Giuseppe Garibaldi

generale, condottiero, patriota, eroe nazionale italiano (1807-1882)
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Giuseppe Garibaldi (Nizza, 4 luglio 1807 - Isola di Caprera, 2 giugno 1882) è stato un generale, condottiero e patriota italiano. Considerato una delle figure fondamentali del Risorgimento italiano, è noto anche con l'appellativo di eroe dei due mondi, per le sue imprese militari compiute sia in Sud America sia in Europa.

Giuseppe Garibaldi
«Uomo in tutta l'accezione sublime del termine»

Adolescenza

Garibaldi nacque a Nizza, sotto il governo dei Savoia fino al 1860. Secondogenito di Domenico, capitano di cabotaggio immigrato da Chiavari, e Rosa Raimondi, originaria di Loano. Angelo era il nome di suo fratello maggiore, mentre dopo Giuseppe nacquero altri due maschi, Michele e Felice, e due bambine, morte in tenera età.

I genitori avrebbero voluto avviare Giuseppe alla carriera di avvocato, di medico o di prete. Il figlio, però, amava poco gli studi e prediligeva gli esercizi fisici e la vita di mare, lui stesso ebbe a dire di essere stato «più amico del divertimento che dello studio». Vedendosi ostacolato dal padre nella sua vocazione marinara, tentò di fuggire per mare verso Genova con alcuni compagni, ma fu fermato e ricondotto a casa. Tuttavia si appassionò all'insegnamento dei suoi primi precettori, soprattutto dal signor Arena, un reduce delle campagne napoleoniche, che gli impartì lezioni d'italiano e di storia antica. Rimarrà soprattutto affascinato dall'antica Roma.

Il padre si convinse a lasciargli seguire la carriera marittima a Genova, e venne iscritto nel registro dei mozzi nel 1821. A sedici anni, nel 1824, si imbarcò sulla Costanza comandata da Angelo Pesante di Sanremo, che egli descriverà, in seguito, come «il migliore capitano di mare». Nel suo primo viaggio si spinse a Odessa nel mar Nero e fino a Taganrog nel mar d'Azov (entrambe ex colonie genovesi). L'anno successivo, con il padre, si diresse a Roma con un carico di vino, per l'approvvigionamento dei pellegrini venuti per il Giubileo indetto da papa Leone XII.

Sui mari d'Europa

Nel 1827 salpò da Nizza con la Cortese per il mar Nero, ma il bastimento venne assalito dai corsari turchi che depredarono la nave, rubando persino i vestiti dei marinai. Il viaggio comunque continuò e nell'agosto del 1828, egli sbarcò dalla Cortese a Costantinopoli, dove sarebbe rimasto fino al 1832 a causa della guerra turco-russa. Qui si integrò nella comunità italiana (probabilmente frequentò la casa di Calosso - comandante della cavalleria del Sultano col nome di Rustem Bey - e l'ambiente dei genovesi che storicamente erano insediati nel quartiere di Galata (Pera), e si guadagnò da vivere insegnando italiano, francese e matematica. Nel febbraio del 1832 gli fu rilasciata la patente di capitano di seconda classe e subito dopo si reimbarcò con la Clorinda per il mar Nero. Ancora una volta la nave fu presa di mira dai corsari, ma questa volta l'equipaggio accolse gli aggressori a fucilate. Garibaldi fu ferito ad una mano, e si ricordò poi di questa scaramuccia come il suo primo combattimento.

Dopo 73 mesi di navigazione ritornò a Nizza, ma subito, nel marzo 1833, ripartì per Costantinopoli. All'equipaggio si aggiunsero tredici passeggeri francesi seguaci di Henri de Saint-Simon. Il loro capo era Emile Barrault, un professore di retorica che espose le idee sansimoniane all'equipaggio.

Garibaldi, allora ventiseienne, fu molto influenzato dalle sue parole ma non è improbabile che quelle idee non gli giungessero del tutto nuove da quando aveva non brevemente soggiornato nell'Impero ottomano, luogo prescelto da tanti profughi politici dell'Europa e percorso esso stesso da fremiti di autonomia e di libertà[1]. Tutto ciò contribuì a convincerlo che il mondo era percorso da un grande fremito di libertà. Lo colpì questa affermazione di Emile Barrault che affermò «che l'uomo, il quale, facendosi cosmopolita, adotta l'umanità per patria e va ad offrire la sua spada ed il sangue ad ogni popolo che lotta contro la tirannia è più di un soldato: è un eroe». Poi il bastimento sbarcò i francesi a Costantinopoli e procedette per Taganrog. Qui in una locanda, mentre si discuteva, un uomo detto il Credente[2] espose le idee mazziniane.

A Giuseppe le tesi di Giuseppe Mazzini sembravano la diretta conseguenza delle idee di Barrault, nella lotta per l'Unità d'Italia, momento iniziale della redenzione di tutti i popoli oppressi. Quel viaggio cambiò la vita di Garibaldi; nelle sue Memorie riguardo a questo evento scrisse: «Certo non provò Colombo tanta soddisfazione nella scoperta dell'America, come ne provai io al ritrovare chi s'occupasse della redenzione patria».

Da marinaio a bandito

La storia vuole che Giuseppe Garibaldi abbia incontrato a Londra Giuseppe Mazzini nel 1833 dove quest'ultimo era in esilio protetto dalla Massoneria Inglese [senza fonte] e che si sia iscritto subito alla Giovine Italia, fondata da Mazzini. Tale associazione in realtà era una formazione massonica che mirava a creare continue tensioni negli stati europei allo scopo di convincere la popolazione che tali tensioni erano causate dall'insoddisfazione popolare. Sospinto dall'impegno politico, entrò nella Marina Sabauda per fare propaganda rivoluzionaria. Come marinaio piemontese Garibaldi assunse il nome di battaglia Cleombroto, un eroe tebano, fratello gemello di Pelopida che combatté con Epaminonda contro Sparta.

Insieme all'amico Edoardo Mutru cercò a bordo e a terra di fare proseliti alla causa, esponendosi con leggerezza. Infatti i due furono segnalati alla polizia e sorvegliati, e per questo vengono trasferiti sulla fregata Conte de Geneys in partenza per il Brasile. Nel frattempo si era stabilito che l'11 febbraio 1834 ci sarebbe stata un'insurrezione popolare in Piemonte. Garibaldi scese a terra per mettersi in contatto con gli organi mazziniani; ma il fallimento della rivolta in Savoia e l'allerta di esercito e polizia fanno fallire il moto. Il nizzardo non ritornò a bordo della Conte de Geneys, divenendo in pratica un disertore, e questa latitanza venne considerata come un'ammissione di colpa.
Indicato come uno dei capi della cospirazione, fu condannato alla pena di morte ignominiosa in contumacia in quanto nemico della Patria e dello Stato.

Garibaldi divenne così un "bandito": si rifugiò prima a Nizza e poi varcò il confine giungendo a Marsiglia, ospite dell'amico Giuseppe Pares. Per non destare sospetti assunse il nome fittizio di Joseph Pane e a luglio si imbarcò alla volta del mar Nero, mentre nel marzo del 1835 fu in Tunisia. Il nizzardo rimane in contatto con l'associazione mazziniana tramite Luigi Cannessa e nel giugno 1835 viene iniziato alla Giovine Europa, prendendo come nome di battaglia Borrel in ricordo di Joseph Borrel, martire della causa rivoluzionaria. Garibaldi decise quindi di partire alla volta del Sud America con l'intenzione di propagandare gli ideali mazziniani. L'8 settembre 1835 partì da Marsiglia sul brigantino Nautonnier.

Esilio in Sud America

  Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra dei Farrapos.

Tra il dicembre 1835 ed il 1848 Garibaldi trascorse un lungo esilio in Sud America. Prima a Rio de Janeiro, accolto dalla piccola comunità di italiani aderenti alla Giovine Italia.

Poi, il 4 maggio 1837 ottenne dal governo del Rio Grande do Sul, ribelle all'autorità dell'Impero del Brasile, una 'patente di corsa', e prese a sfidare un impero con il suo peschereccio, battezzato Mazzini. Dopo molti episodi, inclusa una fuga in Uruguay, eppoi a Gualeguay, in Argentina, prese parte alle sue prime battaglie terrestri. L'11 aprile 1838 respinse un intero battaglione dell'esercito imperiale brasiliano (battaglia del Galpon de Xarqueada). Partecipò, quindi alla campagna che portò alla presa di Laguna, capitale della attigua provincia di Santa Caterina, il 25 luglio 1839.

Il 15 novembre l'esercito imperiale riconquistò la città, e i repubblicani ripararono sugli altipiani, ove si svolsero battaglie con fortune alterne. In particolare Garibaldi fu impegnato per la prima volta in un combattimento esclusivamente terrestre, nei pressi di Forquillas: attaccò con i suoi marinai il nemico e lo costrinse alla ritirata.

Sconfitta la ribellione separatista, nel 1842 Garibaldi riparò in Uruguay, dove comandò la flotta uruguaiana in una battaglia navale contro gli argentini e partecipa alla seguente difesa della città con i suoi volontari, tutti vestiti con camicie rosse, prese al grande macello della città. Qui sposa nel 1842 Ana Maria de Jesus Ribeiro, detta Anita.

Dopo aver offerto la propria spada a papa Pio IX, rientrò in Italia poco dopo lo scoppio della prima guerra di indipendenza.

Prima guerra d'indipendenza

  Lo stesso argomento in dettaglio: Prima guerra di indipendenza italiana.

Tornato in Europa nel 1848 per partecipare alla prima guerra di indipendenza contro gli austriaci Garibaldi, dopo essere sbarcato a Nizza con Anita, i tre figli e i compagni, si recò il 5 luglio a Roverbella, nei pressi di Mantova, per offrirsi volontario al re Carlo Alberto che, avvertito dai consiglieri della sua partecipazione all'insurrezione di Genova, lo respinse.
Partecipò comunque alla guerra come volontario al servizio del governo provvisorio di Milano. Con la Legione che aveva organizzato ottenne due piccoli successi tattici, sugli Austriaci del d'Aspre, a Luino e Morazzone.

Repubblica Romana

 
1849, dopo la caduta della Repubblica Romana Giuseppe Garibaldi e Anita Garibaldi in fuga, trovano rifugio a San Marino
  Lo stesso argomento in dettaglio: Questione romana.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di Roma (1849).

Dopo la sconfitta piemontese di Novara (22-23 marzo 1849), Garibaldi partecipò ai combattimenti in difesa della Repubblica Romana, minacciata dalle truppe francesi e napoletane che difendevano gli interessi del papa Pio IX.

Fuga da Roma e morte di Anita

  Lo stesso argomento in dettaglio: Marcia di Garibaldi da Roma a Comacchio.

Con la caduta di Roma, Garibaldi lasciò la città con l'intenzione di raggiungere Venezia dove la Repubblica di San Marco, ancora resisteva. Inseguito, ancora una volta, dalle truppe del tenente-feldmaresciallo d'Aspre, che comandava il corpo di occupazione austriaco in Toscana, perse anche la moglie Anita che, malata, morì per mancanza di cure nelle paludi di Comacchio.
Con una fuga avventurosa riuscì a sfuggire alla cattura, giungendo sino in Liguria, nel Regno di Sardegna. Qui venne invitato a non fermarsi ed imbarcato per la Tunisia, poi per Tangeri. Passati lì alcuni mesi, si trasferì a New York (1850) dove lavorò nella fabbrica di candele di Antonio Meucci, l'inventore del telefono. Dopodicheè si portò anche in Peru per trovare un ingaggio come capitano di mare.

Rientro in Italia e seconda guerra d'indipendenza

 
Giuseppe Garibaldi
  Lo stesso argomento in dettaglio: Cacciatori delle Alpi.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Seconda guerra di indipendenza italiana.

Garibaldi tornò in Italia nel 1854. Comprò metà dell'isola di Caprera e si mise a fare il contadino. Cinque anni dopo partecipò alla seconda guerra di indipendenza guidando, in una brillante campagna, i Cacciatori delle Alpi contro gli austriaci nella Lombardia settentrionale.

Alla fine del 1859 era in Romagna per guidarvi un abortito tentativo di invasione delle Marche e dell'Umbria, per unirle alla Lega dell'Italia Centrale. L'iniziativa era prematura ed improvvida (assente il consenso di Napoleone III) e venne bloccata dal generale Manfredo Fanti.

Da Quarto al Volturno

  Lo stesso argomento in dettaglio: Spedizione dei Mille.

Nel 1860 Garibaldi organizzò una spedizione per conquistare il Regno delle Due Sicilie (la Spedizione dei Mille). Raccolto un corpo di spedizione di mille uomini, le Camicie Rosse, Garibaldi raggiunse la Sicilia, sbarcando nel porto di Marsala e si proclamò dittatore della Sicilia in nome di Vittorio Emanuele II, chiamandolo 're d'Italia'. Il 13 maggio, rinforzato da alcune centinaia di volontari raccolti nella marcia da Marsala, batté i borbonici a Calatafimi. Dopo una avventurosa marcia tutto attorno Palermo, il 27 maggio diede l'assalto alla città, da Porta Termini: assalì le carceri lasciate indifese e liberò i detenuti,dei quali molti si unirono a lui e con le famiglie delle borgate povere della città dettero vita ad una insurrezione popolare, tanto che i borbonici reagirono bombardando i quartieri ribelli.La guarnigione del Regno delle Due Sicilie accettò un armistizio che consentì loro di imbarcarsi e fare ritorno sul continente. Vinta la resistenza della piazzaforte di Milazzo,Garibaldi ma,sopratutto il suo luogotenente Nino Bixio,si resero protagonisti di una strage a Bronte. Il 20 luglio, venne pattuito una lunga tregua con la guarnigione di Messina, che accettava di non infastidire i volontari, a condizione di mantenere il controllo della cittadella.

Il 19 agosto la truppa sbarcò in Calabria a Melito. Aggirò e sconfisse i borbonici a Reggio Calabria il 21 agosto. Cominciò una rapida marcia verso nord, che si concluse, il 7 settembre, con l'ingresso in Napoli. La capitale era stata abbandonata dal re Francesco II, che aveva portato l'esercito a nord del fiume Volturno. La battaglia del Volturno fu la più brillante tra quelle combattute da Garibaldi in questa campagna: l'1-2 ottobre le forze garibaldine respinsero brillantemente l'attacco dell'esercito borbonico.

Francesco II, dunque, aveva perso le speranze di recuperare Napoli. Tuttavia Garibaldi non disponeva delle forze necessarie a condurre l'assedio delle fortezze in cui l'esercito sconfitto si era ritirato (Capua e, soprattutto, Gaeta). Fu quindi risolutivo l'arrivo dell'esercito del Regno di Sardegna, guidato da Fanti e da Enrico Cialdini, che avevano cacciato l'esercito pontificio dalle Marche e dall'Umbria. Garibaldi incontrò Vittorio Emanuele II il 26 ottobre 1860, nei pressi di Teano (in realtà località Taverna della Catena, nell'attiguo comune di Vairano Patenora) e gli consegnò la sovranità sul Regno delle Due Sicilie. Garibaldi accompagnò poi il re a Napoli il 7 novembre e, il giorno seguente, si ritirò nell'isola di Caprera, rifiutando di accettare qualsiasi ricompensa per i suoi servigi. Tale atteggiamento basta da solo a confermare come egli non avesse mai immaginato di formare una repubblica garibaldina in Sicilia, o a Napoli, bensì restare fedele al motto che aveva fatto proprio all'inizio del 1859: 'Italia e Vittorio Emanuele'.

Per Roma capitale

  Lo stesso argomento in dettaglio: Giornata dell'Aspromonte.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Mentana.

Per l'intera esistenza Garibaldi colse ogni occasione per liberare Roma dal potere temporale, cacciandone, se possibile, il papa (era, indubbiamente, un feroce anticlericale). Al primo tentativo della Repubblica Romana del 1849, era legata la morte della moglie Anita. La spedizione dei mille avrebbe avuto come obiettivo, nelle sue intenzioni, non Napoli ma Roma, ma vi fu impedito dalla resistenza dell'esercito borbonico durante l'assedio di Gaeta e dalle considerazioni politiche del governo sardo.

Garibaldi aveva, in ogni caso, ottenuto un incredibile successo, e su quell'onda, nel 1862, organizzò una nuova spedizione: imbarcatosi a Caprera, raggiunse Palermo ove venne accolto dal tripudio popolare. Attraversò indisturbato la Sicilia raccogliendo volontari e passò lo stretto da Giardini Naxos dove aveva trascorso la notte presso la famiglia Carrozza. Napoleone III, l'unico alleato del neonato Regno d'Italia, aveva posto Roma sotto la propria protezione ed il tentativo era, quindi, destinato a fallire. Esso mise, comunque, in grave imbarazzo il governo italiano, che stabilì di fermare Garibaldi in Calabria, schierando contro di lui l'esercito regolare. Garibaldi, probabilmente, contava sul proprio prestigio per avanzare indisturbato, certamente cercò di evitare lo scontro, passando per una via discosta nel cuore della montagna dell'Aspromonte. Venne comunque intercettato, i bersaglieri aprirono il fuoco e parimenti risposero alcune camicie rosse. Garibaldi si interpose, gridando ai suoi di non sparare, venne ferito ad una gamba (ne narra la famosa canzone) ed al piede. Cadde e lo scontro, la cosiddetta giornata dell'Aspromonte si arrestò.

Che il tentativo del 1862 fosse velleitario, lo provarono i successivi eventi del 1867. Garibaldi organizzò una terza spedizione su Roma, partita questa volta da Terni, ai confini con lo Stato Pontificio: prese la piazzaforte pontificia di Monterotondo, ma non riuscì a suscitare la rivoluzione in Roma e venne sconfitto dalle truppe del papa e dai rinforzi inviati da Napoleone III alla battaglia di Mentana.

Terza guerra d'indipendenza

  Lo stesso argomento in dettaglio: Terza guerra di indipendenza italiana.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Invasione del Trentino (Garibaldi - 1866).

All'inizio della Terza guerra di indipendenza italiana venne riorganizzato il corpo volontario dei Cacciatori delle Alpi, ancora una volta al comando del Garibaldi. Anche la missione era simile a quella condotta fra i laghi lombardi nel 1848 e nel 1859: agire in una zona di operazioni secondaria, le prealpi tra Brescia ed il Trentino, ad ovest del Lago di Garda, con l'importante obiettivo strategico di tagliare la via fra il Tirolo e la fortezza austriaca di Verona (Invasione del Trentino). Ciò avrebbe lasciato agli Austriaci la sola via del Tarvisio per approvvigionare le proprie forze e fortezze fra Mantova ed Udine. L'azione strategica principale era, invece, affidata ai due grandi eserciti di pianura, affidati a La Marmora ed a Cialdini.

Garibaldi operò inizialmente a copertura di Brescia, per poi passare decisamente all'offensiva, aprendosi, con la vittoria alla battaglia di Bezzecca, una strada accanto a Riva del Garda verso Trento. Salvo essere fermato dalla firma dell'armistizio di Cormons. In quest'occasione ricevuta la notizia dell'armistizio e l'ordine di abbandonare il territorio occupato rispose telegraficamente al comando "Obbedisco", che successivamente divenne motto del Risorgimento italiano e simbolo della disciplina e dedizione di Garibaldi.

In Francia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Digione.

Durante la guerra franco-prussiana del 1870-1871, Garibaldi guidò un esercito di volontari a sostegno dell'esercito della nuova Francia repubblicana (battaglia di Digione). A seguire la resa francese, nel 1871 Garibaldi fu eletto deputato alla nuova Assemblea Nazionale francese nelle liste dei repubblicani radicali come deputato della Côte-d'Or, Paris, Algeri e, naturalmente, Nizza: questa quadruplice elezione fu, tuttavia, invalidata dall' Assemblea. Ciò avvenne ufficialmente a causa delle sue posizioni contrarie alla annessione di Nizza alla Francia, più realisticamente per paura della sua popolarità di eroe "socialista": la stessa assemblea, d'altra parte, si sarebbe presto occupata della repressione della Comune di Parigi. L'atteggiamento della Assemblea verso Garibaldi, spinse alle dimissioni un deputato del calibro di Victor Hugo.

Morte

Nel 1880 sposò la piemontese Francesca Armosino, donna di umili origini e sua compagna da 14 anni e dalla quale ebbe una figlia. La sua ultima campagna fu politica, e riguardò l'allargamento del diritto di voto, nella quale impegnò l'immenso prestigio e la fama mondiale conquistate con le sue incredibili vittorie.

Morì a Caprera il 2 giugno 1882.

Garibaldi e l'unificazione italiana

La figura di Garibaldi è assolutamente centrale nel quadro del Risorgimento Italiano, ed è stato oggetto di infinite analisi storiografiche, politiche e critiche. La popolarità di Garibaldi, la sua capacità di sollevare le folle e le sue vittorie militari diedero un contributo determinante alla riunificazione dello stato italiano. Solo a titolo di esempio si possono citare le trionfali elezioni (nel 1860, poi nel 1861) al Parlamento subalpino e poi italiano. Ovvero il trionfo che gli venne tributato a Londra nel 1864.

Numerose furono, anche, le sconfitte. Fra i quali particolarmente brucianti furono quelli dell'Aspromonte e Mentana in quanto lo opposero ad una parte rilevante dell'opinione pubblica italiana, che lo aveva, in tutti gli altri episodi della sua vita, grandemente amato.

Garibaldi e Cavour

 
Garibaldi in Francia era soprannominato "Il leone della libertà"

Garibaldi non ebbe mai rapporti sereni con Cavour. Da un lato, semplicemente non aveva fiducia nel pragmatismo e nella realpolitik di Cavour, ma provava anche risentimento personale per aver ceduto la sua città natale di Nizza alla Francia, nel 1860. D'altro canto egli si sentiva attratto dal monarca piemontese, che credeva fosse stato scelto dalla Provvidenza per liberare l'Italia.

Certo scrivendo all'ambasciatore sardo in Francia, Cavour gli faceva promettere all'imperatore che avrebbe fermato Garibaldi. Ma, in realtà, non ostacolò seriamente la partenza da Quarto della spedizione dei mille. La finanziò invece, e permise a diversi ufficiali dell'Esercito sabaudo di raggiungere Garibaldi in Sicilia. Ed, infine, inviò le truppe che permisero la definitiva sconfitta di Francesco II.

Curiosità

  • Giuseppe Garibaldi è il personaggio più citato nelle piazze e vie italiane, il suo nome è presente in più di 5500 comuni.
  • In gran parte delle città italiane esiste almeno una statua di Garibaldi, quasi tutte queste statue hanno una caratteristica comune, in esse lo sguardo di Garibaldi è sempre rivolto verso Roma, città che non riuscì mai a conquistare.[senza fonte]
  • L'incrociatore porta-aeromobili Giuseppe Garibaldi, attuale ammiraglia della Marina Militare Italiana, è la quinta unità a portare il nome dell'"eroe dei due mondi": tutte queste unità hanno avuto quale stemma il volto di Garibaldi ed il motto "Obbedisco".
  • Nel testamento, una copia del quale è esposta nella casa-museo sull'isola di Caprera, Garibaldi chiedeva espressamente la cremazione delle proprie spoglie. Desiderio disatteso dalla famiglia, pare pressata da Francesco Crispi, che preferì, addirittura, farlo imbalsamare. Attualmente la salma giace a Caprera in un sepolcro chiuso da una massiccia pietra grezza bianca. Sembra che negli anni '30 fosse stata effettuata una ricognizione della salma, che sarebbe stata trovata in perfetto stato di conservazione.
  • Secondo le volontà di Garibaldi, il suo corpo, vestito con la celebre camicia rossa, avrebbe dovuto essere bruciato su "una catasta di legno di due metri con legni di agaccio, lentisco, mirto ed altra legna aromatica". Garibaldi, sempre nel testamento, inserì dei passaggi per sventare eventuali tentativi di (presunta) conversione alla religione cattolica negli ultimi attimi della vita:
«Siccome negli ultimi momenti della creatura umana, il prete, profittando dello stato spossato in cui si trova il moribondo, e della confusione che sovente vi succede, s'inoltra, e mettendo in opera ogni turpe stratagemma, propaga coll'impostura in cui è maestro, che il defunto compì, pentendosi delle sue credenze passate, ai doveri di cattolico: in conseguenza io dichiaro, che trovandomi in piena ragione oggi, non voglio accettare, in nessun tempo, il ministero odioso, disprezzevole e scellerato d'un prete, che considero atroce nemico del genere umano e dell'Italia in particolare. E che solo in stato di pazzia o di ben crassa ignoranza, io credo possa un individuo raccomandarsi ad un discendente di Torquemada»
  • L'odio verso il papato e il clero e, in particolare, verso Pio IX è testimoniato dal nome che Garibaldi diede al proprio asino, "Pionono", e dal fatto che egli si riferiva al pontefice usando la locuzione "un metro cubo di letame", oppure con la frase:
«La più nociva fra le creature, perché egli, più nessun altro è un ostacolo al progresso umano, alla fratellanza fra gli uomini e dei popoli»

. [senza fonte]

  • Amava dire anche:
«Se sorgesse una società del demonio, che combattesse despoti e preti, mi arruolerei nelle sue file»

.[senza fonte]

  • La "carriera" di Garibaldi nella massoneria culminò con la suprema carica di Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, col 33° grado del Rito Scozzese, ricevuto a Torino nel 1862 e con la suprema carica di Gran Hyerophante del Rito di Menphis e Misraim nel 1881. Il Grande Oriente di Palermo gli conferì tutti i gradi scozzesi dal 4° al 33° e a condurre il rito fu un altro massone - Francesco Crispi - accompagnato da altri cinque.[senza fonte]
  • A Garibaldi è stata conferita la cittadinanza onoraria di San Marino il 24 aprile del 1861. Precedentemente, il 30 luglio del 1849, Giuseppe Garibaldi, braccato dalle truppe austriache, trovò scampo per sé e i suoi armati nella Repubblica del Titano.
 
biscotti Garibaldi
  • Dopo una visita in Inghilterra molto famosa, un produttore commercializzò i biscotti Garibaldi, che sono prodotti tuttora.
  • Il pesce Garibaldi prende il nome dell'eroe in riferimento al colore delle camicie dei garibaldini. Questo pesce vive nell'America del nord ed ha un caratteristico colore arancione.[senza fonte]
  • In italiano, la parola "garibaldino" è un aggettivo che, nato per caratterizzare i soldati che combattevano alle dipendenze del generale, ha finito per assumere il sia significato di audace ed eroico che di impresa preparata ed eseguita senza un grosso lavoro preparatorio e senza grandi infrastrutture a supporto.
  • La maglietta rossa del club inglese di calcio Nottingham Forest è a volte chiamata "the garibaldi".[senza fonte]
  • Esiste una città Garibaldi in Brasile e negli USA nello stato dell'Oregon, fondata nel 1867. Anche in Argentina, al centro della provincia di Santa Fe, c'è una cittadina che porta il nome di Garibaldi. [3]
  • Monte Garibaldi è il picco più alto e di effetto della catena di monti vulcanici Garibaldi sita a nord di Vancouver in Canada.
  • A Città del Messico esiste una piazza Garibaldi, famosa per la musica mariachi che vi si suona.
  • Esiste un trofeo Garibaldi di rugby messo in palio ogni anno tra le nazionali di Francia e Italia.
  • A ferire Garibaldi nella Giornata dell'Aspromonte fu un bersagliere, il nonno del nonno dello storico Arrigo Petacco.[senza fonte]
  • Famosi sono anche dei romanzi scritti dall'eroe.

Influenza culturale

Musica

Tra le tante opere dedicate a Giuseppe Garibaldi, si riportano qui le seguenti:

  • Luigi Mercantini Inno di Garibaldi (Canzone italiana) del 1858, composto su invito di Garibaldi stesso
  • Ulisse Barbieri Inno di Garibaldi del 1887
  • Bruno Lauzi Garibaldi
  • Statuto È tornato Garibaldi del 1993
  • Massimo Bubola Camicie rosse
  • Stormy Six Garibaldi
  • Vincent Fernandez Soñando en Garibaldi
  • Sergio Caputo Garibaldi Innamorato
  • Mariachi Mexicano Mosaico Garibaldi
  • Garibaldi fu ferito... Canzoncina storico-popolare sulla melodia di "Flik Flok" (inno dei Bersaglieri) e reinterpretata recentemente da Francesco Salvi. Curiosamente - e probabilmente proprio a causa di questa filastrocca - le marce veloci tipiche dei Bersaglieri vengono spesso ed erroneamente associate con Garibaldi. Persino all'estero, quando una banda durante le prove suona con ritmo troppo sostenuto, succede che il maestro corregga pronunciando scherzosamente il nome di Garibaldi.

I figli di Garibaldi

Garibaldi dalla prima moglie Anita Garibaldi, morta nel 1849 presso Ravenna ebbe 4 figli:

Dalla domestica Battistina Ravello, invece, Garibaldi ebbe:

  • Anita Garibaldi che morì a 16 anni di meningite.

Ebbe tre figli invece dalla seconda moglie Francesca Armosino:

Monumenti a Garibaldi

In Italia

All'estero

Voci correlate

Note

  1. ^ Alcune sue provincie, come l'Egitto, s'erano di fatto già rese autonome fin dal 1805, con Mehmet Ali, mentre altre, come la Grecia, ambivano alla più totale indipendenza.
  2. ^ Non è però del tutto escluso che tale definizione potesse avere a che fare anche con gli ideali della Massoneria che, del resto, Garibaldi abbracciò più tardi con forte convinzione.
  3. ^ Visita online Garibaldi, Argentina

Bibliografia

Scritti di Garibaldi

  • Memorie, pubblicate da A. Dumas; prima versione di L. E. Tettoni, Milano, 1860.
  • Le memorie, Nella redazione definitiva del 1872, a cura della reale commissione, Bologna-Rocca S. Casciano, 1932.
  • I mille, Torino, 1874.
  • Clelia : il governo del monaco, Roma nel secolo 19., romanzo storico-politico, Milano, 1870.
  • Cantoni il volontario, romanzo storico, Milano, 1909, che ha come protagonista il garibaldino forlivese Achille Cantoni, eroicamente caduto a Mentana
  • Elisabetta d'Ungheria: dramma storico in cinque atti, Roma, 1879.
  • Manlio: romanzo contemporaneo; a cura di Maria Grazia Miotto; introduzione di Graziano Gug, Napoli, 1982.

Nell’ Edizione nazionale degli scritti di Giuseppe Garibaldi sono stati pubblicati 6 volumi a Bologna dall’editore Cappelli negli anni 1936-1937. La pubblicazione è ripresa a cura dell’ Istituto per la storia del Risorgimento italiano, che negli anni 1973-1997 ha pubblicato 10 volumi dell’ Epistolario (volumi 7-16 dell’edizione nazionale).

Scritti su Garibaldi

  • C. Agrati, I Mille nella storia e nella leggenda, Milano, A. Mondadori, 1933.
  • Dennis Mack Smith, Cavour and Garibaldi, 1860. A Study in political Conflict, Cambridge, C.U. Press, 1954 (trad. ital.: Garibaldi e Cavour nel 1860, Torino, Einaudi, 1958).
  • Candido, Salvatore, Giuseppe Garibaldi, corsaro Rio-grandense (1837-1838), Roma, Istituto per la Storia del Risorgimento italiano, 1964
  • Milani Mino, Giuseppe Garibaldi: biografia critica, Milano, Mursia, 1982
  • Monsagrati, Giuseppe, Garibaldi Giuseppe, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. CII, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1999, pp. 315-331
  • Scirocco, Alfonso, Garibaldi: battaglie, amori, ideali di un cittadino del mondo, Roma-Bari, Laterza, 2001
  • Piero Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino, Einaudi, 1962.
  • Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, Scritti sul 1860 nel centenario, Roma, Tip. Regionale, 1960.
  • Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Cesari Cesare. La campagna di Garibaldi nell'Italia Meridionale. (1860). 1928, Roma;
  • Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Autori Vari. Garibaldi condottiero. 1957, Roma;
  • Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Autori Vari. Il generale Giuseppe Garibaldi, 1982, Roma;
  • Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Tamborra Angelo. Garibaldi e l'Europa. 1983, Roma;
  • Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Mola Alessandro Aldo. Garibaldi Generale della Libertà. Atti del convegno Internazionale. 1984, Stabilimento Grafico, Gaeta;
  • Ufficio Storico - Stato Maggiore Esercito. Brancaccio Nicola. Garibaldi a Talamone. (1860). In: Memorie Storiche Militari. 1909. 1909, Roma, pp. 7-35;
  • Del Boca Lorenzo, Indietro Savoia! Storia controcorrente del Risorgimento italiano, Piemme,
  • Del Boca Lorenzo, Maledetti Savoia, Piemme,

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