Utente:Etrusko25/Sandbox 3

Nelle profondità oceaniche, la neve marina è una pioggia continua di detriti prevalentemente organici che cadono dagli strati superiori della colonna d'acqua. È un mezzo importante di trasferimento energetico dalla zona eufotica alla zona afotica sottostante, denominata "pompa biologica". La "produzione esportata" è la quantità di materia organica prodotta nell'oceano dalla produzione primaria che non viene mineralizzata prima di sprofondare nella zona afotica. A causa del ruolo della produzione di esportazione nella pompa biologica dell'oceano, viene tipicamente misurata in unità di carbonio (ad esempio mg C m−2 d−1). Il termine è stato coniato dall'esploratore William Beebe in base alle sue osservazioni dalla batisfera. Poiché l'origine della neve marina risiede nelle attività all'interno della zona fotica produttiva, la prevalenza della neve marina cambia con le fluttuazioni stagionali dell'attività fotosintetica e delle correnti oceaniche. La neve marina può essere un'importante risorsa trofica per gli organismi che vivono nella zona afotica, in particolare per quelli che vivono molto in profondità nella colonna d'acqua.
Composizione
modificaLa neve marina è costituita da un'ampia varietà di sostanze prevalentemente organiche, tra cui animali morti o moribondi, fitoplancton, protisti, materiali fecali, sabbia e altre polveri inorganiche. La maggior parte delle particelle intrappolate sono più esposte consumo degli organismi al rispetto a quando fluttuano liberamente. Le particelle possono aggregarsi attraverso processi abiotici, ad esempio sostanze extrapolimeriche.[2] Si tratta di polimeri naturali secreti come prodotti di scarto principalmente dal fitoplancton e dai batteri. Anche il muco secreto dallo zooplancton (principalmente salpe, appendicularie e pteropodi) contribuisce alla formazione degli aggregati di neve marina.[3] Questi aggregati crescono nel tempo e possono raggiungere diversi centimetri di diametro, viaggiando per settimane prima di raggiungere il fondo dell'oceano.
La neve marina si forma spesso durante le fioriture algali. Man mano che i fitoplanctonti si concentrano, vanno incontro ad aggregazione o all'intrappolamento in aggregati già presenti di altri materiali, accelerando la velocità di affondamento. Si ritiene che l'aggregazione e l'affondamento siano una delle principali cause di perdita di alghe dalle acque superficiali.[4] La maggior parte dei componenti organici della neve marina viene consumata dai microbi, dallo zooplancton e da altri organismi filtratori nei primi 1.000 metri della discesa. La neve marina può essere considerata la base degli ecosistemi mesopelagici e bentonici delle profondità marine: poiché la luce solare non riesce a raggiungerli, gli organismi abissali dipendono fortemente dalla neve marina come fonte di energia. La piccola percentuale di materiale non consumato negli strati superiori viene incorporata nel sedimento che ricopre il fondo dell'oceano, dove viene ulteriormente decomposta dall'attività biologica.
Gli aggregati di neve marina presentano caratteristiche che corrispondono all'ipotesi della “ruota che gira” formulata da Goldman. Questa ipotesi afferma che il fitoplancton, i microrganismi e i batteri vivono attaccati alla superficie degli aggregati e che sono coinvolti nel rapido riciclaggio dei nutrienti. È stato dimostrato che il fitoplancton è in grado di assorbire i nutrienti da piccole concentrazioni locali di materiale organico (ad esempio, materia fecale proveniente da una singola cellula di zooplancton, nutrienti recuperati dalla decomposizione organica da parte dei batteri).[5] Mentre gli aggregati affondano lentamente sul fondo dell'oceano i numerosi microrganismi che vi risiedono respirano costantemente e contribuiscono in modo significativo al ciclo microbico.
Dinamiche di aggregazione
modificaGli aggregati iniziano come frazione colloidale, che in genere contiene particelle di dimensioni comprese tra un nanometro e diversi micrometri. La frazione colloidale dell'oceano contiene una grande quantità di materia organica non disponibile per gli organismi brucatori. Questa frazione ha una massa totale molto più elevata rispetto al fitoplancton o ai batteri, ma non è facilmente utilizzabile a causa delle caratteristiche dimensionali delle particelle rispetto ai potenziali consumatori. La frazione colloidale deve aggregarsi per essere maggiormente biodisponibile.
Effetto zavorra
modificaGli aggregati che affondano più rapidamente sul fondo dell'oceano hanno maggiori possibilità di esportare carbonio verso il fondale marino profondo. Più lungo è il tempo di permanenza nella colonna d'acqua, maggiore è la possibilità di essere consumati in strati d'acqua più superficiali. Gli aggregati formati in aree con elevata presenza di polveri minerali o sabbia sottile in sospensione sono in grado di aumentare la loro densità più rapidamente e in strati meno profondi rispetto agli aggregati formati senza particelle inorganiche e questi aggregati con maggiore presenza di materiale sabbioso sono correlati con flussi di carbonio organico particolato. Tuttavia, quando il loro peso aumente troppo a causa del contenuto di materiale minerale, non riescono a raccogliere ulteriore particelle inorganiche durante la discesa, il che suggerisce che l'esportazione di carbonio nelle profondità oceaniche in regioni con elevata deposizione di pulviscolo è fortemente controllata dall'apporto di polveri sulla superficie oceanica, mentre le particelle di polvere sospese negli strati d'acqua più profondi non interagiscono in modo significativo con gli aggregati in affondamento.[6]
Frammentazione
modificaUna volta che le particelle si sono aggregate fino a raggiungere un diametro di diversi micrometri iniziano ad accumulare batteri poiché vi è spazio sufficiente per la loro alimentazione e riproduzione. A queste dimensioni, sono abbastanza grandi da poter affondare. Presentano inoltre i componenti necessari per soddisfare l'"ipotesi della ruota che gira". La prova di ciò è stata trovata da Alldredge e Cohen (1987), che hanno rilevato tracce sia di respirazione che di fotosintesi all'interno degli aggregati, suggerendo la presenza di organismi sia autotrofi che eterotrofi.[7] Durante la migrazione verticale dello zooplancton, l'abbondanza degli aggregati cresce mentre la ripartizione per dimensioni si riduce. Gli aggregati trovati nell'addome degli organismi dello zooplancton mostrano che il loro consumo frammenta gli aggregati più grandi.[8]
Coagulazione superficiale
modificaGli aggregati possono anche formarsi dai colloidi intrappolati sulla superficie delle bolle ascendenti. Ad esempio, Kepkay et al. hanno scoperto che la coagulazione delle bolle porta ad un aumento della respirazione batterica, poiché aumenta la disponibilità di alimento.[9]
Filtrazione
modificaLe particelle e i piccoli organismi che fluttuano nella colonna d'acqua possono rimanere intrappolati all'interno degli aggregati. Tuttavia, gli aggregati di neve marina sono porosi e alcune particelle riescono ad attraversarli.
Microrganismi associati alle particelle
modificaI procarioti marini planctonici sono suddivisi in due categorie ecologiche: liberi e associati a particelle. Le due categorie vengono separate mediante filtrazione. I batteri associati alle particelle sono spesso difficili da studiare perché gli aggregati di neve marina hanno dimensioni che variano da 0,2 a 200 μm, il che rende difficile il campionamento. Questi aggregati sono hotspot per l'attività microbica. I batteri marini sono gli organismi più abbondanti negli aggregati, seguiti dai cianobatteri e dai nanoflagellati.[10] Gli aggregati possono possono avere popolazioni batteriche circa mille volte più alte dell'acqua marina circostante. Anche la stagione può avere effetto sulle comunità microbiche degli aggregati di neve marina, con concentrazioni che raggiungono il picco massimo durante l'estate.[10]
Come illustrato nel diagramma il fitoplancton fissa l'anidride carbonica nella zona eufotica utilizzando l'energia solare e produce carbonio organico particolato. Il carbonio organico particolato formatosi nella zona eufotica viene trasformato dai microrganismi marini, dallo zooplancton e dai loro consumatori in aggregati organici o neve marina che vengono poi trasportati nella zona mesopelagica e nella zona batipelagica con l'affondmento e attraverso la migrazione nictemerale dello zooplancton e dei pesci.[11]Errore nelle note: </ref>
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Export flux is defined as the sedimentation out of the surface layer (at approximately 100 m depth) and sequestration flux is the sedimentation out of the mesopelagic zone (at approximately 1000 m depth). A portion of the particulate organic carbon is respired back to CO2 in the oceanic water column at depth, mostly by heterotrophic microbes and zooplankton, thus maintaining a vertical gradient in concentration of dissolved inorganic carbon (DIC). This deep-ocean DIC returns to the atmosphere on millennial timescales through thermohaline circulation. Between 1% and 40% of the primary production is exported out of the euphotic zone, which attenuates exponentially towards the base of the mesopelagic zone and only about 1% of the surface production reaches the sea floor.[11][12][13]
The largest component of biomass are marine protists (eukaryotic microorganisms). Marine snow aggregates collected from the bathypelagic zone were found to consist largely of fungi and labyrinthulomycetes. Smaller aggregates do not harbor as many eukaryotic organisms which is similar to what is found in the deep ocean. The bathypelagic aggregates mostly resembled those found in the surface ocean.[14] It implies higher rates of remineralization in the bathypelagic zone.
Numerically, the largest component of marine snow are the prokaryotes that colonize the aggregates. Bacteria are largely responsible for the remineralisation and fragmentation of aggregates. Remineralization occurs typically below 200 m depth.[15]
Microbial communities that form on the aggregates vary from the communities in the water column. The concentration of attached microbes are typically orders of magnitude larger than free-living microbes.[16] Isolated bacterial cultures have up to 20 times more enzymatic activity within 2 hours of aggregate attachment.[10] The dark ocean harbors around 65% of all pelagic Bacteria and Archaea.(Whitman et al., 1998)
It was previously thought that due to fragmentation, bacterial communities would shift as they travel down the water column. As seen in experiments, it now appears that the communities that form during aggregation remain associated with the aggregate and any community changes are due to grazing or fragmentation rather than new bacterial colony formation.[17]
Carbon cycling
modificaThe deep ocean harbors more than 98% of the dissolved inorganic carbon pool,[18] along with a rapid sedimentation rate that results in low particulate organic carbon inputs. It is yet to be resolved what effect microbes have on the global carbon cycle. Studies show that microbes in the deep ocean are not dormant, but are metabolically active and must be participating in nutrient cycling by not only heterotrophs but by autotrophs as well. There is a mismatch from the microbial carbon demand in the deep ocean and the carbon export from the surface ocean.[18] Dissolved inorganic carbon fixation is on similar orders of magnitude as heterotrophic microbes in the surface ocean. Model-based data reveal that dissolved inorganic carbon fixation ranges from 1 mmol C m−2 d−1 to 2.5 mmol C m−2 d−1.[18]
Microenvironments
modificaLarge aggregates can become anoxic which gives rise to anaerobic metabolisms. Typically anaerobic metabolisms are confined to areas where it is more energetically favorable. Given the abundance of denitrifying and sulfate-reducing bacteria, it is thought that these metabolisms are able to thrive within marine snow aggregates. In a model developed by Bianchi et al., it shows the various redox potentials within an aggregate.[19]
Implications
modificaBecause of the relatively long residence time of the ocean's thermohaline circulation, carbon transported as marine snow into the deep ocean by the biological pump can remain out of contact with the atmosphere for more than 1000 years. That is, when the marine snow is finally decomposed to inorganic nutrients and dissolved carbon dioxide, these are effectively isolated from the surface ocean for relatively long time scales related to ocean circulation. Consequently, enhancing the quantity of marine snow that reaches the deep ocean is the basis of several geoengineering schemes to enhance carbon sequestration by the ocean. Ocean nourishment and iron fertilisation seek to boost the production of organic material in the surface ocean, with a concomitant rise in marine snow reaching the deep ocean.[20] These efforts have not yet produced a sustainable fertilization that effectively transports carbon out of the system.
Increases in ocean temperatures, a projected indicator of climate change, may result in a decrease in the production of marine snow due to the enhanced stratification of the water column. Increasing stratification decreases the availability of phytoplankton nutrients such as nitrate, phosphate and silicic acid, and could lead to a decrease in primary production and, thus, marine snow.
The microbial communities associated with marine snow are also interesting to microbiologists. Recent research indicates transported bacteria may exchange genes with previously thought to be isolated populations of bacteria inhabiting the breadth of the ocean floor. In such an immense area there may be as yet undiscovered species tolerant of high pressures and extreme cold, perhaps finding use in bioengineering and pharmacy.
See also
modificaReferences
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreTurner2015
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Further reading
modifica- Mary Wilcox Silver (2015). "Marine Snow: A Brief Historical Sketch". Limnology and Oceanography Bulletin, 24:5-10. https://doi.org/10.1002/lob.10005
- Brakstad OG, Lewis A, Beegle-Krause CJ, A critical review of marine snow in the context of oil spills and oil spill dispersant treatment with focus on the Deepwater Horizon oil spill., in Marine Pollution Bulletin, vol. 135, 2018, pp. 346–356, DOI:10.1016/j.marpolbul.2018.07.028.
External links
modifica- U. Georgia, Marine Snow and Particles
- U. Bangor, Marine Snow: Formation and composition
- NIWA, What grows up must fall down: the potential impact of climate change on plankton and carbon export
- Primary production and vertical export
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