Concattedrale di San Bartolomeo (Lipari)
La basilica concattedrale di San Bartolomeo è il principale luogo di culto di Lipari, in provincia di Messina, concattedrale dell'arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela.[1] La chiesa sorge nel cuore della Cittadella e il prospetto principale si affaccia a NW sulla scalinata che conduce nella parte bassa della città ed è la più grande e antica delle chiese di Lipari.[2] Appartenente all'arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, vicariato di Lipari sotto il patrocinio di San Bartolomeo, arcipretura di Lipari, parrocchia di San Bartolomeo. Antica diocesi di Lipari.[3]
Concattedrale di San Bartolomeo | |
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Stato | ![]() |
Regione | ![]() |
Località | File:Lipari-Stemma.png Lipari |
Coordinate | 38°28′00.44″N 14°57′26.5″E |
Religione | Cristiana cattolica di rito romano |
Titolare | San Bartolomeo apostolo e martire |
Diocesi | Arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela |
Consacrazione | 1131 (chiesa primitiva) |
Stile architettonico | architettura barocca |
Inizio costruzione | 1130 ca. (chiesa primitiva) |
Completamento | 1515 e segg. (chiesa attuale) |
Sito web | www.diocesimessina.net/page8.php |
Il culto di San Bartolomeo
San Bartolomeo Apostolo detto anche Natanaele Bartolmai, nome che in aramaico-siriaco significa "Dono di Dio, figlio di colui che smuove le acque", subisce il martirio in Asia. Sopraggiunta una nuova persecuzione contro i cristiani, i pagani, mossi dall'odio del fervente culto che tutto il popolo cristiano dedicava al santo martire, ne trafugano il corpo. Rinchiusi i resti in un sarcofago di piombo, lo gettano in mare lasciandolo in balia delle correnti. Il sarcofago con ogni probabilità è recuperato e di nascosto traslato a Lipari. L'operazione, nel suo mistero, è ammantata di prodigio che nulla toglie all'incrollabile fede dei primi cristiani eoliani che accolgono, seppelliscono, custodiscono, venerano e su quel corpo edificano un gran tempio.
Il vescovo francese Gregorio di Tours ricostruisce la storia di San Bartolomeo. Nel 264, anno di arrivo delle sue spoglie, si vive in un'era dove l'esistenza dei martiri è un segno indelebile e tangibile per i cristiani, un supporto sostanzioso e determinante alla fede. Nasce quindi l'esigenza di un santo protettore intermediario di preghiere e suppliche per il popolo confuso e insicuro, che rappresenti inoltre l'avvicinamento del cristiano nel colloquiale rapporto e confronto con Dio. San Bartolomeo è uno degli Apostoli che maggiormente, anche per il suo terribile martirio avvenuto mediante lo scorticamento, ha avuto un esercito di uomini che l'hanno ammirato e seguito. In virtù del significato del suo nome, un'altra affermazione a favore di questa scelta per i Liparesi, da sempre abilissimi marinai e navigatori, coinvolti e legati costantemente alle forze della natura e soprattutto del mare dal quale dipende la loro vita. Dopo il saccheggio di Roma nel 410 le spoglie sono portate a Maypherkat. Nel 507 l'imperatore Anastasio I le trasferisce a Darae in Mesopotamia. Un commerciante spagnolo le acquista portandole con sé a Napoli dove volontariamente le rivende ai Liparesi. Il corpo di San Bartolomeo ricompare a Lipari nel 546 e ci rimane fino all'assedio e saccheggio compiuto dagli Arabi.
Secondo la tradizione dopo il saccheggio e profanazione, ricordiamo che i corpi dei santi martiri costituivano ricchissimo bottino di guerra spesso oggetto di transazioni incalcolabili, dal peso politico e prestigio rilevantissimo, San Bartolomeo appare in sogno ad un monaco sopravvissuto agli attacchi nemici e lo invita a rintracciare le sue ossa rivelando il segreto per riconoscerle tra le altre: sono le più lucenti tra la massa confusa. Al mesto e pietoso compito di ricomposizione segue la segreta traslazione per opera del principe longobardo Sicardo, il quale mette al sicuro il corpo dell'apostolo a Sorrento e infine a Benevento onde impedire ulteriori oltraggi da parte delle armate turche infestanti il Mar Tirreno meridionale.[4]
Il culto non si è mai affivolito anzi, si rafforza sempre più in tutte le isole Eolie e insieme a santa Lucia, san Bartolomeo è protettore e patrono dell'arcidiocesi di Messina. Nell'iconografia locale il santo è raffigurato seminudo, con la pelle asportata appoggiata sulla spalla destra, recante i simboli del martirio: la palma nella mano destra, il coltello nella sinistra, il capo cinto da corona. Il motto "Per troppa Fedeltà porto Corona".
Storia
La conversione degli abitanti di Lipari risale alla metà del III secolo d. C., da qui nasce l'esigenza di edificare un luogo di preghiera con l'intento di cancellare definitivamente le pratiche del culto pagano. In età classica nel cuore dell'acropoli ove verosimilmente si erge un tempio pagano è costruito il primo edificio col titolo di cattedrale, costruzione in seguito distrutta dagli Arabi nell'838.
Epoca araba
Nel periodo tra l'836 e l'837, L'arcipelago è assaltato dalla flotta armata di al-Fadl ibn Yaʿqūb sostituito a settembre da un nuovo governatore, il principe aghlabide Abū l-Aghlab Ibrāhīm b. ʿAbd Allāh b. al-Aghlab, cugino dell'emiro Ziyādat Allāh. La flotta musulmana, condotta da al-Fadl ibn Yaʿqūb, devasta le Isole Eolie, espugna diverse fortificazioni sulla costa settentrionale della Sicilia, tra cui la vicina Tindari distruggendone la cattedrale fortezza, come riferisce Michele Amari cultore orientalista di storia islamica.[4]
Il cuore originario della città è delimitato dalla cinta muraria posta sulla sommità dello sperone roccioso che separa i due porti naturali nella porzione di costa dell'isola, quella che è più esposta alle incursioni vandaliche specie degli Ostrogoti dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente nel 476. La parte economica, commerciale e mercantile è ubicata in prossimità di Marina Piccola ove per breve periodo è istituita la sede episcopale, poi trasferita nella città alta a causa delle frequenti scorribande barbariche. Al tempo del vescovo Agatone risale il ritrovamento fortuito e non documentato del sarcofago contenente le spoglie dell'apostolo Bartolomeo, prelato che ne dispone la sepoltura in una cappella che da quel momento prenderà il nome di chiesa di San Bartolomeo extra moenia, in seguito chiesa di Sant'Agatone. In questa chiesa fuori le mura, presso la tomba dell'apostolo trovano sepoltura lo stesso Agatone e i suoi successori. Le ripetute aggressioni dettano la costruzione di un tempio in luogo più sicuro e in concomitanza del termine della supremazia di Roma nell'intero bacino del Mediterraneo, sono gettate le basi della nuova cattedrale sulle fondamenta di un preesistente edificio pagano all'interno della cittadella fortificata, distrutta successivamente sotto il dominio arabo. Durante le due incursioni arabe dell'835 e dell'838 la devastazione arrecata induce il principe longobardo Sicardo di Benevento a porre al sicuro le reliquie di san Bartolomeo prelevandolo e custodendolo a Benevento, preludio allo spopolamento dell'isola fino all'arrivo dei Normanni.
Epoca normanna
Per la ricostruzione della chiesa bisogna attendere l'intervento del conte Ruggero del casato d'Altavilla meglio conosciuto come Ruggero I di Sicilia o conte di Sicilia, padre di Ruggero II, bisnonno materno di Federico II di Svevia o Federico I di Sicilia del casato svevo degli Hohenstaufen. L'opportunità per il processo di ricristianizzazione della Sicilia è colta assieme al fratello Roberto il Guiscardo per redimere una controversia, il pretesto per l'invasione e riappropriazione dell'isola, risiede nella richiesta d'aiuto da parte dell'Emiro di Siracusa, allora in lotta contro l'Emiro di Castrogiovanni, avviando di fatto l'inizio della completa riconquista Normanna della Sicilia sottraendola al dominio arabo. Il ritorno alla sovranità di matrice cattolica costituisce l'impulso per l'edificazione di una serie di splendide cattedrali, successivamente e ripetutamente rimaneggiate e riedificate per eventi posteriori, prevalentemente di carattere sismico. Tutto ciò è seguente a un arco temporale che dall'837 agli anni appena precedenti il biennio 1082 - 1083 (cessione delle terre) con l'invio da parte di Ruggero dell'Abate Ambrogio e dei religiosi dell'Ordine di San Benedetto (poi destinati anche all'incarico di condurre il monastero del Santissimo Salvatore e l'annessa cattedrale di San Bartolomeo di Patti), durante il quale è riedificata la chiesa di San Bartolomeo e dell'annesso monastero benedettino, che assume il rango di cattedrale grazie all'interesse dell'abate Giovanni Pergana, nominato in seguito vescovo della diocesi di Lipari. Papa Urbano II durante il processo di ricristianizzazione della Sicilia approva l'erezione del monastero e dona all'abate Ambrogio le decime che esige nel territorio di Patti.
- 1094, All'abbazia sono assegnate la metà delle proprietà e delle rendite dei terreni del feudo di Naso.
L'arcivescovo di Messina Ugone il 24 settembre 1131 in considerazione dei cospicui tributi assegnati dal conte Ruggero ai due monasteri di Patti e di Lipari, eseguendo il contenuto della bolla pontificia di Anacleto II, promuove a vescovado i due monasteri, affidandone nell'ottobre dello stesso anno, la cura spirituale e temporale all'abate Giovanni, cui conferisce la dignità vescovile.
Epoca aragonese
Il riconoscimento ufficiale della diocesi da parte della Santa Sede avviene nel 1157 fino al 1399, quando il papa Bonifacio IX (Pietro Tomasello-Cybo), considerata l'estensione, la distanza dei luoghi per via del braccio di mare che le separa, con il consenso del re Martino I di Sicilia, divide l'episcopato in due diocesi: Lipari e Patti.
Accanto alla chiesa a navata unica, sorge il monastero sviluppato attorno al chiostro, il primo di stile latino-normanno di Sicilia. Dei quattro ambulacri originari ne sono pervenuti tre recentemente riportati alla luce, il quarto opportunamente modificato costituisce l'attuale navata destra della cattedrale.
Epoca spagnola
Successivi ampliamenti documentati tra il 1450 e il 1515 completano l'edificio con un artistico soffitto di legno a capriate, incendiato nel luglio 1544 in seguito all'assalto dell'armata corsara turco - ottomana capitanata da Khayr al-Din Barbarossa.[5][6] Ricostruzione avvenuta nella seconda metà del XVI secolo con realizzazione del tetto in muratura con volta a botte. Nel corso del XVIII secolo sono eseguiti gli affreschi del soffitto raffiguranti scene bibliche. Nel 1728 segue la commissione della statua argentea del protettore e costruzione dell'altare ligneo posto alla sinistra dell'abside, quale segno di ringraziamento per lo scampato pericolo, preservando dalla distruzione l'intero arcipelago dal sisma dell'11 gennaio 1693 noto come terremoto del Val di Noto. Da questo punto di vista il monumento e l'intero comprensorio eoliano sono risparmiati o meglio, non esistono nelle cronache notizie riguardanti gravissimi danni derivanti da spaventosi eventi sismici contrariamente a quanto si è registrato nei secoli nella vicinissima costa della terraferma. Il terremoto della Calabria meridionale del 1894 del 16 novembre è documentato cronologicamente ma, ricordato solo nel calendario delle feste patronali per ringraziare il santo protettore per aver evitato agli isolani le disgrazie derivate in tutta la provincia a causa delle terribili rovine.[7] Fra il 1755 e la fine del secolo è innalzato il campanile. Nel 1772 la cattedrale è ingrandita con due navate laterali, quella destra comporta l'utilizzo di mura e spazi d'intercolumnio dell'ambulacro settentrionale del chiostro.[8]
Anche il prospetto di pietra paglierina vesuviana è messo in opera intorno al 1772 per dare un delicato contrasto e senso di armonica dinamicità all'insieme architettonico del duomo o chiesa madre. Nell'ultimo decennio del secolo sono rivestiti gli altari di marmo arricchiti dalle belle tele di Antonio Mercurio.
Epoca contemporanea
Nel 1859 un fulmine colpisce e distrugge il timpano della facciata e un paio di campate della volta. L'intervento di ripristino è immediato e termina nel 1861. Le pitture scomparse non sono state sino a oggi ripristinate. Dalla fondazione, la cattedrale di San Bartolomeo assolve il ruolo di chiesa parrocchiale unica con giurisdizione su tutto il comprensorio dell'arcipelago. Monsignor Angelo Paino ha snellito l'azione pastorale delle tante chiese vicarie o sacramentali, sollecitando il decreto governativo del 28 ottobre del 1910, istituendo nella diocesi le prime sedici parrocchie autonome, compresa quella della stessa cattedrale.
Il 30 settembre 1986 si ebbe l'unificazione giuridica delle diocesi di Messina, Lipari, Santa Lucia del Mela nell'unica arcidiocesi di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, Ignazio Cannavò fu il primo arcivescovo metropolita e archimandrita del Santissimo Salvatore.
Facciata
La spettacolare facciata si presenta sulla scenografica scalinata con la sua straordinaria bellezza e slancio verso il cielo. Il lento incedere lungo il percorso pedonale costituisce effetto moltiplicatore degli spazi e dei volumi che gradualmente svelano le magnifiche proporzioni del complesso.[9] Il sito è altrimenti raggiungibile mediante la carrozzabile attraverso la Porta Carraia del Castello ma, questo itinerario è più interessante per la visione dell'intero complesso della Citàti. La facciata è contraddistinta da due ingressi laterali minori e da un portone principale, impreziositi da portali marmorei costituiti da colonne ioniche sormontate da capitelli in stile corinzio che incorniciano gli ingressi fino agli architravi con timpani costituiti da volute a ricciolo. L'architrave dell'ingresso principale reca incisa l'iscrizione ‘‘DIVO BARTOLOMEO DICATUM'’. I due timpani laterali all'interno recano delle steli riccamente scolpite e decorate. Le entrate laterali sono sormontate da finestre vetrate riccamente incorniciate con arco superiore, al centro, la nicchia con emisfero a conchiglia simbolo del pellegrinaggio, contenente la statua del Santo, chiude un finestrone vetrata con timpano mistilineo. Quattro pilastri paraste in pietra viva sormontati da capitelli con modanature, costituiscono le nervature verticali del prospetto fino al cornicione superiore con grande arcata centrale. Il timpano è costituito da una successione di quattro ordini decrescenti di frontoni rettangolari raccordati da volute con riccioli verso il basso al primo e secondo livello, volute verso l'alto nei restanti livelli separati da cornicioni dalle variegate modanature. Sui contrafforti dei primi due ordini rispettivamente vasi e obelischi tronchi piramidali; all'interno dei frontoni degli stessi ordini delimitati da pilastri paraste troviamo lo stemma coronato con dedica “DIVO BARTOLOMEO DICATVM”, una serie di cornici concentriche infine la data di fine costruzione dell'intero timpano “1861”, data dettata dalla ricostruzione del timpano e parte delle volte a causa della caduta di un fulmine nel 1859, chiude al vertice una artistica doppia croce in ferro battuto.
Dal punto di vista dell'osservatore, sul lato sinistro completa il prospetto anteriore dell'edificio, la massiccia torre campanaria a sezione quadrangolare, costituita da quattro ordini eretta fra il 1755 e la fine del secolo. L'ultima cella cilindrica è raccordata ai vertici della base con massicce volute a ricciolo verso il basso. Pilastri paraste convesse e cornicioni in pietra lavica delimitano i primi tre livelli caratterizzati da: finestre ovoidali cieche al primo, monofore al secondo, monofore aperte nella cella campanaria del terzo, orologio fra volute decorative a NW e finestrelle circolari sulle restanti facciate, realizzate in pietra viva con elementi decorativi e ornamentali, timpani sospesi e davanzali. La cella cilindrica presenta monofore aperte, timpani ad arco sospesi e targhe per iscrizioni.
Volta
La navata centrale un tempo ricoperta da tetto a capriate, successivamente con volta a botte, prima della realizzazione degli affreschi realizzata una serie di volte a crociera impreziosite con episodi biblici di superba fattura e di alto effetto scenografico.
- Nelle vele della prima crociera si riconoscono in senso orario: “La Scienza e le Arti”, “Sansone e Dalila” e il taglio dei capelli, “Jael e Sisera”, “Giuditta e Oloferne” con la decollazione.
- Vele della seconda crociera: “L'adorazione del Vitello d'Oro”, “Aronne e l'acqua che sgorga dalle rocce”, “Mosè e l'apertura delle acque del Mar Rosso per l'Esodo”, “La Manna nel deserto”.
- Vele della terza crociera: “La consegna dei Dieci Comandamenti”, “La Cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso Terrestre”, “Il Diluvio Universale”, “Abramo e il sacrificio di Isacco”.
Sull'arco trionfale al centro, fra figure e angeli, uno splendido stemma a scudo in stucco sormontato da elementi cardinalizi e fregi dorati.
Interno
La navata destra o meridionale o del monastero
Sulla parete esterna della navata destra sono addossati i seguenti manufatti incassati in archi a tutto sesto, rispettivamente gli altari:
- Prima campata: Pala d'altare raffigurante "San Gaetano da Thiene", olio su tela. Busto ligneo dorato di "San Filippo Apostolo".
- Seconda campata: Pala d'altare raffigurante l'"Assunzione della Beata Vergine Maria", olio su tela. Busto ligneo dorato di "San Matteo Apostolo".
- Terza campata: Pala d'altare raffigurante la "Visitazione della Beata Vergine Maria a Santa Elisabetta", olio su tela. Busto ligneo dorato di "San Bartolomeo apostolo".
- Quarta campata: Pala d'altare raffigurante "Sant'Agatone e la Traslazione delle reliquie di San Bartolomeo Apostolo, anno 264", olio su tela. Busto ligneo dorato di "Sant'Agatone", vescovo di Lipari.
La navata sinistra o settentrionale
Sulla parete esterna della navata sinistra sono addossati i seguenti manufatti incassati in archi a tutto sesto, rispettivamente gli altari:
- Prima campata: Pala d'altare raffigurante "San Michele Arcangelo", olio su tela. Busto ligneo dorato di "Santa Caterina d'Alessandria", opera del XVIII secolo.
- Seconda campata: Pala d'altare raffigurante la "Madonna del Carmelo" con San Simone Stock, olio su tela. Busto ligneo dorato di "Santa Lucia Vergine e Martire".
- Terza campata: Pala d'altare raffigurante il "Transito di San Francesco d'Assisi", olio su tela. Busto ligneo dorato della "Beata Vergine Maria", opera del XVIII secolo.
- Quarta campata: Pala d'altare raffigurante "San Calogero Eremita", olio su tela. Busto d'argento di "San Calogero", compatrono della diocesi e della città di Lipari, opera del XVIII secolo.
Transetto
Absidiola destra
- Cappella del Santissimo Crocifisso.
Cappella destra
- Cappella del Santissimo Sacramento.
Absidiola sinistra
- Cappella di San Bartolomeo. Nella nicchia è collocata la statua in argento sbalzato raffigurante San Bartolomeo del XVIII secolo.
Cappella sinistra
- Cappella del Vascelluzzo. Reliquiario in argento con statuetta in oro del XX secolo.
Presbiterio
- Coro ligneo.
- Altare maggiore.
- Cattedra vescovile.
Opere:
- ?, Madonna del Rosario, dipinto su tela con raffigurati San Domenico nell'atto di ricevere il rosario, Santa Caterina da Siena, la predica di San Tommaso nella predella delimitata dagli stemmi della città di Lipari. Fanno da cornice i 15 quadretti raffiguranti i misteri del rosario.
- ?, Dormitio Virginis, dipinto attribuito a Giovanni Filippo Criscuolo.
- XVI secolo, Deposizione, dipinto su tavola proveniente dalla Cappella di Santa Maria della Pietà.
- ?, Santa Caterina d'Alessandria, dipinto su tavola, opera di Giovanni Filippo de Floris.
Le reliquie
Il pollice del santo. Dopo il saccheggio del Barbarossa le sacre reliquie sono state trafugate e ricompaiono in Asia minore. Un commerciante spagnolo le acquista, le riporta in Italia e le rivende ai Liparesi. "Il vascello" altrimenti detto in dialetto "U Vascidduzzu", alta opera d'argenteria di maestri orafi Perricone-Marano di Palermo del peso di 30 kg d'argento e 2 kg di oro. Secondo la tradizione orale, in seguito ad una terribile carestia del 1672, mentre Lipari è flagellata da una tempesta, riesce ad attraccare un vascello francese che trasporta del grano. Il carico è donato agli isolani senza alcun compenso ma, in realtà la storia sembra essere andata diversamente, infatti, i disperati liparesi per i mesi di carestia compirono un vero e proprio atto di pirateria ai danni del vascello, alla stessa stregua di numerosi altri atti di pirateria compiuti nello stesso specchio di mare e ammantati di prodigi miracolosi. L'arcivescovo Angelo Paino due secoli dopo onora il provvidenziale vascello riponendo all'interno della riproduzione un lembo di pelle del santo protettore.
Il chiostro
In seguito alle continue invasioni arabe l'isola di Lipari resta disabitata, i Normanni insediandosi nelle parti interne pianeggianti trovano solo degli sparuti villaggi di abitanti di lingua greca. Nel 1083 il conte Ruggero I invia i monaci benedettini che ben presto si adattano alla serenità del luogo e invogliati dalla bellezza, costruiscono un monastero nei pressi del castello.[4] L'abate Ambrogio capo dei monaci, dirige il lavori del chiostro normanno a noi pervenuto, che è completato all'epoca di Ruggero II intorno al 1131 secondo i modelli benedettini cluniacensi, la chiesa è in primo piano rivolta a nord, il chiostro a sud, appresso il monastero. La pace continua per numerosi anni e la vita della comunità non subisce mutamenti ma, è imminente e disastrosa l'invasione dei Turchi. Tutto è distrutto con un incendio e la popolazione resa schiava. Nel 1516 Carlo V eredita da Ferdinando d'Aragona assieme a tanti altri titoli da altrettanti rami familiari, il regno di Napoli, di Sardegna e di Sicilia, combatte contro il Barbarossa che ripara in Africa nel 1535, in seguito inizia in alcune città della Sicilia e a Lipari l'opera di ricostruzione: fortifica il castello con mura inespugnabili, la Cattedrale è riedificata quale simbolo vivo della cristianità e della fede degli isolani. A tre navate, imponente si estende sul lato nord del chiostro. Ormai il chiostro non ha più il suo ruolo principale, è adibito a cimitero e ricoperto, in seguito ad un terremoto è soffocato da un muraglione che lo occulta per secoli. Solo da pochi decenni è riscoperto nella sua naturale bellezza, nel 1978 da Luigi Pastore che curiosando tra gli ambienti attigui alla Cattedrale nota dei capitelli e subito avvisa le autorità competenti delle Soprintendenze per i beni architettonici, paesaggistici, storici, artistici, etnoantropologici e archeologici. Oggi appare in tutta la sua bellezza ed è motivo di continue visite turistiche. Inizialmente era quadrangolare, il lato nord più corto. Al centro un giardino avvolto ai lati da una galleria con colonnato, il lato nord accorpato alla chiesa dopo un restauro, della quale costituisce la navata destra. Le colonne hanno un particolare pregio in quanto provenienti da case romane precedenti e sono tutte quelle scanalate, del resto numerosi manufatti sono stati localizzati nei bacini naturali ora sommersi del porto. D'interesse sono alcuni capitelli raffiguranti animali mostruosi o colombe che beccano datteri. Probabilmente furono fatti da un artigiano a imitazione della scuola benedettina cluniacense. Nel locale Museo archeologico regionale eoliano sono custoditi frammenti di pavimenti antichi accuratamente protetti in fase di restauro, materiale rinvenuto durante gli scavi, la una riproduzione fotografica del "Constitutum" dell'Abate Benedettino Ambrogio, col quale in epoca normanna, dopo la cacciata degli Arabi, è stato regolamentato il ripopolamento di Lipari e delle Eolie.[10]
Palazzo vescovile
Edificio del XVII secolo sede del Museo archeologico eoliano «Luigi Bernabò Brea».
I festeggiamenti
Durante l'anno sono quattro gli appuntamenti tradizionali per festeggiare il Protettore delle Isole Eolie:
- la prima ricorrenza cade il 13 febbraio. Con questa festa presieduta e organizzata dal Comitato dei pescatori, si ricorda l'arrivo del corpo del Santo a Lipari.
- la seconda ricorrenza cade il 5 marzo. I festeggiamenti sono realizzati dal Comitato dei contadini e intende ricordare gli anni in cui Lipari era soggetta a profonda carestia. Un “miracolo” di San Bartolomeo permise agli isolani grano per sfamarsi.
- la terza cade il 24 agosto ed è la festa principale, organizzata dall'Amministrazione Comunale.
- la quarta cade il 16 novembre, è celebrata per ringraziare il Santo Protettore per aver evitato agli isolani le disgrazie derivate in tutta la provincia a causa del terribile Terremoto della Calabria meridionale del 1894.
Chiesa di Sant'Agatone
Chiesa di Sant'Agatone extra moenia. Primitivo tempio destinato a sepoltura delle spoglie di San Bartolomeo, Sant'Agatone Martire e vescovi della diocesi di Lipari.
Galleria d'immagini
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Prospetto e scalinata
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Cittadella fortificata
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Confraternite
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Confraternite
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Sopraelevazione altare di "San Bartolomeo Apostolo"
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Altare di "San Bartolomeo Apostolo"
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Transetto destro, Cappella e altare del "Santissimo Sacramento"
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Sacrestia, quadro
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Sacrestia, quadro
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Cappella del "Vascello", quadro parete destra
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Altare maggiore, "Cattedra Vescovile"
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Transetto sinistro, Cappella del "Santissimo Sacramento"
Note
- ^ Touring Club Italiano, pp. 812, 813
- ^ Touring Club Italiano, pp. 811
- ^ Pagina 268, Abate Francesco Sacco, Dizionario geografico del Regno di Sicilia, Volume primo, Palermo, Reale Stamperia, 1800
- ^ a b c Touring Club Italiano, pp. 812
- ^ Tommaso Fazello, pp. 917
- ^ Touring Club Italiano, pp. 813
- ^ http://meteoterremoti.altervista.org/blog/terremoti/i-terremoti-storici-della-sicilia/
- ^ Jean Pierre Louis Laurent Houël, "Voyage pittoresque des isles de Sicile, de Malte et de Lipari. (1782-1787)", [1], Parigi, 1784
- ^ Touring Club Italiano, pp. 832
- ^ Touring Club Italiano, pp. 816 e seguenti
Bibliografia
(IT) Tommaso Fazello, "Le due deche dell'historia di Sicilia. Del R.P.M. Tomaso Fazello siciliano dell'Ordine dei Predicatori", Palermo, 1573.
(IT) "Guida d'Italia" - "Sicilia", Touring Club Italiano.
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