Leptodirus hochenwartii o L. hohenwarti[1] Schmidt, 1832 è un coleottero cavernicolo della famiglia Leiodidae, unica specie appartenente al genere Leptodirus. È una specie troglobia, endemica delle grotte della Slovenia, Croazia e in minima parte dell'Italia nordorientale (Carso triestino).

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Leptodirus hochenwarthii
Leptodirus hochenwarthii
Stato di conservazione
Specie non valutata
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumArthropoda
SuperclasseHexapoda
ClasseInsecta
SottoclassePterygota
OrdineColeoptera
SottordinePolyphaga
InfraordineStaphyliniformia
SuperfamigliaStaphylinoidea
FamigliaLeiodidae
SottofamigliaCholevinae
TribùLeptodirini
GenereLeptodirus
SpecieL. hochenwarthii
Nomenclatura binomiale
Leptodirus hochenwarthii
Schmidt, 1832

Biologia ed ecologia

L. hochenwartii è un cavernicolo obbligato, che si è adattato a vivere in ambiente ipogeo e non è più in grado di sopravvivere nell'ambiente esterno. Di conseguenza, possiede le caratteristiche morfologiche tipiche degli animali troglobi: zampe e antenne allungate, scomparsa delle ali, totale depigmentazione e mancanza di occhi (anoftalmia). Le sue caratteristiche peculiari sono però rappresentate dal torace particolarmente sottile, da cui deriva il nome del genere (leptos=sottile e deiros=torace)[2][3], e dalle elitre allungate e concave che ricoprono completamente l'addome, conferendo all'animale la forma tipicamente tondeggiante[3][4]. Questo adattamento (noto anche come "falsa fisogastria") permette all'animale di immagazzinare aria umida sotto le elitre e utilizzarla per la respirazione nelle aree più secche. Un'altra caratteristica è la presenza sulle antenne di un organo specifico (organo di Hamann), che consente all'animale di percepire il grado di umidità presente nell'aria[5][6].

Vive principalmente in cavità di grandi dimensioni e per lo più fredde, in cui la temperatura non supera i 12°C[7]. È noto che si nutre di sostanze organiche, sia animali sia vegetali, provenienti dall’esterno attraverso le acque di percolazione o tramite il guano di chirotteri e uccelli troglofili oppure di resti di animali morti in grotta[8]. Molto poco si conosce sull'ecologia e sullo sviluppo della specie. Il solo studio approfondito effettuato su L. hochenwathii ha dimostrato che in essa, come in altri Leptodirini ipogei molto specializzati, la femmina depone un piccolo numero di uova relativamente grandi che hanno bisogno di molto tempo per svilupparsi. Il numero di stadi larvali è ridotto ad uno e la larve non si nutrono finché non mutano allo stadio adulto[4]. Non si conosce il periodo di massima attività degli adulti. Come molte altre specie troglobie, la costanza delle condizioni atmosferiche e l’assenza di luce in grotta hanno prodotto la perdita del ritmo circadiano, mentre quello stagionale rimane condizionato dal regime delle piogge[8].

Storia delle ricerche

 
L. hochenwartii in una litografia del 1871
 
Ritratti di Franz von Hohenwart e Ferdinand J. Schmidt, dagli archivi del Museo Nazionale della Slovenia, Lubiana

Il primo esemplare di L. hochenwartii fu rinvenuto per la prima volta nel 1831 dall'addetto alle illuminazioni Luka Čeč, durante l'esplorazione di una porzione appena scoperta delle Grotte di Postumia, nella Slovenia sudoccidentale[7]. Egli consegnò l'esemplare a Earl Franz von Ho(c) herwart, il quale però non fu in grado di determinarne la specie e lo consegnò a sua volta a Ferdinand Josef Schmidt, un naturalista di Lubiana. Schmidt riconobbe che si trattava di una nuova specie e la descrisse nell'articolo "Beitrag zu Krain's Fauna" (Contributo alla fauna della Carniola), pubblicato nel 1832 sulla rivista Illyrisches Blatt, attribuendogli il nome generico Leptodirus (da leptos=sottile e deiros=torace) e l'epiteto specifico hochenwarthii in onore del donatore dell'esemplare. Nell'articolo fornì anche il nome comune in sloveno drobnovratnik e quello in tedesco Enghalskäfer, entrambi in riferimento al caratteristico torace molto sottile dell'animale[3][9]. L'articolo rappresenta la prima descrizione formale di un animale cavernicolo, dal momento che il proteo (Proteus anguinus), scoperto nel 1768, non era all'epoca considerato tale[2].

Le successive ricerche portate avanti da Schmidt permisero di scoprire nuove specie di animali cavernicoli fino ad allora sconosciute, che stimolarono l'interesse verso questo habitat. Per questo motivo la scoperta di L. hochenwarthii, assieme a quella del proteo, è considerata il punto di partenza della biospeleologia come disciplina scientifica.[2]

Tassonomia e distribuzione

 
Areale approssimativo di L. hochenwartii nelle Alpi Dinariche

L. hochenwartii è l'unica specie appartenente al genere Leptodirus. È una specie endemica delle Alpi Dinariche occidentale. Attualmente sono riconosciute valide sei sottospecie, delle quali tre sono presenti in Slovenia e tre in Croazia[2][7][10] (lo status di alcune sottospecie è però difficile da determinare perché gli individui possono differire in maniera significativa anche all'interno della stessa popolazione):

  • L. hochenwartii hochenwartii Schmidt, 1832: sottospecie nominale, descritta da Schmidt con località tipica nelle Grotte di Postumia, endemica della Carniola interna
  • L. hochenwartii schmidti (Motschoulsky, 1856): descritto inizialmente come L. schmidti e poi riconosciuto sottospecie, è presente nella Slovenia sudorientale
  • L. hochenwartii reticulatus J. Müller, 1906
  • L. hochenwartii pretneri Müller, 1926
  • L. hochenwartii croaticus Pretner, 1955
  • L. hochenwartii velebiticus Pretner, 1970

In Italia è presente solo la sottospecie L. h. reticulatus, attualmente conosciuta soltanto per la Grotta Noè vicino a Trieste[2].

Stato di conservazione

A causa del limitato areale e della riproduzione lenta, L. hocherwartii è considerata una specie rara e a rischio di estinzione, nonostante in alcune grotte la densità di individui è molto alta. Per questo motivo la specie è inserita nella Lista Rossa slovena delle specie a rischio (categoria R)[11] e negli allegati II e IV della Direttiva Habitat (92/43/EEC)[12][8].

Note

  1. ^ Il nome è fonte di confusione. La specie fu inizialmente nominata Leptodirus Hochenwartii, ma tale nome specifico risulta linguisticamente non corretto. Inoltre, vi sono diverse varianti linguistiche del nome della persona a cui la specie è stata dedicata e talvolta ci si riferisce ad essa come L. hohenwarti.
  2. ^ a b c d e (EN) Slavko Polak, Importance of discovery of the first cave beetle Leptodirus hochenwartii Schmidt, 1832, in Endins, vol. 28, Mallorca, 2005, pp. 71-80.
  3. ^ a b c Ferdinand J. Schmidt, Beitrag zu Krain’s Fauna. Leptodirus Hochenwartii, n. g., n. sp., in Illyrisches Blatt, n. 3, Lubiana, 21 gennaio 1832.
  4. ^ a b Deleurance-Glaucon S., Resherches sur les Coleopteres trolobites de la sousfamille des Bathysciinae, in Ann. Sci. Natur. Zool., vol. 12, n. 5, 1963, pp. 1-172.
  5. ^ (EN) Lucarelli M., Sbordoni V., Humidity responses and the role of Hamann's organ of cavernicolous Bathysciinae (Coleoptera Catopidae), in International Journal of Speleology, vol. 9, 1977, pp. 167-177.
  6. ^ (EN) Accordi F., Sbordoni V., The fine structure of Hamann's organ in Leptodirus hohenwarti, a highly specialized cave Bathysciinae (Coleoptera, Catopidae), in International Journal of Speleology, vol. 9, 1977, pp. 153-165.
  7. ^ a b c (SL) Vrezec A. et al., Monitoring populacij izbranih ciljnih vrst hroščev (končno poročilo) (PDF), in Natura 2000 report, 2007.
  8. ^ a b c Fabio Stoch, Servizio di integrazione al catasto grotte nel Sito Natura 2000 SIC IT3340006 “Carso Triestino e Goriziano” e ZPS IT3341002 “Aree Carsiche della Venezia Giulia”. Relazione Finale (PDF), Udine, 2009, pp. 232.
  9. ^ (EN) Brigitta Mader, Archduke Ludwig Salvator and Leptodirus hohenwarti from Postonjska jama, in Acta Carsologica, vol. 32, n. 2, Lubiana, 2003, pp. 289-298.
  10. ^ (EN) Leptodirus Schmidt, 1832 | Fauna Europaea, su fauna-eu.org. URL consultato il 5 ottobre 2017.
  11. ^ (SL) Uradni list Republike Slovenije (PDF), vol. 82, Lubiana, 24 settembre 2002.
  12. ^ Fabio Stoch e Piero Genovesi, Manuali per il monitoraggio di specie e habitat di interesse comunitario (Direttiva 92/43/CEE) in Italia: specie animali (PDF), vol. 141, ISPRA, Serie Manuali e linee guida, 2016, pp. 202.