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== Storia ==
=== Origine dei nomi ===
* '''Borgo''' indica l'espansione della città al di fuori della cerchia delle [[Mura (fortificazione)|mura]]<ref>[http://www.treccani.it/vocabolario/borgo/ Voce ''Borgo'' nel vocabolario Treccani]</ref>; questo significato è stato appropriato per SanPorta Nova e Santa PietroCroce fino al 1370, quando fu costruita dagli Scaligeri la secondaterza cerchia di mura, proprio per rinchiudere e proteggere illa Borgo;parte daa quelnord momentoovest indella poi,città; al di là della cinta muraria sirimase sonoil formati nuovi borghi, come [[Borgo Santa Lucia (Vicenza)|quelli di Santa Lucia]], di Padova e di Casale. San PietroFelice divenne un quartiere della città.
* '''Porta Nova'''.
* '''Santa Croce'''.
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Intorno al IX-X secolo fu costruita intorno alla ristretta area urbana la cinta di mura altomedievali, con la porta di San Pietro<ref>I cui ultimi resti andarono perduti quando a fine Ottocento venne rifatto il ponte</ref> che consentiva il transito alle parti della città al di là del fiume e che dava loro il nome di ''Porsampiero'', secondo la vecchia dizione e le descrizioni del Castellini<ref>Silvestro Castellini, ''Storia della città di Vicenza... sino all'anno 1630'', 1822</ref>; in quel periodo è certa la formazione del borgo articolato in contrade, che vengono citate nel Decreto edilizio vicentino del 1208<ref>{{cita|Franzina, 2003|pp. 33-34}}</ref>.
 
==== Il borgo di San Vito e la contradaborghetto di Santa LuciaCroce ====
Lungo l'antica Via Postumia in quel periodo si formò il borgo di San Vito, il cui nome faceva riferimento all'[[Abbazia di San Vito (Vicenza)|omonima abbazia benedettina]], eretta sul luogo in cui oggi si trova il [[Cimitero acattolico di Vicenza|Cimitero acattolico]]. Essendo al di fuori delle [[Mura di Vicenza|mura cittadine]], la chiesa aveva il [[fonte battesimale]] e la cura d'anime su un ampio territorio, esteso fino alla pieve di Santa Maria di [[Bolzano Vicentino]].
 
==== La cinta muraria scaligera ====
Nel 1206 l'abbazia fu assegnata ai [[Camaldolesi]] che nel 1314 acquistarono un edificio più vicino alla città e al suo posto costruirono un [[Oratorio (architettura)|oratorio]] dedicato a [[santa Lucia]]<ref>{{cita|Mantese, 1958| p. 222}}</ref>; questo portò un ulteriore sviluppo del borgo.
{{vedi anche|Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza#Le mura scaligere di Borgo Porta Nova}}
 
[[File:Mr scaligere Mazzini-3.jpg|thumb|Mura scaligere occidentali in viale Mazzini]]
Nel 1370, l'erezione delle mura scaligere inglobò nella città la parte più popolosa e benestante di esso e la parte che ne rimase fuori da allora fu chiamata [[Borgo Santa Lucia (Vicenza)|borgo di Santa Lucia]]<ref name= Sottani >{{cita|Sottani, 2012|pp. 191-93}}</ref>, mentre la parte interna ''contrà de Santa Lùssia'', o contrada di Santa Lucia.
[[File:Porta S.Croce-1.jpg|thumb|Porta Santa Croce]]
[[File:Pt S.Croce-1.jpg|thumb|La Torre di Porta Santa Croce]]
 
Dagli Statuti comunali del 1264 si ricava che a quell'epoca, a protezione dell'abitato che si stava sviluppando fuori della cinta altomedievale verso nord e verso ovest, era stata scavata una fossa, che dal Bacchiglione portava l'acqua fin nei pressi di Porta Feliciana.
==== La contrada di San Pietro ====
Lo sviluppo urbano riguardava i due borghi di Porta Nova - che da detta porta andava fino all'ospitale e alla [[chiesa di Santa Croce (Vicenza)|chiesa di Santa Croce]] - e di San Felice - che andava da Porta Feliciana all'abbazia e dove già esistevano alcuni ospitali con relative chiese<ref>Erano la chiesetta di Santa Maria Maddalena, con annesso ospedale della Misericordia costruiti probabilmte verso la metà del XIII secolo, la chiesa di San Nicolò, con un ospizio per lebbrosi che poi fu trasferito a San Lazzaro e la chiesa di San Martino, all'angolo tra la strada per Verona e l'attuale Viale Mazzini</ref>.
{{vedi anche|Chiesa e monastero di San Pietro|Chiese altomedievali di Vicenza#Sant'Andrea}}
[[File:Chiesa di San Pietro - Andrea-1.jpg|thumb|Pala del Martirio di Sant'Andrea, attribuita ad [[Alessandro Maganza]], già nella chiesa di Sant'Andrea]]
Prima del X secolo a poca distanza dalla sponda sinistra del fiume fu fondato il monastero benedettino di San Pietro, dapprima probabilmente maschile, poi femminile<ref>Vi sono opinioni diverse sul momento in cui esso divenne un monastero femminile. Secondo il Mantese lo era già nella prima metà dell'XI secolo, secondo altri lo divenne qualche decennio dopo, {{cita|Mantese, 1954|pp. 46-47, 533}}</ref>. Durante l'Alto Medioevo esso ebbe una vita difficile, quasi certamente subì le scorrerie degli [[Ungari]] agli inizi del X secolo e forse fu distrutto; nel 977 un ''privilegium'' del vescovo Rodolfo lo definiva "quasi annientato e deserto di ogni culto monastico e divino ufficio". Dopo il Mille i [[Diocesi di Vicenza|vescovi]] assegnarono in feudo alle benedettine una notevole quantità di possedimenti, tutt'intorno al monastero ma anche altri in tutto il territorio vicentino.
 
Un secolo più tardi gli Scaligeri, nell'estremo tentativo di consolidare il territorio rimasto ancora sotto il proprio dominio, maturarono l'idea di fortificare la zona di nuova espansione ma, data l'estensione complessiva della zona e la necessità di restringere l'area da difendere, decisero l'abbandono di borgo San Felice che, a parte le chiese e gli ospitali, fu raso al suolo<ref>Questa drastica operazione spiega il ritardo nello sviluppo del borgo, che giunse molto più tardi in avanzata fase del dominio veneziano, quando ormai cioè non vi erano più ragioni militari a limitarlo. {{cita|Barbieri, 2011| pp. 115-16}}</ref>.
Dal monastero dipendevano anche altre chiese, alcune all'interno del borgo San Pietro, come quella di San Vitale, prospiciente la piazza sulla quale si affacciava il monastero, sull'area in cui nell'Ottocento fu costruito l'Istituto Trento
<ref>Doveva essere già scomparsa nel XVI secolo, perché non si vede nella ''[[Pianta Angelica]]'' del 1580; se ne vede però ancora il campanile nella pianta del Monticolo del 1611. Aristide Dani, in {{cita|AA.VV., 1997| p. 27}}</ref>, e quella di Sant'Andrea, nei pressi della Corte dei Roda<ref>Le monache la fecero restaurare nel 1536; fu abbattuta durante il periodo napoleonico, {{cita|Mantese, 1958|p. 223}}; {{cita|Mantese, 1964| p. 448-89}}</ref>.
 
Non è chiaro quando iniziarono i lavori di costruzione del fortilizio della Rocchetta, che precedettero quelli di edificazione di Porta Santa Croce - il cui nome fu mutuato dalla vicina chiesa dei Crociferi - e del nuovo tratto di mura che raccordava le due rocche, che molto probabilmente fu costruito lungo la fossa già esistente. Per racchiudere il nuovo borgo, infine, furono costruiti gli ultimi due tratti che raccordavano la nuova cortina alla cinta medioevale. A nord le mura da Porta Santa Croce seguivano per un tratto la riva destra del Bacchiglione (fino al punto in cui in seguito fu costruito il Ponte Novo) per proseguire quindi lungo l'attuale contrà Mure Carmini e agganciarsi alle mura altomedievali presso la primitiva Porta Nova. A sud, dalla Rocchetta le mura puntavano verso il Castello e si collegavano a quelle più antiche, più o meno dove oggi si trova la salita di contrà ''Ponte dele Bele''.
La chiesa di Sant'Andrea è citata in documenti del 1129 e del 1166, mediante i quali la badessa di San Pietro investiva gente del posto di terreni e case nella zona vicino alla chiesa. Dal XIII al XV secolo fu sede parrocchiale, il che testimonia l'esistenza della contrada, officiata da un sacerdote secolare nominato dalla badessa del monastero.
 
La lunghezza complessiva della nuova cinta era di 1680&nbsp;m.
Agli inizi del Quattrocento la chiesa risulta fosse abbandonata e cadente, anche perché si trovava in un'area spesso alluvionata dalle esondazioni del Bacchiglione<ref>{{Cita|Mantese, 1958|p. 223}}</ref>.
 
Il nuovo tratto racchiudeva così un'area non ancora abitata che, per volontà di [[Antonio della Scala]], fu dotata di un tracciato viario ad assi ortogonali, con isolati regolari di notevoli dimensioni, che lasciava ampie fasce inedificate a protezione del perimetro difensivo. Nel tempo, dentro al recinto si sviluppò un'edilizia privata non molto intensiva, allineata lungo le strade e che lasciava larghi vuoti interni di orti e giardini, in una dignitosa uniformità piuttosto aliena da esiti monumentali e intervallata da frequenti e imponenti complessi di Ordini religiosi<ref>{{cita|Barbieri, 2011| p. 118}}</ref>.
==== Il borgo di Porta Padova ====
{{vedi anche|Chiesa di San Giuliano (Vicenza)}}
Situato lungo una delle due principali strade che uscivano dalla città attraverso la ''Porsanpiero'', sicuramente il borgo era esistente nell'Alto Medioevo. Nel 1270 le [[Ordine di San Benedetto|benedettine]] di San Pietro affittarono un appezzamento di terreno per costruire "un ospitale per benefizio dei poveri", chiamato ''Chà di Dio'', la cui chiesa, intitolata a san [[Giuliano l'ospitaliere]], risulta esistente fin dal 1319, annessa all'ospitale per mendicanti e [[pellegrinaggio|pellegrini]] che transitavano sulla strada tra Vicenza e [[Padova]].
 
La costruzione delle mura comportò alcune modifiche al percorso del Bacchiglione e della roggia Seriola - che divennero i fossati di completamento - e rispettò l'integrità della vecchia cinta. Questo fatto mantenne l'identità del nucleo storico cittadino, al punto che le nuove inclusioni furono ancora chiamate, dagli storici locali come nel linguaggio corrente, i ''borghi'' della città.
Quello di San Giuliano fu in quest'epoca uno tra i più importanti ospitali situati nei dintorni della città, tanto che nel 1295 alcuni privati cittadini si proposero di aiutarlo economicamente per essere partecipi dei frutti spirituali delle opere di pietà e carità<ref>{{cita| Mantese, 1958| pp. 519-20}}</ref>. Rimasto tuttavia fuori della [[Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza#Le mura scaligere di Borgo San Pietro|cinta di mura fatta costruire dagli Scaligeri]] nel 1370<ref>{{cita|Sottani, 2012| p. 242}}</ref>, cessò di funzionare intorno alla metà del XV secolo.
 
; La Porta Nova
La chiesa, comunque, continuò a essere officiata e anzi nello stesso periodo ebbe arredamenti e [[Restauro architettonico|restauri]]. Diventata proprietà della municipalità cittadina, dopo il ritiro delle benedettine, fu associata alla [[Chiesa di San Vincenzo (Vicenza)|chiesa di San Vincenzo]] e le fu attribuita la cura d'anime nel territorio circostante. Divenne tradizionale luogo di incontro tra la cittadinanza e i vescovi - quasi tutti veneziani nel XV secolo - nel giorno del loro ingresso nella [[Diocesi di Vicenza|diocesi vicentina]]<ref>{{cita| Mantese, 1964| p. 1039}}</ref>.
 
La nuova cinta del borgo, però, rendeva difficile l'ingresso e l'uscita dalla città, dato che aveva solo due porte: Santa Croce e Porta Castello. Intorno al 1392, accogliendo una supplica dei vicentini, [[Gian Galeazzo Visconti]] concesse loro di aprire una terza porta vicino alla Rocchetta, chiamata anch'essa Porta Nova come la prima - vicina alla [[Chiesa di San Lorenzo (Vicenza)|chiesa di San Lorenzo]], porta dalla quale aveva ricevuto questo nome il borgo - e che in seguito venne chiamata il ''portone di Porta Nova''<ref>{{cita|Mantese, 1958| pp. 372-74}}; {{cita|Barbieri, 2011| p. 125}}</ref>.
Tutto questo fa pensare che anche dopo il 1370, nonostante la costruzione delle mura avesse ridotto a contrada la parte interna dell'abitato, la parte esterna del borgo sia rimasta in notevole comunicazione con la prima, favorita dal fatto che la porta, in periodo veneziano, aveva solo una funzione di barriera per la riscossione del dazio.
 
Dalla relazione che, agli inizi del Novecento quando ormai si parlava di demolirla, ne fece l'ingegnere Vittorio Saccardo, appare che: ''la sua struttura murale era veramente ammirabile, tanto per la qualità e la lavorazione dei materiali, quanto per l'accuratissima esecuzione. Era anche fortissima. L'alta mole merlata era protetta, all'esterno, dalla fossa larga e profonda, nella quale si immetteva l'acqua della Seriola; ponti levatoi e solide imposte di quercia erano all'entrata principale esterna e alla postierla; imposte di quercia e saracinesca, con sovrastanti piombatoi, proteggevano l'entrata interna; infine, a completare la difesa, ergevasi, di fianco alla porta, un'altra, formidabile torre''<ref>Citato da {{cita|Giarolli, 1955| pp. 366-67}}</ref>
==== Il borgo delle Roblandine (o di San Domenico) ====
Il nome di questo borgo - e quindi la testimonianza della sua esistenza nel XIV secolo - come uno tra i ''burgorum Sancti Petri Civitatis Vincentie'' è citato nel "Testamento di Guglielmo Bolognini" del 1377<ref>Riportato nella ''Storia del monistero di Santo Francesco di Vicenza'', 1789, p. 111 di [[Gaetano Maccà|Gaetano Girolamo Maccà]]</ref>.
 
;Percorso (con riferimento alla toponomastica attuale)
Si trattava dell'abitato intorno al convento di San Domenico, fatto costruire intorno al 1264 dalle [[domenicane]]; completamente rifatti nel XV secolo e successivi<ref>{{cita|Mantese, 1954|p. 489}}</ref>, chiesa, chiostri ed edifici del convento sono attualmente sede del [[Conservatorio Arrigo Pedrollo|Conservatorio di musica "Arrigo Pedrollo"]].
 
Questa parte della cinta rappresenta ancora, nonostante le passate manomissioni, il più consistente e integro resto delle fortificazioni cittadine e, a buona ragione, viene valorizzata nel tratto esterno di viale Mazzini, dove il marciapiedi ricopre la fossa della Seriola ormai colmata e delimita il largo prato che costituiva in antico la ''Piarda delle Rason Vecchie''<ref>''Rason Vecchie'' era il nome del Demanio Veneto</ref>. Caratteristica è la struttura del muro di pietre listato con mattoni - tipica tradizione scaligera -ogni 75–80&nbsp;cm.: in questa cortina fu introdotta l'innovazione della ''torre pentagonale a puntone'' - frutto dell'architettura militare trecentesca nel Veneto - che offriva una miglior difesa contro il fuoco della nascente artiglieria.
==== La cinta muraria scaligera ====
{{vedi anche|Storia delle mura e fortificazioni di Vicenza#Le mura scaligere di Borgo San Pietro}}
[[File:Porta S.Lucia-3-2.jpg|thumb|Porta Santa Lucia, vista dall'omonima contrà]]
[[File:Mura scaligere est-2.jpg|thumb|Mura scaligere in via Legione Gallieno]]
Nel XII e XIII secolo la città si arricchì ed espanse; la sua parte orientale al di là del Bacchiglione, formata da diversi piccoli borghi (San Vito, Lisiera, Roblandine, Camisano e San Pietro, secondo le denominazioni attribuite dal Castellini<ref>Silvestro Castellini, ''Storia della città di Vicenza ... sino all'anno 1630'', che si richiama ad alcuni documenti dell'archivio del monastero di San Pietro</ref>) all'inizio del Trecento era già densamente abitata, sviluppatasi in contrade sorte lungo le cinque strade che si aprivano a raggiera dal ponte ''Porsampiero''.
 
La Porta di Santa Croce, in particolare, fiancheggiata a est da una torre e quasi intatta nell'interna “corte d'arme”, resta ormai unico esempio della tipologia fortificatoria scaligera, data anche la totale scomparsa delle porte coeve di Verona<ref>Sono qui ancora visibili, attorno alle aperture d'accesso, gli ''sfondati'' nella muratura destinati ad accogliere, quando alzati, i ponti levatoi: e di essi, recenti scavi hanno scoperto le strutture di appoggio, quando abbassati. Sopra, si ritagliano le sedi, lunghe e strette, per i due paralleli ''bolzoni'' in legno, leve del passaggio carraio, nonché per la ''forcola'' in ferro, leva della passerella pedonale. {{cita|Barbieri, 2011| pp. 119-20}}</ref>.
Secondo il Castellini, questo borgo complessivo era delimitato e protetto da un fossato almeno dal 1182, al quale dal 1344 gli Scaligeri - dopo la disfatta loro inferta dalla coalizione veneto-fiorentina - avevano aggiunto degli spalti, cioè un terrapieno che obbligava il passaggio soltanto attraverso cinque porte (o meglio cinque varchi) intervallate da “[[Battifredo (torre)|battifredi]]”, una sorta di torri lignee di vedetta<ref>{{cita|Mantese, 1958|p. 271}}, {{cita|Barbieri, 2011|p. 97}}</ref>.
 
Partendo da contrà Ponte delle Bele, la cinta muraria resta sempre a sinistra di contrà Mure Porta Nova, dove il muro è stato demolito negli anni cinquanta del secolo scorso, per far posto ai padiglioni di esposizione della fiera campionaria. Qui, all'incrocio con l'omonima contrà, c'era la Porta Nova che, ridotta in cattivo stato, nel luglio 1926 venne fatta saltare in aria mediante una carica di esplosivo<ref>{{cita|Barbieri, 2011| p. 123}}</ref>.
Questi varchi erano - partendo dalla prima contrada orientata verso nord e continuando in senso anti-orario - la porta del borgo di San Vito o di Santa Lucia che portava alla [[Abbazia di San Vito (Vicenza)|coltura di San Vito]]; quella del borgo di Lisiera; la porta delle Roblandine, alla fine dell'attuale contrà San Domenico; quella di Camisano o delle Torricelle o di Padova, che volgeva in direzione di Padova e infine la porta di Camarzo<ref>Lo stesso toponimo del Campo Marzo, a indicare una zona ancora paludosa</ref>, posta vicino al [[Chiesa e monastero di San Pietro (Vicenza)|monastero di San Pietro]].
 
Il muro prosegue per contrà Mure della Rocchetta, fino ad arrivare al fortilizio. Di lì, piegando ad angolo retto verso nord, continua per contrà Mure San Rocco e Mure Corpus Domini fino a Porta Santa Croce. Da questa porta le mura - ora sostituite dalle case di contrà del Borghetto - seguivano il corso del Bacchiglione fino a Ponte Novo, per puntare poi verso il centro lungo contrà Mure Carmini e contrà Beccariette, fino ad innestarsi presso la Porta Nova, che si trovava dove oggi si incrociano corso Fogazzaro e contrà Pedemuro San Biagio.
Per evitare un ulteriore rischio di disastrose devastazioni, avvenute in questo borgo durante le guerre con i padovani, intorno al 1370 [[Cansignorio della Scala]], ''insospettito dalla discordia insorta tra i veneziani e Francesco di Carrara, così vicini al suo stato, fece maggiormente fortificare la città di Vicenza, e cinse le mura di tutto il borgo di San Pietro, che era solamente difeso da una gran fossa e da un terrapieno; e invece di una porta che era al ponte degli Angeli ne fece fare tre ...''<ref>Così scrive il Castellini, {{cita|Giarolli, 1955|p. 507}}</ref>, lasciando appunto solo tre porte - Santa Lucia, Padova e Camarzo - e facendo chiudere quelle delle Roblandine e di Lisiera. Un paio di secoli più tardi, nel 1560, le monache di San Pietro fecero chiudere anche la Porta di Camarzo<ref>{{cita|Mantese, 1958| pp. 371-72}}</ref>.
 
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La nuova cinta muraria iniziava a poche decine di metri dall'attuale ponte degli Angeli sulla riva sinistra del Bacchiglione, continuava sul lato esterno di contrà Torretti (il cui toponimo ricorda le piccole torri che scandivano il decorso delle mura<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 506}}</ref>) e per contrà Mure Araceli, dove si apriva la Porta Santa Lucia. Di qui senza interrompersi proseguiva all'esterno delle contrà Mure Santa Lucia, Mure San Domenico e Mure Porta Padova. Nel punto in cui quest'ultima stradina - ora interrotta - sboccava in contrà Porta Padova, si ergeva l'omonima porta, della quale ora rimane un modesto rudere poco prima dell'incrocio con viale Margherita. Il muro è ancora discretamente conservato fino all'incrocio con contrà San Pietro, dove si ricollegava con il Bacchiglione - che, a quel tempo, formava un'ansa verso est, scorrendo praticamente parallelo all'attuale via Nazario Sauro - e si apriva la Porta di Camarzo. La lunghezza complessiva della cinta era di circa 1220&nbsp;m.
File:Scaligere ovest-3.jpg|Mura scaligere occidentali in contrà Mure Carmini
File:Scaligere ovest-1.jpg|Mura scaligere occidentali in viale Mazzini
File:Scaligere ovest-2.jpg|Mura scaligere occidentali in viale Mazzini
File:Mr scaligere Mazzini-6.jpg|Mura scaligere occidentali
File:S.Croce-5b.jpg|Porta Santa Croce
File:S.Croce-6.jpg|Tratto di mura scaligere presso Porta Santa Croce
File:Porta S.Croce-3.jpg|Porta Santa Croce
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; La Seriola e il Bacchiglione a protezione delle mura occidentali
 
Nel punto in cui le nuove mura intercettavano la [[roggia Seriola]], poco a sud di Santa Croce, fu creata una derivazione<ref>Il fatto venne raccontato dal cronista [[Conforto da Costozza]] nei suoi ''Frammenti di storia vicentina'' e descritto nelle mappe del Cinquecento</ref> per far scorrere l'acqua a fianco della cinta, aggirare la Rocchetta - dove un'ulteriore derivazione consentiva di isolare completamente il fortilizio - e continuare, sempre seguendo le mura, fino al Castello<ref>{{cita|Sottani, 2012| pp. 237-41}}</ref>.
 
Sul lato orientale, invece, la cinta era protetta da una piarda triangolare, che si era creata tra la vecchia e la nuova cinta e il Bacchiglione.
 
=== Età moderna ===
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Dopo la caduta della Serenissima nel 1797 e le campagne napoleoniche che ebbero ripercussioni negative sulla città e sul territorio,
 
==== Le istituzioni assistenzialisanitarie ====
* San Rocco
* Checozzi
* Istituto Novello
 
==== Le istituzioni sannitarie ====
* Centro antitubercolare
* Servizio psichiatrico
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==== La nascita di Istituti assistenziali e religiosi ====
{{vedi anche|Storia delle istituzioni assistenziali di Vicenza#Dagli inizi dell'Ottocento alla fine della prima guerra mondiale}}
 
* San Rocco
* Checozzi
* Istituto Novello
* Fondazione Cordellina (profughi giuliani)
 
Un mutamento di conformazione del quartiere fu dato anche dal concentrarsi in esso di istituzioni cittadine di assistenza che, sommate a quelle religiose, lo rendevano non più la residenza di classi laboriose seppur poco abbienti, quanto piuttosto un luogo deputato alla raccolta e al controllo di quote instabili ed emarginate di popolazione povera<ref>{{cita|Franzina, 2003|pp. 55, 77-78}}</ref>.
 
; L'Istituto Ottavio Trento
[[File:Chiesa di San Pietro (Vicenza)-8.jpg|thumb|Chiostro del [[Chiesa e monastero di San Pietro|monastero di San Pietro]], dall'Ottocento sede dell'Istituto Trento]]
Nel 1810 il nobile vicentino [[Ottavio Trento]]<ref>Sebastiano Rumor, ''Il conte Ottavio Trento. Ricordi e documenti nel primo centenario della sua morte'', Vicenza, 1912</ref> donò al Comune di Vicenza una somma cospicua per l'istituzione di una "Casa di lavoro volontario e semiforzato", al fine di dare una risposta allo stato di grave disagio in cui si trovavano i numerosi operai e artigiani rimasti sul lastrico con le loro famiglie in quegli anni di crisi economica; a questa donazione egli aggiunse poi nel suo testamento un ulteriore sostanzioso legato. Per realizzare l'opera, il Comune individuò il complesso dell'ex-monastero di San Pietro; i lavori di restauro cominciarono solo dopo la morte del donatore per concludersi nel 1814.
 
L'Istituto accolse dapprima ospiti anziani e bisognosi di assistenza, specialmente durante la stagione invernale; cinque anni più tardi iniziò ad accogliere anche i figli degli operai disoccupati, creando una sezione separata destinata all'istruzione professionale, per addestrare i ragazzi ad un lavoro artigianale; nel 1881 questa sezione fu spostata nell'Orfanotrofio maschile da poco istituito nel vicino ex-convento di San Domenico. Così l'Istituto Ottavio Trento - indicato dapprima come "Casa d'Industria e Lavoro a sollievo della mendicità", e quindi come "Casa di riposo per persone invalide o anziane prive di mezzi propri" - si specializzò sempre più nel ricovero di anziani poveri, attrezzandosi con strutture e personale adeguati all'evoluzione dei tempi<ref>{{cita|Reato, 2004|pp. 71-72}}</ref>.
 
; L'Istituto Salvi
Il conte [[Gerolamo Salvi]] che, come il Trento non aveva eredi, volle destinare quasi tutto l'ingente patrimonio familiare a sostegno delle persone più deboli e spesso abbandonate sul lastrico a mendicare; così con il testamento del 1873 costituì suo erede universale il Comune di Vicenza perché fondasse un asilo per i poveri, gli anziani e quanti soffrivano di menomazioni fisiche e mentali. Queste disposizioni furono realizzate con l'apertura dell'Asilo di mendicità negli ambienti dell'ex-convento di San Giuliano, opportunamente restaurati e attrezzati nel 1886.
 
; Il dormitorio pubblico
Dopo diversi passaggi di proprietà, nel 1888 [[palazzo Regaù]] divenne un [[dormitorio]] pubblico, lasciato all'incuria e al degrado, caratteristiche che lo contraddistinsero fino a tempi recenti, quando un accurato restauro lo restituì agli antichi splendori.
 
; L'Orfanotrofio di San Domenico
L'eccessivo affollamento dell'Orfanotrofio della Misericordia, verso la metà del secolo, rese necessaria una nuova sede per la sezione maschile, che fu trasferita nel 1861 in contrà San Domenico, dapprima nell'ex-convento delle cappuccine sotto la direzione dei [[Pavoniani|padri pavoniani]] e poi, risultando insufficiente e inadeguata anche questa sede, quattro anni più tardi nell'attiguo ex-convento delle domenicane. Qui furono allestiti alcuni laboratori per l'istruzione professionale e aule scolastiche per gli ospiti che - a norma di statuto - dovevano essere ragazzi e giovani "orfani o in stato di abbandono, i quali non possano essere convenientemente aiutati in seno alle loro famiglie" ed erano accolti a convitto o a semiconvitto; alla direzione dell'istituto furono chiamati sacerdoti diocesani.
 
; L'Istituto Farina
[[File:Istituto Farina-2.jpg|thumb|left|Istituto Farina delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori]]
Questa istituzione sorse nel 1836 per iniziativa del sacerdote e professore del [[Seminario vescovile di Vicenza]] - divenuto in seguito vescovo di [[Treviso]] e quindi di Vicenza - [[Giovanni Antonio Farina]], che nei primi dieci anni di sacerdozio prestava anche servizio come cappellano a San Pietro. In questa parrocchia, costituita per gran parte da famiglie operaie, nel 1827 era stata portata da don [[Luca Passi]] l'''Opera di Santa Dorotea'' e, nel febbraio dell'anno seguente, era stata istituita la ''Pia scuola di carità per le fanciulle povere''. Don Antonio Farina fin dagli inizi si prese a cuore l'Opera e nel 1831 la innestò nell'altra della Pia scuola che minacciava di estinguersi; fino al 1836 le maestre furono persone secolari non vincolate da voti, ma in quell'anno - sia per la difficoltà di trovare educatrici idonee e disponibili a tempo pieno, che per dare maggiore stabilità all'istituzione - il Farina favorì la costituzione di un gruppo di nuove maestre, che vivevano in comune e alle quali diede una regola<ref>Questa fu l'origine delle [[Suore Maestre di Santa Dorotea, figlie dei Sacri Cuori]], {{cita|Mantese, 1954/2|pp. 123-25}}</ref>.
 
In accordo con il vescovo [[Giovanni Giuseppe Cappellari|Cappellari]] e con le autorità civili, egli aprì la prima casa in contrà San Domenico e, grazie all'appoggio di alcuni benefattori, poté accogliervi le prime ospiti alle quali offrì, in un tempo in cui il ruolo della donna era spesso oggetto di emarginazione e di segregazione, un'educazione umanistica e morale, integrata dalla formazione professionale necessaria a un dignitoso inserimento nella società. Nel 1840 vi furono accolte, e seguite con appropriate tecniche didattiche, anche bambine cieche e sordomute<ref>Giovanni Antonio Farina, Felice De Maria, (a cura di Albarosa Ines Bassani), ''Memorie storiche sulla istituzione della Casa d'educazione in parrocchia di S. Pietro di Vicenza per le fanciulle povere ed abbandonate dai propri genitori'', Vicenza, 2011</ref><ref>L'"Effetà", l'opera di educazione delle sordomute iniziata dal Farina, fu spostato nel 1969 nella sede di [[Marola (Torri di Quartesolo)|Marola]]</ref>.
 
; L'Asilo per l'Infanzia
Il primo Asilo di Carità per l'Infanzia fu promosso da don [[Giuseppe Fogazzaro]], sacerdote, patriota e professore nel [[Seminario vescovile di Vicenza|Seminario vescovile]], il quale istituì un'apposita commissione direttiva che nel 1839 annunciò il progetto della fondazione del primo Asilo per l'Infanzia, modellato sull'esempio di altre città, sulla falsariga pedagogica e didattica del maestro [[Ferrante Aporti]] di [[Cremona]]. L'iniziativa mirava ad offrire all'infanzia un'adeguata assistenza ed educazione morale ed intellettuale, insieme con il sollievo e l'aiuto alle rispettive famiglie.
 
Nel luglio 1839 fu inaugurato in alcuni locali in piazza dell'Isola il primo Asilo per l'Infanzia con una quarantina di bambini provenienti dalle famiglie più povere della città, molte delle quali del quartiere oltre Bacchiglione. Il loro numero si accrebbe rapidamente, tanto che si rese necessaria per le fanciulle la collaborazione delle [[Suore maestre di Santa Dorotea, figlie dei Sacri Cuori|suore dorotee]].
 
; L'Oratorio femminile in contrà Santa Lucia
L'istituzione degli oratori parrocchiali a Vicenza è collegata al clima politico e sociale degli anni successivi all'unificazione nazionale, nell'ambito del movimento cattolico preoccupato di proteggere e sostenere i valori e le tradizioni religiose in una società di ispirazione liberale e talora anche massonica. In varie parrocchie nacquero così gli "oratori" dove, accanto all'insegnamento religioso e morale, si offrivano ai giovani occasioni di letture, giochi, gite, esibizioni teatrali, filodrammatiche, corali e strumentali, attività sportive. Venivano anche organizzati doposcuola per i più piccoli, corsi di addestramento professionale per le ragazze (le "scuole di lavoro") e per i giovani apprendisti<ref>{{cita|Reato, 2004|pp. 96-97}}</ref>. A Vicenza il primo di questi fu l'oratorio femminile gestito dalle Suore delle Poverelle in contrà Santa Lucia.
 
==== Il XX maggio 1848 a Porta Santa Lucia ====
[[File:Lapide 1848 Porta S. Lucia-1.jpg|thumb|left|Lapide sotto la Porta S. Lucia che celebra la resistenza del 1848]]
 
Quando nel 1848 in tutta Europa scoppiò una serie di moti rivoluzionari, l'esercito asburgico dovette ritirarsi nelle [[Fortezze del Quadrilatero]]; anche Vicenza fu sgombrata il 24 marzo e immediatamente si costituì un governo provvisorio. Il 20 maggio, però, la controffensiva austriaca guidata dal generale [[Nugent]] si portò sotto le mura di Vicenza tra porta Santa Lucia e Borgo Casale con 16.000 uomini che furono lanciati all'assalto, coperti dal bombardamento di sei cannoni; venne però sanguinosamente respinta dalla resistenza dei volontari vicentini coadiuvati dalle truppe regolari pontificie<ref>[http://www.cardinibruno.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3:il-1848-vicenza&catid=1:tutto&Itemid=8 Bruno Cardini, ''Il 1848 a Vicenza'']</ref>.
 
Lo scrittore borghigiano Vittorio Meneghello narra che i popolani di Santa Lucia, artigiani e lavoratori, affiancarono sulle barricate i volontari e i soldati da Borgo Scroffa a Porta Padova. Anche il popolo minuto quindi si ribellò, accompagnando esponenti delle classi alte come il conte Camillo Franco "che aveva preteso che i suoi due figli si iscrivessero alla Guardia Civica" e come il canonico Luigi Maria Fabris, il protettore dei ''berechini''. [[Jacopo Cabianca]] scrisse che l'impegno della battaglia aveva richiamato alle armi persino i vecchi e le donne: "e le borghigiane di Santa Lucia non gareggiavano solo nell'assistere i feriti, ma anche nel preparare e porgere le munizioni ai combattenti, dietro lo schermo non invulnerabile delle barricate"<ref>{{cita|Franzina, 2003|pp. 56-58}}</ref>.
 
==== La rivitalizzazione del quartiere a fine Ottocento ====
Dopo la disastrosa alluvione del 1882 l'amministrazione comunale iniziò alcuni lavori: la riparazione dei selciati, l'abbattimento delle case vicine al ponte degli Angeli, opera che mise in risalto ''la stradela dei Toreti, che per quanto campestre, arborata e vitata, fa bela mostra dei so poco guereschi torrioni'', così come il risanamento di alcuni angoli soprattutto nella zona di San Pietro. Nel 1890, su iniziativa del titolare della tranvia cittadina, fu portata oltre il Bacchiglione la luce elettrica per l'illuminazione pubblica. Quest'azione di rifacimento ebbe anche il risvolto negativo della rivalutazione economica delle abitazioni del quartiere, il che portò ad un consistente aumento del costo degli affitti, aumentando quindi anche l'indigenza e il disagio della popolazione di queste zone già povere<ref>Questo traspariva dai dati dei morti per pellagra in città, dove il primato spettava appunto alle contrade di questo quartiere,{{cita|Franzina, 2003|pp. 90-92}}</ref>.
 
Negli ultimi due decenni del secolo i ''mestieri'' gestiti da singole persone - tipico della zona era quello delle ''lavandare'', linguacciute lavoratrici che dalle contrade scendevano alla Corte dei Roda - e da famiglie passarono sempre più alla condizione di mestieri operai e questo favorì l'aggregazione della popolazione. A [[palazzo Angaran]] avevano sede a fine secolo tre società operaie: la "Fratellanza", quella dei Falegnami e quella dei Macellai. Altro associazionismo qui presente era anche quello della Società Anticlericale e della Loggia Massonica intitolata a "[[Lelio Sozzini|Lelio Socino]]".
 
A fine Ottocento al di là del fiume vi era quindi il quartiere più popoloso e proletario, una sacca di contenimento delle povertà urbane e della vecchiaia impotente, un'area solcata da tensioni e da fermenti d'ordine sociale e culturale, ma anche uno spazio di associazionismo operaio, artigiano, politicamente filorisorgimentale e progressista.
 
In quel periodo erano già frequenti i momenti di ritrovo ludico comunitario in osteria, dove si incrementavano i processi di socializzazione politica e culturale del popolo minuto, caratterizzati da giochi, canti ma anche da litigi, spesso con i contadini del circondario che la domenica sera venivano a queste feste dalla campagna; importanti le trattorie di Benetto (che poteva accogliere oltre 300 persone) e "della Luna" di Soave, entrambe appena al di là della Porta Padova. Ogni tanto, nel corso dell'anno, vi erano banchetti sociali e appuntamenti politicamente significativi<ref>{{cita|Franzina, 2003|pp. 124-26}}</ref>.
 
==== La polemica sulla denominazione delle contrade ====
[[File:Piazzo XX Settembre-3.jpg|thumb|left|La colonna dell'Angelo in piazza XX Settembre]]
Nel 1895 la conquista della maggioranza nel consiglio comunale di Vicenza da parte dei cattolici, alleati con i moderati, determinò un consistente rinnovamento a livello della politica municipale, imprimendo un'importante accelerazione al processo di formazione del quartiere d'oltre Bacchiglione secondo le sue connotazioni più moderne<ref>{{cita|Franzina, 2003|p. 110}}</ref>.
 
Non era però conclusa, anzi era sempre più accesa, la polemica tra i fautori della monarchia sabauda e quelli del papa, da 25 anni ormai confinato nei palazzi vaticani.
 
Nell'ottobre 1895 un'istanza firmata da 395 cittadini fu presentata all'Amministrazione comunale per ottenere che alla piazza degli Angeli e alla contrà della Fontana Coperta venissero dati rispettivamente i nomi di piazza e di contrà XX Settembre, a ricordo della data della breccia di Porta Pia a Roma, avvenuta nel 1870. La Giunta del tempo, presieduta dal conte Antonio Porto, aveva fatta sua la richiesta e iscritta la relativa proposta all'ordine del giorno per l'approvazione del Consiglio comunale, quando pochi giorni prima dell'adunanza un'altra petizione firmata da 757 elettori pervenne al Comune perché fosse conservato alla via l'antico nome di Fontana Coperta e alla piazza degli Angeli venisse dato quello di piazza XX Maggio, a ricordo della giornata che aveva visto uno degli episodi della memorabile difesa del 1848.
 
Animata e non senza vivaci spunti polemici fu la discussione che si svolse in seno al Consiglio sulle due istanze, desiderosi gli uni che venisse rispettata l'antica denominazione e che il nuovo nome non servisse ad aumentare la discordia fra i cittadini, battendosi gli altri per l'accoglimento della petizione che includeva un concetto accentuatamente politico. Vi fu anche chi tentò di far accettare una soluzione di compromesso, mediante la quale, confermato il vecchio nome di Fontana Coperta, si sostituissero quelli di piazza degli Angeli con piazza XX Settembre e di contrà Santa Lucia con via XX Maggio; ma nemmeno questa proposta venne accettata.
 
Soltanto due anni più tardi la proposta di intitolare con il nome di XX Settembre la contrà della Fontana Coperta poté essere ripresentata dalla nuova Amministrazione Comunale, essendo sindaco Eleonoro Pasini<ref>Figlio di Valentino Pasini, che nel 1877 aveva donato al Museo di Vicenza le importanti raccolte geologiche, collezionate dallo zio Lodovico nella sua casa di Schio, {{cita|Giarolli, 1955|pp. 327-28}}</ref>, e a maggioranza approvata nella seduta dell'11 marzo 1898: il Consiglio volle anzi in un certo senso prendersi una rivincita per il ritardo subito, così chè non solo alla contrà della Fontana Coperta, ma anche alla piazza degli Angeli fu imposto il nome di XX Settembre<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 529-32}}</ref>.
 
==== La "Repubblica di Trastevere" e la ''"Republica de San Zuliàn"'' ====
In quegli anni si volle anche affermare l'analogia del quartiere di San Pietro con quello di Trastevere a Roma: si trovava al di là del Bacchiglione come il quartiere romano era al di là del Tevere, come quello veniva spesso alluvionato dal fiume, era caratterizzato da una popolazione quasi a sé stante, popolani di nota tenacia, fierezza e genuinità. Un'ulteriore affinità era data dal ricordo della [[Repubblica Romana (1849)|Repubblica Romana del 1849]], quando nel quartiere di Trastevere i popolani avevano appoggiato Mazzini, Garibaldi e infine i francesi ed erano stati dichiarati "veri amici della libertà"<ref>In un comunicato del generale Oudinot</ref>.
 
Proprio per sottolineare queste affinità il nome di "Repubblica di Trastevere" fu attribuito al quartiere popolare di Vicenza nel 1891 dai padri fondatori Cevese e Colain, che erano stati i promotori della nuova toponomastica del borgo. Questo episodio causò accesi dibattiti e appassionate proteste da parte di alcuni borghigiani e delle “''lavandare''”, solite a pulir panni sotto il Ponte degli Angeli, che si opponevano al mutamento. Nonostante le polemiche, la mozione dei “repubblicani” fu approvata e venne indetto il giorno dell’inaugurazione della colonna di Vittorio Cevese in piazza XX Settembre, il 25 ottobre 1891.
 
Sapientemente organizzata dai comitati promotori, l’iniziativa divenne una festa memorabile e si protrasse fino all’alba, con accompagnamento di fanfare e fuochi d’artificio.
 
Intento a rimuginare sugli ambienti di Roma città eterna, Antonio Colain così formulava le sue riflessioni: ''"… Il Trasteverino coi suoi costumi! Col suo fiume glorioso … quante memorie ha anche questo fiume! Ed anche il nostro Bacchiglione gli ha i suoi fasti, peccato non abbia più il suo arco romano; ma così abbiamo il Tevere senza le piene. Mi piace dargli questo nome, chi sa che forse i nostri trasteverini non diventino famosi … qui intanto si lavora, si rinnovano le vie, si danno spettacoli e si fanno delle beneficenze, forse ..."''<ref>Da ''Biografia di un Quartiere'' di Emilio Franzina</ref>.
 
==== La demolizione delle mura e l'apertura della città ====
I primi decenni del Novecento furono caratterizzati dallo sviluppo della città e dal notevole aumento del traffico, il che rese necessario lo smantellamento di una parte delle mura e portò all'allargamento del quartierecentro urbano.
Nel 1910 fu demolita la Porta delle Torricelle, o Porta Padova<ref>Il rudere di un muro, a destra, ne segna ancora oggi l'ubicazione, {{cita|Giarolli, 1955|pp. 365-69}}</ref>. Così anche la zona di Borgo Padova, o di ''San Zuliàn'', che si trovava al di là della porta ma da sempre era collegata all'area interna, divenne parte integrante del quartiere.
 
La cinta restò conservata, nel suo complesso, per tutto il Settecento, ma la sua demolizione sistematica cominciò agli albori del secolo XIX.
Non era però sufficiente: alla vigilia del primo conflitto mondiale la città appariva ancora chiusa nella sua cerchia di mura. Nel primo dopoguerra ''la "forma urbis" fu inesorabilmente travolta dallo sviluppo edilizio contemporaneo, per sua natura insofferente di limitazioni e allargantesi, all'opposto, in massa informe e continua, negatrice di ogni attrazione e vincolo di forza centripeta''<ref>{{cita|Barbieri, 2011|p. 23}}</ref>.
 
Significativo è quanto accadde alla Porta Nova (la seconda, quella tra la Rocchetta e il Castello). Agli inizi del Novecento, per mancanza di manutenzione, era ridotta in uno stato pietoso, tanto da scoraggiarne il restauro. Nel 1909, allora, fu aperto un varco alla sua sinistra nel cortile delle mura, avviando attraverso esso il movimento dei veicoli. Ma questo fece sì che, divenuta ormai la Porta un passaggio secondario e meno frequentato, cadesse ancora più in abbandono - ''un pubblico letamaio e indecente latrina'', la definiva l'Ufficiale Sanitario - e ne venisse proposto l'abbattimento, anche se la proposta incontrò l'opposizione della Regia Soprintendenza e della Commissione Provinciale dei Monumenti.
Con l'abbattimento delle mura scaligere, nel 1927 venne aperta l'antica Porta di [[Lisiera]], costruendo il tratto esterno di via IV novembre che si collegava così a Borgo Scroffa. Nel 1932 fu aperta la porta delle Roblandine, permettendo il passaggio da contrà San Domenico a via Legione Gallieno<ref>{{cita|Giarolli, 1955|pp. 382-409}}</ref>.
 
Finita la prima guerra mondiale, la questione fu ripresa, finché nel 1924 il Consiglio Comunale, ormai dominato dai fascisti, decretò all'unanimità l'abbattimento dell'antica porta, decisione che però fu rigettata dalle autorità superiori. Durante la notte del 22 luglio 1926 la porta saltò in aria. Nonostante i sospetti sulla natura e sui mandanti dell'evento fossero abbastanza chiari, dato che ormai nulla si poteva più fare, ogni indagine fu abbandonata. Due anni più tardi, nelle mura scaligere occidentali, fu aperto il semplice arcone a tutto sesto che, interrompendo le mura, permette la comunicazione con l'interno attraverso via Bonollo<ref>La storia viene ben descritta da {{cita|Giarolli, 1955| pp. 50, 366-69}}</ref>.
Per esigenze urbanistiche, all'inizio degli anni cinquanta avvenne anche lo sfondamento del muro che aveva rinchiuso Porta Casale e quindi contrà San Pietro, così da consentirne l'immissione in viale Margherita; nel corso del decennio un ampio tratto di via Ceccarini e quasi tutta via Legione Gallieno furono costruite o ampliate colmando l'antico fossato che contornava le mura.
 
Abitazioni costruite utilizzando le mura scaligere di Borgo San Pietro:
<gallery mode="packed">
Mura scaligere est case 01.jpg
Mura scaligere est case 04.jpg
Mura scaligere est case 05.jpg
Mura scaligere est case 06.jpg
</gallery>
 
== Il quartiere attuale ==
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==== Chiesa di San Rocco ====
{{vedi anche|Chiesa di San Rocco (Vicenza)}}
, in contrà Mure San Rocco ([[Borgo Porta Nova]]).
:Costruita nel 1485 quasi a ridosso delle mura, in uno stile che rimanda a [[Lorenzo da Bologna]], benché completata da altri. Vi è annesso il convento di San Rocco, dei [[Canonici regolari di San Giorgio in Alga]], demanializzato dal 1810 e ora sede di servizi sociali.
 
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=== Palazzi ===
 
* '''[[Palazzo Barbieri (Vicenza)|Palazzo Barbieri]]'''
:Del 1799, opera di [[Carlo Barrera]]<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 141}}</ref>.
 
* '''[[Palazzo Bonin]]''', in contrà Lodi
 
* '''[[Palazzo Brusarosco]] Gallo''', contrà Porta Santa Croce 3 (Borgo Porta Nova). {{coord|45.551272|11.538278|display=inline}}
:Edificio ottocentesco in parte restaurato dall'architetto [[Carlo Scarpa]], che nell'ultimo piano del palazzo realizzò Casa Gallo. Sede della [[Biblioteca internazionale La Vigna]] - Centro di Cultura e Civiltà Contadina.
 
* '''[[Palazzo Cividale]]''', in corso Fogazzaro
:Costruito nel 1582 e attribuito a [[Vincenzo Scamozzi]]<ref>{{cita|Barbieri, 2004| pp. 324-25}}</ref>.
 
* '''Casa Dal Giglio'''
:Su disegno di [[Ottavio Bertotti Scamozzi]]<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 133}}</ref>.
 
* '''Casa Dolfi''', in corso Fogazzaro
:Rinnovamento a fine Cinquecento, di un preesistente edificio quattrocentesco<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 324}}</ref>.
 
* '''Casa Donà''', in contrà Mure San Rocco
:Su progetto di [[Bartolomeo Malacarne]]<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 145}}</ref>.
 
* '''[[Palazzo Ferrari]]''', in corso Fogazzaro
:Sistemato nel 1692 e con interventi del 1877-78<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 323}}</ref>.
 
* Casa Fontanella, in contrà Lodi
:Edificio del 1799 su progetto di [[Ottone Calderari]]<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 140}}</ref>.
 
* Palazzo Lanzi Vecchia, tra Motton San Lorenzo e contrà Cantarane → Palazzo Vecchia Romanelli.
 
* '''[[Palazzo Pigatti]]''', in corso Fogazzaro
:Edificio del 1861, progettato da [[Marco Bonelli]], ristrutturazione di precedenti<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p. 348}}</ref>.
 
* '''[[Palazzo Terzi]]''', in corso Fogazzaro
:Costruito nella seconda metà del Seicento su precedente edificio quattrocentesco, di cui resta il portone<ref>{{cita|Barbieri, 2004| p.347-48 }}</ref>.
 
* '''[[Palazzo Vecchia Romanelli]]''', tra contrà Cantarane e Motton San Lorenzo
:Edificio costruito a metà del Settecento su progetto di [[Giorgio Massari]], ha la facciata principale sul quartiere di Porta Nova, che a quel tempo si iniziava a valorizzare, e quella secondaria rivolta alla città sul tracciato delle mura altomedievali<ref>{{cita|Barbieri, 2004| pp. 128-29}}</ref>.
 
* '''[[Palazzo Velo (Porta Nova)|Palazzo Velo]]''', in contrà Lodi, angolo contrà Cantarane
:Opera del 1706 di [[Francesco Muttoni]]<ref>{{cita|Barbieri, 2004| pp. 116-17}}</ref>.
 
=== Ponti ===
[[File:Ponte Novo.jpg|thumb|Ponte Novo sul Bacchiglione]]
==== Ponte degli Angeli ====
Risalgono al [[XIV secolo|Trecento]], dopo che gli [[Scaligeri]] ebbero rinchiuso entro nuove mura il Borgo di Porta Nova, il ''Ponte di Santa Croce'' e il ''Ponte Novo''. Quest'ultimo – anch'esso anticamente in legno e rifatto in pietra negli anni 1645-55, in età della Serenissima era chiamato Ponte di Santa Maria Maddalena o delle Convertite, perché conduceva alla chiesa e al convento costruiti nel 1534 per accogliere giovani traviate che intendevano cambiar vita. Fu chiamato Ponte Novo dopo la sua ricostruzione nel 1793<ref>{{cita| Giarolli, 1955| pp. 359-60}}</ref>. Dopo essere rimasto per molti anni pericolante, è stato completamente ricostruito agli inizi degli anni duemila.
Il ponte, forse il più antico della città, fu costruito in epoca romana all'estremità orientale del [[decumano massimo]], dove cioè la [[via Postumia]] entrava in città; nel Medioevo prese il nome dal [[monastero]] [[Benedettini|benedettino]] di San Pietro, che si trovava a poche centinaia di metri al di là dell'Astico (sostituito un millennio più tardi dal Bacchiglione).
 
=== Roggia Seriola ===
[[File:Maddalene sorgenti Seriola-11a.jpg|thumb|left|Sorgenti della Roggia Seriola a Maddalene, Vicenza]]
 
Nel corso del Basso Medioevo e durante tutta l'Età moderna vengono documentati l'esistenza, le numerose modificazioni, le funzioni e gli utilizzi di un altro corso d'acqua, estremamente importante per la città di Vicenza: la [[Roggia Seriola]]<ref>{{cita| Sottani, 2012| pp. 168-99}}</ref>.
 
''Ceriola'' - o ''Civiola'', ''Ciriola'', poi Seriola - è il nome che fin dal XIII, nel vicentino e in [[Lombardia]], designa un [[canale artificiale|canale appositamente scavato]] per condurre l'acqua ai luoghi dove può essere utilizzata a scopi abitativi o commerciali. L'acqua della Seriola di Vicenza nasce da alcune polle sorgive in una zona poco a nord del Monte Crocetta che, all'inizio del secondo millennio, era incolta e paludosa. Molto probabilmente furono i monaci che si insediarono nel convento di Santa Maria Maddalena a costruire il canale per far defluire le acque, nell'ambito delle loro lavoro di bonifica del territorio. In un primo tempo il canale, dopo essersi diretto a sud ricevendo anche l'acqua della sorgente Boja, virava verso est e confluiva nel Bacchiglione (probabilmente per questo ricevette anche il nome di Bacchiglioncello). In un secondo momento - probabilmente verso la fine del secolo XII - questa confluenza fu bloccata e la costruzione del canale proseguita fino alla città per cingere il lato occidentale delle mura altomedievali, riempendo il fossato che da Porta Nova, vicino alla [[Chiesa di San Lorenzo (Vicenza)|chiesa di San Lorenzo]], continuava per l'attuale contrà Cantarane, passava davanti a Porta Castello, costeggiava il [[campo Marzo]] e giungeva a ponte Furo, per gettarsi infine nel Retrone. Prima di giungere alla città l'acqua della roggia veniva utilizzata dai conventi di San Pietro Vivarolo, di Santa Croce e di San Biagio Vecchio, situati lungo il suo percorso e tutti con comunità numerose.
Il vecchio ponte romano aveva un orientamento diverso dall'attuale: il decumano finiva più a nord sulla riva destra del fiume, così da infilarsi entro la romana porta San Pietro, che fu poi inglobata nel castello costruito dai padovani nella seconda metà del Duecento. Il ponte era a tre arcate e nel 1570 una quarta arcata fu aggiunta su progetto del [[Andrea Palladio|Palladio]]<ref>Il disegno è pubblicato ne ''[[I quattro libri dell'architettura]]'', XV, 224, {{cita| Sottani, 2012| p. 21}}</ref>.
 
È documentato che nel 1223 i frati del [[Borgo Berga|convento di San Tommaso]] ottennero dal Comune che le acque della Seriola fossero ulteriormente incanalate, scavalcando il Retrone presso il ponte Furo, per riempire la fossa (l'attuale contrà della Fossetta, dietro al Porton del Luzo) che costeggiava la parte orientale delle mura, giungere fino al loro convento in [[Borgo Berga]] e scaricarsi infine nel Retrone presso il Ponte delle Barche. L'acqua serviva - e sarebbe servita nei secoli successivi - per le necessità abitative dei numerosi conventi concentrati lungo contrà Santa Caterina e per le piccole manifatture tessili che i conventi gestivano.
In epoca moderna fu chiamato ponte degli Angeli, dalla chiesa di santa Maria degli Angeli che sorgeva alla sua estremità occidentale, addossata all'antico torrione difensivo che era stato trasformato in campanile<ref>Lo ricorda una targa apposta alla base della torre Coxina</ref>. Dopo l'alluvione del 1882 che lo distrusse, fu ricostruito in ferro in posizione più disassata<ref>{{cita web|url=http://archivio.vajenti.com/opac.php?search=a%3A1%3A%7Bs%3A12%3A%22Parola%2Bti%283%29%22%3Ba%3A2%3A%7Bs%3A5%3A%22input%22%3Bs%3A6%3A%22ponte+%22%3Bs%3A4%3A%22comp%22%3Bs%3A5%3A%22match%22%3B%7D%7D&start=7&mode=view&rpp=1&orderby=Titolo&loc=S&osc=ricerca1&screen=ricerca1&temptable=tmp__20130323233620_23004400&screen=ricerca1&sub=allegato&allegato=281|titolo=Immagine del 1920, Fondazione Vajenti|accesso=25 marzo 2013}}</ref>; a causa della sua insufficiente larghezza, non più adeguata alle crescenti esigenze del traffico, fu demolito nel 1950<ref>{{cita web|url=http://archivio.vajenti.com/opac.php?search=a%3A1%3A%7Bs%3A12%3A%22Parola%2Bti%283%29%22%3Ba%3A2%3A%7Bs%3A5%3A%22input%22%3Bs%3A6%3A%22ponte+%22%3Bs%3A4%3A%22comp%22%3Bs%3A5%3A%22match%22%3B%7D%7D&start=9&mode=view&rpp=1&orderby=Titolo&loc=S&osc=ricerca1&screen=ricerca1&temptable=tmp__20130323233620_23004400&screen=ricerca1&sub=allegato&allegato=18|titolo=Immagine della demolizione, Fondazione Vajenti|accesso=25 marzo 2013}}</ref> e sostituito dall'attuale in [[cemento armato]], dalla carreggiata più larga e rettificata.
 
Nel 1381, quando furono costruite le mura scaligere a protezione del quartiere di Porta Nuova, fu creato un nuovo ramo della Seriola, che da Porta Santa Croce riempiva il fossato addossato alle mura, aggirava il forte della Rocchetta e infine si dirigeva fino a congiungersi con il vecchio ramo, rimasto attivo, presso Porta Castello.
==== Ponte di ferro ====
[[File:Ponte del Ferro-2.jpg|thumb|Ponte di ferro sul Bacchiglione]]
Passerella pedonale che collega gli argini del Bacchiglione (o meglio del ramo del fiume deviato nel 1876) e i due tratti stradali di via Nazario Sauro e di viale Giuriolo. Una targa, posta ad un'estremità, dice: "Andrea e Cesare Piovene, nell'anno 1911, fecero costruire questo ponte di ferro, poi divenuto di uso pubblico".
 
Durante il periodo veneziano, quando la città vide l'aumento della popolazione - nel quartiere di Porta Nuova sorsero i conventi del Corpus Domini, di Santa Maria Nova e di San Rocco, in Borgo Berga il convento di Santa Chiara - e il moltiplicarsi delle attività artigianali, la Seriola costituì un'importante risorsa per la città, perché forniva un flusso costante e abbondante di acqua limpida, che serviva sia all'uso domestico che alle attività produttive. L'acqua veniva usata per bere, per lavare i panni e talora per scaricare i rifiuti in eccesso; faceva girare le ruote di diversi mulini, di cui si ha memoria presso Santa Croce, [[Campo Marzo]] e San Tommaso; vi si pescavano pesci e ottimi gamberi. Dai documenti rimasti si viene a sapere anche che la storia della roggia in questo periodo fu una storia di continui contrasti tra i diversi utilizzatori dell'acqua, così come di richieste e di concessioni comunali, di ulteriori piccole derivazioni concesse o abusive e di mancati interventi di manutenzione.
==== Ponte dei falliti ====
 
La corte dei Roda, che si trova a ridosso della sponda sinistra del Bacchiglione, comunicava un tempo direttamente con la piazza dell'Isola mediante un rustico ponte di legno, detto il "ponte dei falliti", la cui manutenzione era a carico degli abitanti della contrà di San Pietro, essendo quelli che del manufatto avevano maggiore e più frequente bisogno per accedere alla città. Ciò si rileva da certe domande di aiuto per restauri urgenti presentate da quegli abitanti ai "Deputati ad utilia" del Comune<ref>{{cita|Giarolli, 1955|p. 392}}</ref>.
Tra le diverse attività situate lungo il canale, si ricordano luoghi per la pettinatura e la tessitura della lana, delle tintorie, una segheria e una cartiera, derivazioni per irrigare orti e giardini. Nella seconda metà del Quattrocento fu praticata un'apertura nella cinta muraria presso la chiesa di San Lorenzo, così che le balie del vicino Ospizio dei Santi Maria e Cristoforo si recavano al lavatoio, costruito sotto il ponte (delle Balie o ''Bele'') per lavare i panni degli infanti esposti. Altre derivazioni servirono a costruire peschiere, come quella di villa Bertolini o quella dei monaci di San Felice.
[[File:Loggia Valmarana.jpg|thumb|left|La [[Loggia Valmarana]] si affaccia sul canale che fu la Roggia Seriola fino a cinquant'anni fa, ai [[Giardini Salvi]]]]
 
Nella seconda metà del XVI secolo i [[Valmarana (famiglia)|Valmarana]] ottennero il terreno fuori Porta Castello per costruirvi un giardino (oggi [[Giardini Salvi]]), che in seguito aprirono al pubblico e che arricchirono di due splendide logge, sovrastanti rispettivamente il ramo più antico e quello trecentesco della Seriola, che confluivano tra loro all'interno dei giardini stessi.
 
Negli anni trenta del [[XX secolo|Novecento]] fu interrato il ramo antico della Seriola, quello che attraversava il quartiere di Porta Nova; nel 1935, in previsione dei lavori che avrebbero ristrutturato tutta la Piarda, fu interrata la Fossetta oltre ponte Furo, tolto il ponte canale e ripristinato lo scarico nel Retrone. Fino agli anni sessanta, il ramo della Seriola che scorreva a cielo aperto lungo viale Trento e viale Mazzini assicurava ancora acque pulite e fresche ai Giardini Salvi. Nel 1973, però, anche questo tratto fu coperto e il tombinamento ridusse la portata della roggia fino al punto da non garantire più il ricambio d'acqua ai Giardini. Così, alla fine del decennio, il percorso della Seriola fu nuovamente deviato e riportato a confluire nel Bacchiglione a nord della città.
 
=== Istituzioni di carattere formativo e culturale ===
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; Istituto Onnicomprensivo G.A. Farina - Paritario
: Comprende una Scuola dell'infanzia, una Scuola primaria, una Scuola secondaria di I grado e una Scuola secondaria di II grado, tutte in via IV Novembre
 
==== Conservatorio Arrigo Pedrollo ====
{{vedi anche|Conservatorio Arrigo Pedrollo}}
 
=== Istituzioni di carattere sanitario e sociale ===
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{{Portale|Vicenza}}
 
{{Categorie bozza|
[[Categoria:Storia di Vicenza]]
[[Categoria:Quartieri di Vicenza]]
}}