Bettino Craxi
Bettino Craxi, propriamente Benedetto Craxi (Milano, 24 febbraio 1934 - Hammamet, Tunisia, 19 gennaio 2000), uomo politico italiano, esponente del Partito Socialista Italiano.

Presidente del Consiglio dei Ministri dal 1° agosto 1983 al 3 marzo 1987 per due ministeri consecutivi, il più longevo Primo Ministro della storia della Repubblica italiana dopo Aldo Moro (1963-1968, tre ministeri) e Silvio Berlusconi (2001 - 2006, due ministeri).
Biografia
Primogenito dell'avvocato Vittorio Craxi, dinasticamente originario di San Fratello sui Nebrodi, in provincia di Messina, e di Maria Ferrari, una casalinga di Sant'Angelo Lodigiano, Craxi nasce a Milano il 24 febbraio 1934.
Durante il conflitto, la famiglia decide di affidarlo ad un collegio di preti, sia per il carattere turbolento, sia per allontanarlo dai pericoli dell'attività antifascista del padre che, dopo la liberazione, assumerà la carica di vice-prefetto a Milano e poi quella di Prefetto a Como.
Bettino Craxi, dopo la maturità, divenne funzionario della federazione milanese del Partito socialista ed entrò nel comitato centrale del PSI a ventitré anni. Fu eletto deputato per la prima volta nel 1968 e, in seguito, venne nominato vicesegretario nazionale e responsabile del PSI per gli esteri. In quest'ultima veste, egli finanziò economicamente alcuni partiti socialisti messi al bando dalle dittature dei rispettivi Paesi, tra cui il Partito Socialista Operaio Spagnolo, il Partito Socialista Cileno di Salvador Allende e il Partito Socialista Greco.
In un momento di grave crisi interna del PSI, il 16 luglio nel 1976 Craxi fu scelto dal Comitato centrale per sostituire l'ex segretario Francesco De Martino. Iniziò così la sua lunghissima avventura come leader di partito, anche se, la "vecchia guardia" socialista lo riteneva un "segreterio di transizione". Molti socialisti, tra cui Pietro Nenni e Sandro Pertini, lo appoggiarono per evitare una insanabile spaccatura del partito ed una certa confluenza della corrente di Craxi (situata all'estrema destra del PSI) nel PSDI. Al contrario, con l'elezione alla segreteria del partito del giovane Bettino Craxi, nel PSI ebbe inizio un processo di rinnovamento (al tempo definito la "rivolta dei quarantenni") che portò ad un periodo di stabilità interna fra le correnti destinato a durare fino alla primavera del 1978.
In quell'anno la corrente dell'"Autonomia Socialista" guidata da Craxi, che era considerato il delfino di Nenni, ebbe un duro scontro all'inizio con la corrente lombardiana (guidata da Claudio Signorile) e con quella demartiniana (con a capo Enrico Manca). Tuttavia Craxi si alleò varie volte con queste correnti, ricevendo anche l'appoggio determinante di quella manciniana (capeggiata da Antonio Landolfi) che era stata decisiva nella destituzione di De Martino. Così, mentre l'opposizione interna si ridusse, nel PSI si creò il cosiddetto "asse Craxi-Signorile", che determinò una radicale trasformazione del partito.
Quando le Brigate Rosse sequestrarono Aldo Moro nel 1978, egli fu l'unico leader politico a dichiararsi disposto ad una trattativa. Nel 1983, dopo il buon successo ottenuto dal PSI alle elezioni politiche, Craxi chiese ed ottenne la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Determinato a fare del PSI il fulcro di un intervento di radicale modernizzazione politica, economica e culturale del paese, lanciò un'offensiva a tutto campo contro quello che considerava il "conservatorismo" dei democristiani e dei comunisti italiani, e promosse una forte espansione economica, sostenendola con una importante politica di spesa pubblica. I suoi maggiori successi politici furono l'entrata dell'Italia nel G7, la vittoria nel referendum sulla scala mobile ed il nuovo Concordato con la Santa Sede (1984).
Le correnti più a sinistra del PSI tuttavia, guidate da Riccardo Lombardi, criticarono aspramente la sua politica, giudicata troppo di "destra". Nonostante ciò la corrente craxiana assorbì anche ciò che rimaneva dell'area demartiniana e vide entrare nelle proprie fila persino molte componenti ex-lombardiane (prima quella di Gianni De Michelis nel congresso del 1981, poi quella di Claudio Signorile). Il risultato fu che Bettino Craxi poté disporre di una vasta corrente del quale era il leader indiscusso, che utilizzò per portare il PSI sul terreno della sinistra moderata e del socialismo democratico. Craxi tentò di conciliare le idee socialiste democratiche con il liberalismo, infatti al suo governo appartengono diverse riforme liberali tra cui l'abolizione della scala mobile (adeguamento automatico dei salari all'inflazione), trasforma dunque la classica socialdemocrazia in Liberalsocialismo.
Negli anni della sua segreteria commentò la vita politica italiana per mezzo di editoriali sul quotidiano di partito Avanti!, firmando gli articoli con lo pseudonimo di Ghino Di Tacco.
Ascesa politica
Segretario nazionale del Partito Socialista Italiano dal 1976 al 1993, Craxi ebbe una influenza fortissima nella vita politica italiana. Durante gli anni '80 strinse un patto con due figure chiave della Democrazia Cristiana: Giulio Andreotti e Arnaldo Forlani. Quest'alleanza, chiamata CAF dalle iniziali dei tre leader politici, fu talmente potente che fu definita, sia dagli avversari sia dai sostenitori, la vera regina d'Italia.
Dopo essersi alleato con i due leader della DC ed aver preso le distanze dal Partito Comunista Italiano, il suo obiettivo fu quello accelerare ulteriormente al trasformazione del PSI in una versione italiana (adattata quindi alle caratteristiche economico-sociali del nostro paese) degli altri partiti socialisti europei, come il SPD tedesco e il PS francese, che voleva creare un miglioramento delle condizioni delle classi più povere attraverso una politica riformista, allontanandosi sempre più da una visione quantomeno influenzata dal marxismo, come quella del PCI.
Dopo il buon risultato elettorale ottenuto nelle elezioni politiche del 1983, conseguito dopo un temporaneo allontanamento dalla DC, iniziò la battaglia tra Craxi e il carismatico leader del PCI Enrico Berlinguer. Ogni volta che Berlinguer presenziava ad un congresso dei socialisti, veniva sommerso da sonori fischi (anche nel XLIII congresso del partito, svoltosi una settimana prima della sua morte). Forse per evitare di subire lo stesso trattamento, Craxi "snobbava" sempre le riunioni ufficiali del PCI.
Il dinamismo con cui guidò il Partito Socialista gli garantì l'allontanamento dei comunisti dal governo, ma condusse comunque alleanze ed accordi con altri partiti nel tentativo di emarginare il PCI dalla vita politica italiana. In particolare, nel suo governo affidò incarichi importanti alla DC, al PSDI e al PRI. Fu forse il primo politico di grande fama ad avere buoni rapporti con Marco Pannella, leader storico del Partito Radicale.
Anche nel PCI di Berlinguer però non mancavano uomini politici che sostenevano buona parte delle tesi craxiane. La corrente dei miglioristi, che condivideva buona parte del suo programma elettorale, attaccò sempre duramente quella berlingueriana, che fu accusata di "settarismo" e "moralismo". Craxi a sua volta trovò all'interno del Partito Comunista soggetti che potessero dialogare con lui e favorirlo, sia per raggiungere accordi e convergenze sia per mettere sotto scacco la strategia berlingueriana.
Craxi propose la "lira pesante", un progetto per la coniazione di “5 lire in argento” con l’effigie di Garibaldi, che avrebbero aumentato il potere di acquisto della moneta. Analoga operazione avvenne negli anni '70 in Grecia e, negli anni '50, nella Germania di Adenauer.
La ristrutturazione del PSI
All'inizio degli anni ottanta iniziò una revisione ideologica ed anche estetica del partito, effettuata in buona parte dallo stesso Craxi. Ad esempio, vennero cancellati dal programma politico alcuni termini che potevano ricondurre al marxismo; venne eliminato il termine autonomismo che venne sostituito con la parola riformismo, giudicata pù inerente dalla corrente moderata e riformista. Venne inoltre abolito il termine "Comitato Centrale" (perché esso riconduceva immediatamente ai partiti comunisti), sostituito dal più neutro "Assemblea Nazionale", nella quale entrarono a far parte oltre ai politici anche uomini dello spettacolo, della moda, dello sport e della cultura. Si rinunciò al tradizionale anticlericalismo socialista (con l'approvazione del Concordato) e fu infine ridotto e poi eliminato (dal 1985) il simbolo della falce e martello nel logo del PSI, sostituito dal garofano rosso, che da allora divenne emblema del partito.
L'epicentro del potere socialista e craxiano era Milano, centro nevralgico della finanza e degli affari, con il cui ambiente il PSI finì per identificarsi. Nel dicembre del 1986 si avvicendarono alla guida del comune Paolo Pillitteri, cognato di Craxi, e una giunta monocolore socialista appoggiata all'esterno da altre forze laiche, con l'astensione del PCI (guidata da Carlo Tognoli).
Politica estera
Il caso Sigonella
In politica estera, l'episodio più noto del governo Craxi è la polemica che egli ebbe con il Presidente degli USA Ronald Reagan nell'ottobre del 1985. Quando alcuni membri del FLP( Fronte di Liberazione della Palestina) si impadronirono della nave da crociera italiana Achille Lauro, Craxi si oppose ad ogni intervento repressore, preferendo il dialogo con i terroristi. Dopo le trattative fu concesso a tutti i membri del commando, compreso il leader Abu Abbas, una sicura fuga in Egitto tramite trasporto aereo. Poiché prima dell'arrivo di Abbas sulla nave il commando aveva ucciso un passeggero ebreo di nazionalità statunitense, Leon Klinghoffer, paraplegico, la marina statunitense ebbe l'ordine di intervenire con la forza nel tentativo di catturarlo ma Craxi lo impedì, dicendo che il reato era stato commesso in territorio italiano e che quindi solo la giustizia italiana aveva il diritto di giudicare Abbas. Quando il leader socialista ventilò addirittura un intervento armato dell'esercito italiano contro gli americani, l'esercito degli USA bloccò l'intervento delle truppe.
Questa netta presa di posizione di Craxi rese manifesta l'alleanza che egli aveva stretto con il leader palestinese dell'OLP Yasser Arafat.
A differenza di Giulio Andreotti e di tutta la Democrazia Cristiana che sosteneva Israele, l'azione di Craxi pendeva verso la Palestina. Era talmente sbilanciato che la sua strategia in politica estera venne soprannominata dai suoi detrattori Social-Islam. Il PRI, fedele alleato dell'America, volle la crisi di governo. Il settimanale inglese The Economist dipinse Craxi come "l'uomo forte d'Europa": quando lesse questo articolo al Senato della Repubblica, Craxi ebbe l'approvazione anche del PCI, a quel tempo in una posizione di opposizione al governo. In seguito, Abbas sfuggì alla giustizia italiana e fu catturato dalle truppe americane solo nel 2004, durante le operazioni militari immediatemente successive alla Seconda Guerra del Golfo.
Altro
Per quanto riguarda gli altri aspetti della politica estera di Craxi, egli sostenne il dittatore della Somalia Muhammad Siad Barre, già segretario del Partito Socialista Rivoluzionario Somalo; fu favorevole all'istituzione degli "euro-missili" posizionati contro l'URSS; nella Guerra delle Falkland sostenne l'Argentina, senza però interferire in alcun modo nel conflitto. Ebbe inoltre buoni rapporti con l'autoritario presidente della Tunisia Ben Ali. Queste ed altre iniziative craxiane non piacquero ad alcuni suoi alleati, e pertanto la Democrazia Cristiana, dal 1987 in poi, non fu più disponibile a dargli la fiducia, preferendo sostenere come Presidente del Consiglio prima Amintore Fanfani e poi Giovanni Goria e Ciriaco De Mita.
La caduta
Nel 1989, con la caduta del muro di Berlino, ritenendo ormai prossima la crisi del PCI e l'affermazione nella sinistra italiana di una linea riformista e del ruolo del Partito Socialista Italiano, Craxi lanciò la parola d'ordine dell'"unità socialista", con la volontà di unificare PSI, PSDI ed il PCI in trasformazione (guidato da Achille Occhetto) per costituire un unica forza politica socialdemocratica.
Il logo del partito pertanto recò la scritta "unità socialista" a partire proprio dal 1989. Craxi fu anche favorevole all'entrata del Partito Democratico della Sinistra (costituito dalle ceneri del PCI nel 1991) nell'Internazionale Socialista. Per le elezioni amministrative del 1992, nella provincia di Mantova, vi fu una comune campagna elettorale, poi rivelatasi infruttuosa, tra i tre partiti dell'Internazionale, ovvero il PSDI (con Carlo Vizzini), il PSI (con Claudio Martelli) e il PDS (con Achille Occhetto).
Il progetto di Craxi, coltivato a lungo, non si sarebbe però mai realizzato: la recessione economica, la crisi politica della Prima Repubblica, l'aumento del già abnorme debito pubblico e l'affermazione delle liste regionali (in particolare la Lega Lombarda) causarono il crollo del sistema politico di cui egli fu grande protagonista. Inoltre, le inchieste giudiziarie avviate nei suoi confronti causarono la sua caduta, stavolta definitiva.
Mani Pulite
A partire dal 1992, un gruppo di pubblici ministeri della procura di Milano, tra cui spiccavano Antonio Di Pietro, Gherardo Colombo e Gerardo d'Ambrosio, avviò una grande inchiesta contro la corruzione all'interno dei partiti politici. Le iniziative giudiziarie, chiamate Mani Pulite e Tangentopoli, misero in luce i diffusissimi reati commessi all'interno dei movimenti politici ed ebbero la conseguenza di spazzare via dalla scena politica i partiti principali, dando così il colpo di grazia alla cosiddetta Prima Repubblica.
Craxi, vedendosi accusato di corruzione e di altri reati vari (ricettazione, concussione, collusione con la mafia) in qualità di segretario politico del PSI (dopo la morte del segretario amministrativo Vincenzo Balzamo la carica non era stata assegnata) inizialmente tentò di screditare i PM; poi, dopo che fu riconosciuto colpevole e condannato a 5 anni di reclusione, dapprima si dimise dall'incarico di segretario del PSI (1993) e successivamente fuggì in Tunisia. Il PSI, che aveva raggiunto negli anni d'oro il 14% dei voti, si ridimensionò fino a scomparire definitivamente.
Durante il periodo di Mani Pulite, Craxi, unico tra i politici di rilievo della prima repubblica, affermò in una seduta alla Camera dei Deputati che tutti i partiti avevano bisogno di denaro ottenuto illegalmente per finanziare le proprie attività, e lo ricevevano. La sua linea di difesa, non fu insomma dichiarare sé stesso innocente, ma sostenere che egli era colpevole né più né meno di tutti gli altri. Molti cittadini non avevano una buona opinione riguardo la maggior parte della classe politica nostrana e pertanto la difesa di Craxi non incontrò il consenso dell'opinione pubblica.
Nel dicembre del 1992, Bettino Craxi riceve un avviso di garanzia.
La fine politica
Il 29 aprile 1993, la Camera dei Deputati negò l'autorizzazione a procedere nei suoi confronti, facendo gridare numerosi quotidiani allo scandalo. Molti deputati della Lega Nord e del Movimento Sociale Italiano gridarono 'Ladri' ai colleghi che avevano difeso l'ex leader socialista ed organizzarono vari sit-in di protesta. I ministri del governo Ciampi appartenenti al PDS e ai Verdi si dimisero. Il 30 aprile in tutta Italia ci furono manifestazioni di protesta, con episodi di violenza contro l'esponente del PSI Ugo Intini e contro la sede del partito a Milano. La sera di quel giorno, dopo la fine del comizio tenutosi alle ore 18 nell'attigua Piazza Navona, durante il quale Occhetto, Rutelli e Ayala avevano incitato i presenti a protestare contro il voto parlamentare a favore di Craxi, una folla invase Largo Febo ed attese Craxi all'uscita dell'Hotel Raphael, l'albergo che da anni era la sua dimora romana. Le forze di polizia presenti, consigliarono lo statista di uscire dal retro, ma egli preferì affrontare la folla. Alla sua comparsa, Craxi venne bersagliato da un fitto lancio di monete e vari oggetti, mentre parte dei dimostranti intonava in coro "Vuoi pure queste? Bettino vuoi pure queste?" sull'aria della canzone "Guantanamera". Altri urlavano gli slogan anticraxiani che andavano per la maggiore in quei giorni: "Su-i-ci-dio ! Su-i-ci-dio !" e "Bettino, Bettino, il carcere è vicino !". Lo statista venne strappato al prevedibile linciaggio dalle ingenti forze di polizia presenti, mentre la scena veniva ripresa dalle telecamere. La Thema di Craxi si mosse, raggiunta dai dimostranti che avevano sfondato il cordone di polizia e martellavano l'automobile di pugni e colpi di casco, mentre l'occupante apostrofava gli assalitori urlandogli "Lanciatori di rubli !". Quell'episodio, ritrasmesso centinaia di volte dai TG, viene preso come simbolo della fine politica di Craxi.
Come risulta dalle indagini del pool Mani Pulite, la corruzione era endemica nella società italiana. Molti politici, Craxi in testa, giustificavano la corruzione come necessità di autofinanziamento dei partiti.
Il periodo di latitanza in Tunisia
Craxi fuggì il 5 maggio del 1994 ad Hammamet in Tunisia, e da lì continuò a lanciare le sue bordate contro i magistrati e il Pds, da lui accusato di aver ricevuto denaro illecito dal PCUS. Grazie alla latitanza, Craxi non venne mai arrestato nonostante fosse stato spiccato per lui un mandato di cattura internazionale in seguito alle condanne al carcere ricevute, e morì ufficialmente come latitante, anche se lui si definì sempre "esule".
Protetto dal governo dell'amico Ben Ali, Craxi assistette all'esodo socialista: alcuni suoi ex collaboratori, tra cui Don Gianni Baget Bozzo, Giuliano Ferrara, Gianni De Michelis e la figlia Stefania andarono nel Polo di Silvio Berlusconi; altri invece si legarono all'Ulivo; i principali furono Enrico Boselli, Ugo Intini, Claudio Martelli e Giuliano Amato (quest'ultimo diverrà capo del governo per il centrosinistra). Diverso è invece il discorso del figlio Bobo: fino al 2005 fu alleato del centrodestra ma in quell'anno passò tra le fila dell'Unione candidandosi alle politiche in quota DS.
Bettino Craxi morì il 19 gennaio del 2000 per un arresto cardiaco. L'allora presidente del Consiglio e leader dei Democratici di Sinistra Massimo D'Alema propose di indire un giorno di lutto nazionale. Ma la sua proposta non fu accettata né dai detrattori di Craxi ("Non si può proclamare un giorno di lutto nazionale in onore di un fuggiasco che si è sottratto alla giustizia", si disse) né dai sostenitori, che accusarono i DS di non aver aiutato lo stanco e malato capo socialista quando era in vita.
Eredità politica
La forte personalità di Bettino Craxi incise in tal modo sulla strutturazione stessa del PSI da determinarne, dopo la sua uscita di scena e anche a causa delle inchieste di Tangentopoli, il rapido e repentino disfacimento.
Oggigiorno, molti esponenti socialisti già a lui fedeli hanno aderito a Forza Italia, il partito di Silvio Berlusconi (tra gli altri, la figlia Stefania, candidatasi per le elezioni politiche del 2006, Fabrizio Cicchitto e Giulio Tremonti), altri ancora sono rimasti a sinistra aderendo al piccolo partito dei Socialisti Democratici Italiani, guidato da Enrico Boselli (tra cui Intini e Ottaviano Del Turco), o addirittura confluendo nei DS (la Federazione Laburista di Valdo Spini e i Riformatori per l'Europa di Giorgio Benvenuto). Anche la corrente di maggioranza della CGIL (oggi vicina ai DS) è guidata da un ex-craxiano, Guglielmo Epifani; socialista era anche il giurista del diritto del lavoro Marco Biagi, poi assassinato dalle Brigate Rosse.
Il partito che pare il più diretto erede della politica craxiana è il Nuovo PSI, che vede nelle sue file uno dei più importanti esponenti socialisti degli anni ottanta, Gianni De Michelis, già ministro degli esteri; tuttavia, De Michelis e Bobo Craxi, suo figlio primogenito, a seguito di un infuocato congresso celebratosi verso la fine del 2005 si sono contesi con reciproche contestazioni la guida del partito, con strascichi anche giudiziari.
L'oggetto del contendere furono le alleanze politiche: Bobo Craxi intendeva far entrare il Nuovo PSI, che finora ha appoggiato i governi berlusconiani, nell'Unione di centrosinistra, mentre De Michelis, pur concordando nel ridiscutere il rapporto con Berlusconi, si dichiarò contrario a questa alleanza; anche Stefania Craxi, in contrapposizione con Bobo, si è fermamente opposta ad un passaggio nella coalizione prodiana. Tuttavia Bobo Craxi ha fondato una sua lista in appoggio della coalizione dell 'Ulivo, denominata I Socialisti.
A parte queste contese strettamente partitiche, l'eredità politica di Craxi è oggi contesa da parte del centrodestra (Forza Italia e Nuovo PSI), ma anche dal centrosinistra. Infatti, oltre ai nuovi Socialisti di Bobo Craxi, proprio l'attuale segretario dei DS Piero Fassino (nel suo libro Per passione) ha espresso una visione positiva nei confronti di Craxi giudicando la sua azione migliore di quella berlingueriana: nell'opera il politico piemontese ha infatti rimproverato Berlinguer per aver avuto "una strategia fallimentare"; un giudizio, questo, condiviso da moltissimi dirigenti della maggioranza diessina.
Tali considerazioni hanno incontrato sicuramente il favore di molti socialisti (tra cui De Michelis e Bobo Craxi) ma il disappunto di gran parte della sinistra italiana, tra cui esponenti del "correntone" dei DS, erede delle posizioni di Berlinguer e tra l'altro legato al movimento dei girotondi e a settori della società civile che hanno fatto della lotta alla corruzione uno dei temi principali del loro programma politico.
Nel libro Segreti e Misfatti, scritto dal suo fotografo personale e amico fidato fino agli ultimi giorni tunisini Umberto Cicconi, si scoprono molti retroscena curiosi ma anche di grande valore politico, storico ed umano.
La "fondazione Craxi"
La Fondazione Craxi è nata il 18 maggio 2000 allo scopo di tutelare la personalità, l’immagine, il patrimonio culturale e politico dello stesso Craxi, che va dal 1976 al 1992, attraverso la raccolta di tutti i documenti storici che riguardino la storia politica dello statista socialista. La fondazione è stata creata e successivamente amministrata dalla figlia Stefania.
Ha due sedi: la principale è a Roma mentre l'altra si trova ad Hammamet, in Tunisia, luogo dove è sepolto l'ex Presidente del Consiglio.
Voci correlate
Altri progetti
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Collegamenti esterni
- Craxi: Fallen kingpin. Articolo sulla morte di Bettino Craxi effettuato dalla BBC in Inglese.
- Craxi sui gradini del Raphael nella notte della gogna pubblica Articolo de Il Giornale sugli avvenimenti del 30 aprile 1993, giorno del famoso lancio delle monetine.
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