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Bozza del Borgo Porta Nova (Vicenza)
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'''Borgo Porta Nova''' (chiamato nella sua parte originaria '''Borgo Santa Croce''') è lail partequartiere del [[centro storico di Vicenza]] sviluppatasisviluppatosi in piccola parte durante il Medioevo ma soprattutto in età moderna nell'area a ovest del [[Bacchiglione]] compresa tra il fiume e [[Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza#Le mura scaligere di Borgo Porta Nova|la cinta fortificata scaligera costruita nel XIV secolo]].
 
== Storia ==
=== Origine dei nomi ===
* '''Borgo''' indica l'espansione della città al di fuori della cerchia delle [[Mura (fortificazione)|mura]]<ref>[http://www.treccani.it/vocabolario/borgo/ Voce ''Borgo'' nel vocabolario Treccani]</ref>; questo significato è stato appropriato per SanPorta Nova e Santa PietroCroce fino al 1370, quando fu costruita dagli Scaligeri la secondaterza cerchia di mura, proprio per rinchiudere e proteggere illa Borgo;parte daa quelnord momentoovest indella poi,città; al di là della cinta muraria sirimase sonoil formati nuovi borghi, come [[Borgo Santa Lucia (Vicenza)|quelli di Santa Lucia]], di Padova e di Casale. San PietroFelice divenne un quartiere della città.
* '''Porta Nova'''.
* '''San Pietro''', a partire dall'Alto Medioevo il nome indicò la prossimità con il [[Chiesa e monastero di San Pietro|monastero delle monache benedettine]], che a quel tempo rappresentava il sito più importante della zona.
* '''Santa Croce'''.
* '''Trastevere''', il toponimo fu acquisito nel 1891, quando il nome della piazza principale, dal quale si dipartono tutte le contrade del Borgo, fu cambiato da piazza degli Angeli a quello di [[XX Settembre]] (la data della "[[breccia di Porta Pia]]"), per indicare che si trattava del quartiere più popolare della città, come il [[Trastevere]] lo era di [[Roma]].
* '''''Republica de san Zulian''''', il nome fu utilizzato all'inizio del [[Novecento]] per indicare l'autonomia del quartiere popolare che provvedeva, almeno in parte, al sostentamento dei ricoverati nell'[[Chiesa di San Giuliano (Vicenza)#L'Istituto Salvi|Ospizio di San Giuliano]] (l'Istituto Salvi)<ref>{{cita|Franzina, 2003|p. 184}}</ref>.
 
=== Epoca antica ===
Nel 148 a. C., quando i Romani costruirono la [[Via Postumia]] per collegare [[Genova]] con [[Aquileia]], passando attraverso il villaggio di Vicenza - allora abitato dai Veneti, loro alleati - edificarono un ponte per attraversare il fiume [[Astico]] (che un millennio più tardi sarebbe stato sostituito dall'attuale [[Bacchiglione]]). Il ponte - che aveva un orientamento diverso dall'attuale - era a tre arcate di pietra, una quarta fu aggiunta nel 1570 su progetto del Palladio<ref>Il disegno è pubblicato ne ''[[I quattro libri dell'architettura]]'', XV, 224, {{cita|Sottani, 2012|p. 21}}</ref>.
 
Al di là del ponte, staccandosi dalla Via Postumia che di dirigeva verso nord-est, iniziava anche un'altra strada romana che collegava Vicenza con Padova. È molto probabile che già a quel tempo, in epoca romana quindi, lungo queste due strade - poi chiamate contrà Santa Lucia e contrà della Fontana Coperta - si fossero sviluppati nuclei di abitazioni che in seguito formarono il borgo.
 
=== Medioevo ===
Intorno al IX-X secolo fu costruita intorno alla ristretta area urbana la cinta di mura altomedievali, con la porta di San Pietro<ref>I cui ultimi resti andarono perduti quando a fine Ottocento venne rifatto il ponte</ref> che consentiva il transito alle parti della città al di là del fiume e che dava loro il nome di ''Porsampiero'', secondo la vecchia dizione e le descrizioni del Castellini<ref>Silvestro Castellini, ''Storia della città di Vicenza... sino all'anno 1630'', 1822</ref>; in quel periodo è certa la formazione del borgo articolato in contrade, che vengono citate nel Decreto edilizio vicentino del 1208<ref>{{cita|Franzina, 2003|pp. 33-34}}</ref>.
 
==== Il borgo di San Vito e la contradaborghetto di Santa LuciaCroce ====
Lungo l'antica Via Postumia in quel periodo si formò il borgo di San Vito, il cui nome faceva riferimento all'[[Abbazia di San Vito (Vicenza)|omonima abbazia benedettina]], eretta sul luogo in cui oggi si trova il [[Cimitero acattolico di Vicenza|Cimitero acattolico]]. Essendo al di fuori delle [[Mura di Vicenza|mura cittadine]], la chiesa aveva il [[fonte battesimale]] e la cura d'anime su un ampio territorio, esteso fino alla pieve di Santa Maria di [[Bolzano Vicentino]].
 
==== La cinta muraria scaligera ====
Nel 1206 l'abbazia fu assegnata ai [[Camaldolesi]] che nel 1314 acquistarono un edificio più vicino alla città e al suo posto costruirono un [[Oratorio (architettura)|oratorio]] dedicato a [[santa Lucia]]<ref>{{cita|Mantese, 1958| p. 222}}</ref>; questo portò un ulteriore sviluppo del borgo.
{{vedi anche|Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza#Le mura scaligere di Borgo Porta Nova}}
 
[[File:Mr scaligere Mazzini-3.jpg|thumb|Mura scaligere occidentali in viale Mazzini]]
Nel 1370, l'erezione delle mura scaligere inglobò nella città la parte più popolosa e benestante di esso e la parte che ne rimase fuori da allora fu chiamata [[Borgo Santa Lucia (Vicenza)|borgo di Santa Lucia]]<ref name= Sottani >{{cita|Sottani, 2012|pp. 191-93}}</ref>, mentre la parte interna ''contrà de Santa Lùssia'', o contrada di Santa Lucia.
[[File:Porta S.Croce-1.jpg|thumb|Porta Santa Croce]]
[[File:Pt S.Croce-1.jpg|thumb|La Torre di Porta Santa Croce]]
 
Dagli Statuti comunali del 1264 si ricava che a quell'epoca, a protezione dell'abitato che si stava sviluppando fuori della cinta altomedievale verso nord e verso ovest, era stata scavata una fossa, che dal Bacchiglione portava l'acqua fin nei pressi di Porta Feliciana.
==== La contrada di San Pietro ====
Lo sviluppo urbano riguardava i due borghi di Porta Nova - che da detta porta andava fino all'ospitale e alla [[chiesa di Santa Croce (Vicenza)|chiesa di Santa Croce]] - e di San Felice - che andava da Porta Feliciana all'abbazia e dove già esistevano alcuni ospitali con relative chiese<ref>Erano la chiesetta di Santa Maria Maddalena, con annesso ospedale della Misericordia costruiti probabilmte verso la metà del XIII secolo, la chiesa di San Nicolò, con un ospizio per lebbrosi che poi fu trasferito a San Lazzaro e la chiesa di San Martino, all'angolo tra la strada per Verona e l'attuale Viale Mazzini</ref>.
{{vedi anche|Chiesa e monastero di San Pietro|Chiese altomedievali di Vicenza#Sant'Andrea}}
[[File:Chiesa di San Pietro - Andrea-1.jpg|thumb|Pala del Martirio di Sant'Andrea, attribuita ad [[Alessandro Maganza]], già nella chiesa di Sant'Andrea]]
Prima del X secolo a poca distanza dalla sponda sinistra del fiume fu fondato il monastero benedettino di San Pietro, dapprima probabilmente maschile, poi femminile<ref>Vi sono opinioni diverse sul momento in cui esso divenne un monastero femminile. Secondo il Mantese lo era già nella prima metà dell'XI secolo, secondo altri lo divenne qualche decennio dopo, {{cita|Mantese, 1954|pp. 46-47, 533}}</ref>. Durante l'Alto Medioevo esso ebbe una vita difficile, quasi certamente subì le scorrerie degli [[Ungari]] agli inizi del X secolo e forse fu distrutto; nel 977 un ''privilegium'' del vescovo Rodolfo lo definiva "quasi annientato e deserto di ogni culto monastico e divino ufficio". Dopo il Mille i [[Diocesi di Vicenza|vescovi]] assegnarono in feudo alle benedettine una notevole quantità di possedimenti, tutt'intorno al monastero ma anche altri in tutto il territorio vicentino.
 
Un secolo più tardi gli Scaligeri, nell'estremo tentativo di consolidare il territorio rimasto ancora sotto il proprio dominio, maturarono l'idea di fortificare la zona di nuova espansione ma, data l'estensione complessiva della zona e la necessità di restringere l'area da difendere, decisero l'abbandono di borgo San Felice che, a parte le chiese e gli ospitali, fu raso al suolo<ref>Questa drastica operazione spiega il ritardo nello sviluppo del borgo, che giunse molto più tardi in avanzata fase del dominio veneziano, quando ormai cioè non vi erano più ragioni militari a limitarlo. {{cita|Barbieri, 2011| pp. 115-16}}</ref>.
Dal monastero dipendevano anche altre chiese, alcune all'interno del borgo San Pietro, come quella di San Vitale, prospiciente la piazza sulla quale si affacciava il monastero, sull'area in cui nell'Ottocento fu costruito l'Istituto Trento
<ref>Doveva essere già scomparsa nel XVI secolo, perché non si vede nella ''[[Pianta Angelica]]'' del 1580; se ne vede però ancora il campanile nella pianta del Monticolo del 1611. Aristide Dani, in {{cita|AA.VV., 1997| p. 27}}</ref>, e quella di Sant'Andrea, nei pressi della Corte dei Roda<ref>Le monache la fecero restaurare nel 1536; fu abbattuta durante il periodo napoleonico, {{cita|Mantese, 1958|p. 223}}; {{cita|Mantese, 1964| p. 448-89}}</ref>.
 
Non è chiaro quando iniziarono i lavori di costruzione del fortilizio della Rocchetta, che precedettero quelli di edificazione di Porta Santa Croce - il cui nome fu mutuato dalla vicina chiesa dei Crociferi - e del nuovo tratto di mura che raccordava le due rocche, che molto probabilmente fu costruito lungo la fossa già esistente. Per racchiudere il nuovo borgo, infine, furono costruiti gli ultimi due tratti che raccordavano la nuova cortina alla cinta medioevale. A nord le mura da Porta Santa Croce seguivano per un tratto la riva destra del Bacchiglione (fino al punto in cui in seguito fu costruito il Ponte Novo) per proseguire quindi lungo l'attuale contrà Mure Carmini e agganciarsi alle mura altomedievali presso la primitiva Porta Nova. A sud, dalla Rocchetta le mura puntavano verso il Castello e si collegavano a quelle più antiche, più o meno dove oggi si trova la salita di contrà ''Ponte dele Bele''.
La chiesa di Sant'Andrea è citata in documenti del 1129 e del 1166, mediante i quali la badessa di San Pietro investiva gente del posto di terreni e case nella zona vicino alla chiesa. Dal XIII al XV secolo fu sede parrocchiale, il che testimonia l'esistenza della contrada, officiata da un sacerdote secolare nominato dalla badessa del monastero.
 
La lunghezza complessiva della nuova cinta era di 1680&nbsp;m.
Agli inizi del Quattrocento la chiesa risulta fosse abbandonata e cadente, anche perché si trovava in un'area spesso alluvionata dalle esondazioni del Bacchiglione<ref>{{Cita|Mantese, 1958|p. 223}}</ref>.
 
Il nuovo tratto racchiudeva così un'area non ancora abitata che, per volontà di [[Antonio della Scala]], fu dotata di un tracciato viario ad assi ortogonali, con isolati regolari di notevoli dimensioni, che lasciava ampie fasce inedificate a protezione del perimetro difensivo. Nel tempo, dentro al recinto si sviluppò un'edilizia privata non molto intensiva, allineata lungo le strade e che lasciava larghi vuoti interni di orti e giardini, in una dignitosa uniformità piuttosto aliena da esiti monumentali e intervallata da frequenti e imponenti complessi di Ordini religiosi<ref>{{cita|Barbieri, 2011| p. 118}}</ref>.
==== Il borgo di Porta Padova ====
{{vedi anche|Chiesa di San Giuliano (Vicenza)}}
Situato lungo una delle due principali strade che uscivano dalla città attraverso la ''Porsanpiero'', sicuramente il borgo era esistente nell'Alto Medioevo. Nel 1270 le [[Ordine di San Benedetto|benedettine]] di San Pietro affittarono un appezzamento di terreno per costruire "un ospitale per benefizio dei poveri", chiamato ''Chà di Dio'', la cui chiesa, intitolata a san [[Giuliano l'ospitaliere]], risulta esistente fin dal 1319, annessa all'ospitale per mendicanti e [[pellegrinaggio|pellegrini]] che transitavano sulla strada tra Vicenza e [[Padova]].
 
La costruzione delle mura comportò alcune modifiche al percorso del Bacchiglione e della roggia Seriola - che divennero i fossati di completamento - e rispettò l'integrità della vecchia cinta. Questo fatto mantenne l'identità del nucleo storico cittadino, al punto che le nuove inclusioni furono ancora chiamate, dagli storici locali come nel linguaggio corrente, i ''borghi'' della città.
Quello di San Giuliano fu in quest'epoca uno tra i più importanti ospitali situati nei dintorni della città, tanto che nel 1295 alcuni privati cittadini si proposero di aiutarlo economicamente per essere partecipi dei frutti spirituali delle opere di pietà e carità<ref>{{cita| Mantese, 1958| pp. 519-20}}</ref>. Rimasto tuttavia fuori della [[Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza#Le mura scaligere di Borgo San Pietro|cinta di mura fatta costruire dagli Scaligeri]] nel 1370<ref>{{cita|Sottani, 2012| p. 242}}</ref>, cessò di funzionare intorno alla metà del XV secolo.
 
; La Porta Nova
La chiesa, comunque, continuò a essere officiata e anzi nello stesso periodo ebbe arredamenti e [[Restauro architettonico|restauri]]. Diventata proprietà della municipalità cittadina, dopo il ritiro delle benedettine, fu associata alla [[Chiesa di San Vincenzo (Vicenza)|chiesa di San Vincenzo]] e le fu attribuita la cura d'anime nel territorio circostante. Divenne tradizionale luogo di incontro tra la cittadinanza e i vescovi - quasi tutti veneziani nel XV secolo - nel giorno del loro ingresso nella [[Diocesi di Vicenza|diocesi vicentina]]<ref>{{cita| Mantese, 1964| p. 1039}}</ref>.
 
La nuova cinta del borgo, però, rendeva difficile l'ingresso e l'uscita dalla città, dato che aveva solo due porte: Santa Croce e Porta Castello. Intorno al 1392, accogliendo una supplica dei vicentini, [[Gian Galeazzo Visconti]] concesse loro di aprire una terza porta vicino alla Rocchetta, chiamata anch'essa Porta Nova come la prima - vicina alla [[Chiesa di San Lorenzo (Vicenza)|chiesa di San Lorenzo]], porta dalla quale aveva ricevuto questo nome il borgo - e che in seguito venne chiamata il ''portone di Porta Nova''<ref>{{cita|Mantese, 1958| pp. 372-74}}; {{cita|Barbieri, 2011| p. 125}}</ref>.
Tutto questo fa pensare che anche dopo il 1370, nonostante la costruzione delle mura avesse ridotto a contrada la parte interna dell'abitato, la parte esterna del borgo sia rimasta in notevole comunicazione con la prima, favorita dal fatto che la porta, in periodo veneziano, aveva solo una funzione di barriera per la riscossione del dazio.
 
Dalla relazione che, agli inizi del Novecento quando ormai si parlava di demolirla, ne fece l'ingegnere Vittorio Saccardo, appare che: ''la sua struttura murale era veramente ammirabile, tanto per la qualità e la lavorazione dei materiali, quanto per l'accuratissima esecuzione. Era anche fortissima. L'alta mole merlata era protetta, all'esterno, dalla fossa larga e profonda, nella quale si immetteva l'acqua della Seriola; ponti levatoi e solide imposte di quercia erano all'entrata principale esterna e alla postierla; imposte di quercia e saracinesca, con sovrastanti piombatoi, proteggevano l'entrata interna; infine, a completare la difesa, ergevasi, di fianco alla porta, un'altra, formidabile torre''<ref>Citato da {{cita|Giarolli, 1955| pp. 366-67}}</ref>
==== Il borgo delle Roblandine (o di San Domenico) ====
Il nome di questo borgo - e quindi la testimonianza della sua esistenza nel XIV secolo - come uno tra i ''burgorum Sancti Petri Civitatis Vincentie'' è citato nel "Testamento di Guglielmo Bolognini" del 1377<ref>Riportato nella ''Storia del monistero di Santo Francesco di Vicenza'', 1789, p. 111 di [[Gaetano Maccà|Gaetano Girolamo Maccà]]</ref>.
 
;Percorso (con riferimento alla toponomastica attuale)
Si trattava dell'abitato intorno al convento di San Domenico, fatto costruire intorno al 1264 dalle [[domenicane]]; completamente rifatti nel XV secolo e successivi<ref>{{cita|Mantese, 1954|p. 489}}</ref>, chiesa, chiostri ed edifici del convento sono attualmente sede del [[Conservatorio Arrigo Pedrollo|Conservatorio di musica "Arrigo Pedrollo"]].
 
Questa parte della cinta rappresenta ancora, nonostante le passate manomissioni, il più consistente e integro resto delle fortificazioni cittadine e, a buona ragione, viene valorizzata nel tratto esterno di viale Mazzini, dove il marciapiedi ricopre la fossa della Seriola ormai colmata e delimita il largo prato che costituiva in antico la ''Piarda delle Rason Vecchie''<ref>''Rason Vecchie'' era il nome del Demanio Veneto</ref>. Caratteristica è la struttura del muro di pietre listato con mattoni - tipica tradizione scaligera -ogni 75–80&nbsp;cm.: in questa cortina fu introdotta l'innovazione della ''torre pentagonale a puntone'' - frutto dell'architettura militare trecentesca nel Veneto - che offriva una miglior difesa contro il fuoco della nascente artiglieria.
==== La cinta muraria scaligera ====
{{vedi anche|Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza#Le mura scaligere di Borgo San Pietro}}
[[File:Porta S.Lucia-3-2.jpg|thumb|Porta Santa Lucia, vista dall'omonima contrà]]
[[File:Mura scaligere est-2.jpg|thumb|Mura scaligere in via Legione Gallieno]]
Nel XII e XIII secolo la città si arricchì ed espanse; la sua parte orientale al di là del Bacchiglione, formata da diversi piccoli borghi (San Vito, Lisiera, Roblandine, Camisano e San Pietro, secondo le denominazioni attribuite dal Castellini<ref>Silvestro Castellini, ''Storia della città di Vicenza ... sino all'anno 1630'', che si richiama ad alcuni documenti dell'archivio del monastero di San Pietro</ref>) all'inizio del Trecento era già densamente abitata, sviluppatasi in contrade sorte lungo le cinque strade che si aprivano a raggiera dal ponte ''Porsampiero''.
 
La Porta di Santa Croce, in particolare, fiancheggiata a est da una torre e quasi intatta nell'interna “corte d'arme”, resta ormai unico esempio della tipologia fortificatoria scaligera, data anche la totale scomparsa delle porte coeve di Verona<ref>Sono qui ancora visibili, attorno alle aperture d'accesso, gli ''sfondati'' nella muratura destinati ad accogliere, quando alzati, i ponti levatoi: e di essi, recenti scavi hanno scoperto le strutture di appoggio, quando abbassati. Sopra, si ritagliano le sedi, lunghe e strette, per i due paralleli ''bolzoni'' in legno, leve del passaggio carraio, nonché per la ''forcola'' in ferro, leva della passerella pedonale. {{cita|Barbieri, 2011| pp. 119-20}}</ref>.
Secondo il Castellini, questo borgo complessivo era delimitato e protetto da un fossato almeno dal 1182, al quale dal 1344 gli Scaligeri - dopo la disfatta loro inferta dalla coalizione veneto-fiorentina - avevano aggiunto degli spalti, cioè un terrapieno che obbligava il passaggio soltanto attraverso cinque porte (o meglio cinque varchi) intervallate da “[[Battifredo (torre)|battifredi]]”, una sorta di torri lignee di vedetta<ref>{{cita|Mantese, 1958|p. 271}}, {{cita|Barbieri, 2011|p. 97}}</ref>.
 
Partendo da contrà Ponte delle Bele, la cinta muraria resta sempre a sinistra di contrà Mure Porta Nova, dove il muro è stato demolito negli anni cinquanta del secolo scorso, per far posto ai padiglioni di esposizione della fiera campionaria. Qui, all'incrocio con l'omonima contrà, c'era la Porta Nova che, ridotta in cattivo stato, nel luglio 1926 venne fatta saltare in aria mediante una carica di esplosivo<ref>{{cita|Barbieri, 2011| p. 123}}</ref>.
 
Il muro prosegue per contrà Mure della Rocchetta, fino ad arrivare al fortilizio. Di lì, piegando ad angolo retto verso nord, continua per contrà Mure San Rocco e Mure Corpus Domini fino a Porta Santa Croce. Da questa porta le mura - ora sostituite dalle case di contrà del Borghetto - seguivano il corso del Bacchiglione fino a Ponte Novo, per puntare poi verso il centro lungo contrà Mure Carmini e contrà Beccariette, fino ad innestarsi presso la Porta Nova, che si trovava dove oggi si incrociano corso Fogazzaro e contrà Pedemuro San Biagio.
 
<gallery widths=160>
File:Scaligere ovest-3.jpg|Mura scaligere occidentali in contrà Mure Carmini
File:Scaligere ovest-1.jpg|Mura scaligere occidentali in viale Mazzini
File:Scaligere ovest-2.jpg|Mura scaligere occidentali in viale Mazzini
File:Mr scaligere Mazzini-6.jpg|Mura scaligere occidentali
File:S.Croce-5b.jpg|Porta Santa Croce
File:S.Croce-6.jpg|Tratto di mura scaligere presso Porta Santa Croce
File:Porta S.Croce-3.jpg|Porta Santa Croce
</gallery>
 
; La Seriola e il Bacchiglione a protezione delle mura occidentali
Questi varchi erano - partendo dalla prima contrada orientata verso nord e continuando in senso anti-orario - la porta del borgo di San Vito o di Santa Lucia che portava alla [[Abbazia di San Vito (Vicenza)|coltura di San Vito]]; quella del borgo di Lisiera; la porta delle Roblandine, alla fine dell'attuale contrà San Domenico; quella di Camisano o delle Torricelle o di Padova, che volgeva in direzione di Padova e infine la porta di Camarzo<ref>Lo stesso toponimo del Campo Marzo, a indicare una zona ancora paludosa</ref>, posta vicino al [[Chiesa e monastero di San Pietro (Vicenza)|monastero di San Pietro]].
 
Nel punto in cui le nuove mura intercettavano la [[roggia Seriola]], poco a sud di Santa Croce, fu creata una derivazione<ref>Il fatto venne raccontato dal cronista [[Conforto da Costozza]] nei suoi ''Frammenti di storia vicentina'' e descritto nelle mappe del Cinquecento</ref> per far scorrere l'acqua a fianco della cinta, aggirare la Rocchetta - dove un'ulteriore derivazione consentiva di isolare completamente il fortilizio - e continuare, sempre seguendo le mura, fino al Castello<ref>{{cita|Sottani, 2012| pp. 237-41}}</ref>.
Per evitare un ulteriore rischio di disastrose devastazioni, avvenute in questo borgo durante le guerre con i padovani, intorno al 1370 [[Cansignorio della Scala]], ''insospettito dalla discordia insorta tra i veneziani e Francesco di Carrara, così vicini al suo stato, fece maggiormente fortificare la città di Vicenza, e cinse le mura di tutto il borgo di San Pietro, che era solamente difeso da una gran fossa e da un terrapieno; e invece di una porta che era al ponte degli Angeli ne fece fare tre ...''<ref>Così scrive il Castellini, {{cita|Giarolli, 1955|p. 507}}</ref>, lasciando appunto solo tre porte - Santa Lucia, Padova e Camarzo - e facendo chiudere quelle delle Roblandine e di Lisiera. Un paio di secoli più tardi, nel 1560, le monache di San Pietro fecero chiudere anche la Porta di Camarzo<ref>{{cita|Mantese, 1958| pp. 371-72}}</ref>.
 
Sul lato orientale, invece, la cinta era protetta da una piarda triangolare, che si era creata tra la vecchia e la nuova cinta e il Bacchiglione.
La nuova cinta muraria iniziava a poche decine di metri dall'attuale ponte degli Angeli sulla riva sinistra del Bacchiglione, continuava sul lato esterno di contrà Torretti (il cui toponimo ricorda le piccole torri che scandivano il decorso delle mura<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 506}}</ref>) e per contrà Mure Araceli, dove si apriva la Porta Santa Lucia. Di qui senza interrompersi proseguiva all'esterno delle contrà Mure Santa Lucia, Mure San Domenico e Mure Porta Padova. Nel punto in cui quest'ultima stradina - ora interrotta - sboccava in contrà Porta Padova, si ergeva l'omonima porta, della quale ora rimane un modesto rudere poco prima dell'incrocio con viale Margherita. Il muro è ancora discretamente conservato fino all'incrocio con contrà San Pietro, dove si ricollegava con il Bacchiglione - che, a quel tempo, formava un'ansa verso est, scorrendo praticamente parallelo all'attuale via Nazario Sauro - e si apriva la Porta di Camarzo. La lunghezza complessiva della cinta era di circa 1220&nbsp;m.
 
=== Età moderna ===
[[File:PiantaVicenza Angelicaamplissima map 1588 Borgo PusterlaPorta Nova-1.jpg|thumb|upright=1.8|La ''PiantaVicenza Angelicaamplissima'' disegnata nel 1580 -1588, particolare con dicitureBorgo aggiuntePorta Nova<ref>''(apprezzabiliVicenza con ingrandimento)amplissima'', in [Georgius Braun, Simon Nouellanus, Franciscus Hogenbergius], Liber quartus Ciuitates orbis terrarum, Colonia, 1588. Vicenza, Biblioteca Civica Bertoliana</ref>]]
Dai registri e dagli elenchi del Cinquecento si ricava che lo spazio all'interno della cinta muraria già allora si presentava caratterizzato da un maggior addensamento demografico e da un tasso di popolarità superiore a quello di altre parti della città. Dal XVI al XVIII secolo le famiglie del borgo (l'insieme delle parrocchie di Santa Lucia e di San Pietro, comprese alcune frazioni presenti nelle colture da esse dipendenti) rappresentavano quasi un quarto della popolazione cittadina<ref>{{cita|Franzina, 2003|pp. 39-42}} in cui riporta alcune tabelle del tempo</ref>.
 
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=== Età contemporanea ===
==== La chiusura dei conventi. L'impoverimento e il degrado del quartiere ====
Dopo la caduta della Serenissima nel 1797 e le campagne napoleoniche che ebbero ripercussioni negative sulla città e sul territorio,
Dopo la caduta della Serenissima nel 1797 e le campagne napoleoniche che ebbero ripercussioni negative sulla città e sul territorio, vi fu un lento ma progressivo declino dell'economia cittadina, determinato soprattutto dalla diminuzione, e poi dalla scomparsa, del lavoro e quindi del tessuto sociale collegati alla produzione della seta. A differenza di quanto avvenne nell'[[Alto Vicentino]], la gravissima crisi investì particolarmente il capoluogo dove, in seguito all'introduzione del telaio meccanico, ne risentirono quelli che erano stati fino ad allora i fiorenti [[seta|setifici]], i cui imprenditori non seppero far fronte alle nuove esigenze del mercato internazionale e persero i mercati<ref>Adriana Chemello, Giovanni Luigi Fontana, Renato Zironda e Il giornale di Ottavia Negri Velo, a cura di Mirto Sardo, con la revisione di Maria Letizia Peronato, ''L'aristocrazia vicentina di fronte al cambiamento, 1797-1814'', Vicenza, Accademia Olimpica, 1999, pp. 93-678</ref>. L'impoverimento - che durò per quasi tutto il XIX secolo - si fece sentire particolarmente nei quartieri dove viveva la popolazione più umile, come quelli di San Felice e di San Pietro.
 
==== Le istituzioni sanitarie ====
Durante le epidemie di colera del 1836, del 1849, del 1855 e del 1867, il morbo e i decessi si ebbero soprattutto nei quartieri più poveri che, per la scadente e insalubre struttura delle case e per la troppo alta densità della gente che abitava in spazi ristretti, ne erano più soggetti; questo accadde regolarmente in contrà San Pietro e nella Corte dei Roda.
* Centro antitubercolare
 
* Servizio psichiatrico
[[File:Contrà SLucia-5.jpg|thumb|left|Targa con il livello raggiunto dalla piena del 1882, circa 180 cm.]]
Il ripetersi ogni pochi anni delle alluvioni - la più importante fu quella del 1882 - a discapito delle zone più basse della città, come quelle d'oltre Bacchiglione, le più penalizzate dalle piene disastrose del fiume (contrà Torretti, Santa Lucia, la Corte dei Roda) con la conseguenza di aumentarne il degrado. In quegli anni, però, si intensificarono importanti segnali di solidarietà e di aggregazione popolare delle contrade<ref>{{cita|Franzina, 2003|p. 90}}</ref>.
 
Anche dopo l'annessione del Veneto al [[Regno d'Italia (1861-1946)|Regno d'Italia]], cioè dopo il 1866, continuò il degrado del quartiere (''"Un borgo desfortunà"'') in tutte le sue contrade: San Pietro con la Corte dei Roda<ref>''Tra tute le strade che se distingue per indecenza, ghe xe anca quella del S.Piero. No parlemo dei porteghi, che un momento o l'altro speremo che i vada zò, né della pelateria l'odor che parte da la quale dimostra a ciare note … che se dovaria mandarla fora da una porta distante''</ref>, Porta Padova<ref>''Quell'indegno ciotolato che da la chiesa de S.Giulian conduse fin zo dal borgo''</ref> e Santa Lucia; lo sottolineano diversi articoli dei giornali locali, che accusano i ''siori del Comune'' di non volersene interessare<ref>I brani sono riportati da {{cita|Franzina, 2003|pp. 88-89}}</ref>.
 
Nella seconda metà del secolo, soprattutto in questo quartiere, vi fu un aumento graduale anche se non vistoso della popolazione cittadina, dovuto non solo al maggior numero di nati rispetto a quello dei morti, ma principalmente all'immigrazione dalle campagne in città, determinata da operai in cerca di lavoro e da poveri che i comuni della provincia spingevano verso la città per diminuire i costi del loro mantenimento.
 
==== La nascita di Istituti assistenziali e religiosi ====
{{vedi anche|Storia delle istituzioni assistenziali di Vicenza#Dagli inizi dell'Ottocento alla fine della prima guerra mondiale}}
 
* San Rocco
* Checozzi
* Istituto Novello
* Fondazione Cordellina (profughi giuliani)
 
Un mutamento di conformazione del quartiere fu dato anche dal concentrarsi in esso di istituzioni cittadine di assistenza che, sommate a quelle religiose, lo rendevano non più la residenza di classi laboriose seppur poco abbienti, quanto piuttosto un luogo deputato alla raccolta e al controllo di quote instabili ed emarginate di popolazione povera<ref>{{cita|Franzina, 2003|pp. 55, 77-78}}</ref>.
 
; L'Istituto Ottavio Trento
[[File:Chiesa di San Pietro (Vicenza)-8.jpg|thumb|Chiostro del [[Chiesa e monastero di San Pietro|monastero di San Pietro]], dall'Ottocento sede dell'Istituto Trento]]
Nel 1810 il nobile vicentino [[Ottavio Trento]]<ref>Sebastiano Rumor, ''Il conte Ottavio Trento. Ricordi e documenti nel primo centenario della sua morte'', Vicenza, 1912</ref> donò al Comune di Vicenza una somma cospicua per l'istituzione di una "Casa di lavoro volontario e semiforzato", al fine di dare una risposta allo stato di grave disagio in cui si trovavano i numerosi operai e artigiani rimasti sul lastrico con le loro famiglie in quegli anni di crisi economica; a questa donazione egli aggiunse poi nel suo testamento un ulteriore sostanzioso legato. Per realizzare l'opera, il Comune individuò il complesso dell'ex-monastero di San Pietro; i lavori di restauro cominciarono solo dopo la morte del donatore per concludersi nel 1814.
 
L'Istituto accolse dapprima ospiti anziani e bisognosi di assistenza, specialmente durante la stagione invernale; cinque anni più tardi iniziò ad accogliere anche i figli degli operai disoccupati, creando una sezione separata destinata all'istruzione professionale, per addestrare i ragazzi ad un lavoro artigianale; nel 1881 questa sezione fu spostata nell'Orfanotrofio maschile da poco istituito nel vicino ex-convento di San Domenico. Così l'Istituto Ottavio Trento - indicato dapprima come "Casa d'Industria e Lavoro a sollievo della mendicità", e quindi come "Casa di riposo per persone invalide o anziane prive di mezzi propri" - si specializzò sempre più nel ricovero di anziani poveri, attrezzandosi con strutture e personale adeguati all'evoluzione dei tempi<ref>{{cita|Reato, 2004|pp. 71-72}}</ref>.
 
; L'Istituto Salvi
Il conte [[Gerolamo Salvi]] che, come il Trento non aveva eredi, volle destinare quasi tutto l'ingente patrimonio familiare a sostegno delle persone più deboli e spesso abbandonate sul lastrico a mendicare; così con il testamento del 1873 costituì suo erede universale il Comune di Vicenza perché fondasse un asilo per i poveri, gli anziani e quanti soffrivano di menomazioni fisiche e mentali. Queste disposizioni furono realizzate con l'apertura dell'Asilo di mendicità negli ambienti dell'ex-convento di San Giuliano, opportunamente restaurati e attrezzati nel 1886.
 
; Il dormitorio pubblico
Dopo diversi passaggi di proprietà, nel 1888 [[palazzo Regaù]] divenne un [[dormitorio]] pubblico, lasciato all'incuria e al degrado, caratteristiche che lo contraddistinsero fino a tempi recenti, quando un accurato restauro lo restituì agli antichi splendori.
 
; L'Orfanotrofio di San Domenico
L'eccessivo affollamento dell'Orfanotrofio della Misericordia, verso la metà del secolo, rese necessaria una nuova sede per la sezione maschile, che fu trasferita nel 1861 in contrà San Domenico, dapprima nell'ex-convento delle cappuccine sotto la direzione dei [[Pavoniani|padri pavoniani]] e poi, risultando insufficiente e inadeguata anche questa sede, quattro anni più tardi nell'attiguo ex-convento delle domenicane. Qui furono allestiti alcuni laboratori per l'istruzione professionale e aule scolastiche per gli ospiti che - a norma di statuto - dovevano essere ragazzi e giovani "orfani o in stato di abbandono, i quali non possano essere convenientemente aiutati in seno alle loro famiglie" ed erano accolti a convitto o a semiconvitto; alla direzione dell'istituto furono chiamati sacerdoti diocesani.
 
; L'Istituto Farina
[[File:Istituto Farina-2.jpg|thumb|left|Istituto Farina delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori]]
Questa istituzione sorse nel 1836 per iniziativa del sacerdote e professore del [[Seminario vescovile di Vicenza]] - divenuto in seguito vescovo di [[Treviso]] e quindi di Vicenza - [[Giovanni Antonio Farina]], che nei primi dieci anni di sacerdozio prestava anche servizio come cappellano a San Pietro. In questa parrocchia, costituita per gran parte da famiglie operaie, nel 1827 era stata portata da don [[Luca Passi]] l'''Opera di Santa Dorotea'' e, nel febbraio dell'anno seguente, era stata istituita la ''Pia scuola di carità per le fanciulle povere''. Don Antonio Farina fin dagli inizi si prese a cuore l'Opera e nel 1831 la innestò nell'altra della Pia scuola che minacciava di estinguersi; fino al 1836 le maestre furono persone secolari non vincolate da voti, ma in quell'anno - sia per la difficoltà di trovare educatrici idonee e disponibili a tempo pieno, che per dare maggiore stabilità all'istituzione - il Farina favorì la costituzione di un gruppo di nuove maestre, che vivevano in comune e alle quali diede una regola<ref>Questa fu l'origine delle [[Suore Maestre di Santa Dorotea, figlie dei Sacri Cuori]], {{cita|Mantese, 1954/2|pp. 123-25}}</ref>.
 
In accordo con il vescovo [[Giovanni Giuseppe Cappellari|Cappellari]] e con le autorità civili, egli aprì la prima casa in contrà San Domenico e, grazie all'appoggio di alcuni benefattori, poté accogliervi le prime ospiti alle quali offrì, in un tempo in cui il ruolo della donna era spesso oggetto di emarginazione e di segregazione, un'educazione umanistica e morale, integrata dalla formazione professionale necessaria a un dignitoso inserimento nella società. Nel 1840 vi furono accolte, e seguite con appropriate tecniche didattiche, anche bambine cieche e sordomute<ref>Giovanni Antonio Farina, Felice De Maria, (a cura di Albarosa Ines Bassani), ''Memorie storiche sulla istituzione della Casa d'educazione in parrocchia di S. Pietro di Vicenza per le fanciulle povere ed abbandonate dai propri genitori'', Vicenza, 2011</ref><ref>L'"Effetà", l'opera di educazione delle sordomute iniziata dal Farina, fu spostato nel 1969 nella sede di [[Marola (Torri di Quartesolo)|Marola]]</ref>.
 
; L'Asilo per l'Infanzia
Il primo Asilo di Carità per l'Infanzia fu promosso da don [[Giuseppe Fogazzaro]], sacerdote, patriota e professore nel [[Seminario vescovile di Vicenza|Seminario vescovile]], il quale istituì un'apposita commissione direttiva che nel 1839 annunciò il progetto della fondazione del primo Asilo per l'Infanzia, modellato sull'esempio di altre città, sulla falsariga pedagogica e didattica del maestro [[Ferrante Aporti]] di [[Cremona]]. L'iniziativa mirava ad offrire all'infanzia un'adeguata assistenza ed educazione morale ed intellettuale, insieme con il sollievo e l'aiuto alle rispettive famiglie.
 
Nel luglio 1839 fu inaugurato in alcuni locali in piazza dell'Isola il primo Asilo per l'Infanzia con una quarantina di bambini provenienti dalle famiglie più povere della città, molte delle quali del quartiere oltre Bacchiglione. Il loro numero si accrebbe rapidamente, tanto che si rese necessaria per le fanciulle la collaborazione delle [[Suore maestre di Santa Dorotea, figlie dei Sacri Cuori|suore dorotee]].
 
; L'Oratorio femminile in contrà Santa Lucia
L'istituzione degli oratori parrocchiali a Vicenza è collegata al clima politico e sociale degli anni successivi all'unificazione nazionale, nell'ambito del movimento cattolico preoccupato di proteggere e sostenere i valori e le tradizioni religiose in una società di ispirazione liberale e talora anche massonica. In varie parrocchie nacquero così gli "oratori" dove, accanto all'insegnamento religioso e morale, si offrivano ai giovani occasioni di letture, giochi, gite, esibizioni teatrali, filodrammatiche, corali e strumentali, attività sportive. Venivano anche organizzati doposcuola per i più piccoli, corsi di addestramento professionale per le ragazze (le "scuole di lavoro") e per i giovani apprendisti<ref>{{cita|Reato, 2004|pp. 96-97}}</ref>. A Vicenza il primo di questi fu l'oratorio femminile gestito dalle Suore delle Poverelle in contrà Santa Lucia.
 
==== Il XX maggio 1848 a Porta Santa Lucia ====
[[File:Lapide 1848 Porta S. Lucia-1.jpg|thumb|left|Lapide sotto la Porta S. Lucia che celebra la resistenza del 1848]]
 
Quando nel 1848 in tutta Europa scoppiò una serie di moti rivoluzionari, l'esercito asburgico dovette ritirarsi nelle [[Fortezze del Quadrilatero]]; anche Vicenza fu sgombrata il 24 marzo e immediatamente si costituì un governo provvisorio. Il 20 maggio, però, la controffensiva austriaca guidata dal generale [[Nugent]] si portò sotto le mura di Vicenza tra porta Santa Lucia e Borgo Casale con 16.000 uomini che furono lanciati all'assalto, coperti dal bombardamento di sei cannoni; venne però sanguinosamente respinta dalla resistenza dei volontari vicentini coadiuvati dalle truppe regolari pontificie<ref>[http://www.cardinibruno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3:il-1848-vicenza&catid=1:tutto&Itemid=8 Bruno Cardini, ''Il 1848 a Vicenza'']</ref>.
 
Lo scrittore borghigiano Vittorio Meneghello narra che i popolani di Santa Lucia, artigiani e lavoratori, affiancarono sulle barricate i volontari e i soldati da Borgo Scroffa a Porta Padova. Anche il popolo minuto quindi si ribellò, accompagnando esponenti delle classi alte come il conte Camillo Franco "che aveva preteso che i suoi due figli si iscrivessero alla Guardia Civica" e come il canonico Luigi Maria Fabris, il protettore dei ''berechini''. [[Jacopo Cabianca]] scrisse che l'impegno della battaglia aveva richiamato alle armi persino i vecchi e le donne: "e le borghigiane di Santa Lucia non gareggiavano solo nell'assistere i feriti, ma anche nel preparare e porgere le munizioni ai combattenti, dietro lo schermo non invulnerabile delle barricate"<ref>{{cita|Franzina, 2003|pp. 56-58}}</ref>.
 
==== La rivitalizzazione del quartiere a fine Ottocento ====
Dopo la disastrosa alluvione del 1882 l'amministrazione comunale iniziò alcuni lavori: la riparazione dei selciati, l'abbattimento delle case vicine al ponte degli Angeli, opera che mise in risalto ''la stradela dei Toreti, che per quanto campestre, arborata e vitata, fa bela mostra dei so poco guereschi torrioni'', così come il risanamento di alcuni angoli soprattutto nella zona di San Pietro. Nel 1890, su iniziativa del titolare della tranvia cittadina, fu portata oltre il Bacchiglione la luce elettrica per l'illuminazione pubblica. Quest'azione di rifacimento ebbe anche il risvolto negativo della rivalutazione economica delle abitazioni del quartiere, il che portò ad un consistente aumento del costo degli affitti, aumentando quindi anche l'indigenza e il disagio della popolazione di queste zone già povere<ref>Questo traspariva dai dati dei morti per pellagra in città, dove il primato spettava appunto alle contrade di questo quartiere,{{cita|Franzina, 2003|pp. 90-92}}</ref>.
 
Negli ultimi due decenni del secolo i ''mestieri'' gestiti da singole persone - tipico della zona era quello delle ''lavandare'', linguacciute lavoratrici che dalle contrade scendevano alla Corte dei Roda - e da famiglie passarono sempre più alla condizione di mestieri operai e questo favorì l'aggregazione della popolazione. A [[palazzo Angaran]] avevano sede a fine secolo tre società operaie: la "Fratellanza", quella dei Falegnami e quella dei Macellai. Altro associazionismo qui presente era anche quello della Società Anticlericale e della Loggia Massonica intitolata a "[[Lelio Sozzini|Lelio Socino]]".
 
A fine Ottocento al di là del fiume vi era quindi il quartiere più popoloso e proletario, una sacca di contenimento delle povertà urbane e della vecchiaia impotente, un'area solcata da tensioni e da fermenti d'ordine sociale e culturale, ma anche uno spazio di associazionismo operaio, artigiano, politicamente filorisorgimentale e progressista.
 
In quel periodo erano già frequenti i momenti di ritrovo ludico comunitario in osteria, dove si incrementavano i processi di socializzazione politica e culturale del popolo minuto, caratterizzati da giochi, canti ma anche da litigi, spesso con i contadini del circondario che la domenica sera venivano a queste feste dalla campagna; importanti le trattorie di Benetto (che poteva accogliere oltre 300 persone) e "della Luna" di Soave, entrambe appena al di là della Porta Padova. Ogni tanto, nel corso dell'anno, vi erano banchetti sociali e appuntamenti politicamente significativi<ref>{{cita|Franzina, 2003|pp. 124-26}}</ref>.
 
==== La polemica sulla denominazione delle contrade ====
[[File:Piazzo XX Settembre-3.jpg|thumb|left|La colonna dell'Angelo in piazza XX Settembre]]
Nel 1895 la conquista della maggioranza nel consiglio comunale di Vicenza da parte dei cattolici, alleati con i moderati, determinò un consistente rinnovamento a livello della politica municipale, imprimendo un'importante accelerazione al processo di formazione del quartiere d'oltre Bacchiglione secondo le sue connotazioni più moderne<ref>{{cita|Franzina, 2003|p. 110}}</ref>.
 
Non era però conclusa, anzi era sempre più accesa, la polemica tra i fautori della monarchia sabauda e quelli del papa, da 25 anni ormai confinato nei palazzi vaticani.
 
Nell'ottobre 1895 un'istanza firmata da 395 cittadini fu presentata all'Amministrazione comunale per ottenere che alla piazza degli Angeli e alla contrà della Fontana Coperta venissero dati rispettivamente i nomi di piazza e di contrà XX Settembre, a ricordo della data della breccia di Porta Pia a Roma, avvenuta nel 1870. La Giunta del tempo, presieduta dal conte Antonio Porto, aveva fatta sua la richiesta e iscritta la relativa proposta all'ordine del giorno per l'approvazione del Consiglio comunale, quando pochi giorni prima dell'adunanza un'altra petizione firmata da 757 elettori pervenne al Comune perché fosse conservato alla via l'antico nome di Fontana Coperta e alla piazza degli Angeli venisse dato quello di piazza XX Maggio, a ricordo della giornata che aveva visto uno degli episodi della memorabile difesa del 1848.
 
Animata e non senza vivaci spunti polemici fu la discussione che si svolse in seno al Consiglio sulle due istanze, desiderosi gli uni che venisse rispettata l'antica denominazione e che il nuovo nome non servisse ad aumentare la discordia fra i cittadini, battendosi gli altri per l'accoglimento della petizione che includeva un concetto accentuatamente politico. Vi fu anche chi tentò di far accettare una soluzione di compromesso, mediante la quale, confermato il vecchio nome di Fontana Coperta, si sostituissero quelli di piazza degli Angeli con piazza XX Settembre e di contrà Santa Lucia con via XX Maggio; ma nemmeno questa proposta venne accettata.
 
Soltanto due anni più tardi la proposta di intitolare con il nome di XX Settembre la contrà della Fontana Coperta poté essere ripresentata dalla nuova Amministrazione Comunale, essendo sindaco Eleonoro Pasini<ref>Figlio di Valentino Pasini, che nel 1877 aveva donato al Museo di Vicenza le importanti raccolte geologiche, collezionate dallo zio Lodovico nella sua casa di Schio, {{cita|Giarolli, 1955|pp. 327-28}}</ref>, e a maggioranza approvata nella seduta dell'11 marzo 1898: il Consiglio volle anzi in un certo senso prendersi una rivincita per il ritardo subito, così chè non solo alla contrà della Fontana Coperta, ma anche alla piazza degli Angeli fu imposto il nome di XX Settembre<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 529-32}}</ref>.
 
==== La "Repubblica di Trastevere" e la ''"Republica de San Zuliàn"'' ====
In quegli anni si volle anche affermare l'analogia del quartiere di San Pietro con quello di Trastevere a Roma: si trovava al di là del Bacchiglione come il quartiere romano era al di là del Tevere, come quello veniva spesso alluvionato dal fiume, era caratterizzato da una popolazione quasi a sé stante, popolani di nota tenacia, fierezza e genuinità. Un'ulteriore affinità era data dal ricordo della [[Repubblica Romana (1849)|Repubblica Romana del 1849]], quando nel quartiere di Trastevere i popolani avevano appoggiato Mazzini, Garibaldi e infine i francesi ed erano stati dichiarati "veri amici della libertà"<ref>In un comunicato del generale Oudinot</ref>.
 
Proprio per sottolineare queste affinità il nome di "Repubblica di Trastevere" fu attribuito al quartiere popolare di Vicenza nel 1891 dai padri fondatori Cevese e Colain, che erano stati i promotori della nuova toponomastica del borgo. Questo episodio causò accesi dibattiti e appassionate proteste da parte di alcuni borghigiani e delle “''lavandare''”, solite a pulir panni sotto il Ponte degli Angeli, che si opponevano al mutamento. Nonostante le polemiche, la mozione dei “repubblicani” fu approvata e venne indetto il giorno dell’inaugurazione della colonna di Vittorio Cevese in piazza XX Settembre, il 25 ottobre 1891.
 
Sapientemente organizzata dai comitati promotori, l’iniziativa divenne una festa memorabile e si protrasse fino all’alba, con accompagnamento di fanfare e fuochi d’artificio.
 
Intento a rimuginare sugli ambienti di Roma città eterna, Antonio Colain così formulava le sue riflessioni: ''"… Il Trasteverino coi suoi costumi! Col suo fiume glorioso … quante memorie ha anche questo fiume! Ed anche il nostro Bacchiglione gli ha i suoi fasti, peccato non abbia più il suo arco romano; ma così abbiamo il Tevere senza le piene. Mi piace dargli questo nome, chi sa che forse i nostri trasteverini non diventino famosi … qui intanto si lavora, si rinnovano le vie, si danno spettacoli e si fanno delle beneficenze, forse ..."''<ref>Da ''Biografia di un Quartiere'' di Emilio Franzina</ref>.
 
==== La demolizione delle mura e l'apertura della città ====
I primi decenni del Novecento furono caratterizzati dallo sviluppo della città e dal notevole aumento del traffico, il che rese necessario lo smantellamento di una parte delle mura e portò all'allargamento del quartierecentro urbano.
Nel 1910 fu demolita la Porta delle Torricelle, o Porta Padova<ref>Il rudere di un muro, a destra, ne segna ancora oggi l'ubicazione, {{cita|Giarolli, 1955|pp. 365-69}}</ref>. Così anche la zona di Borgo Padova, o di ''San Zuliàn'', che si trovava al di là della porta ma da sempre era collegata all'area interna, divenne parte integrante del quartiere.
 
La cinta restò conservata, nel suo complesso, per tutto il Settecento, ma la sua demolizione sistematica cominciò agli albori del secolo XIX.
Non era però sufficiente: alla vigilia del primo conflitto mondiale la città appariva ancora chiusa nella sua cerchia di mura. Nel primo dopoguerra ''la "forma urbis" fu inesorabilmente travolta dallo sviluppo edilizio contemporaneo, per sua natura insofferente di limitazioni e allargantesi, all'opposto, in massa informe e continua, negatrice di ogni attrazione e vincolo di forza centripeta''<ref>{{cita|Barbieri, 2011|p. 23}}</ref>.
 
Significativo è quanto accadde alla Porta Nova (la seconda, quella tra la Rocchetta e il Castello). Agli inizi del Novecento, per mancanza di manutenzione, era ridotta in uno stato pietoso, tanto da scoraggiarne il restauro. Nel 1909, allora, fu aperto un varco alla sua sinistra nel cortile delle mura, avviando attraverso esso il movimento dei veicoli. Ma questo fece sì che, divenuta ormai la Porta un passaggio secondario e meno frequentato, cadesse ancora più in abbandono - ''un pubblico letamaio e indecente latrina'', la definiva l'Ufficiale Sanitario - e ne venisse proposto l'abbattimento, anche se la proposta incontrò l'opposizione della Regia Soprintendenza e della Commissione Provinciale dei Monumenti.
Con l'abbattimento delle mura scaligere, nel 1927 venne aperta l'antica Porta di [[Lisiera]], costruendo il tratto esterno di via IV novembre che si collegava così a Borgo Scroffa. Nel 1932 fu aperta la porta delle Roblandine, permettendo il passaggio da contrà San Domenico a via Legione Gallieno<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 382-409}}</ref>.
 
Finita la prima guerra mondiale, la questione fu ripresa, finché nel 1924 il Consiglio Comunale, ormai dominato dai fascisti, decretò all'unanimità l'abbattimento dell'antica porta, decisione che però fu rigettata dalle autorità superiori. Durante la notte del 22 luglio 1926 la porta saltò in aria. Nonostante i sospetti sulla natura e sui mandanti dell'evento fossero abbastanza chiari, dato che ormai nulla si poteva più fare, ogni indagine fu abbandonata. Due anni più tardi, nelle mura scaligere occidentali, fu aperto il semplice arcone a tutto sesto che, interrompendo le mura, permette la comunicazione con l'interno attraverso via Bonollo<ref>La storia viene ben descritta da {{cita|Giarolli, 1955| pp. 50, 366-69}}</ref>.
Per esigenze urbanistiche, all'inizio degli anni cinquanta avvenne anche lo sfondamento del muro che aveva rinchiuso Porta Casale e quindi contrà San Pietro, così da consentirne l'immissione in viale Margherita; nel corso del decennio un ampio tratto di via Ceccarini e quasi tutta via Legione Gallieno furono costruite o ampliate colmando l'antico fossato che contornava le mura.
 
Abitazioni costruite utilizzando le mura scaligere di Borgo San Pietro:
<gallery mode="packed">
Mura scaligere est case 01.jpg
Mura scaligere est case 04.jpg
Mura scaligere est case 05.jpg
Mura scaligere est case 06.jpg
</gallery>
 
== Il quartiere attuale ==
==== IlCorso "Trastevere"Fogazzaro ====
=== Il Borghetto e contrà Porta Santa Croce ===
Sebbene questo termine non abbia mai avuto il crisma di una consacrazione ufficiale e sia di origine esclusivamente popolare, divenne di pubblico dominio e utilizzato anche in atti e documenti.
=== Le contrade interne lungo le mura scaligere ===
* Contrà Mure Corpus Domini
* Contrà Mure San Rocco
* Contrà Mure della Rocchetta
* Contrà Mure Porta Nova
=== Le contrade interne in direzione ovest-est ===
* Contrà San Rocco e stradella Soccorso Soccorsetto
* Contrà Santa Maria Nova e contrà Lodi
* Via Giampaolo Bonollo e contrà del Quartiere
=== Le contrade interne in direzione nord-sud ===
* Contrà Giovanni Busato, contrà Sant'Ambrogio e conterà Porta Nova
* Contrà Cantarane e piazzale del Mutilato
 
== Luoghi significativi ==
Com'è noto, con il nome di Trastevere viene designato uno dei rioni di Roma e precisamente quello che è separato dal resto della città dal fiume Tevere, compreso fra questo e il Monte Gianicolo. È il più popolare dei Quartieri della Città eterna e considerato come il nido superstite della pura razza popolana, fiera e turbolenta, che fu il maggiore tormento dei governi passati per le sedizioni e le lotte di cui fu spesso protagonista, come, per tacere delle più antiche risalenti all'epoca romana, quella sostenuta in difesa della repubblica mazziniana nel 1849 e, più tardi, durante il nuovo tentativo garibaldino del 1867.
=== Chiese ed edifici religiosi ===
==== Chiesa parrocchiale di Santa Croce in San Giacomo Maggiore detta dei Carmini ====
{{vedi anche|Chiesa di Santa Croce in San Giacomo Maggiore}}
{{coord|45.55121|11.53901|display=inline}}, in corso Fogazzaro.
:Fu fatta costruire nel 1373 per il nuovo [[Borgo di Porta Nova]] e affidata ai [[Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo|Carmelitani]]; completamente ricostruita nel 1425 e in epoca contemporanea in stile [[neogotico]], raccoglie varie opere d'arte provenienti dalla demolita [[Chiesa e monastero di San Bartolomeo|Chiesa di San Bartolomeo]].
 
==== Chiesa di Santa Croce ====
In ragione dell'analogia topografica e dell'affinità di carattere dei suoi abitanti, a fine Ottocento fu dato il nome di Trastevere alla parte della città situata ad oriente del Bacchiglione, subito al di là del ponte degli Angeli, in prevalenza abitate da gente del popolo.
{{vedi anche|Chiesa di Santa Croce (Vicenza)|Chiese altomedievali di Vicenza#Santa Croce}}
in contrà Porta Santa Croce 57.
:Era annessa a uno dei più antichi ospitali di Vicenza, fondato dai Crociferi; la chiesa nel 2007 è stata data in gestione alla [[Chiesa ortodossa moldava|comunità ortodossa moldava]] di San Nicola; i resti del convento sono inglobati nelle strutture della scuola della fondazione Levis Plona<ref>{{Cita|Barbieri, 2004|p. 40}}</ref>.
 
==== Chiesa di San Rocco ====
Contribuì forse a suggerire l'idea del toponimo romano anche il fatto delle denominazioni di piazza e via XX Settembre date non senza contrasti nel 1898 alla zona centrale del Trastevere vicentino, in epoca cioè in cui tale denominazione aveva assunto un significato partigiano e volutamente anticattolico o almeno antipapale. Incise su questa attribuzione un'altra somiglianza fra il Trastevere romano e quello vicentino, quella che, come di fronte al primo sorge nel fiume l'Isola Tiberina, di forma navicolare prodotta dalla divisione della corrente nel punto più largo del Tevere, così a Vicenza, immediatamente a valle del ponte sul Bacchiglione, esiste un isolotto formato dal deposito dei detriti portativi dalle piene del fiume.
{{vedi anche|Chiesa di San Rocco (Vicenza)}}
, in contrà Mure San Rocco
:Costruita nel 1485 quasi a ridosso delle mura, in uno stile che rimanda a [[Lorenzo da Bologna]], benché completata da altri. Vi è annesso il convento di San Rocco, dei [[Canonici regolari di San Giorgio in Alga]], demanializzato dal 1810 e ora sede di servizi sociali.
 
==== Chiesa dei santi Ambrogio e Bellino ====
Comunque, il classico toponimo incontrò il generale favore e il quartiere fu anche teatro di spassose manifestazioni carnevalesche a tinta... pseudo sovversiva con relative rievocazioni repubblicane, svoltesi fra la chiassosa allegria della cittadinanza<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 508}}</ref>.
{{vedi anche|Ospedale dei Santi Ambrogio e Bellino}}, in contrà Sant'Ambrogio 23 (Borgo Porta Nova), non più adibita al culto.
:Di proprietà del Comune di Vicenza, è adibita a mostre estemporanee.
 
==== [[Chiesa di Santa Maria Nova (Vicenza)|Chiesa di Santa Maria Nova]] ====
Arrivando dal centro della città e passato il ponte degli Angeli si è subito in piazza XX settembre, nella quale si aprono a raggiera cinque strade.
nell'omonima contrà, {{coord|45.548314|11.537505|display=inline}}, sconsacrata, non è visitabile ed è utilizzata dal Comune come deposito di libri.
:La chiesa della fine del [[XVI secolo|Cinquecento]] rappresenta l'unica chiesa interamente progettata da [[Andrea Palladio]] e costruita a Vicenza, benché realizzata postuma; dal 1994 fa parte dei monumenti [[patrimoni dell'umanità]] dell'[[UNESCO]]. Era annessa a un monastero fondato nel 1538 da monache agostiniane appartenenti a famiglie nobili, funzionante fino al 1810, quando per le soppressioni napoleoniche tutti gli edifici furono demanializzati.
 
==== PiazzaEdifici XXreligiosi Settembrenon più esistenti ====
* ''[[Chiesa di Santa Maria Assunta (Vicenza)|Chiesa di Santa Maria Assunta]]'', non più esistente.
[[File:Piazza XX Settembre-1.jpg|thumb|left|upright=1.8|Piazza XX Settembre]]
: Annessa all'[[Ospizio del Soccorso Soccorsetto]]<ref>{{Cita|Sottani, 2014|pp. 269-70}}</ref>.
Anticamente era conosciuta col nome di "piazza del Ponte di Porta San Pietro", come si rileva da un documento dell'Archivio del Monastero di San Pietro riferito dal cronista Silvestro Castellini<ref>In appendice alla ''Storia della Città di Vicenza'', Libro XIII, pag. 53: "''Anno Domini millesimo ducentesimo vigesimo secundo, Indictione X, die VI intrante madio, in Vicentia, in Claustro Monasterii Sancti Petri apud Campanile, presente presbytero Almerico de Sancto Vitali - Petro Zordani Advocati - jure locationis - Domina Desiderata gratia Dei Monasterii Sancti Petri Abatissa investivit, Bernardum filium Literii Sulimani de quadam petia terrae cum Curte de retro posita super Plateam Pontis portae Sancti Petri, ad reddendum omni anno supradicto Monasterio''"</ref>.
 
* ''Chiesa e monastero del Corpus Domini'', nell'omonima contrà, non più esistenti.
Nella Guida numerica cittadina del 1858 era denominata "piazzetta degli Angeli", dal titolo della chiesa di Santa Maria degli Angeli, a quel tempo ancora esistente al di là dell'omonimo ponte.
:Furono fondati nel 1539 da monache canonichesse lateranensi della [[regola di Sant'Agostino]], appartenenti a famiglie nobili. Nel 1810 il monastero fu soppresso e tutti gli edifici ridotti a private abitazioni.
 
=== Palazzi ===
Quasi al centro della piazza nel 1891 venne eretta "simbolo di rivendicazione e di libertà - auspice Roma immortale" una colonna in stile bizantino, sormontata da un angelo in bronzo che regge una fiaccola accesa; poiché però il monumento, specialmente dopo l'apertura della via IV Novembre, rappresentava un intralcio al notevole traffico della piazza, qualche decennio più tardi fu spostata in un punto più verso nord.
 
* '''[[Palazzo Barbieri (Vicenza)|Palazzo Barbieri]]'''
Il nome attuale venne dato con la deliberazione consiliare dell'11 marzo 1898 quando, dopo un decennio di discussioni, il governo cittadino volle celebrare la data della [[presa di Roma]] che portò all'unità dell'Italia risorgimentale (1870)<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 531-32}}</ref>.
:Del 1799, opera di [[Carlo Barrera]]<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 141}}</ref>.
 
* '''[[Palazzo Bonin]]''', in contrà Lodi
Sulla piazza, di forma rettangolare, si affacciano il neo rinascimentale [[palazzo Angaran]] e il settecentesco Palazzo Bonaguro.
 
* '''[[Palazzo Brusarosco]] Gallo''', contrà Porta Santa Croce 3 (Borgo Porta Nova). {{coord|45.551272|11.538278|display=inline}}
=== Le contrade ===
:Edificio ottocentesco in parte restaurato dall'architetto [[Carlo Scarpa]], che nell'ultimo piano del palazzo realizzò Casa Gallo. Sede della [[Biblioteca internazionale La Vigna]] - Centro di Cultura e Civiltà Contadina.
==== Contrà Torretti, stradella dei Orbi e Corte del Lotto ====
[[File:Mr scaligere Torretti-2.jpg|thumb|Torricella (completamente ristrutturata), in via Torretti; sullo sfondo la Torre Coxina]]
Contrà dei Torretti è un'angusta strada che segue il tracciato della linea fortificata costruita dagli Scaligeri nella seconda metà del Trecento e prende il nome dalle piccole torri (i "torretti") a quel tempo erette a intervalli regolari lungo la cortina di mura; la posizione di alcune di esse è ancora visibile - o intuibile - sotto l'adattamento che ne è stato fatto ad uso di abitazione<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 507}}</ref>.
All'inizio della via [[palazzo Angaran]], che forma angolo con contrà Santa Lucia, è il primo edificio di una serie di architetture appartenenti a stili ed epoche diverse.
 
* '''[[Palazzo Cividale]]''', in corso Fogazzaro
In questa contrà vi sono la sede della Croce Rossa Italiana di Vicenza, pregiato edificio dalle tipiche linee del primo Novecento e la sede della Caritas diocesana, con annesso un dormitorio; un tempo vi era anche Villa Lola, casa di tolleranza.
:Costruito nel 1582 e attribuito a [[Vincenzo Scamozzi]]<ref>{{cita|Barbieri, 2004| pp. 324-25}}</ref>.
 
* '''Casa Dal Giglio'''
Contrà Torretti ha due stretti vicoli:
:Su disegno di [[Ottavio Bertotti Scamozzi]]<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 133}}</ref>.
* La Stradella dei Orbi, lunga circa 70 metri, con una corte interna e collegata a contrà Porta Santa Lucia. L'origine della denominazione - di data non molto antica perché all'inizio dell'Ottocento la stradina era ancora senza nome e genericamente nota come la "stradella che va ai Torretti" - probabilmente si spiega col fatto che in essa abitavano alcuni poveri ciechi, usi forse ad andare elemosinando per la città e perciò conosciuti come "i orbi" e da loro la via prese poi il nome<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 306}}</ref>.
* La Corte del Lotto, il cui toponimo deriva dal nome della famiglia che vi abitava e vi possedeva delle case, ora ristrutturate<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 224}}</ref>.
 
* '''Casa Dolfi''', in corso Fogazzaro
==== Contrà Santa Lucia ====
:Rinnovamento a fine Cinquecento, di un preesistente edificio quattrocentesco<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 324}}</ref>.
È la strada che collega piazza XX Settembre con l'omonima Porta - anch'essa costruita dagli Scaligeri e ancora esistente, seppur rimaneggiata - che esce dalla città immettendo nel [[Borgo Santa Lucia (Vicenza)|Borgo Santa Lucia]]. È caratterizzata da una serie di edifici dei quali si riconosce la struttura medievale e rinascimentale e, in diversi tratti, dai bassi e stretti portici che la fiancheggiano.
 
* '''Casa Donà''', in contrà Mure San Rocco
Già notevole per movimento e frequenza di transito quando - fin dall'epoca romana - essa costituiva la principale e più comoda arteria per chi entrava in città dalla Via Postumia, perdette gran parte della sua importanza in seguito alla costruzione, nel 1927, di via IV Novembre e l'apertura di un nuovo passaggio attraverso le mura cittadine, il che consentì di imboccare da piazza XX Settembre direttamente il borgo Scroffa.
:Su progetto di [[Bartolomeo Malacarne]]<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 145}}</ref>.
 
* '''[[Palazzo Ferrari]]''', in corso Fogazzaro
Nel 1896, periodo di accesi dibattiti tra clericali, moderati e laici progressisti, si discusse la proposta - nata su iniziativa del consigliere [[Paolo Lioy]] - di sostituire la denominazione di contrà Porta Santa Lucia con quella di "via XX Maggio", in ricordo della memorabile giornata del [[Storia di Vicenza#Il Quarantotto a Vicenza|Quarantotto]], quando nelle vicinanze della Porta i volontari vicentini accorsi in difesa della città si batterono vittoriosamente contro le truppe austriache. La proposta, però, che era stata fatta a scopo conciliativo onde poter varare l'altra richiesta che mirava a sostituire il nome di piazza degli Angeli con quello di piazza XX Settembre, non incontrò il favore della maggioranza del Consiglio<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 371}}</ref>.
:Sistemato nel 1692 e con interventi del 1877-78<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 323}}</ref>.
 
* Casa Fontanella, in contrà Lodi
<gallery mode="packed">
:Edificio del 1799 su progetto di [[Ottone Calderari]]<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 140}}</ref>.
File:Contrà SLucia-4.jpg|Portici verso la Porta Santa Lucia
File:Contrà SLucia-3.jpg|Palazzo del Settecento
File:Contrà SLucia-6.jpg|Palazzo accanto a Palazzo Angaran
File:Contrà SLucia-8.jpg|Busto di Belisario
File:Contrà SLucia-2.jpg|Portici verso piazza XX Settembre
</gallery>
 
* Palazzo Lanzi Vecchia, tra Motton San Lorenzo e contrà Cantarane → Palazzo Vecchia Romanelli.
==== Le contrà delle Mure ====
[[File:Case samitari-2.jpg|thumb|Case dei samitari e torretta delle mura scaligere]]
Delle strade chiamate "contrà Mure", che a Vicenza hanno ricevuto un riconoscimento ufficiale, attestato da documenti e così indicate nelle Guide numeriche e nelle scritte murali, molte appartengono al borgo San Pietro e corrono all'interno della cinta fortificata scaligera, sebbene oggi quasi del tutto scomparsa, salvo brevi tratti.
 
* '''[[Palazzo Pigatti]]''', in corso Fogazzaro
Partendo da nord, la prima di queste stradine che parte da piazza dell'Araceli e arriva a contrà Porta Santa Lucia, poco prima di uscire dalla Porta stessa, è detta Mure d'Araceli perché costruita nei pressi della [[chiesa di Santa Maria in Araceli]]; essa comprendeva un tempo anche il tratto - ora incorporato nella piazza d'Araceli - che giungeva fino alla chiesa<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 286-87}}</ref>.
:Edificio del 1861, progettato da [[Marco Bonelli]], ristrutturazione di precedenti<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 348}}</ref>.
 
* '''[[Palazzo Terzi]]''', in corso Fogazzaro
Attraversata contrà Porta Santa Lucia, sulla destra di questa e quasi sul limitare della porta stessa, continua nella stradina designata contrà Mure Porta Santa Lucia che, toccando contrà delle Fontanelle e attraversata via IV Novembre, continua poi con il nuovo nome di contrà delle Mure San Domenico, quando giunge a tergo della chiesa intitolata a questo Santo (ora Conservatorio Arrigo Pedrollo).
:Costruito nella seconda metà del Seicento su precedente edificio quattrocentesco, di cui resta il portone<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p.347-48 }}</ref>.
 
* '''[[Palazzo Vecchia Romanelli]]''', tra contrà Cantarane e Motton San Lorenzo
Quest'ultima, stradina stretta e poco frequentata, giunge all'altezza di contrà San Domenico, nel punto in cui, nel 1932, fu aperto un nuovo varco nelle mura cittadine (fu riaperta la porta delle Roblandine), permettendo il passaggio da contrà San Domenico a via Legione Gallieno. Qui, come nell'ultimo tratto della contrà San Domenico, si vedono in lunga fila le case dei " ''samitari''", artigiani che lavoravano tessuti serici in ''samis'' d'oro, arte assai fiorente fino a tutto il Settecento<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 293}}</ref>.
:Edificio costruito a metà del Settecento su progetto di [[Giorgio Massari]], ha la facciata principale sul quartiere di Porta Nova, che a quel tempo si iniziava a valorizzare, e quella secondaria rivolta alla città sul tracciato delle mura altomedievali<ref>{{cita|Barbieri, 2004| pp. 128-29}}</ref>.
 
* '''[[Palazzo Velo (Porta Nova)|Palazzo Velo]]''', in contrà Lodi, angolo contrà Cantarane
Superata contrà San Domenico e fino a contrà Porta Padova si trova il breve tratto di contrà Mure Porta Padova. Qui della vecchia cinta fortificata nulla più esiste, all'infuori di un tozzo torrione e di qualche resto incorporato nei recenti riattamenti di case; in realtà non esiste quasi più nemmeno la via, attualmente ridotta ai tronconi delle due estremità, al principio cioè da contrà San Domenico e al termine verso contrà Porta Padova; il primo stretto e chiuso da costruzioni, il secondo allargato a mo' di piazzetta e in parte alberato. L'interruzione del transito nel tratto centrale fu disposta per ricavare un largo piazzale dinanzi al complesso scolastico Giacomo Zanella, ivi costruito nel 1905-06, evitando così che il passaggio dei veicoli costituisse un pericolo per l'incolumità degli scolari<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 290-91}}</ref>.
:Opera del 1706 di [[Francesco Muttoni]]<ref>{{cita|Barbieri, 2004| pp. 116-17}}</ref>.
 
=== Ponti ===
==== Contrà delle Fontanelle e via IV Novembre ====
[[File:BorgoPonte San Pietro 03Novo.jpg|thumb|Primo tratto di via IV Novembre,Ponte conNovo casesul ottocentescheBacchiglione]]
Risalgono al [[XIV secolo|Trecento]], dopo che gli [[Scaligeri]] ebbero rinchiuso entro nuove mura il Borgo di Porta Nova, il ''Ponte di Santa Croce'' e il ''Ponte Novo''. Quest'ultimo – anch'esso anticamente in legno e rifatto in pietra negli anni 1645-55, in età della Serenissima era chiamato Ponte di Santa Maria Maddalena o delle Convertite, perché conduceva alla chiesa e al convento costruiti nel 1534 per accogliere giovani traviate che intendevano cambiar vita. Fu chiamato Ponte Novo dopo la sua ricostruzione nel 1793<ref>{{cita| Giarolli, 1955| pp. 359-60}}</ref>. Dopo essere rimasto per molti anni pericolante, è stato completamente ricostruito agli inizi degli anni duemila.
[[File:Borgo San Pietro 02.jpg|thumb|Palazzo in stile littorio ex-INPS]]
Fino al secondo decennio del Novecento si chiamava contrà delle Fontanelle anche il tratto della via IV Novembre che da piazza XX Settembre giunge all'inizio dell'attuale contrà Fontanelle. In seguito però all'apertura del varco nelle mura che immette direttamente in borgo Scroffa, il primo tratto di contrà Fontanelle venne unito a quello di nuova costruzione e intitolato<ref>Con deliberazione podestarile 16 aprile 1927, {{cita|Giarolli, 1955|p. 382}}</ref> via IV Novembre, a ricordo della data che segnò la fine della [[prima guerra mondiale]].<br>
La contrà delle Fontanelle continuava invece originariamente nella strada del Romano, perpendicolare all'attuale via IV Novembre e che sfociava poi nell'attuale contrà S. Domenico. Proprio in quel punto di intersezione la contrà della Fontana coperta (oggi contrà XX Settembre) mutava il suo nome e diveniva contrà S. Domenico. L'accesso alla strada del Romano è oggi chiuso al pubblico dalla chiesetta di Santa Bertilla, adiacente alla chiesetta dell'Adorazione perpetua e integrata nell'Istituto Farina delle [[Suore maestre di Santa Dorotea, figlie dei Sacri Cuori|suore dorotee]]. Il percorso interno è però mantenuto integralmente e visibile nelle foto aeree della città, e fa da divisione dei due nuclei interni di edifici delle suore che erano stati costruiti proprio ai due lati della stradina.
 
=== Roggia Seriola ===
Il nome di Fontanelle rimasto al vecchio tronco aveva origine da alcune sorgenti d'acqua che esistevano nel luogo e richiama quello della non lontana contrà Fontana Coperta (poi cambiato in contrà XX Settembre). Sembra invece infondata l'opinione - benché antica e ripetuta da gran parte degli storici e cronisti vicentini<ref>Tra questi anche [[Francesco Barbarano de' Mironi]] che, parlando del borgo di San Pietro, affermava che in esso esiste una contrada ''che hora si chiama delle Fontanelle perché vi furono anticamente li bagni pubblici, detti le Terme, ai quali da Caldogno si conduceva l'acqua per mezzo di alcuni canali, de' quali ancora restano in Lobia molti vestigi''</ref> - che la denominazione derivi dal fatto che in epoca romana lì esistessero delle terme; opinione del tutto improbabile perché la zona, a quel tempo, era del tutto fuori dal perimetro della città<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 172}}</ref>.
[[File:Maddalene sorgenti Seriola-11a.jpg|thumb|left|Sorgenti della Roggia Seriola a Maddalene, Vicenza]]
 
Nel corso del Basso Medioevo e durante tutta l'Età moderna vengono documentati l'esistenza, le numerose modificazioni, le funzioni e gli utilizzi di un altro corso d'acqua, estremamente importante per la città di Vicenza: la [[Roggia Seriola]]<ref>{{cita| Sottani, 2012| pp. 168-99}}</ref>.
Nella seconda metà dell'Ottocento, in questa strada fu costruito il grandioso edificio in cui ha sede l'Istituto Farina, sede di più scuole gestite dalle [[Suore maestre di Santa Dorotea, figlie dei Sacri Cuori|suore dorotee]]. Nel tratto di nuova costruzione in epoca fascista fu edificato un grande edificio in [[stile littorio]], ancor oggi esistente e sede dei Servizi di Igiene Pubblica dell'Ulss di Vicenza.
 
''Ceriola'' - o ''Civiola'', ''Ciriola'', poi Seriola - è il nome che fin dal XIII, nel vicentino e in [[Lombardia]], designa un [[canale artificiale|canale appositamente scavato]] per condurre l'acqua ai luoghi dove può essere utilizzata a scopi abitativi o commerciali. L'acqua della Seriola di Vicenza nasce da alcune polle sorgive in una zona poco a nord del Monte Crocetta che, all'inizio del secondo millennio, era incolta e paludosa. Molto probabilmente furono i monaci che si insediarono nel convento di Santa Maria Maddalena a costruire il canale per far defluire le acque, nell'ambito delle loro lavoro di bonifica del territorio. In un primo tempo il canale, dopo essersi diretto a sud ricevendo anche l'acqua della sorgente Boja, virava verso est e confluiva nel Bacchiglione (probabilmente per questo ricevette anche il nome di Bacchiglioncello). In un secondo momento - probabilmente verso la fine del secolo XII - questa confluenza fu bloccata e la costruzione del canale proseguita fino alla città per cingere il lato occidentale delle mura altomedievali, riempendo il fossato che da Porta Nova, vicino alla [[Chiesa di San Lorenzo (Vicenza)|chiesa di San Lorenzo]], continuava per l'attuale contrà Cantarane, passava davanti a Porta Castello, costeggiava il [[campo Marzo]] e giungeva a ponte Furo, per gettarsi infine nel Retrone. Prima di giungere alla città l'acqua della roggia veniva utilizzata dai conventi di San Pietro Vivarolo, di Santa Croce e di San Biagio Vecchio, situati lungo il suo percorso e tutti con comunità numerose.
==== Contrà della Fontana Coperta e contrà XX Settembre ====
[[File:Regaù-2.jpg|thumb|left|Palazzo Regaù - facciata in contrà XX Settembre]]
Fino al 1898 contrà della Fontana coperta era il nome dell'attuale contrà XX Settembre. Il toponimo derivava da una fonte che esisteva alla fine della contrada, al bivio dove essa si apre a contrà San Domenico e a contrà Porta Padova; era chiamata coperta per una tettoia costruitavi al di sopra per riparare dal sole e dalla pioggia chi vi si recava per attingervi l'acqua<ref>Nell'opera di Domenico Bortolan e Fedele Lampertico, ''Dei nomi delle contrade nella Città di Vicenza'', Reale tipografia G. Burato, 1889 si asserisce che Fontana Coperta era sempre stato il nome di quel punto e non della contrada; in realtà la denominazione di "contrà" era indicata nei registri della prima anagrafe municipale risalente al 1811 e riportata nelle Guide numeriche cittadine del 1858 e 1888. {{cita|Giarolli, 1955|p. 172}}</ref>.
 
È documentato che nel 1223 i frati del [[Borgo Berga|convento di San Tommaso]] ottennero dal Comune che le acque della Seriola fossero ulteriormente incanalate, scavalcando il Retrone presso il ponte Furo, per riempire la fossa (l'attuale contrà della Fossetta, dietro al Porton del Luzo) che costeggiava la parte orientale delle mura, giungere fino al loro convento in [[Borgo Berga]] e scaricarsi infine nel Retrone presso il Ponte delle Barche. L'acqua serviva - e sarebbe servita nei secoli successivi - per le necessità abitative dei numerosi conventi concentrati lungo contrà Santa Caterina e per le piccole manifatture tessili che i conventi gestivano.
La fontana fu soppressa sul finire del Settecento ed anche il nome, benché non ancora scomparso nell'uso popolare venne sostituito, dopo lunghi contrasti e discussioni, dall'attuale di XX Settembre con la deliberazione consiliare 11 marzo 1898<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 529-31}}</ref>.
 
Nel 1381, quando furono costruite le mura scaligere a protezione del quartiere di Porta Nuova, fu creato un nuovo ramo della Seriola, che da Porta Santa Croce riempiva il fossato addossato alle mura, aggirava il forte della Rocchetta e infine si dirigeva fino a congiungersi con il vecchio ramo, rimasto attivo, presso Porta Castello.
La breve contrada, lunga poco più di 100 metri, è caratterizzata da molti edifici storici, il più importante dei quali è Palazzo Regaù, in [[stile tardogotico]] veneziano. In posizione di angolo tra contrà San Domenico e contrà Porta Padova si trova Palazzo Franco, eretto nel 1830 su progetto dell'architetto [[Antonio Piovene]].
 
Durante il periodo veneziano, quando la città vide l'aumento della popolazione - nel quartiere di Porta Nuova sorsero i conventi del Corpus Domini, di Santa Maria Nova e di San Rocco, in Borgo Berga il convento di Santa Chiara - e il moltiplicarsi delle attività artigianali, la Seriola costituì un'importante risorsa per la città, perché forniva un flusso costante e abbondante di acqua limpida, che serviva sia all'uso domestico che alle attività produttive. L'acqua veniva usata per bere, per lavare i panni e talora per scaricare i rifiuti in eccesso; faceva girare le ruote di diversi mulini, di cui si ha memoria presso Santa Croce, [[Campo Marzo]] e San Tommaso; vi si pescavano pesci e ottimi gamberi. Dai documenti rimasti si viene a sapere anche che la storia della roggia in questo periodo fu una storia di continui contrasti tra i diversi utilizzatori dell'acqua, così come di richieste e di concessioni comunali, di ulteriori piccole derivazioni concesse o abusive e di mancati interventi di manutenzione.
==== Contrà San Domenico e stradella delle Cappuccine ====
Questa zona - indicata dal Castellini come "Borgo delle Roblandine" - fu sempre caratterizzata dalla presenza di conventi femminili (quello delle suore di San Domenico costruito nel XIII secolo, poi nel XVII quello delle cappuccine) e, dopo la soppressione napoleonica dei conventi nel 1810, da istituzioni assistenziali e culturali.
 
Tra le diverse attività situate lungo il canale, si ricordano luoghi per la pettinatura e la tessitura della lana, delle tintorie, una segheria e una cartiera, derivazioni per irrigare orti e giardini. Nella seconda metà del Quattrocento fu praticata un'apertura nella cinta muraria presso la chiesa di San Lorenzo, così che le balie del vicino Ospizio dei Santi Maria e Cristoforo si recavano al lavatoio, costruito sotto il ponte (delle Balie o ''Bele'') per lavare i panni degli infanti esposti. Altre derivazioni servirono a costruire peschiere, come quella di villa Bertolini o quella dei monaci di San Felice.
La chiesa di San Domenico non è più adibita al culto, dopo che il monastero, costruito intorno al 1264 dalle [[Domenicane|suore domenicane]] e completamente rifatto nei secoli XV e successivi<ref>{{cita|Mantese, 1954|p. 489}}</ref>, fu soppresso dalla legislazione napoleonica; gli edifici sono attualmente sede del [[Conservatorio Arrigo Pedrollo|Conservatorio di musica "Arrigo Pedrollo"]].
[[File:Loggia Valmarana.jpg|thumb|left|La [[Loggia Valmarana]] si affaccia sul canale che fu la Roggia Seriola fino a cinquant'anni fa, ai [[Giardini Salvi]]]]
 
Nella seconda metà del XVI secolo i [[Valmarana (famiglia)|Valmarana]] ottennero il terreno fuori Porta Castello per costruirvi un giardino (oggi [[Giardini Salvi]]), che in seguito aprirono al pubblico e che arricchirono di due splendide logge, sovrastanti rispettivamente il ramo più antico e quello trecentesco della Seriola, che confluivano tra loro all'interno dei giardini stessi.
Di fronte alla chiesa di San Domenico le [[Cappuccine|suore cappuccine]]<ref>Che professavano la prima strettissima regola di santa Chiara e che sin dal 1610 avevano creato una comunità con convento e chiesa intitolati a San Giuseppe nel [[Borgo Porta Nova]]</ref> nel 1635 acquistarono una casa con corte, pozzo e orto cinto da muro ''ove possino trasferirsi et erigersi monasterio per loro habitatione... et con maggior fervore et quiette d'animo continuar nelle loro divotioni et pregar il sig. Dio per li pubblici bisogni''; da queste suore ebbe origine il toponimo ancora conservato della stradella situata sul fianco del convento. Il luogo però non era tranquillo e nel 1733 Tomaso Mocenigo Soranzo, primo Provveditore in Vicenza per la Serenissima, fu costretto a pubblicare un decreto per imporre un po' di quiete nelle vicinanze del convento, il cui testo venne scolpito in una lapide ancora visibile sulla facciata rivolta verso contrà San Domenico<ref>Fu anche riprodotto in capo alla stradella sull'intonaco del muro, ma questa copia scomparve con i restauri del fabbricato nel secondo dopoguerra</ref>.
 
Negli anni trenta del [[XX secolo|Novecento]] fu interrato il ramo antico della Seriola, quello che attraversava il quartiere di Porta Nova; nel 1935, in previsione dei lavori che avrebbero ristrutturato tutta la Piarda, fu interrata la Fossetta oltre ponte Furo, tolto il ponte canale e ripristinato lo scarico nel Retrone. Fino agli anni sessanta, il ramo della Seriola che scorreva a cielo aperto lungo viale Trento e viale Mazzini assicurava ancora acque pulite e fresche ai Giardini Salvi. Nel 1973, però, anche questo tratto fu coperto e il tombinamento ridusse la portata della roggia fino al punto da non garantire più il ricambio d'acqua ai Giardini. Così, alla fine del decennio, il percorso della Seriola fu nuovamente deviato e riportato a confluire nel Bacchiglione a nord della città.
Dopo la soppressione dei conventi, decretata nel 1810 dalle leggi napoleoniche, in quello delle Cappuccine fu trasferito il [[Ospizio del Soccorso Soccorsetto|Soccorso]]<ref>Fondato nel 1590 in contrà Porta Nova da [[Gellio Ghellini]] per dare ricovero a donne penitenti o "pericolate"</ref>, mentre nel convento delle domenicane venne trasferito il [[Ospizio del Soccorso Soccorsetto|Soccorsetto]] in cui si accoglievano le fanciulle "pericolanti".
 
Trasformato poi quest'ultimo in ospizio per donne di età avanzata che desideravano vivere in comune, fu trasferito esso pure nell'ex convento delle cappuccine, mentre in quello delle domenicane prendeva stabile dimora nel 1875 l'Orfanotrofio maschile. Nel 1918 infine, dopo altre vicende, il Soccorsetto fu traslocato nell'Orfanotrofio femminile in contrà della Misericordia e l'ex convento delle cappuccine fu utilizzato a partire dal 1921 da una nuova istituzione, la Casa della Provvidenza governata dalle Suore della Carità della Beata Capitanio<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 83-84}}</ref>.
 
Verso la fine di contrà San Domenico, infine, si trova il Servizio Territoriale per le Dipendenze (SerD) dell'Ulss di Vicenza.
 
==== Contrà Porta Padova e corso Padova, viale Margherita ====
[[File:Scuole Porta Padova-2.jpg|thumb|Scuola primaria di Porta Padova, a destra torretta delle mura scaligere, davanti lo spazio un tempo vi era il fossato]]
Fino al 1910 contrà Porta Padova iniziava da contrà XX Settembre e terminava all'altezza della vecchia cinta fortificata, nel punto in cui sorgeva la porta della città, anticamente chiamata di Torricelle; oltre la porta iniziava borgo Padova.
 
La porta venne demolita nel 1910, il rudere di un muro ne segna ancor oggi, a destra, la precisa ubicazione<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 369}}</ref>. Quarant'anni più tardi, venuto a mancare ogni segno di interruzione della strada, la denominazione di contrà Porta Padova venne estesa al breve tratto successivo, dalla linea cioè delle mura fino all'altezza di viale Margherita a destra e di via Legione Gallieno a sinistra<ref>Questa modifica fu decisa con deliberazione consiliare 30 gennaio 1950.</ref>.
 
Nel 1911<ref>Nella seduta consiliare 22 luglio 1911</ref> fu deciso di utilizzare il termine "''corso''" per "''indicare un'arteria che, partendo da un punto centrale, conduce a un'uscita della città''"; la vecchia denominazione di "''borgo''" venne abolita per i luoghi - come gli antichi borgo San Felice e, appunto, borgo Padova - che avevano perduto il primitivo carattere di insediamento di case fuori dalla cinta muraria.
 
Tutto il tratto di corso Padova è pertanto nell'uso comune inteso come parte del quartiere. Largo, lungo, diritto, fiancheggiato da due linee ininterrotte di negozi, case e villini, corso Padova va da contrà Porta Padova al cavalcaferrovia che passa sopra alle linee ferroviarie Vicenza-Schio e Vicenza-Treviso; una notevole attività edilizia qui sviluppatasi ha trasformato il vecchio borgo in una delle più movimentate arterie cittadine<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 312-13}}</ref>.
 
Viale Margherita è invece il lungo viale di 900 metri che da contrà Porta Padova conduce fino al piazzale Fraccon, ai piedi delle [[Arco delle scalette di Monte Berico|Scalette di Monte Berico]]. Il nome, da lungo tempo nell'uso popolare, corrispondeva a quello di una villa, già di proprietà Bedin, che sorgeva a sinistra del viale, subito dopo il ponte sul Bacchiglione, nella cui facciata era riprodotto il fiore<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 239}}</ref>.
 
Il primo tratto di questo viale, fino all'imbocco di borgo Casale, era un tempo incorporato con il borgo Padova; l'ultimo tratto invece, dal ponte sul Retrone al piazzale Fraccon, faceva parte del borgo Berga. La costruzione del percorso intermedio venne deliberata nel 1873<ref>Dal Consiglio comunale nelle sedute 18 marzo e 13 ottobre 1873</ref> e attuata nel 1876, in coincidenza con la separazione del Bacchiglione dal Retrone, progettata dall'ingegner Beroaldi allo scopo di evitare le disastrose piene che affliggevano la città.
 
==== Contrà, piazza e stradella San Pietro ====
Così come la chiesa parrocchiale che sorge lungo il percorso, anche la contrà, la piazza e la stradella hanno preso il nome dall'antico monastero delle benedettine, intitolato a San Pietro.
 
Fino al 1950 la via terminava nel punto in cui si allarga nella piazza; la denominazione venne estesa<ref>Con la deliberazione consiliare 9 marzo 1951</ref> al nuovo tronco costruito in quell'anno, che dalla piazza conduce al viale Margherita passando davanti ai nuovi edifici dell'Istituto Trento<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 431}}</ref>.
 
[[File:Piazza San Pietro (Vicenza)-1.jpg|thumb|left|Piazza San Pietro]]
Piazza San Pietro è formata dall'area che sta dinanzi e di fianco alla chiesa parrocchiale; sorge su di un piccolo rilievo artificiale e vi si accede con un'ampia gradinata. Lo spazio che sta di fronte alla facciata era un tempo cinto da muro per separarlo dalla strada che vi correva a lato e costituiva il ''zimiterium sive sacratum'': anche nei tempi recenti il luogo veniva chiamato dal popolo ''sagrà'', voce che ricorda la destinazione di una volta<ref>Il lemma "sagrato" ha origine dal termine latino ''sacratum''', cioè terreno consacrato che fa quindi già parte della sacralità dell'edificio di culto. Il sagrato, nell'antichità era il luogo deputato alla sepoltura dei fedeli cristiani</ref>. Nell'Ottocento rappresentò uno dei luoghi di socializzazione di adulti e di ragazzi: era uno dei posti preferiti dai ''berechini'' per giocare all'aperto.
 
Lungo il lato nord-ovest della piazza si trova il quattrocentesco [[Oratorio dei Boccalotti]] e di fronte, dov'è l'ingresso dell'Istituto Trento, un tempo esisteva l'[[Chiese altomedievali di Vicenza#San Vitale|antica chiesa dedicata a San Vitale]], di cui è memoria in un atto del 1187. La festa di questo santo cade il 28 aprile e poiché in tale giorno nell'anno 1404 la città aveva deliberato la propria dedizione a Venezia, un secolo più tardi dai Reggenti fu fatto pubblico voto di visitare processionalmente ogni anno la chiesa, per rinnovare in perpetuo il patto di fedeltà di Vicenza alla Serenissima<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 433-34}}</ref>.
 
Stradella San Pietro è una stretta e breve viuzza che collega la piazza con contrà Porta Padova. In un documento dell'estimo del 1563, citato dal Lampertico, è chiamata ''viazzolla'', voce talora usata in antico per indicare le strade minori della città<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 433-34}}</ref>.
 
==== Contrà Sant'Andrea e Corte dei Roda ====
[[File:Borgo San Pietro 01.jpg|thumb|Lungo Bacchiglione e corte dei Roda]]
[[File:Villa Morseletto.jpg|thumb|Villa Morseletto detta "il Castello"]]
{{vedi anche|Chiese altomedievali di Vicenza#Sant'Andrea}}
L’area compresa tra contrà San Pietro e l’argine del Bacchiglione è percorsa da contrà Sant'Andrea che si immette nella corte dei Roda, per secoli sede di filande e di concerie collegate al fiume; fino all'Ottocento era caratterizzata da alte fabbriche dotate di stenditoio e locali; in seguito fu completamente ristrutturata e trasformata in complesso residenziale.
 
Circa venti metri dopo l'inizio della contrada si stacca sulla sinistra la via Nazario Sauro che porta al "ponte di ferro" (piccolo ponte pedonale fatto costruire dalla famiglia Piovene e che collega l’argine della sponda sinistra con quello opposto) per poi ritornare in contrà San Pietro; ove la strada si incurva, a fine Ottocento furono costruite la scuola intitolata allo scrittore vicentino [[Antonio Fogazzaro]] (ora Scuola dell'infanzia comunale) ed alcune residenze, seminascoste da giardini con alberi ad alto fusto, tra le quali villa Salviati e villa Morseletto detta "il Castello".
 
Contrà Sant'Andrea prende il nome dall'[[Chiese altomedievali di Vicenza#Sant'Andrea|antica chiesa dedicata all'Apostolo]], che dipendeva dal vicino monastero di San Pietro; un tempo sede parrocchiale, fu trasformata in caserma durante l'invasione dalle truppe francesi nel 1797 e non più restituita al culto, sia per il frequente pericolo di inondazioni a cui andava soggetta per le piene del Bacchiglione, sia perché la prossimità della nuova parrocchiale di San Pietro rendeva ormai superflua la celebrazione degli uffici divini. Venne quindi demolita e sulla sua area furono costruite case di abitazione<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 458-59}}</ref>.
 
La corte dei Roda rappresenta un'appendice di contrà Sant'Andrea; vi si accede attraverso un sottopassaggio delle case Sesso mentre un altro sottoportico si trova un po' più avanti, quasi al termine della stradina; il piccolo slargo che le dà il nome comune si apre subito dopo il primo volto.
 
Il toponimo deriva da una famiglia Rota o Roda, chiamata originariamente Pizioni, venuta da Bergamo a Vicenza verso la metà del secolo XVI per esercitarvi la mercatura e che qui su disegno di Giandomenico Scamozzi, padre del più celebre [[Vincenzo Scamozzi|Vincenzo]], si fece fabbricare una casa con logge sul Bacchiglione: nel cuneo centrale dell'arco d'ingresso alla corte si vede ancor oggi rozzamente scolpita una ruota, stemma dell'antica famiglia<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 392-93}}</ref>.
 
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Corte dei Roda-1.jpg
Corte dei Roda-2.jpg
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== Luoghi significativi ==
=== Chiese ed edifici religiosi ===
==== Chiesa parrocchiale di San Pietro ====
{{vedi anche|Chiesa e monastero di San Pietro}}
Fino al 1810 era annessa all'abbazia di San Pietro, il più antico e potente insediamento femminile benedettino del territorio vicentino. Staccata dal monastero, poi ristrutturato e destinato all'Istituto Trento, ia chiesa divenne sede parrocchiale.
 
Dal chiostro (ora dell'Istituto) si passa al [[Chiesa e monastero di San Pietro#L'oratorio di San Pietro|Coro di San Pietro o delle monache]], annesso all'abside della chiesa, struttura tipica del tardo Quattrocento locale, probabilmente costruito nel momento della ristrutturazione della chiesa stessa.
 
==== Oratorio dei Boccalotti ====
{{vedi anche|Oratorio dei Boccalotti}}
Situato in piazzetta San Pietro, fu costruito agli inizi del Quattrocento dai Boccalotti - gli artigiani che producevano terraglie e pregiate ceramiche decorate - accanto all'ospedale, anch'esso costruito da loro, nei pressi della [[Chiesa e monastero di San Pietro|chiesa e del monastero benedettino di San Pietro]]<ref>{{cita|Reato, 2004| pp. 62-63}}</ref>.
 
==== Cappella di santa Maria Bertilla Boscardin ====
Con annessa la Casa madre delle [[Suore maestre di Santa Dorotea, figlie dei Sacri Cuori|Suore Dorotee]], in contrà San Domenico.
 
[[File:San Domenico-5.jpg|thumb|Chiesa e campanile di San Domenico]]
 
==== Ex-Chiesa di San Domenico ====
L'omonima contrà San Domenico riceveva il nome dal convento e dalla chiesa dedicati a San Domenico, costruiti nella seconda metà del 1200<ref>Secondo il Barbarano, ''Historia Ecclesiastica'', Libro V, p. 282, la fabbrica sarebbe stata incominciata nel 1264 per le esortazioni del domenicano S. Pietro Martire</ref> nel luogo fino allora chiamato "Borgo delle Roblandine", il quale era una parte del maggior "Borgo di Porsampiero". Nel convento le suore domenicane restarono fino al 1806, anno nel quale furono trasferite nel convento del Corpus Domini e sostituite con le suore teresiane di San Rocco, che cessarono però anch'esse nel 1810.
 
Acquistato all'incanto dal Comune, il luogo diventò nel 1813 sede dell'Ospizio Femminile del Soccorsetto che vi rimase fino al 1859, anno in cui fu occupato dalle truppe austriache e la chiesa profanata e chiusa: il convento venne in seguito affittato, mentre coro e chiesa furono concessi nel 1862 alla Società di San Vincenzo de' Paoli, che vi istituì un Oratorio per accogliervi dei giovanetti; nel 1875 il convento fu adibito a sede dell'Orfanotrofio Maschile. Chiuso quest'ultimo negli anni settanta del Novecento e grazie ad un adeguato restauro terminato nel 1998, attualmente il complesso è una moderna struttura pienamente attrezzata che ospita il [[Conservatorio Arrigo Pedrollo|Conservatorio musicale Arrigo Pedrollo]].
 
[[File:Casa Provvidenza-2.jpg|thumb|left|upright=0.6|Oratorio delle Cappuccine]]
La chiesa che ancora si vede, quasi nulla però conserva di quella primitiva, essendo l'attuale un rifacimento attuato nei secoli XV e XVI con aggiunte e restauri di secoli posteriori: essa conteneva e in parte tuttora contiene opere di gran pregio dei pittori Fogolino, Speranza e [[Alessandro Maganza]] e di scultori, tra cui i marmorari Vendramin Mosca e Carlo Merlo. Aveva cinque altari ora ridotti a due; interessanti il Coro o Capitolo dietro l'altare maggiore, con affreschi nelle lunette e nelle vele della volta<ref>{{Cita|Giarolli, 1955|p. 410}}</ref>.
 
==== [[Oratorio delle Cappuccine (Vicenza)|Oratorio delle Cappuccine]] ====
Eretto nel 1634, di fronte alla chiesa di San Domenico.
 
All'interno la pala dell'Altare è opera del [[Padovanino]], discepolo del [[Tiziano Vecellio|Tiziano]]. Della seconda metà del Seicento, soggetta alla tutela della Sovraintendenza delle belle arti di Venezia, rappresenta [[Maria Immacolata]] con il bimbo e una corona di rose in testa<ref>[http://www.suoredimariabambina.org/sanitario_vicenza.html Sito delle Suore]</ref>.
 
==== Casa Sacro Cuore ====
Centro di spiritualità, animato dalla comunità religiosa delle Suore Dorotee, che propone programmi di iniziative spirituali e formative, in corso Padova e contrà Forti di Corso Padova.
 
=== Palazzi ===
==== Palazzo Angaran ====
{{vedi anche|Palazzo Angaran}}
 
==== Case Thiene ====
In contrà Porta Santa Lucia. Con un bel portale sul cortile dei primi anni quaranta del Quattrocento, forse opera eclettica del Palladio<ref>{{cita|Barbieri, 2004| pp. 77, 597}}</ref>.
 
==== Palazzo Regaù ====
{{vedi anche|Palazzo Regaù}}
 
==== Palazzo Franco ====
Eretto nel 1830 su disegno di Antonio Piovene.
 
==== Palazzo Bonaguro ====
Struttura dallo stile neoclassico stretta fra contrà Santa Lucia e Via IV Novembre, si affaccia su Piazza XX Settembre. Architetto Francesco Zigiotti, 1796.
 
==== Palazzo Belisario ====
In contrà Santa Lucia, sopra la porta della casa d'angolo con la stradella dei Orbi, costruita nel 1773 da Giuseppe Gastaldi, agente di un ricco commerciante in seta, è riprodotta a mezzo rilievo l'effigie del generale Belisario, ''magister militum per Orientem'', vincitore dei Vandali in Africa e dei Goti in Italia, vissuto nel VI secolo.
 
Si racconta che Belisario, caduto in disgrazia dell'Imperatore Giustiniano e divenuto cieco, fu costretto a mendicare per le vie di Costantinopoli. Questa leggenda ha fatto supporre a qualcuno che da lui sia derivato il nome di stradella dei Orbi; ipotesi peraltro senza alcun fondamento, anche il nome viene dato al plurale, quando sarebbe più naturale, se veramente lo spunto fosse venuto dall'effigie del generale bizantino, chiamare la via stradella dell'Orbo<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 224}}</ref>.
 
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File:Palazzo Angaran-2.jpg|Palazzo Angaran
File:Palazzo Thiene cà S. Lucia - portale-3.jpg|Portale delle case Thiene
File:Regaù-3.jpg|Palazzo Regaù
File:Palazzo Franco-1.jpg|Palazzo Franco
Palazzo Bonaguro-1.jpg|Palazzo Bonaguro
Contrà SLucia-7.jpg|Palazzo Belisario
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=== Ponti ===
==== Ponte degli Angeli ====
Il ponte, forse il più antico della città, fu costruito in epoca romana all'estremità orientale del [[decumano massimo]], dove cioè la [[via Postumia]] entrava in città; nel Medioevo prese il nome dal [[monastero]] [[Benedettini|benedettino]] di San Pietro, che si trovava a poche centinaia di metri al di là dell'Astico (sostituito un millennio più tardi dal Bacchiglione).
 
Il vecchio ponte romano aveva un orientamento diverso dall'attuale: il decumano finiva più a nord sulla riva destra del fiume, così da infilarsi entro la romana porta San Pietro, che fu poi inglobata nel castello costruito dai padovani nella seconda metà del Duecento. Il ponte era a tre arcate e nel 1570 una quarta arcata fu aggiunta su progetto del [[Andrea Palladio|Palladio]]<ref>Il disegno è pubblicato ne ''[[I quattro libri dell'architettura]]'', XV, 224, {{cita| Sottani, 2012| p. 21}}</ref>.
 
In epoca moderna fu chiamato ponte degli Angeli, dalla chiesa di santa Maria degli Angeli che sorgeva alla sua estremità occidentale, addossata all'antico torrione difensivo che era stato trasformato in campanile<ref>Lo ricorda una targa apposta alla base della torre Coxina</ref>. Dopo l'alluvione del 1882 che lo distrusse, fu ricostruito in ferro in posizione più disassata<ref>{{cita web|url=http://archivio.vajenti.com/opac.php?search=a%3A1%3A%7Bs%3A12%3A%22Parola%2Bti%283%29%22%3Ba%3A2%3A%7Bs%3A5%3A%22input%22%3Bs%3A6%3A%22ponte+%22%3Bs%3A4%3A%22comp%22%3Bs%3A5%3A%22match%22%3B%7D%7D&start=7&mode=view&rpp=1&orderby=Titolo&loc=S&osc=ricerca1&screen=ricerca1&temptable=tmp__20130323233620_23004400&screen=ricerca1&sub=allegato&allegato=281|titolo=Immagine del 1920, Fondazione Vajenti|accesso=25 marzo 2013}}</ref>; a causa della sua insufficiente larghezza, non più adeguata alle crescenti esigenze del traffico, fu demolito nel 1950<ref>{{cita web|url=http://archivio.vajenti.com/opac.php?search=a%3A1%3A%7Bs%3A12%3A%22Parola%2Bti%283%29%22%3Ba%3A2%3A%7Bs%3A5%3A%22input%22%3Bs%3A6%3A%22ponte+%22%3Bs%3A4%3A%22comp%22%3Bs%3A5%3A%22match%22%3B%7D%7D&start=9&mode=view&rpp=1&orderby=Titolo&loc=S&osc=ricerca1&screen=ricerca1&temptable=tmp__20130323233620_23004400&screen=ricerca1&sub=allegato&allegato=18|titolo=Immagine della demolizione, Fondazione Vajenti|accesso=25 marzo 2013}}</ref> e sostituito dall'attuale in [[cemento armato]], dalla carreggiata più larga e rettificata.
 
==== Ponte di ferro ====
[[File:Ponte del Ferro-2.jpg|thumb|Ponte di ferro sul Bacchiglione]]
Passerella pedonale che collega gli argini del Bacchiglione (o meglio del ramo del fiume deviato nel 1876) e i due tratti stradali di via Nazario Sauro e di viale Giuriolo. Una targa, posta ad un'estremità, dice: "Andrea e Cesare Piovene, nell'anno 1911, fecero costruire questo ponte di ferro, poi divenuto di uso pubblico".
 
==== Ponte dei falliti ====
La corte dei Roda, che si trova a ridosso della sponda sinistra del Bacchiglione, comunicava un tempo direttamente con la piazza dell'Isola mediante un rustico ponte di legno, detto il "ponte dei falliti", la cui manutenzione era a carico degli abitanti della contrà di San Pietro, essendo quelli che del manufatto avevano maggiore e più frequente bisogno per accedere alla città. Ciò si rileva da certe domande di aiuto per restauri urgenti presentate da quegli abitanti ai "Deputati ad utilia" del Comune<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 392}}</ref>.
 
=== Istituzioni di carattere formativo e culturale ===
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; Istituto Onnicomprensivo G.A. Farina - Paritario
: Comprende una Scuola dell'infanzia, una Scuola primaria, una Scuola secondaria di I grado e una Scuola secondaria di II grado, tutte in via IV Novembre
 
==== Conservatorio Arrigo Pedrollo ====
{{vedi anche|Conservatorio Arrigo Pedrollo}}
 
=== Istituzioni di carattere sanitario e sociale ===
[[File:Croce Rossa 01.jpg|thumb|Sede della Croce Rossa Italiana in contrà Torretti]]
Nel quartiere sono presenti le sedi di importanti servizi sanitari, comprese le sedi direzionali che interessano gran parte del territorio vicentino.
 
; Croce Rossa Italiana
: Storica istituzione che gestisce attività sanitarie e sociali a sostegno di persone emarginate o in situazioni di emergenza. Si trova in contrà Torretti<ref>[http://www.crivicenza.org CRI Vicenza]</ref>
 
; Struttura Polispecialistica Territoriale - Poliambulatorio Santa Lucia
: In contrà Mure Santa Lucia<ref>[http://www.aulss8.veneto.it/nodo.php/156 Poliambulatorio Santa Lucia]</ref>
 
; Servizio Igiene e Sanità Pubblica (SISP) e Dipartimento di Prevenzione
: Il Dipartimento di Prevenzione è preposto alla promozione della tutela della salute della popolazione, alla prevenzione degli stati morbosi, al miglioramento della qualità della vita tramite la conoscenza e la gestione dei rischi per la salute negli ambienti di vita e di lavoro. Entrambi i servizi sono ubicati nell'edificio ex-INPS, in stile littorio, ubicato in via IV Novembre<ref>[http://www.aulss8.veneto.it/nodo.php/120 SISP]</ref><ref>[http://www.aulss8.veneto.it/nodo.php/119 Dipartimento di Prevenzione]</ref>
 
; Servizio Territoriale per le Dipendenze (SerD)
: Si occupa di prevenire, curare e riabilitare gli stati di dipendenza patologica, in particolare da sostanze psicotrope e da alcol. Si trova verso la fine di contrà San Domenico<ref>[http://www.aulss8.veneto.it/nodo.php/338 SerD]</ref>
 
=== Istituzioni di carattere assistenziale ===
==== Istituto Trento ====
{{vedi anche|Storia delle istituzioni assistenziali di Vicenza#L'Istituto Ottavio Trento}}
 
==== Istituto Salvi ====
{{vedi anche|Storia delle istituzioni assistenziali di Vicenza#L'Istituto Ottavio Trento}}
[[File:Vicenza Istituto Salvi facciata 1.jpg|thumb|Istituto Salvi in corso Padova]]
 
==== Casa di Riposo "Casa Provvidenza" ====
È gestita dalle “Suore di carità delle sante [[Bartolomea Capitanio]] e [[Vincenza Gerosa]]”, comunemente chiamate “Suore di Maria Bambina”, e fin dal 1935 ospita donne anziane autosufficienti e non, e offre una serie di servizi per garantire loro pace e serenità. Si trova in contrà San Domenico 26, accanto alla Cappella delle Cappuccine.
 
==== Caritas diocesana ====
Organismo pastorale di animazione, a servizio delle comunità cristiane. La sede diocesana è in contrà Torretti: nello stabile accanto la Caritas gestisce Casa San Martino, ricovero notturno per senza dimora.
 
==== Istituto Suore delle Poverelle ====
Gestisce una Casa di Accoglienza per persone che assistono parenti ricoverati in ospedale, in contrà Santa Lucia
 
== Note ==
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* {{cita libro|titolo=Vicenza, ritratto di una città|autore=[[Franco Barbieri]] e [[Renato Cevese]]|id=ISBN 88-900990-7-0|editore=Angelo Colla editore|città=Vicenza|anno=2004|cid= Barbieri, 2004}}
* Silvestro Castellini, ''Storia della città di Vicenza, ove si vedono i fatti e le guerre de' vicentini così esterne come civili, dall'origine di essa città sino all'anno 1630'', 1822
* {{cita libro|titolo=Biografia di un quartiere. Il Trastevere di Vicenza (1981-1925)|autore= Emilio Franzina |id=|editore= Libreria G. Traverso editore|città=Vicenza|anno=2003|cid= Franzina, 2003}}
* {{cita libro|titolo=Vicenza nella sua toponomastica stradale|autore=Giambattista Giarolli|id=|editore=Scuola Tip. San Gaetano|città=Vicenza|anno= 1955|cid= Giarolli, 1955}}
* {{cita libro|titolo=Memorie storiche della Chiesa vicentina, II, Dal Mille al Milletrecento|autore=[[Giovanni Mantese]]|id=|editore= Accademia Olimpica|città=Vicenza|anno=1954|cid= Mantese, 1954}}
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{{Portale|Vicenza}}
 
{{Categorie bozza|
[[Categoria:Storia di Vicenza]]
[[Categoria:Quartieri di Vicenza]]
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