Luigi Scotti Douglas
Luigi Scotti Douglas Conte di Vigoleno (Napoli, 23 giugno 1796 – Napoli, 14 dicembre 1880) è stato un generale italiano dell'Esercito delle Due Sicilie.
Luigi Scotti Douglas | |
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Nascita | Napoli, 23 giugno 1796 |
Morte | Napoli, 14 dicembre 1880 |
Dati militari | |
Paese servito | ![]() |
Forza armata | Esercito delle Due Sicilie |
Grado | Maresciallo di campo |
Guerre | Seconda guerra d'indipendenza italiana |
Campagne | |
Battaglie | Battaglia del Macerone |
Comandante di | Esercito napoletano |
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Biografia
modificaAbbracciò la carriera delle armi nel 1816, entrando nella Reale Guardia del Corpo. Sposò Maria Giuseppina Carlier, dalla quale ebbe diversi figli, dei quali Ferdinando, Federico e Alfonso [1] scelsero anch'essi la carriera militare. Il 14 novembre 1852, Luigi Scotti Douglas ricevette un’importante onorificenza quando fu nominato Commendatore dell’Ordine del merito sotto il titolo di San Lodovico dal duca Carlo III di Borbone-Parma, sovrano del Ducato di Parma, Piacenza e Guastalla. Questa distinzione gli fu conferita in riconoscimento dei suoi meriti militari e della sua leale dedizione al servizio, qualità che lo avevano distinto durante la sua carriera nell’Esercito delle Due Sicilie. L’Ordine di San Lodovico, istituito nel 1836 dal padre di Carlo III, Duca di Parma e Piacenza , il Duca Carlo Lodovico II di Parma, era un ordine cavalleresco dinastico che premiava sia meriti civili che militari, e la nomina a Commendatore includeva il prestigioso privilegio della nobiltà ereditaria, trasmissibile ai suoi discendenti Ordine del merito sotto il titolo di San Lodovico#Le origini
Questo riconoscimento rafforzò ulteriormente il suo status nobiliare, culminato nel 13 ottobre 1856 con il conferimento del titolo di Conte di Vigoleno tramite regio rescritto. Nel 1859 raggiunse il grado massimo per l'esercito borbonico di maresciallo di campo[1].
Incaricato di fronteggiare l'invasione dell'Armata Sarda proveniente da nord, il 20 ottobre 1860 fu impegnato con le proprie truppe nella battaglia del Macerone[2]. Sconfitto sul campo[3], fu preso prigioniero[4] insieme al suo intero Stato Maggiore e fu messo agli arresti da Enrico Cialdini[5]. Successivamente, pubblicò un opuscolo nel quale si scusava di aver prestato servizio nell'Esercito delle Due Sicilie.
Il 25 aprile 1861 ottenne la pensione dal governo del neonato Regno d'Italia.
Note
modifica- ^ Decreto di Francesco II, del 6 ottobre 1860, da Gaeta, con cui nomina il conte Luigi Scotti Douglas alter ego in Terra di La voro ed Abruzzi, s.n.t., p. 1..
- ^ Giacinto de’ Sivo, Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, Volume II, Trieste 1868, p. 287-288..««I Piemontesi procedevano a grosse colonne l'una sull'altra insieme a' pochi faziosi che raggranellavano tra via; guidava l'avanguardia il generale Griffini con due battaglioni bersaglieri e due cannoni della 4a divisione. Presso al Macerone, lasciata la strada si gittò sull'alture, e vi si postò, mandando i faziosi avanti a insultare i Borboniani. Lo Scotti al veder questi divise i suoi in tre, sulla strada, e su' lati alle montagne, e gridò: «Date la caccia a quei mascalzoni». Infatti furono respinti sino alla vetta; ma là i Napolitani si sentirono improvvisamente colti da scaglie non viste, eppure procedendo baldi, già due compagnie eran per pigliare i due abbandonati cannoni, quando sbucando di dietro al monte il 3° d'infanteria Sarda, perduti alquanti uomini ebbero a piegare. In quella sopraggiungeva il Cialdini con la brigata Regina, che sulla via maestra corse alla carica, mentre prolungando l'ale accennava a circuire i nostri. Questi resistettero mezz'ora; morì il tenente Mattiello, fu ferito il tenente Giordano; ma visto aver da fare con un esercito, prima i volontarii e i gendarmi s'allontanarono, percossi dal 7° Bersaglieri, e da uno squadrone di Lancieri; e poi il resto del 1° di linea rimasto solo e circuito, e per istanchezza del cammino fatto da Teano inabile a' movimenti, ordinandolo lo Scotli, pose giù l'arme. Tutti gli altri se la svignarono pe' monti a Venafro. Restarono prigionieri da seicent'uomini, e molti uffiziali, con lo Scotti, che parve esservi ito a posta, né s'era mosso di dentro la carrozza. Il Cialdini lo mandò con un suo uffiziale a Solmona; e notò nel dispaccio ch'ei vi consentiva volentieri. Costui vecchio carbonaro, fatto nel ‘49 il reazionario inviperato, ora non so se traditore o imbecille, a scusarsi d'aver combattuto pel re, stampò una umile lettera al Cavour, vantandosi liberale. Certa gente in tutte fortune va a galla, perché vacua.»»
- ^ Tito Battaglini, Il crollo militare del Regno delle Due Sicilie, I, Dalla catastrofe siciliana al Volturno, Modena, 1938 p. 192.««Il maresciallo Luigi Scotti-Douglas, da vecchio carbonaro diventato reazionario, che si trovava con una colonna di gendarmi e volontari da lui armati a San Germano, appoggiato dai partigiani e dal clero locali, e il De Liguoro, promosso tenente colonnello per le recenti gesta, ch’era ad Isernia per tenere a freno come si è visto i liberali del paese e per fronteggiare i garibaldini, furono rinforzati, in previsione dell’invasione piemontese, dalle truppe della brigata Grenet fino a Venafro»»
- ^ Luigi Zini, Storia d’Italia dal 1850 al 1866, Milano 1869, vol. I, parte II, p. 789-790..««Distaccato dal IV Corpo a vanguardia precedeva di uno alloggiamento il Generale Paolo Griffini con due battaglioni di bersaglieri, due compagnie di zappatori del Genio, due reggimenti di cavalli e quattro cannoni: al quale come nel giorno 19 giusta i computi toccasse a Rionero, che è al piede del Macerone, era ingiunto di accampare ed aspettarvi lo arrivo dello intiero Corpo, perché il Comandante Cialdini intendeva impadronirsi del passo e delle alture, e farsi forte colassù prima che li Borboniani, che si sapevano già in marcia da Venafro ad Isernia precorrendo occupassero la montagna; donda quasi da immane fortezza anco pochi facilmente potrebbero contrastare il passo ed arrestare in quelle gole tutto lo sforzo de' Sardi. La qual cosa considerando il Griffini e il pericolo dello indugio, e dall'altro il rischio di avventurarsi a disubbidienza ed a fronteggiare il nimico in maggior forza, stato alquanto sopra di sé gittossi al partito animoso; e tolti con sé li Bersaglieri e traendosi appressa le artiglierie, lasciato giù nella valle la Cavalleria e li Zappatori a guardia del ponte sul torrente della Vandra, alla prima luce fu sull'alto del giogo e vi si afforzò: e di colà speculando vide movergli incontro grossi stuoli nemici che partitisi in tre colonne accennavano ad investirlo di fronte e girarlo da' fianchi. — Seppesi di poi che duce a quelle schiere (tremila soldati di ordinanza, fanti di linea e gendarmi, forse altrettanti partigiani, con una batteria) era il Generale Douglas Scotti di Piacenza agli stipendj di Francesco lI, inviato con nome di Luogotenente del Re nelli distretti di Terra di Lavoro a sollevare que' popoli per la causa regia e fare arme (come già un tempo per l'antica fede e li gesti di Fra Diavolo, di Mammona, di Sciarpa, di Pronio e di Rodio); e così raccolte quante forze gli venisse fatto a chiudere il varco principale dello Appennino.»»
- ^ Giacinto de’ Sivo, Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, Volume II, Trieste 1868, p. 323.««Era a S. Germano il maresciallo Scotti con poche truppe; il più di volontarii e soldati raccogliticci, con carico piuttosto politico che militare, per proteggere le popolazioni contro i faziosi. Dipendevano da lui quei che ad Isernia avevano il 5 e il 16 ottobre sperperati i due corpi garibaldesi; e là s'era rimasto il maggiore De Liguoro, spiando il Pateras che si diceva scendesse d'Abruzzo co'suoi ribaldi, per punirli delle rapine. Colà recatosi anche lo Scotti non so perché, ebbe a sera del 19 notizia di grosse colonne di truppe regolari accampate nella valle Vandra, di là dal Macerone; però parecchi, asseverando fossero Piemontesi, istigavano lo Scotti a occupare la sera stessa la forte posizione del Macerone, dove si potea contrastare il passo; ma egli, duro, si stette, e lasciò il nemico v'arrivasse primo. Al mattino gli giunse da Teano il 1° di linea, minorato di due compagnie, ch'erano ad Itri; reggimento capitolato a Melazzo, poi dal Brigante a Reggio disciolto, che per alacrità di soldati accorsi volonterosi s'era ricomposto a Capua in 800 uomini col maggiore Auriemma; corpo certamente fievole di coesione, dopo tante peripezie. Adunque con questi stanchi del cammino, con poche centinaia di gendarmi, certi volontarii e due pezzi da montagna, lo Scotti il mattino del 20 mosse incontro a tutta l'oste Sarda, dicendo fosse il Pateras con la sua masnada.»»
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