Mostro di Firenze: differenze tra le versioni
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== Serie di delitti e primi sospettati ==
=== Antonio Lo Bianco e Barbara Locci (21 agosto 1968) ===
La notte di mercoledì 21 agosto 1968, all'interno di una [[Alfa Romeo Giulietta (1955)|Alfa Romeo Giulietta]] bianca posteggiata presso una strada sterrata vicino al cimitero di Signa,
Nella notte tra il 21 e il 22 agosto del 1968 l’omicidio di Locci e Lo Bianco. L’autore Gian Paolo Zanetti: "In procura 13 giorni. Un approccio da storico". Gian Paolo Zanetti 'Mostro di Firenze - La Madre di tutte le indagini'|url=https://www.lanazione.it/prato/cronaca/il-duplice-delitto-di-signa-nuovo-libro-55-anni-dopo-ho-studiato-tutti-gli-atti-1f5de1e4|data=22 agosto 2023}}</ref>
Apparentemente, Natale camminò al buio lungo la strada sterrata senza scarpe per due chilometri, fino a raggiungere un casolare sito in via del Vingone 154; alle due del mattino suonò al campanello e, in stato di shock, chiese al proprietario se potesse portarlo a casa dal padre, informandolo della morte della madre e del suo accompagnatore.<ref name="ReferenceA">Rapporto dei Carabinieri del 21 settembre 1968. {{Cita|Filastò, 2005|p. 99}}.</ref> Il proprietario lo soccorse e gli chiese chiarimenti, ma il bambino non riuscì a spiegare chiaramente quanto accaduto, dicendo di aver cantato la canzone ''[[La tramontana]]'' per farsi coraggio lungo il percorso.<ref name="ReferenceA" />
Furono sollevati numerosi dubbi sul come il bambino si fosse orientato a piedi e al buio lungo la strada; ciò era dovuto anche al fatto che le calze che indossava fossero pulite e che il campanello del casolare da lui suonato fosse situato a un'altezza irraggiungibile per lui. Sotto pressione del maresciallo Ferrero, Natale cambiò versione dicendo che era stato il padre a portarlo fino al casolare;<ref>{{cita testo|titolo=Delitto 1968: seconda parte - IL FIGLIO DELLA NOTTE – Capitolo primo|url=https://fattidicronacanera.blogspot.it/2014/09/delitto-1968-seconda-parte-il-figlio.html}}</ref> secondo un'altra versione, sarebbe stato l'assassino a indicare al bambino la direzione giusta e a cantargli ''La tramontana'' A oggi, ci sono ancora dei dubbi su cosa successe effettivamente.<ref>{{Cita web|url=http://www.cronaca-nera.it/2297/mostro-di-firenze-zone-ombra-capitolo-1|titolo=Mostro di Firenze: le zone d'ombra, capitolo 1 -|sito=Cronaca-Nera.it|data=28 giugno 2011|accesso=22 agosto 2022}}</ref>{{dx|{{Mappa OSM
|didascalia = I delitti del Mostro di Firenze
|elenco = 2
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|nome8 =7/8 settembre 1985
|colore8=#daa520
}}}}I [[Arma dei Carabinieri|Carabinieri]], chiamati mezz'ora dopo da De Felice, si mettono alla ricerca dell'auto portandosi dietro il bambino. Intorno alle tre del mattino l'auto viene ritrovata grazie anche all'indicatore di direzione dell'auto rimasto acceso, nella strada che si trova su via di Castelletti, a 100 metri dal bivio per Comeana, in una zona abitualmente frequentata da coppie in cerca di intimità.<ref>Rapporto dei Carabinieri del 21 settembre 1968. {{Cita|Filastò, 2005|pp. 98-99}}.</ref>[[File:Stefano mele.jpg|thumb|Stefano Mele, giudicato responsabile del delitto nei tre gradi di giudizio]]Le indagini conducono al marito della donna, Stefano Mele, sospettato di aver commesso il delitto per gelosia il quale prima negò ogni addebito, poi accusò gli amanti della moglie (Salvatore e Francesco Vinci) e poi li scagionò, alla fine, il 23 agosto, dopo 12 ore di interrogatorio<ref>{{Cita|Filastò, 2005|p. 193}}.</ref>, confessò di essere lui il colpevole. Durante il sopralluogo effettuato quello stesso giorno, l'uomo diede l'impressione di essere totalmente incapace di maneggiare un'arma (come affermò il Colonnello dei Carabinieri Olindo Dell'Amico al Processo Pacciani dell'audizione del 22 aprile [https://m.youtube.com/watch?v=1kNQVsW5Tiw 1994]), e confuse il finestrino dal cui esterno partirono i colpi; tuttavia dimostrò di conoscere tre particolari che poteva sapere solo avendo assistito alla scena del delitto, ossia il numero di colpi sparati (8), l'indicatore di direzione ancora acceso della vettura e la mancanza della scarpa sinistra dal piede di Lo Bianco. Il figlio, dopo aver raccontato di non aver sentito nulla, alla fine ammise di aver visto il padre.<ref name=":15" /><ref>{{Cita libro|nome=Valentina|cognome=Rossi|titolo=I delitti di Firenze|url=https://books.google.com/books?id=xvv4CgAAQBAJ&newbks=0&printsec=frontcover&pg=PT54&dq=Barbara+Locci&hl=it|accesso=22 agosto 2022|data=26 novembre 2015|editore=Newton Compton Editori|ISBN=978-88-541-7035-3}}</ref><ref>{{Cita libro|nome=Douglas|cognome=Preston|titolo=The Monster of Florence|url=https://books.google.com/books?id=wTQ3AQAAQBAJ&newbks=0&printsec=frontcover&pg=PT6&dq=Barbara+Locci&hl=it|accesso=22 agosto 2022|data=10 giugno 2008|editore=Grand Central Publishing|lingua=en|ISBN=978-0-446-53741-4}}</ref><ref>{{Cita libro|nome=Giuseppe|cognome=Magnarapa|nome2=Daniela|cognome2=Pappa|titolo=Teoria e pratica dell'omicidio seriale|url=https://books.google.com/books?id=SUDbCwAAQBAJ&newbks=0&printsec=frontcover&pg=PT216&dq=Barbara+Locci&hl=it|accesso=22 agosto 2022|data=31 marzo 2016|editore=Armando Editore|ISBN=978-88-6992-074-5}}</ref><ref>{{Cita|Filastò, 2005|p. 108}}.</ref>[[File:95175 634a69 402x373.jpg|miniatura|Natale Mele, detto "Natalino", figlio di Barbara Locci]]Nel 1970 Mele fu condannato a 14 anni di carcere.<ref name=":15" /> La pena tiene conto del fatto che l'uomo venne riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere. Gli vennero inoltre inflitti due anni di reclusione per [[calunnia]] contro i fratelli Vinci.<ref name="autogenerated1">{{Cita|Filastò, 2005|}}. Cochi 2015</ref> Durante il processo, Giuseppe Barranca, cognato di Antonio Lo Bianco, collega di lavoro di Mele e anch'egli amante della Locci, raccontò che la donna, pochissimi giorni prima del delitto, si era rifiutata di uscire con lui dichiarando che "''potrebbero spararci mentre siamo in macchina''" e, in un'altra occasione, gli aveva raccontato che c'era un tale che la seguiva in motorino. Una deposizione analoga fu resa da Francesco Vinci, che parlò di un uomo in motorino che avrebbe pedinato la Locci durante i suoi appuntamenti con gli amanti.<ref>{{Cita|Filastò, 2005|pp. 150-151}}.</ref>▼
▲I [[Arma dei Carabinieri|Carabinieri]], chiamati mezz'ora dopo da De Felice, si mettono alla ricerca dell'auto portandosi dietro il bambino. Intorno alle tre del mattino l'auto viene ritrovata grazie anche all'indicatore di direzione dell'auto rimasto acceso, nella strada che si trova su via di Castelletti, a 100 metri dal bivio per Comeana, in una zona abitualmente frequentata da coppie in cerca di intimità.<ref>Rapporto dei Carabinieri del 21 settembre 1968. {{Cita|Filastò, 2005|pp. 98-99}}.</ref>[[File:Stefano mele.jpg|thumb|Stefano Mele, giudicato responsabile del delitto nei tre gradi di giudizio]]Le indagini conducono al marito della donna, Stefano Mele, sospettato di aver commesso il delitto per gelosia il quale prima negò ogni addebito, poi accusò gli amanti della moglie (Salvatore e Francesco Vinci) e poi li scagionò, alla fine, il 23 agosto, dopo 12 ore di interrogatorio<ref>{{Cita|Filastò, 2005|p. 193}}.</ref>, confessò di essere lui il colpevole. Durante il sopralluogo effettuato quello stesso giorno, l'uomo diede l'impressione di essere totalmente incapace di maneggiare un'arma (come affermò il Colonnello dei Carabinieri Olindo Dell'Amico al Processo Pacciani dell'audizione del 22 aprile [https://m.youtube.com/watch?v=1kNQVsW5Tiw 1994]), e confuse il finestrino dal cui esterno partirono i colpi; tuttavia dimostrò di conoscere tre particolari che poteva sapere solo avendo assistito alla scena del delitto, ossia il numero di colpi sparati (8), l'indicatore di direzione ancora acceso della vettura e la mancanza della scarpa sinistra dal piede di Lo Bianco. Il figlio, dopo aver raccontato di non aver sentito nulla, alla fine ammise di aver visto il padre.<ref name=":15" /><ref>{{Cita libro|nome=Valentina|cognome=Rossi|titolo=I delitti di Firenze|url=https://books.google.com/books?id=xvv4CgAAQBAJ&newbks=0&printsec=frontcover&pg=PT54&dq=Barbara+Locci&hl=it|accesso=22 agosto 2022|data=26 novembre 2015|editore=Newton Compton Editori|ISBN=978-88-541-7035-3}}</ref><ref>{{Cita libro|nome=Douglas|cognome=Preston|titolo=The Monster of Florence|url=https://books.google.com/books?id=wTQ3AQAAQBAJ&newbks=0&printsec=frontcover&pg=PT6&dq=Barbara+Locci&hl=it|accesso=22 agosto 2022|data=10 giugno 2008|editore=Grand Central Publishing|lingua=en|ISBN=978-0-446-53741-4}}</ref><ref>{{Cita libro|nome=Giuseppe|cognome=Magnarapa|nome2=Daniela|cognome2=Pappa|titolo=Teoria e pratica dell'omicidio seriale|url=https://books.google.com/books?id=SUDbCwAAQBAJ&newbks=0&printsec=frontcover&pg=PT216&dq=Barbara+Locci&hl=it|accesso=22 agosto 2022|data=31 marzo 2016|editore=Armando Editore|ISBN=978-88-6992-074-5}}</ref><ref>{{Cita|Filastò, 2005|p. 108}}.</ref>[[File:95175 634a69 402x373.jpg|miniatura|Natale Mele, detto "Natalino", figlio di Barbara Locci]]Nel 1970 Mele fu condannato a 14 anni di carcere.<ref name=":15" /> La pena tiene conto del fatto che l'uomo venne riconosciuto parzialmente incapace di intendere e di volere. Gli vennero inoltre inflitti due anni di reclusione per [[calunnia]] contro i fratelli Vinci.<ref name="autogenerated1">{{Cita|Filastò, 2005|}}. Cochi 2015</ref> Durante il processo, Giuseppe Barranca, cognato di Antonio Lo Bianco, collega di lavoro di Mele e anch'egli amante della Locci, raccontò che la donna, pochissimi giorni prima del delitto, si era rifiutata di uscire con lui dichiarando che "''potrebbero spararci mentre siamo in macchina''" e, in un'altra occasione, gli aveva raccontato che c'era un tale che la seguiva in motorino. Una deposizione analoga fu resa da Francesco Vinci, che parlò di un uomo in motorino che avrebbe pedinato la Locci durante i suoi appuntamenti con gli amanti.<ref>{{Cita|Filastò, 2005|pp. 150-151}}.</ref>
Fino al 1982 non vi erano collegamenti fra questo delitto e quelli che dal 1974 verranno attribuiti al Mostro di Firenze; a seguito del ritrovamento in archivio di alcuni bossoli che, dopo le analisi, risultarono identici a quelli trovati sulle altre scene dei crimini, si dedusse che la pistola usata dal mostro era la stessa usata dall'assassino che aveva ucciso Antonio Lo Bianco e Barbara Locci nell'estate del 1968<ref name=":3">{{Cita web|url=https://www.tempi.it/mostro-di-firenze-svolta-che-spingera-le-indagini-oltre-la-pista-dei-compagni-di-merende/|titolo=Mostro di Firenze. È la svolta che spingerà le indagini oltre la pista dei "compagni di merende"?|sito=Tempi|data=4 agosto 2017|accesso=6 dicembre 2018}}</ref>; nonostante questo collegamento, il duplice delitto non è mai stato attribuito comunque con certezza agli stessi autori degli altri omicidi<ref name=":18">{{Cita web|url=https://www.ilpost.it/2022/03/24/indagine-mostro-firenze-riapertura/|titolo=La richiesta di riaprire le indagini sul “mostro di Firenze”|sito=Il Post|data=24 marzo 2022-IT|accesso=22 agosto 2022}}</ref>.
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Ufficialmente la vicenda del Mostro di Firenze termina con la condanna dei compagni di merende. Tuttavia, una serie di misteriosi avvenimenti, accaduti sia nel periodo dei delitti, sia negli anni precedenti e seguenti ai processi riguardanti il caso, ha dato adito a molte supposizioni sul fatto che la vicenda non solo non sia stata mai completamente chiarita, ma che, al contrario, abbia lasciato molti punti oscuri.
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* Nel gennaio 1980 un pensionato viene ritrovato morto nel parco delle Cascine di Firenze ucciso da un corpo contundente.<ref name=lanottedegliindiani />
* Il 23 dicembre 1980 il contadino Renato Malatesta, marito di Antonietta Sperduto, donna che era stata amante di Pacciani e Vanni, venne ritrovato impiccato nella stalla della sua casa.<ref name=inchiestamaledetta>{{cita testo|url=http://firenze.repubblica.it/dettaglio/pacciani-e-le-morti-misteriose-nellinchiesta-maledetta/1430523|titolo=Pacciani e le morti misteriose nell'inchiesta maledetta|accesso=15 febbraio 2015|dataarchivio=7 novembre 2014|urlarchivio=https://web.archive.org/web/20141107025755/http://firenze.repubblica.it/dettaglio/pacciani-e-le-morti-misteriose-nellinchiesta-maledetta/1430523|urlmorto=sì}}</ref> A detta della moglie, autori del delitto sarebbero stati Pacciani e Andriaccio cognato della Sperduto e a supporto di questa affermazione la donna disse che un giorno Pacciani l'aveva minacciata dicendole «attenta a non parlare di quello che ti abbiamo fatto, ti si fa fare la stessa fine che abbiamo fatto fare a tuo marito.»<ref>{{cita testo|url=https://insufficienzadiprove.blogspot.it/2009/04/maria-antonietta-sperduto.html|titolo=INSUFFICIENZA DI PROVE - Maria Antonietta Sperduto Malatesta}}</ref>
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