Andrea Doria (transatlantico): differenze tra le versioni

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L'unità era considerata una delle più sicure dell'epoca. A quei tempi la normativa [[Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare|SOLAS 1948]] non era ancora obbligatoria per tutti i paesi membri dell'[[Organizzazione marittima internazionale]], ma semplicemente raccomandata. La Società Italia, tuttavia, che aveva sempre creduto nella sicurezza a bordo come un fattore importante per il successo commerciale delle sue linee, si impose non solo di rispettare tali requisiti di sicurezza, ma di renderli ancora più robusti.
 
Dato che la genericità della disposizione poteva dare adito a interpretazioni diverse, la compagnia navale italiana aveva affidato la sorveglianza del progetto e della costruzione delle sue navi a tre [[Ente di classificazione navale|enti di classificazione]] indipendenti: il [[Lloyd's Register]] britannico, l'[[American Bureau of Shipping]] statunitense e il [[Registro italiano navale|Registro Italiano Navale]], che avevano tradotto lai requisiti derivati dalla SOLAS 1948 in un manuale di costruzione marittima dettagliato. Questo comportava un aumento della larghezza al galleggiamento e una sensibile riduzione dell'altezza complessiva dell'unità a parità del numero di ponti; quest'ultimo aspetto avrebbe ridotto la spettacolarità dei saloni, ma costituito un vantaggio per la stabilità. La SOLAS 1948 richiedeva, per contenere lo sbandamento dell'unità entro i 15° nell'ipotesi di due compartimenti stagni allagati, un'[[Metacentro|altezza metacentrica]] residua di almeno 15 cm. Per ottemperare ai requisiti italiani in materia, tuttavia, l{{'}}''Andrea Doria'' doveva avere un'altezza metacentrica minima almeno doppia. All'entrata in servizio, l'altezza metacentrica iniziale della nave era pari a circa 1,52 m, superiore di quasi diecicinque volte ai requisiti minimi della SOLAS 1948imposti.
 
Il transatlantico era provvisto di 11 ponti di cui 4 continui, 12 compartimenti stagni e altrettante porte stagne, doppio fondo cellulare per tutta la lunghezza della [[carena]] e scafo a doppio guscio compartimentato nella zona dell'apparato motore. Le prestazioni del progetto, in particolare la nuova carena a bulbo, si rivelarono sorprendenti durante la prova alla massima velocità svoltasi il 9 dicembre 1952. Durante tale prova furono imbarcati il presidente dell'[[Ansaldo]], il presidente della Società Italia e i rappresentanti del RINA, del Lloyd's Register e dell'American Bureau of Shipping. Il risultato dell'ultimo passaggio fu straordinario: le eliche giravano a 172,5 giri al minuto, a fronte dei 143 previsti come velocità di servizio, e la potenza misurata all'asse fu di 62200 hp; il contratto richiedeva una velocità massima di 25,3 nodi, ma l{{'}}''Andrea Doria'' riuscì a viaggiare a una velocità media di 26,44 nodi. La soddisfazione generale per quei risultati, che andavano oltre le aspettative, indusse i dirigenti dell'Ansaldo e dell'Italia a tenere a bordo un'improvvisata conferenza stampa al termine delle prove.