Voce principale: Siracusa.
Storia di Siracusa
Paese Italia
Regione Sicilia
Provincia Provincia di Siracusa
Città Siracusa
Popolo fondatore Siculi, Greci
Anno fondazione VIII secolo a.C.

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«Sorta per opera d'una colonia di Corinti, guidata da un Archia, appena vent'anni dopo Roma, Siracusa fu, prima di Roma, la maggiore città d'Europa, raggiungendo, e forse superando, il milione d'abitanti e facendosi, a sua volta, metropoli, cioè madre di nuove città, come Acre, Casmene e Camarina, con le quali cercò di frenare l'espansione della sua rivale Gela.»

Questa voce riguarda la storia della città di Siracusa dalle origini ai giorni nostri;

La città siracusana in Sicilia fu fondata nell'VIII secolo a.C. da coloni greci provenienti da Corinto. Fu la città di primaria importanza nella Sicilia greca e fra le grandi metropoli del mondo classico, nonché capitale del primo "impero" del Mediterraneo occidentale.
Conquistata dai Romani nel 212 a.C., fu capitale della provincia di Sicilia. Ancora importante sotto il dominio bizantino, fu presa dagli Arabi nell'878, iniziando un lungo declino e perdendo la residua primazìa siciliana. Nell'XI secolo fu riconquistata dai Bizantini e passò quindi sotto il dominio dei Normanni. Dopo un breve dominio genovese nel XIII secolo, seguì le vicende di tutta la Sicilia (Regno di Sicilia e Regno delle Due Sicilie, prima, e Regno d'Italia poi).

Le origini

 
Il Tempio di Giove nei pressi del fiume Ciane; Siracusa sullo sfondo. Quadro di Ettore De Maria Bergler
Stemma del Comune
Stemma del Comune
Nota

Preistoria

  Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura di Thapsos, Stentinello, Necropoli di Cassibile e Pantalica.

Gli studiosi definiscono l'età preistorica siciliana in due fasi: la prima fase è caratterizzata dall'utilizzo di materiali come la selce, l'ossidiana, la ceramica dipinta e più raramente il rame. La seconsa fase è invece caratterizzata dall'introduzione di materiali differenti, la cui conoscenza è stata acquisita tramite i rapporti commerciali intrapresi con il Mediterraneo orientale, che hanno portato all'utilizzo del bronzo e del vasellame in una maniera già riscontrata in reperti di origine greco-cretese e micenea.
Nella zona di Siracusa sono state rinvenute tracce di vita umana risalenti all'era paleolitica superiore, il che vuol dire ad un età di circa 18.000 anni prima di Cristo. Infatti il sito costiero dove ora sorge Siracusa è stato fortemente interessato da nuclei abitativi già in tempi preistorici. I primi abitanti si pensa fossero i Sicani, un popolo di incerta origine che viene identificato come di stirpe ligure-iberica. Mentre non è chiaro quando avvenne un cambio con i Siculi, ovvero con il popolo, anch'esso di incerta origine, che prese il posto dei primi lungo le coste orientali della Sicilia, allontanandoli verso l'entroterra di quella regione che si dice proprio da essi prese il nome di Sicilia (mentre prima, secondo Diodoro Siculo, essa si chiamava Sicania). I Siculi, stando alle tante fonti storiche pervenuteci, furono importanti per Siracusa, poiché il suo nome deriverebbe proprio dal linguaggio di questo popolo. La loro terra di provenienza non è ancora oggi certa; molte ipotesi sono state fatte, alcuni pensano venissero dall'Italia, un popolo italico protolatino o di origine ligure, il cui sovrano, Sikelòs, diede loro il proprio nome. Gli storici Antioco di Siracusa e Filisto di Siracusa sostengono nei loro scritti l'ipotesi italica, Filisto dice infatti che Sikelòs era figlio di Italos, mentre Antioco afferma:

«La regione, che ora chiamasi Italia, anticamente tennero gli Enotri; un certo tempo il loro re era Italo, e allora mutarono il loro nome in Itali; succedendo ad Italo Morgete, furono detti Morgeti; dopo venne un Siculo, che divise le genti, che furono quindi Siculi e Morgeti; e Itali furono quelli che erano Enotri»
File:Capanna1.jpg
Ricostruzione di una capanna dell'insediamento di Thapsos
 
Vasi antichi al Museo Archeologico Paolo Orsi di Siracusa

Resta il fatto che non si è ancora riusciti a datare con esattezza il passaggio in Sicilia e non vi è nemmeno certezza sulla loro origine. Alcuni per esempio sostengono che i Siculi non vennero dall'Italia all'isola, ma che fecero invece il percorso inverso: ovvero dall'isola all'Italia. E secondo questa tesi essi potrebbero essere stati uno dei famigerati Popoli del mare, identificati con i Šekeleš, di origine mediterranea. Altri ancora li danno come i primi abitatori del luogo dove successivamente sarebbe sorta Roma, dunque nel Lazio.
Ad ogni modo, con essi, si data l'inizio delle vicende siracusane; e ne sono prova e testimonianza i tanti centri abitati che si sono ritrovati nelle località prossime, e anche all'interno, della città, come i villaggi di età neolitica di Stentinello, Matrensa, Ognina, Plemmirio, Cozzo Pantano, Thapsos e Ortigia. Da questi siti proviene il materiale archeologico oggi esposto al Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi di Siracusa. Ma vi sono anche altri siti sul territorio i cui reperti suggeriscono un periodo pre-siculo, definito Periodo Litico ne fanno parte la latomia detta "la Cava del Filosofo" , dove sono state ritrovate molte schegge e materiale litico tanto da destare il sospetto che lì ci fosse stata una vera officina. E le genti che ci hanno lasciato questi reperti si pensa fossero di stampo ibero-liguroide imparentate con il ramo della famiglia umana che nell'occidente europeo lasciò i dolmen; dunque popolazioni diverse dai siculi.
Altra necropoli molto importante di questo periodo è la necropoli di Cassibile, ubdicata nei pressi della odierna frazione di Siracusa, Cassibile, si tratta di una delle testimonianze di epoca pre-greca più importanti della Sicilia; in essa vi si trovano circa 2.000 tombe scavate a grotticella artificiale, databili intorno all'anno 1.000 - 800 a.C., nei suoi dintorni vi era un villaggio abitato, dai quali reperti lo si è potuto definire di cultura raffinata, probabilmente influenzato dalla vicinanza con i fenici, popolo dai commerci marittimi in terra siciliana. Il fiume Cassibile, essendo un corso d'acqua, fu molto importante per gli insediamenti dell'uomo, ed è per questo che lungo il suo corso sono appunto state ritrovate numerose tracce di segni di civiltà, ne sono un esempio i Diere, il cui termine deriva dall'arabo "diyar" (casa), ma è molto antecedente all'epoca araba di Sicilia, infatti si tratta di abitazioni scavate nella roccia calcarea; la tipica roccia bianca marina del siracusano che ben si presta alle modellazioni e che per questo è stata così utilizzata in passato, anche da popolazioni pre-greche.
L'altra necropoli, definita la più importante di Sicilia per capire il periodo Sicano e Siculo dell'isola, è Pantalica, ubdicata nel siracusano tra i Monti Iblei presso Sortino e Ferla, conta circa 5000 tombe scavate nella roccia a grotticella artificiale, come quelle della necropoli di Cassibile, a testimonianza che si trattasse senza'altro dello stesso popolo. Pantalica si pensa dunque contasse all'epoca un grande villaggio alle sue spalle, molto grande per quei tempi, e si pensa che fosse la capitale del Regno dei Siculi, ovvero il regno di Hyblon, re dei siculi; un regno che si dice in passato fosse appartenuto ai Sicani, ma non lo si può sapere con certezza dato le difficoltà degli archeologi che, non avendo le sufficienti fonti storiche, fanno fatica a identificare le date del periodo preistorico siciliano. Ma di Pantalica si sa che ad un certo punto si scontrò con Siracusa, ciò avvenne quando i Siculi e i Greci entrarono in conflitto, ovvero quando la cultura greca volle diventare egemone nell'isola di Sicilia.[2][3][4]

Miti e Leggende siracusane

Leggenda
 
Ulisse e i Ciclopi
La leggenda, o meglio, il mito, narra di Ulisse, personaggio mitico di Omero nell'Odissea, il quale durante le sue avventure finisce in una terra abitata da spaventosi mostri con un occhio solo: la terra dei Ciclopi; lui e i suoi marinai si ritroveranno a dover combattere con uno dei più temibili ciclopi, un semiumano gigantesco con un solo grande occhio al centro della fronte, Polifemo, il quale alleva pecore e si nutre di formaggio e, occasionalmente, di uomini. Egli vive in Sicilia, così come descritto da Omero. Ma la curiosità di questo racconto nasce dal sapere dove e perchè il suo narratore abbia preso l'ispirazione di ambientare questi esseri mitici in terra siciliana. Una spiegazione gli storici hanno provato a darla gurdando i resti di elefanti nani ritrovati nei pressi di Siracusa e oggi esposti al Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi. Si tratta di esemplari mediterranei preistorici che vivenano in questo territorio migliaia di anni prima. I loro occhi sono molto ravvicinati, ed è stato forse questo l'elemento che spinse Omero, se mai visitò la Sicilia o se gliela raccontarono, a fantasticare su "esseri da un solo grande occhio al centro della fronte" poiché sono stati ritrovati molti scheletri di questi esemplari, e in alcuni si poteva avere l'impressione che potessero avere un solo occhio... un ciclope dunque.[5]
File:Albero Dall'Acqua (Ciane).jpg
Ciane e Anapo
Persefone, figlia di Zeus e di Demetra, dea della vegetazione e dell'agricoltura, era intenta a cogliere fiori insieme ad alcune ninfe presso le rive del lago Pergusa (vicino ad Enna). Improvvisamente, dal suo regno sotterraneo sbucò fuori Ade, il re degli Inferi, innamorato della fanciulla, che per non perdere tempo in corteggiamenti e soprattutto per evitare di chiedere la mano di Persefone al fratello Zeus, decise di rapirla. Fu la ninfa Ciane a reagire al rapimento aggrappandosi al cocchio di Ade nel tentativo disperato di trattenerlo. Il dio incollerito, la percosse col suo scettro trasformandola in una doppia sorgente dalle acque color turchino (cyănus in latino "fiordaliso" e kýanos, in Greco "minerale azzurro"). Il giovane Anapo, innamorato della ninfa Ciane vistosi liquefare la fidanzata, si fece mutare anch'egli nel fiume che ancor oggi, al termine del suo percorso unisce le sue acque a quelle del fiume Ciane, prima di sfociare insieme nel Porto Grande di Siracusa.
 
Ercole a Siracusa
I viaggi di Ercole in Sicilia, riguardarono anche Siracusa, nella quale giunse come ci narra Diodoro Siculo che così descrive le gesta di Ercole in città:

“Mentre Eracle girava la Sicilia, giunse a Siracusa e, nell’apprendere cosa raccontava il mito circa il rapimento di Kore, egli offrì sacrifici a entrambe le dee, Persefone e Demetra con magnificenza, scegliendo il più bel toro della sua mandria e gettandolo nella fonte Cyane, e ordinò al popolo del luogo di sacrificare ogni anno a Kore e di condurre alla fonte Ciane una processione festiva e un ricco sacrificio.[6]

 
Alfeo e Aretusa
Il mito più famoso di Siracusa è quello della ninfa Aretusa. La ninfa al seguito di Artemide, correndo libera tra i boschi del Peloponneso, fu vista dal giovane Alfeo, figlio del dio Oceano, che si innamorò perdutamente di lei. Ma Aretusa non ricambiava il suo sentimento, anzi rifuggiva da lui, finché stanca delle sue insistenze chiese aiuto ad Artemide. La dea la avvolse in una spessa nube sciogliendo la giovane in una fonte sul lido di Ortigia.

Alfeo allora chiese aiuto agli Dei, che lo trasformarono in un fiume che nascendo dalla Grecia e percorrendo tutto il Mar Ionio si univa all'amata fonte. La Fonte Aretusa è ancor oggi una delle maggiori attrazioni turistiche dell'isola di Ortigia, a Siracusa. La leggenda di Alfeo trae origine dal fiume omonimo del Peloponneso, in Grecia, e da una fonte di acqua dolce (detta localmente Occhio della Zillica) che sgorga nel Porto Grande di Siracusa a poca distanza dalla Fonte Aretusa.

Fondazione e periodo greco (733-212 a.C.)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Tiranni di Gela e Siracusa e Storia della Sicilia greca.
 
Il Tempio di Apollo di Siracusa, il più antico di Sicilia dedicato al dio del sole.
 
Il Teatro Greco di Siracusa; la sua costruzione ebbe inizio sotto il regno di Gelone.

Fondazione ed espansione della città

La fondazione di Siracusa viene storicamente fissata nel 734 o 733 a.C. ad opera di un gruppo di Corinzi guidati da Archia assieme al poeta Eumelo di Corinto, che sbarcati nei pressi del fiume Anapo insediarono nell’isola di Ortigia.
Il luogo prescelto era strategico, sia per la posizione geografica al centro del Mediterraneo e quindi degli scambi commerciali, sia per la presenza di caratteristiche naturali invidiabili: doppio porto sicuro, abbondanza di risorse idriche, territorio facilmente difendibile. Il nome della città probabilmente deriva dalla lingua sicula Syraco che vuol dire palude, per la presenza di paludi nell'attuale zona dei Pantanelli, da cui poi la parola greca Syracoùssai. Si hanno infatti tracce di presenza autoctona nei pressi della città sin dal IV millennio a.C.

L'insediamento greco determina quindi la cacciata della popolazione indigena (i siculi) verso l’entroterra, scatenando nei primi periodi una serie di guerre vinte da Siracusa, che man mano rafforzarono il suo potere su territori sempre maggiori.

E' il caso, ad esempio, della guerra con Pantalica; il cui sito rappresentava un punto di forza per i siculi. Quando Siracusa inizia ad espandersi e a fondare le prime colonie nell'entroterra ibleo, qui, verrà a contatto con il regno di Hyblon (l'ultimo re siculo del periodo preistorico e greco). Come sia avvenuta la fine di Pantalica non è ancora oggi chiaro. Alcuni suppongono che sia stata distrutta dai siracusani dopo un conflitto bellico con i siculi. Altri invece sostengono che non avvenne alcuna distruzione forzata ma che in realtà il sito siculo venne progressivamente abbandonato poiché i suoi abitanti, attratti, o portati, verso le città costiere di nuova fondazione ellenica, scelsero di diventarne abitanti, abbandonando dunque, l'originario sito montano, in questo caso Pantalica.
Nascono quindi le prime colonie di Siracusa da parte di corinzi giunti nei territori siciliani: Akrai (664) nei pressi di Pantalica, Casmene (643) avamposto militare sul monte Lauro e Camarina (598) la più lontana delle colonie che si rese indipendente dalla città-madre nel 553 a.C. grazie ad una ribellione sostenuta anche dai Siculi.

«Acre e Casmene furono fondate dai Siracusani: Acre settant'anni dopo Siracusa, Casmene vent'anni circa dopo Acre. Anche la colonizzazione più antica di Camarina si deve attribuire ai Siracusani, circa centotrentacinque anni dopo che si fondò Siracusa; ne furono nominati ecisti Dascone e Menecolo

In questo periodo vengono edificati i templi più arcaici della Sicilia: il tempio di Zeus e il tempio di Apollo oltre ad espandere la propria presenza anche nella terraferma con la creazione delle necropoli arcaiche: la necropoli di Fusco e quella del Giardino di Spagna nei pressi dell'ospedale Umberto I.

Tra il 604 a.C. e il 594 a.C. si situa la presenza probabilmente a Siracusa (potrebbe essere stata anche ad Agrigento) della giovane poetessa Saffo assieme alla sua famiglia, fuggiti per ragioni politiche dalla madrepatria.

Nel 492 a.C. Ippocrate di Gela avviò una campagna di conquista della Sicilia, dopo una vittoria nei pressi del fiume Eloro Siracusa si salvò grazie all'intervento di Corinto e Corcira, per cui si ebbe un trattato di pace che gli concedeva il possesso di Camarina[10].

Gamoroi e Killikirioi

In un primo tempo la città era governata dai Gamoroi, discendenti dei primi coloni, proprietari terrieri e nobili. La classe oppressa invece era quella dei meno abbienti (Killichirioi) e dei discendenti dei Siculi, grecizzati dai nuovi conquistatori. A seguito di rivolte scoppiate in città, i Gamoroi, furono cacciati lasciando il potere in mano ai Killichirioi. Ma i Gamoroi in fuga verso Gela, trovarono il sostegno di Gelone, già tiranno di Gela che partito con un esercito entrò a Siracusa nel 485 a.C. per divenire il primo tiranno della città.

Il primo tiranno di Siracusa: Gelone (485-478 a.C.)

L'ascesa al potere

 
Le colonne del Foro Siracusano presso Acradina
«facendo rientrare in patria i siracusani chiamati geomori, che erano stati scacciati dal popolo e dai loro schiavi, chiamati cilliri, fattili rientrare da Casmene a Siracusa occupò anche questa, poiché il popolo dei siracusani all'appressarsi di Gelone gli consegnò la città e se stesso.»

Così lo storico greco antico, Erodoto, nato ad Alicarnasso, descrive l'ingresso di Gelone in città. Con lui si diede inizio alla tirannide siracusana, con lui la città iniziò ad espandersi raggiungendo grandi proporzioni e ricchezza. L'epoca di Gelone è infatti da molti storici considerata come la vera "epoca d'oro di Siracusa" (ancora più di quella Dionigiana che sarebbe avvenuta in seguito).
Gelone quindi consolidò il suo potere lasciando il governo di Gela nelle mani del fratello Ierone e stringendo un'alleanza con Terone di Agrigento. Sorgono così, al di fuori delle mura, i quartieri di Tyche e Neapolis, e avviata una grande opera di monumentalizzazione della città.

Vicino al teatro greco costruì il tempio di Demetra e Kore e il monumento-mausoleo di Gelone fece costruire per se stesso e per la propria moglie Damarete vicino all'Olimpeion, fuori delle mura cittadine: si trattava di una grande costruzione a nove torri, intercalate da una breve cortina muraria.
Ma il provvedimento più interessante dal punto di vista urbanistico, fu di spostare l'agorà da Ortigia, ad Acradina nella zona tra piazzale Marconi e il Pantheon dei caduti; area dove infatti ancor oggi si trovano i resti delle colonne del Foro Siracusano (l'agorà appunto), la principale piazza greca.[11]
Decisione questa importante, poiché lasciava già intravedere una politica più unitaria che mirava a prendere coscienza della nuova e più estesa città, il cuo fulcro dunque, non poteva più essere la sola isola di Ortigia, il quartiere più antico, ma doveva invece adeguarsi a nuovi confici che adesso si estendevano sulla terraferma.

Con Gelone dunque nascono quattro quartieri in Siracusa (Ortigia, Tyche, Neapolis, Acradina), per vedere anche il quinto bisognerà attendere l'era Dionigiana, quando la Siracusa greca prenderà il soprannome de la Pentapoli (cinque città riunite).

In questo periodo si sviluppa inoltre il Teatro greco, V secolo a.C., che iniziò ad attrarre anche una vivacissima attività culturale: ne è esempio la presenza di Eschilo, Arione di Metimma e Cinto di Chio che introdussero a Siracusa le recitazioni omeriche, il poeta Epicarmo (considerato l'inventore della Commedia) e persino la grande poetessa Saffo venuta in esilio da Mitilene. Il teatro siracusano è considerato il più esteso di Sicilia, in grado di rivaleggiare per dimensioni con quello di Atene e di Epidauro, viene infatti definito ancor oggi il teatro più grande del mondo greco.

Gelone edificò anche i templi; il più famoso è il terzo Athenaion della città, sito in Ortigia (del quale si conservano ancora le colonne integre, poiché si tratta del tempio riconvertito in chiesa cristiana: il Duomo di Siracusa). Il tiranno ne volle fare il tempio più ricco della città. Di esso, delle sue lavorate porte, secoli dopo, Cicerone scriverà:

«lo posso asserire con coscienza netta ... che porte più splendide e più squisitamente lavorate d'oro e d'argento, non sono mai esistite in alcun tempio.»

Il tiranno Gelone accrebbe quindi la presenza greca in Sicilia, espandendo i territori della città, allentando anche la pressione dei Siculi e dei Sicani ai confini della capitale greca. Nel 485 a.C. distrusse Camarina deportando i cittadini, stessa cosa fece nel 481 a.C. quando conquistò Megara Hyblaea. Anche da Gela spostò metà della popolazione in modo da accrescere la popolazione della città e rafforzare numericamente anche l'esercito e la marina.

«Per cominciare condusse a Siracusa tutti i cittadini di Camarina (di cui rase al suolo la rocca) e li rese cittadini; lo stesso fece con più di metà degli abitanti di Gela. Dei Megaresi di Sicilia, quando, assediati, vennero a patti, trasferì a Siracusa e rese cittadini i benestanti, quelli che avevano scatenato la guerra contro di lui e credevano per questo di fare una brutta fine; i popolani di Megara, invece, che non erano responsabili di questa guerra e che non si aspettavano di subire alcuna vendetta, li condusse pure a Siracusa, ma li vendette fuori della Sicilia. La stessa discriminazione applicò agli Euboici di Sicilia; agiva così nei confronti degli uni e degli altri, perché giudicava il popolino un coabitante assai molesto.»

Gelone e le Guerre persiane

  Lo stesso argomento in dettaglio: Guerre persiane.
 
Gelone che ritorna vittorioso dalla battaglia d'Imera. Quadro di Giuseppe Carta (1853)

La fama di Gelone e la nuova ricchezza di Siracusa, non tardarono ad oltrepassare i confini siciliani. Infatti il tiranno siracusano era ben noto nel mondo greco e doveva esserlo anche presso i governi di Atene e di Sparta, dato che questi inviarono nella città aretusea ambasciate con il preciso scopo di chiedere al tiranno l'intervento di Siracusa nella Seconda guerra persiana: le guerre pesiane erano dei conflitti tra il mondo greco e il mondo orientale dell'Impero di Persia. Gli ambasciatori chiesero a Gelone di unirsi alla Lega di Delo; una lega formata dalle città greche per sconfiggere i persiani. Erodoto così racconta l'incontro avvenuto tra gli ambasciatori e Gelone a Siracusa:

«Ci hanno inviato gli Spartani [e gli Ateniesi] e i loro alleati per prenderti come alleato contro il barbaro; ... sai che un uomo persiano, guidando tutte le forze dell'Oriente, si appresta dall' Asia a marciare contro la Grecia, col pretesto di muovere contro Atene, ma in realtà con l'intenzione di ridurre in suo potere tutta la Grecia. E tu, dal momento che sei molto potente e governi la Sicilia, e possiedi una piccola parte della Grecia ... soccorri i liberatori della Grecia e concorri con loro a liberarla.”»

La risposta di Gelone alla richiesta di far entrare Siracusa nel conflitto in aiuto dei Greci, secondo Erodoto, fu la seguente:

«Son pronto ad aiutarvi fornendovi duemila triremi e ventimila opliti e duemila cavalieri e duemila arcieri e duemila frombolieri e duemila cavalleggeri, e frumento per tutto l'esercito dei greci fino a che avremo terminata la guerra.»

Ma in cambio di questa offerta, Gelone voleva che i greci gli affidassero il comando delle operazioni militari di terra o il comando della flotta marittima. Vedendosi rifiutate entrambe le richieste, l'una dagli spartani e l'altra dagli ateniesi che non accettavano di sottostare ai comandi del tiranno siceliota, decise che Siracusa non avrebbe partecipato al conflitto e quindi non avrebbe inviato alcun aiuto.

In verità molti storici pensano che il motivo reale per il quale Siracusa non partecipò alle guerre persiane, fu che essa era già in lotta contro Cartagine che assediava la Sicilia e che, a sua volta si dice fosse alleata della Persia. Dunque si può supporre che Gelone ebbe il timore di esporre troppo la città, in un conflitto di grandi proporzioni che vedeva un'alleanza orientale composta da Persiani-Cartaginesi e un'altra alleanza, meno ufficiale o palesata, composta da Greci e abitanti della Magna Grecia. Il timore di un attacco in forze dell'Oriente mirato a conquistare l'Occidente, lo si ebbe maggiormente quando, casualità o piano ben studiato, i greci di Sicilia e i greci della madrepatria si ritrovarono ad affrontare nello stesso momento le forze orientali: i persiani attaccarono le città di Termopili e Salamina, mentre i cartaginesi attaccarono Imera, nei pressi di Palermo.

Ad ogni modo, pur non partecipando alla guerra persiana, Gelone volle tenersi informato sulle sorti della Grecia, da alcuni scritti sembra infatti che il tiranno siracusano fosse pronto ad onorare Serse, il re di Persia, se questo avesse sconfitto i greci della madrepatria; forse perché sperava di divenire un alleato dei persiani allontanando così il pericolo di un attacco alla Sicilia. Sta di fatto che mandò a Delfi, per vedere come evolveva la situazione, tre penteconteri che avevano il compito di inviare doni e omaggi a Serse in caso di una sua vittoria e se invece la guerra fosse stata vinta dai greci, le navi siracusane dovevano rientrare in patria, a Siracusa.[13]

Lo storico statunitense, Moses Israel Finley, analizza il racconto di Erodoto nella parte in cui Gelone dà la sua risposta alle richieste greche, e da esso trae le seguenti conclusioni:

«[le cifre relative all'esercito] potrebbero anche rappresentare un preciso elenco dell'ammontare delle forze a sua disposizione. Se è così esse starebbero a indicare una popolazione di Siracusa e dintorni che nessun'altra comunità siciliana avrebbe più eguagliata dalla conquista romana alle soglie dell'età moderna.»

Il Finley non è l'unico ad interrogarsi sulle proporzioni raggiunte dalla Siracusa greca nel periodo del suo massimo splendore; altri studiosi hanno infatti definito Siracusa come l'unica metropoli in grado di pareggiare e possibilmente superare il numero di popolazione della capitale della Grecia, Atene.[14]

La Battaglia di Himera

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Imera (480 a.C.).
 
Gelone che accorda la pace ai vinti cartaginesi a patto di non più sacrificare vittime umane. Quadro di Michele Panebianco (1850)

L'espansione di Siracusa in Calabria, portò il tiranno della città di Reggio, Anassilao e suo suocero Terillo, rispettivo tiranno di Himera, a chiedere l'aiuto di Cartagine per fermare i siracusani e i loro alleati della città di Akragas (attuale Agrigento). Fu così che i cartaginesi arrivarono fino al Porto di Palermo con un grande esercito composto per la maggior parte da mercenari (Libici, Iberici, Liguri, Sardi, Galli, Corsi e Nuragici), guidati da Amilcare I, condottiero e re di Cartagine.

Che intenzioni avesse realmente Amilcare, non è chiaro, poiché gli storici pensano che non velesse conquistare l'intera Sicilia ma solo evitare che l'isola cadesse tutta in mano ad un unico tiranno, in questo caso in mano a Gelone di Siracusa.

Fu così che Terone di Agrigento e Gelone di Siracusa, si ritrovarono alleati in questa guerra contro i cartaginesi in terra siciliana. La battaglia avvenne a Imera, una colonia greca fondata da calcidesi provenienti da Zancle (l'odierna Messina) e da esuli siracusani. L'esito del conflitto fu totalmente favorevole per le due città attaccate: Agrigento e Siracusa; e quest'ultima, essendo stata decisiva con il suo intervento bellico per le sorti della battaglia, volle dettare lei le condizioni da imporre ai nemici vinti, condizioni che anche i suoi alleati, come Akragas, dovettero accettare. Anzitutto con questa vittoria nel lato occidentale dell'isola, Siracusa divenne la "città egemone" su tutte le altre città di Sicilia (Agrigento compresa che fino a quel momento era stata per potenza una sua rivale), poi pretese la costruzione di due templi, uno dei quali doveva sorgere in territorio cartaginese e presso il quale dovevano essere custoditi i documenti del trattato di pace. L'altro tempio invece venne eretto ad Imera e chiamato Tempio della Vittoria, in ricordo del successo di quell'impresa.

Inoltre, il lato più importante della pace concessa ai cartaginesi fu il fatto che Gelone ordinò loro di non fare mai più sacrifici umani nei loro riti religiosi e di non sacrificare mai più i figli primogeniti nei tofet. Cartagine accettò. E questo trattato divenne noto per essere stato "il primo trattato umanitario di cui parli la storia".
(ancor oggi, per i siciliani, è motivo di orgoglio sapere che dalla loro terra, tanti secoli fa, venne un'imposizione contro dei riti barbari e un passo avanti verso la civiltà dei popoli)

Altre conseguenze di quella sconfitta per i cartaginesi furono: la perdita totale della loro flotta (andata distrutta in una tempesta); i propri prigionieri fatti schiavi in Sicilia (con essi Gelone iniziò a Siracusa la costruzione dell'Acquedotto Galermi, costruito appunto con maestranze cartaginesi) e il pagamento di due mila talenti.

Curiosità
  • I Cartaginesi furono felici di questo trattato di pace stipulato con Gelone, poiché ritenevano le condizioni non troppo severe. Dunque per ringraziare il tiranno siracusano, donarono a sua moglie, Damarete, una corona d'oro del valore di cento talenti, perché ella, da loro pregata, aveva perorato in favore della pace. Ella, o Gelone, vendettero l'oro della corona per comprare dell'argento con il quale Siracusa coniò una nuova moneta: il Demareteion (o Demareteo).
  • Akragas per festeggiare la vittoria eresse dei magnifici templi dorici nella sua valle, che ancor oggi sono considerati uno degli esempi più significativi dell'arte greca nel mondo e sono stati dichiarati Patrimonio dell'umanità Unesco.
  • Cartagine rimase comunque talmente colpita da quella disfatta totale che farà passare 70 anni prima di riprovare a conquistare la Sicilia.
  • Il re cartaginese Amilcare non si seppe mai che fine fece; alcuni dicono che morì in battaglia, altri che si suicidò per la sconfitta subita. Gelone gli diede la caccia senza riuscire però a trovarlo.

La morte

Ma dopo le vittorie, il tiranno di Siracusa riunì il popolo pronunciando un discorso dove elencava le vittorie del suo governo e la grandezza raggiunta dalla città. Poi sorprendendo tutti, disse di rimettere il potere nelle mani del popolo. Risale infatti a questo periodo l'aneddoto secondo cui egli, in dimostrazione della sua condotta non dispotica, disarmato, si presentò dinnanzi all'esercito ed alla cittadinanza siracusana riunita in assemblea dichiarando di lasciare nelle loro mani il potere e di restituire loro il governo della città. Il popolo però lo acclamò con un'ovazione, ancora sovrano di Siracusa.
Poi anni dopo, per la sua morte, Gelone ebbe enormi funerali e l'erezione di una statua e di un mausoleo che glorificava un tiranno entrato nel mito.

Capitolo informativo sulla monetazione di Siracusa

Le monete di Syrakousai
  Lo stesso argomento in dettaglio: Monetazione di Siracusa.

Le monete di Siracusa sono passate alla storia per essere considerate tra le più belle e pregiate coniate nel mondo antico greco.
La storia monetaria di questa città rappresenta un caso particolare poiché, fu l'ultima delle città siciliane che inizò a coniare moneta, eppure il valore della sua zecca divenne tra i principali e più alti in circolazione. Forse per recuperare il tempo perso rispetto alle altre città che già coniavano o forse per immettersi subito nella cerchia commerciale di Atene, la sua prima moneta fu fin dall'inizio il tetradramma, dal valore di 4 dramme, ovvero la moneta più forte in Grecia, il tetradramma ateniese; Siracusa adotta lo stesso statere.
Ciò che ha contraddistinto le monete siracusane, e siceliote, fu che a differenza di quelle coniate dai greci che abitavano il mare Egeo, quelle di Sicilia avevano un uso più singolare, più particolare che si potrebbe definire indipendente nello stile e nella storia. Infatti è proprio la storia che differenzia le due monetazioni; quella di Sicilia, e di Siracusa in questo caso, imprimeva in ogni sua moneta una storia che non la si poteva trovare in serie nelle monete coniate in Grecia. Le sue monete, che proprio per questo motivo hanno attratto anche in epoca contemporanea l'interesse di grandi studiosi internazionali del genere numismatico, raccontavano le vicende siracusane, le vicende siciliane. Ad esempio si dice che il Demareteion coniato a Siracusa dopo la battaglia di Imera, nel V secolo a.C., fosse stata la prima moneta ad assumere un significato "commemorativo", lo studioso archeologo siciliano, Giulio Emanuele Rizzo[15], le dà l'appellativo di "prima medaglia commemorativa", poiché si trattava del primo esempio storico di come una moneta potesse fungere da decorazione all'onore di una persona o, come in questo caso, di una città. La sua raffigurazione, come suggerisce il nome stesso, si riferiva alla regina e moglie di Gelone, Demarete, che nella moneta, sul dritto, porta sulla testa una corona di ulivo, mentre sul rovescio della stessa, la quadriga (elemento sempre presente nelle monete antiche greche) qui veniva invece sostituita con un leone in corsa; il leone era il simbolo di Cartagine, dunque il Demareteion nacque realmente con scopo celebrativo. In seguito, questa moneta divenne molto famosa, poiché valeva quanto dieci dracme, fu quindi la prima decadramma ad essere coniata ed è anche una delle poche monete citate dai classici. Le altre monete adottate da Siracusa raffiguravano principalmente la testa di Aretusa con la legenda ΣΥΡΑΚΟΣΙΩΝ (Surakosiōn); inoltre figure di quadriga; delfini; Anapo; cavallucci marini; Eracle; Atena; Apollo; i tiranni siracusani come Agatocle; Artemide; la Triskelès (il simbolo della Trinacria, ovvero la Sicilia); la Nike; Pegaso. I materiali usati per la coniazione di monete furono: l'oro; l'argento (con il quale si dice venissero fatte le più belle monete siracusane); il bronzo e l'elettro (una lega d'oro e d'argento). Siracusa coniò monete fino alla conquista romana. Dopodichè Roma le permise di continuare solo la coniazione in bronzo. Alcuni dei suoi incisori di coni più abili furono Eukleidas e Kimon. Le monete siracusane sono oggi visibili presso i siti museali in varie parti del mondo, oltre che nella stessa città di Siracusa.[16][17][18]

Gerone I (478-466 a.C.)

Particolari del quadro di Gustavo Mancinelli che, con il suo «Eschilo presenta a Gerone le Etnee a Siracusa», ha rappresentato un momento di grande arte culturale per la città. Affresco sitauto presso il Sipario del Teatro Politeama di Palermo.

Gelone prima di morire scelse come suo successore il fratello Gerone I (detto anche Ierone I), che lasciato il trono di Gela lo concesse al fratello Polizelo. Tuttavia proprio per ragioni dinastiche sorse una guerra tra i due fratelli che vide anche come protagonista la città di Sibari. I crotoniani infatti nel 477 a.C. attaccarono la città che chiese aiuto a Siracusa, Ierone quindi nella speranza di liberarsi del fratello Polizelo, lo convinse ad andare in soccorso della città. Purtroppo le fonti antiche su questo evento sono poco chiare, tanto da rendere dubbio l-effettivo intervento militare[19]. Polizelo comunque, scoperto l'inganno decise di muovere guerra contro il fratello e solo con la mediazione del poeta Simonide lo scontro si risolse nel 476 a.C., con Polizelo che si rifugia presso il suocero Terone ad Agrigento.

Le Olimpiadi e la Letteratura

Gerone I partecipò e vinse, con la disciplina sportiva della quadriga, i Giochi olimpici greci nel 476, nel 472 e nel 468 a. C. Inoltre riportò altre tre vittorie nei Giochi pitici, rispettivamente ad Olimpia e a Delfi. Gerone venne ostacolato nei giochi olimpici dall'ateniese Temistocle, il quale ne approfittò per scagliarsi contro di lui, per vendicarsi del fatto che Siracusa aveva qualche anno prima negato il soccorso alla Grecia durante le guerre contro i persiani. Ma il proposito non andò in porto e Gerone vinse la corsa dei cavalli[20]. A queste sue vittorie sono dedicate le odi composte da Pindaro e quelle composte da Bacchilide. E proprio questi due poeti diventarono infatti ospiti alla corte di Gerone in Siracusa. Il tiranno adottò la filosofia chiamata mecenatismo; ovvero il mostrarsi incline alle arti e al desiderio dei poeti di comporre versi, sostenendoli e favorendo la loro espressione, in cambio questi portavano lustro alle corti dei sovrani presso i quali andavano e loro stessi divenivano lieti di farne parte. Ad esempio, Gerone portò a Siracusa grandi artisti dell'epoca, nomi illustri come quello di Pindaro (la cui grandezza poetica rimase anche secoli dopo quando ad esempio Alessandro Magno ordinò che nella distruzione di Tebe venisse salvata soltanto la casa di Pindaro, poeta caro al popolo greco) ed egli con i suoi versi mostrò vero affetto, o stima, per la città di Siracusa; poi venne Simonide e il già citato Bacchilide, entrambi considearati, insieme a Pindaro, come "iniziatori della seconda fase della lirica corale; e si trovò alla corte siracusana anche Eschilo, grande drammaturgo greco antico considerato l'iniziatore della tragedia greca. Va annoverata tra le frequentazioni di Gerone I anche la presenza dello scultore Pitagora di Reggio (l'autore, tra le tante sue opere, dei Bronzi di Riace) che fece per il regnate siracusano alcune statue.

(Versione poetica del testo)
«PER HIERON DI SIRACUSA, COL CORSIERO
Ottima è l’acqua, l’oro come fuoco acceso
Nella notte sfolgora sull’esaltante ricchezza
se i premi aneli
a cantare, o mio cuore,
astro splendente di giorno
non cercare più caldo
del sole nel vuoto cielo –
né gara più alta d’Olimpia celebriamo,
onde l’inno glorioso incorona
con pensieri di poeti: che gridino
il figlio di Kronos, giunti alla ricca
beata dimora di Hieron!
Regale impugna uno scettro nella Sicilia[...]
»
(italiano)
«PER HIERON DI SIRACUSA, COL CORSIERO
Il primo dei beni è l’acqua; l’oro poi splendendo
come una fiamma che si accende
nella notte, sopravvanza tutta l’esaltante ricchezza.
Amato spirito, se vuoi cantare i Giochi,
non cercare nel cielo sgombero,
quando brilla il giorno,
un astro più ardente del Sole,
e non sperare di celebrare un agone più glorioso di Olimpia!
Di là parte l’inno che mille voci ripetono;
quell’inno che ispira il genio dei poeti,
venuti per cantare il figlio di Crono
al felice focolare di Gerone,
che regge lo scettro della giustizia nella fertile Sicilia[...]»

Questo è l'inizio dell'Olimpica I, ovvero delle odi che il poeta Pindaro dedica Gerone I per la sua vittoria ai giochi olimpici.

Gerone e la politica espansionistica di Siracusa

Gerone I, oltre che per il suo accostamento alle arti, è però ricordato come un tiranno violento, che tenne Siracusa sotto uno stretto regime militare. E' considerato colui che iniziò la politica espansionista della città (una politica che poi seguirà un altro tiranno ben noto siracusano: Agatocle), ma la sua voglia di conquista fece ritrovare la città a dover combattere numerose guerre. Vanno ricordate le battaglie interne di Sicilia: quella contro Trasideo, tiranno di Agrigento, che dichiarò guerra a Siracusa ma venne sconfitto ed esiliato; Akragas fece in seguito pace con Gerone e passò nella cerchia delle alleate della città aretusea. Poi vanno menzionate le battaglie contro Katane (attuale Catania); i siracusani la conquistarono e deportarono tutti i suoi abitanti nella vicina Leontini (Lentini), ripopolandola con dori siracusani e con abitanti del Peloponneso. Gerone mutò il nome di Katane in Aitna (Etna), città nuova da lui fondata, e si fece proclamare dunque "Etneo". E' in questa occasione che Eschilo, presenta alla corte di Gerone l'opera composta in onore del tiranno siracusano: le Etnee. Inoltre la presenza di Siracusa era già arrivata in Campania, superando la Calabria, nei pressi di Cuma, dove la tirannide siracusana aveva postazioni commerciali e rapporti politici.
Furono questi gli inizi di una politica mirata alla conquista di altre terre che, qualche anno dopo, avrebbe portato la capitale della Grecia, Atene, a voler fermare Siracusa che oramai, stava diventando una minaccia che rischiava d'intaccare l'egemonia atenisise sul mondo greco antico.

I Siracusani e la battaglia Etrusca in Campania

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia di Cuma.
«Ti supplico, Zeus, dammi un cenno: si tenga tranquillo il grido di guerra fenicio, e ammutolisca quello dei tirreni! Essi videro la flotta gemente espiare dinanzi a Cuma il crimine, costretti dal signore di Siracusa, che scagliava dalle navi veloci il fiore della gioventù guerriera dei tirreni, a liberare l’Ellade dal giogo di una gravosa servitù.»

Gli etruschi, ovvero gli abitanti dell'Etruria, sono considerati dagli storici contemporanei come un grande popolo e per certi versi decisivo per la storia d'Italia. Essi avevano fatto della Campania una terra a loro molto cara, poiché era considerata come il passaggio o la via principale per espandere i loro commerci e le loro postazioni anche in Sicilia, che già all'epoca era vista come "il cuore del Mediterraneo".
Ma gli estruschi, nei loro piani d'espansione, dovettero scontrarsi inevitabilmente con un'altra potenza che in quell'epoca dettava il suo volere in quelle terre: Siracusa. Il tiranno Gerone I, che come abbiamo visto aveva un carattere orgoglioso ed una politica che mirava alla conquista, probabilmente percepì il pericolo di avere troppo vicino un popolo come gli etruschi, colonizzatori ed esperti di commercio, che mirvano proprio a scendere il più possibile presso le terre siciliane. Fu forse questo il motivo che lo spinse ad accettare l'alleanza con Cuma, antica città campana che, dopo avere ospitato, per volere del suo tiranno, l'esilio del settimo Re di Roma, ovvero l'etrusco Tarquinio il Superbo che qui morì, decise poi di ribellarsi al popolo estrusco e per fare ciò chiamò in suo aiuto Siracusa, la quale accettò di intraprendere questa guerra.
Come narrato da Pindaro, Gerone, nel 474 a.C. (data della battaglia), mandò a Cuma la sua flotta che riuscì a sconfiggere e mettere in fuga i tirreni (nome dato agli estruschi). Le fonti non narrano i particolari della battaglia ma stando alla testimonianza di Pindaro, fu una battaglia molto cruenta, volta alla difesa degli interessi ellenici contro l'espansione etrusca.
Le conseguenza di questa battaglia furono molto forti; da un lato l'Etruria perse le sue postazioni in Campania (Etruria campana), divenendo così isolta dalla parte meridionale dell'Italia. Ciò avrebbe portato, qualche anno dopo, ad una definitiva sconfitta per il popolo etrusco che sarebbe stato conquistato dai Latini (che prendevano sempre più piede in Italia). Dopo la battaglia Siracusa si stabilì maggiormente nelle terre campane, ponendo dei presidi a Pithekoussai (il cui nome significa "città delle scimmie"), considerata la più antica di fondazione greca in Italia, corrispondente all'attuale Isola di Ischia; poi i siracusani fondarono una nuova città adiacente a Parthenope e la chiamarono Neapolis (forse per omaggiare Gelone che anni prima aveva fondato a Siracusa la città-quartiere dallo stesso nome "Neapolis" adiacente ad Ortigia), da lì ben presto sarebbe sorta Napoli (il cui insieme deriva appunto da Partenope, la città vecchia, e Neapolis, la città nuova). L'influenza siracusana in Campania è visibile nei primi tempi: nella sua urbanizzazione, nei culti religiosi, nelle monete. Poi i siracusani vennero infine cacciati sia da Neapolis, oramai divenuta la città più forte della Campania che ridusse al minimo l'importanza di Cuma, antica città principale; anche da qui i siracusani dovettero ritirarai quando cessò la tirannia dei Dinomenidi a Siracusa. E infine abbandonarono anche il presidio di Pithekoussai, sul quale avevano lasciato delle tracce con la costruzione di un castello e nella zona di Forio, un tempio dedicato a Venere Citere (presso la spiaggia odierna che da esso prende il nome "la spiaggia di Citara"); se ne andarono dopo una violenta eruzione del Monte Epomeo.
Atene non tardò a riappropriarsi presto di quelle terre, ponenondole nuovamente sotto la sua influenza commerciale.[24][25][26]

La fine della Prima Tirannide

Dopo queste battaglie, e dopo le sue conquiste, Gerone affrontò la sua ultima guerra al comando di Siracusa nel 466 a.C. contro Trasideo tiranno di Agrigento figlio di Terone, il quale venne sconfitto ed esiliato e le due città fecero pace. Dopodiché Gerone I di Siracusa volle ritirarsi nella città siciliana da lui fondata, Etna; morì in età avanzata, gli vennero tributati tutti quegli onori che fino a quel momento erano solo prerogativa dei primissimi fondatori coloniali.[27]
A lui succedette il tiranno di Gela, Trasibulo, fratello di Gelone, Gerone e Polizelo. Ma essendo che attuò una politica dispotica, Diodoro Siculo lo definisce "violento e assassino", il popolo mal lo sopportò, così Siracusa si ribellò a Trasibulo nel 465 a.C., facendo un'alleanza insieme a Gela, Akragas, Himera, Selinunte e con le truppe Sicule. Il popolo ruiscì dunque a rovesciare la dittatura e a instaurare una giovane democrazia protetta anche dall'introduzione del petalismo.
Trasibulo fu costretto all'esilio a Locri Epizefiri, dove morì. Con lui cessò il periodo dei Dinomenidi, quindi la Prima Tirannide siracusana. Tuttavia secondo Aristotele la caduta di Trasibulo e quella di Trasideo, furono favorite soprattutto dalle lotte all'interno delle famiglie le quali decretarono la sparizione del regime tirannico dei Diomenidi[28]. La cacciata di Trasibulo da allora fu celebrata ogni anno a Siracusa con sacrifici animali a Zeus Eleutherios.

Il periodo Democratico (466-405 a.C.)

Con la fine della dinastia dei Dinomenidi, s'instaura a Siracusa un lungo periodo democratico che inizia nel 466 e finisce nel 405 a.C. Ma tuttavia, studiosi di epoca moderna come Moses Israel Finley, non sono d'accordo nel definire questo periodo siracusano come "democratico", poiché, sostiene Finley, la democrazia è altra cosa, piuttosto a Siracusa vi era una sorta di "interludio democratico" come lo chiama lui, ovvero un "reggimento politico" che lo stesso Aristotele, egli di epoca greca, definisce politheia, cioè un sistema che comprende sia l'oligarchia che la democrazia.
Del resto va fatto presente che questo periodo democratico era già in atto ad Atene, anch'ella infatti aveva impostato un governo democratico sotto la guida di Pericle, ed anche lì la democrazia non era esplicata nel vero senso della parola, ma rimane pur sempre il fatto che a questa città ellenica va il merito di avere introdotto il primo sistema democratico della storia occidentale. Dalla Grecia poi questo moto rivoluzionario arrivò a Siracusa e da lei, essendo in quel periodo città egemone, si diffuse in tutta la Sicilia.

Ducezio, il Re dei Siculi e la guerra con Siracusa

 
Vaso antico raffigurante un guerriero Siceliota
«L'intenzione esplicita dei Siracusani è di abbandonare ormai la politica militare e di egemonia degli anni precedenti»

Così analizza il Rizzo gli albori della giovane democrazia siracusana. Si partì dunque con le migliori intenzioni; uguaglianza, pace, fraternità tra siciliani, eppure qualcosa dovette andare storto nei piani siracusani, poiché da lì a poco tempo si sarebbero ritrovati ad affrontare l'esercito dei Siculi-Sicani-Elimi tutti intenzionati a mettere un freno alla città diventata troppo ellenica e troppo espansionistica.
Ma per capire come si arrivò a questa guerra interna, nonostante la nuova democrazia, si deve partire dall'elencare la fragilità della neo-politica siracusana e le antiche motivazioni che spinsero i popoli autoctoni della Sicilia a cercare riscatto.
Anzitutto, in questo contesto interno, si deve comprendere che Siracusa, pur essendo divenuta "grande potenza ellenica" rimaneva pur sempre una terra dalle origini Sicule, per cui è impossibile pensare che i siracusani si comportassero tutti in modo freddo e distaccato con quei popoli che rimanevano loro fratelli; perchè, come spiegato anche da altri studiosi contemporanei, il modo in cui avveniva la colonizzazione ellenica di una città, prevedeva il matrimonio, o l'unione, tra la popolazione autoctona e la popolazione conquistatrice, dunque i siracusani non potevano essere del tutto greci, infatti, stando alla citazione di Ermocrate, politico siracusano, egli al Concilio di Gela (424 a.C.) disse che "non erano né Joni né Dori, ma un unico popolo, da denominare Siceliota" (Siculi-Greci).[29] Quindi fu forse questo richiamo che spinse i siracusani a volere una riappacificazione con le genti di Sicilia, adesso che non avevano più alcun tiranno a comandarli, e a condividere con essi una nuova forma di politica basata sul commercio e sulla lavorazione della terra. In questo, momentaneo, clima distensivo, i Siculi accrebbero la loro sicurezza, venendo maggiormente a contatto con il mondo ellenico, condividendone in parte la cultura. Fu in questo contesto che venne alla luce un personaggio che, ancor oggi in epoca contemporanea, è considerato dai siciliani un eroe e motivo d'orgoglio per l'originario ethos isolano; Ducezio, dalla nascita incerta tra le città di Nea e Mene, fu un condottiero siculo che impresse il suo nome nella storia siciliana portando alla ribalta le popolazioni autoctone, mise sotto un'unica bandiera i Siculi, i Sicani e gli Elimi, formando la prima lega tra popoli che la storia ricordi: la Synteleia. La sua prima azione fu di togliere dal predominio siracusano la città di Katane (sotto Gerone I divenuta Etna), fece quindi rientrare tutti i catanesi nella loro originaria città, i quali le diedero subito il suo nome natio. Poi deportò i siracusani di Etna ad Inessa, una città alle pendici del Monte Etna, identificata con l'attuale Paternò; dunque per i siracusani divenne questa la loro nuova Aitna (Etna). Dopodiché Ducezio costruì la città di Mene e distrusse quella di Morgantina (ritenuta da egli centro greco), quindi fondò Palikè, la quale divenne capitale de suo nuovo Stato.
Dopo tutte queste mosse, fu logico che, sia i siracusani che gli agrigentini (quelli che erano stati più esposti alla tirannide greca), si sentirono colpiti e soggetti dalla nuova affermazione conquistatrice di Ducezio. Viene da porsi dunque il quesito se in realtà, Ducezio, vedendo fragilità, e quindi debolezza, nel nuovo sistema politico democratico di Siracusa, non avesse pensato che fosse quello il momento giusto per riaffermare l'autorità autoctona dell'isola, dopo tanti patimenti da parte dell'ellenizzazione (come una guerra d'indipendenza) e nel frattempo non avesse fatto un pensiero sul conquistare anche le due poleis maggiori, ovvero Akragas e Siracusa. Questo dubbio trovò una sorta di conferma quando Ducezio, riunito l'esercito siculo, attaccò una truppa agrigentina sconfiggendola.
A questo punto Siracusa, corsa in soccorso della sua alleata, ebbe una seria reazione e capendo le intenzioni belliche di Ducezio, ruppe la pace con gli alleati Siculi e, insieme ad Akragas, dichiarò nel 452 a.C. guerra a Ducezio, divenuto oramai per il suo popolo il Re dei Siculi.
Intrapresa questa guerra, Ducezio si dimostrò abile e ottenne delle vittorie sull'esercito siracusano, ma alla fine, nel 450 a.C. sarà sconfitto, presso Motyon (nei pressi di Caltanissetta), e fatto prigioniero da Siracusa. Qui Ducezio trovò l'indulgenza dei siracusani che, ammirando il coraggio di quel combattente, non lo uccisero ma lo esiliarono a Corinto, garantendogli una rendita per sopravvivere in Grecia, dalla quale però Ducezio fece ritorno e, una volta arrivato in Sicilia, fondò la sua ultima città; Caronia (Kalè Akté) (nei pressi di Messina), nella quale morì quattro anni dopo, nello stesso anno della distruzione di Palikè / Trinakie. Si risolse così una guerra interna tra le più significative che mostrò tutta l'instabilità e la fragilità della politica dell'epoca. Il governo di Siracusa era nuovamente alle prese con le divisioni interne tra i filo-tirannici e i pro-democrazia. La città sembrava non trovare pace, prerogativa questa purtroppo diffusa in grande parte del mondo greco, le polis infatti erano note per le loro lotte interne che non riuscivano a coniugare prosperità e unione politica tra esse stesse. Finì così il periodo, breve, di pace a Siracusa, che a questo punto riprese le armi in mano e conquistò nuovamente le città liberate da Ducezio; ripartiva di nuovo la politica espansionistica che l'avrebbe portata addirittura ad intervenire all'isola d'Elba e in Corsica.[30][31]

La spedizione ateniese in Sicilia

 
Ricostruzione dell'arsenale navale siracusano del Lakkios
 
Mappa della Siracusa greca

Rispondendo positivamente alle richieste di aiuto di Segesta nella guerra contro Selinunte alleata di Siracusa, e dagli esuli di Leontini che chiedono di essere rimessi nella loro città ha inizio la spedizione ateniese in Sicilia. Nel 415 a.C. giunse in Sicilia una flotta di 250 navi e 25.000 uomini. Dopo un primo periodo di vittorie ateniesi la spedizione si trovò in difficoltà a causa della valorosa difesa approntata dal generale spartano Gilippo. Nel frattempo Ermocrate viene eletto Stratega, e successivamente (estate 414 a.C.) ne vengono rimossi due per sospetto tradimento e sostituiti con uomini di Diocle[32]. Giunsero così nuovi aiuti nel 414 a.C. e nel 413 con un esercito guidato da Demostene, non riuscirono a piegare la coalizione in difesa di Siracusa. Gli Ateniesi così persero completamente la guerra subendo 7000 prigionieri rinchiusi nelle Latomie siracusane, dove la maggior parte di essi morì e l'ingiuria dei sopravvissuti che marchiati come cavalli vennero venduti come schiavi, i comandanti Demostene e Nicia furono invece giustiziati. La grande vittoria verrà onorata con importanti festeggiamenti annuali.

Terminata la guerra Diocle attuò una serie di riforme sul modello ateniese ed un codice di leggi, favorito in ciò dall'assenza di Ermocrate, impegnato al comando di una flotta in aiuto di Sparta: fu approvata una nuova costituzione e nuove forme di governo e l'amministrazione della giustizia attraverso tribunali regolari.

Gli scontri contro Cartagine

  Lo stesso argomento in dettaglio: Guerre greco-puniche e Battaglia di Imera (409 a.C.).
 

Nel 410 a.C. si riaccese il conflitto tra Selinunte e Segesta, quest'ultima attaccata nuovamente ottenne l'aiuto dei Cartaginesi comandati da Annibale Magone che distrusse completamente Selinunte. Annibale marciò poi verso Imera dove si scontrò con l'esercito siracusano comandato da Diocle. Dopo pesanti scontri i Siracusani si ritirarono a causa di un sospetto attacco contro la madrepatria che risulterà falso. Gli Imeresi rimasti ormai da soli furono costretti alla fuga, messi in salvo dalle navi siracusane verso Messina, ma la metà di essi perì con la conquista cartaginese. Annibale fece quindi ritorno in patria e sciolse il suo esercito.

Intanto Ermocrate, che era stato destituito dal comando della flotta dell'Egeo, con un piccolo esercito di profughi e mercenari e una flotta di cinque navi si insediò a capo di quel che rimaneva di Selinunte e attaccò le città cartaginesi di Mozia e Palermo ottenendo una serie di vittorie (408 a.C.). Subito dopo raccolse le spoglie dei caduti di Imera che Diocle aveva colpevolmente abbandonato, e provando a fare leva sulla pietà del popolo provò a rientrare in città senza successo. Siracusa in quel periodo era in pieno caos, la democrazia era fortemente indebolita e Diocle venne mandato in esilio per il suo comportamento contro i cartaginesi.

Nel 406 a.C. dopo le incursioni di Ermocrate i Cartaginesi decise di tentare la conquista dell'intera Sicilia, nonostante l'avvio di negoziati per evitare la guerra[33]. Annibale Magone quindi ripartì, alla conquista delle città greche della costa meridionale siciliana con un esercito di Libi, Maurusi, Iberi, Fenici, Campani e Numidi[34].

Dopo aver vinto una piccola battaglia navale nei pressi di Erice, i siracusani intuirono l'intenzione di una vasta campagna punica nell'isola. Per questa ragione inviarono richieste d'aiuto alle città greche d'Italia ed a Sparta senza successo. Annibale quindi assediò Akragas, cui aveva chiesto di allearsi o restare neutrale. Ma gli Agrigentini respinsero l'attacco e lo stesso Annibale morì in un'epidemia di peste che divampò nell'accampamento cartaginese. Il vice di Annibale, Imilcone, riuscì a risollevare gli animi nell'accampamento cartaginese, ma dovette fronteggiare l'arrivo di 35.000 siracusani. Nella battaglia i Cartaginesi ebbero la peggio e persero 6.000 uomini. I generali agrigentini non sfruttarono però l'occasione per rompere l'assedio ed attaccare i Cartaginesi in ritirata. Poco dopo una flotta di Imilcone, riuscì ad ottenere una grande vittoria contro un convoglio di navi siracusane che portavano provviste ad Agrigento. I mercenari campani e gli alleati greci che difendevano Akragas, giudicando disperata la situazione, decisero allora di abbandonare la città e Akragas cadde nel dicembre del 406 a.C. dopo sette mesi di assedio.

Conquistata Akragas, Imilcone pose l'assedio a Gela. Gli abitanti di Gela resistettero fino all'arrivo di Dionisio I, nuovo tiranno di Siracusa, che era giunto in soccorso con un esercito di circa 30.000 fanti, accompagnato da una flotta di 50 navi. Dopo uno stallo di qualche settimana di fronte alle mura di Gela, Dionisio tentò un assalto di sorpresa all'accampamento punico, ma l'attacco venne respinto. Dionisio I, visto il fallimento della sua offensiva, decise di evacuare nottetempo tutta la popolazione di Gela e successivamente anche quella di Camarina, visto che non sarebbe riuscito a difendere nemmeno questa città. Imilcone poté quindi occupare le due città sulla strada di Siracusa senza colpo ferire.

Dionisio I

 
Mura dionigiane

Nel 405 approfittando del caos generato dall'avanzata dei Cartaginesi, Dionisio I riesce a prendere il potere come tiranno, cancellando di fatto il governo democratico. Egli salì al potere in un momento difficile poiché dopo la conquista di Akragas, Imilcone pose l'assedio a Gela che pur col soccorso di 30.000 uomini da parte del nuovo tiranno e il fallimento dell'offensiva, optò per l'evacuazione della popolazione gelese e successivamente anche per quella di Camarina. In questo modo i Cartaginesi giunsero fin sotto le mura di Siracusa assediandola. Fu grazie ad un'epidemia che fece perdere a Imilcone la metà dei suoi uomini a costringerlo a offrire un trattato di pace nel 404 a.C. I Cartaginesi avrebbero conservato l'egemonia sui territori dei Sicani e degli Elimi; le città conquistate potevano essere ripopolate a patto di non erigere mura difensive e pagare un regolare tributo a Cartagine; Leontini, Messina e tutte le altre città siceliote e sicule rimanevano libere di reggersi con proprie leggi. Imilcone tornò trionfalmente in Africa e sciolse il suo esercito[35].

Dopo la partenza dei Cartaginesi Dionisio prova a recuperare le forze. Trasforma Ortigia in una fortezza, amplia la flotta navale riordinando gli arsenali e il porto piccolo “Lakkios”. Inoltre porta avanti la sua opera più grande, la costruzione a tempo di record (dal 402 a.C. al 397 a.C.) di un’ampia cinta muraria lunga 27 km, che cingeva tutta la città ricongiungendosi al Castello Eurialo.

Dopo il rafforzamento e l'ampliamento sul territorio della Sicilia orientale distruggendo Naxos, Catania e Leontinoi, i siracusani si prepararono nel 397 ad affrontare nuovamente i Cartaginesi.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Assedio di Siracusa (397 a.C.).
 
Il nome di Dionisio appare nella leggenda di Damocle, per questo motivo in questo dipinto è raffigurato con la spada di Damocle

Siracusa conquista e successivamente perde Mozia, mentre Imilcone sottomette Lipari e Messarion, giungendo a Siracusa e sottoponendola ad un duro assedio. Egli riesce anche a penetrare nei sobborghi di Acradina saccheggiando il santuario di Demetra e Kore. Ma grazie al dilagare di una pestilenza la supremazia cartaginese viene preclusa, Dionisio sconfigge Imilcone giungendo nel 392 ad un trattato di pace che gli permette un programma di espansione in Sicilia. Fonda così nuove città: Adrano, Tauromenio e Tindari; conquista inoltre Rhegion.

Dionisio non è famoso solamente per le sue imprese belliche o le imponenti costruzioni, ma anche per l'interesse per le lettere, la filosofia e le arti; proprio sotto il regno di Dionisio, ospiterà il filosofo Senocrate, ma anche Platone il quale tornerà più volte a Siracusa.

«Gli fu chiesto anche in che modo Dionisio trattasse gli amici, e così rispose: «Li tratta come sacchi: li appende se son pieni, li butta se son vuoti». Ed ancora a chi gli rimproverava che da Dionisio aveva ricevuto danaro, mentre Platone aveva preso un libro, rispose: «Io ho bisogno di danaro, Platone di libri».»

Le colonie siracusane in Adriatico

Negli anni intorno al 485 a.C., per ovviare alla crescente supremazia commerciale etrusca nel Tirreno, Dionisio attua un piano di espansione politica e commerciale in Adriatico: fonda le colonie di Ankòn, ove vanno a risiedere coloro che volevano un ritorno alla democrazia, Adria ed Issa. Il programma di espansione adriatica viene completato in collaborazione con gli abitanti di Paro, insieme ai quali fonda la colonia di Pharos nell'isola dalmata di Lesina. Dionisio ha così a disposizione una serie di porti che permettono a Siracusa di approvvigionarsi del grano padano senza ricorrere alla mediazione etrusca, precedentemente necessaria, quando le proprie navi percorrevano il Tirreno[36]. Col popolamento della colonia di Ankòn da parte dei sostenitori della democrazia, Dionisio risolve abilmente anche il problema dell'opposizione politica interna[37]. Sempre per difendere gli interessi commerciali siracusani, Dionisio attacca l'Etruria e la Corsica.

Dionigi II e la repubblica di Timoleonte

A succedergli fu il figlio Dionisio II, che sotto la tutela dello zio Dione concluse una pace con i Cartaginesi, cercando di attenuare la pressione delle altre città ostili. A seguito di un dissidio tra Dionisio II e Dione, quest'ultimo nel 357, intenzionato a porre fine alla tirannide, si mette a capo di un piccolo esercito e si impadronisce del potere. Ma l'impopolarità delle sue azioni di governo decretano una rivolta cittadina e il suo assassinio nel 354 a.C.

Tornato al potere Dionigi II, Corinto inviò una spedizione guidata da Timoleonte il quale rovescia ancora una volta il potere della città instaurando una democrazia. Proprio per ripristinare un clima democratico Timoleonte condusse la demolizione dei palazzi fortificati dei tiranni siti nell'isola di Ortigia. Indebolita l'influenza di Siracusa per gli incessanti scontri interni di potere ed esterni con le forze nemiche, Timoleonte provò a riconfigurare la mappa politica della Sicilia. Dopo un importante successo nel 339 a.C. sui Cartaginesi presso il fiume Crimiso, svolge un'opera di pacificazione. Ma dopo la sua morte, le lotte tra oligarchie aristocratiche e difensori della democrazia, aprono la strada ad un altro tiranno, Agatocle, che nel 316 si impadronisce della città con un colpo di stato.

Agatocle

  Lo stesso argomento in dettaglio: Battaglia dell'Imera.
 
Moneta raffigurante Agatocle

Agatocle riprende la guerra contro i Cartaginesi, con alterne sconfitte e vittorie, ma con l’audacia di volerli attaccare per la prima volta in patria, infliggendo grosse perdite. Tuttavia è costretto a siglare un accordo di pace e a spostare i suoi interessi sul suolo italico.

Ierone II

Dopo la sua morte viene invocato l'aiuto di Pirro, re dell'Epiro, che viene in soccorso della città greca per salvarla dalle continue minacce Cartaginesi. Ma si affaccia sulla scena politica Ierone II, il quale, dopo essersi inizialmente alleato con i Cartaginesi per far fronte alla crescente minaccia dei Romani, stipula infine una pace separata con gli ultimi, determinando un cinquantennio di pace e prosperità. Egli favorisce il riordino legislativo proposto da Diocle, un nuovo ordinamento tributario la “lex Hieronica”, adottata successivamente anche dai Romani in Sicilia. Vengono apportati significativi interventi urbanistici: l'ampliamento del Teatro Greco e la costruzione di un immenso altare sacrificale, l'Ara di Ierone. Sono anche progettate e costruite diverse macchine belliche, grazie anche al genio inesauribile di Archimede. Il rifiorire delle arti e delle lettere con figure di spicco come Teocrito, rende Siracusa una delle più importanti capitali del mondo antico[38].

Geronimo

 
La scena di Cicerone che scopre la tomba di Archimede. Quadro di Benjamin West

Alla morte di Ierone II succede il giovane Geronimo che erroneamente muta politica e rompe la pace con i Romani. Questa rottura determina l'assedio Romano posto dal console Marcello nel 212 a.C. alla città. La strenua difesa di Archimede e delle sue invenzioni non salva però la città dal tradimento di pochi cittadini, che permettono l'espugnazione della città due anni dopo, con il conseguente saccheggio e il drammatico epilogo dell’uccisione di Archimede.

La conquista di Siracusa segnò per sempre la storia dell'arte antica. Il primo vero contatto con l'arte greca avvenne proprio con la conquisa di una delle più importanti città ellenistiche. Tito Livio infatti scrive in merito alla conquista della città che "fu l'inizio dell'ammirazione per le opere d'arte dei greci" (XXV,40, 1-2). Plutarco aggiunge che il console Marcello "portò via da Siracusa la massima parte e le più belle opere d'arte per lo spettacolo del suo trionfo e l'orna mento della città. Roma infatti non possedeva ne conosceva prima di allora nessuno di quegli oggetti di lusso e raffinatezza." (Vita di Marcello, 21)

Siracusa romana

 
Anfiteatro romano

Dopo la conquista romana Siracusa non riuscì più a riprendere la potenza di un tempo; Roma era in piena ascesa, e conquistò l'intera Sicilia. La città venne nominata Capitale della Provincia Siciliana, fu sede dei Pretori romani inviati ad amministrare la Sicilia.
Stette in città per un anno il generale romano Publio Cornelio Scipione, meglio conosciuto come Scipione l'Africano, il quale da Siracusa preparò l'esercito romano che poi sconfisse il cartaginese Annibale, decretando per Roma la vittoria della Seconda Guerra Punica.
Famose sono in quel periodo le ruberie che fece il pretore Gaio Licinio Verre, il quale rubò le opere d'arte siracusane in nome del potere che Roma gli aveva dato. Indignato Marco Tullio Cicerone, avvocato e politico romano, venne mandato in Sicilia dal senato romano per testimoniare contro i furti di Verre.
Durante la sua permanenza a Siracusa scoprì la tomba d'Archimede, nascosta tra i cespugli, dimenticata dai siracusani che, con il passare dei secoli e la precaria situazione socio-politica nella quale vivevano, avevano persino dimenticato il posto in cui giaceva il loro più illustre figlio. Cicerone si adirò molto per questo motivo con la popolazione locale.
L'epoca romana come è noto ridimensionò vistosamente la città, ma tuttavia vennero costruite altre opere di notevole importanza come l'Anfiteatro romano, tra i più grandi d'Italia, usato per le lotte dei gladiatori e gli spettacoli circensi, e le battaglie navali (naumachia); il Ginnasio romano e l'intricata rete di catacombe (la più importante ed estesa dopo quella di Roma).

 
Lucia da Siracusa davanti al Pretore romano. Quadro di Lorenzo Lotto

Secondo la tradizione, Siracusa divenne la prima città dell'Occidente in cui fu fondata una comunità cristiana[39], è infatti possibile vedere all'interno del Duomo di Siracusa, la scritta che recita in latino:"Ecclesia Syracusana Prima Divi Petri Filia Et Prima Post Antiochenam Christo Dicata", che in lingua italiana significa "La chiesa di Siracusa è la prima figlia di San Pietro e seconda dopo la chiesa di Antiochia dedicata a Cristo". Viene costruita anche la chiesa di San Giovanni alle catacombe, luogo ove l'apostolo Paolo di Tarso predicò la fede cristiana, rendendo di fatto Siracusa, insieme all'opera di San Marciano, suo primo vescovo, uno dei primi centri di diffusione del cristianesimo in Europa[40]. Ed è in questo clima di diffusione del cristianesimo in Siracusa che, nel 283, nasce Lucia, giovane siracusana che sarà fatta martire sotto le persecuzioni ai cristiani con l'editto dell'imperatore romano, Diocleziano; Santa Lucia, diventerà in seguito una della sante più amate dal mondo cristiano-cattolico. Successivamente l'imperatore Costantino I, con l'editto di Milano, mise fine alle persecuzioni, accettando la religione cristiana come religione di Stato. Ma l'Impero Romano era ormai in decadimento, fu così che nel 468, la Sicilia e Siracusa, passarono sotto la dominazione dei Vandali. Seguirono poi gli Ostrogoti. L'Impero Romano d'Occidente era difatti caduto.

Siracusa medievale

Periodo bizantino

 
Hexagram di Costante II, rappresentato insieme al figlio Costantino IV.

Nel 535, Siracusa venne conquistata, insieme alla Sicilia, dal generale bizantino Belisario, mandato sull'isola con il compito di riconquistare l'Italia e portarla sotto l'influenza dell'imperatore di Bisanzio, Giustiniano I. Nel 663, l'imperatore Costante II, per un suo preciso disegno politico che intendeva sconfiggere i Longobardi in Italia e porre il Paese sotto dominazione bizantina, decise di trasferire la sua corte imperiale a Siracusa; scelta ai suoi occhi perfetta, poiché la città siciliana era vicina a Roma e fortemente ellenizzata, così Siracusa divenne in quel periodo "Capitale dell'Impero dei Romani". Ma i fatti non andarono come aveva pianificato Costante II; il popolo mal sopportò tale imperatore, a causa delle sue vessazioni con le tasse, così un giorno, un membro della sua corte, tale Mecezio, lo fece assassinare da un suo servitore. Dopo la sua morte si fece incoronare nuovo Imperatore (anche se alcuni dicono che venne costretto all'inconorazione), ma il suo regno durò meno di un anno, infatti truppe provenienti dall'Italia, dall'Africa e dalla Sardegna marciarono su Siracusa e destituirono l'usurpatore. Nel frattempo l'erede legittimo, Costantino IV, venne a riprendersi la corona e riportò la sede imperiale a Costantinopoli.
Siracusa venne nominata in quel periodo "Capitale del Thema Sikelia" (istituito sotto l'impero di Giustiniano II), il thema comprendeva la Sicilia, il ducato di Calabria e il ducato di Napoli. In città risiedeva lo Strategos bizantino. Dopo vari contrasti tra Costantinopoli e Siracusa, il thema di Sikelia si dichiara indipendente da Bisanzio. Si insedia dunque in città Eufemio di Messina, militare esperto, il quale ribellandosi ai bizantini, si dichiara in Siracusa, Nuovo imperatore di Sicilia. Ovviamente tale mossa gli attirò contro le ire dell'Impero. Venne costretto a fuggire in Africa, qui scende a patti con l'emiro aghlabide di Qayrawān, Ziyadat Allah I, al quale chiede aiuti per cacciare i bizantini dalla Sicilia. Ma sarà infine tradito dagli arabi, i quali, avendo già in mente di conquistare la terra siciliana, non lo aiuteranno a rendere l'isola indipendenete, ma la conquisteranno portandola sotto l'influenza dell'Islam. Eufemio fu infine ucciso a Castrogiovanni (Enna).
Inizia così per Siracusa il periodo arabo.

Periodo arabo

La città fu una delle ultime a cadere, dopo un lungo e terribile assedio (l'Assedio di Siracusa (878)), voluto dal governatore Giafar Ibn Muhammed e narrato dal monaco siracusano Teodosio, il quale ci racconta di una popolazione ridotta alla fame (poiché ai siracusani erano state bloccate le vie commerciali di mare e di terra), mangiavano oramai l'erba e sopravvivevano di stenti. Questo assedio durò per quasi otto mesi, dopodiché l'eroica resistenza ebbe fine e Siracusa stremata cadde cedendo agli arabi. Fu la fine della prima Capitale di Sicilia, infatti gli arabi dopo averla conquistata e aver eliminato i suoi difensori, spostarono il centro politico a Palermo, città dalle origini e storia molti più fenici.

 
Il Castello Maniace
 
Mappa descrivente i conflitti navali bizantino-arabi dal VII secolo al ca. 1050. Confini degli stati corrispondono a quelli nell'VIII secolo (inizi).

Gli arabi divisero la Sicilia in tre grandi valli: Val di Mazara, Val Demone e Val di Noto; Siracusa divenne capitale della Val di Noto. Nonostante non fosse più d'importanza politica per l'araba Sicilia, la città di Siracusa restò comunque importante centro di commercio e di approdo, infatti il poeta siracusano dalle origini arabe, Ibn Hamdis, descrive il suo porto pieno di gente proveniente da più nazionalità, ed artisti e scrittori arabi ne decantano ancora la bellezza. Durante la dominazione araba verrà a Siracusa il generale bizantino Giorgio Maniace, che riconquisterà, nel 1040, parte della Sicilia Orientale; a Siracusa litigò con il fratello dell'imperatore bizantino, Stefano il Calafato, il quale accusò Maniace di voler sottrarre l'impero a Michele IV il Paflagone. Con tale accusa venne richiamato e incarcerato a Costantinopoli (in seguito sarà liberato, verrà nominato Imperatore dal suo stesso esercito e verrà infine ucciso da un traditore del suo esercito in Macedonia). Nel frattempo gli arabi riconquistarono Siracusa.
L'emiro Ibn ath-Thumna, (signore di Siracusa, Noto e Catania) nel 1061, per avere vittoria su una contesa interna con un altro emiro di Sicilia, chiama in suo aiuto i Conti di Altavilla, fu così che il conte normanno Ruggero, giunge in Sicilia. I normanni conquistata Palermo, e gran parte dell'isola, si diressero verso Siracusa; qui, il conte Ruggero, affrontò in una battaglia navale avvenuta nel Porto Grande della città, l'emiro Benavert, ultimo emiro di Sicilia, mandò i il figlio e la moglie a Noto, la quale sarà l'ultima roccaforte musulmana siciliana. Durante la battaglia siracusana Benavert morì affogando in acqua con la sua armatura, nel tentativo di saltare sulla nave normanna. Avvenne quindi la resa di Siracusa e di Noto. Durante le conquiste normanne i siciliani di orgine islamica vennero esiliati, tra questi dei versi del poeta Ibn Hamdis, fanno ben capire la nostalgia con la quale lasciarono la loro patria di nascita:

«0 stupore, i diavoli (gli infedeli) si sono insediati nelle ardenti costellazioni celesti e Siracusa è diventata loro una salda dimora, lì dove van visitando fra i rovi gli avelli»

Periodo normanno e svevo

Con i normanni Siracusa ritrova la religione cristiana; essendo ormai la nuova capitale Palermo, non si hanno molte notizie della città aretusea di quest'epoca. Si sa invece che Enrico VI del Sacro Romano Impero, figlio del famoso imperatore tedesco Federico I detto Barbarossa, per farsi accompagnare in Sicilia, dove doveva sposare la regina normanna Costanza d'Altavilla, si servì della Repubblica di Genova, alla quale promise in dono, in cambio del favore, la città di Siracusa. Ma i genovesi una volta giunti sul posto trovarono già i pisani insediati in Siracusa (non si hanno fonti sul perché Pisa si trovasse all'interno della città aretusea)[41], ma riuscirono a sonfiggerli prendendo così dominio della città che rimase in loro mani per 15 anni, dopodiché l'imperatore svevo-normanno Federico II, crescendo volle riportare la Sicilia tutta sotto il suo controllo, quindi obbligò i genovesi a lasciare Siracusa. Per opera di Federico II viene costruito in quest'epoca il Castello Maniace.

Periodo Spagnolo

Dopo la morte di Federico II, segue il breve regno di Manfredi, fino al 1266, quando con la sconfitta di quest'ultimo a Benevento, la città passa con il resto della Sicilia a Carlo d'Angiò. Nel 1282, nel contesto della rivolta dei Vespri Siciliani, i Siracusani cacciano gli Angioini dalla città e si erigono a libero comune eleggendo a propri governatori Luigi Callari e Calcerano Selvaggi. L'intervento di Pietro III d'Aragona pone l'inizio alla dominazione aragonese dell'isola. Sorgono svariati palazzi nobiliari con i nomi delle rispettabili famiglie: Abela, Chiaramonte, Nava, Montalto. La città riacquista un po' di lustro con l'istituzione, nel 1361, della Camera Reginale (una sorta di stato dentro lo stato) e la presenza della regina Costanza.

Caravaggio a Siracusa

 
Il seppellimento di Santa Lucia

Nel 1609 Caravaggio fugge da Malta e sbarca a Siracusa fu ospite del pittore siracusano Mario Minniti, suo amico di vecchia data. Durante la sua permanenza si interessò molto all'archeologia studiando i reperti ellenistici e romani della città, e dopo aver visitato assieme allo storico Vincenzo Mirabella dopo aver conosciuto la leggenda siracusana legata al tiranno Dionisio il grande coniò il nome di"Orecchio di Dionigi" per descrivere la Grotta delle Latomie sotto il Teatro Greco.
Durante questo soggiorno gli fu commissionato per la Chiesa di Santa Lucia una pala d'altare del Seppellimento di santa Lucia la cui ambientazione sembra proprio quella delle vicine latomie[42].

Tra spagnoli e Asburgo

Gli avvenimenti successivi determinano un continuo passaggio di poteri e dominazioni: gli spagnoli, gli Asburgo, poi nuovamente gli spagnoli. In questi anni sono da annoverare i lavori di fortificazione e la definizione di città "Piazza d'armi" dal 1678; questa condizione peserà soprattutto sulla popolazione, gravata da pesanti tasse e servitù militari, determinando un ulteriore spopolamento urbano

Siracusa barocca

Il terremoto del 1693

 
Piazza Duomo

Il disastroso terremoto del 1693 segnerà la storia urbana di tutta l'area del Val di Noto, poiché proprio in questa fascia comprendente oltre a Siracusa anche le città di Noto, Avola, Ragusa, Modica, fino a Catania, il sisma porta ovunque morte e distruzione. La città rasa al suolo, si inizia l'opera di ricostruzione prendendo l’assetto urbanistico ed estetico barocco. Vengono ricostruiti molti palazzi nobiliari, la facciata del Duomo e ridefinita la forma dell’antistante piazza; si assiste alla rinascita delle chiese.

Le altre dominazioni

Nel 1700, alla morte di Carlo II, si comincia una guerra di successione che porta un ulteriore passaggio di poteri dagli spagnoli, ai Savoia, agli Austriaci sino ai Borbone di Napoli, che affossano ulteriormente l’economia della città mantenendo una gestione feudale e antimoderna. Nel perdurare di questo stato di cose, nel 1837 la diffusione del colera e le dicerie sulla sua presunta diffusione provocano una rivolta antigovernativa, decretando una pesante punizione alla città: lo spostamento del capoluogo a Noto dal 1837 sino al 1865 (dopo l'Unità d'Italia). La perdita di questo privilegio acuisce le tensioni antiborboniche, determinando la partecipazione dei siracusani ai moti rivoluzionari del 1848.

Nel 1779 sbarca per due settimane Ippolito Pindemonte che visiterà la città assieme ad un giovane Tommaso Gargallo con cui suggellerà una duratura amicizia[43].

Nel 1780 il vescovo Alagona inaugura il Museo del Seminario divenuto, nel 1808, Museo Civico presso l'Arcivescovado, nucleo fondante di quello che sarà il museo archeologico della città.

Nel 1798, la squadra navale dell’ammiraglio Orazio Nelson sosta nel porto di Siracusa restando affascinato dalla fonte Aretusa[44], prima di affrontare Napoleone ad Abukir scrisse: "Grazie ai vostri sforzi noi ci siamo riforniti di viveri ed acqua, e sicuramente avendo attinto alla Fonte Aretusa, la vittoria non ci può mancare"[45].

Il 25 aprile 1806 Ferdinando I di Borbone visita la città e sosta presso i baroni del Palazzo Beneventano[46].

L'epidemia del 1837

 
La tomba di Platen a Siracusa; foto di Wilhelm von Gloeden, 1900.

Nel 1835 durante una visita a Siracusa, a causa di una febbre di colera muore all'interno di una locanda al numero 5 di via Amalfitania in Ortigia il poeta August von Platen-Hallermünde. Per celebrare il suo passaggio, diversi anni dopo l'Imperatore di Germania in visita pose una lapide commemorativa.

Nel luglio del 1837 scoppiò in città un'epidemia di colera. I magistrati e i funzionari cittadini abbandonarono nel panico la città che precipitò in uno stato di anarchia. La folla inferocita considerò l'epidemia come il risultato di un avvelenamento da parte di cittadini stranieri e scatenò una rivolta ed una vera e propria caccia all'untore. La rivolta culminò con l'arresto di Giuseppe Schwentzer, francese che si trovava in città per effettuare un'esibizione di cosmorama, la sua giovane moglie e molte altre persone innocenti. Schwentzer venne sottoposto ad un processo farsa in cui veniva accusato di aver sparso in città un potente veleno. Egli, nel disperato tentativo di non essere giustiziato, accusò di avvelenamento il cittadino tedesco Bainard, il quale però riusci a scampare alla morte, non trovandosi in quel momento a Siracusa. In seguito Schwentzer si assunse le sue responsabilità, pur essendo innocente, e fu condannato insieme ad altri capri espiatori per cospirazione contro la Stato. Il 18 agosto Schwentzer, sua moglie e altri innocenti per un totale di 14 persone furono prelevati dal carcere, condotti in Piazza Duomo e barbaramente assassinati dalla folla[47][48][49].

L'unità d'Italia

Siracusa a differenza di molte altre città italiane non ha mai ricevuto né una medaglia al valore, né un'onorificenza per i moti rivoluzionari che portarono all'Unità d'Italia. Eppure anche questa città ha lottato, si è ribellata, ha dato il suo contributo, ed anche se la sua storia in questo periodo è difficilmente reperibile, ciò non significa che non sia degna di nota.

Siracusa Risorgimentale

 
Stemma del Regno delle Due Sicilie

Gli ultimi anni Borbonici furono per Siracusa sofferenti; Nel 1837, come si è detto in precedenza, in città era scoppiata l'epidemia di colera, e dei rivoluzionari siracusani pensarono che accusando i sovrani Borbonici di avere avvelenato acqua e cibo e di avere quindi provocato la grave epidemia, il popolo si sarebbe ribellato alla monarchia e avrebbe cacciato i Borboni spingendo ulteriolmente verso l'unità d'Italia; ma invece così non avvenne. I siracusani allarmati dal manifesto accusatore (che era stato firmato proprio dal sindaco della città e redatto dal patriota Mario Adorno) invece di combattere contro i soldati borbonici andarono in giro per le vie cittadine a cercare i "responsabili" dell'epidemia tra la gente comune; questo allarmismo, misto alla non conoscenza e ignoranza dell'epoca (dal verbo ignorare = non conoscere) provocò la morte di molta gente innocente.
Inoltre questo manifesto accusatore non restò segreto al Re Ferdinando II di Borbone, il quale venuto a conoscenza che i moti rivoluzionari anti-borbonici erano giunti anche a Siracusa, la fece declassare e le tolse quindi il titolo di "Capovalle", assegnandolo a Noto, unica cittadina a non aver provocato moti anti-borbonici.
Era il 4 agosto 1837 quando il maresciallo di Campo Marchese Del Carretto, dichiarava Siracusa città scellerata per aver partecipato ai moti rivoluzionari per l'unità d'Italia[50].
Il 13 agosto dello stesso anno, l'alto commissario Del Carretto, fece arrestare e fucilare in piazza Duomo, a Siracusa, alcuni fra i più accesi cospiratori, fra cui Mario Adorno (l'autore del manifesto accusatore contro i Borbone, che venne stampato anche negli altri centri di Sicilia, in alcune regioni d'Italia e persino all'estero) e suo figlio Carmelo, Concetto Sgarlata, Santo Cappuccio, Gaetano Rodante.
Punita e declassata inizia per Siracusa un periodo molto difficile; le vennero date imposte da pagare, non venne ascoltata nei suoi reclami, veniva contraddetta nei Consigli. La sua Diocesi venne dimezzata; Noto diventò anche sede vescovile.
Inoltre, l'epidemia di colera continuò per diverso tempo, molte furono le famiglie siracusane che in questo periodo abbandonarono la città.
Alla già disastrata condizione sociale, si aggiunse anche l'onere economico di dover mantenere altri soldati borbonici, poiché il Re Ferdinando II, non fidandosi più dei siracusani, fece giungere in città rinforzi per evitare il ripetersi di ribellioni pro-unitarie. E il costo di questi soldati era a carico del comune già stremato.

 
Giuseppe Garibaldi

Durante il periodo del 1848, l'anno conosciuto come la Primavera dei Popoli, per via dei moti rivoluzionati scoppiati in tutta Europa e partiti proprio dalla Rivoluzione Siciliana, Siracusa chiese ed ottenne dal nuovo governo rivoluzionario con a capo Ruggero Settimo, di poter riacquistare il titolo di Capovalle.
Ma la ripresa durò poco, infatti le monarchie d'Europa si ribellarono e repressero con la violenza i tanti moti rivoluzionari che si erano accesi un po' ovunque. Siracusa venne costretta alla resa, il sacerdote e patriota siracusano, Emilio Bufardeci, firmò per ordine di Ruggero Settimo l'armistizio con il generlae Palma che decretava la caduta della piazzaforte siracusana[51].
Il 1º agosto 1860 i garibaldini arrivarono a Siracusa decretando il passaggio della città sotto il controllo di Garibaldi. Il 21 ottobre 1860 avvenne la votazione per annettere la Sicilia al nuovo stato unitario. Con la nascita dell'Italia, Siracusa ebbe nuovamente il titolo di "città capoluogo".
Da sottolineare inoltre, la lettera di Leopoldo Conte di Siracusa, fratello del Re Ferdinando II di Borbone e zio dell'ultimo Re delle Due Sicilie, Francesco II di Borbone; Scrisse al regnante suo nipote, da Siracusa a Napoli, gli fece recapitare una missiva dal contenuto pro-unitario, questa lettera, che venne distribuita alle cancellerie d'Europa, e quindi ai giornali, si dice che ebbe un ruolo destabilizzante verso il già traballante ultimo Regno delle Due Sicilie. Estratto della lettera:

"Sire, salvate, che ancora ne siete in tempo, salvate la Nostra Casa dalle maledizioni di tutta l'Italia! Seguite il nobile esempio della Regale Congiunta di Parma, che allo irrompere della guerra civile sciolse i sudditi dalla obbedienza, e li fece arbitri dei propri destini. L'Europa e i vostri popoli vi terranno conto del sublime sagrifizio; e Voi potrete, o Sire, levare confidente la fronte a Dio, che premierà l'atto magnanimo della M.V." ...

E la lettera proseguiva poi tutta sullo stesso tono di rimprovero verso i Borbone e di unità verso gli altri Stati D'Italia.
Questa missiva si dice ebbe grande risalto in Piemonte, Inghilterra e Francia.
Ricevette numerosi complimenti da parte degli unitari per quel suo scritto, e venne insignito dal Re Vittorio Emanuele del titolo di "Luogotenenza in Toscana"[52].
Dal lato dei pro-borbonici invece la figura del Conte Leopoldo di Siracusa è vista, tutt'oggi, come quella di un traditore della causa borbonica[53].

Siracusa post-unitaria

 
La fonte Aretusa nel 1822
 
Veduta storica del porto di Siracusa
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Il re d'Italia, Vittorio Emanuele III, in visita nel siracusano, si reca a Pantalica

Solo con l'Unità d'Italia Siracusa riacquista il proprio ruolo di capoluogo, nel 1865. Ciò favorisce una progressiva spinta urbanistica con drastici interventi di modificazione del suo assetto. Dal 1870 vengono abbattute le mura che la cingono interamente e viene costruito il ponte che collega l'isola alla terraferma; l'anno successivo inizia la costruzione della ferrovia, con la stazione centrale situata a est della città e con una stazione marittima inaugurata solo nel 1892, che permette il facile scambio dei passeggeri con le linee di navigazione, allora importanti, del porto di Siracusa.

Inizialmente si avverte una positiva crescita dei collegamenti della città con l'entroterra e con il nord. La scelta del tracciato, ai margini del tessuto urbano, si rivelerà negativa a partire dagli anni '60 del Novecento, quando l'espansione verso nord della città sarà condizionata drasticamente dalla cosiddetta "cintura di ferro". Nasce nel 1872 l'attuale piazza Archimede, a seguito di un intervento di sventramento, cui seguiranno altri, come quello del quartiere storico di Ortigia, la Sperduta e il taglio della via del Littorio, oggi Corso Matteotti, in epoca fascista. Vengono inoltre abbattute le mura che cingevano l'intera isola di Ortigia, facendo riappropriare l'isola della vista sul mare. Questo smantellamento segnerà anche la scomparsa della principale porta di accesso all'isola, la porta di Ligny, di cui oggi restano solo foto storiche e alcuni reperti, come lo stemma, presso il museo Bellomo.

Grazie al Decreto Regio del 17 giugno 1878 viene sancita la nascita del Museo Archeologico Nazionale di Siracusa, inaugurato nel 1886 presso la sede storica di piazza Duomo.

Il 17 settembre 1910 giunge in città Sigmund Freud il quale soggiornerà presso l’ Hotel des Étrangers accanto alla Fonte Aretusa. Durante i quattro giorni di permanenza il suo lavoro psicoanalitico non si fermerà, tanto da citare ne L' Interpretazione dei sogni una statua di Archimede ad opera di Ignazio Villa posta presso la Marina accanto alla Fonte Aretusa (oggi non più presente)[54].

Il 19 luglio 1915 viene inaugurato il primo tratto della ferrovia Siracusa-Vizzini sino a Solarino. Il 26 luglio 1923 la linea venne completamente attivata, divenendo al centro di uno spostamento di merci nella Provincia di Siracusa[55].

Epoca fascista

  Lo stesso argomento in dettaglio: Operazione Husky, Operazione Ladbroke e Armistizio di Cassibile.
 
Mussolini dopo un discorso a Siracusa, 13 agosto 1937

Negli anni del fascismo Siracusa conobbe un rinnovamento urbanistico, l'abbattimento di diversi edifici in Ortigia e la creazione della già citata via del Littorio. Inoltre grazie ai rinvenimenti di Paolo Orsi furono eseguiti gli scavi presso l'attuale Tempio di Apollo.

Il 13 agosto 1924 Benito Mussolini giunge a Siracusa a seguito di un tour propagandistico nell'isola, tenendo un comizio a Piazza Duomo.

Nel 1933 il Re Vittorio Emanuele III si recò in visita a Siracusa facendo uso del trenino che da Siracusa conduceva a Vizzini attraversando la Necropoli di Pantalica.

Durante la Seconda guerra mondiale la città subì diversi bombardamenti, ne sono testimonianza i diversi rifugi antiaerei recentemente aperti al pubblico.

 
Le tombe dei soldati inglesi del Syracuse War Cemetery

Nello stesso periodo al largo di Capo Murro di Porco il sommergibile FR 111 al ritorno di una missione, di trasporto da Lampedusa[56] venne avvistato e attaccato da tre cacciabombardieri Alleati alle 14.45 del 28 febbraio 1943, mentre stava rientrando alla base di Augusta; il battello mitragliato e colpito da bombe, gravemente danneggiato s'inabissò in breve tempo[57][58]. Nell'affondamento persero la vita il comandante Celeste con altri quattro ufficiali e 18 fra sottufficiali e marinai[59]

La città fu liberata dal regime fascista il 10 luglio del 1943 con l'Operazione Ladbroke condotta dalle armate anglo-americane sbarcate nelle spiagge del territorio siracusano con l'utilizzo di alianti. L'operazione comportò parecchie perdite per gli alleati che nel 1953 fecero costruire il cimitero Syracuse War Cemetery dove riposano le spoglie dei soldati caduti per liberare la città. Il 3 settembre presso le campagne di Cassibile fu firmato l'Armistizio con cui l'Italia cessava le ostilità contro le forze alleate e proseguiva la guerra contro la Germania.

Siracusa odierna

File:Siracusa, neapolis, santuario della madonnina delle lacrime 06.JPG
Il santuario della madonnina delle lacrime

Nel dopoguerra il rapido processo di industrializzazione nell'area a nord della città, dalla periferia di Augusta alla zona di Targia, con l'apertura di stabilimenti chimici e grosse raffinerie di petrolio, induce un inatteso ma squilibrato sviluppo economico[60]. La città aumenta la sua popolazione per immigrazione interna, espandendosi però in maniera disordinata a causa delle molteplici speculazioni edilizie.

Dal 29 agosto al 1º settembre 1953 il un'abitazione nel quartiere borgata avviene la lacrimazione di un quadretto della Madonna[61]. L'episodio si ripeterà più volte, attirando l'attenzione di giornalisti e fedeli. Per l'occasione il quadro verrà esposto in maniera temporanea in piazza Euripide, per poi venire spostato nel futuro Santuario della Madonna delle Lacrime progettato nel 1957 i cui lavori inizieranno nel 1966 per terminare nel 1994 attraverso l'inaugurazione del tempio avvenuta il 6 novembre 1994 alla presenza di Giovanni Paolo II[62].

Nel 1955 la città accolse Winston Churchill per una visita ufficiale.

Negli anni sessanta e settanta, la città, anche grazie all'impegno dell'ex arbitro Concetto Lo Bello in giunta comunale, si dota di impianti sportivi all'avanguardia: il Campo scuola "Pippo Di Natale" e la Cittadella dello Sport, oggi a lui dedicata. Lo Bello pose inoltre le basi per il costruendo Palasport, e per la Palestra polivalente "Akradina", il cui completamento è avvenuto solo di recente.

Nel 1979 la frazione di Priolo Gargallo si è distaccata divenendo comune a se stante[63].

Con decreto dell'assessorato "Territorio Ambiente" della Regione Siciliana nel 1984 viene istituita la Riserva naturale Fiume Ciane e Saline di Siracusa, orientata alla salvaguardia del papiro lungo il corso del fiume Ciane ed alla conservazione dell'ambiente delle "Saline".

Nel 1985 la città si mobilita per la visita di Carlo e Lady Diana[64].

Nel 1988 è stata inaugurata la nuova struttura del Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi presso la Villa Landolina. L'atteso ampliamento del secondo piano (con le sale dedicate ai reperti di epoca romana e bizantina) è stato inaugurato nel 2006.

Negli anni novanta fu prevista la costruzione di un porto turistico previsto nell'area antistante l'attuale parcheggio Talete in Ortigia: fu poi costruito solo un molo in violazione alle norme d'impatto ambientale. Nella stessa zona non decollerà mai neanche il progetto di un tunnel sottomarino che potesse collegare Ortigia alla terraferma.
Nella notte del 13 dicembre 1990 la città fu colpita da un violento terremoto che rese inagibili molte abitazioni e costrinse alla chiusura di parecchi monumenti e chiese della città. Il successivo stanziamento di fondi post-sisma ha permesso negli ultimi anni il recupero e la fruizione di molti immobili danneggiati.

L'aumentata sensibilità sul rischio sismico in città, determina alcune misure di prevenzione tra cui il restauro e il consolidamento statico del ponte umbertino. Per ovviare alle restrizioni di traffico viene montato un ponte Bailey dal genio militare per tutta la durata dei lavori. Tuttavia il passaggio (non autorizzato) di un camion determina il crollo del ponte e la morte del conducente[65].

Anni 2000

Dopo decenni di abbandono e il progressivo degrado del centro storico di Ortigia, è cominciata di recente un'opera di recupero e restauro dell'isola. Di fondamentale importanza il progetto Urban di riqualificazione urbana con cui è stato parzialmente rilanciato il commercio e la vivibilità urbana dell'isola[66]. Inoltre il progressivo smantellamento della vecchia cinta ferroviaria e il tentativo di rilancio e riconversione dell'economia siracusana, dall'industria chimica a quella turistica ha modifica gli assetti economici della città.

 
Il terzo ponte di Ortigia

Nel 2004 viene costruito il terzo ponte in Ortigia[67], detto di Santa Lucia, il quale modificherà il traffico in ingresso nell'isola.

Nel 2005 assieme al sito di Pantalica, Siracusa diviene ufficialmente patrimonio UNESCO. La cerimonia verrà eseguita alla presenza del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi[68]. Nello stesso anno viene istituita l'Area naturale marina protetta del Plemmirio.

Nel 2008 viene aperta la pista ciclabile in sostituzione dell'antico tratto ferroviario da piazza Cappuccini alla Targia. Due anni dopo verrà aperta la strada che collega piazza Cappuccini allo sbarcadero. In questo modo si completa la dismissione della "cintura di ferro" riqualificando (con zone a verde nella restante parte dell'ex tracciato) l'antica lacerazione tra le due parti della città.

Dal 22 al 24 aprile 2009 Siracusa ha ospitato il G8 ambientale presso il Castello Maniace, per l'occasione interamente ristrutturato assieme a molte parti della città[69].

Note

  1. ^ Aforismi su Siracusa, su it.wikiquote.org. URL consultato l'8 set 2012.
  2. ^ La preistoria, su siracusaweb.com.
  3. ^ Preistoria - L'isolotto di Ognina, su virgiliosiracusa.myblog.it. URL consultato il 03/08/2009.
  4. ^ Storia della Sicilia pre-ellenica - Sicily Web, su sicilyweb.com.
  5. ^ Il Fatto Quotidiano - Elefanti, isole e Ciclopi, su ilfattoquotidiano.it. URL consultato l'11 gennaio 2012.
  6. ^ archeosiracusa - Il mito di Eracle: l’uomo, l’eroe, il divino, su archeosiracusa.wordpress.com. URL consultato il 4 ottobre 2009.
  7. ^ Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità della Sicilia di Santi Correnti ed. Newton ISBN 88-8289-117-8
  8. ^ Della geografia di Strabone libri XVII, Volume 3 pag. 126.
  9. ^ Fondazione di Siracusa, su sicilianet.com.
  10. ^ Erodoto, Libro VII 154
  11. ^ Virtual Sicily.it - Il Foro Siracusano, su virtualsicily.it.
  12. ^ a b c GELONE: Dalla fondazione (734 a. C.) alla presa di potere di Gelone (485 a. C.), autore Elio Tocco, su casaoggi.it.
  13. ^ Cronologia delle Guerre Persiane, su maat.it.
  14. ^ PERICLE - L'ETA' D'ORO DELLA GRECIA - storiologia, su storiologia.it.
  15. ^ Siracusani famosi - Giulio Emanuele Rizzo, su galleriaroma.it.
  16. ^ Una moneta propagandistica, su academia.edu. URL consultato il 21 maggio 2013.
  17. ^ Le stupende monete di Siracusa - di Maurizio Vento, su arkeomania.com.
  18. ^ La monetazione di Siracusa - Monete che passione, su ilvaloredellemonete.altervista.org.
  19. ^ Diodoro Siculo, Biblioteca Storica XI 48
  20. ^ http://www.laprovinciakr.it/Viaggiando/Crotone/Crotone-Storia.htm
  21. ^ {{cita web|url=http://archiviostorico.corriere.it/2003/gennaio/10/elmo_della_vittoria_tornera_Italia_co_0_030110274.shtml%7Ctitolo=[[Corriere della Sera=L' elmo della vittoria tornerà in Italia|accesso=10 gennaio 2003}}
  22. ^ [[La Sicilia]] - Sfida tra musei siciliani per un elmo (PDF), su mondogreco.net. Wikilink compreso nell'URL del titolo (aiuto)
  23. ^ L'elmo di Ierone ritorna Siracusa - Hermes-Blog, archeologia e turismo in Sicilia, su hermes-sicily.blogspot.it. URL consultato il 15 ottobre 2012.
  24. ^ storia di Cuma, su spazioinwind.libero.it.
  25. ^ storia di Pithekoussai, su spazioinwind.libero.it.
  26. ^ Ierone I e la fine della Prima Tirannide, su siracusain.it.
  27. ^ La Sicilia - Quando Gerone, tiranno di Siracusa, sconfisse a Cuma gli Etruschi, su mondogreco.net. URL consultato il 12 Gennaio 2003.
  28. ^ Lo stile severo in Grecia e in Occidente, di Nicola Bonacasa e Antonella Mandruzzato da Google Books, p.12
  29. ^ Associazione culturale Liber Liber - Siculi di Francesco Carubia, 2013 (PDF), su liberliber.it.
  30. ^ Ducezio fra Akragas e Siracusa - SiciliAntica (PDF), su siciliantica.it.
  31. ^ Storia. Ducezio. Eroe dei Siculi ( 465-440 aC). - Il Veltro, su ilveltro.blogspot.it.
  32. ^ Tucidide VI, 103, 4
  33. ^ Secondo lo storico Brian H. Warmington, i fattori decisivi nella scelta di Cartagine di invadere la Sicilia per sottometterla interamente furono il senso di sicurezza prodotto dalle vittorie di Annibale del 409. a.C. e la convinzione che Siracusa fosse troppo indebolita dalle discordie interne fra i partigiani di Ermocrate e Diocle per opporre una forte resistenza all'esercito cartaginese.
  34. ^ 120.000 uomini per Timeo, 300.000 per Eforo, secondo il resoconto di Diodoro Siculo. Sicuramente era superiore ai 35.000 soldati che gli opposero i sicelioti. La flotta era composta da 120 triremi.
  35. ^ Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, XIII, 79-114
  36. ^ Lorenzo Braccesi, Grecità Adriatica
  37. ^ (Pseudo)Scilace, Periplo
  38. ^ Territori siracusani con Ierone II
  39. ^ Itinerario paleo-cristiano
  40. ^ Chiesa Cattolica Italiana
  41. ^ Siracusa Federiciana
  42. ^ Caravaggio clandestino a Siracusa da Corriere.it
  43. ^ Della vita e delle opere d'Ippolito Pindemonte Di Bennassù Montanari
  44. ^ http://www.diapasonsiracusa.it/zibaldone_porto_siracusa.html
  45. ^ Guido Margaret, Siracusa: guida storico pratica ai suoi principali monumenti ed ai luoghi d'interesse, Marchese, 1960
  46. ^ Palazzo_Beneventano
  47. ^ Siracusa sotto la mala signoria degli ultimi Borboni
  48. ^ Gli ultimi Borboni di Napoli (1825-1861)
  49. ^ Cammino, pag.7
  50. ^ Siracusa punita e declassata, moti rivoluzionari del 1837
  51. ^ Siracusa e il periodo dei Borbone
  52. ^ Francesco II di Borbone:l'ultimo re di Napoli
  53. ^ La lettera del conte di Siracusa, Leopoldo di Borbone
  54. ^ http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/09/16/freud-in-sicilia.html
  55. ^ AVOLIO G.: La ferrovia Siracusa - Vizzini - considerazioni tecniche ed economiche. Napoli, 1902.
  56. ^ FR 111
  57. ^ Giorgio Giorgerini, Uomini sul fondo. Storia del sommergibilismo italiano dalle origini ad oggi, p. 359
  58. ^ FR. 111
  59. ^ Sommergibilisti immolatisi con il proprio battello
  60. ^ Lo sviluppo della zona industriale di Siracusa – Sincat liquilchimica Montedison Anic Isab –Incendio Icam - La distruzione di Marina di Melilli
  61. ^ Santuario Madonna delle Lacrime
  62. ^ Santuario Madonna delle Lacrime
  63. ^ Comune di Priolo Gargallo sito ufficiale
  64. ^ Articolo di La Repubblica
  65. ^ Il ponte prima del ponte
  66. ^ Sito della Corte dei conti
  67. ^ Girodivite
  68. ^ La visita del Presidente
  69. ^ Home - G8Ambiente.it

Bibliografia

  • Serafino Privitera, Storia di Siracusa, edizioni EDIPRINT. ISBN 88-7231-049-0
  • Enrico Mauceri, Siracusa antica, Brancato editore

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