Utente:The Boss Bomber2/Sandbox - POLITICA



Membro del Folketing

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Sei membri nella Sala del Folketing, 2012

Un membro del Folketing (in danese Folketingsmedlem, let. 'Medlem af Folketinget'), abbreviato MF,[1] è un membro del parlamento monocamerale della Danimarca, il Folketing. Altri paesi usano termini diversi per i loro parlamentari.

Dalle elezioni parlamentari del 22 settembre 1953, le prime previste dalla Costituzione del 1953, il Folketing conta 179 membri.[2] 175 sono eletti in Danimarca, mentre la Groenlandia e le Isole Fær Øer ne eleggono due ciascuno.[2] I membri sono eletti per un mandato di quattro anni. Il Ministro di Stato (primo ministro), a nome del monarca, può indire elezioni generali in qualsiasi momento durante il periodo elettorale.[3] Gli attuali membri del Folketing sono stati eletti alle elezioni del 1° novembre 2022.

Compenso

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Ogni membro del Folketing riceve uno stipendio di 59.852,83 DKK al mese (al 1° ottobre 2022). Inoltre, è prevista un'indennità mensile esente da imposte di 5.827,58 DKK per i residenti in Danimarca e di 7.770,08 DKK per i membri eletti in Groenlandia o nelle Isole Faroe.

Se il membro non risiede in Selandia, il Folketing fornirà un alloggio aggiuntivo. Qualora ciò non fosse possibile, il membro riceverà un'indennità esentasse di 88.214 corone danesi all'anno. Tutti i membri residenti al di fuori della Selandia riceveranno un'indennità esentasse per alloggio doppio di 35.286 corone danesi all'anno.

Se il membro non viene rieletto, gli viene offerto uno stipendio pari a 12-24 mesi, a seconda della durata della sua appartenenza al Folketing. Dal 13° mese in poi, vengono dedotti altri redditi.

Membri più longevi del Folketing

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Poiché non esiste un limite al tempo in cui si può sedere al Folketing, molti MF vantano decenni di anzianità.

MF attuali più longevi

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Di seguito sono elencati i 10 membri attualmente più anziani del Folketing. La colonna dell'anzianità include il congedo solo se influisce sull'anzianità ai sensi dell'articolo 109 della legge elettorale. Il congedo non è indicato nella colonna "nel Folketing", motivo per cui potrebbe sembrare che i parlamentari in congedo prolungato non retribuito abbiano prestato servizio più a lungo rispetto ad altri parlamentari con maggiore anzianità. Il membro attuale più anziano è Pia Kjærsgaard, che ha rappresento il parlamento per 41 anni.

MF Partito Periodo al Folketing Anzianità (al
13 luglio 2025)
1 Pia Kjærsgaard Partito del Progresso
Partito Popolare Danese
10 gennaio 1984 – in carica 41 anni e 267 giorni
2 Hans Christian Schmidt Venstre 21 settembre 1994 – in carica 31 anni e 13 giorni
3 Lars Løkke Rasmussen Venstre
Moderati
Indipendenti di sinistra
4 Bjarne Laustsen Socialdemocratici 11 novembre 1992 – 20 settembre 1994
11 marzo 1998 – in carica
27 anni e 207 giorni
5 Peter Skaarup Partito Popolare Danese
Democratici Danesi
Indipendenti
11 marzo 1998 – in carica 27 anni e 207 giorni
6 Lars Christian Lilleholt Venstre 14 gennaio 1997 – 31 marzo 1997
18 gennaio 2000 – 10 febbraio 2000
20 novembre 2001 - in carica
23 anni e 318 giorni
7 Morten Bødskov Socialdemocratici 20 novembre 2001 – in carica 23 anni e 318 giorni
8 Mette Frederiksen Socialdemocratici 20 novembre 2001 – 22 novembre 2006
16 dicembre 2006 – in carica
18 anni e 292 giorni
9 Troels Lund Poulsen Venstre 20 novembre 2001 – 28 aprile 2003
16 maggio 2003 – 5 dicembre 2011
12 marzo 2012 – in carica
13 anni e 206 giorni
10 Inger Støjberg Democratici Danesi
Indipendenti di sinistra
20 novembre 2001 – 21 dicembre 2021
1° novembre 2022 – in carica
2 anni e 337 giorni
  1. ^ (DA) MF, su Den Danske Ord. URL consultato il 12 luglio 2025.
  2. ^ a b (DA) Hvor mange medlemmer er der af Folketinget?, su fd.dk. URL consultato il 12 luglio 2025.
  3. ^ (DA) Hvor tit er der valg til Folketinget?, su ft.dk. URL consultato il 13 luglio 2025.

Presidente del Senato di Spagna

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Il presidente del Senato (in spagnolo presidente del Senado) è l'autorità che presiede le sedute del Senato spagnolo, la camera alta delle Corti Generali spagnole. È la quarta autorità del Paese dopo il Monarca (Capo dello Stato), il Presidente del Governo e il Presidente del Congresso dei Deputati (Presidente della camera bassa). Il presidente è eletto tra i senatori e da questi ultimi. Quando il presidente non è in grado di esercitare le proprie funzioni, l'esercizio delle sue funzioni spetta ai vicepresidenti.

Pur condividendo la rappresentanza delle Corti Generali con il Presidente del Congresso de Deputati, la preponderanza costituzionale concessa a quest'ultimo per l'asimmetria del bicameralismo spagnolo, consente al Presidente del Congresso dei Deputati di assumere la guida delle Corti, lasciando il Presidente del Senato al secondo posto dietro di lui, nell'ordine di successione.

La carica è stata istituita con l'entrata in vigore della Costituzione del 1978, tuttavia, essa ha una storia molto più lunga di quasi 200 anni, dalla sua creazione ufficiale nel 1834, quando assunse il titolo di Presidente della Camera dei pari.

A partire dalla XIV legislatura delle Corti Generali, il presidente del Senato è Ander Gil, membro del gruppo parlamentare socialista in rappresentanza di Burgos

Funzioni

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Al presidente del Senato di Spagna spettano le seguenti funzioni:

  • Essere il Presidente della Camera e il suo rappresentante per quanto concerne tutti gli atti ufficiali.
  • Convocare e presiedere le sedute plenarie del Senato e mantenere l'ordine nelle discussioni, dirigere i dibattiti e convocare e presiedere l'Ufficio di Presidenza del Senato.
  • Convocare e presiedere, ogniqualvolta lo ritenga opportuno, qualsiasi Commissione del Senato.
  • Annunciare l'ordine del giorno della Plenaria del Senato.
  • Mantenere le comunicazioni con il governo centrale e le altre autorità.
  • Firmare, con uno dei Segretari, i messaggi che il Senato deve indirizzare.
  • Interpretare il regolamento.
  • Colmare, d'intesa con l'Ufficio di Presidenza della Commissione di Regolamento, le lacune presenti.
  • Garantire il rispetto del regolamento, la cortesia e le consuetudini parlamentari.
  • Applicare le misure relative alla disciplina parlamentare.
  • Svolgere tutte le altre funzioni attribuite dalla Costituzione, dalle leggi e dal presente Regolamento.

Elezione

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Come il Presidente del Congresso, viene eletto durante la sessione costitutiva della Camera che segue lo svolgimento delle elezioni generali o durante la prima sessione plenaria dopo le dimissioni del Presidente. Il presidente della Camera in seduta costitutiva o dopo le dimissioni del precedente titolare, sarà il senatore più anziano.

Per eleggere il presidente del Senato al primo scrutinio è richiesta la maggioranza assoluta dei senatori. Se ciò non avviene, viene organizzata una seconda votazione subito dopo la proclamazione dei risultati da parte del presidente della sessione. In questo secondo scrutinio è sufficiente la maggioranza semplice. Ogni senatore è libero di scrivere il nome che vuole sulla propria scheda elettorale, anche se quei senatori del gruppo di maggioranza votano per un candidato predefinito dal proprio partito.

Il suo mandato termina in caso di morte, dimissioni, perdita del mandato di senatore o dopo lo scioglimento del Senato, prima dello svolgimento delle elezioni generali.



Ministri dell'interno della Francia

Sotto la Terza Repubblica, al Ministro del lavoro, dell'igiene, dell'assistenza sociale e della previdenza si affiancava talvolta anche un Sottosegretario di Stato:

Ministro Titolo Sottosegretario di Stato Titolo Governo Inizio Fine
Louis Loucheur Ministro del lavoro, dell'igiene, dell'assistenza e della previdenza sociale Alfred Oberkirch Sottosegretario di Stato al lavoro, all'igiene, all'assistenza e alla previdenza sociale Poincaré IV 1° giugno 1928 11 novembre 1928
Poincaré V 11 novembre 1938 29 luglio 1929
Briand XI 29 luglio 1929 3 novembre 1929
Tardieu I 3 novembre 1929 21 febbraio 1930
Marius "Mario" Roustan Sottosegretario di Stato all'igiene Chautemps I 23 febbraio 1930 2 marzo 1930

Quinta Repubblica

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Ministro Mandato Partito Governo Altre funzioni
  Jean Berthoin
(1895–1979)
8 gennaio 1959 29 maggio 1959
[1]
Partito Radicale Debré
  Pierre Chatenet
(1917–1997)
29 maggio 1959 6 maggio 1961
[1]
Indipendente
  Roger Frey
(1913–1997)
6 maggio 1961 7 aprile 1967 Unione per la Nuova Repubblica .
Pompidou I
Pompidou II
Pompidou III
  Christian Fouchet
(1911–1974)
7 aprile 1967 31 maggio 1968
[1]
Unione dei Democratici per la Repubblica Pompidou IV
  Raymond Marcellin
(1914–2004)
31 maggio 1968 1° marzo 1974 Repubblicani Indipendenti .
Couve de Murville
Chaban-Delmas
Messmer I
Messmer II
  Jacques Chirac
(1932–2019)
1° marzo 1974 27 maggio 1974 Unione dei Democratici per la Repubblica Messmer III
  Michel Poniatowski
(1922–2002)
27 maggio 1974 30 marzo 1977 Repubblicani Indipendenti Chirac I Ministro di Stato
Barre I
  Christian Bonnet
(1921–2020)
30 marzo 1977 21 maggio 1981 Unione per la Democrazia Francese Barre II
Barre III
  Gaston Defferre
(1910–1986)
21 maggio 1981 17 luglio 1984 Partito Socialista Mauroy I Ministro di Stato
Mauroy II
Mauroy III
  Pierre Joxe
(1934)
17 luglio 1984 20 marzo 1986 Partito Socialista Fabius
  Charles Pasqua
(1927–2015)
20 marzo 1986 10 maggio 1988 Raggruppamento per la Repubblica Chirac II
  Pierre Joxe
(1934)
10 maggio 1988 30 gennaio 1991
[2]
Partito Socialista Rocard I
Rocard II
  Philippe Marchand
(1939–2018)
30 gennaio 1991 2 aprile 1992 Partito Socialista
Cresson
  Paul Quilès
(1942–2021)
2 aprile 1992 29 marzo 1993 Partito Socialista Bérégovoy
  Charles Pasqua
(1927–2015)
29 marzo 1993 17 maggio 1995 Raggruppamento per la Repubblica Balladur
  Jean-Louis Debré
(1944)
17 maggio 1995 3 giugno 1997 Raggruppamento per la Repubblica Juppé I
Juppé II
  Jean-Pierre Chevènement
(1939)
3 giugno 1997 30 agosto 2000
[1]
Movimento Repubblicano e Cittadino Jospin
  Daniel Vaillant
(1949)
30 agosto 2000 6 maggio 2002 Partito Socialista
  Nicolas Sarkozy
(1955)
6 maggio 2002 31 marzo 2004 Raggruppamento per la Repubblica
(2002)
Raffarin I Ministro della sicurezza nazionale
Unione per un Movimento Popolare
(2002–05)
Raffarin II
  Dominique de Villepin
(1953)
31 marzo 2004 31 maggio 2005 Unione per un Movimento Popolare Raffarin III Ministro della sicurezza nazionale
  Nicolas Sarkozy
(1955)
31 maggio 2005 27 marzo 2007
[3]
Unione per un Movimento Popolare de Villepin Ministro di Stato
Ministro della pianificazione territoriale
  François Baroin
(1965)
27 marzo 2007 16 maggio 2007 Unione per un Movimento Popolare Ministro della pianificazione territoriale
  Michele Alliot-Marie
(1946)
16 maggio 2007 23 giugno 2009
[4]
Unione per un Movimento Popolare Fillon I Ministro dei territori d'oltremare
Fillon II
  Brice Hortefeux
(1958)
23 giugno 2009 27 febbraio 2011
[1]
Unione per un Movimento Popolare Ministro dei territori d'oltremare
Fillon III Ministro dei territori d'oltremare
  Claude Guéant
(1945)
27 febbraio 2011 15 maggio 2012 Unione per un Movimento Popolare Ministro dei territori d'oltremare
Ministro per l'immigrazione e l'integrazione
  Manuel Valls
(1962)
15 maggio 2012 31 marzo 2014 Partito Socialista Ayrault I
Ayrault II
  Bernard Cazeneuve
(1963)
31 marzo 2014 6 dicembre 2016 Partito Socialista Valls I
Valls II
  Bruno Le Roux
(1965)
6 dicembre 2016 21 marzo 2017
[1]
Partito Socialista Cazeneuve
  Matthias Fekl
(1977)
21 marzo 2017 14 maggio 2017 Partito Socialista
  Gérard Collomb
(1947)
14 maggio 2017 3 ottobre 2018
[1]
Diver Gauche
(2017)
Philippe I Ministro di Stato
Philippe II
La République en marche
(2017–18)
  Édouard Philippe 3 ottobre 2018 16 ottobre 2018 I Repubblicani) Primo ministro
  Christophe Castaner
(1966)
16 ottobre 2018 6 luglio 2020 La République en marche
  Gérald Darmanin
(1982)
6 luglio 2020 in carica La République en marche Castex
Borne I
Borne II Ministro dei territori d'oltremare
  1. ^ a b c d e f g Dimesso
  2. ^ Si è dimesso dopo la nomina a Ministro della difesa
  3. ^ Si è dimesso dopo essere stato eletto Presidente della Repubblica
  4. ^ Si è dimessa dopo la nomina a Ministro della giustizia


Ministri della giustizia

Quinta Repubblica

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Ministro Mandato Partito Governo Altre funzioni
  Edmond Michelet
(1899–1970)
8 gennaio 1959 24 agosto 1961
[1]
Unione per la Nuova Repubblica Debré
  Bernard Chenot
(1909–1995)
24 agosto 1961 14 aprile 1962 Divers droite
  Jean Foyer
(1921–2008)
14 aprile 1962 7 aprile 1967 Unione per la Nuova Repubblica Pompidou I
Pompidou II
Pompidou III
  Louis Joxe
(1901–1991)
7 aprile 1967 31 maggio 1968
[1]
Unione dei Democratici per la Repubblica Pompidou IV
  René Capitant
(1901–1970)
31 maggio 1968 28 aprile 1969
[1]
Unione dei Democratici per la Repubblica
  Jean-Marcel Jeannene
(1910–2010)
28 aprile 1969 20 giugno 1969 Unione dei Democratici per la Repubblica
  René Pleven
(1901–1993)
20 giugno 1969 5 aprile 1973 Centro per la Democrazia e il Progresso Chaban-Delmas
Messmer I
  Jean Taittinger
(1923–2012)
5 aprile 1973 27 maggio 1974 Unione dei Democratici per la Repubblica Messmer II
Messmer III
  Jean Lecanuet
(1920–1993)
27 maggio 1974 26 agosto 1976 Centro Democratico Chirac I
  Olivier Guichard
(1920–2004)
26 agosto 1976 30 marzo 1977 Raggruppamento per la Repubblica Barre I Ministro di Stato
  Alain Peyrefitte
(1925–1999)
30 marzo 1977 21 maggio 1981 Raggruppamento per la Repubblica Barre II
Barre III
  Maurice Faure
(1922–2014)
21 maggio 1981 22 giugno 1981 Partito Radicale di Sinistra Mauroy I
  Robert Badinter
(1928)
22 giugno 1981 19 febbraio 1986
[2]
Partito Socialista Mauroy II
Mauroy III
Fabius
  Michel Crépeau
(1930–1999)
19 febbraio 1986 20 marzo 1986 Partito Socialista
  Albin Chalandon
(1920–2020)
20 marzo 1986 10 maggio 1988 Raggruppamento per la Repubblica Chirac II
  Pierre Arpaillange
(1924–2017)
10 maggio 1988 1° ottobre 1990
[1]
Divers gauche Rocard I
Rocard II
  Henri Nallet
(1939)
1° ottobre 1990 2 aprile 1992 Partito Socialista
Cresson
  Michel Vauzelle
(1944)
2 aprile 1992 29 marzo 1993 Partito Socialista Bérégovoy
  Pierre Méhaignerie
(1939)
29 marzo 1993 17 maggio 1995 Unione per la Democrazia Francese Balladur Ministro di Stato
  Jacques Toubon
(1941)
17 maggio 1995 3 giugno 1997 Raggruppamento per la Repubblica Juppé I
Juppé II
  Élisabeth Guigou
(1946)
3 giugno 1997 18 ottobre 2000
[3]
Partito Socialista Jospin
  Marylise Lebranchu
(1947)
18 ottobre 2000 6 maggio 2002 Partito Socialista
  Dominique Perben
(1945)
6 maggio 2002 31 maggio 2005 Raggruppamento per la Repubblica
(2002)
Raffarin I
Unione per un Movimento Popolare
(2002–05)
Raffarin II
Raffarin III
  Pascal Clemens
(1945)
31 maggio 2005 16 maggio 2007 Unione per un Movimento Popolare de Villepin
  Rachida Dati
(1965)
16 maggio 2007 23 giugno 2009
[1]
Unione per un Movimento Popolare Fillon I
Fillon II
  Michèle Alliot-Marie
(1946)
23 giugno 2009 14 novembre 2010 Unione per un Movimento Popolare Ministro di Stato
  Michel Mercier
(1947)
14 novembre 2010 15 maggio 2012 Indipendente
(Movimento Democratico)
[4]
Fillon III
  Christiane Taubira
(1952)
15 maggio 2012 26 gennaio 2016
[1]
Walwari Ayrault I
Ayrault II
Valls I
Valls II
  Jean-Jacques Urvoas
(1959)
26 gennaio 2016 14 maggio 2017 Partito Socialista
Cazeneuve
  François Bayrou
(1951)
14 maggio 2017 20 giugno 2017 Movimento Democratico Philippe I Ministro di Stato
  Nicole Belloubet
(1955)
20 giugno 2017 3 luglio 2020 Divers gauche Philippe II
  Éric Dupond-Moretti
(1961)
3 luglio 2020 in carica Indipendente Castex
Borne
  1. ^ a b c d e f Dimesso
  2. ^ Si è dimesso dopo la nomina a Presidente del Consiglio costituzionale
  3. ^ Si è dimesso dopo la nomina a Ministro degli affari sociali e del lavoro
  4. ^ Mercier è un membro del Movimento Democratico ma è stato ministro a titolo personale

Perquisizione dell'FBI a Mar-a-Lago

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L'8 agosto 2022, il Federal Bureau of Investigation (FBI) ha eseguito un mandato di perquisizione presso la residenza di Donald Trump a Mar-a-Lago, Palm Beach, in Florida. La richiesta del mandato di perquisizione è stata approvata dal procuratore generale degli Stati Uniti Merrick Garland ed eseguita dal giudice Bruce Rinehart dopo essere stata deferita alla National Archives and Records Administration (NARA). Pochi giorni dopo, è stato rivelato che la perquisizione faceva parte delle indagini dell'FBI su Trump riguardo a tre reati federali:

  • violazione dell'Espionage Act of 1917 relativo all'archiviazione non autorizzata di informazioni sulla difesa nazionale;
  • distruzione o nascondimento di documenti "con l'intento di ostacolare o interferire" con le attività del governo federale;
  • rimozione o distruzione illegale di registri del governo federale[1][2] (indipendentemente dalla causa).

Pochi giorni dopo, un tribunale ha rilasciato un documento sugli scopi dell'FBI riguardo alla ricerca e un elenco dettagliato di ciò che l'FBI aveva scoperto.[3][4][5] Nel 2021, gli archivi nazionali hanno tentato di recuperare i documenti. I filmati di sorveglianza del Dipartimento della giustizia del giugno 2022 mostrano scatole che vengono spostate dentro e fuori un magazzino. Il Dipartimento della giustizia ha affermato che i documenti riservati a Mar-a-Lago sono stati probabilmente "trattenuti e rimossi" per impedire le indagini.[6][7]

Sono stati scoperti più di 13.000 documenti governativi che includevano informazioni relative al programma nucleare e informazioni dell'FBI, della CIA e dell'Agenzia per la sicurezza nazionale sugli interessi della sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Di questi documenti, 325 sono stati declassificati: 184 sono stati utilizzati per la citazione in giudizio nel gennaio 2022, altri 38 sono stati utilizzati sempre per la citazione in giudizio nel giugno 2022 e 103 sono stati sequestrati durante la perquisizione a Mar-a-Lago.[4][8][6] Mesi dopo, almeno altri due documenti con contrassegni classificati furono scoperti nelle sedi di Trump. [9][10]

L'8 giugno 2023, Trump è stato incriminato a livello federale con accuse mosse in relazione alla gestione dei documenti.

  1. ^ (EN) Maggie Haberman, Glenn Thrush e Charlie Savage, Files Seized From Trump Are Part of Espionage Act Inquiry – The materials included some marked as top secret and meant to be viewed only inside secure government facilities, according to a copy of the warrant., in The New York Times, 12 agosto 2022. URL consultato il 17 giugno 2023.
  2. ^ (EN) Charlie Savage, Trump claims he declassified all the documents at Mar-a-Lago. Even if that's true, it probably doesn't matter., in The New York Times, 12 agosto 2022. URL consultato il 17 giugno 2023 (archiviato dall'url originale il 12 agosto 2022).
  3. ^ (EN) Zachary B. Wolf, Sean O'Key e Christopher Hickey, The affidavit behind the FBI's search of Trump's Mar-a-Lago, annotated, su cnn.com, 26 agosto 2022. URL consultato il 17 giugno 2023 (archiviato dall'url originale il 17 giugno 2023).
  4. ^ a b (EN) Tierney Sneed e Katie Bo Lillis, Mar-a-Lago search inventory shows documents marked as classified mixed with clothes, gifts, press clippings, su cnn.com, 2 settembre 2022. URL consultato il 17 giugno=17 giugno 2023.
  5. ^ (EN) Charlie Smart e Larry Buchanan, What the F.B.I. Seized From Mar-a-Lago, Illustrated, in The New York Times, 3 settembre 2022. URL consultato il 17 giugno 2023 (archiviato dall'url originale il 5 settembre 2022).
  6. ^ a b (EN) Jeremy Herb, Tierney Sneed, Cohen Marshall e Evan Perez, Justice Department says classified documents at Mar-a-Lago were likely 'concealed and removed' to block investigation, su cnn.com, 30 agosto 2022. URL consultato il 27 giugno 2023.
  7. ^ (EN) Franklin Foer, The Inevitable Indictment of Donald Trump: It's clear to me that Merrick Garland will bring charges against Donald Trump. It’s just a matter of when., in The Atlantic, 11 ottobre 2022. URL consultato il 27 giugno 2023 (archiviato dall'url originale l'11 ottobre 2022).
  8. ^ (EN) Devlin Barrett e Carol D. Leonig, Material on foreign nation's nuclear capabilities seized at Trump's Mar-a-Lago, in The Washington Post, 6 setembre 2022. URL consultato il 17 giugno 2023 (archiviato dall'url originale il 7 settembre 2022).
  9. ^ (EN) Jacqueline Alemany, Josh Dawsey, Spencer S. Hsu, Devlin Barrett e Rosalind S. Halderman, Items with classified markings found at Trump storage unit in Florida – The former president’s lawyers have told federal authorities no classified material was found in additional searches of Trump Tower in New York and his golf club in Bedminster, N.J., in The Washington Post, 7 dicembre 2022. URL consultato il 17 giugno 2023.
  10. ^ (EN) Maggie Haberman e Alan Feuer, Classified Documents Found in Trump Search of Storage Site – The discovery came as series of searches were conducted by a team hired by the former president, after a federal judge directed his lawyers to look for any materials still in his possession., in The New York Times, 7 dicembre 2022. URL consultato il 17 giugno 2023.

Costituzione della Corea del Sud

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Costituzione della Repubblica di Corea del Sud
 
Preambolo della prima versione della Costituzione
Stato  Corea del Sud
Tipo leggeLegge fondamentale dello Stato
ProponenteJo So-ang
Promulgazione17 luglio 1948
Testo
Costituzione della Corea del Sud su Wikisource

La Costituzione della Repubblica di Corea (coreano 대한민국 헌법; hanja 大 韓 民國 民國), è la legge fondamentale della Corea del Sud, promulgata e firmata il 17 luglio 1948.[1]

È stata completamente modificata dieci volte e rivista altre sei, l'ultima risale al 1987, quando fu approvata il 29 ottobre dello stesso anno ed entrò in vigore il 26 febbraio 1988. Dopo l'ultima revisione è iniziato il periodo nella storia della Corea del Sud noto come "Sesta Repubblica di Corea".[2]

Struttura

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La Costituzione della Repubblica di Corea è composta da un preambolo, 130 articoli e sei disposizioni aggiuntive. Si compone di dieci capitoli:

  • Capitolo I - Disposizioni generali (제1장 총강).
  • Capitolo II - Diritti e doveri dei cittadini (제2장 국민의 권리와 의무).
  • Capitolo III - Assemblea nazionale (제3장 국회).
  • Capitolo IV - Governo (제4장 정부).
    • Sezione I - Presidente (제1절 대통령).
    • Sezione II - Amministrazione (제2절 행정부).
      • Articolo I - Primo ministro (제1관 국무총리).
      • Articolo II - Consiglio di Stato (제2관 국무회의).
      • Articolo III - Ministeri (제3관 행정각부).
      • Articolo IV – Consiglio di revisione e ispezione (제4관 감사원).
  • Capitolo V - Tribunali (제5장 법원).
  • Capo VI - Tribunale o corte costituzionale (제6장 헌법재판소).
  • Capitolo VII - Elezioni (제7장 선거관리).
  • Capitolo VIII - Amministrazione locale (제8장 지방자치).
  • Capitolo IX - Economia (제9장 경제).
  • Capitolo X - Emendamenti (제10장 헌법개정).
  • Appendice (부칙).

Disposizioni fondamentali

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La Costituzione stabilisce la separazione dei poteri tra i tre rami del governo: legislativo, esecutivo e giudiziario.

Fonti del diritto

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Le fonti del diritto nella Repubblica di Corea sono le seguenti:

  • La Costituzione.
  • I trattati internazionali.
  • I testi approvati dall'Assemblea nazionale.
  • I decreti presidenziali.
  • Le ordinanze, le norme e i regolamenti emanati dal Primo ministro, dai ministeri e dagli enti governativi.
  • Le decisioni, leggi, regolamenti e decreti della Corte suprema e della Corte costituzionale.

La Costituzione della Repubblica di Corea del 1987 contiene articoli che trattano della proprietà intellettuale. L'articolo 22, paragrafo 2, protegge i diritti degli autori, degli inventori, degli scienziati, degli ingegneri e degli artisti. L'articolo 9 prevede la protezione e la valorizzazione del patrimonio culturale tradizionale del Paese. Inoltre, l'articolo 23 garantisce a tutti i cittadini il diritto di proprietà.

Corte costituzionale

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A seguito della revisione costituzionale del 1987, è stata istituita la Corte costituzionale nel settembre 1988. Basata sul modello europeo, è un tribunale specializzato che giudica la costituzionalità delle leggi, arbitra i conflitti di giurisdizione tra autorità governative, esamina le denunce per violazione della Costituzione presentate dai cittadini, decide in caso di procedura di impeachment e pronuncia lo scioglimento dei partiti politici. Le precedenti Costituzioni prevedevano diversi metodi di controllo della costituzionalità delle leggi, ma la magistratura non disponeva dell’indipendenza necessaria per esercitare questi poteri.

I nove giudici della Corte costituzionale restano in carica per sei anni e sono rinnovabili. Nel dicembre 2004, la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali 418 leggi e ha revocato 214 decisioni governative.[3]

  1. ^ (ES) Fechas Importantes: Días Festivos de Corea, su camarachilenocoreana.cl. URL consultato il 14 gennaio 2024.
  2. ^ (EN) Sixth Republic - South Korean History, su britannica.com. URL consultato il 14 gennaio 2024.
  3. ^ (EN) Constitutional Court of Korea, su ccourt.go.kr.

Governo della Corea del Sud

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Governo della Corea del Sud
 
Emblema del Governo della Repubblica di Corea
Stato  Corea del Sud
TipoEsecutivo
Istituito15 agosto 1948
SedeDistretto di Yongsan, Seul
Sito webwww.gov.kr

Il Governo della Corea del Sud è il governo nazionale della Repubblica di Corea, creato per mezzo della Costituzione della Corea del Sud, come autorità esecutiva, legislativa e giudiziaria della repubblica.

Descrizione

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Secondo la Costituzione del 1948, la Corea del Sud era una repubblica presidenziale. Nel 1960, con la Seconda Repubblica di Corea il paese divenne una repubblica parlamentare. Dal 1987, con la Sesta Repubblica il paese è tornato ad essere una repubblica presidenziale. Il Presidente è eletto direttamente dal popolo. Il Primo ministro nominato dal Presidente deve essere confermato dal Parlamento.

L'esecutivo

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Il ramo esecutivo della Corea è guidato dal presidente.[1] Il presidente è eletto a suffragio universale diretto dal popolo ed è l'unico membro eletto del potere esecutivo. Il suo mandato è di cinque anni e la Costituzione non consente mandati consecutivi. Il presidente è il capo del governo, capo dello stato e capo delle forze armate sudcoreane.[2][3] Può dichiarare guerra e proporre leggi al parlamento.[4] Può anche dichiarare lo stato di emergenza e stabilire la legge marziale con l'approvazione del Parlamento.[5] Tuttavia non ha il potere di sciogliere il Parlamento. Questa assenza di potere di sciogliere il parlamento è direttamente collegata alle esperienze dei regimi totalitari della Prima, Terza e Quarta Repubblica.

Se il presidente è sospettato di aver commesso atti contro il Paese, lui e alcuni membri dell'esecutivo sono soggetti a procedura di impeachment da parte del parlamento. Una volta che il Parlamento voterà a favore dell’impeachment, la Corte costituzionale potrà confermare o invalidare questa procedura.

Il presidente della Repubblica è assistito dal primo ministro e dal segretario, da lui nominati.[6] Il primo ministro è scelto dal presidente, tuttavia la sua candidatura deve essere approvata dal Parlamento e quest'ultimo ha il potere di rifiutare candidati nominati dal Presidente per funzioni ministeriali.

Il primo ministro è assistito dal Segretariato del Primo ministro, guidato da altri due ministri. Nel caso in cui il presidente non possa svolgere le sue funzioni, il primo ministro assume ad interim la funzione di capo dello Stato della Corea del Sud fino a quando il presidente non potrà riprendere le sue funzioni o fin quando non ne sarà eletto uno nuovo.[7]

  • Ezola Foster, What's Right for All Americans, Waco, Texas, Wrs Publications, 1995, ISBN 978-1-56796-058-7.


Voci correlate

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First Lady dell'Albania

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First Lady dell'Albania
Nome originale(SQ) Zonja e Parë
Stato  Albania
TipoFirst lady
In caricaArmanda Ymeri
da24 luglio 2022
Istituito30 aprile 1991

La first lady dell'Albania (in albanese Zonja e Parë) è il titolo non ufficiale usato per designare la moglie del presidente dell'Albania. L'attuale First Lady è Armanda Ymeri, moglie del presidente Bajram Begaj, che ricopre l'incarico dal luglio 2022.

La figura della first lady non rappresenta alcuna carica elettiva, non svolge incarichi ufficiali e non percepisce alcuno stipendio. Tuttavia, partecipa ad attività umanitarie e di beneficenza in collaborazione con l'ufficio di presidenza. Le first lady albanesi hanno assunto un ruolo attivo nella campagna del presidente consorte. Tra i suoi compiti vi è quello di accompagnare il presidente all'estero durante le visite di Stato.

First Lady Inizio Fine Presidente
  Repubblica albanese (1925–1928)
1 Geraldine Apponyi[1] 1° febbraio 1925 1° settembre 1928 Ahmet Zogu
  Repubblica Popolare Socialista d'Albania (1946–1991)
2 Nexhmije Hoxha[2] 23 ottobre 1944 11 aprile 1985 Enver Hoxha
  Repubblica d'Albania (1991–)
3 Semiramis Xhuvani[3] 30 aprile 1991 3 aprile 1992 Ramiz Alia
4 Lirie Ramaj 9 aprile 1992 24 luglio 1997 Sali Berisha
5 Lidra Karagjozi 24 luglio 1997 24 luglio 2002 Rexhep Meidani
6 Milica Niça[4] 24 luglio 2002 24 luglio 2007 Alfred Moisiu
7 Teuta Mema 24 luglio 2007 24 luglio 2012 Bamir Topi
8 Odeta Kosova 24 luglio 2012 24 luglio 2017 Bujar Nishani
9 Monika Kryemadhi[5] 24 luglio 2017 24 luglio 2022 Ilir Meta
10 Armanda Ymeri 24 luglio 2022 in carica Bajram Begaj
  1. ^ Geraldine Apponyi sposò Ahmet Zogu dieci anni dopo.
  2. ^ Come coniuge del Primo segretario del Partito del Lavoro d'Albania.
  3. ^ Semiramis Xhuvani, la figlia di un eminente studioso Aleksandër Xhuvani morì prima che suo marito assumesse l'incarico di presidente.
  4. ^ Milica Niça morì quando Alfred Moisiu divenne Presidente della Repubblica. La sua figlia più giovane Mirela Moisiu ricoprì le funzioni di First Lady.
  5. ^ Monika Kryemadhi, come membro del Parlamento e leader del secondo più grande partito di opposizione LSI, rifiutò di assumere le funzioni di First Lady, quindi la figlia maggiore della coppia, Bora Meta, ricoprì le funzioni di First Lady.


Gruppi parlamentari dissolti:

Gruppo Liberale, Democratico e Riformatore

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Presidente Inizio mandato Fine mandato Paese
(Circosrzione)
Partito
Martin Bangemann   17 luglio 1979 27 giugno 1984    
Partito Liberale Democratico
Simone Veil   24 luglio 1984 24 luglio 1989    
Unione per la Democrazia Francese
Valéry Giscard d'Estaing   25 luglio 1989 11 dicembre 1991      
Unione per la Democrazia FrancesePartito Repubblicano
Yves Galland 27 gennaio 1992 18 luglio 1994    
Unione per la Democrazia FrancesePartito Radicale
Gijs de Vries 19 luglio 1994 2 agosto 1998    
Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia
Pat Cox   9 settembre 1998 14 gennaio 2002  
(Munster)
Indipendente
Graham Watson   16 gennaio 2002 19 luglio 2004  
(Inghilterra sud-occidentale)
 
Liberal Democratici

Gruppo delle Destre Europee

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Presidente Mandato inizio Mandato fine Paese Partito
Jean-Marie Le Pen   1984 1989  
Fronte Nazionale

Europa delle Nazioni e della Libertà

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Copresidente Mandato inizio Mandato fine Paese
Partito Copresidente Inizio mandato Fine Mandato Paese
(Circoscrizione)
Partito
Marcel de Graaff 2015 2019    
Partito per la Libertà
Marine Le Pen   2015 2017  
(Francia nord-occidentale)
 
Fronte Nazionale
Nicolas Bay   2017 2019  
(Francia nord-occidentale)
 
Rassemblement National

Europa della Libertà e della Democrazia Diretta

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Copresidente Mandato inizio Mandato fine Paese
(Circoscrizione)
Partito Copresidente Inizio mandato Fine Mandato Paese
(Circoscrizione)
Partito
Nigel Farage   2014 2019  
(Inghilterra sud-orientale)
 
Partito per l'Indipendenza del Regno Unito
poi
Brexit Party
David Borrelli   2014 2017  
(Italia nord-orientale)
 
Movimento 5 Stelle


Gruppi parlamentari attuali:

Renew Europe

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Presidente Inizio mandato Fine mandato Paese Partito
Dacian Cioloș   2019 2021    
Partito della Libertà, dell'Unità e della Solidarietà
Stéphane Séjourné 2021 in carica    
Renaissance

Gruppo del Partito Popolare Europeo

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Presidente Inizio mandato Fine mandato Paese
(Circoscrizione)
Partito
Maan Sassen   1953 1958    
Partito Popolare Cattolico
Pierre Wigny   1958 1958    
Partito Sociale Cristiano
Alain Poher   1958 1966  
Movimento Repubblicano Popolare
Joseph Illerhaus 1966 1969    
Unione Cristiano-Democratica
Hans Lücker 1969 1975    
Unione Cristiano-Democratica
Alfred Bertrand 1975 1977    
Partito Popolare Cristiano
Egon Klepsch   1977 1982    
Unione Cristiano-Democratica
Paolo Barbi   1982 1984    
Democrazia Cristiana
Egon Klepsch   1984 1992  
/ 
 
Unione Cristiano-Democratica
Leo Tindemans   1992 1994  
(Fiamminga)
 
Partito Popolare Cristiano
Wilfried Martens   1994 1999  
(Fiamminga)
 
Partito Popolare Cristiano
Hans-Gert Pöttering   1999 2007    
Unione Cristiano-Democratica
Joseph Daul   2007 2014  
(Est)
 
Unione per un Movimento Popolare
Manfred Weber   2014 in carica    
Unuone Cristiano-Sociale

Conservatori e Riformisti Europei

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Presidente Inizio mandato Fine mandato Paese
(Circosrzione)
Partito
Timothy Kirkhope   2009 2009  
(Yorkshire e Humber)

Conservatore
Michał Kamiński   2009 2011  
(Varsavia)

Diritto e Giustizia
poi
 
La Polonia è la Più Importante
Jan Zahradil   2011 2011    
Partito Democratico Civico
Martin Callanan   2011 2014  
(Inghilterra nord-orientale)

Conservatore
Syed Kamall   2014 2019  
(Londra)

Conservatore
Raffaele Fitto*   2019 2022  
(Meridionale)
Fratelli d'Italia
Ryszard Legutko*   2019 in carica  
(Piccola Polonia e Santacroce e
Santacroce)

Diritto e Giustizia
Jorge Buxadé*   2019 in carica    
Vox
  • Dal 2019 il gruppo dei Conservatori e Riformisti europei ha due copresidenti.

Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici

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Presidente Inizio mandato Fine mandato Paese
(Circoscrizione)
Partito
Guy Mollet   1953 1956    
Sezione Francese dell'Internazionale Operaia
Hendrik Fayat 1956 1958    
Partito Socialista Belga
Pierre Lapie 1958 1959    
Sezione Francese dell'Internazionale Operaia
Willi Birkelbach   1959 1964    
Partito Socialdemocratico
Käte Strobel 1964 1967    
Partito Socialdemocratico
Francis Vals 1967 1974    
Sezione Francese dell'Internazionale Operaia
Georges Spénale 1974 1975  
Partito Socialista
Ludwig Fellermaier 1975 1979    
Partito Socialdemocratico
Ernest Glinne 1979 1984  
(Francofona)
 
Partito Socialista
Rudi Arndt   1984 1989    
Partito Socialdemocratico
Jean-Pierre Cot   1989 1994  
Partito Socialista
Pauline Green   1994 1999  
(London North)

Partito Laburista
Enrique Barón Crespo   1999 2004    
Partito Socialista Operaio Spagnolo
Martin Schulz   2004 2012    
Partito Socialdemocratico
Hannes Swoboda   2012 2014    
Partito Socialdemocratico
Martin Schulz   2014 (maggio) 2014 (giugno)    
Partito Socialdemocratico
Gianni Pittella   2014 2018  
(Meridionale)
 
Partito Democrratico
Udo Bullmann   2018 (marzo) 2019    
Partito Socialdemocratico
Iratxe García   2019 in carica    
Partito Socialista Operaio Spagnolo

Corte speciale d'appello per la corruzione e la criminalità organizzata

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La Corte speciale d'appello per la corruzione e la criminalità organizzata (in albanese Gjykata e Posaçme e Apelit për Korrupsionin dhe Krimin e Organizuar) è un tribunale speciale albanese con giurisdizione sull'interno territorio nazionale. Il tribunale è responsabile nel giudicare i reati di corruzione e criminalità organizzata[1] e le accuse penali contro il Presidente della Repubblica, il Presidente dell'Assemblea, il Primo ministro, un qualsiasi membro del Consiglio dei ministri, il giudice della Corte costituzionale e il giudice della Corte suprema, il Procuratore generale, il giudice dell'Alta Corte di giustizia, i sindaci, i deputati, i viceministri, i membri del Consiglio superiore della magistratura, o anche le accuse contro gli ex funzionari sopra menzionati.[1] La sua struttura organizzativa comprende 11 giudici e 9 segretari.[1] I giudici di questa corte possono impugnare in secondo grado le sentenze del Tribunale per corruzione e criminalità organizzata. La Corte speciale d'appello si avvale di un collegio di tre giudici (a meno che la legge non disponga diversamente).

Voci correlate

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Greet Buyle

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Greet Buyle
 

Membro del Senato del Belgio

Dati generali
ProfessioneAssistente sociale

Greet Buyle (21 giugno 1951) è una politica belga, ex senatrice.

Biografia

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Buyle, assistente sociale presso il CGSO di professione, divenne membro di Agalev.

Dal 1991 al 1995 è stata senatrice cooptata per questo partito al Senato belga per la provincia del Brabante.

Sua figlia Sara Matthieu è europarlamentare per i Verdi.

  • Laureys, V., Van den Wijngaert, M., De geschiedenis van de Belgische Senaat 1831-1995, Lannoo, 1999.

Banca centrale della Repubblica Dominicana

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Banca centrale della Repubblica Dominicana
 
Sede della Banca centrale della Repubblica Dominicana
Nome originale(ES) Banco Central de la República Dominicana
Stato  Rep. Dominicana
Tipobanca centrale
Istituito9 ottobre 1947
GovernatoreHéctor Valdez Albizu
SedeSanto Domingo, Distrito Nacional
Sito webwww.bancentral.gov.do

La Banca centrale della Repubblica Dominicana (in spagnolo Banco Central de la República Dominicana) è la banca nazionale della Repubblica Dominicana. Creata attraverso l'approvazione della "legge monetaria e bancaria del 1947", è responsabile della regolamentazione del sistema bancario e monetario del paese.[1][2]

La Banca centrale della Repubblica Dominicana è stata creata il 9 ottobre 1947 per ordine dell'allora presidente Rafael Leónidas Trujillo, in conformità con la Legge Organica n. 1529. Ha iniziato a svolgere le sue funzioni come ente decentrato e con piena autonomia il 23 ottobre dello stesso anno. La sua attività è attualmente disciplinata dalla Legge Organica n. 6142 del 29 dicembre 1962 e sue modifiche.[3]

Organi direttivi

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L'organo supremo della Banca centrale è il Consiglio monetario, composto da nove membri nominati dal potere esecutivo:

  • Tre membri ex officio, che sono il Governatore della Banca centrale, che presiede il Consiglio, il Ministro delle finanze e il Soprintendente delle banche.
  • Sei membri effettivi con i rispettivi vice, di riconosciuta probità, esperienza e conoscenza in materia monetaria, bancaria ed economica, nonché esperienza in materie attinenti alla produzione nazionale.

Responsabilità

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Il suo compito è quello di garantire la stabilità dei prezzi, l'adeguata regolamentazione del sistema finanziario e il buon funzionamento dei sistemi di pagamento, agendo come soggetto esecutivo della politica monetaria e valutaria, in conformità con i poteri che la Costituzione e le leggi conferiscono alla società di tesoreria.

Funzioni principali

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  • Attuare la politica monetaria e di cambio, in conformità con il Programma Monetario approvato dal Consiglio monetario, attraverso l’uso degli strumenti stabiliti nella Legge monetaria e finanziaria.
  • Emettere banconote e monete a corso legale nella Repubblica Dominicana.
  • Compilare, preparare e pubblicare statistiche sulla bilancia dei pagamenti, sul settore monetario, sul settore reale e finanziario e altri necessari per l'adempimento delle sue funzioni.
  • Gestire in modo efficiente le riserve internazionali del Paese, al fine di preservarne la sicurezza, garantire un'adeguata liquidità e allo stesso tempo una redditività efficiente.
  • Gestire il Fondo di emergenza istituito dalla Legge monetaria e finanziaria, nonché il Fondo di consolidamento bancario creato dalla Legge sul rischio sistemico.
  • Effettuare la supervisione dei sistemi di pagamento, nonché del mercato interbancario.
  • Proporre al Consiglio monetario il progetto di regolamento monetario e finanziario in materia monetaria, valutaria e finanziaria.
  • Analizzare il sistema finanziario dominicano nel suo complesso, stimando il suo livello di rischio sistemico, e progettare e proporre le misure normative che derivano da tali analisi e stime.
  • Imporre sanzioni per carenza della riserva legale, mancato rispetto delle regole di funzionamento dei sistemi di pagamento o altre sanzioni stabilite nella Legge monetaria e finanziaria.
  • Contrastare qualsiasi tendenza inflazionistica.
  • Regolamentare il sistema finanziario nazionale con le garanzie e le limitazioni stabilite.
  • Promuovere la liquidità e la solvibilità del sistema bancario nazionale.
  • Creare le condizioni per mantenere il valore esterno e la convertibilità della valuta nazionale.
  • Effettuare le operazioni di cambio previste dalle leggi vigenti e/o dalle deliberazioni all'uopo emanate dal Consiglio monetario.
  • Svolgere altre funzioni attribuiteli dalla legge.

Governatori

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  1. ^ (ES) Conoce cuáles son las funciones del Banco Central, in Listín Diario, 23 ottobre 2020. URL consultato l'8 dicembre 2023.
  2. ^ (ES) Funciones Principales, su bancentral.gov.do. URL consultato l'8 dicembre 2023.
  3. ^ Copia archivada, su bancentral.gov.do. URL consultato l'8 dicembre 2023 (archiviato dall'url originale il 6 agosto 2016).
  4. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa ab ac ad ae (ES) Gobernadores, su bancentral.gov.do.

Collegamenti esterni

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Consiglio nazionale della magistratura

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Il Consiglio nazionale della magistratura (in spagnolo Consejo Nacional de la MagistraturaCNM) è l'organo costituzionale dominicano incaricato della nomina dei giudici della Corte suprema di giustizia, della Corte costituzionale e della Corte elettorale superiore della Repubblica Dominicana, nonché della valutazione delle capacità dei giudici della Corte suprema di giustizia (articolo 179 della Costituzione dominicana).

Il CNM è stato istituito nella Repubblica Dominicana con la modifica costituzionale del 1994, al CNM è legata la figura di José Francisco Peña Gómez, leader massimo del Partito Rivoluzionario Dominicano (PRD), in seguito alla crisi politica occorsa nelle elezioni presidenziali di quell'anno.

I suoi poteri sono stati ampliati dalla Costituzione dominicana del 2010.

Composizione

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Secondo l'articolo 178 della Costituzione dominicana, il Consiglio nazionale della magistratura è composto dalle seguenti persone:

  • Il Presidente della Repubblica, che lo presiederà, o, in sua assenza, dal Vicepresidente della Repubblica;
  • un senatore, scelto dal Senato che appartenga ad un partito o blocco di partiti diverso da quello del presidente della stessa camera e che rappresenti la seconda maggioranza;
  • il presidente della Camera dei deputati;
  • un deputato, scelto dalla Camera dei deputati, che appartenga ad un partito o blocco di partiti diverso da quello del presidente della stessa camera e che rappresenti la seconda maggioranza;
  • il presidente della Corte suprema di giustizia;
  • un magistrato della Corte suprema di giustizia, da essa scelto, che fungerà da segretario; E

il Procuratore generale della Repubblica.

Elenco dei consigli

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Consiglio 1997

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Membri del Consiglio della magistratura (1997)
Potere dello Stato Nome Posizione Partito
Potere esecutivo Leonel Fernández Presidente della Repubblica PLD
Potere giudiziario Néstor Contín Aybar Presidente della Corte suprema di giustizia -
Potere giudiziario Amadeo Julián Giudice della Corte suprema di giustizia -
Potere legislativo Amable Aristy Castro Presidente del Senato PRSC
Potere legislativo Milagros Ortiz Bosch Senatrice PRD
Potere legislativo Rafael Peguero Méndez Presidente della Camera dei deputati PRD
Potere legislativo César Féliz Féliz Deputato PRSC

Consiglio 2001

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Membri del Consiglio della magistratura (2001)
Potere dello Stato Nome Posizione Partito
Potere esecutivo Hipólito Mejía Presidente della Repubblica PRD
Potere giudiziario Jorge Subero Isa Presidente della Corte suprema di giustizia -
Potere giudiziario Víctor José Castellanos Estrella Giudice della Corte suprema di giustizia -
Potere legislativo Andrés Bautista Presidente del Senato PRD
Potere legislativo José González Espinoza Senatore PTD
Potere legislativo Rafaela Alburquerque Presidente della Camera dei deputati PRSC
Potere legislativo Alfredo Pacheco Deputato PRD

Consiglio 2011

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Membri del Consiglio nazionale della magistratura (2011)
Potere dello Stato Nome Posizione Partito
Potere esecutivo Leonel Fernández Presidente della Repubblica PLD
Potere esecutivo Radhamés Jiménez Peña Procuratore generale della Repubblica PLD
Potere giudiziario Jorge Subero Isa Presidente della Corte suprema di giustizia -
Potere giudiziario Víctor José Castellanos Estrella Giudice della Corte suprema di giustizia -
Potere legislativo Reinaldo Pared Pérez Presidente del Senado PLD
Potere legislativo Félix Vásquez Senatore PRSC, Eletto nel cartello del PLD
Potere legislativo Abel Martínez Durán Presidente della Camera dei deputati PLD
Potere legislativo Hugo Núñez Deputato PRD

Consiglio 2017

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Membri del Consiglio nazionale della magistratura (2017)
Potere dello Stato Nome Posizione Partito
Potere esecutivo Danilo Medina Presidente della Repubblica PLD
Potere esecutivo Jean Alain Rodríguez[1] Procuratore generale della Repubblica PLD
Potere giudiziario Mariano Germán Mejía Presidente della Corte suprema di giustizia -
Potere giudiziario Fran Euclides Soto Sánchez Giudice della Corte suprema di giustizia -
Potere legislativo Reinaldo Pared Pérez Presidente del Senato PLD
Potere legislativo José Ignacio Paliza[2] Senatore PRM
Potere legislativo Lucía Medina Presidente della Camera dei deputati PLD
Potere legislativo Josefa Castillo[2] Deputata PRM

Resistenza francese

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La Médaille de la Résistance premia i combattenti della resistenza.

La resistenza francese (in francese Résistance française), spesso considerata sinonimo di resistenza interna francese, comprende anche la resistenza esterna organizzata dalla Francia libera.

Bibliografia

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Maria João Rodrigues

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Maria João Rodrigues
 
Maria João Rodrigues nel 2017

Capogruppo dell'S&D al Parlamento europeo
Durata mandato7 marzo 2018 –
20 marzo 2018
PredecessoreGianni Pittella
SuccessoreUdo Bullmann

Ministro delle qualifiche e del lavoro
Durata mandato20 ottobre 1995 –
25 novembre 1997
Capo del governoAntónio Guterres
PredecessoreEduardo Ferro Rodrigues
SuccessoreJosé Falcao e Cunha

Europarlamentare
Durata mandato1° luglio 2014 –
1° luglio 2019
LegislaturaVIII
Gruppo
parlamentare
S&D
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPartito Socialista
Titolo di studio
  • Laurea in sociologia
  • Master in scienze economiche
  • Dottorato in scienze economiche
Università
ProfessioneDocente universitario, accademica

Maria João Rodrigues (Lisbona, 25 settembre 1955) è una politica e accademica portoghese, specializzata in affari dell'Unione europea e politica europea, membro del Parlamento europeo e vicepresidente dell'Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici (S&D) tra il 2014 e il 2019. Dal 2017 è anche Presidente della European Foundation for Progressive Studies (FEPS). È Definita la "madre della strategia di Lisbona".[1].

Biografia

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Laureata in sociologia presso l'Università Pubblica di Lisbona ISCTE-IUL. Ha poi studiato all'Università Pantheon-Sorbona, dove ha conseguito un master e un dottorato in scienze economiche.[2] Dal1987 esercita la professione di professore. Negli anni 1989-1995, ha diretto il centro di ricerca per i cambiamenti sociali ed economici presso questa università.[3]

Nel 1995-1999 è stata membro dell'Assemblea della Repubblica per il Partito Socialista.[4]

Nel 1995, il primo ministro António Guterres le ha affidato la carica di ministro delle qualifiche e del lavoro, incarico ricoperto fino al 1997. Nel 1998-2002 è stata consigliere speciale del primo ministro portoghese.[2] Nel 2000 ha svolto un ruolo chiave nell'adozione della Strategia di Lisbona[5] - ha svolto il ruolo della cosiddetta sherpa, ha formulato il concetto di base della strategia e ha portato alla sua attuazione nell'Unione europea.[6] Dal 2002 è tra i membri di diversi gruppi di lavoro operanti presso la Commissione europea, viene anche nominata consigliere speciale, tra gli altri, in materia di vari organi dell'Unione europea. É diventata anche professore all'Université Libre de Bruxelles, membro del think tank Notre Europe e del comitato consultivo dell'European Policy Centre.[3]

Alle elezioni europee del 2014, a nome dei socialisti, è stata eletta eurodeputata dell'VIII legislatura.

  1. ^ (EN) Maria João Rodrigues, su newpactforeurope.eu. URL consultato il 23 luglio 2023.
  2. ^ a b (EN) Maria João Rodrigues (DOC), su eesc.europa.eu, 2 maggio 2007. URL consultato il 23 luglio 2023 (archiviato dall'url originale il 29 aprile 2014).
  3. ^ a b (EN) Presentation, su mariajoaorodrigues.eu. URL consultato il 23 luglio 2023 (archiviato dall'url originale il 16 luglio 2014).
  4. ^ (PT) Profilo sul sito web dell'Assemblea della Repubblica, su parlamento.pt.
  5. ^ Diritti e solidarietà per guidare la globalizzazione: una risposta alla crisi finanziaria, su europa.eu, 23 ottobre 2008. URL consultato il 23 luglio 2023.
  6. ^ (EN) Economic Reform in Europe: Priorities for the next five years, su policy-network.net, 10 novembre 2004. URL consultato il 23 luglio 2023.

Predecessore Ministro delle qualifiche e del lavoro Successore
Eduardo Ferro Rodrigues 20 ottobre 1995 – 25 novembre 1997 José Falcao e Cunha

Direzione generale delle carceri

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Direzione generale delle carceri
 
Logo ufficiale
Nome originale(SQ) Drejtoria e Përgjithshme e Burgjeve
Stato  Albania
TipoDPB
Direttore generaleAdmir Abrija[1]
SedeTirana
Sito webdpbsh.gov.al

La Direzione generale delle carceri (in albanese Drejtoria e Përgjithshme e BurgjeveDPB) è un'istituzione in Albania sotto l'egida del Ministero della giustizia. Il compito principale della direzione è la gestione degli istituti penali, nonché la creazione di condizioni adeguate per l'applicazione rigorosa di tutti gli obblighi derivanti dal quadro giuridico esistente, al fine di trasformare le condanne penali in opzioni di rieducazione.[2]

Gli obiettivi principali del sistema penitenziario sono i seguenti:

  • Mantenere i detenuti in condizioni abitative e di sicurezza adeguate
  • Trattamento umano dei detenuti
  • Gestire in modo efficiente ed efficace l'attività generale nelle carceri e nei centri di detenzione

La Direzione generale delle carceri ha sotto la sua supervisione 24 istituti penitenziari con una capacità di ospitalità di 6.284 detenuti, a partire dal 2018. Gli istituti penitenziari (IEVP) sono autorità amministrative che eseguono le decisioni emesse dai tribunali per la detenzione e il controllo dei detenuti.[2] Attualmente ci sono un totale di 21 carceri, 1 ospedale carcerario e 1 istituto minorile. Il dato medio del sovraffollamento è di 368 persone in più rispetto alla capacità carceraria.

  1. ^ (SQ) Drejtori i Përgjithshëm, su dpbsh.gov.al.
  2. ^ a b (SQ) Trajtimi dhe respektimi i të drejtave të personave me liri të kufizuar, su dpbsh.gov.al. URL consultato il 21 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 26 agosto 2018).

Centro editoriale ufficiale

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Centro editoriale ufficiale
 
Nome originale(SQ) Qendra e Botimeve Zyrtare
SiglaQBZ
Stato  Albania
OrganizzazioneMinistero della giustizia
Istituito30 giugno 1999[1]
SedeTirana
Sito webqbz.gov.al

Il Centro editoriale ufficiale (in albanese Qendra e Botimeve ZyrtareQBZ) è un'istituzione del governo albanese sotto la diretta supervisione del Ministero della giustizia. Ad esso spetta la pubblicazione della Gazzetta ufficiale, del Bollettino delle notizie ufficiali e l'aggiornamento e la manutenzione dell'Archivio elettronico degli atti e delle altre pubblicazioni, ai sensi della "legge sull'organizzazione e il funzionamento del Centro editoriale ufficiale”.[2]

Il centro è responsabile della pubblicazione degli atti, delle pubblicazioni a stampa dei codici aggiornati e delle sintesi della legislazione (per argomento), della custodia e della non pubblicazione di dati, leggi e altri atti, fino al loro inserimento nella gazzetta ufficiale o nel bollettino ufficiale delle comunicazioni.[3]

  1. ^ (SQ) Për krijimin e Qendrës së Publikimeve Zyrtare (PDF), su nchb.al, 1999.
  2. ^ (SQ) Ligji për Qendrën e Botimeve Zyrtare (PDF), in Ministria e Drejtësisë, 10 luglio 2014.
  3. ^ (SQ) Gerti Shella, Transparenca e Botimeve Zyrtare në Republikën e Shqipërisë (PDF), su infocip.org. URL consultato il 21 gennaio 2024.

Istituto Lech Wałęsa

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Istituto Lech Wałęsa
(PL) Instytut Lecha Wałęsy
TipoFondazione privata
Fondazione1995
FondatoreLech Wałęsa
Sede centrale  Danzica
PresidenteAdam Domiński

L'Istituto Lech Wałęsa (in polacco Instytut Lecha Wałęsy) è un'organizzazione non governativa e senza scopo di lucro fondata nel 1995 da Lech Wałęsa, premio Nobel per la pace e primo presidente democraticamente eletto della Repubblica di Polonia.

Fondazione

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Lech Wałęsa, fondatore dell'istituto e primo Presidente della Polonia democraticamente eletto

L'istituto fu fondato e aperto il 22 dicembre 1995, l'ultimo giorno della presidenza di Lech Wałęsa. Wałęsa fondò l'istituto per seguire l'esempio dei politici occidentali. Strutturò l'istituto sul modello del Carter Center aperto da Jimmy Carter, 39° presidente degli Stati Uniti, che trascorse il suo periodo post-presidenza "trovando soluzioni pacifiche ai conflitti internazionali, promuovendo la democrazia e i diritti umani e lo sviluppo economico e sociale". Carter, come Wałęsa prima di lui, ricevette il premio Nobel per la pace.

Anni '90

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Nel 1996 l'organizzazione faceva parte di Azione Elettorale Solidarność, la quale permise a Lech Wałęsa di partecipare alle elezioni parlamentari polacche del 1997. Successivamente fu utilizzata come spina dorsale per formare il partito politico di Lech Wałęsa chiamato Democrazia Cristiana della Terza Repubblica Polacca. Wałęsa si presentò come candidato del partito alle elezioni presidenziali del 2000 ma ricevette solo l'1% dei voti. La ChDRP non ottenne mai un sostegno sostanziale.

Dal 2000

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Dal 2000 il ruolo dell'istituto è cambiato verso un approccio più educativo. Si concentra principalmente sulla preservazione del ruolo del movimento Solidarność e della transizione politica polacca, così come sulla promozione della conoscenza del percorso della Polonia verso la libertà sia a livello nazionale che internazionale.

L'istituto gestisce anche la Biblioteca Lech Wałęsa ospitata nel Centro Europeo Solidarność di Danzica, che si trova presso il Cantiere navale di Danzica, dove Wałęsa era un lavoratore quando guidò lo sciopero nel 1980. Il Centro Europeo Solidarność ospita attualmente la sede centrale dell'istituto.

Presidenti

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  • Piotr Gulczyński (2000–2014)
  • Mieczysław Wachowski (29 settembre 2014 – 21 settembre 2016)
  • Jerzy Stępień (21 settembre 2016 – 29 ottobre 2017; Stępień si è dimesso dopo che i media hanno pubblicato la revisione contabile dell'istituto)
  • Adam Domiński (dal 29 ottobre 2017)

Fondation Chirac

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Fondation Chirac
TipoFondazione
Fondazione7 marzo 2008
FondatoreJacques Chirac
Scioglimento30 ottobre 2020
Sede centrale  Parigi
PresidenteClaude Chirac
 
Jacques Chirac, fondatore dell'ente.

La Fondation Chirac è stata una fondazione lanciata dall'ex presidente francese Jacques Chirac, dopo aver ricoperto due mandati tra il 1995 e il 2007. Dal 2008 al 2020, l'ente si è battuto per la pace attraverso cinque programmi di advocacy:

  • prevenzione dei conflitti
  • accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari
  • accesso a farmaci e assistenza sanitaria di qualità
  • accesso alle risorse del territorio
  • e preservazione della diversità culturale

Supportava progetti sul campo che coinvolgevano la popolazione locale attraverso soluzioni innovative. Dal 2009, la Fondation Chirac ha assegnato ogni anno anche il Premio per la prevenzione dei conflitti.

Le sue priorità dichiarate erano la lotta ai medicinali falsificati, il contrasto alla deforestazione e alla desertificazione e un sostegno per la preservazione delle lingue e culture a rischio di estinzione.[1] Il "programma Sorosoro" ha preso il nome da una parola Araki che significa "respiro, parola, linguaggio". La lingua araki, in via di estinzione, a Vanuatu era parlata allora solo da otto persone, e l'obiettivo dichiarato del programma era quello di "partecipare attivamente alla lotta per la conservazione e la rivitalizzazione di queste lingue a rischio di estinzione".

La fondazione è stata diretta dalla sua istituzione fino al 2013 da Catherine Joubert. Di fronte alle difficoltà, ha dovuto lasciare nel 2012 la sua sede in rue d'Anjou e ringraziare tutto il personale, tranne Marc-Antoine Jasson, l'unico dipendente rimasto.[2] Allo stesso tempo, Claude Chirac e Alain Juppé entrarono a far parte del consiglio di amministrazione.

La Fondazione è stata lanciata ufficialmente il 9 giugno 2008, presso il Musée du quai Branly di Parigi,[3] con la presenza della maggior parte dei membri del suo Comitato d'Onore, come:

  1. ^ [(FR) Chirac: «Je veux réveiller les consciences»", in Le Figaro, 6 giugno 2008. URL consultato il 7 gennaio 2024.
  2. ^ (FR) Invité du jour - Catherine Joubert : "Jacques Chirac voulait continuer à agir", su france24.com, 27 settembre 2019. URL consultato il 7 gennaio 2024.
  3. ^ (FR) Jacques Chirac lance sa Fondation consacrée «au développement durable et au dialogue des cultures», in 20 minutes, 9 giugno 2008. URL consultato il 7 gennaio 2024.

So-yeon Schröder-Kim

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Schröder-Kim So-yeon e Gerhard Schröder (2018)

So-yeon Schröder-Kim (Seul, 3 giugno 1970) è una traduttrice e interprete sudcoreana. Da maggio 2018 è la quinta moglie dell'ex cancelliere Gerhard Schröder.

Biografia

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So-yeon Kim si trasferì da Seul a Marburgo nel 1995 per studiare. Contemporaneamente frequentò corsi di studi giapponesi all'università. Ha successivamente lavorato come traduttrice freelance e ha fondato la società di interpretariato "Mirae Translation & Communications" a Seul. Ha tradotto una raccolta di saggi sul politico sudcoreano e vincitore del Premio Nobel per la pace Kim Dae-jung, che Hartmut Koschyk ha pubblicato nel 2002 con il titolo Begegnungen mit Kim Dae-jung presso Olzog Verlag. Quando Edmund Stoiber visitò la Corea del Sud nel 2003, fece da interprete a Seul e tradusse in coreano un discorso dell'allora primo ministro bavarese.[1]

Nel luglio 2011 è stata assunta come rappresentante dell'agenzia per lo sviluppo economico NRW.Invest GmbH presso l'Ufficio degli esteri a Seul.[2] Negli anni successivi, in qualità di manager di oltre 80 imprenditori sudcoreani, fece sì che potessero aprire filiali nel Nord Reno-Westfalia. Kim è membro del Forum tedesco-coreano e da anni è impegnata ad ampliare le relazioni tedesco-coreane, l’ultima volta nel 2016 nell’ambito dei progetti Industria 4.0 e Smart Factory.

Come interprete, ha incontrato Gerhard Schröder durante una riunione di manager in Corea del Sud nel 2015 e nel 2016/17 ha tradotto in coreano la sua autobiografia di 540 pagine dal titolo Entscheidungen. L'allora presidente della Corea del Sud Moon Jae-in era presente alla presentazione del libro il 12 settembre 2017 a Seul.[3]

Il primo matrimonio di So-yeon Kim è stato con un chirurgo plastico di Seul, dal quale ha avuto una figlia. Dal novembre 2017 è divorziata. Il 2 maggio 2018 è diventata la moglie di Gerhard Schröder a Seul. La certificazione ufficiale del matrimonio è stata rilasciata il 22 agosto presso l'ufficio dello stato civile di Hannover nel Municipio della Città Vecchia. La coppia porta il cognome "Schröder"[4] e vive alternativamente tra Hannover e Seul. Il 5 ottobre 2018 ha avuto luogo la celebrazione matrimoniale con circa 150 ospiti e familiari presso l'Hotel Adlon-Kempinski di Berlino.[5]

Nel maggio 2023, Kim è stata licenziata senza preavviso dal suo datore di lavoro NRW.Global Business., dove lavorava in qualità di rappresentante della Corea del Sud, dopo essere andata alla manifestazione della Giornata della Vittoria il 9 maggio insieme a Gerhard Schröder, Egon Krenz, Tino Chrupalla e Alexander Gauland, presso l'ambasciata russa a Berlino.

Pubblicazioni

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Traduzione dal coreano

  • Hartmut Koschyk (Hrsg.), Begegnungen mit Kim Dae-jung. Korea auf dem Weg zu Frieden, Versöhnung und Einheit. Raccolta di saggi. Olzog, München 2002, ISBN 978-3-7892-8094-8.
  • Gerhard Schröder, Entscheidungen. Mein Leben in der Politik. Hoffmann und Campe, Hamburg 2006, ISBN 978-3-455-50014-1.
  1. ^ (DE) Reinhold Beckmann trifft…, su presseportal.de, 7 luglio 2019. URL consultato il 5 gennaio 2024.
  2. ^ (DE) Antwort der Landesregierung NRW (PDF), su gruene-fraktion-nrw.de, 6 novembre 2017. URL consultato il 5 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 6 ottobre 2018).
  3. ^ (DE) Wer ist die Neue von Gerhard Schröder?, in Frankfurter Allgemeine, 21 settembre 2017. URL consultato il 5 gennaio 2024.
  4. ^ (DE) Conrad von Meding, Schröders Frau heißt jetzt Schröder-Kim, in Hannoversche Allgemeine Zeitung, 1° agosto 2018. URL consultato il 5 gennaio 2024.
  5. ^ (DE) Kai-Uwe Wärner, Promis und Politiker stoßen auf Gerhard Schröders fünfte Ehe an, su stern.de, 6 ottobre 2018. URL consultato il 5 gennaio 2024.

Voci correlate

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Eduard Selami

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Eduard Selami
 
Bujar Nishani nel 2017

Presidente del Partito Democratico d'Albania
Durata mandato1992 –
1995
PredecessoreSali Berisha
SuccessoreTritan Shehu
(ad interim)

Membro dell'Assemblea dell'Albania
Durata mandato1992 –
1996

Durata mandato2013 –
2017
CircoscrizioneDistretto di Coriza
(1992-1996; 2013-2017)

Dati generali
Partito politicoPDSH

Eduard Selami (...) è un politico albanese, presidente del Partito Democratico d'Albania dal 1992 al 1995 e deputato dell'Assemblea dell'Albania dal 1992 al 1996 e dal 2013 al 2017.

Bibliografia

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Voci correlate

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Presidenza di François Mitterand

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Presidenza di François Mitterand
 
François Mitterrand nel 1991
Stato  Francia
Primo ministroFrançois Mitterrand
(Partito Socialista)
LegislaturaVII, VIII, IX, X
Giuramento21 maggio 1981
Governo successivoChirac
17 maggio 1995

La presidenza di François Mitterand si estende su un periodo di quattordici anni e due settennati:

  • il primo mandato, dal 21 maggio 1981 al 20 maggio 1988;
  • il secondo mandato, dal 21 maggio 1988 al 17 maggio 1995.

Governi

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Sotto la presidenza Mitterrand si sono succeduti dieci governi, posti sotto l'autorità dei primi ministri Pierre Mauroy, Laurent Fabius, Jacques Chirac, Michel Rocard, Édith Cresson, Pierre Bérégovoy e Édouard Balladur:



Presidenza di Jacques Chirac

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Presidenza di Jacques Chirac
 
Jacques Chirac nel 1997
Stato  Francia
Primo ministroJacques Chirac
(Raggruppamento per la Repubblica,
Unione per un Movimento Popolare)
LegislaturaX, XI, XII
Giuramento17 maggio 1995
Governo successivoSarkozy
16 maggio 2007

La presidenza di Jacques Chirac è iniziata il 17 maggio 1995 e terminata il 16 maggio 2007. Lunga 12 anni, si estende su un periodo di sette anni e un mandato di cinque anni:

  • il primo mandato, dal 17 maggio 1995 al 16 maggio 2002;
  • il secondo mandato, dal 17 maggio 2002 al 16 maggio 2007.

Jacques Chirac è stato eletto Presidente della Repubblica francese nel 1995 per un mandato di sette anni, viene poi rieletto nel 2002 per cinque anni.

Primo mandato

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Secondo mandato

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Voci correlate

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Espionage Act of 1917

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L'Espionage Act of 1917 (Legge sullo spionaggio del 1917) è una legge federale statunitense entrata in vigore il 15 giugno 1917, poco dopo l'entrata degli Stati Uniti nella prima guerra mondiale. La legge proibiva ogni interferenza e influenza nelle operazioni militari e il sostegno ai nemici degli Stati Uniti in tempo di guerra, l'opposizione al comando delle forze militari e agli ordini militari e l'interferenza verso il reclutamento.

Eugene V. Debs del Partito Socialista d'America è stato condannato a dieci anni di carcere per la sua opposizione all'entrata dell'America nella prima guerra mondiale.

Il segretario del Partito Socialista Charles Schenck, che ha fatto campagna contro la legge sulla libertà di parola, ha intentato una causa contro gli Stati Uniti in quanto riteneva che l'Espionage Act violasse il primo emendamento alla Costituzione. Nel 1919, tuttavia, la Corte suprema degli Stati Uniti stabilì all'unanimità in Schenck contro Stati Uniti che l'Espionage Act non violava la libertà di parola di coloro che venivano puniti ai sensi della legge promulgata.[1]

Daniel Ellsberg, il leaker dei cosiddetti Pentagon Papers, è stato accusato in base a questa legge.

Le critiche alla legge sono state scatenate dall'amministrazione del presidente Barack Obama e dall'uso senza precedenti della legge da parte del procuratore generale Eric Holder per perseguire gli informatori.[2][3][4]

  1. ^ (EN) "Schenck v. United States." Encyclopædia Britannica. Encyclopædia Britannica Suite di riferimento definitiva. Chicago: Encyclopædia Britannica, 2015.
  2. ^ (EN) John Kiriakou, Obama's abuse of the Espionage Act is modern-day McCarthyism, in The Guardian, 6 agosto 2013. URL consultato il 21 giugno 2023.
  3. ^ (EN) Jon Greenberg, CNN's Tapper: Obama has used Espionage Act more than all previous administrations, su politifact.com, 10 gennaio 2014. URL consultato il 21 giugno 2023.
  4. ^ (EN) James Risen, If Donald Trump Targets Journalists, Thank Obama, in The New York Times, 30 dicembre 2016. URL consultato il 21 giugno 2023.


Baroni del gollismo

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Il termine "baroni del gollismo" è stato coniato da Jean Daniel nel 1963 su Le Nouvel Observateur per designare originariamente un numero limitato di politici lealisti, vicini alla figura del generale de Gaulle.

In origine, i baroni del gollismo erano cinque: Jacques Chaban-Delmas, Michel Debré, Jacques Foccart, Roger Frey e Olivier Guichard. Essi erano collaboratori del Generale de Gaulle o rappresentanti eletti nei vari partiti a lui vicini (Raggruppamento del Popolo Francese e Unione per la Nuova Repubblica). Si incontravano regolarmente alla Maison de l'Amérique latine, a Parigi, in occasione di pranzi, durante i quali discutevano la strategia politica da adottare.

Intorno alla cerchia dei baroni gravitavano molte personalità golliste, come Gaston Palewski, Jacques Soustelle, Louis Terrenoire (figura del gollismo di sinistra) ma anche André Diethelm. Successivamente, diversi primi ministri si assoceranno ai baroni, a causa delle loro responsabilità politiche nazionali: Georges Pompidou, Maurice Couve de Murville, Pierre Messmer.

Con il passare degli anni, i veterani del movimento (ad esempio Albin Chalandon, Alain Peyrefitte e Jacques Baumel) vennero definiti "baroni del gollismo". Possono essere considerati come tali anche André Malraux e Pierre Lefranc, che furono i fondatori dell'Institut Charles-de-Gaulle, dopo la morte del Generale.

Il 26 gennaio 2001, Valeurs actuelles pubblica un articolo che evoca l'incontro allo stesso tavolo di due dozzine di deputati di RPR, UDF e DL attorno a tre "baroni neogollisti": Alain Juppé, Édouard Balladur e Nicolas Sarkozy.

Il 9 novembre 2006, un articolo del Nouvel Observateur annuncia che i baroni del gollismo: Pierre Messmer, Pierre Mazeaud e Yves Guéna si sono recati a Colombey-les-Deux-Églises per assistere alla cerimonia di posa della prima pietra del mémorial Charles-de-Gaulle, ai piedi della croce di Lorena.

Bibliografia

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La Lega di San Giorgio è nata nel 1974 quando Keith Thompson e Mike Griffin si sono staccati dal Partito d'Azione fondato da Oswald Mosley. Lo scopo della nuova organizzazione era quello di promuovere le idee di Mosley in una forma più pura. Negli anni '70, divenne la dimora spirituale del neonazismo intellettuale e andò a unire in particolare quegli attivisti che volevano un'Europa unita con una popolazione di discendenza europea, si rese altresì protagonista della continuazione della politica "Europe a Nation" (Europa una nazione) di Mosley. Sposò anche il repubblicanesimo irlandese, distinguendosi dal resto dell'estrema destra britannica, che sosteneva il lealismo dell'Ulster.[1]

All'inizio degli anni '90 la Lega di San Giorgio era un gruppo elitario con solo circa 50 membri. I suoi membri sono principalmente personalità benestanti. Il rapporto del Parlamento europeo del 1991 sul razzismo e la xenofobia descrisse l'organizzazione come "il gruppo nazionalsocialista più puro e rispettato dell'Europa occidentale".[2] È possibile diventare membro di essa solo su invito.[3]

Copertura mediatica

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Il rapporto di estrema destra di "Hope Not Hate" stimava nel 2017 che la Lega di San Giorgio fosse una piccola ma longeva organizzazione nazista che continuava a pubblicare il trimestrale razzista di piccola tiratura The League Sentinel. Secondo il rapporto, la casa editrice Steven Books legata alla Lega di San Giorgio era un importante produttore e distributore di libri e opuscoli razzisti, nazionalisti, negazionisti dell'Olocausto e fascisti a livello nazionale.[4]

  1. ^ (EN) Ray Hill e Andrew Bell, The Other Face of Terror – Inside Europe's Neo-Nazi Network, London, Grafton, 1988, p. 184–185.
  2. ^ (EN) Glyn Ford, European Parliament Committee of Inquiry on Racism and Xenophobia - Report on the Findings of the Inquiry (PDF), Luxembourg, Office for Official Publications of the European Communit, 1991, p. 40, ISBN 92-823-0280-6. URL consultato il 22 giugno 2023.
  3. ^ (EN) Peter Barberirs, John McHugh e Mike Tyldesley, Encyclopedia of British and Irish Political Organizations: Parties, Groups and Movements of the 20th Century, Continuum International Publishing Group, 2000, p. 185.
  4. ^ (EN) Nick Lowles, The State of Hate 2018 (PDF), su hopenothate.org.uk, Hope Not Hate, 2018. URL consultato il 21 giugno 2023.

Bibliografia

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  • Ray Hill & A. Bell, The Other Face of Terror- Inside Europe’s Neo-Nazi Network, London: Collins, 1988

Partito delle Forze Nuove (Francia)

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Partito delle Forze Nuove
(FR) Parti des forces nouvelles
 
Stato  Francia
AbbreviazionePFN
Fondazionenovembre 1974
Derivato da
Dissoluzione1986
IdeologiaNeofascismo
Nazionalismo francese
Anticomunismo
CollocazioneEstrema destra

Il Partito delle Forze Nuove (in francese Parti des forces nouvelles, PFN) è stato un partito politico francese di estrema destra di ispirazione neofascista formato nel novembre 1974 dal "Comité faire front" e da un gruppo di dissidenti anti-Jean-Marie Le Pen che si erano separati dal Front National (FN).

Sviluppo

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Il PFN comprendeva tra i suoi primi membri, i militanti dell'Ordre Nouveau, il quale si era sciolto non molto tempo prima della fondazione di questi. I militanti dell'Ordre Nouveau formarono il gruppo "Comité faire front", che si fuse nel Front National nel settembre 1973, la fusione portò all'isolamento di Jean-Marie Le Pen consentendo al "Comité faire front" di ottenere due terzi dei seggi nell'esecutivo nazionale dell'FN. Nel caso giudiziario che seguì, Le Pen riuscì a prendere il sopravvento e costrinse il gruppo a separarsi dal suo partito, fatto che portò alla nascita del PFN come formazione alternativa nel 1974.

Collocato all'estrema destra, il PFN cercò collegamenti anche con la destra più tradizionale e si unì ad alcuni ex membri dell'Organisation armée secrète in vista della campagna presidenziale di Valéry Giscard d'Estaing nel 1974. Il partito lanciò un proprio giornale, L'Initiative nationale e si rese rese responsabile delle proteste contro la visita a Parigi di Leonid Breznev nel 1977. Nel 1979 lancerà a livello europeo, l'alleanza dei partiti di destra denominata Eurodestra insieme al Movimento Sociale Italiano, Fuerza Nueva e al PFN belga. Il partito si candidò alle elezioni europee del 1979 con il nome di Unione Francese per l'Eurodestra (sotto la guida di Jean-Louis Tixier-Vignancour), ottenendo l'1,3% dei voti. Avrà rappresentanti nei consigli comunali nel 1983 all'interno della lista Raggruppamento per la Repubblica - Unione per la Democrazia Francese (RPR-UDF). Dopo le elezioni europee del 1979, Roland Gaucher, che era stato responsabile de L'Initiative nationale, lasciò il PFN insieme a François Brigneau per unirsi nuovamente al Front National.

Nel 1981 il partito non riuscì ad ottenere le 500 firme necessarie per candidare Pascal Gauchon alla presidenza. In seguito a questa battuta d'arresto la leadership passò nelle mani dei giovani membri Roland Hélie, Didier Lecerf, Jack Marchal e Olivier Cazal, mentre ex leader come Hervé Novelli e Alain Robert aderirono al Centro Nazionale degli Indipendenti e dei Contadini. Il partito fu coinvolto in seguito in attività [[|Anticomunismo|anticomuniste]], occupando i ministeri del Partito Comunista Francese e unendosi ai sostenitori dell'RPR nell'interrompere una manifestazione di ex militari comunisti in una mossa che provocò scandalo per l'RPR.

Il partito si scisse nel 1986 con il Partito delle Forze Nazionaliste. Questo evento segnò di fatto la fine del PFN come forza politica.

Comités Jeanne

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Comités Jeanne
Comitati Giovanna
PresidenteJean-Marie Le Pen
SegretarioLorrain de Saint Affrique
Stato  Francia
Sede8, parc de Montretout
92210 Saint-Cloud
AbbreviazioneCJ
Fondazione22 marzo 2016
Derivato daFront National
IdeologiaNazionalismo
Conservatorismo sociale
Euroscetticismo
Sovranismo
Anti-globalizzazione
Conservatorismo nazionale
CollocazioneEstrema destra[1]
Partito europeoAlleanza per la Pace e la Libertà
Colori               Blu, Bianco e Rosso
SloganJeanne, au secours!
Sito webcomitejeanne54.wordpress.com/

Comités Jeanne (Comitati Giovanna, CJ) è un partito politico francese di estrema destra fondato da Jean-Marie Le Pen dopo la sua esclusione dal Front National nel 2015.

 
Jean-Marie Le Pen fondatore e presidente dei Comités Jeanne

Jean-Marie Le Pen, fondatore e leader del Front National (FN) in Francia, è stato inizialmente sospeso dal partito nel maggio 2015 dopo aver affermato che l'Olocausto era "un dettaglio della storia". Dopo che Le Pen ha contestato con successo la sua sospensione in tribunale, nell'agosto 2015 si è tenuto un congresso straordinario del partito dove è stato espulso dallo stesso.[2]

Dopo aver considerato la creazione di un "raggruppamento blu-bianco-rosso" per "agire nella stessa direzione del Front National" senza necessariamente appartenere ad esso, ha annunciato, nel marzo 2016, la creazione dei Comités Jeanne, che portano il nome di Giovanna d'Arco,[3] il cui motto è "Jeanne, au secours!" ("Giovanna, aiuto!" in italiano). Il partito si posiziona sulla stessa linea politica dell'FN,[4], Le Pen ha presentato candidati con questo partito alle elezioni legislative del 2017, sfidando nel contempo i candidati dell'FN.[5]

Ha invitato i sostenitori a votare per l'FN nelle elezioni regionali del 2015 e ha indicato che la sua associazione di raccolta fondi "Cotelec" aveva prestato sei milioni di euro all'FN per la campagna presidenziale del 2017.[6]

Il 17 novembre 2016, un tribunale francese ha confermato l'esclusione di Jean-Marie Le Pen dal Front National senza mettere in discussione il suo status di presidente onorario, preservando così il suo diritto a essere convocato a tutte le riunioni del partito.[7]

Il presidente del partito è Jean-Marie Le Pen.[3] Lorrain de Saint Affrique è segretario generale della formazione dal 2016.[8]

Per le elezioni presidenziali francesi del 2017, Jean-Marie Le Pen ha dichiarato ufficialmente di sostenere la candidatura presidenziale di sua figlia Marine Le Pen. Per le elezioni legislative francesi del 2017, i Comités Jeanne hanno stretto un'alleanza con il Partito della Francia, Civitas, Lega del Sud e SIeL.

Nel 2018, il fondatore e leader del partito, Jean-Marie Le Pen, è entrato a far parte dell'associazione politica europea di estrema destra Alleanza per la Pace e la Libertà come "presidente onorario". Successivamente, i Comités Jeanne aderiscono ad esso come membri associati. Le Pen è rimasto eurodeputato fino alle elezioni europee del 2019, nelle quali ha sostenuto il Rassemblement National.[9]

Durante le elezioni municipali del 2020, i Comités Jeanne ottengono alcuni consiglieri, in particolare a Ronchamp ea Taverny.[10]

Ideologia

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I commentatori politici francesi hanno collocato i Comités Jeanne nell'estrema destra.[11] Il partito sostiene una retorica nazionalista fermamente anti-globalista, antisionista e anti-immigrazione. Il partito è anche euroscettico e si oppone a un'ulteriore integrazione europea, cercando di mantenere e preservare la sovranità della Francia.[12]

  1. ^ (FR) Laurent de Boissieu, Comités Jeanne (CJ), in France Politique, 2 ottobre 2017.
  2. ^ (EN) French National Front expels founder Jean-Marie Le Pen, su bbc.com, 20 agosto 2015.
  3. ^ a b (FR) Jean-Marie Le Pen lance des comités "Jeanne d'Arc, au secours!", su www.europe1.fr, 20 marzo 2016. URL consultato il 22 giugno 2023.
  4. ^ (FR) Jean-Marie Le Pen crée les comités "Jeanne, au secours!" pour peser sur le FN, su valeursactuelles.com, 21 marzo 2016. URL consultato il 22 giugno 2023.
  5. ^ (FR) Jean-Marie Le Pen, ostracisé par sa propre famille politique, in Le Monde, 29 settembre 2016. URL consultato il 22 giugno 2023.
  6. ^ (FR) Béatrice Houchard, Le Front national fait la manche pour la présidentielle, 3 ottobre 2016.
  7. ^ (EN) Henry Samuel, Jean-Marie Le Pen must remain Front National's 'honorary president', French court rules, in blow for daughter Marine, in The Telegraph, 17 novembre 2016. URL consultato il 22 giugno 2023.
  8. ^ (FR) Communiqué de presse des Comités Jeanne, su comitejeanne54.wordpress.com, 26 aprile 2017. URL consultato il 22 giugno 2023.
  9. ^ (FR) Élections européennes, en direct : Jean-Marie Le Pen soutient la liste de sa fille, su cnews.fr, 13 aprile 2019. URL consultato il 22 giugno 2023.
  10. ^ (FR) Laurent de Boissieu, Les cartes des résultats, parti par parti, des élections municipales 2020, su la-croix.com, 27 marzo 2020. URL consultato il 22 giugno 2023.
  11. ^ (FR) https://www.france-politique.fr/wiki/Comit%C3%A9s_Jeanne_(CJ)
  12. ^ (FR) Comités Jeanne : La Charte des Valeurs, su jeanmarielepen.com.


I Patrioti

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I Patrioti
(FR) Les Patriotes
PresidenteFlorian Philippot
Stato  Francia
Sede122, rue des Rosiers
93400 Saint-Ouen
AbbreviazioneLP
Fondazione16 maggio 2017
(associazione)
29 settembre 2017
(partito)
Derivato daFront National
IdeologiaSovranismo[1]
Gaullismo[1]
Euroscetticismo[2]
Repubblicanesimo nazionale[1]
Populismo
Cospirazionismo[3]
Antivaccinismo[3]
CollocazioneDestra[4]/Estrema destra[1][5][6]
Partito europeoEuropa della Libertà e della Democrazia Diretta
Seggi Assemblea nazionale
0 / 577
Seggi Senato
0 / 348
Seggi Europarlamento
0 / 74
Colori     Arancione
SloganLe meilleur pour la France
Sito webles-patriotes.fr/
 
Florian Philippot, ex FN, fondatore e presidente de I Patrioti dal 2017
 
Sophie Montel, vicepresidente de I Patrioti dal 2017 al 2018

I Patrioti (in francese: Les PatriotesLP) è un partito politico francese di estrema destra le cui posizioni vertono sul nazionalismo e l'euroscetticismo. Il partito è nato dalla scissione con il Front National. È guidato da Florian Philippot, ex vicepresidente dell'FN sotto Marine Le Pen.

Il partito è stato fondato nell'autunno 2017 dall'ex vicepresidente del Front National, Florian Philippot. In precedenza esisteva come piattaforma all'interno dell'FN dalla primavera del 2017. I Patrioti sono favorevoli all'uscita della Francia dall'Unione europea e in particolare dalla zona euro.[7] Nell'ottobre 2017, Philippot, insieme a Mireille d'Ornano e Sophie Montel, ha lasciato il gruppo ENF dominato dall'FN al Parlamento europeo e si è unito al gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta, che comprende membri dell'UKIP e del gruppo Alternativa per la Germania (AfD). A novembre, José Evrard (FN), membro dell'Assemblea nazionale, si è unito a LP. Montel si è dimessa dal partito all'inizio del luglio 2018, accusando Philippot di aver falsificato delle firme. Il partito puntava inizialmente a un risultato elettorale di oltre il 5% alle elezioni europee del maggio 2019, dove alla fine ha ottenuto solo lo 0,65% e non è riuscito a raggiungere la soglia del 5% in Francia. Nel 2020, José Evrard ha lasciato il partito ed è entrato a far parte di Debout la France.[8] Florian Philippot si è candidato alle elezioni locali del 2020 a Forbach. La sua lista ha ottenuto il 9,7% dei voti al primo scrutinio. Nel giugno 2021, durante le elezioni regionali nella regione del Grand Est, ha guidato la lista «Liberté» (Libertà) contro le misure del Coronavirus. Oltre ai membri de I Patrioti, si sono uniti alla lista anche il piccolo partito cristiano-conservatore VIA, la voie du peuple.[9] Al primo scrutinio, il partito ha ottenuto solamente il 6,95% dei voti. I Patrioti hanno perso tutti i loro seggi nei consigli regionali.[10]

Struttura

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Dirigenti attuali

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Vecchi dirigenti

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Risultati elettorali

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Supplettive

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Anno Circoscrizione Candidato Voti % Risultato
2018 1ª del Territorio di Belfort[11] Sophie Montel 268 1,99
1ª della Val-d’Oise[12] Denise Cornet 193 1,19 11°

Legislative

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Anno Voti % Risultato Seggi
2022 116.124 0,51 22°
0 / 577
Anno Capolista Voti % Risultato Seggi
2019 Florian Philippot 147.140 0,65 15°
0 / 79
Anno Regione Capolista Primo turno Seggi
Voti % Risultato
2021[13] Grand Est Florian Philippot 74.980 6,95
0 / 169
Anno Primo turno Seggi
Voti % Risultato
2021 5.742 0,04 Non divulgato
0 / 4 058
  1. ^ a b c d (FR) Laurent de Boissieu, Les Patriotes (LP), su france-politique.fr. URL consultato il 23 giugno 2023.
  2. ^ (FR) Florian Philippot a présenté la charte de son parti, Les Patriotes, in Le Monde, 7 novembre 2017. URL consultato il 23 giugno 2023..
  3. ^ a b (FR) Maxime Macé e Pierre Plottu, Législatives: complotistes et anti-pass auront leurs candidats, in Libération, 7 maggio 2022. URL consultato il 23 giugno 2023.
  4. ^ (EN) Explained: how France’s newest party is copying Farage in a bid for Frexit, su euronews.com, 20 febbraio 2018.
  5. ^ (EN) Les Patriotes: How Le Pen’s ex-protégé hopes to win over French far right - France 24, su france24.com, 18 dicembre 2017. URL consultato il 23 giugno 2023.
  6. ^ (FR) Vincent Michelon, Florian Philippot crée son parti Les Patriotes : y a-t-il un avenir hors du FN ?, su lci.fr, 29 settembre 2017.
  7. ^ Valeria Fraquelli, Francia, nasce il partito dei patrioti, su reportdifesa.it, 19 febbraio 2018. URL consultato il 22 giugno 2023.
  8. ^ (FR) Pourquoi j’ai adhéré à Debout La France, su debout-la-france.fr, 1° dicembre 2020. URL consultato il 23 giugno 2023.
  9. ^ (FR) Tom Hollmann, Régionales dans le Grand-Est : Comment Florian Philippot tente de capitaliser sur l'opposition aux mesures sanitaires, su france3-regions.francetvinfo.fr, 15 giugno 2021. URL consultato il 23 giugno 2023.
  10. ^ (FR) Régionales 2021 dans le Grand Est : quel avenir politique pour Florian Philippot, su france3-regions.francetvinfo.fr, 21 giugno 2021. URL consultato il 23 giugno 2023.
  11. ^ (FR) Résultats définitifs élection législative partielle tour 1 (PDF), su territoire-de-belfort.gouv.fr, 29 gennaio 2018. URL consultato il 23 giugno 2023. .
  12. ^ (FR) Résultats du premier tour de l'élection législative partielle - 1re circonscription du Val-d'Oise (PDF), su val-doise.gouv.fr, 29 gennaio 2018. URL consultato il 23 giugno 2023..
  13. ^ (FR) Elections régionales et des assemblées de Corse, Guyane et Martinique 2021, su elections.interieur.gouv.fr. URL consultato il 23 giugno 2023..

Partito Cristiano Sociale (Belgio 1945)

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Partito Sociale Cristiano - Partito Popolare Cristiano
(FR) Parti Social Chrétien
(NL) Christelijke Volkspartij
 
Stato  Belgio
SedeRue des Deux Eglises, Bruxelles
AbbreviazionePSC/CVP
Fondazione18 agosto 1945
Derivato daBlocco Cattolico
Dissoluzione1968
Confluito in
IdeologiaConservatorismo
Cristianesimo democratico
CollocazioneCentro
Partito europeoGruppo Democristiano
Affiliazione internazionaleInternazionale Democristiana
Colori     Arancione      Nero

Belgische Unie - Union Belge

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Belgische Unie - Union Belge
Unione Belga
 
PresidenteHans Van de Cauter
Stato  Belgio
SedeRue du Merlo 8B
B-1180 Bruxelles
AbbreviazioneBUB
Fondazione2002
IdeologiaUnitarismo
Realismo
Liberalismo
Belgicanesimo
Europeismo
CollocazioneCentro-destra/destra
Affiliazione internazionaleConferenza Monarchica Internazionale
Seggi Camera
0 / 150
Seggi Senato
0 / 60
Seggi Europarlamento
0 / 21
Colori     Blu
Sito webwww.belgischeunie.be/

Belgische Unie - Union Belge (Unione BelgaBUB), è un partito politico extraparlamentare belga. Si descrive come "Il partito centrista per un Belgio unito". Essendo uno dei pochi partiti politici organizzati in tutto il paese, desidera abolire il sistema federale in Belgio e ristabilire uno stato unitario basato sulle nove province originarie. Il partito si oppone esplicitamente al separatismo e alla partizione del Belgio.

Ideologia

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Il partito promuove la riconciliazione tra i gruppi linguistici del Belgio (le comunità di lingua olandese e francese), sostiene il multilinguismo e la centralizzazione in un solo governo e parlamento. Propone l'abolizione delle tre regioni belghe e il trasferimento dei suoi poteri allo stato federale belga e alle province. È l'unico partito con questa prospettiva, insieme al Partito del Lavoro del Belgio (PVDA/PTB), al Partito Socialista di Sinistra e al partito liberale minore Vivant, è tra i partiti non suddivisi su base linguistica.

Rappresentanza

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La BUB non ha seggi in nessun dei parlamenti del Belgio e opera solo ai margini della politica belga. Il partito ha ottenuto 10.000 voti nelle elezioni federali del 2003 e 13.000 voti nelle elezioni regionali del 2004. I voti si sono concentrati nelle province settentrionali, nelle circoscrizioni centrali del Brabante e di Bruxelles e nel 2003 anche nella provincia meridionale di Namur. Sebbene il partito non abbia ottenuto seggi alle elezioni comunali del 2006, la BUB ha ottenuto un buon risultato alle urne con il 2% dei voti in alcune città. Nelle elezioni federali del 10 giugno 2007, ha fatto progressi anche in questa tornata elettorale, ma ancora una volta non ha ottenuto seggi.

Alle elezioni federali del 2010, il partito ha formato un cartello filo-belga con i Cristiani Democratici Federali (CDF) sotto il nome di BELG-UNIE e ha ottenuto un risultato record di 20.000 voti in 5 circoscrizioni.[1][2] Dal 22 giugno 2011 il cartello è composto da un terzo partito filo-belga, l'Alleanza Belga (BAB).[3]

Il partito è guidato da un presidente nazionale (Hans Van de Cauter) ed è diviso in 9 sezioni provinciali, corrispondenti alle 9 province che esistevano prima della scissione della provincia centrale del Brabante nel 1995.

Il partito è membro della Conferenza Monarchica Internazionale.[4]

Struttura

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Presidente Periodo
Hans Van de Cauter 2002 – in carica

Risultati elettorali

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Anno % Seggi Governo
2003 0,08
0 / 150
Opposizione extraparlamentare
2007 0,13
0 / 150
Opposizione extraparlamentare
2010 0,32
0 / 150
Opposizione extraparlamentare
2014 0,18
0 / 150
Opposizione extraparlamentare
2019 0,10
0 / 150
Opposizione extraparlamentare
  1. ^ (FR) DH.be – CDF et BUB se présentent sous le cartel BELG.UNIE, su dhnet.be. URL consultato il 23 giugno 2023.
  2. ^ (FR) Elections 2010 – Chambre – Résultats des listes Royaume, su Elections2010.belgium.be. URL consultato il 23 giugno 2023.
  3. ^ (NL) Belg-Unie | Declaration Commune – Gemeenschappelijke Verklaring Van B.U.B. & Cdf & Bab, su belg-unie.be. URL consultato il 23 giugno 2023 (archiviato dall'url originale il 15 giugno 2012).
  4. ^ (EN) Monarchist Conference – Members, su internationale.monarchiste.com, 13 settembre 2011. URL consultato il 23 giugno 2023.

Cristiani Democratici Federali

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Cristiani Democratici Federali
(NL) Christen Democraten Federaal
(FR) Chrétiens démocrates Fédéraux
 
PresidentePierre-Alexandre de Maere d'Aertrycke
Stato  Belgio
SedeRue Fernand Mélard 11
1200 Bruxelles
AbbreviazioneCDF
Fondazione2002
Derivato daCentro Democratico Umanista
Dissoluzione2013
IdeologiaCristianesimo democratico
Conservatorismo cristiano
Belgicanesimo
CollocazioneCentro-destra
CoalizioneBELG-UNIE
Partito europeoMovimento Politico Cristiano Europeo
Organizzazione giovanileJeunes CDF
Colori          Blu e Arancione
SloganLa démocratie autrement

I Cristiani Democratici Federali (in olandese: Christen Democraten Federaal, in francese: Chrétiens démocrates fédérauxCDF), fino al 2007 Cristiani Democratici Francofoni, è stato un partito politico belga fondato nel 2002 e sciolto nel 2013. Fu creato dai dissidenti del Nuovo PSC rifiutando che quest'ultimo abbandonasse l'ideologia cristiana diventando il Centro Democratico Umanista.

I fondatori dei Cristiani Democratici Federali, ritenendo che il cdH non basasse più sufficientemente la sua visione politica sui principi cristiani, pur non essendo un partito confessionale e rispettando il principio della separazione tra Chiesa e Stato, ha supposto che questi non era più legato all'azione politica incentrata sui valori del cristianesimo e dei principi della dottrina sociale cristiana. Il partito era un membro del Movimento Politico Cristiano Europeo. I Cristiano Democratici Federali si è candidata per la prima volta alle elezioni legislative del 2003.

Nel 2007 il partito diventa attivo a livello nazionale e bilingue: cambia nome (Cristiani Democratici Federali invece di Cristiani Democratici Francofoni) e crea una sezione CDF nelle Fiandre, presieduta da Agnès Jonckheere. Durante i sei mesi di crisi politica del 2007, il partito ha partecipato a tutte le iniziative popolari a favore dell'unità del Belgio.

Durante le elezioni di 13 giugno 2010, il partito si presentò in coalizione con l'Unione Belga sotto la denominazione BELG-UNIE, volendo avanzare un auspicio di riunificazione del Belgio o sotto il ritorno del governo delle nove province, ricreando la vecchia provincia del Brabante, o creando una nuova regione-provincia di Bruxelles-Brabante.

Il 10 marzo 2013, il partito è sciolto.[1].

Rappresentanza politica

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Nel 2006-2012, il partito ha avuto alcuni eletti nei municipi della regione di Bruxelles, a Woluwe-Saint-Lambert ea Molenbeek, così come in Vallonia, a Chaumont-Gistoux. In precedenza, i suoi eletti erano consiglieri comunali inizialmente eletti nel 2000 nelle liste del PSC. Altri erano inclini al MR. Nel 2012, i candidati CDF sono apparsi nelle liste del sindaco di Woluwe-Saint-Lambert (guidata da Olivier Maingain, FDF) e Koekelberg (guidata da Philippe Pivin, MR), nelle liste MR a Molenbeek e CDH a Verviers.[2]

Presidenti

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  • Benoît Veldekens (2002 – dicembre 2006)
  • Pierre-Alexandre de Maere d'Aertrycke (dicembre 2006 – marzo 2013)
  1. ^ (FR) Le CDF annonce sa dissolution, in L'Avenir, 10 marzo 2013. URL consultato il 24 giugno 2023..
  2. ^ (FR) Philippe Carlot, Le MR, défenseur de la laïcité, a compté des candidats chrétiens très affirmés], su rtbf.be, 5 novembre 2012.

Fuerza Nueva

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Fuerza Nueva
Forza Nuova
 
PresidenteBlas Piñar
Stato  Spagna
SedeCalle de Mejía Lequerica, 8
28004 Madrid
AbbreviazioneFN
Fondazione19 ottobre 1976
Dissoluzione20 novembre 1982
IdeologiaUltranazionalismo
Cattolicesimo nazionale
Franchismo
Anticomunismo
CollocazioneEstrema destra
CoalizioneUnione Nazionale
Partito europeoEurodestra
Organizzazione giovanileFuerza Joven
Fronte della Gioventù
Colori               Ocra, Bianco e Blu

Fuerza Nueva (Forza NuovaFN) è stato un partito politico spagnolo di estrema destra fondato dal notaio e politico franchista Blas Piñar López, direttore generale dell'Istituto di cultura ispanica e procuratore delle Corti franchiste negli anni '60.

 
Blas Piñar, fondatore e presidente del partito per tutta la durata della sua esistenza

Fuerza Nueva è stata creata da Blas Piñar López nel 1966 attorno a Fuerza Nueva Editorial SA, iniziando a pubblicare la rivista omonima nel 1967. Nel 1976 si costituì in partito politico con l'obiettivo di mantenere vivi gli ideali religiosi e politici della rivolta nazionalista del 17 e 18 luglio 1936 e della Spagna franchista. Per fare questo, il nuovo partito ha cercato di riunire tutte le forze politiche dello stesso carattere cattolico, patriottico e sociale che Fuerza Nueva rivendicava. Il suo slogan era "Dio, patria e giustizia".

La sua ideologia era basata sulla supremazia dei valori spirituali, nazionali, morali e cristiani; la difesa dell'unità spagnola e dello Stato organico; la promozione e lo sviluppo della tradizione; la difesa della giustizia sociale fondata sul nazionalunionismo; e la continuità dello Stato a partire dal 18 luglio 1936.

L'Eurodestra

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Il 19-21 aprile 1978 a Roma, alla vigilia delle prime elezioni europee, diversi partiti europei di destra stanno organizzando il congresso di fondazione dell'Eurodestra. Vi partecipa Fuerza Nueva, insieme al Movimento Sociale Italiano e al Partito delle Nuove Forze (Francia). L'alleanza vuole essere una risposta all'eurocomunismo da parte dei partiti comunisti degli stessi paesi (Francia, Italia, Spagna). Il 21 aprile, l'Eurodestra ha manifestato in massa a Napoli. Davanti alla folla prendono la parola Giorgio Almirante (MSI), Blas Pinar (Fuerza Nueva) e Jean-Louis Tixier-Vignancour (PFN).[1]

La lista francese ottiene a giugno 1979 solo l'1,33% dei voti. Fuerza Nueva non partecipa alle elezioni, poiché la Spagna non è ancora uno stato membro. L'MSI ha invece ottenuto 4 seggi al Parlamento europeo (Almirante, Pino Romualdi, Francesco Petronio e Antonino Buttafuoco).[1]

  1. ^ a b (FR) Massimo Magliaro, Le Mouvement Social Italien, n. 11, Pari, Synthèse nationale, 2017, p. 149-150, 157, ISSN 2493-6715 (WC · ACNP)..

Partito Nazionale - Greci

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Partito Nazionale - Greci
(EL) Εθνικό Kόμμα - Έλληνες
(Ethnikó Kómma - Éllines)
PresidenteIlias Kasidiaris
Stato  Grecia
SedeKlisthenous 17,
Atene
Fondazione4 giugno 2020
Derivato daAlba Dorata
IdeologiaNazionalismo greco
Anti-immigrazione
Islamofobia
Nativismo
Neofascismo
CollocazioneEstrema destra
Seggi Parlamento
0 / 300
Seggi Europarlamento
0 / 21
Seggi Governo regionale
0 / 13
Seggi Consiglio regionale
17 / 703
Colori     Blu
Sito webellhnes.net/

Il Partito Nazionale - Greci (in greco: Εθνικό Kόμμα - Έλληνες, Ethnikó Kómma - Éllines) è un partito politico nazionalista greco, fondato nel 2020 da Ilias Kasidiaris. Il presidente del partito è Dimitris Chatziliadis.

 
Ilias Kasidiaris, fondatore e primo presidente del Partito Nazionale - Greci

Dopo le elezioni del 7 luglio 2019 e il mancato rientro in parlamento di Alba Dorata,[1] molti membri del partito hanno chiesto cambiamenti nella struttura del partito e un cambio di leadership. Il segretario generale del partito, Nikos Michaloliakos, è stato accusato da molti parlamentari ed ex parlamentari del mancato raggiungimento della soglia del 3%.[2][3] Di conseguenza, molti membri di spicco del partito iniziarono ad abbandonare Alba Dorata, poiché Michaloliakos insisteva per rimanere al timone del partito.

In particolare, Ioannis Lagos (membro del Parlamento europeo per la Grecia alle elezioni europee del 2019), ha annunciato il suo abbandono da Alba Dorata, insieme a Giorgos Germenis, Nikos Kouzilos e Panagiotis Iliopoulos, per fondare un nuovo partito nazionalista chiamato Coscienza Popolare Nazionale.[4][5]

Secondo un documento ottenuto dal quotidiano di sinistra Efimerida ton Syntakton nel maggio 2020, Ilias Kasidiaris ha inviato una lettera a Nikos Michaloliakos chiedendogli di tenere una conferenza, l'elezione di un segretario generale per la base del partito, la ridenominazione del nome ufficiale di esso (da Associazione Popolare - Alba Dorata in Alleanza Greca Alba Dorata), oltre che a nome del partito, di condannare pubblicamente il fascismo, il nazismo e qualsiasi ideologia non greca.[6]

Fondazione

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Dopo che Michaloliakos ha respinto questa proposta, il 21 maggio 2020, Kasidiaris ha annunciato tramite un video su YouTube il suo ritiro dal partito Alba Dorata[7][8] e la formazione di un nuovo partito, che in seguito ha ribattezzato Greci per la Patria.[9]

Kasidiaris ha spiegato che il nuovo partito era ideologicamente vicino ad altri movimenti nazionalisti europei dominanti, come la Lega Nord in Italia o Fidesz in Ungheria, e ha chiarito che lo statuto del partito rifiuta completamente il nazismo, il fascismo e ogni tipo di ideologia straniera.[10]

Il 21 giugno 2020 ha presentato i funzionari del partito come l'ex deputato Lambros Foudoulis, l'ex deputato dell'Etolia-Acarnania Kostas Barbarousis, l'ex giocatore di basket Steve Giatzoglou e altri.[11]

Presidenti

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# Presidente Periodo
1 Ilias Kasidiaris 4 giugno 2020 – maggio 2022
2 Comitato direttivo 2022 – 4 aprile 2023
3 Anastasio Kanellopoulos 4 aprile 2023 – 26 aprile 2023
4 Dimitris Chatziliadis 26 aprile 2023 – in carica
  1. ^ (EL) Διαλύεται η Χρυσή Αυγή: Ανεξαρτητοποίηση Λαγού – Τον καλούν να παραδώσει την έδρα, 13 luglio 20019. URL consultato il 25 giugno 2023.
  2. ^ (EL) Χρυσή Αυγή: Βγήκαν τα μαχαίρια ανάμεσα σε Μιχαλολιάκο - Γερμενή (pics), 20 agosto 2019. URL consultato il 25 giugno 2023.
  3. ^ (EL) Δημήτρης Ψαρράς: «Δεν νοείται Χρυσή Αυγή χωρίς τον Αρχηγό της». URL consultato il 25 giugno 2023.
  4. ^ (EL) Ο Λαγός έριξε τη Χρυσή Αυγή στον... Καιάδα, in Efimerida ton Syntakton. URL consultato il 25 giuugno 2023.
  5. ^ (EL) Υπό διάλυση η Χρυσή Αυγή – Ανεξαρτητοποιήθηκε ο Λαγός, su sofokleousin.gr. URL consultato il 25 giugno 2023.
  6. ^ (EL) Γι’ αυτό έφυγε ο Κασιδιάρης, in Efimerida ton Syntakton. URL consultato il 25 giugno 2023.
  7. ^ (EL) Χρυσή Αυγή: Η αποχώρηση Κασιδιάρη είναι το κερασάκι στην «τούρτα» της αποσύνθεσης, in Ethnos, 21 maggio 2020. URL consultato il 26 giugno 2023.
  8. ^ (EL) Ο Κασιδιάρης γυρνά την πλάτη στο Μιχολολιάκο και ιδρύει με βίντεο νέο κόμμα, su skai.gr. URL consultato il 26 giugno 2023.
  9. ^ (EL) Νέο κόμμα ανακοίνωσε ο Ηλίας Κασιδιάρης, in Proto Thema, 21 maggio 2020. URL consultato il 26 giugno 2023.
  10. ^ (EL) Newsroom, Νέο εθνικιστικό κόμμα ιδρύει ο Ηλίας Κασιδιάρης, su cnn.gr, 21 maggio 202. URL consultato il 23 giugno 2023.
  11. ^ (EL) Η.Κασιδιάρης: Πρώτη παρουσίαση των στελεχών του κόμματος ‘ΕΛΛΗΝΕΣ για την Πατρίδα’, su pronews.gr. URL consultato il 25 giugno 2023.

Die Rechte

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Die Rechte
(DE) La Destra
 
PresidenteChristian Worch
Stato  Germania
SedeThusneldastr. 3
44149 Dortmund
Fondazione27 maggio 2012
IdeologiaNeonazismo
Ultranazionalismo
Pangermanismo
Anti-immigrazione
CollocazioneEstrema destra
Seggi Bundestag
0 / 709
Seggi Europarlamento
0 / 96
Sito webdie-rechte.net/
 
Bandiera del partito

Die Rechte (lett. "La Destra"), ufficialmente e tradotto La Destra - Partito per il Referendum, la Sovranità e la Protezione della Patria (in tedesco: Die Rechte - Partei für Volksabstimmung, Souveränität und Heimatschutz) è un partito politico tedesco di estrema destra. È stato fondato da Christian Worch nel 2012 per competere con il Partito Nazionaldemocratico di Germania (NPD), il partito di estrema destra più popolare in Germania. Il partito attira principalmente membri e voti dall'Unione Popolare Tedesca (DVU), che si è fusa nell'NPD nel 2011,[1][2][3] e desidera diventare un'alternativa credibile nel panorama politico tedesco. Alla fine del 2013 contava 494 membri.[4]

Programma e ideologia

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Christian Worch, fondatore e presidente del partito

Christian Worch, suo fondatore e presidente dal 2012 al 2017, proviene da una famiglia nazista. Suo padre era un membro delle Waffen-SS e sua nonna avrebbe aiutato Klaus Barbie a fuggire.

Il programma del partito si basa principalmente sul programma del defunto partito dell'Unione Popolare Tedesca, ma è stato aggiornato e modernizzato. Tra le idee principali ci sono “la conservazione dell'identità tedesca”, "l'abolizione della tolleranza verso gli stranieri" e "la protezione delle persone contro gli attacchi" che mettono in discussione il funzionamento dell'Unione europea.

I suoi funzionari eletti a Dortmund hanno chiesto un elenco di quartieri con una popolazione ebraica e hanno cercato di scoprire il numero di persone sieropositive nella loro città. Alcuni dei suoi membri organizzano le cosiddette pattuglie di “autodifesa” in presunti luoghi di frequentazione di omosessuali, nonché intorno alle abitazioni dei richiedenti o sui mezzi pubblici.

Die Rechte è considerata dai servizi segreti tedeschi un'organizzazione la cui ideologia e attività rientrano nel movimento neonazista.

Ambizioni del partito

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Il partito cerca di diventare un'alternativa sostenibile al Partito Nazionaldemocratico di Germania. Non ha avuto ambizioni per le elezioni federali del 2013 dove ogni partito ha dovuto ottenere almeno il cinque per cento per entrare al governo, ma piuttosto per le elezioni europee del 2014 durante le quali questo ostacolo era stato recentemente abolito dalla Corte costituzionale federale.

Nome del partito

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Il nome del partito è fortemente ispirato al partito tedesco Die Linke, letteralmente La Sinistra. Christian Worch sottolinea che ci deve essere un partito di destra con questo nome, se esiste già un partito di sinistra.

  1. ^ (DE) Die Ziele der "Sonstigen", su tagesschau.de.
  2. ^ (DE) Nicht nur Sachsen: Alte und neue Rechtsextreme in Deutschland, su dw.com, 5 settembre 2018.
  3. ^ (DE) DIE RECHTE – Wer sie ist, was sie will, su endstation-rechts.de, 14 giugno 2014.
  4. ^ (DE) Rechtsaußen auf verlorenem Posten, in Die Tageszeitung, 10 febbraio 2014. URL consultato il 28 giugno 2023.

Free Dom

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Free Dom
LeaderCamille e Margie Sudre
SedeSaint-Denis
Fondazione1992
IdeologiaPopulismo di sinistra
Indipendentismo
Socialismo
CollocazioneSinistra[1]

Free Dom è un partito politico reunionese di sinistra, vicino al Partito Comunista Riunionese, fondato nel 1996 dai coniugi dottori Camille e Margie Sudre.

Il suo stemma è una colomba bianca che prende il volo, simbolo di amore e libertà.

Nel 1981 Camille Sudre e sua moglie Margie fondano Radio Free Dom.[2] Non esitando a trasmettere reclami e programmi che permettessero ai single di incontrarsi in prima serata, questa stazione radio ebbe un tale successo che il fondatore decise di creare contemporaneamente un canale televisivo, pochi anni dopo.

Télé Free Dom, però, fu subito dichiarata illegale e condannata dal Conseil supérieur de l'audiovisuel, che le negò il diritto di trasmissione.[3][4] Questa decisione, percepita come un'imbavagliamento della voce popolare, scatenò a Saint-Denis nel febbraio 1991 una serie di scontri tra i giovani e la CRS, oggi conosciuti come gli "Eventi del Chaudron".[5][6]

Consapevole dell'esistenza del malessere nella Riunione, Camille Sudre creò contemporaneamente un movimento politico chiamato sempre Free Dom e riuscì ad essere eletto alla carica di presidente del Consiglio regionale della Riunione grazie ad un programma incentrato sull'uguaglianza sociale con la Francia metropolitana, nel 1992. L'anno successivo, il Consiglio di Stato annullò le elezioni a causa del superamento del conteggio dei voti e furono organizzate nuove elezioni.[7][8]

Sua moglie subentrò alla guida dell'istituzione, ma presto si allontanò dalle opinioni politiche del marito per avvicinarsi alla destra ed entrare a far parte del governo Juppé nel 1995. Il movimento Free Dom continuò a esistere senza di lei, rimanendo vicino al Partito Comunista Riunionese fino ad oggi, i due partiti insieme formano la piattaforma elettorale Alleanza per la Riunione.

  1. ^ (FR) Laurent de Boissieu, FreeDom, su france-politique.fr, 30 dicembre 2011.
  2. ^ (FR) Valérie Parlan, Toutes les voix de La Réunion au micro de Radio Free Dom, in Ouest France, 4 aprile 2024. URL consultato il 3 luglio 2024.
  3. ^ (FR) Télé Free-DOM défie la loi depuis cinq ans, in Le Monde, 27 febbraio 1991. URL consultato il 3 luglio 2024.
  4. ^ (FR) Le CSA se refuse à légaliser Télé Free-DOM, in Les Echos, 28 marzo 1991. URL consultato il 3 luglio 2024.
  5. ^ (FR) Histoire(s) radiophonique(s), su www.radios.peuleux.fr. URL consultato il 3 luglio 2024.
  6. ^ (FR) Archives d'Outre-mer : il y a trente ans, les émeutes du Chaudron à la Réunion, su la1ere.francetvinfo.fr, 28 febbraio 2021. URL consultato il 3 luglio 2024.
  7. ^ (FR) Vous reprendrez bien un peu de Sudre?, su lexpress.fr, 16 giugno 1993. URL consultato il 3 luglio 2024.
  8. ^ (FR) La Réunion : l'épouse de Camille Sudre conduira la liste Free DOM aux élections régionales, in Le Monde, 29 maggio 1993. URL consultato il 3 luglio 2024.

Alleanza per la Patria

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Alleanza per la Patria (in romeno Alianța pentru Patrie, ApP, precedentemente nota come PAINE) è stato un partito politico nazionalista rumeno.

Il partito è stato fondato il 19 settembre 2021 da Codrin Ștefănescu con la collaborazione di Liviu Dragnea, che è stato presidente del Partito Social Democratico (PSD) tra il 2015 e il 2019, prima di essere incriminato e condannato al carcere. Dragnea non ha ricoperto alcuna posizione nel partito, poiché gli è stato vietato di ricoprire cariche politiche fino al 2024.

Dragnea ha spiegato di aver concordato con Ștefănescu l'idea di fondare un proprio partito nell'ottobre 2020 e nel maggio 2021, il partito è stato registrato per la prima volta in tribunale da altre quattro persone. Il 15 luglio 2021 Dragnea è stato scarcerato anticipatamente e ha in seguito mosso critiche al PSD, affermando che questi non era un partito di opposizione efficace e che si è reso responsabile della sua destituzione. Dragnea ha aggiunto che se dovesse tornare in politica ricoprendo qualsiasi posizione, avrà bisogno di persone con cui lavorare e non ha escluso che fonderà un proprio partito.

La formazione politica si è fusa nel Partito della Forza di Identità Nazionale, guidato dall'ex ministro Ilan Laufer, il 1° dicembre 2023.

Repubblicanesimo nazionale

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Il nazional-repubblicanesimo o repubblicanesimo nazionale è una tendenza politica francese, che afferma che lo stato-nazione è il quadro insuperabile della repubblica e della democrazia. Di conseguenza, si oppone alla costruzione europea sovranazionale ea un forte decentramento dello Stato. Questa corrente politica può essere definita repubblicana, giacobina e sovranista.

In Francia, il nazional-repubblicanesimo è apparso con la caduta dei regimi comunisti in Europa, “che ha portato alla caduta delle logiche binarie di appartenenza politica che hanno strutturato il mondo alla fine del dopoguerra”. Senza fare riferimento alla Repubblica, L'Idiot international partecipa all'emergere dell'ideologia nazional-repubblicana secondo la quale "il confronto, o il compromesso, tra capitalismo e comunismo, è superato in una nuova alleanza che restituisce la sua centralità al quadro nazionale". Un primo confronto con il nazional-repubblicanesimo è rintracciabile in particolare nella personalità di Max Gallo e nella prima vicenda del velo a scuola, a Creil nel 1989.

Nel 2001, Étienne Balibar osservava la progressione e l'“ufficializzazione” del nazional-repubblicanesimo attraverso “la gestione autoritaria del 'problema immigrazione'”, a destra come a sinistra e in particolare sotto il governo di Lionel Jospin.[1]

Nazional-repubblicani francesi

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I nazional-repubblicani francesi sono rappresentati da Nicolas Dupont-Aignan e dal suo partito gollista Debout la France, il Rassemblement National (ex Front National) presieduto da Marine Le Pen, I Patrioti di Florian Philippot, il Movimento Repubblicano e Cittadino e in misura minore La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon.

  1. ^ (FR) Étienne Balibar, Nous, citoyens d'Europe ?, La Découverte, 2001, p. 324, ISBN 978-2-7071-3460-8.

Bibliografia

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Unitarismo (politica)

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L'unitarismo designa varie teorie, concetti o politiche che sostengono o impongono un sistema di governo completamente unificato e centralizzato, con l'obiettivo finale di creare uno stato unitario. In pratica, l'unitarismo si manifesta spesso come dottrina o movimento politico all'interno di entità politiche complesse (confederazioni, federazioni e altre unioni politiche), sostenendo il più alto grado di integrazione e unificazione politica, al di là della mera centralizzazione amministrativa.

Uno degli obiettivi principali degli unitaristi politici (fautori dell'unitarismo) è quello di abolire o sopprimere sostanzialmente tutte le forme di autogoverno e autonomia regionale, trasferendo i poteri degli stati confederati, delle unità federali, delle regioni autonome o dei cantoni direttamente al governo centrale . L'unitarismo e la regionalizzazione sono spesso confuse rispettivamente con la centralizzazione e il decentramento.

Storicamente, complessi processi di unità politica sono stati spesso accompagnati da lotte politiche tra i fautori dell'unitarismo e della centralizzazione radicale, ei loro oppositori, che sostenevano il decentramento e il regionalismo. Nella storia politica, questo tipo di lotta politica era molto frequente, fin dai tempi antichi. Uno degli esempi più famosi di resistenza locale all'unitarismo politico in epoca classica fu il conflitto interno tra l'antica Atene e altre città-stato federate all'interno della Lega di Delo.

Nella storia moderna, uno degli esempi più notevoli di unitarismo politico fu la creazione del Regno di Gran Bretagna attraverso gli Atti di Unione nel 1701, e successivamente la creazione del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda con gli Atti di Unione nel 1800.

Uno degli obiettivi pratici dell'unitarismo politico è quello di creare una legislatura unica, con poteri legislativi esclusivi sull'intero territorio di uno stato. Attraverso il processo di unitarismo politico, le regioni locali all'interno di uno stato unitario emergente sono private di qualsiasi forma di contratto con il governo centralizzato. Pertanto, i restanti poteri regionali, se ce ne sono vengono messi da parte, non sono protetti essendo radicati nella costituzione dello stato unitario; possono essere ulteriormente ridotti, o completamente aboliti, dagli atti del governo.

Bibliografia

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Voci correlate

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Collegamenti esterni

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Nazionalismo belga

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Simbolo nazionalista belga

Il nazionalismo belga, chiamato anche belgicanesimo, è un'ideologia nazionalista. Nella sua forma moderna favorisce il rovesciamento del federalismo e la creazione di uno Stato unitario in Belgio. Lo storico Henri Pirenne è noto per aver abbondantemente alimentato questa corrente ideologica attraverso le sue opere.

Le persone che vi aderiscono sono spesso chiamate belgicani.

Correnti

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Grande Belgio

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Questa corrente molto influente alla fine della prima guerra mondiale, difendeva il ritorno ai confini precedenti al trattato dei XXIV articoli del 1839, o addirittura l'annessione delle regioni confinanti francesi e tedesche.[1]

Pierre Nothomb, la figura principale del Comité de politique nationale, è il principale animatore del movimento nazionalista.[2]

Unitarismo

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Il movimento unitarista sostiene l'abolizione delle regioni e delle comunità create durante le successive riforme dello Stato. Gli unitaristi vogliono tornare allo Stato unitario che è progressivamente scomparso a partire dal 1970.[3]

Il principale partito politico unitario belga è la Belgische Unie - Union Belge.

Federalismo unitario

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Questa corrente legata all'unità del paese sostiene lo status quo istituzionale. Rifiuta qualsiasi cambiamento istituzionale che possa portare al confederalismo o alla separazione del Belgio e si impegna anche a mantenere la monarchia.

Organizzazioni nazionaliste

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Partiti politici

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Associazioni

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  • Comité de politique nationale
  • Pro Belgica
  • B Plus

Giornali

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Critiche

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I critici accusano queste correnti di negare le identità regionali e le specificità delle comunità che compongono il paese, riconoscendo solo un'identità belga agli abitanti del Belgio.

I partiti politici apertamente belgi non hanno vinto nessuna elezione; Il nazionalismo belga rimane molto più debole del nazionalismo fiammingo.[4]

  1. ^ (FR) Les rêves d’une Grande Belgique (1916-1921) | Connaître la Wallonie, su connaitrelawallonie.wallonie.be. URL consultato il 21 luglio 2023.
  2. ^ (FR) Comité de Politique nationale (CPN) - NEVB Online, su nevb.be. URL consultato il 21 luglio 2023.
  3. ^ (FR) Fin de la Belgique unitaire | Connaître la Wallonie, su connaitrelawallonie.wallonie.be. URL consultato il 21 luglio 2023.
  4. ^ (FR) LES PARTIS PRO-BELGES ATTEIGNENT UN SCORE HISTORIQUEMENT ELEVE – BELGISCHGEZINDE PARTIJEN BEHALEN HISTORISCH HOGE SCORE, su unionbelge.be.

Voci correlate

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  • Nazionalismo fiammingo - ideologia che chiede una maggiore autonomia o indipendenza per le Fiandre
  • Nazionalismo vallone - ideologia che chiede una maggiore autonomia o indipendenza per la Vallonia
  • Rattachismo - ideologia che chiede la separazione della Vallonia e la sua incorporazione nella Francia
  • Grandi Paesi Bassi - ipotetico sistema politico che incorpora Fiandre e Paesi Bassi.
  • Flamingante - termine originariamente peggiorativo per gli aderenti al movimento fiammingo

Willy-Brandt-Haus

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Willy-Brandt-Haus
 
Willy-Brandt-Haus, sede della SPD
Localizzazione
Stato  Germania
LocalitàBerlino
Informazioni generali
CondizioniIn uso
Costruzione1993-1995
Inaugurazione1996
Realizzazione
ArchitettoHelge Bofinger
ProprietarioPartito Socialdemocratico di Germania

Willy-Brandt-Haus è la sede del Partito Socialdemocratico di Germania situata nel quartiere berlinese di Kreuzberg all'incrocio tra Wilhelmstraße 140 e Stresemannstraße 28.

L'edificio prende il nome da Willy Brandt, presidente della SPD dal 1964 al 1987 e cancelliere della Germania dal 1969 al 1974.

Dopo la riunificazione tedesca, il Bundestag e il governo federale trasferirono la loro sede a Berlino. Di conseguenza, l'SPD decise di trasferire il prima possibile la propria sede dall'Erich-Ollenhauer-Haus di Bonn a una nuova sede nella capitale della Germania unita.[1]

Nel 1992 la direzione del partito acquistò un terreno di 3.225 m² in Wilhelmstraße, vicino alla sede SPD prebellica berlinese in Lindenstraße 3, che perse nel 1933 dopo la presa del potere da parte dei nazisti. Nel 1993 è stata posta la prima pietra, opera di Helge Bofinger. La sede diventerà attiva tre anni dopo e nel 1999 l'SPD si trasferirà a Berlino.[1]

Nel cortile del palazzo si trova una scultura in bronzo di Rainer Fetting raffigurante Brandt. Una copia più piccola della stessa scultura fu collocata nel parco a lui intitolato a Stoccolma.[2]

  1. ^ a b (DE) Parteizentrale im Spiegel der Geschichte, su willy-brandt-haus.de (archiviato dall'url originale il 16 aprile 2013).
  2. ^ (DE) Organisation, su spd.de (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2013).

Voci correlate

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Nazionalismo britannico

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La Union Jack, oltre ad essere la bandiera del Regno Unito, funge anche da simbolo comune utilizzato dai nazionalisti britannici

Il nazionalismo britannico è un'ideologia nazionalista che afferma che i britannici costituiscono una nazione e promuove l'unità culturale di essi, in una definizione di britannicità che può includere persone di origine inglese, scozzese, gallese e nordirlandese. Il nazionalismo britannico è strettamente associato all'unionismo britannico, il quale sostiene l'unione politica del Regno Unito o il rafforzamento dei legami tra le sue nazioni.

L'identità unificante del nazionalismo britannico deriva dagli antichi britannici che vivevano sull'isola di Gran Bretagna. Il nazionalismo britannico crebbe fino a includere persone al di fuori della Gran Bretagna come in Irlanda, a causa del Crown of Ireland Act 1542, che affermava che la corona d'Irlanda doveva essere detenuta dal monarca regnante inglese, così come gli appelli anglo-irlandesi per l'unità con la vicina isola.

Modernità

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Il nazionalismo britannico si caratterizza come una "forza potente ma ambivalente nella politica britannica". Nella sua forma moderata, il nazionalismo britannico è stato caratterizzato dal nazionalismo liberale, il quale sottolineava sia la coesione che la diversità del popolo del Regno Unito, delle sue dipendenze e delle sue ex colonie. Tuttavia, in seguito si è affermato un nazionalismo nativista come risposta alla paura che la Gran Bretagna sarebbe stata sopraffatta dagli immigrati; questo nazionalismo nativista anti-immigrati si è manifestato politicamente nel Partito Nazionale Britannico (BNP) e in altri movimenti nazionalisti nativisti. Politici, come l'ex primo ministro britannico David Cameron, hanno cercato di promuovere il nazionalismo britannico come causa progressista.

Bibliografia

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  • Anglo-Scottish Relations from 1900 to Devolution and Beyond, in Proceedings of the British Academy, vol. 128, Oxford University Press, 2005, ISBN 978-0-19-726331-0.
  • Alexander J. Motyl, Encyclopedia of Nationalism, Volume II, Academic Press, 2001, ISBN 0-12-227230-7.
  • Michael Smith, Steve Smith e Brian White, British foreign policy: tradition, change, and transformation, Routledge, 1988, ISBN 978-0-04-327081-3.

Voci collegate

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Unionismo nel Regno Unito

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Il Regno Unito è composto da quattro nazioni costitutive: Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord
 
La Union Jack, oltre ad essere la bandiera del Regno Unito, funge anche da simbolo dell'unionismo britannico

L'unionismo nel Regno Unito, noto anche come unionismo britannico, è una posizione politica volta a promuovere l'unione delle varie nazioni costitutive (Inghilterra, Scozia, Galles, Irlanda del Nord) di questo regno in un unico stato.

Nascita del Regno Unito

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Il Regno Unito come lo si conosce oggi è stato creato dalla fusione dei tre ex regni storici delle isole britanniche: il Regno d'Inghilterra, il Regno di Scozia e il Regno d'Irlanda.

In primo luogo, la fusione tra il Regno di Scozia e il Regno d'Inghilterra nel 1707 creò il Regno di Gran Bretagna. Poi, nel 1801, il Regno d'Irlanda si unì al Regno di Gran Bretagna per formare il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda.

Nel 1922 l'Irlanda si separò dal Regno Unito, il sud dell'isola divenne indipendente, il nord rimase sotto la sovranità britannica.

Unità del Regno Unito nel XXI secolo

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All'inizio del XXI secolo, il Regno Unito è ancora composto dalle sue quattro nazioni costituenti: Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda del Nord.

Nel 2007 il Partito Nazionale Scozzese è salito al potere in Scozia. Questo partito è apertamente indipendentista e vuole la divisione della Scozia dal Regno Unito. Lo status della Scozia e molti altri argomenti sono fonti di tensione tra lo Partito Nazionale Scozzese e il governo britannico.

Pochi anni dopo, nel 2014, il Partito Nazionale Scozzese ha ottenuto la consultazione di un referendum sull'indipendenza della Scozia da Londra. Il referendum sull'indipendenza viene votato sfavorevolmente dal 55% della popolazione scozzese e la Scozia rimane, a questa data, parte integrante del Regno Unito.

Nel 2016, a due anni dal referendum scozzese, arriva la Brexit. La Brexit viene respinta dalla maggioranza di scozzesi e nordirlandesi, ma approvata dalla maggioranza di inglesi e gallesi. Un totale del 51,9% dei britannici ha votato per lasciare l'Unione europea.

Di conseguenza, il popolo del Regno Unito non è mai stato così combattuto su questioni così importanti. Inoltre, la metà dei cittadini britannici oggi crede che il Regno Unito potrebbe scomparire entro 4 anni con l'eventuale indipendenza della Scozia e l'Irlanda del Nord che si unirà all'Irlanda del Sud, per formare un unico paese all'interno di quest'isola, anche se la maggioranza dei nordirandesi desidera effettivamente rimanere nel Regno Unito.

Dopo la Brexit, lo spettro dell'indipendenza scozzese è riemerso. Il Partito Nazionale Scozzese vuole una Scozia indipendente nell'Unione europea.

Durante la crisi del COVID, il primo ministro scozzese Nicola Sturgeon ha continuato a chiedere un nuovo referendum a Londra. Il governo britannico ha rifiutato categoricamente, assicurando che il Regno Unito deve concentrarsi sul rilancio della sua economia dopo due anni di crisi sanitaria e che un tale voto può essere fatto solo "una volta ogni generazione".

Nel maggio 2022, il partito Sinn Féin ha vinto in Irlanda del Nord, questo partito sostiene in particolare la riunificazione con l'Irlanda del Sud. Ciò metterebbe ulteriormente a rischio l'unionismo e l'unità del Regno Unito.

Voci correlate

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Realista

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Un realista è colui che sostiene un particolare monarca come capo di stato, un particolare regno o un particolare pretendente dinastico. In astratto, questa posizione è propriamente detta realismo. È distinto dal monarchismo, il quale sostiene un sistema di governo monarchico, ma non necessariamente un particolare monarca. Molto spesso, il termine monarchico viene associato a un sostenitore di un regime al governo o di uno che è stato recentemente rovesciato per formare una repubblica.

Nel Regno Unito, il termine è oggi quasi indistinguibile da "monarchico" poichè non ci sono significativi pretendenti al trono rivali. Al contrario, nella Francia del XIX secolo, un monarchico poteva essere un legittimista, un bonapartista o un orléanista, essendo tutti monarchici.

Regno Unito

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Durante la guerra civile russa , i realisti costituivano una parte dell'Armata Bianca. Jugoslavia Durante e soprattutto verso la fine della seconda guerra mondiale in Jugoslavia , i realisti cetnici sostenevano il re esiliato di Jugoslavia.

Jugoslavia

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Durante e soprattutto verso la fine della seconda guerra mondiale in Jugoslavia, i realisti cetnici sostenevano l'esiliato re di Jugoslavia.

Francia

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Giappone

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  • Nanboku-cho Seijunron (南北朝正閏論) – Il dibattito sulla legittimità nel periodo Nanboku-cho. Le dinastie del sud e del nord sono in conflitto; l'attuale imperatore fa parte della dinastia del nord.
  • Tenno Kikan Setsu (天皇機関説) – Basato sulla teoria della personalità giuridica dello Stato rappresentata dallo studioso tedesco di diritto pubblico Georg Jelinek, lo studioso costituzionale Minobe Tatsukichi e altri hanno sostenuto questa teoria.
  • Tenno Shuken Setsu (天皇主権説, Teoria della sovranità imperiale) – Hozumi Yatsuka, Uesugi Shinkichi e altri si opposero al Tenno Kikan Setsu e sostennero che la sovranità era dell'imperatore.
  • Tennosei (天皇制) o kokutai (国体) – Nel Giappone moderno, tutti i partiti politici, ad eccezione del Partito Comunista Giapponese (JCP), riconoscono il Sistema imperiale. Negli ultimi anni, anche il JCP ha lasciato da parte la sua opposizione al sistema imperiale, allineandosi alle idee della maggioranza della popolazione che lo riconosce.
  • Antimonarchismo (Tennōsei haishiron (天皇制廃止論) ) - Alcuni estremisti di sinistra chiedono l'abolizione del sistema imperiale, ma la maggior parte del popolo giapponese riconosce l'imperatore e il sostegno a questo è infinitesimale.

Paesi Bassi

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Portogallo

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Miguelista, un sostenitore del re Michele


Potenziale riadesione del Regno Unito all'Unione europea

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Il Regno Unito in arancione; l'Unione europea (27 stati membri) in blu

A seguito del referendum del 2016, il Regno Unito è uscito dall'Unione europea alla fine di gennaio 2020. Da quando ha lasciato l'UE, numerose organizzazioni di sondaggi hanno condotto sondaggi per valutare l'opinione pubblica in merito al rientro nell'organizzazione. L'andamento dei dati dei sondaggi mostra che, nel tempo, il sostegno alla Brexit è diminuito, mentre l'opinione pubblica nel Regno Unito si è gradualmente spostata a favore del rientro nell'UE (totale o parziale, come l'adesione al mercato unico europeo).[1]

Nel 2016 si è svolto un Referendum sulla permanenza del Regno Unito nell'Unione europea, in seguito all'approvazione da parte del parlamento dell'anno precedente dell'European Union Referendum Act.[2][3] La maggior parte dei partiti politici, inclusi Labour e Liberal Democratici, ha sostenuto la permanenza nell'Unione europea, mentre il Partito Conservatore al governo è rimasto neutrale, con il primo ministro David Cameron a favore della permanenza del Regno Unito nell'Unione europea. La maggioranza degli elettori ha sostenuto l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea, con il 51,9% che ha votato a favore dell'uscita e il 48,1% a favore della permanenza. Cameron si è dimesso ed è stato succeduto da Theresa May e, successivamente, da Boris Johnson, entrambi i quali hanno negoziato i termini dell'uscita del Regno Unito dall'Unione europea. L'uscita del Regno Unito dall'Unione europea ha portato a due elezioni generali anticipate nel 2017 e nel 2019 e ha dominato la politica britannica fino al 31 gennaio 2020, quando è terminata l'appartenenza del paese all'Unione europea.

Nel settembre 2023, migliaia di persone hanno partecipato a una marcia a Londra per chiedere al Regno Unito di rientrare nell'UE.[4] Sempre nel settembre 2023, Francia e Germania hanno proposto una ristrutturazione dell'appartenenza all'UE per consentire al Regno Unito di rientrare come membro associato, piuttosto che come membro a pieno titolo.[5] L'appartenenza associata includerebbe l'appartenenza al mercato unico europeo ma non all'unione doganale dell'UE, in cambio della partecipazione alla Corte di giustizia europea e del contributo al bilancio dell'UE.[6] La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha espresso il suo sostegno al rientro del Regno Unito nell'UE.[7] Nel settembre 2023 Keir Starmer, leader del Partito laburista e ora Primo ministro del Regno Unito, ha escluso la possibilità che il Regno Unito rientrasse nell'UE sotto un governo laburista guidato da Starmer.[8]

Processo

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Il potenziale allargamento dell'Unione europea è disciplinato dall'articolo 49 del Trattato di Maastricht. Se il Regno Unito chiedesse di rientrare nell'UE, dovrebbe presentare domanda e ottenere il sostegno unanime degli Stati membri dell'UE per le sue condizioni di candidatura.[9] Nel gennaio 2020, il politologo Anthony Salamone ha scritto che il sostegno degli Stati membri richiederebbe "una maggioranza significativa, stabile e duratura dell'opinione pubblica a favore del rientro", suggerendo che un sostegno costante del 60% sarebbe un minimo plausibile.[9] I nuovi termini negoziati potrebbero anche richiedere la partecipazione del Regno Unito all'Eurozona e all'area Schengen, oltre a offrire meno concessioni rispetto a quelle che il Regno Unito ha ricevuto in precedenza come membro.[9] Qualsiasi concessione richiesta al momento dell'adesione richiederebbe il sostegno unanime degli Stati membri e una maggioranza nel Parlamento europeo.[10]

  1. ^ (EN) Jon Stone, Brexit: This is how Britain could actually rejoin the EU, in The Independent, 22 giugno 2023. URL consultato il 2 settembre 2025.
  2. ^ (EN) EU referendum: MPs support plan for say on Europe, in BBC News, 9 giugno 2015. URL consultato il 2 settembre 2025.
  3. ^ (EN) The Public Whip — European Union Referendum Bill — Third Reading - 7 Sep 2015 at 24:28, su publicwhip.org.uk. URL consultato il 2 settembre 2025.
  4. ^ (EN) Barney Davis Barney, Brexit, berets and interpretive dance - how thousands marched to demand UK rejoin the EU, in Independent, 23 settembre 2023. URL consultato il 2 settembre 2025.
  5. ^ (EN) Joe Barnes, Britain touted as future 'associate member' of EU, in The Telegraph, 19 settembre 2023. URL consultato il 2 settembre 2025.
  6. ^ (EN) Archie Mitchell e Kate Devlin, Brexit: UK could rejoin EU as an 'associate member, in The Independent, 20 settembre 2023. URL consultato il 2 settembre 2025.
  7. ^ (EN) Andy Bounds, Rishi Sunak dismisses talk of Britain rejoining the EU, in Financial Times, 29 novembre 2023. URL consultato il 2 settembre 2025.
  8. ^ (EN) Selena Sykes, Pro-EU supporters march for Britain to rejoin the European Union, su France24, 23 settembre 2023. URL consultato il 2 settembre 2025.
  9. ^ a b c (EN) Membership 2.0: what the UK rejoining the EU would involve, su blogs.lse.ac.uk, 23 gennaio 2020. URL consultato il 2 settembre 2025.
  10. ^ (EN) Article 49: rejoining the EU, su instituteforgovernment.org.uk, 17 luglio 2020. URL consultato il 2 settembre 2025.

Conferenza di Rhöndorf

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La Conferenza di Rhöndorf fu un incontro tra i politici della CDU e della CSU dopo le elezioni federali del 1949, tenutosi il 21 agosto 1949 nella casa del futuro cancelliere Konrad Adenauer.

Dopo le elezioni federali del 1949, Konrad Adenauer invitò il 21 agosto 1949 i dirigenti della CDU/CSU a casa sua nel quartiere Rhöndorf di Honnef per discutere della situazione che si venne a creare dopo le elezioni federali del 14 agosto 1949. Si trattò di un incontro informale, presieduto da Adenauer presso la sua abitazione; fu lo stesso Adenauer ad occuparsi degli inviti. All'inizio il comitato riunito concordò sul fatto che in quel occasione non si sarebbero potute prendere decisioni ufficiali. Tra i presenti c'erano Ludwig Erhard e Franz Josef Strauss. Non furono invitati, tra gli altri, i noti sostenitori di una grande coalizione come Karl Arnold.[1]

Nonostante l'influenza di Adenauer nella discussione, inizialmente prevalsero le posizioni su una grande coalizione.[2] Secondo i suoi sostenitori, i compiti della neonata Repubblica federale erano così difficili che potevano essere adempiuti solo con uno sforzo congiunto tra i grandi partiti. Adenauer sottolineò il contrasto tra lo slogan vincente della campagna elettorale di un'"economia di mercato" e le idee socialdemocratiche di un'economia controllata dallo Stato. Le posizioni di Adenauer trovarono pieno sostegno in Ludwig Erhard, che rifiutò l'incarico di ministro dell'economia in un governo di grande coalizione.

Quando, dopo una lunga discussione, i partecipanti si allontanarono dal dialogo sulla grande coalizione, Adenauer si mise al lavoro. Fece un calcolo con i partecipanti sui partiti borghesi (CDU/CSU, FDP e DP) secondo il quale, il risultato elettorale obbligava la CDU/CSU ad attuare su questa base una politica orientata ad economia di mercato.[3]

Secondo gli appunti di Gebhard Müller, fu lo stesso Adenauer a dichiarare il suo desiderio di diventare cancelliere.[4] Lo stesso Adenauer aveva parlato in anticipo di ciò con il suo medico, il quale gli suggerì che avrebbe potuto svolgere l'incarico per "un anno o due". Come presidente federale fu proposto Theodor Heuss della FDP.

Alla fine dell'incontro Adenauer ebbe la meglio su tutti i punti. Anche se mancava ancora la conferma formale da parte dei comitati dei partiti, la decisione a favore della piccola coalizione era di fatto presa.

  1. ^ (DE) Hans-Peter Schwarz, Adenauer: Der Aufstieg, 1876–1952, Stuttgart, DVA, 1986, p. 624–625.
  2. ^ (DE) Hans-Peter Schwarz, Adenauer: Der Aufstieg, 1876–1952, Stuttgart, DVA, 1986, p. 625.
  3. ^ (DE) Hans-Peter Schwarz, Adenauer: Der Aufstieg, 1876–1952, Stuttgart, DVA, 1986, p. 626.
  4. ^ Appunti di Gebhard Müller sulla conferenza di Rhöndorf del 21 agosto 1949. In: Udo Wengst, Auftakt zur Ära Adenauer. Koalitionsverhandlungen und Regierungsbildung 1949 (= Quellen zur Geschichte des Parlamentarismus und der politischen Parteien, Reihe 4: Deutschland seit 1945, Band 3). Droste, Düsseldorf 1985, ISBN 3-7700-5126-2, S. 33–41, hier p. 40–41.


Scandali delle donazioni alla CDU

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Lo scandalo delle donazioni alla CDU è stato uno scandalo politico derivante da forme illegali di finanziamento dei partiti utilizzate dall'Unione Cristiano-Democratica tedesca (CDU) durante gli anni '90. Tra queste, vi fu, l'accettazione di donazioni nascoste, la mancata divulgazione delle donazioni in denaro, la gestione di conti bancari segreti e bonifici bancari illegali da e verso banche straniere.

Lo scandalo fu scoperto alla fine del 1999 e rimase l'argomento dominante del dibattito politico e della copertura mediatica in Germania per diversi mesi. La Gesellschaft für deutsche Sprache scelse il termine Schwarzgeldaffäre (letteralmente "affare del denaro nero", ovvero "scandalo dei guadagni illeciti") come parola tedesca dell'anno 2000. I sondaggi d'opinione condotti dall'Istituto di demoscopia di Allensbach suggerirono che nel novembre 1999 (prima che lo scandalo diventasse noto), la CDU avrebbe dovuto ricevere circa il 45% dei voti popolari in un'ipotetica elezione federale tedesca. Nel febbraio 2000, questo valore crollò al 31%.

Di conseguenza, due delle figure di spicco della CDU degli anni '80 e '90, Helmut Kohl e Wolfgang Schäuble, persero la loro influenza politica, mentre Angela Merkel e Roland Koch emersero come i più potenti politici conservatori tedeschi.

Cronologia

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Accordo di Lussemburgo

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Nahum Goldman firma il «Trattato di riparazione tra Israele e Germania Ovest» nel 1952.

L'Accordo di Lussemburgo, noto anche come Accordo sulle riparazioni fu un accordo internazionale concluso il 10 settembre 1952 a Lussemburgo, tra Israele e la Repubblica Federale di Germania, sulla base del quale le parti concordarono, tra l'altro, che la Repubblica Federale di Germania avrebbe pagato un totale di 3,45 miliardi di DM (ca. 820-845 milioni di dollari in rate annuali) in rate annuali. I destinatari dovevano essere: lo Stato di Israele (3 miliardi di DM) e la Conferenza sulle rivendicazioni ebraiche (450 milioni di DM). L'accordo è stato firmato dal ministro degli Affari esteri israeliano, Moshe Sharett, Nahum Goldmann (presidente del Congresso ebraico mondiale, in rappresentanza dell'Agenzia ebraica, e dal cancelliere della Repubblica Federale di Germania, Konrad Adenauer).[1]

L'accordo entrò in vigore il 27 marzo 1953, dopo il completamento dei processi di ratifica in entrambi i paesi (nel caso di Israele l'approvazione dell'accordo era responsabilità del governo, nel caso della Germania - del Bundestag).

Tecnicamente, l'accordo di Lussemburgo non fu un trattato di riparazione (Israele e Germania non erano in guerra poichè Israele non esisteva durante la seconda guerra mondiale), ma un accordo per compensare i costi dell'integrazione degli immigrati ebrei dalla Germania e dai territori occupati dai tedeschi in Israele.

Elementi degli accordi di Lussemburgo:

a) Accordo tedesco-israeliano: la parte tedesca stabilisce l'obbligo di fornire a Israele beni e servizi per un importo di 3 miliardi di DM in rate annuali. Il completamento delle consegne e l'esecuzione del contratto da parte della Germania avrà luogo nel 1965. I fornitori saranno, di regola, entità tedesche, ad eccezione di quelle per la fornitura del petrolio, che Israele potrà importare dalla Gran Bretagna fino ad un importo non superiore al 30% del rate annuali (limiti);

b) Protocollo n. 1 - La Conferenza sulle rivendicazioni ebraiche invita il governo tedesco, e lo stesso si impegna, ad adottare un diritto interno adeguato che consenta alle vittime del Terzo Reich di far valere direttamente i loro diritti al risarcimento e alla restituzione dei beni perduti durante la persecuzione attraverso mezzi giudiziari o amministrativi;[2]

c) Protocollo n. 2 - La Germania accetterà di pagare alla Conferenza sulle rivendicazioni ebraiche 450 milioni di DM (circa 100-107 milioni di dollari), che dovranno essere stanziati a beneficio delle vittime ebree del nazismo in conformità con le priorità stabilite dall'organizzazione, e che, in linea di principio, dovranno andare a beneficio delle persone che vivevano fuori Israele. La Germania trasferirà a Israele un importo di 450 milioni di marchi, a rate e in contanti, e Israele, in qualità di fiduciario, trasferirà i fondi alla Conferenza sulle rivendicazioni ebraiche.

  1. ^ (DE) Ohne Händedruck, in Spiegel Online, 17 settembre 1952. URL consultato il 3 settembre 2025.
  2. ^ (DE) ^ Accordo tra lo Stato di Israele e la Repubblica Federale di Germania Archiviato il 1º novembre 2019 in Internet Archive., Bundesanzeiger Verlag

Collegamenti esterni

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Ufficio franco-tedesco per la gioventù

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Ufficio franco-tedesco per la gioventù
(FR) Office franco-allemand pour la Jeunesse
(DE) Deutsch-Französisches Jugendwerk
 
 
Ufficio OFAJ a Berlino in occasione dell'annuale Festa della musica a Berlino
AbbreviazioneOFAJ / DFJW
TipoOrganizzazione internazionale autonoma
Fondazione1963
Sede centrale  Parigi
Altre sedi  Berlino, Saarbrücken
DirettoreSegretari generali
- Anne Tallineau
- Tobias Butow

L'Ufficio franco-tedesco per la gioventù (in francese: Office franco-allemand pour la JeunesseOFAJ, in tedesco: Deutsch-Französisches JugendwerkDFJW) è un'organizzazione che sovvenziona programmi per bambini, adolescenti e giovani adulti. Il suo obiettivo principale è intensificare le relazioni franco-tedesche attraverso lo scambio culturale di studenti.

L'Ufficio per la gioventù è stato una delle prime istituzioni create sulla base del Trattato dell'Eliseo firmato nel 1963 a Parigi.

L'ufficio aveva originariamente sede a Rhöndorf vicino a Bonn, allora capitale della Germania Ovest. Nel dicembre 2000 gli ultimi dipendenti si sono trasferiti da lì.[1] Oggi ha sede a Parigi, ha una sede principale in Germania a Berlino e una filiale, aperta nel 2014, a Saarbrücken.[2]

Dal 1963 l'organizzazione ha finanziato progetti per 9,5 milioni di giovani tedeschi e francesi attraverso la partecipazione a 382.000 programmi di scambio. Nel 2021 ha organizzato 3310 eventi con circa 68.000 partecipanti.

Il finanziamento è stato aumentato insieme alle decisioni prese sull'annuale Consiglio ministeriale franco-tedesco. È considerato una pietra angolare per porre fine ai secoli di ostilità franco-tedesca.

  1. ^ (DE) Heike Hamann, "Der Blick auf den Drachenfels wird uns fehlen", in General-Anzeiger, 17 dicembre 2000. URL consultato l'8 agosto 2023.
  2. ^ (DE) Gerd Heger, Deutsch-französisches Jugendwerk öffnet Saarbrücker Büro, in Saarländischer Rundfunk, 14 gennaio 2014. URL consultato l'8 agosto 2023 (archiviato dall'url originale l'8 aprile 2014).

Voci correlate

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Donal J. Trump Presidential Library

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Donald J. Trump Presidential Library
 
Ubicazione
Stato  Stati Uniti
Caratteristiche
TipoBiblioteca presidenziale

La Donald J. Trump Presidential Library è la biblioteca presidenziale statunitense che sarà dedicata al 45° presidente Donald Trump.

Il 20 gennaio 2021, l'ultimo giorno di Trump come Presidente degli Stati Uniti, è stato annunciato che sarebbe stata costruita una biblioteca presidenziale a suo nome, simile ai suoi predecessori in carica.[1] A partire da settembre 2021, i piani ufficiali per l'istituzione della biblioteca non sono ancora stati annunciati.

I piani di costruzione

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Come per altre biblioteche presidenziali, è necessario finanziare e trovare una struttura per la biblioteca ancor prima che gli archivi nazionali degli Stati Uniti prendano la biblioteca sotto i propri auspici.[2]

Secondo il Washington Post, nell'ultima settimana del suo mandato, Trump i suoi sostenitori hanno pianificato di istituire una biblioteca e un museo in Florida che saranno gestiti dall'ex vice capo di gabinetto della Casa Bianca, Dan Scavino.[3]

Secondo il piano, la biblioteca sarà costruita con l'aiuto di un finanziamento di circa 2 miliardi di dollari da parte dei sostenitori dell'ex presidente.

Recensione

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Un altro riferimento del giornale alla biblioteca intitolata a Trump riguarda il critico di architettura e arte dello stesso giornale, Philip Kennicott,il quale ha affermato che non è consigliabile costruire la biblioteca poichè si teme che Trump la utilizzi per sbiancare e glorificare la sua immagine.[4]. L'affermazione di Kennicott è stata criticata e respinta da uno dei più importanti sostenitori di Trump, Rosh Limbaugh.[5]

Alla biblioteca è legata un sito parodia. Sul sito parodia ancor prima di quello ufficiale della biblioteca, viene descritto che la biblioteca sarà inaugurata insieme a una mostra in memoria degli americani morti nell'epidemia di Coronavirus e includerà una mostra permanente di armi, oltre alla quale sarà allestita una galleria nel luogo in cui i tweet dall'account Twitter dell'ex presidente sono stati visualizzati.

  1. ^ (EN) Home | Donald J. Trump Presidential Library, su www.trumplibrary.gov. URL consultato il 27 giugno 2023.
  2. ^ (EN) Zachary B. Wolf, The President might want Trump World, but he needs a real library, su cnn.com, 19 gennaio 2021. URL consultato il 27 giugno 2023.
  3. ^ (EN) Philip Rucker, Trump to flee Washington and seek rehabilitation in a MAGA oasis: Florida, in The Washington Post, 16 gennaio 2021. URL consultato il 27 giugno 2023.
  4. ^ (EN) Philip Kennicott, Trump wants a library. He must never have one, in The Washington Post, 28 gennaio 2021. URL consultato il 27 giugno 2023.
  5. ^ (EN) Mayank Aggarwal, Trump supporters furious over column saying ex-president shouldn't have presidential library, in The Independent, 5 febbraio 2021. URL consultato il 27 giugno 2023.

Wolfgang Schnur

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Wolfgang Schnur
 
Wolfgang Schnur al congresso del neofondato partito Risveglio Democratico il 16 dicembre 1989 a Lipsia

Presidente di Risveglio Democratico
Durata mandato16 dicembre 1989 –
14 marzo 1990
Predecessorefondazione partito
SuccessoreRainer Eppelmann

Dati generali
Partito politicoRisveglio Democratico
Titolo di studioLaurea in giurisprudenza
UniversitàUniversità Humboldt di Berlino
ProfessioneAvvocato, agente della Stasi

Wolfgang Schnur (Stettino, 8 giugno 1944Vienna, 16 gennaio 2016) è stato un avvocato e politico tedesco orientale. Schnur fu uno dei fondatori e il primo leader del partito Risveglio Democratico (DA), fondato nel 1989 durante il periodo denominato Die Wende (lo sconvolgimento politico pacifico nella DDR, che portò alla caduta del Muro).[1][2]

Nella Repubblica Democratica Tedesca

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Come avvocato rappresentò diversi partiti d'opposizione contro la DDR. Successivamente emerse che dal 1965 al 1989 era stato un Inoffizieller Mitarbeiter (IM) (impiegato non ufficiale) della Stasi.[1][3]

Wolfgang Schnur nominò Angela Merkel addetto stampa di Risveglio Democratico.

Nella Germania riunificata

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Nel 1993 Schnur perse la licenza di avvocato. Nel 1996 fu condannato a un anno di reclusione con sospensione della pena per le sue attività nella DDR.

  1. ^ a b (DE) Wolfgang Schnur: Der Mann, der Angela Merkel entdeckte, ist tot - SPIEGEL ONLINE - Politik, su Spiegel Online. URL consultato il 31 dicembre 2023.
  2. ^ (DE) Ingrid Brekke, Stasis mann, in Angela Merkel. Et europeisk drama, Oslo, Kagge forlag, 2016, ISBN 9788248918424.
  3. ^ (DE) Bundesgerichtshof bestätigt Entscheidung: Schnur verliert Zulassung, in Berliner Zeitung. URL consultato il 31 dicembre 2023 (archiviato dall'url originale il 7 marzo 2016).

Voci correlate

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Predecessore Presidente di Risveglio Democratico Successore  
fondazione partito 16 dicembre 1989 – 14 marzo 1990 Rainer Eppelmann


Sihame El Kaouakibi

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Sihame El Kaouakibi
 

Membro del Parlamento fiammingo
In carica
Inizio mandato26 maggio 2019
Legislatura2019-2024
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoIndipendente
(dal 2021)
In precedenza:
Open Vld
(2019-2021)
Titolo di studio
  • Master in scienze della comunicazione
  • Laurea in formazione degli insegnanti
Università
ProfessioneImprenditrice sociale

Sihame El Kaouakibi (Boom, 9 luglio 1986) è una politica, imprenditrice e attivista belga di origine marocchina. Imprenditrice sociale e attivista per i diritti dei giovani, nel 2009 è stata fondatrice e fino al 2021 direttrice dell'ex progetto per la città e la danza Let's Go Urban (LGU). Nel 2019 è stata eletta deputata per l'Open Vld nel Parlamento fiammingo. L'8 aprile 2021, El Kaouakibi ha lasciato l'Open Vld dopo essere stata accusata di coinvolgimento in uno scandalo di truffa. Da allora è diventata una politica indipendente all'interno del parlamento.

Biografia

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Gioventù e formazione

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El Kaouakibi è cresciuta a Boom come penultima di una famiglia di sette figli di origine marocchina. Tra il 2005 e il 2008 si è formata come insegnante presso l'Artesis Hogeschool Anntwerp. Successivamente, tra il 2008 e il 2013, ha conseguito un master in scienze dell'educazione presso la Vrije Universiteit Brussel.

Imprenditrice sociale

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El Kaouakibi ha lavorato come imprenditrice sociale, sviluppando concetti per organizzazioni, istituzioni governative e aziende nell'ambito dei temi delle culture giovanili (ad esempio cultura urbana e di strada), sviluppo e occupazione giovanile, innovazione sociale e urbanizzazione. Nel 2009 ha fondato Let's Go Urban, nel 2013 Youth and Urban Projects e nel 2014 A Woman's View. Nel 2013, secondo il settimanale Knack, è stata una delle trenta donne più forti che hanno cambiato il mondo.

Sihame El Kaouakibi è stata, su raccomandazione del deputato della N-VA Luk Lemmens e su suggerimento del deputato Eric Antonis, membro e presidente del comitato dei progetti culturali (sovra-locali) della provincia di Anversa dal 2013 al 2018. Il comitato ha fornito pareri e deliberato sull'assegnazione di sussidi culturali per i progetti di Let's Go Urban e di altre organizzazioni concorrenti.

Alla fine del 2014, El Kaouakibi è stata nominata dall'Open Vld membro del consiglio di amministrazione della Vlaamse Radio- en Televisieomroeporganisatie (VRT).

Dal 2014, Sihame El Kaouakibi è stato spessa scelta come ambasciatrice della città di Anversa. Nell'estate del 2014, nel contesto del centenario della prima guerra mondiale, è stata la madrina del programma commemorativo Antwerp '14-'18, in cui un ponte di barche temporaneo sulla Schelda è divenuto uno dei simboli salienti del programma. In questa veste, ha ricevuto - insieme all'attore Herbert Flack che era il padrino - la coppia reale durante la loro visita ad Anversa.

All'inizio del 2017, El Kaoukibi è diventata uno degli undici nuovi ambasciatori di Climate Case, un'organizzazione senza scopo di lucro che cerca di far rispettare legalmente gli impegni sul trattato dei governi belgi in materia di politica climatica in tribunale. Dal 2018, El Kaouakibi è anche membro della giuria dello Stadsmarketingfonds, un fondo che fornisce sostegno finanziario ai progetti degli stakeholder, i quali aggiungono valore alla città di Anversa su scala "internazionale".

Carriera politica

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Nel 2019, Sihame El Kaouakibi si è unita al partito Open Vld in cui figurava al secondo posto nella lista dello stesso per le elezioni del Parlamento fiammingo del 2019 nella circoscrizione elettorale di Anversa.[1] È stata eletta con più di 10.000 voti di preferenza.[2]

Il suo partito partecipa alla coalizione di governo con i nazionalisti fiamminghi della N-VA e i democristiani della CD&V.

Nel parlamento regionale, Sihame El Kaouakibi si è impegnata a svolgere le sue funzioni in visione di ciò che ha definito come libertà e cultura individuale, inclusività nell'istruzione e lotta contro la discriminazione, il sessismo e il razzismo.[3]

Si è distinta nel Parlamento fiammingo andando ripetutamente contro la linea della maggioranza di governo alla quale apparteneva il suo partito. Fin dal suo primo discorso in parlamento, ha dichiarato "…ovviamente ho molte difficoltà su alcuni punti dell'accordo di coalizione" e nel giugno 2020 è stata l’unica nella maggioranza a votare a favore della mozione dei partiti SP.a, Verdi e PvdA sull'introduzione di prove pratiche per individuare eventuali discriminazioni.

Nel 2020, ha denunciato sui social network gli attacchi razzisti e sessisti di cui è stata vittima e ha invitato le donne che si trovano nella stessa situazione a utilizzare l'hashtag #WeesLuider, appello ampiamente diffuso.[4] · [5]

All'inizio del 2021 ha preparato la sua candidatura per le elezioni municipali del 2024, ad Anversa, contro il sindaco uscente Bart De Wever.[6]

Vita privata

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Sihame El Kaouakibi ha una relazione con Erika Xuan Nguyen, che è anche la sua socia in affari.

  1. ^ (NL) Redactie MLS, Open Vld heeft met Sihame El Kaouakibi wit konijn beet in Antwerpen, in De Morgen, 20 febbraio 2019. URL consultato il 20 gennaio 2024.
  2. ^ (NL) tp/fvd, ‘Er staat ons nog iets te wachten vóór we in die harmonieuze samenleving wonen’: racisme in Vlaanderen, in De Morgen, 19 giugno 2019. URL consultato il 20 gennaio 2024.
  3. ^ (NL) Filip Rogiers e Matthias Verbergt, foto di Fred Debrock, Sihame El Kaouakibi, luis in de pels van de meerderheid. 'Ik zal nooit hard worden in de politiek', in De Standaard. URL consultato il 20 gennaio 2024.
  4. ^ (FR) Joyce Azar, Pourquoi l’affaire El Kaouakibi passionne le nord du pays, su daardaar.be, 24 febbraio 2021. URL consultato il 21 gennaio 2024.
  5. ^ (FR) Michaël Bouche, Lassée d’être la victime de réactions racistes et sexistes, cette élue de l’Open VLD brise le silence, su 7sur7.be, 5 marzo 2020.
  6. ^ (NL) Ann De Boeck e Bruno Struys, De politieke krachten achter Sihame-gate, in De Morgen, 1° marzo 2021. URL consultato il 21 gennaio 2024.


Christian Worch

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Christian Worch
 
Christian Worch nel 2013

Presidente di Die Rechte
Durata mandato2012 –
2017

Dati generali
Partito politicoDie Rechte

Christian Worch (Amburgo, 14 marzo 1956) è un politico tedesco tra le figure più importanti della scena neonazista nazionale.[1].

Attivista condannato in più occasioni, è funzionario di vari gruppi di estrema destra, organizzatore e relatore in diverse manifestazioni nazionaliste. Dal 2012 al 2017 è stato presidente del partito di estrema destra Die Rechte.[2][3]

Biografia

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Nel 1974 Worch divenne membro dell'organizzazione Hansabande ad Amburgo, insieme a Michael Kühnen. Il gruppo deturpava i cimiteri ebraici, attaccava persone di sinistra e stranieri,[4] e negava l'Olocausto. Il gruppo tramutò gradualmente nell'Actionsfront Nationaler Sozialisten/Nationale Aktivisten (ANS) nel 1977. Worch e Kühnen mantennero stretti legami con la Wiking-Jugend.

Kühnen fu arrestato nel 1979 e Worch assunse la guida dell'ANS. Nel 1980 è stato perseguito per il suo attivismo politico, ricevendo una condanna a tre anni di reclusione, nonostante fosse stato difeso dall'avvocato neonazista Jürgen Rieger durante il processo. Nel 1983 l'organizzazione fu bandita, Worch entrò quindi a far parte del Partito dei Lavoratori Tedeschi Liberi (FAP) e ne divenne il suo vicepresidente. È entrato anche a far parte della Nationale Liste (Lista Nazionale), sin dalla sua fondazione nel 1989 e diventato membro attivo del suo comitato esecutivo. Ha diretto la rivista, Index, fino al settembre 1991.

Dopo la morte di Kühnen nel 1991, Worch, insieme a Winfried Arnulf Priem e Gottfried Küssel, rilevò l'attività del Gesinnungsgemeinschaft der Neuen Front (GDNF); ciò gli causò una condanna a due anni di libertà vigilata nel 1994. Ha dovuto trascorrere questo periodo in prigione a partire dal febbraio 1996 poichè l'ANS/NA ha continuato le sue attività nonostante fosse stato bandito, ma è stato rilasciato all'inizio del 1997.

Per un breve periodo negli anni '90, Worch ha avuto stretti rapporti con il Partito Nazionaldemocratico di Germania (NPD). In un'intervista, ha difeso la sua collaborazione con il partito, affermando che "l'NPD, come partito, ovviamente, è solo un mezzo per diffondere la nostra visione del mondo". Tuttavia, da allora ha preso le distanze da quest'ultimo.

Nel 2012 ha fondato ed è diventato presidente del partito di estrema destra Die Rechte, rimanendo tale fino al 2017. Nel 2021 è diventato nuovamente presidente del partito.

  1. ^ (DE) NPD-Vize Rieger tot, su tagesschau.de, 29 ottobre 2009. URL consultato il 1° luglio 2023.
  2. ^ (DE) “Die Rechte” verliert Vorsitzenden - Störungsmelder, su zeit.de, 2 novembre 2017. URL consultato il 1° luglio 2023.
  3. ^ (DE) Worch : Seit Jahrzehnten in der Szene aktiv / NDR.de - Regional - Doss…, su archive.fo, 12 aprile 2013. URL consultato il 1° luglio 2023..
  4. ^ (DE) "Netzwerk, Gegen Rechtsextremismus, für Toleranz und Menschenwürde": Drahtzieher im braunen Netz: Christian Worch e "Kulturinitiative Detmold e.V": Redebeitrag am 20.01.2007 auf der Mahnwache in Obernkirchen anlässlich der erneuten Schändung des Jüdischen Friedhofs in der Silvesternacht, URL consultato il 1° luglio 2023.

Jürgen Rieger

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Jürgen Rieger

Jürgen Rieger (Blexen, 11 maggio 1946Berlino, 29 ottobre 2009) è stato un avvocato e politico tedesco neonazista, vicepresidente del Partito Nazionaldemocratico di Germania dall'ottobre 2009[1] fino alla morte e negazionista dell'Olocausto[2][3].

Rieger è stato condannato per pestaggio, incitamento all'odio e utilizzo di simboli proibiti.[4]

È entrato a far parte dell'NPD nel 2006 ed è diventato presidente della sezione di Amburgo nel 2007. Per molti anni ha lavorato presso l'Artgemeinschaft - Comunità di fede germanica di uno stile di vita adatto alla natura.[2]

È stato una figura importante all'interno dell'NPD, grazie alle sue cospicue donazioni al partito, per un totale di 500.000 euro. Rieger è stato al centro di una serie di importanti azioni, in particolare delle processioni commemorative regolari in memoria di Rudolf Hess.

Il 29 ottobre 2009, Rieger è morto a Berlino per un ictus.[4][5]

  1. ^ (DE) Sven Röbel, NPD-Mann Rieger im Krankenhaus, in Spiegel online, 27 ottobre 2009. URL consultato il 1° luglio 2023 (archiviato dall'url originale il 30 ottobre 2009).
  2. ^ a b (DE) Ein Verehrer Hitlers, in Die Tageszeitung, 19 aprile 2009. URL consultato il 1° luglio 2023 (archiviato dall'url originale il 3 novembre 2009).
  3. ^ (EN) German neo-Nazi 'youth camp' shut down. URL consultato il 1° luglio 2023 (archiviato dall'url originale il 2 giugno 2010).
  4. ^ a b (DE) NPD-Politiker Jürgen Rieger ist tot, Norddeutscher Rundfunk, 29 ottobre 2009. URL consultato il 1° luglio 2023 (archiviato dall'url originale il 3 ottobre 2010).
  5. ^ (DE) NPD-Vizechef Rieger ist tot. URL consultato il 1° luglio 2023 (archiviato dall'url originale il 6 maggio 2012).

John Tyndall (politico)

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John Tyndall

Presidente del Partito Nazionale Britannico
Durata mandato7 aprile 1982 –
27 settembre 1999
ViceRichard Edmonds
Predecessorefondazione partito
SuccessoreNick Griffin

Presidente del Fronte Nazionale
Durata mandato1972 –
1974
PredecessoreJohn O'Brien
SuccessoreJohn Kingsley Read

Durata mandato1976 –
1980
PredecessoreJohn Kingsley Read
SuccessoreAndrew Bons

Leader del Movimento della Gran Bretagna
Durata mandato1964 –
1967
Predecessorecarica creata
Successorecarica abolita[1]

Dati generali
Partito politicoPartito Nazionale Britannico (1982-2005)
In precedenza:
Lealisti della Lega dell'Impero (1954-1957)
Partito Laburista Nazionale (1957-1960)
Partito Nazionale Britannico (1960-1962)
Movimento Nazionalsocialista (1962-1964)
Movimento della Gran Bretagna (1964-1967)
Fronte Nazionale (1967-1980)
Nuovo Fronte Nazionale (1980-1982)

John Hutchyns Tyndall (Exeter, 14 luglio 1934Hove, 19 luglio 2005) è stato un politico e attivista britannico di estrema destra noto per aver guidato sia il Fronte Nazionale che il Partito Nazionale Britannico.[2].

Biografia

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John Tyndall è nato a Exeter, Devon, il 14 luglio 1934. Figlio del custode della St George's House, un hotel YMCA a Southwark, è cresciuto a Londra. È imparentato con il famoso traduttore biblico William Tyndale ed è pronipote di John Tyndall, il fisico irlandese i cui antenati erano emigrati nella contea di Waterford in Irlanda nel XVI secolo.

Carriera politica

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Tyndall iniziò la sua carriera politica con i Lealisti della Lega dell'Impero alla fine degli anni '50, dove incontrò per la prima volta AK Chesterton che in seguito avrebbe formato il Fronte Nazionale. Tuttavia, i Lealisti della Lega dell'Impero erano troppo liberali per le posizioni del giovane Tyndall, che presto lasciò il gruppo e formò la prima incarnazione del Partito Nazionale Britannico. Questo partito non si sviluppò nella direzione che Tyndall aveva sperato, per questo insieme a Colin Jordan formò il Movimento Nazionalsocialista nel 1962. Nell'NSM divenne responsabile del gruppo chiamato Spearhead, un nome che Tyndall in seguito ha utilizzato per vari progetti di giornali in cui è stato coinvolto.

Dopo un paio d'anni da convinto nazista, si avvicinò al neonato Fronte Nazionale, il quale mostrava un grande potenziale nell'attrarre un gruppo più ampio di persone. Ha ripulito la sua immagine e il suo passato assumendo la guida di questo partito. Ha mantenuto la presidenza del Fronte Nazionale per quasi tutti gli anni '70 ma è stato sconfitto dopo lo scarso risultato elettorale del 1979.

Dopo essere stato costretto a lasciare il partito, ha aderito nuovamente al Partito Nazionale Britannico che ha guidato fino al 1999, quando è subentrato Nick Griffin. Successivamente ha pubblicato articoli sulla sua rivista Spearhead dove ha spesso attaccato Griffin. È morto nella sua casa nel Sussex il 19 luglio 2005, pochi giorni prima di essere processato per istigazione della folla.

  1. ^ Assorbito nel Fronte Nazionale.
  2. ^ (EN) BNP founder dead, in The Guardian, 19 luglio 2005. URL consultato il 2 luglio 2023.


Anh Dao Traxel

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Anh Dao Traxel (Saigon, 22 agosto 1957) è una scrittrice francese. È la "ragazza del cuore" (non adottata) accolta da Jacques e Bernadette Chirac all'età di 21 anni. È presidente dell'associazione Stella europea della devozione civile e militare.

Biografia

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Traxel è nata in Vietnam. Quinta di nove figli di un preside, dopo la caduta di Saigon durante la guerra del Vietnam, suo padre fu arrestato. Fuggì in esilio in barca e trascorse alcuni mesi in un campo profughi in Malesia. È stata trattata brutalmente durante la sua fuga.

Il 19 luglio 1979 arrivò all'aeroporto di Parigi-Orly insieme ad altri 250 profughi barcaioli. All'aeroporto Jacques Chirac si accorse della giovane donna spaventata e decise spontaneamente di accoglierla. Dopo aver parlato con un sacerdote che si prendeva cura dei vietnamiti, disse: "Di' alla piccola di smettere di piangere, la porto io a casa". In seguito ha consegnato alla giovane un fazzoletto bianco. Ha vissuto fino al 1981 con Chirac, sua moglie Bernadette e le loro figlie Laurence e Claude nell'appartamento del municipio di Parigi e nel castello privato della famiglia a Sarran. Chirac considerava la giovane come sua figlia adottiva, anche se non ha mai chiesto ufficialmente l'adozione poichè era già maggiorenne. Nei media francesi viene anche definita come la figlia adottiva di Chirac.[1][2]

Anh Dao Traxel si è sposata per la seconda volta con l'agente di polizia Marc Traxel e ha avuto quattro figli: Bernard, Laurence, Jacques e Cassandre. I nomi dei primi tre figli ricordano i coniugi Chirac e la loro primogenita. Anh Dao Traxel è presidente di un'organizzazione europea che si prende cura dei parenti dei dipendenti pubblici deceduti in servizio (Étoile européenne du dévouement civil et militaire).

Il suo libro La Fille de Cœur, pubblicato nel 2006, è stato controverso in Francia, soprattutto perché dava una un'immagine estremamente positiva del presidente. In esso viene descritta la sua fuga come un percorso "dall'inferno al paradiso" e la sua accettazione nella famiglia Chirac come una "rinascita nella libertà". Tuttavia, in un'intervista al quotidiano Var-Matin nel 2011, Traxel ha criticato Bernadette Chirac per non averla sostenuta abbastanza, e Claude Chirac, per averle "sempre voluto dare lezioni morali".[1]

Nel 2014 ha pubblicato un secondo libro sulle sue esperienze con la famiglia Chirac. A quel tempo non aveva più contatti già da due anni e soffriva per la rottura con Jacques Chirac. Ha affermato: "Mi manca l'amore di mio padre". Nel libro ha anche descritto i conflitti nella sua relazione con Bernadette e Claude Chirac. Ha affermato che è stata considerata parte della famiglia finché ciò è stato vantaggioso per l'immagine del politico e per la sua ascesa. Non gli è mai stato permesso di visitare il padre all'Eliseo dopo la sua elezione a presidente nel 1995, fatto che l'ha fatta soffrire molto. I suoi dipendenti le hanno fatto capire che Chirac ora aveva altre cose di cui preoccuparsi come presidente della Francia.[1] Il libro ha aumentato le tensioni tra le persone coinvolte. Successivamente la famiglia di Chirac si è indignata con Traxel dopo il suo commento pubblico riguardo il peggioramento della salute di Chirac.[1] Quando Chirac morì nel settembre 2019, Anh Dao Traxel non fu invitata alla cerimonia funebre.[2]

Onorificenze

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«Per il fedele impegno al servizio della Francia»
— 2009[3]
  1. ^ a b c d (FR) La fille adoptive des Chirac les accuse de l'avoir «utilisée à des fins électorales», in Le Figaro, 30 maggio 2014. URL consultato il 5 luglio 2024.
  2. ^ a b (FR) Anh Dao Traxel, la fille adoptive de Jacques Chirac n'était pas présente aux obsèques, su femmeactuelle.fr, 30 settembre 2019. URL consultato il 5 luglio 2024.
  3. ^ (FR) Cristophe Doré, Les insignes d'Anh-Dao, in Le Figaro, 6 giugno 2009. URL consultato il 6 luglio 2024.
  4. ^ (FR) Présidence de la République Ordre national du Mérite, su france-phaleristique.com.

Autobiografie

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Georges Marchais

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Georges Marchais
 
Georges Marchais nel 1981

Segretario generale del Partito Comunista Francese
Durata mandato17 dicembre 1972 –
29 gennaio 1994
PredecessoreWaldeck Rochet
SuccessoreRobert Hue
(segretario nazionale)

Deputato francese
Durata mandato2 aprile 1973 –
21 aprile 1997
PredecessoreMarie-Claude Vaillant-Couturier
SuccessoreClaude Billard
LegislaturaV, VI, VII, VIII, IX, X (Quinta Repubblica)
Gruppo
parlamentare
COM
CircoscrizioneV, VI, VII, VIII: 1ª della Valle della Marna
VIII, IX: Valle della Marna
IX, X: 11ª della Valle della Marna
Sito istituzionale

Europarlamentare
Durata mandato17 luglio 1979 –
24 luglio 1989
LegislaturaI, II
Gruppo
parlamentare
COM
Sito istituzionale

Dati generali
Partito politicoPartito Comunista Francese
(1947-1997)
ProfessioneMetalmeccanico, sindacalista
Firma 

Actionsfront Nationaler Sozialisten/Nationale Aktivisten

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Bandiera dell'ANS/NA

L'Aktionsfront Nationaler Sozialisten/Nationale Aktivisten (Fronte d'Azione dei Nazionalsocialisti/Attivisti NazionaliANS/NA) fu un'organizzazione neonazista tedesca occidentale.

L'organizzazione fu fondata nel novembre 1977 ad Amburgo-Wandsbek con il nome ANS da Michael Kühnen, recentemente licenziato dalla Bundeswehr a causa della sua attività politica. Questa organizzazione fu il successore della SA-Sturm Hamburg 8[1] di Amburgo e della Mai Freizeitvereins Hansa, nota anche come "banda Hansa", con la quale Kuhnen fu in contatto più volte negli ultimi mesi a causa delle attività neonaziste. Il principale punto d'incontro dell'ANS era ad Amburgo. Il 20 maggio 1978, l'ANS ha guadagnato notorietà a livello nazionale quando diversi membri sono apparsi pubblicamente con maschere da asino con cui negavano l'Olocausto.

Nel 1978-79 quasi tutti i dirigenti dell'ANS furono incarcerati. Il 15 gennaio 1983, l'ANS è stata fusa con il gruppo Nationale Aktivisten di Thomas Brehl nell'ANS/NA sotto la guida di Michael Kühnen. L'organizzazione si considerava una continuazione del NSDAP e della SA e ne aveva ereditato l'ideologia, compreso il sostegno alle leggi antisemite del Terzo Reich.

Il 24 novembre 1983, il ministro federale dell'interno ha vietato l'ANS/NA compresi i suoi sottogruppi Aktion Ausländerrückführung e Freundeskreis Deutsche Politik portando al suo scioglimento il 7 dicembre.[2] A quel tempo contava oltre 300 membri per lo più giovani.

Wiking-Jugend

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L'Oþalan sulla bandiera della Wiking-Jugend

La Wiking-Jugend (Gioventù VichingaWJ) fu un'organizzazione neonazista tedesca occidentale modellata sulla Hitlerjugend.

Nel 1952 il Partito Socialista del Reich (SRP) fu messo fuori legge insieme alla sua organizzazione giovanile, la Reichsjugend. I neonazisti in risposta entrarono a far parte di altre numerose organizzazioni collegate e frammentate, e l'ex Reichsjugend, la Vaterländischer Jungenbund e la Deutsche Unitarier-Jugend si fusero nella "Wiking-Jugend". Il gruppo era attivo nel Nuovo Ordine Europeo nazionalista paneuropeo, anche se lasciò questi nel 1955 per la questione dell'Alto Adige.

L'organizzazione fu fondata da Walter Matthaei, e da allora in poi assunse una tendenza dinastica, essendo guidata a sua volta da Raoul Nahrath, poi suo figlio Wolfgang, e poi suo figlio Wolfram.[1][2]

Fino al 1991, la sede della Wiking-Jugend era a Stolberg nella Renania. Dal 1991 al 1994 la sua sede è stata Berlino.

La Wiking-Jugend è stata dichiarata incostituzionale il 10 novembre 1994 dal Ministero degli interni della Renania Settentrionale-Vestfalia.[3]

  1. ^ (DE) Thomas Grumke e Bernd Wagner, Handbuch Rechtsradikalismus : Personen, Organisationen, Netzwerke : vom Neonazismus bis in die Mitte der Gesellschaft, Opladen, Leske + Budrich, 2002, ISBN 3-8100-3399-5, OCLC 50921274.
  2. ^ (DE) Stephan Braun, Alexander Geisler e Martin Gerster, Strategien der extremen Rechten: Hintergründe - Analysen - Antworten, Springer-Verlag, 17 novembre 2010, p. 384, ISBN 978-3-531-91708-5.
  3. ^ (DE) Verbot des Vereins Wiking-Jugend e.V., su recht.nrw.de, North Rhine-Westphalian Ministry of the Interior, 2 dicembre 1994. URL consultato il 2 luglio 2023.


Gesinnungsgemeinschaft der Neuen Front

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Gesinnungsgemeinschaft der Neuen Front (Comunità affini del Nuovo FronteGDNF) è un'organizzazione neonazista tedesca, attiva principalmente durante gli anni 90.

La GdNF è stata formata nel 1985 da Michael Kühnen, Thomas Brehl e Christian Worch dopo la messa al bando dell'Aktionsfront Nationaler Sozialisten/Nationale Aktivisten. La GdNF fu presto formalizzata come organizzazione. Era contraria all'influenza degli Stati Uniti, alla distruzione dell'ambiente e all'indebolimento della purezza razziale tedesca. L'organizzazione iniziò ad essere attiva anche in Austria.

Quando Kühnen si dichiarò gay nel 1986, una sezione del GdNF gli rimase fedele nella scissione risultante, sebbene un'altra fazione si unì al Partito dei Lavoratori Tedeschi Liberi. Tuttavia, il gruppo ha continuato a migliorare la sua base organizzativa nonostante questa battuta d'arresto, organizzando manifestazioni, addestramento paramilitare e la creazione di cellule nella Repubblica Democratica Tedesca. Ha anche cercato di costruire una rete di contatti internazionali con i quali ha collaborato su questioni militari, la diffusione della propaganda e la dispersione delle armi.

Dopo la morte di Kühnen nel 1991, la leadership della GdNF, che contava circa 400 membri attivi, passò a Worch, Winfried Arnulf Priem e al leader neonazista austriaco Gottfried Küssel. Tuttavia, senza Kühnen il gruppo andò in declino e si perse in una marea di gruppi simili che si formarono negli anni '90 a causa della crescente attenzione del governo per le attività neonaziste. Con Worch imprigionato nel 1996 e altre figure importanti come Thomas Brehl che hanno fondato i propri gruppi, la GdNF è gradualmente svanita nel nulla, sebbene non sia mai stata ufficialmente sciolta fino ad oggi.

Accordo di Lancaster House

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L'accordo di Lancaster House rappresenta una serie di accordi firmati il ​​21 dicembre 1979 a Lancaster House che pongono la base giuridica internazionale per l'indipendenza dello Zimbabwe dalla Gran Bretagna. Questo accordo ha posto anche fine al governo della minoranza bianca sotto Ian Smith, che aveva istituito lo stato indipendente non riconosciuto a livello internazionale della Rhodesia nel 1965. La Rhodesia non era riconosciuta ai sensi del diritto internazionale dalla maggior parte degli stati ed era soggetta a sanzioni tramite le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L'accordo, firmato nel dicembre 1979, includeva una Costituzione post-indipendenza, procedure transitorie e un cessate il fuoco. All'incontro dei rappresentanti riuniti vi erano le seguenti parti: governo del Regno Unito, Unione Nazionale Africana di Zimbabwe - Fronte Patriottico guidato da Robert Mugabe e Joshua Nkomo , ZAPU (Unione Popolare Africana di Zimbawe) e ZANU (Unione Popolare Africana di Zimbabwe) e il governo dello Stato provvisorio dello Zimbabwe-Rhodesia, rappresentato dal vescovo Abel Muzorewa e Ian Smith.[1]

L'accordo è stato firmato dopo una conferenza di tre mesi a Lancaster House nel quartiere londinese di St. James's.

Trattative

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La Conferenza, presieduta da Lord Carrington, Segretario di Stato per gli affari esteri e del Commonwealth, aprì le discussioni il 10 settembre 1979 fino al 15 dicembre 1979 dopo 47 sessioni plenarie. In questi negoziati, la conferenza raggiunse un accordo sui seguenti punti:

  • uno schema della Costituzione post-indipendenza
  • disposizioni per il periodo pre-indipendenza
  • un accordo di cessate il fuoco tra le parti in conflitto
  • un'amnistia per tutti i crimini commessi durante la guerra

Inoltre, è stato raggiunto un accordo sui seguenti punti:

  • accettazione dell'autorità del Governatore;
  • rispetto della Costituzione post-indipendenza;
  • rispetto degli accordi pre-indipendenza;
  • rispetto dell'accordo di cessate il fuoco;
  • conduzione di una campagna pacifica e senza intimidazioni;
  • rinuncia all'uso della forza per fini politici;
  • accettazione dell'esito delle elezioni.

La Costituzione post-indipendenza assegnerà ai bianchi il 20% dei seggi in Parlamento.

I negoziati di tre mesi condotti non sono riusciti a raggiungere un accordo sulla questione della riforma agraria. Mugabe rimase sotto pressione per il successo ottenuto e la questione della terra finì per diventare il "fallimento della conferenza". I governi britannico e statunitense si offrirono di acquistare terreni dai bianchi e fu istituito un fondo per risolvere la questione della terra dal 1980 al 1990. Inoltre, sono stati promessi aiuti per 630 milioni di sterline.

Il politico britannico Lord Christopher Soames è stato incaricato dell'implementazione dei risultati.

  1. ^ Preston, Matthew. Ending Civil War: Rhodesia and Lebanon in Perspective. p. 25

Relazioni bilaterali

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Relazioni tra Belgio e Uruguay
   
 
Mappa che indica l'ubicazione di Belgio e Uruguay

     Belgio

     Uruguay

Le relazioni bilaterali tra Belgio e Uruguay fanno riferimento ai rapporti diplomatici tra Belgio e Uruguay. Il Belgio ha un consolato onorario a Montevideo,[1] sotto la giurisdizione dell'ambasciata belga a Buenos Aires. L'Uruguay ha un'ambasciata a Bruxelles[2] (con lo stesso ambasciatore anche per il Lussemburgo).

Commercio e investimenti

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Esistono una serie di accordi bilaterali tra i due paesi:

La società belga Katoen Natie possiede un importante impianto di movimentazione container nel porto di Montevideo.[3]

Il Belgio sta diventando un importante partner commerciale dell'Uruguay.

Visite ufficiali

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Nel 2008, l'allora principe Filippo del Belgio visitò l'Uruguay, insieme a molti uomini d'affari belgi interessati a rafforzare le reciproche relazioni commerciali.[4]

Nell'ottobre 2011, il presidente dell'Uruguay José Mujica ha effettuato una visita ufficiale in Belgio.[5]

  1. ^ (EN) Belgian Consulate in Montevideo
  2. ^ (EN) Embassy of Uruguay in Brussels
  3. ^ (ES) Katoen Natie Terminal TCP
  4. ^ (ES) Príncipe de Bélgica en Uruguay, su lr21.com.uy, 9 ottobre de 2008. URL consultato il 12 agosto 2024.
  5. ^ (ES) Mujica viaja a Europa: inversiones y apoyo a la enseñanza terciaria, su lr21.com.uy, 7 ottobre 2011. URL consultato il 12 agosto 2024.

Relazioni bilaterali tra Regno Unito e Uruguay

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Relazioni tra Regno Unito e Uruguay
   
 
Mappa che indica l'ubicazione di Regno Unito e Uruguay

     Regno Unito

     Uruguay

Le relazioni bilaterali tra Regno Unito e Uruguay fanno riferimento alle relazioni diplomatiche tra il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord e la Repubblica Orientale dell'Uruguay.

Entrambi i paesi stabilirono relazioni diplomatiche immediatamente dopo l'indipendenza dell'Uruguay nel 1825.[1] Fondamentale per la costituzione dell'Uruguay come stato fu la Convenzione preliminare di pace del 1828, promossa attraverso la mediazione della diplomazia britannica.

Il Regno Unito ha svolto un ruolo importante nella storia dell'Uruguay fino alla fine della seconda guerra mondiale; in seguito, gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo sempre più importante.

Nel 2022, il primo ministro britannico Boris Johnson ha invitato il presidente uruguaiano Luis Lacalle Pou a colloquio a Downing Street. I due si sono incontrati il ​​23 maggio e hanno discusso dell'approfondimento dei legami commerciali e della rimozione delle barriere commerciali, nonché dell'invasione illegale dell'Ucraina da parte della Russia. Hanno anche discusso dei legami di sicurezza.[2]

  1. ^ (EN) South America and South Atlantic Islands, su fco.gov.uk, Foreign & Commonwealth Office, 12 luglio 2011. URL consultato il 12 agosto 2024 (archiviato dall'url originale il 28 ottobre 2012).
  2. ^ (EN) PM meeting with President Lacalle Pou of Uruguay: 23 May 2022, su gov.uk, UK Government, 23 maggio 2022. URL consultato il 12 agosto 2024.

Relazioni bilaterali tra Repubblica Dominicana e Uruguay

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Relazioni tra Repubblica Dominicana e Uruguay
   
 
Mappa che indica l'ubicazione di Repubblica Dominicana e Uruguay

     Repubblica Dominicana

     Uruguay

Le relazioni bilaterali tra Repubblica Dominicana e Uruguay fanno riferimento alle relazioni diplomatiche tra la Repubblica Dominicana e la Repubblica Orientale dell'Uruguay. Entrambe le nazioni sono membri della Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi, del Gruppo dei 77, dell'Organizzazione degli Stati Americani, dell'Organizzazione degli Stati ibero-americani e delle Nazioni Unite.

Durante la colonizzazione spagnola, entrambe le nazioni facevano parte dell'Impero spagnolo. Durante il periodo coloniale spagnolo, la Repubblica Dominicana era governata dalla Capitaneria generale di Santo Domingo e nel 1521 entrò a far parte del Vicereame della Nuova Spagna con sede a Città del Messico mentre l'Uruguay faceva parte del Vicereame del Río de la Plata ed era amministrato da Buenos Aires. Nel 1828, l'Uruguay ottenne l'indipendenza dopo la guerra argentino-brasiliana. Il 5 settembre 1945 entrambe le nazioni stabilirono relazioni diplomatiche.[1]

Entrambe le nazioni partecipano a numerosi vertici multilaterali dell'America Latina e hanno avuto diversi incontri bilaterali di alto livello. Nell'agosto 2001, il presidente dominicano Hipólito Mejía ha effettuato una visita ufficiale in Uruguay e ha incontrato il presidente uruguaiano Jorge Batlle.[2] Nel novembre del 2002, il presidente uruguaiano Jorge Batlle si recò in visita nella Repubblica Dominicana.[3] Nell'agosto 2004, il presidente Batlle è tornato nella Repubblica Dominicana per partecipare all'inaugurazione del presidente dominicano Leonel Fernández.[4]

Accordi bilaterali

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Entrambe le nazioni hanno firmato numerosi accordi bilaterali come l'Accordo di cooperazione culturale (1988); l'Accordo di cooperazione scientifica e tecnica (2001); l'Accordo per l'esenzione dall'obbligo del visto per i titolari di passaporti diplomatici e ufficiali (2001); l'Accordo di cooperazione turistica (2001); il Memorandum d'intesa sulla cooperazione sui flussi migratori (2018); e il Memorandum d'intesa per la formazione di un gruppo di lavoro congiunto per la promozione del commercio, degli investimenti e della catena produttiva (2018).[5]

Missioni diplomatiche

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Relazioni bilaterali tra Argentina e Uruguay

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Relazioni tra Argentina e Uruguay
   
 
Mappa che indica l'ubicazione di Argentina e Uruguay

     Argentina

     Uruguay

Le relazioni bilaterali tra Argentina e Uruguay fanno riferimento alle relazioni diplomatiche tra la Repubblica Argentina e la Repubblica Orientale dell'Uruguay. La lunghezza del confine di stato tra i paesi è 541 km.[1]

Argentina e Uruguay costituivano il Vicereame del Rio de la Plata. Buenos Aires era la capitale del vicereame e la Banda Orientale era una provincia. Durante questo periodo, Buenos Aires e Montevideo dovettero affrontare due invasioni britanniche nel Rio de la Plata. Le invasioni continuarono dal 1806 al 1807, nel contesto delle guerre napoleoniche e dell'alleanza della Spagna con la Francia (guerra della quarta coalizione). Le invasioni possono essere divise in due fasi principali. La prima iniziò con la presa di Buenos Aires da parte dell'esercito britannico nel giugno 1806 e terminò con la sconfitta degli inglesi 46 giorni dopo. Nella seconda fase, nel febbraio 1807, i rinforzi britannici conquistarono Montevideo e a luglio tentarono di riconquistare Buenos Aires, ma furono sconfitti e costretti a capitolare. La resistenza attiva della popolazione locale portò a una serie di cambiamenti nella vita politica del vicereame e contribuì alla crescita della coscienza nazionale dei creoli; furono create unità militari locali; Tutto ciò creò i presupposti per la Rivoluzione di maggio del 1810 e la dichiarazione di indipendenza dell'Argentina il 9 luglio 1816.

Le neonate Province Unite del Rio de la Plata, formatesi nel 1810, si disintegreranno all'inizio del 1820. Il 6 febbraio 1826, il Congresso costituente di Buenos Aires adottò una legge che istituiva il governo della nazione e il 24 dicembre 1826 approvò la Costituzione dell'Argentina. L'Uruguay ottenne l'indipendenza dopo la guerra argentino-brasiliana, che si concluse con la vittoria degli argentini. Durante la guerra civile uruguaiana, l'Argentina fornì sostegno al Partito Nazionale, che fu sconfitto nella guerra. Entrambi i paesi erano alleati durante la guerra del Paraguay.

Dalla fine del XIX secolo, i paesi hanno mantenuto legami economici, culturali e politici molto stretti. Negli anni '60 ci fu un'impennata dell'emigrazione degli uruguaiani in Argentina. Oggi ci sono circa 120.000 persone con radici uruguaiane in quel paese; Nel 2005 è scoppiata una disputa diplomatica tra Argentina e Uruguay sulla costruzione da parte di quest'ultimo di fabbriche di pasta di legno sul fiume Uruguay, che è il confine tra i due paesi. I presidenti degli stati durante la crescente controversia erano Néstor Kirchner (Argentina) e Tabaré Vázquez (Uruguay). Durante il conflitto le relazioni diplomatiche, economiche e sociali tra le due parti divennero tese e la disputa colpì anche i flussi turistici e il trasporto merci, nonché altre relazioni bilaterali tra questi stati. L'inimicizia tra loro è stata descritta dalla stampa come senza precedenti, portando alla distruzione dei legami storici e culturali. Nel 2009, l'Uruguay ha negato alla Gran Bretagna il diritto di far atterrare aerei militari britannici sul territorio del paese durante i suoi voli verso le Isole Falkland e nel 2010 gli uruguaiani non hanno permesso alla nave da guerra britannica Gloucester di entrare nel porto di Montevideo.[2][3]

Missioni diplomatiche

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Il presidente dell'Argentina Alberto Fernández e il presidente dell'Uruguay Luis Lacalle Pou, nella residenza presidenziale di Parque Anchorena, novembre 2020.

Entrambi i paesi sono membri fondatori del Mercosur e membri a pieno titolo del Gruppo dei 77, del Gruppo di Rio, dell'Associazione latinoamericana di integrazione, dell'Associazione delle Accademie di Lingua Spagnola, dell'Organizzazione degli Stati ibero-americani, dell'Unione delle nazioni sudamericane e del Gruppo di Cairns.

  1. ^ (EN) The World Factbook, su cia.gov. URL consultato il 13 agosto 2024 (archiviato dall'url originale il 12 giugno 2007).
  2. ^ (ES) La Fraybentina: Las mentiras tienen patas cortas), su lafraybentina.com.uy. URL consultato il 13 agosto 2024 (archiviato dall'url originale il 30 aprile 2011).
  3. ^ (ES) Uruguay negó el ingreso a Montevideo de un barco británico que iba a Malvinas, in Clarín. URL consultato il 13 agosto 2024 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).

Ministero dell'agricoltura e dello sviluppo rurale (Albania)

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Ministero dell'agricoltura e dello sviluppo rurale
 
 
Nome originale(SQ) Ministria e Bujqësisë, Zhvillimit Rural dhe Administrimit të Ujërave
Stato  Albania
TipoMinistero
Istituito4 dicembre 1912
MinistroFrida Krifca (PSSH)
SedeTirana
IndirizzoPiazza Scanderbeg 4
Sito webbujqesia.gov.al

Dalla costituzione dell'ente, il Ministero dell'agricoltura è stato riorganizzato aggregando altri dipartimenti o accorpandosi con altri ministeri, cambiando più volte denominazione.

  • Ministero dell'agricoltura (1912– 1914)
  • Ministero dei lavori pubblici e dell'agricoltura (1921– 1925), (1927)
  • Ministero dell'agricoltura (1927-1928)
  • Ministero dell'agricoltura e delle foreste (1928– 1930)
  • Ministro Segretario di Stato per l'agricoltura e la silvicoltura (1943)
  • Ministero dell'agricoltura (1945– 1953)
  • Ministero dell'agricoltura e delle collezioni (1953– 1954)
  • Ministero dell'agricoltura (1954–1992)
  • Ministero dell'agricoltura e dell'alimentazione (1992– 1998)
  • Ministero dell'agricoltura (1998-2001)
  • Ministero dell'agricoltura e dell'alimentazione (2001– 2005)
  • Ministero dell'agricoltura, dell'alimentazione e della tutela dei consumatori (2005– 2013)
  • Ministero dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e dell'amministrazione delle risorse idriche (2013– 2017)
  • Ministero dell'agricoltura e dello sviluppo rurale (2017–presente)

Istituzioni subordinate

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  • Direzioni Agricoltura (13)
  • Direzione delle politiche delle produzioni agricole e del commercio
  • Direzioni di irrigazione e drenaggio (4)
  • Centri di trasferimento di tecnologie agricole (QTTB)
  • Autorità alimentare nazionale (AKU)
  • Agenzia per lo sviluppo agricolo rurale (AZHBR)
  • Istituto di veterinaria e sicurezza alimentare (ISUV)
  • Direzione del servizio della pesca e dell'acquacoltura
  • Agenzia nazionale del tabacco
  • Entità statale dei semi e alberelli
  • Istituto di ricerca tecnologica
  • Ispettorato statale delle acque
  • Agenzia per lo sviluppo delle regioni montane
  • Agenzie Ambientali Regionali
  • Agenzie di bacino idrico (6)

Elenco dei ministri (1912–presente)

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Ministro
Mandato
1 Pandeli Cale 4 dicembre 1912 15 settembre 1913
2 Hasan Prishtina 15 settembre 1913 10 ottobre 1913
3 Qemal Karaosmani novembre 1913 22 gennaio 1914
4 Aziz Vrioni 14 marzo 1914 20 maggio 1914
5 Abdi Toptani 28 maggio 1914 3 settembre 1914
* Sami Vrioni[1] 25 dicembre 1918 29 gennaio 1920
6 Spiro Jorgo Koleka 24 dicembre 1921 30 maggio 1923
7 Sejfi Vllamasi 30 maggio 1924 25 febbraio 1924
8 Kostaq Kotta 3 marzo 1924 27 maggio 1924
9 Qazim Koculi 16 giugno 1924 24 dicembre 1924
Kostaq Kotta 1° febbraio 1925 23 settembre 1925
10 Musa Juka 12 febbraio 1927 20 ottobre 1927
11 Ferid Vokopola 24 ottobre 1927 20 giugno 1928
Musa Juka 20 giugno 1928 5 marzo 1930
12 Jakov Milaj 12 febbraio 1943 28 aprile1943
* Nexhip Basha[2][3] 11 maggio 1943 10 settembre 1943
13 Gaqo Tashko 4 luglio 1945 4 luglio 1950
14 Iliaz Reka 5 luglio 1950 5 settembre 1951
15 Hysni Kapo 6 settembre 1951 5 giugno 1955
16 Maqo Çomo 6 giugno 1955 1° dicembre 1960
17 Peti Shamblli 1° dicembre 1960 28 dicembre 1965
18 Pirro Dodbiba 28 dicembre 1965 25 aprile 1976
19 Themie Thomai 25 aprile 1976 1° febbraio 1989
20 Pali Miska 2 febbraio 1989 21 febbraio 1991
21 Ahmet Osja 22 febbraio 1991 10 maggio 1991
22 Nexhmedin Numani 11 maggio 1991 6 dicembre 1991
23 Zyhdi Pepa 18 dicembre 1991 13 aprile 1992
24 Rexhep Uka 13 aprile 1992 5 aprile 1993
25 Petrit Kalakulla 7 agosto 1993 23 agosto 1993
26 Hasan Halili 23 agosto 1993 10 luglio 1996
27 Bamir Topi 11 luglio 1996 1° marzo 1997
28 Haxhi Aliko 11 marzo 1997 24 luglio 1997
29 Lufter Xhuveli 25 luglio 1997 6 settembre 2001
30 Agron Duka 6 settembre 2001 10 settembre 2005
31 Jemin Gjana 10 settembre 2005 17 settembre 2009
32 Genc Ruli 17 settembre 2009 15 settembre 2013
33 Edmond Panariti 15 settembre 2013 13 settembre 2017
34 Niko Peleshi 13 settembre 2017 17 gennaio 2019
35 Bledar Çuçi 17 gennaio 2019 17 dicembre 2020
36 Milva Ekonomi 18 dicembre 2020 18 settembre 2021
37 Frida Krifca 18 settembre 2021 in carica
  1. ^ Sami Vrioni ricoprì la carica di ministro delegato ai lavori pubblici, all'agricoltura e al commercio.
  2. ^ Ad interim.
  3. ^ Nexhip Basha è stato viceministro.


Ministro di Stato per gli standard ei servizi

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Ministro di Stato per gli standard ei servizi
 
Nome originale(SQ) Ministër i Shtetit për Standartet dhe Shërbimet
Stato  Albania
OrganizzazioneConsiglio dei ministri
Istituito18 settembre 2021
MinistroMilva Ekonomi (PSSH)
SedeTirana

Il ministro di Stato per gli standard ei servizi (in albanese: Ministër i Shtetit për Standartet dhe Shërbimet) è un ministro membro del governo albanese che in collaborazione con altre istituzioni responsabili, redige, coordina e attua politiche statali volte a favorire elevati standard nei servizi pubblici, responsabili del miglioramento della vita dei cittadini albanesi. Queste politiche facilitano l'erogazione dei servizi pubblici garantendone la qualità, l'accessibilità e aumentando l'efficacia, garantendo l'accesso a tutti i cittadini che usufruiscono dei servizi pubblici. L'attuale ministro è Milva Ekonomi.[1][2][3]

  1. ^ (SQ) Vendime të miratuara në mbledhjen e Këshillit të Ministrave, in Fletorja Zyrtare, 22 settembre 2021.
  2. ^ Arlinda Gjonaj, Qeveria Rama 3 betohet në Presidencë, in Agjencia Telegrafike Shqiptare, 18 settembre 2021.
  3. ^ (SQ) Ani Ruci, Tiranë: Kryeministri Rama shpalli qeverinë e re, in Deutsche Welle.


Voci correlate

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Ministro di Stato per la tutela delle imprese
 
Nome originale(SQ) Ministër i Shtetit për Mbrojtjen e Sipërmarrjes
Stato  Albania
OrganizzazioneConsiglio dei ministri
Istituito13 settembre 2017
MinistroEdona Bilali (PSSH)
SedeTirana
Sito websipermarrja.gov.al/

Il ministro di Stato per la tutela delle imprese (in albanese: Ministër i Shtetit për Mbrojtjen e Sipërmarrjes) è un ministro membro del governo albanese responsabile dei rapporti con gli imprenditori e la comunità imprenditoriale. L'attuale ministro è Edona Bilali.[1][2]

Elenco dei ministri (2017–)

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Ministro
Mandato
1 Sonila Qato 13 settembre 2017 17 gennaio 2019
2 Eduard Shalsi 17 gennaio 2019 18 settembre 2021
3 Edona Bilali 18 settembre 2021 in carica
  1. ^ (SQ) Arlinda Gjonaj, Qeveria Rama 3 betohet në Presidencë, in Agjencia Telegrafike Shqiptare, 18 settembre 2021.
  2. ^ (SQ) Ani Ruc, Tiranë: Kryeministri Rama shpalli qeverinë e re, in Deutsche Welle, 2 settembre 2021.

Vice primo ministro della Romania

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Il vice primo ministro della Romania (in rumeno: Vice prim ministru României), ufficialmente vice primo ministro del governo della Romania (Vice prim ministru Guvernului României), è un ministro del governo della Romania responsabile della supplenza del Primo ministro nei vari casi previsti. È considerato un ministro senza portafoglio.

Elenco dei presidenti del Parlamento

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Dopo il 3 settembre (1844-1863)

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Presidente Mandato inizio Mandato fine
Nikitas Stamatelopoulos 7 settembre 1844 20 dicembre 1844
Kanellos Deligiannis 20 dicembre 1844 31 ottobre 1845
Rigas Palamidis 19 dicembre 1845 14 aprile 1847
Dimitrios Callifronas 2 settembre 1847 10 settembre 1848
Dimitrios Hatziskos 3 novembre 1848 5 ottobre 1849
Antonios Georgantas 21 dicembre 1849 27 luglio 1850
Lazaros Yourdis 20 dicembre 1850 30 ottobre 1850
Efstratios Parisis 6 novembre 1850 27 ottobre 1853
Panagiotis Varvoglis 30 dicembre 1853 20 aprile 1854
Thrasyvoulos Zaimis 2 febbraio 1855 25 ottobre 1855
Alexandros Koumoundouros 9 novembre 1855 27 giugno 1856
Ioannis Zarkos 28 giugno 1856 ottobre 1856
Alexandros Kontostavlos 7 dicembre 1856 6 giugno 1857
Dimitris Voudouris 30 ottobre 1857 1858
Andrea Avgerinos 23 novembre 1858 24 maggio 1859
Andreas Londos 17 dicembre 1859 18 maggio 1860
Thrasyvoulos Zaimis 30 ottobre 1860 16 novembre 1860
Anargyros Hatzianargyrou 22 marzo 1861 11 agosto 1861
Philon Philonos 4 ottobre 1861 maggio 1862
Leonidas Petimezas 10 maggio 1862 11 settembre 1862


Tra le due guerre (1924-1936)

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Presidente Mandato inizio Mandato fine Partito
Konstantinos Raktivan 21 gennaio 1924 30 settembre 1925 Partito Liberale
Themistocles Sofoulis 6 dicembre 1926 9 luglio 1928 Partito Liberale
Ioannis Tsirimokos 19 ottobre 1928 3 luglio 1930 Partito Liberale
Themistocles Sofoulis 17 novembre 1930 20 agosto 1932 Partito Liberale
2 novembre 1932 24 gennaio 1933
Charalambos Vozikis 30 marzo 1933 1 aprile 1935 Partito Popolare
1° luglio 1935 10 ottobre 1935
Themistocles Sofoulis 6 marzo 1936 4 agosto 1936 Partito Liberale

Dopoguerra (1946–1967)

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Presidente Mandato inizio Mandato fine Partito
Ioannis Theotokis 4 aprile 1946 30 novembre 1949 Partito Popolare
Praxitelis Moutzouridis 1° dicembre 1949 8 gennaio 1950 Partito Popolare
Dimitrios Gondikas 4 aprile 1950 10 ottobre 1952 Partito Liberale
Giovanni Markopoulos 15 dicembre 1952 16 novembre 1953 Raggruppamento Ellenico
Konstantinos Rodopoulos 16 novembre 1953 26 settembre 1963 Raggruppamento Ellenico
Unione Radicale Nazionale
Ilias Tsirimokos 17 dicembre 1963 8 gennaio 1964 Unione di Centro
Georgios Athanasiadis-Novas 19 marzo 1964 15 luglio 1965 Unione di Centro
Emmanuel Baklatzis 30 aprile 1965 25 settembre 1965 Unione di Centro
Dimitrios Papaspyrou 15 novembre 1965 14 aprile 1967 Unione Radicale Nazionale

Post-Metapolitefsi (1974–)

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La tabella seguente elenca tutti i Presidenti e Primi Vicepresidenti del Parlamento dalla "Metapolitefsi" e da lì, il periodo di tempo in cui hanno ricoperto la carica, nonché il numero di voti con cui sono stati eletti.

Elezioni Presidente Mandato Primo vicepresidente
Immagine Nome e cognome
1 1974     Konstantinos Papakonstantinou 9 dicembre 1974 – 12 dicembre 1977   Giorgio Stamatis
2 1977     Dimitrios Papaspyrou 12 dicembre 1977 – 17 novembre 1981   Leonida Bournia
3 1981     Ioannis Alevras 17 novembre 1981 – 18 giugno 1985   Michalis Stefanidis
4 1985 18 giugno 1985 – 4 luglio 1989
5 G. 1989     Atanasio Tsaldaris 04 luglio 1989 – 21 novembre 1989   Maria Damanaki
6 Ν. 1989 21 novembre 1989 – 22 aprile 1990   Panagiotis Kritikos
7 1990 22 aprile 1990 – 22 ottobre 1993   Nikos Katsaros
7 1993     Apostolos Kaklamanis 22 ottobre 1993 – 8 ottobre 1996   Panagiotis Kritikos
8 1996 8 ottobre 1996 – 21 aprile 2000
9 2000 21 aprile 2000 – 19 marzo 2004   Kostas Geitonas
10 2004     Anna Benaki-Psarouda 19 marzo 2004 – 27 settembre 2007   Sotiris Hatzigakis
11 2007     Dimitris Sioufas 27 settembre 2007 – 15 ottobre 2009   Georgios Sourlas
12 2009     Philipp Petsalnikos 15 ottobre 2009 – 18 maggio 2012   Grigoris Niotis
13 Μ. 2012     Byron Polidora 18 maggio 2012 – 29 giugno 2012   Yannis Tragakis
14 G. 2012     Vangelis Meimarakis 29 giugno 2012 – 6 febbraio 2015   Yannis Tragakis
15 G. 2015     Zoe Konstantopoulou 6 febbraio 2015 – 04 ottobre 2015   Alexis Mitropoulos
16 S. 2015     Nikos Voutsis 4 ottobre 2015 – 18 luglio 2019   Taso Kourakis
17 2019     Kostas Tassoulas 18 luglio 2019 – 29 maggio 2023   Nikitas Kaklamanis
18 M. 2023 29 maggio 2023
19 G. 2023 3 luglio 2023 – in carica   Yannis Plakiotakis

Elenco dei presidenti dell'Athing

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# Presidente Immagine Mandato
Inizio Fine
1 Bjarni Thorsteinsson   1° luglio 1845 5 aprile 1845
2 Þórður Sveinbjörnsson 1° luglio 1847 7 agosto 1847
3 Jón Sigurðsson   2 luglio 1849 8 agosto 1849
4 Páll Melsteð[1]   1851
(3) Jón Sigurðsson   1° luglio 1853 10 agosto 1853
5 Hannes Stephensen 2 luglio 1855 9 agosto 1855
(3) Jón Sigurðsson   1° luglio 1857 17 agosto 1857
6 Jón Guðmundsson 1° luglio 1859 18 agosto 1859
1° luglio 1861 19 agosto 1861
7 Halldór Jónsson 1° luglio 1863 18 agosto 1863
(3) Jón Sigurðsson   1° luglio 1865 26 agosto 1865
1° luglio 1867 11 settembre 1867
27 luglio 1869 13 settembre 1869
1° luglio 1871 22 agosto 1871
1° luglio 1873 2 agosto 1873


Julia Baranovskaja

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Julia Baranovskaja

Julia Baranovskaja (Leningrado, 30 giugno 1980) è una conduttrice radiofonica e conduttrice televisiva russa.

Biografia

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Baranovskaja è nata a Leningrado il 3 giugno 1980[2] da Tatyana Vladimirovna Bratseva, insegnante e Gennady Ivanovich Baranovsky, ingegnere. I suoi genitori si separarono quando Baranovskaja aveva 10 anni. Ha due sorelle più giovani: Ksenia e Alexandra.

Dopo la scuola, entrò alla Facoltà di Management dell'Università statale di strumentazione aerospaziale di San Pietroburgo, ma non si laureò.[3] Nel 2009 si è trasferita nel Regno Unito insieme al calciatore Andrej Arshavin.[3] Nel 2010 si è laureata al Sotheby's Institute of Art di Londra, dove si è specializzata in arte contemporanea. Nel 2014 si trasferisce a Mosca.[3]

Carriera

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Dal 2011, Baranovskaja ha ospitato tre volte a Londra (2011, 2012 e 2014) il festival russo Maslenitsa, la principale festa pubblica dell'anno per la popolazione di lingua russa della capitale della Gran Bretagna, che si tiene ogni anno a Trafalgar Square.

Ha iniziato la sua carriera come conduttrice televisiva nel 2014. Da marzo è co-conduttrice del programma Chego khotyat muzhchiny sul canale THT. In questo post-spettacolo del progetto "The Bachelor" ha svolto il ruolo di esperta di relazioni permanenti.

Nel maggio 2014, Baranovskaja si è unita alla squadra del talk show Devushki sul canale Rossija 1.

Il 22 giugno 2014 è diventata la conduttrice del programma di makeover Reboot sul canale THT. Ha condotto il programma televisivo fino ad aprile 2016. Nel settembre dello stesso anno, è diventata co-conduttrice al fianco di Alexander Gordon nel talk show Muzhchina/Zhenshchina su Pervyj kanal.

Da settembre 2015, Baranovskaya è la nuova beauty ambassador del marchio Librederm.

Dal 2016 è conduttrice del programma Modnyy verdikt su Pervyj kanal.

Nella primavera del 2016, la casa editrice ACT ha pubblicato l'autobiografia di Yulia Baranovskaja Tutto è per il meglio.

Nell'autunno del 2016, Baranovskaja ha preso parte al progetto Ice Age di Pervyj kanal, in coppia con il campione mondiale di danza sul ghiaccio Maxim Shabalin.

Nel 2016 e nel 2017 è stata la conduttrice degli annuali Fashion People Awards. Nel 2017 è diventata la conduttrice dei MODA Topical Style Awards della rivista Oksana Fedorova.

Dal 27 novembre al 5 dicembre 2017 è stata una delle conduttrici del programma Babiy Bunt su Pervyj kanal (chiuso a causa dei bassi ascolti).

Dal 22 marzo 2019 è diventata conduttrice radiofonica insieme a Oleg Vereshchagin nello show “Tutto è per il meglio” sulla stazione radio Russkoje Radio.

Da luglio 2021 è membro del partito politico Nuova Gente.

Attività sociali

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È una sostenitrice del partito Nuova Gente. Lo ha sostenuto attivamente durante le elezioni della Duma di Stato del 2021.

Ha sostenuto la guerra della Russia contro l'Ucraina. Il 30 settembre 2022 ha preso parte come co-conduttrice ad un raduno-concerto dedicato all'annessione delle regioni ucraine occupate.

A metà giugno 2023 ha sostenuto e aderito alla proposta di pagare un bonus ai militari e ai civili russi per i carri armati Leopard distrutti dell'esercito ucraino con fondi personali.[4][5][6]

Nel 2024 è diventata una persona di fiducia del candidato alla presidenza russa Vladimir Putin. Il 18 marzo 2024 si è esibita in un concerto-raduno pro-governativo dedicato al decimo anniversario dell'annessione della Crimea e alla vittoria di Vladimir Putin alle elezioni presidenziali.[7]

Sanzioni

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Il 15 gennaio 2023, durante l'invasione russa dell'Ucraina, Baranovskaja è stata aggiunta alla lista delle sanzioni ucraine per "aver diffuso la propaganda del Cremlino" e "inviti pubblici ad una guerra aggressiva".[8]

Il 17 marzo 2023 è stata inserita nella lista delle sanzioni della Lettonia, con la motivazione di essere tra le personalità culturali russe che "hanno sostenuto l’aggressione russa in Ucraina", vietandone l'ingresso nel Paese.[9]

Il 24 febbraio 2025, in quanto propagandista russa, è stata inserita nell'elenco delle sanzioni di tutti i paesi dell'UE:[10]

«Fin dall'inizio della guerra aggressiva contro l'Ucraina, ha spesso sostenuto le azioni della Russia che minacciano l'integrità territoriale, la sovranità e l'indipendenza dell'Ucraina. A tal fine, Yulia Baranovskaja ha organizzato spettacoli di propaganda sponsorizzati dal Cremlino volti a sostenere la guerra, tra cui la promozione pubblica dei crimini di guerra russi, come la deportazione forzata di bambini ucraini ... Inoltre, Yulia Baranovskaja si è recata ripetutamente nelle regioni dell'Ucraina occupate dai russi, dove ha fornito sostegno finanziario ai gruppi separatisti sostenuti dalla Russia.[11]»

Vita privata

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Nel luglio 2003 incontrò il calciatore Andrei Arshavin, futuro capitano della nazionale di calcio russa. Arshavin e Baranovskaja hanno vissuto insieme per 9 anni, fino al 2012. Baranovskaja ha dato alla luce tre figli: Artyom (2005), Yana (2008), Arseniy (2012).

  1. ^ przewodniczący Zgromadzenia Narodowego
  2. ^ (RU) Maria Kochel, Юлия Барановская - официальный сайт: биография, новости, фото, su ybaranovskaya.ru (archiviato dall'url originale il 25 ottobre 2021).
  3. ^ a b c (RU) Юлия Барановская, in Cosmopolitan. URL consultato il 5 marzo 2025 (archiviato dall'url originale il 1° dicembre 2017).
  4. ^ (RU) Основатель группы «Земляне» предложил платить по миллиону рублей за подбитый танк Leopard 2. Его поддержали Лепс и Басков, in Meduza (archiviato dall'url originale il 17 giugno 2023).
  5. ^ (RU) Басков, Дайнеко, Долина: кто из звёзд будет премировать бойцов за подбитые танки, in Rossijskaja Gazeta, 15 giugno 2023. URL consultato il 14 aprile 2025 (archiviato dall'url originale il 18 giugno 2023).
  6. ^ (RU) Лепс и Басков пообещали платить российским военным по 1 млн рублей за подбитый в Украине Leopard, in The Moscow Times, 15 giugno 2023. URL consultato il 14 aprile 2025 (archiviato dall'url originale il 18 giugno 2023).
  7. ^ (RU) «Люди со всем патриотизмом идут — и в такую задницу!», in Meduza, 19 marzo 2024. URL consultato il 14 aprile 2025 (archiviato dall'url originale il 19 marzo 2024).
  8. ^ (RU) Украина ввела санкции против Кончаловского, Губерниева, Рудковской и ещё 195 человек, su rus.err.ee, 15 gennaio 2023. URL consultato il 14 aprile 2025 (archiviato dall'url originale l'8 aprile 2023).
  9. ^ (RU) МИД Латвии объявил 35 россиян персонами нон грата. Среди них — певцы, актёры, телеведущие, политологи и журналисты, su currenttime.tv. URL consultato il 14 aprile 2025 (archiviato dall'url originale il 28 marzo 2023).
  10. ^ (RU) Евросоюз принял 16-й пакет санкций против России. Под ограничения попали Кристина Потупчик и Михаил Галустян, in Novaja Gazeta, 24 febbraio 2025. URL consultato il 14 aprile 2025.
  11. ^ Regolamento di esecuzione - UE - 2025/389 - IT - EUR-Lex, su eur-lex.europa.eu. URL consultato il 14 aprile 2025.