Utente:UmbraSolis/Sandbox/Contado Novara
Prima di identificare una suddivisione amministrativa era solo un identificativo geografico (trovare fonte).
Nato nel 1560[1]
I Contadi si costituirono nello Stato di Milano dalla seconda metà del Cinquecento quale reazione al potere esercitato dalle città sulla fiscalità delle aree rurali. Furono il risultato dell'organizzazione e dell'istituzionalizzazione collettiva di terre e villaggi e della loro capacità di auto-organizzare la ripartizione fiscale. A seguito del riconoscimento istituzionale, ai Contadi venne assegnata la quota di estimo complessiva spettante alle comunità componenti, separata rispetto all'estimo civile. Restava pertanto in capo a queste istituzioni la responsabilità in solidum della complessiva riscossione dei carichi fiscali[2].
Mappa comuni
modificaComuni
modificaL'elenco del 1535 sulle località novaresi tenute a pagare la tassa sui cavalli permettono di ricostruire i centri abitati che formavano il contado di Novara:
- Squadra de Sexia: Accomate, Nibia (Nibbia), Cesto, Proh, Briona, Farra [Fara], Sixiano Siciano [Sizzano], Agemo [Ghemme], Mazora [Maggiora], Bocha [Boca], Cavallirio, Grignasco, Colma, Prato, Romagnano, Carpignano, Silavengo [Sillavengo], Landiona, Mondello [Mandello], Castellazzo, Casaleggio, Zotego [Zottico], S. Pietro, Mosexo [Mosezzo], Restolpho;
- Squadra de Agonia: Savonera, Alexate [Alzate], Castelletto [Castelletto di Momo), Momo, Citadini de Momo, Cassina de d. Reynaldo Torniello, Cassina de Enea Torniello, Vaprio, Suno, Cressa, Bugogno [Bogogno], Agrate, Roveslate [Revislate], Veruno, Gatico [Gattico], Briglia [Briga], Borgomanero, Mazate de sotto, Quiregio, Mazate de sopra, Cavalegio, Cavagliene, Barengho [Barengo], Agnillengo [Agnellengo], Rosignoli, Morghengo;
- Squadra de Ticino: Pernate, Romentino, Caliate [Galliate], Cameco?, Codemonte, Cavagliano, Dolzagho [Dulzago], Blanzago [Bellinzago], Olegio [Oleggio], Mezomerico [Mezzomerico], Marano, Pombia, Dungnamo [Divignano], Varallo, Contorbia [Conturbia], Borgo de Ticino [Borgoticino], Comignago;
- Squadra de sotto: Trecate, Sozago [Sozzago], Cumarone [Camarona], Vignarello, Borgolavezzaro, Vespolate, Tornigho [Tornaco], Terdobbiate, Calzavacha, Buzoletto, Olengho [Olengo], Montecucho, Garbagna, Nibbiole [Nibbiola], Montesello [Monacello], Lumelogno [Lumellogno], Pagliate, Granozio [Granozzo], Casalino, Orfengo, Cameriano, Ponzana, Peltrengo, Pisnengo, Fisirengo, Valere, Marangana, La Motta, Ponzana, Casaleggio, Torre de Cerano, Torrion Balducco, Terre Diversi: Bùlgari, La Villata, Casalvolone, Biandrà [Biandrate], Casalbeltrame, Vicolungo;
- Terre exenti per privilegi et lire: La Visconta, Caltignaga, Soriso, Mazate de sopra, Fontaneto, Agrate, Arbora, Pernate, Codemonte, Oleggio, Copriano, Cerano.
(documento in Archivio Cicogna Mozzoni, Milano [ACMM], c. n. 35)[3]
Struttura
modificaIl contado di Novara comprendeva ventinove terre dette vocali per il diritto ad avere la voce nell'assemblea ed era ripartito in sei squadre (Oleggio, Borgomanero, Trecate, Biandrate, Vespolate). Ogni squadra era rappresentata da un sindaco: i vari sindaci formavano insieme la Congregazione ordinaria del contado che si riuniva a Trecate per fare la ripartizione dei carichi ordinari e straordinari, decidere le previdenze per le strade, le acque ed altro[4].
Storia
modifica1599
modificaNella Congregazione del contado tenutasi in Trecate il 18 ottobre 1599 intervenne un rappresentante del Magistrato ordinario di Milano, il questore G. Alberto Gargani[5], che diede disposizioni per l'avvenire: i sindaci del contado non fossero sette come per il passato, ma solo cinque, che dovevano stare in carica un biennio; però ogni biennio se ne dovevano eleggere quattro che dovevano amministrare con uno di quelli del biennio precedente che fosse al corrente degli affari; l'elezione si doveva fare nell'ottobre, presente un questore; dovevano convenire i sindaci delle comunità che avessero maggiore estimo o maggior numero di cavalli di tassa (almeno nove); dovevano essere rurali. I sindaci dovevano avere a capo un sindaco generale; la Congregazione doveva eleggere per le sue cause un avvocato residente a Milano, poi un procuratore ed agente idoneo residente in Milano, poi un cancelliere, un ragionato; alla Congregazione i procuratori ed agenti residenti in Milano dovevano fare relazione di tutte le questioni; le votazioni si dovevano fare a voti segreti; i sindaci dovevano riunirsi in Novara il primo d'ogni mese ed avrebbero avuto sei lire il giorno per le loro spese; i ragionati avrebbero avuto cura di formare e tenere in regola i libri ed un registro di tutte le cause avrebbe tenuto il procuratore; le Congregazioni generali si sarebbero fatte a tempo e luogo stabilito dal Magistrato, ecc.[6]
1706
modificaLe Congregazioni generali si potevano tenere anche a Milano: così il 15 maggio 1706 il questore don Ferdinando Rovida a ciò delegato dal Magistrato ordinario diede ordine che i consoli e reggenti delle terre vocali avessero ad eleggere i procuratori (che sii delle persone più habili et idonee della loro terra) per la Congregazione generale che si sarebbe tenuta il 1º luglio in Milano nella casa d'abitazione del questore stesso: avrebbero avuto otto lire al giorno per le loro spese, compresa l'andata ed il ritorno[7].
Modifiche elezioni rappresentanti
modificaL'elezione dei rappresentanti delle squadre andò soggetta a modificazioni: al principio del secolo[8] XVIII le comunità di ogni squadra pretendevano in certi casi di eleggere esse il loro rappresentante, in base ad una decisione presa che in caso di morte o malattia potessero eleggere esse il sostituto; il contado invece elesse il figlio di un sindaco defunto provocando proteste, ricorsi in tribunale[9].
Liti con funzionari (1652)
modificaSpesso il contado ebbe a litigare con i suoi funzionari: così nel 1652 fu rimosso dal suo ufficio il causidico Giuseppe Solari che era stato eletto procuratore del contado nel 1644, ma fu un guaio ricuperare le carte del contado: si andò a cercarle in Novara in casa del Solari; la moglie disse che il marito aveva riempito due cofani di scritture del contado e le aveva inviate a Milano. Più tardi nel secolo XVIII si ebbero molte contestazioni tra i capi del contado ed i comuni che si lagnavano della ripartizione dei tributi o delle mancate riunioni delle Congregazioni[10].
Attriti con Novara città
modificaMa le questioni più gravi erano quelle tra Novara città e Novara contado. Come e dove dovevano pagare i cittadini di Novara per i loro possessi rurali? Nelle nuove costituzioni di Carlo V era stabilito che qualsiasi cittadino abitasse con la famiglia o parte in villa, tra San Martino e le Calende di Maggio, per non meno di 20 giorni, fosse tenuto all'onere del sale ed agli oneri dei rurali del luogo. La questione era insita nella separazione tra città e contadi. Ferrante Gonzaga aveva sentenziato: «bona ipsa quo ad solutione onerum per Principem imponendorum fuisse et esse censenda in locis et territoriis ubi sita sunt; quo autem ad alia onera per dictas civitates imponendo reservavit iura partium». Attorno a questo ordine, precisato in linguaggio tribunalizio «quod bona solvant onera in loco situs», arsero le discussioni. Novara, come le altre città dello Stato, prese a sollevare riserve, eccezioni di vario genere. Nel 1598 da Madrid il Re confermò l'ordine aggiungendo però «Non obligando empero por esto los bienes de los ciudadanos al pagamento de las gravezas que son proprias de los rurales». D'accordo nel combattere, per difendere la loro posizione antica di supremazia, le città incaricarono i loro oratori[11].
Oratori e procuratori
modificaL'uso di avere oratori a Milano era incominciato fin dall'epoca sforzesca per riparare alle deficienze della organizzazione statale circa i legami tra le città ed il governo centrale. Dopo il 1535 si venne all'uso di tenere regolarmente a Milano un oratore che trattasse gli affari presso il Governatore e gli uffici. Di solito il Consiglio generale di Novara eleggeva un decurione che fosse inscritto al collegio dei giure-[12]
consulti. I governatori videro questo uso degli oratori con vario occhio: nel 1562 il marchese di Caracena ordinò che le città si servissero per i loro negoziati dell'apposito loro oratore stipendiato; nel 1570 il duca di Albuquerque stabilì che i comuni non pagassero i salari agli oratori se il Senato non avesse attestato della loro diligenza rilasciando una licenza di pagamento; don Carlo d'Aragona nel 1584 ordinò che si inviassero a Milano oratori solo per le cose di grande importanza. Alla fine del secolo XVI l'oratore di Novara era Carlo Antonio Langhi; il contado a sua volta aveva un procuratore, il Migliavacca; ma per tutte le questioni che riguardavano i contadi vi era poi un procuratore generale[13].
Relazioni Contadi
modificaNel 1600 il conte di Fuentes chiese al procuratore generale dei contadi, Michelangelo Cavalli, che era il rappresentante del contado di Vigevano, di stendergli una relazione che chiarisse i termini della vertenza. Il Cavalli forse non sapeva con precisione come e quando si fossero formati i contadi. Egli si limita ad osservare: la città di Milano ha sotto di sè 1094 tra terre grandi e piccole che tutte insieme si chiamano ducato di Milano, Pavia ne ha 384 e si dicono Principato di Pavia, Cremona ne ha 284, Lodi 176, Novara 133, Como 60, Alessandria 24, Tortona 43, Vigevano 11, e questi si chiamano Contadi delle città e quantunque tutti siano soggetti alle loro città per quanto riguarda la giurisdizione, tuttavia nel pagare le gravezze e nel reggimento sono separati da esse: «essendo assegnata la porzione che hanno da pagare per conto però solamente delle gravezze che si pagano in denari, come mensuale, tasso di cavalleria e altre». Il Carli nella Relazione del censimento universale dello Stato di Milano spiega l'origine della distinzione tra i beni civili, ossia censiti con la città, quantunque situati nel territorio di altra comunità, ed i beni rurali, ossia censiti col comune nel cui territorio si trovano: la città di Milano incominciò a pretendere che i suoi cittadini non dovessero pagare con i cittadini delle altre città nelle cui provincie avessero possessi, e sebbene Carlo V resistesse, nel 1549 fu stabilito che i cittadini milanesi venissero tassati a parte; di conseguenza anche le altre città vollero che i loro cittadini fossero censiti a parte e si ebbero così possessori civili e possessori rurali. Di qui la disuguaglianza. Il Cavalli osservava che, al tempo in cui i tributi erano stati imposti e stabiliti, i contadi erano governati dalle stesse città che facilmente fi gravavano di quote maggiori che non fossero dovute, e questo perchè gli incaricati erano cittadini che facendo per la città facevano per se stessi. Inoltre i cittadini, dopo fatta la distribuzione delle gravezze, acquistarono dai contadini grandi quantità di terre registrate con i contadi e le riportarono all'estimo della città, diminuendo gli estimi dei contadi e lasciando le medesime gravezze. Inoltre i cittadini che hanno case e terreni nelle ville sono registrati nelle città: hanno ottenuto di andare esenti dagli alloggiamenti militari, da lavori di riparazioni di strade, condotte di artiglierie, sotto pretesto che le loro terre sono registrate nella città. Il Cavalli faceva un esempio: se in una villa che ha 10.000 pertiche di terra, di cui 8.000 siano dei cittadini, e 2.000 dei contadini, si manda ad alloggiare una compagnia di soldati, i cittadini sono esenti con le loro 8.000 pertiche civili e l'alloggiamento è a carico delle 2.000 pertiche rurali: una pertica civile pagherà 2 o 3 soldi l'anno, la pertica rurale pagherà sino a 30, a 40, a 60 soldi. Di conseguenza, se si vuole comperare terra, si osserverà se è civile o rurale: la civile si pagherà venti scudi, la rurale dieci. Il Cavalli passava in rassegna gli aggravi. Dopo quello degli alloggiamenti, vi era quello dei cavalli; i duchi avevano imposto nel secolo XV questa tassa in cambio di legna, fieno, strame; questo tributo continuò anche cessando il servizio dei cavalli e diventò ordinario; nel 1559 la tassa fu rad-[14]
doppiata per cavarne il denaro che occorreva nel licenziamento dell'esercito dopo fatta la pace: l'onere fu addossato ai contadi; la duplicazione rappresenta 27.616 due volte. Poi le città pagano il sale lire 7 lo staio; i contadi, compreso il censo di soldi 40 per staio, introdotto da Francesco II Sforza nel 1534 e l'aumento di 20 soldi per staio per il licenziamento alla pace nel 1559, pagano il sale 8 lire e soldi 12 lo staio, cioè 32 soldi di più delle città. Ed i contadi consumavano 250.000 staia! Il mensuale di Carlo V del 1548 è ripartito a danno dei contadi. Poi il tasso della cavalleria: 14 reali il mese per ogni celata; la contribuzione dei 5 soldi ai luoghi di presidio; la contribuzione dell'egualanza generale d'alloggiamenti; il reparto per spese di peste; il donativo a S. M.; le spese di fortificazioni; il tasso imposto nel 1561 a ragione di scudi 2 al mese per cavalleggero delle compagnie ordinarie dello stato; il dazio della macina, delle porte, del pane e vino, della mercanzia, dell'imboatto... E la maggior parte di questi pesi gravava sui contadi. Questi chiedevano per ciò che i proprietari di città pagassero per i beni loro siti nelle ville e non in città. La Deputazione di cinque membri «disinteressati» che era stata nominata per ordine del Re affinchè esaminasse le varie vertenze tra città e contado, nel 1600 stava attorno al contrasto tra Città di Novara ed il suo contado. L'oratore a Milano, Carlo Antonio Langhi, nella sua difesa osservava come gli Statuti di Novara facessero divieto che i cittadini venissero catastati per i loro beni nelle ville. E poi la città aveva molte gravezze: il presidio, il salario del podestà, i pubblici abbellimenti, le fortificazioni; le pubbliche entrate della città non arrivavano alla somma di 250 scudi l'anno, mentre tutte le ville del contado avevano entrate complessive di 20.000 scudi. E poi la città era così impegnata nel fornire gli alloggiamenti militari che molti cittadini non potevano vivere in città ed erano costretti a stare nelle ville: non era quindi giusto costringere questi, perchè abitavano nel contado dopo San Martino, a pagare i carichi dei rurali. Ed ancora: in città si pagano i fitti delle case più cari; le vettovaglie sono più care, più cari i vestiti. A queste osservazioni il contado osservava che in realtà questa maggiore carezza colpiva in città solo la plebe che non aveva case e non aveva terre, mentre i proprietari traevano guadagno appunto da tale condizione di cose: non si può negare, dicevano i rappresentanti delle terre, che Novara è per grazia di Dio la città più ricca della Lombardia. La discussione tra le due parti continuò a lungo. La città prima di cedere chiese che si facesse un nuovo estimo, che nel governo del contado tre dei sindaci venissero eletti dalla città stessa, perchè «essendo le spese comuni e trattandosi dell'interesse dei suoi fittavoli, massai, uomini, devono li cittadini fare elezione di persone che difendino le loro ragioni», poi che «nelle terre particolari dove li cittadini posseggono beni, abbino l'amministrazione insieme con i rurali alla rata dell'estimo e, senza il consenso dei cittadini, i consoli non possano fare cosa alcuna». Ma il procuratore del contado, il Migliavacca, si adoprò per dimostrare assurde le pretese dei cittadini: a che si lagnavano del presidio militare? Nel 1607 quando a Novara non vi erano soldati, non si era affannato il Consiglio per chiedere ed ottenere che venissero inviate due compagnie per presidiare la città? Adunque la città guadagnava per il soggiorno del presidio spagnolo. A Novara si erano predisposte delle «case hereme» per alloggiare i soldati; il Cavalli anzi portava la cosa ad esempio di altre città che non si erano ancora organizzate. Per il vettovagliamento dei soldati, nel 1601 il commissario generale dell'esercito Sforza Brivio intimò alla città di Novara di addivenire subito a predisporre «un magazzeno a beneficio dei[15]
soldati» poiché avendo i soldati non più di 8 soldi al giorno di soccorso, occorreva che vi fosse un magazzeno «ove con detti soldi otto possino provvedere oncie 30 di pane, oncie 50 di vino, oncie 18 di carne, conforme agli ordini dati per le fanterie spagnola ed italiana dal Contestabile di Castiglia»[16].
Fortificazioni
modificaIl comune di Novara era indubbiamente afflitto assai dalla faccenda delle fortificazioni. Quando la cerchia dei baluardi poteva apparire definita e completati i lavori più importanti, la città ritornò ad essere richiesta di denaro dalla Regia Camera. Nel 1607 arrivò l'ordine di pagare entro 8 giorni 9.000 scudi di cui 2/3 la città 1/3 il contado. Non si pagò: arrivò il mandato esecutivo: la città a sua volta fece atti giudiziari contro il contado. Ne nacque una grave causa tra città e contado. Intanto fu inviata al conte di Fuentes una supplica per dimostrare che la città non era tenuta a nessun contributo per le fortificazioni. Che vantaggio aveva la popolazione? Nessuno. La città era sempre stata sicura con le sue mura antiche: a che servivano i nuovi baluardi? La città non aveva di proprio se non alcune poche case comperate col denaro de'cittadini, ma per i magazzeni delle soldatesche ed altre spese per il presidio, erono state impegnate e sottoposte a gravi interessi, anzi fu necessario «impegnare Festinio reale ed il personale con dispensa del Senato e pigliarvi sopra una grossa somma di denari per i quali ogni mese con la colletta che si fa sopra Pestimo dei particolari cittadini si pagano interessi notabili». Così per pagare i 6.000 scudi pretesi dal fisco fu necessario «sottoporre parimenti le medesime case già impegnate ad altri novi censi». Il conte di Fuentes non rispose. A nuove sollecitazioni si pagarono nel 1609 i 6.000 scudi. Ma era niente, questo. In una relazione di ingegneri per i lavori necessari a rendere perfetta la cerchia delle fortificazioni si parla di una spesa complessiva di 350.000 scudi! La città continuò a dibattersi per sfuggire alle imposizioni della R. Camera. Gli oratori a Milano, il Langhi, poi il Bagliotti, poi il Carli, si battevano con mirabili arringhe, ma con scarso risultato.[17]
Clero
modificaNel 1619 si ottenne una lettera di Filippo III al governatore duca di Feria: per i lavori non erano bastevoli le entrate che si ricavavano dalla città; essendo un beneficio universale dello Stato, senza dubbio le spese dovevano essere fatte da tutto lo Stato, anche dagli ecclesiastici. Si inviò quindi a Roma un senatore per ottenere il consenso del Papa al contributo ecclesiastico ed Urbano VIII accordò un breve apostolico al Re di autorizzazione. Però in pratica il clero non pagò e la città di Novara andò avanti litigando con la R. Camera, con il contado, con i creditori.[18]
Banchieri
modificaI banchieri di Milano traevano grandi guadagni in queste operazioni di mutuo. Caso tipico è quello di Alessandro Caroello tesoriere del contado dal 1625 al 1635. Era un «uomo povero» di Galliate: nel 1625 con l'appoggio dei banchieri milanesi Giambattista Velati e Giovanni Recalcati che gli diedero 55.000 lire si procurò l'impresa di esattore o tesoriere delle terre del contado. Mutuava denaro a tasso altissimo alle terre che dovevano versare i tributi, al 10, al 20, al 40, al 50, al 100%: nessuno osava parlare per tema di peggio: rimborsò i banchieri, comperò terre, case e si costituì un capitale con un'entrata di 16.500 scudi. Quando lasciò l'ufficio incominciarono i guai: processi su processi per ricuperare il denaro: il contado litigava ancora con gli eredi del Caroelli in pieno secolo XVIII. L'ufficio di tesoriere dopo il 1635 passò al banchiere Recalcati. Una classe di nuovi ricchi era in formazione.[19]
Note
modifica- ^ La Bassa Novarese, 1981, p. 298
- ^ SIAS Archivio di Stato di Novara.
- ^ Valerio Cirio, La dominazione spagnola nel contado di Novara, in Sergio Monferrini (a cura di), Una terra tra due fiumi, la provincia di Novara nella storia, Volume 2: L'età moderna (secoli XV-XVIII), Novara, Provincia di Novara, 2003, p. 214, ISBN 88-89003-03-0.
- ^ 409
- ^ 409
- ^ 410
- ^ 410
- ^ 410
- ^ 411
- ^ 411
- ^ 411
- ^ 411
- ^ 412
- ^ 412
- ^ 413
- ^ 414
- ^ 414
- ^ 414
- ^ 414
Bibliografia
modifica- Francesco Cognasso, Novara nella sua storia - La dominazione spagnola, in Francesco Cognasso, Costantino Baroni, Luigi Fassò, Libero Lenti, Aldo de Maddalena, Sergio Martinelli e Mario Bonfantini, Novara e il suo territorio, Novara, Banca Popolare di Novara, 1952, pp. 409-414. URL consultato il 13 aprile 2025. Ospitato su Byterfly.
- Davide Bruno De Franco, Mirella Montanari e Chiara Scionti, Contado di Novara, su SIAS Archivio di Stato di Novara, 13 settembre 2021. URL consultato il 14 aprile 2025.