delle forze dell'ordine. Lo Presti è stato sepolto nel Cimitero di Bardonecchia. Ancora oggi in molti lo considerano un benefattore. Chissà se, ora che è morto, in Val di Susa, si parlerà ancora di Rocco Lo Presti.

Note

  1. ^ Torna libero Lo Presti. A suo carico solo ipotesi La Stampa 13 dicembre 1987
  2. ^ Tante accuse e la fedina immacolata La Stampa 14 novembre 1995
  3. ^ L'aggressione di Bardonecchia non ha avuto movente politico La Stampa 8 Settembre 1963
  4. ^ Impresario di Bardonecchia arrestato per furto di 60 milioni di gioielli in una villa a Ginevra La Stampa 29 Luglio 1965
  5. ^ Scappato dal Sud, è stato raggiunto e atrocemente giustiziato presso Salbertrand Stampa Sera 17 Dicembre 1969
  6. ^ Si cerca un amico del mafioso sfigurato in Valsusa Stampa Sera 18 Dicembre 1969
  7. ^ L'uccisione del mafioso calabrese può essere un affare di famiglia Stampa Sera 19 Dicembre 1969
  8. ^ Il gangster ucciso dalla sua stessa banda. Parla il complice fermato La Stampa 26 Giugno 1970
  9. ^ Il bandito ucciso e bruciato in un campo a Moncalieri La Stampa 27 Giugno 1970
  10. ^ Fermato l'uomo che fornì ai complici le prove del tradimento del gangster Stampa Sera 29 Giugno 1970
  11. ^ Luigi D'Aguanno giustiziato come il calabrese di Exilles Stampa Sera 30 Giugno 1970
  12. ^ Il gangster ucciso e bruciato con benzina a Moncalieri La Stampa 1 Luglio 1970
  13. ^ Un amico l'ha portato all'agguato del killer Stampa Sera 2 Luglio 1970
  14. ^ Non ho mai conosciuto D'Aguanno non ho mai prestato l'auto a Messina La Stampa 3 Luglio 1970
  15. ^ Quattro calabresi uccisi a Torino La Stampa 3 Maggio 1971
  16. ^ Nella strage di piazza Vittorio una drammatica denuncia del racket La Stampa 4 Maggio 1971
  17. ^ La mafia si preparava ad impadronirsi di lavori del Frejus La Stampa 4 aprile 1974
  18. ^ Il traffico d'armi e preziosi con la Francia passerebbe per le cosche della Val di Susa La Stampa 4 Aprile 1974
  19. ^ Presunto boss del contrabbando espulso dalla Calabria ritornerà a Bardonecchia La Stampa 28 Febbraio 1973
  20. ^ L'arrivo in forze della Criminalpol manda in fumo convegno mafioso La Stampa 7 Gennaio 1975
  21. ^ Questi gli undici nomi dei boss di Bardonecchia Stampa Sera 3 Aprile 1974
  22. ^ Ecco l'esplosivo dossier sulla mafia in Valle di Susa La Stampa 3 Aprile 1974
  23. ^ Chiesto dal procuratore il confino per Lo Presti La Stampa 28 giugno 1975
  24. ^ Lo Presti accompagnato dagli agenti all'Asinara La Stampa 15 ottobre 1975
  25. ^ Industriale rapito nei pressi di Torino La Stampa 24 Maggio 1975
  26. ^ Rapito un industriale di Courgnè La Stampa 24 Maggio 1975
  27. ^ Rocco Lo Presti è arrestato all'Asinara per il sequestro e l'omicidio Ceretto La Stampa 20 febbraio 1976
  28. ^ A Moncalieri con le manette ai polsi Rocco Lo Presti accusato di omicidio La Stampa 21 febbraio 1976
  29. ^ Sorpresa al processo Ceretto; 26 anni all'impresario edile Rocco Lo Presti La Stampa 20 novembre 1980
  30. ^ L'oro del Vaticano di Claudio Rendina
  31. ^ Straziato con la lupara Stampa Sera 8 Luglio 1977
  32. ^ Bancario minacciato paga 3 miliardi La Stampa 26 Novembre 1987
  33. ^ Droga e traffico d'armi La Stampa 29 aprile 1993
  34. ^ Troppo zelante fu trasferito il commissario che indagava su Campo Smith La Stampa 6 Febbraio 1996
  35. ^ Bardonecchia comune chiuso per mafia La Stampa 29 aprile 1995
  36. ^ L'usuraio arrivava da Bardonecchia La Stampa 7 novembre 2006
  37. ^ Gli Ursino i nipoti del boss La Stampa 6 ottobre 2008
  38. ^ Gli Ursino puntavano ai fondi di Bruxelles La Stampa 6 ottobre 2008
  39. ^ Rocco Lo Presti il padrino della Val di Susa La Stampa 24 gennaio 2009

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

Gli anni del boom e della speculazione edilizia

Il confino all'Asinara

Il sequestro-omicidio Ceretto

L'affare Campo Smith. Bardonecchia, primo comune del nord Italia sciolto per mafia

Video

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