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Meleagro
Meleagro e il cinghiale
Copia romana in marmo di un originale greco del IV secolo a.C.
conservata al Museo Pio-Clementino
SagaArgonautiche
Nome orig.Μελέαγρος
Caratteristiche immaginarie
SessoMaschio
Luogo di nascitaCalidone
ProfessionePrincipe di Calidone ed Argonauta

Meleagro (in greco antico: Μελέαγρος?, Meléagros) è un personaggio della mitologia greca. Fu un principe di Calidone, Argonauta[1] e partecipò alla caccia al cinghiale calidonio[2] e alla guerra di Troia ?????

«E irata allor, la Diva fanciulla che vaga è di frecce,

contro gli spinse un cinghiale di candide zanne, selvaggio, che devastava, con dànno perenne, le terre d’Enèo, l’uno su l’altro a terra svelleva molti alberi grandi, con le radici via sbarbate, col fiore dei pomi. Morte gli diede infine il figlio d’Enèo, Meleagro, che cacciatori e segugi da molte città quivi addusse; ché non bastò la forza di pochi mortali, a domarlo, tanto era grande; e molti mandò su la pira fatale[3]

Genealogia

Figlio di Oineo[4][5] o di Ares[4] e di Altea[4], sposò Cleopatra Alcione[5] e fu padre di Polidora[5].

Con Atalanta fu padre di Partenopeo[6].

francesi da wow wow wow

moire cinghiale ecc

Ci sono due versioni del suo mito. Nel primo, che è simile a un racconto popolare, la vita di Meleagro è legata a un fuoco che, gettato nel fuoco, provoca la morte dell'eroe. Nella seconda, riportata da Omero, Meleager è un doppio di Achille durante la guerra di Troia: l'eroe arrabbiato si ritira dal combattimento durante la guerra tra gli Etoli ei Cureti, e prende le armi solo quando la sua città è in fiamme.

Nella prima versione del mito[7], le Moire compaiono poco dopo la nascita di Meleagro, annunciando che la vita dell'eroe è legata a uno dei fuochi d'artificio della casa: quando sarà completamente consumato, Meleagro morirà. Altheus rimuove il tronco dal fuoco e lo nasconde per preservare la vita di suo figlio[4](ovidMet8.451)

Quando Meleagro raggiunge l'età adulta, partecipa alla caccia del mostruoso cinghiale Calydon che devasta le terre di Eva, uccidendo uomini e animali sul suo cammino. Il mostro fu inviato da Artemide per punire Eva per averla lasciata sull'offerta dei primi frutti del raccolto[4]. Per abbattere l'animale, Oineo ha fatto appello a molti eroi come Jason, Idas e Lyncée, Nestore, Teseo, Pirithoos o Dioscuri. Tra i partecipanti c'è Atalante, che ama Meleagro. Dà la prima ferita al cinghiale, dopo di che Meleagro uccide l'animale con il suo giavellotto. Al momento della condivisione dei resti, Meleagro dà alla ragazza, come ricompensa, la testa e la pelle dell'animale. Furioso che l'onore vada a una donna, i due fratelli di Althée strappano il suo prezzo. Meleagro, a sua volta, si arrabbia e li uccide.

Althea comincia a rallegrarsi della morte del cinghiale, ma quando apprende quella dei suoi fratelli, mette i suoi sentimenti di sorella davanti a quelli di sua madre e, gettando il fatidico ceppo nel fuoco, mette a morte suo figlio.

Méléagre et la guerre des Étoliens et des Curètes

Homer riporta una versione diversa. Nel canto IX dell'Iliade, Phenix, guardiano di Achille, viene a chiedere al suo ex rione di riprendere le armi. Per convincerlo, gli dice il mito di Meleagro.

L'inizio della storia è lo stesso: Artemis, furioso per essere stato dimenticato da Enea nei suoi sacrifici, manda il cinghiale a devastare il frutteto di quest'ultimo. Ancora una volta, Meleagro riunisce i cacciatori e finisce per uccidere l'animale. Artemide provoca poi una guerra tra gli etoli di Calydon e dei Cureti, provenienti dalla vicina città di Pleuron, da dove il titolo della tragedia di Frinico, la guerra che è il palo dei resti del cinghiale. Finché Meleagro è sul campo di battaglia, i Cureti vengono tenuti sotto controllo.

Durante il combattimento, Meleagro uccide uno o più dei suoi zii materni, che apparentemente combattono a fianco dei Cureti come figli di Thestios. Nel dolore dell'omicidio dei suoi fratelli, Altheus giura a morte suo figlio, prendendo Ade e Persefone come testimoni; dal fondo di Erebus, una Erinye sente la sua chiamata. Oltraggiato, Meleagro si ritira dal combattimento. Mentre i Cureti assalgono le mura di Calydon, gli anziani del popolo implora Meleagro di prendere le armi promettendo molte ricompense. Le sorelle dell'eroina, sua madre e le sue amiche lo implorano invano. Dobbiamo aspettare che Calydon sia in fiamme e che la moglie di Meleagro, Cleopatra, gli ricordi il destino delle città prese, per riprendere il combattimento. Perché è stato alle preghiere di quest'ultimo che ha ceduto e, sebbene abbia salvato la città, non ottiene i premi promessi.

La storia di Phoenix si ferma qui: non menziona né l'Atalanta né la morte di Meleagro. Pausania ritiene ovvio che gli Erinni abbiano esaudito il desiderio di Altheus e ucciso Meleagro, ma sembra più logico che Altea ritiri la sua maledizione quando incita suo figlio a difendere l'attacco Calydon. Inoltre, l'obiettivo di Phoenix è di incitare Achille a prendere le armi presentandolo con esempi di eroi che, presi con rabbia, si lasciano toccare dai regali e dalle parole. La narrazione è letteralmente un paradigma, cioè un esempio detto per esortare. La morale della storia è semplice:

 "Che disgrazia sarebbe volare in aiuto alle navate

Quando già il fuoco li accende! Accetta i nostri regali E vieni: vedrai le Argive che ti onorano come un dio. Altrimenti sarai in grado di tornare un giorno nella mischia, Non vincerai nulla a parte la guerra. "

Il catalogo delle donne sembra essere correlato alla versione omerica. Solo la fine della storia è sopravvissuta; sembra che Meleagro combatta sotto le mura di Pleuron quando viene ucciso da Apollo. Pausanias sottolinea citando il Catalogo e l'epica Minia perduta che il dio è l'alleato dei Cureti. Non viene fatto alcun riferimento alla caccia al cinghiale di Calydon.

Mitologia

La predizione delle Moire

Quando furono passati sette giorni dalla sua nascita, le Moire si presentarono ad Altea e fecero ognuna una predizione[4]: Cloto disse che il bambino avrebbe manifestato un'indole nobile, Lachesi che si sarebbe coperto della gloria riservata agli eroi ed infine Atropo avvisò che sarebbe vissuto fino a quando il ciocco di legno che stava bruciando nel focolare si fosse consumato[7] e così, per salvaguardare la vita del figlio, sua madre prese il ciocco dal fuoco e lo depositò in una cassa[8].

La spedizione degli Argonauti

Si trova solo che vi ha partecipato di artace non c e nulla. Mi se che è nell iliade...

Il giovane Meleagro si imbarcò con gli Argonauti[1] e fu lui che, in seguito a un equivoco, uccise l'eroe Artace, considerato il più grande guerriero del suo tempo: costui era uno dei Dolioni che insieme al loro giovane re Cizico avevano in precedenza ospitato Giasone e compagni, i quali, in una notte senza luna, erano stati ributtati da una tempesta sulle coste di Arto, la penisola asiatica su cui il sovrano esercitava il proprio potere. Argonauti e Dolioni combatterono gli uni contro gli altri senza riconoscersi (credendo i primi di essere stati attaccati da una popolazione di giganti, mentre i secondi avevano scambiato gli Argonauti per pirati), e tra le vittime di Meleagro vi fu appunto Artace, insieme al meno noto Itimoneo, mentre Cizico venne trafitto da Giasone. All'alba gli Argonauti presero tragicamente coscienza di quanto accaduto, e seppellirono le loro vittime con grandi onori e pianti.

Il cinghiale calidonio

Dopo un abbondante raccolto suo padre Oineo aveva offerto un sacrificio a tutte le divinità dimenticandosi però di onorare Artemide che, indignata, per ritorsione inviò nelle terre di Calidone un cinghiale di enormi proporzioni che devastava i campi ed uccideva chiunque uscisse dalle città fortificate[2][9][10].
Quel cinghiale prese il nome di cinghiale calidonio.

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Meleagro dapprima chiese a Teseo di uccidere la belva[10] ed in seguito si offri al padre di riunire un gran numero di eroi da tutta la Grecia[2], molti dei quali avevano partecipato con lui alla spedizione degli Argonauti ed una volta riunito il gruppo ci furono dei festeggiamenti presso Oineo che durarono nove giorni mentre al decimo diedero inizio alla caccia al cinghiale[4].
Tra i partecipanti si presentò anche Atalanta, una donna cacciatrice che colpì Meleagro per la sua bellezza[10] e con cui egli desiderò avere un figlio nonostante fosse già sposato con Cleopatra[4].

L'amore e la morte

 
Meleagro ed Atalanta di Giulio Romano

Meleagro scuoiò l'animale e ne offrì la pelle ad Atalanta, perché tra tutti i cacciatori era stata la prima a ferirlo ma Plessippo e Tosseo[10] (fratelli di Altea e quindi gli zii di Meleagro e che già in precedenza si erano opposti all'idea di maneggiare le armi insieme ad una donna), protestarono proponendo criteri diversi per l'assegnazione del trofeo e, ribadendo ciò che aveva promesso Oineo all'inizio della spedizione, pretesero che la pelle e le zanne del cinghiale fossero assegnate al suo uccisore e che, qualora Meleagro decidesse di rinunciarvi doveva farlo in loro favore.
Meleagro, a cui l'amore per Atalanta ne accentuò l'ira per essere stato contraddetto, rifiutò sdegnato l'offerta ed a questo punto gli zii non esitarono sottrarre ad Atalanta il dono che aveva ricevuto e così, lui, irritato, uccise entrambi i suoi zii in un momento di furore[11].

Ebbe per questo la maledizione della madre Altea ed inoltre si scatenò una guerra con i parenti di Plesippo, cosicché sua moglie Cleopatra si rifugiò presso di lui facendogli presente quale sarebbe stata la sorte degli assediati se i nemici avessero lo avessero sconfitto.
Meleagro rivestì l'armatura e si recò a combattere per difendere il regno ma poiché nelle battaglie uccise altri suoi zii, Apollo (che proteggeva gli assalitori) si mise contro di lui ed avvenne che le Moire si recarono dalla sua madre per invitarla a ributtare nel fuoco il ciocco di legno custodito per anni.
Cosa che Altea fece[11].

Meleagro morì sentendosi bruciare dentro le viscere in pieno combattimento ed il dolore che lo afflisse permise agli avversari di trafiggerlo[11].

Collana di Armonia

La Collana di Armonia era un oggetto leggendario della mitologia greca. Secondo la leggenda portò grandi disgrazie a tutti i suoi proprietari od indossatrici, che principalmente erano regine e principesse delle dinastie tebane.

Origine dell'oggetto

Efesto, il fabbro degli dei dell'Olimpo, scoprì Afrodite durante un rapporto sessuale con Ares ed infuriatosi giurò di vendicarsi per l'infedeltà della moglie maledicendo ogni lignaggio di figli risultante dall'affare.
Afrodite partorì Armonia che una volta cresciuta fu promessa in sposa a Cadmo re di Tebe ed Efesto donò a Cadmo un peplo ed una collana da lui forgiata (e maledetta) come regalo di nozze e quella maledizione avrebbe afflitto chiunque l'avesse indossata[12].

Aspetto e proprietà

Anche se non esiste una descrizione concreta della collana, questa è in genere descritta nella forma di due serpenti e con le bocche aperte per fare il fermaglio, e realizzata in oro splendidamente lavorato ed intarsiato con vari gioielli.

La collana magica, indicata semplicemente come Collana di Armonia, permetteva a qualsiasi donna la indossasse di rimanere sempre giovane e bella, divenendo così nei miti greci un oggetto molto ambito tra le donne della casa reale di Tebe.

Proprietari e maledizioni

Armonia e Cadmo furono entrambi trasformati in serpenti (o draghi in alcune versioni del mito) ma la realtà sulla loro fine è discutibile perché si dice che entranbi siano ascesi al paradiso dei Campi Elisi dopo la loro trasformazione.

Semele

La collana passò poi a loro figlia Semele che la indossò il giorno stesso in cui Hera le fece visita e per effetto della maledizione, Semele insinuò che suo marito non fosse Zeus per poi chiedere che il dio dimostrasse la sua identità esibendosi in tutta la sua gloria come il signore del cielo.
Semele fu distrutta per il suo gesto[12].

Giocasta ed Edipo

Diverse generazioni dopo, la regina Giocasta indossò la collana ed ottenne di conservare la sua giovinezza e bellezza e così, dopo la morte del marito Laio, finì per sposare inconsapevolmente il proprio figlio Edipo.
Quando la verità fu scoperta, lei si suicidò, Edipo si strappò gli occhi[13] ed i discendenti e le relazioni di Edipo soffrirono varie tragedie personali che furono descritte nelle "Tre opere tebane" Edipo re, Edipo a Colono ed Antigone di Sofocle.

Polinice ed Erifile

 
Polinice da la collana ad Erifile. Oinochoe a figure rosse, ca. 450–440 a.C.

Polinice quindi ereditò la collana e la diede ad Erifile come mezzo di persuasione nei confronti del marito Anfiarao restio ad intraprendere la spedizione contro Tebe[14]. Ciò portò alla morte di Erifile, Alcmeone, Fegeo e dei figli di quest'ultimo.
Attraverso Alcmeone, figlio di Erifile, la collana passò nelle mani della figlia di Fegeo Arsinoe (chiamata anche Alfesibea) e poi ai figli Pronoo ed Agenore ed infine ai figli di Alcmeone, Acarnano ed Anfotero che, per prevenire ulteriori disastri tra gli uomini, consegnarono la collana al Tempio di Atena Pronaia di Delfi[15].

Il tiranno Phayllus

Il tiranno Phayllus, uno dei capi della Focide nella terza guerra sacra (356 a.C. - 346 a.C.), rubò la collana dal tempio e la offrì alla sua amante che, dopo averla indossata per un po, suo figlio fu preso dalla follia e diede fuoco alla casa dove morì tra le fiamme insieme a tutti i suoi tesori mondani.

Voci correlate

Note

  1. ^ a b (EN) Apollonio Rodio, Argonautiche, I, 190, su theoi.com. URL consultato il 10 luglio 2019.
  2. ^ a b c Igino, Fabulae 172
  3. ^ Omero, Iliade, IX, 529 e seguenti, su it.m.wikisource.org. URL consultato il 10 luglio 2019.
  4. ^ a b c d e f g h (EN) Apollodoro, Biblioteca, I, 8.2 e 3, su theoi.com. URL consultato il 10 luglio 2019.
  5. ^ a b c (EN) Pausania il Periegeta, Periegesi della Grecia, IV, 2.7, su theoi.com. URL consultato il 10 luglio 2019.
  6. ^ Igino, Fabulae 70
  7. ^ a b (EN) Pausania il Periegeta, Periegesi della Grecia, X, 31.3 e 4, su theoi.com. URL consultato il 10 luglio 2019.
  8. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore apol1.8.1
  9. ^ (EN) Diodoro Siculo, Biblioteca Historica, IV, 34.2e3, su penelope.uchicago.edu. URL consultato il 10 luglio 2019.
  10. ^ a b c d (EN) Ovidio, Metamorfosi, VIII, 262 e seguenti, su theoi.com. URL consultato il 10 luglio 2019.
  11. ^ a b c Omero, Iliade, IX, 529 e seguenti, su it.m.wikisource.org. URL consultato il 10 luglio 2019.
  12. ^ a b (EN) Apollodoro, Biblioteca, III, 4.2 e 3, su theoi.com. URL consultato il 2 luglio 2019.
  13. ^ (EN) Apollodoro, Biblioteca, III, 5.7 e 9, su theoi.com. URL consultato il 2 luglio 2019.
  14. ^ (EN) Apollodoro, Biblioteca, III, 6.2, su theoi.com. URL consultato il 2 luglio 2019.
  15. ^ (EN) Apollodoro, Biblioteca, III, 7.5, su theoi.com. URL consultato il 2 luglio 2019.
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