Enrico Pandone

nobile e condottiero italiano

Enrico Pandone (dal 1520 Pandone d'Aragona; Napoli, tra il 1495 e il 1497Napoli, 1º dicembre 1528) è stato un nobile e condottiero italiano[1].

Enrico Pandone d'Aragona
Duca di Bojano
Stemma
Stemma
TrattamentoDuca
Altri titoli
NascitaNapoli, tra il 1495 e il 1497
MorteNapoli, 1º dicembre 1528
DinastiaPandone
PadreCarlo Pandone
MadreIppolita d'Aragona
ConsorteCaterina/Isabella Acquaviva d'Aragona
FigliFrancesco
un altro figlio
Elisabetta
ReligioneCattolicesimo
Enrico Pandone d'Aragona
NascitaNapoli, tra il 1495 e il 1497
MorteNapoli, 1º dicembre 1528
Cause della morteDecapitazione
Dati militari
Paese servito Sacro Romano Impero
Regno di Francia
GradoCondottiero
ComandantiCarlo V d'Asburgo
Odet de Foix
GuerreGuerra dei quattro anni
Guerra della Lega di Cognac
BattaglieBattaglia di Roma (1525)
Assedio di Napoli (1528)
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Fu duca di Bojano, 4º conte di Venafro, barone di Capriati e Prata, signore di Campochiaro, Cerasuolo, Ciorlano, Collestefano, Filignano, Fossaceca, Gallo, Guardiaregia, Letino, Macchiagodena, Mastrati, Montaquila, Pettorano, Pratella, Roccaravindola, Roccasanvito, Santa Maria Oliveto, Valleampia e Zandenusio, capitano di San Polo Matese e cavaliere dell'Ordine di Malta[1].

Biografia

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Enrico Pandone nacque a Napoli tra il 1495 e il 1497, figlio di Carlo Pandone ed Ippolita d'Aragona, figlia di Enrico d'Aragona[1]. Dopo la morte del padre nel 1498, che aveva designato Enrico come suo erede nel possesso della contea di Venafro, crebbe sotto la reggenza della madre fino al raggiungimento della maggiore età nel 1514[1]. Nel 1516 gli furono confermati i beni familiari che aveva ereditato e venne ascritto quale cavaliere dell'Ordine di Malta[1].

Fedele in un primo momento alla causa dell'imperatore Carlo V d'Asburgo che nel 1525 lo aveva nominato duca di Bojano in ricompensa per la vittoria riportata nella battaglia di Roma nell'ambito della guerra dei quattro anni, avendo sperperato tutte le ricchezze della famiglia, l'anno dopo si pose dalla parte dei francesi in occasione della discesa in Italia del maresciallo Odet de Foix volta a conquistare il Regno di Napoli[2]. Sperava così in una vittoria del Lautrec che gli consentisse di riavere dai propri creditori, partigiani imperiali, i possedimenti perduti[3].

A causa dell'esito infausto della guerra della Lega di Cognac per i francesi (definitiva sconfitta e resa nell'assedio di Napoli del 1528), Enrico decise di lasciare il Regno assieme alla moglie Caterina/Isabella Acquaviva d'Aragona[3]. Intento ad organizzare la fuga a Venafro, fu ivi catturato e condotto prigioniero nel Castel Nuovo di Napoli, dove il 1º dicembre venne fatto decapitare per fellonia da Filiberto di Chalon, principe di Orange[2]. Di conseguenza, il castello di Venafro, sua residenza, fu saccheggiato dai soldati e la famiglia di Enrico venne spogliata di tutti i propri beni[3]. Lo scrittore venafrano Battista della Valle per ricordarne le gesta gli aveva dedicato la sua opera Vallo[1].

Ascendenza

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Genitori Nonni Bisnonni Trisnonni
Carlo Pandone Francesco Pandone  
 
? Carafa  
Scipione Pandone  
Margherita del Balzo Jacopo del Balzo  
 
Covella di Tocco  
Carlo Pandone  
Onorato II Caetani Cristoforo Caetani  
 
Giovannella del Forno  
Lucrezia Caetani  
Francesca di Capua Fabrizio di Capua  
 
Covella Gesualdo  
Enrico Pandone d'Aragona  
Ferrante d'Aragona Alfonso V d'Aragona  
 
Gueraldona Carlino  
Enrico d'Aragona  
Diana Guardato Zaccaria Guardato  
 
?  
Ippolita d'Aragona  
Antonio Ventimiglia Giovanni I Ventimiglia  
 
Agata Prades Moncada  
Polissena Ventimiglia  
Margherita di Chiaromonte Tristano di Chiaromonte  
 
Caterina Orsini del Balzo  
 

Discendenza

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Enrico Pandone si sposò a Napoli il 10 dicembre 1514 con Caterina/Isabella Acquaviva d'Aragona, figlia di Giovanni Francesco Acquaviva d'Aragona, marchese di Bitonto, e Dorotea Gonzaga, dalla quale ebbe Francesco, marito di Laura Albertini, vissuto in miseria dopo la rovina del padre, e un altro figlio, del quale non si conosce il nome, morto suicida[4]. Come figlia, aveva avuto Elisabetta, andata in sposa a Prospero di Palma[5]. Già imparentato dalla nascita con gli Aragona, coi quali la casata della consorte era legata, celebrate le nozze, a partire dal 1520 unì al nome della propria famiglia quello della dinastia reale spagnola[1].

 
Anonimo, Affresco di cavallo, Castello Pandone, Venafro, 1524

In vita, Enrico Pandone fece ristrutturare il Castello Pandone di Venafro aggiungendovi un giardino e una torre lungo le fortificazioni delle mura di cinta[1]. Da sempre appassionato di cavalli (che però furono anche causa della sua rovina), nel 1524 commissionò ad un artista anonimo la realizzazione di affreschi ad essi dedicati (ciclo di affreschi dei Cavalli del castello Pandone) nelle scuderie, nel piano nobile e nel loggiato occidentale della residenza[6].

  1. ^ a b c d e f g h Db.histantartsi.eu.
  2. ^ a b Candida Gonzaga (1875), p. 97; Db.histantartsi.eu.
  3. ^ a b c Candida Gonzaga (1875), p. 97.
  4. ^ Ammirato (1651), p. 68; Db.histantartsi.eu; Garofalo e Mattei (2022), p. 92; Pecoraro et al. (1801), pp. 85-88 e le doppie note n. 3; Terminio (1581), p. 44.
  5. ^ De Lellis (1671), p. 90.
  6. ^ Cavalli della scuderia di Enrico Pandone, su catalogo.beniculturali.it; Db.histantartsi.eu; Francesco Bei, Il cavallo dell'Imperatore che costò la testa al Duca, in La Repubblica dei cavalli, supplemento di la Repubblica, Roma, GEDI Gruppo Editoriale, 31 marzo 2023; Garofalo e Mattei (2022), p. 81.

Bibliografia

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Voci correlate

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Collegamenti esterni

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