Condominio ai Giardini d'Ercole

edificio di Milano

Il condominio ai Giardini d'Ercole, detto anche casa di/in via Marchiondi[2][1], è un edificio residenziale sito in via Marchiondi 7 a Milano.

Condominio ai Giardini d'Ercole
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Regione  Lombardia
LocalitàMilano
IndirizzoVia Paolo Marchiondi 7
Coordinate45°27′22.57″N 9°11′37.64″E
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Costruzione1950 - 1954
Usoresidenziale
Realizzazione
ArchitettoIgnazio Gardella, Anna Castelli Ferrieri e Roberto Menghi
CostruttoreDella Cà[1]
CommittenteGli architetti coinvolti e gli altri futuri condomini

Il condominio ai Giardini d'Ercole trae le sue origini dall'iniziativa di un gruppo di privati - compresi i tre architetti coinvolti nella sua progettazione Ignazio Gardella, Anna Castelli Ferrieri e Roberto Menghi - che all'inizio degli anni Cinquanta acquistarono un lotto di terreno nelle vicinanze di Porta Romana e prospiciente i giardini di Palazzo Pertusati, edificio andato distrutto durante la seconda guerra mondiale[1]. La denominazione dell’edificio è dovuta alla presenza in uno dei due parchi su cui è affacciato il condominio di una statua settecentesca raffigurante Ercole nell’atto di uccidere il leone di Nemea[3].

La prima stesura del progetto edilizio avvenne nel 1949 quando il lotto di terreno era ancora di proprietà della sorelle Menzi, il terreno venne poi acquistato nel marzo del 1950 e il comune di Milano concesse la licenza edilizia nell'aprile dello stesso anno[4]. Il progetto, dopo alcune modifiche, prese la sua forma definitiva nel 1952; i lavori iniziarono già nel 1950 a carico dell'azienda Della Cà di Alessandria e vennero conclusi nel 1954. Dopo la sua costruzione l'edificio subì ulteriori interventi edili nel 1955, 1964 e 1969[1]. Il condominio venne occupato a partire dal 1956[4].

Descrizione

modifica

Nel progetto del condominio ai Giardini d'Ercole Gardella e i suoi collaboratori affrontano la stessa sfida che si era già prefigurata alcuni anni prima con casa Tognella, ovvero la necessità di rispondere alle esigenze di tipo professionale dovute alle richieste della committenza senza per questo rinunciare alla visione artistica nella progettazione dell'immobile[5].

L'edificio che sorge dove prima insistevano le scuderie di Palazzo Pertusani si erge con otto piani sopra terra e due interrati per un totale di quindici appartamenti[1] di cui tre di proprietà dei progettisti[3]. Durante la costruzione dell'edificio i progettisti decisero di salvaguardare un enorme albero presente nei Giardini d'Ercole adattando il progetto alla sua presenza, con la conseguenza di far passare un grosso ramo attraverso un balcone e di modificare il profilo di quello superiore, così da consentirgli di crescere senza impedimenti[2]; questa soluzione permetteva all'edificio di avere un rapporto diretto tramite l'esemplare di robinia pseudoacacia con il vecchio giardino[1] e tramite l'incorporazione della natura circostante anche di accrescere il gioco delle ombre sulla fronte dell'edificio[5]. Questo rapporto edificio-natura ha portato la critica a sottolineare il rapporto che intercorre tra il valore intimo e domestico dell'abitare e la sua espansione nella natura, con Giulio Carlo Argan che fece notare come per quanto l'albero e l'edificio appartenessero a due spazi in un certo senso incomunicabili siano comunque parte di due momenti temporali che dialogano tra loro[6].

Il fronte dell'edificio essendo stato progettato seguendo le esigenze dal punto di vista della distribuzione degli spazi dei futuri inquilini risulta avere una disposizione un po' casuale[7], siccome l'obiettivo era avere la maggiore flessibilità possibile nella divisione interne l'unico elemento che si ripete nella pianta di ogni piano è il gruppo dei servizi - cucina, bagno di servizio, lavanderia e guardaroba - unita in maniera che da ogni piano potessero essere sistemato due differenti appartamenti[8] con i locali di servizio esposti verso nord e i soggiorni invece a sud, a vista sul giardino[1]. Per via di questa filosofia progettuale ogni piano ha un diverso aspetto, legato alle esigenze dei suoi abitanti, mostrando diversa disposizione delle finestre, dei bovindi - che seguendo la dimensione dei soggiorni cambiavano necessariamente di dimensione[1] - e anche diversa dimensione degli appartamenti[8].

Nella facciata esterna è dato grande risalto ai piani orizzontali: i terrazzi continui della profondità di due metri sono interrotti da un muro di spina corrispondente al muro divisorio tra i due appartamenti con i piani orizzontali marcati da vetrate a tutta altezza. I balconi sono dotati di ringhiere e scossaline in rame sagomate per la decorazione della loro testa[7].

La struttura è di cemento armato e le facciate rientrati sono intonacate di rosa[8] mentre quelle esposte sono rivestite di klinker di colore rosso viola[6].

L'edifico è fornito di un portico e nell'atrio sono presenti un appartamento, una sala riunioni e la portineria a cui fu dedicata particolare attenzione alla finiture con il pavimento in marmo bianco e le pareti di stucco veneziano di colore verde[3].

  1. ^ a b c d e f g h Buzzi Ceriani, p. 108.
  2. ^ a b Casa di via Marchiondi, su ordinearchitetti.mi.it. URL consultato il 24 settembre 2025 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2025).
  3. ^ a b c Condominio ai Giardini d'Ercole, su lombardiabeniculturali.it. URL consultato il 24 settembre 2025 (archiviato dall'url originale il 21 gennaio 2025).
  4. ^ a b Il giardino d'Arcadia a Milano - tutela, pianificazione urbana e ricostruzione (PDF), su architettonicimilano.lombardia.beniculturali.it. URL consultato il 24 settembre 2025 (archiviato dall'url originale il 2 settembre 2024).
  5. ^ a b Canella, p. 298
  6. ^ a b Buzzi Ceriani, p. 111.
  7. ^ a b Monestiroli, p. 39.
  8. ^ a b c Aloi, p. 301.

Bibliografia

modifica
  • Francesco Buzzi Ceriani (a cura di), Ignazio Gardella - progetti e architettura 1933-1990, Venezia, Marsilio Editori, 1992, ISBN 978-8831756396.
  • Antonio Monestiroli, L'architettura secondo Gardella, Bari, Laterza, 1997, ISBN 978-8842053835.
  • Guido Canella, Architetti italiani nel Novecento, a cura di Enrico Bordogna, Firenze, Christian Marinotti Edizioni, 2010, ISBN 978-8882731083.
  • Roberto Aloi, Nuove architetture a Milano, Milano, Hoepli, 1958.