Antonio Picolomini d'Aragona

Antonio Picolomini d'Aragona (Sarteano, 1437Napoli, 1493) è stato un militare italiano.

Stemma Piccolomini d'Aragona

Biografia

  • Antonio (Sarteano 1437 - Napoli 1493). Dopo i primi anni dedicati agli studi a Sarteano, si rivolse al mestiere delle armi, come molti altri componenti della sua famiglia.
     
    Antonio P. d'Aragona
    Sotto la guida dello zio Pio II, curò gli interessi della chiesa, nella ancora fragile monarchia aragonese di Ferdinando I (Ferrante) d'Aragona.
     
    Affresco murale dello stemma Piccolomini d'Aragona
     
    La città medievale di Amalfi nel XVII secolo. Sullo sfondo la torre di avvistamento Piccolomini d'Aragona
    Quest'ultimo, figlio naturale del defunto Alfonso V, fu favorito dal papa, che sancì il suo diritto successorio nella monarchia partenopea, ai danni del pretendente angioino Giovanni di Lorena. In questa situazione di instabilità politica e nella necessità di consolidare l'alleanza con il papato, fu deciso il matrimonio tra Antonio e Maria figlia naturale del re aragonese[1]. Circostanza che aprì alla famiglia senese, nuovi orizzonti nel sud della penisola. Il primogenito di Laudomia, ottenne così la nomina a Duca d'Amalfi e poté aggiungere al suo, il cognome degli Aragona ed inquartare il proprio stemma con le insegne reali[2]. Nello stesso anno, il 1458, fu nominato anche Gran Giustiziere del Regno di Napoli e la famiglia fu aggregata al patriziato napoletano nel Seggio di Nilo, uno dei sette Sedili di Napoli[3]. Le aspettative non furono deluse e il Piccolomini, con le sue milizie, ebbe un ruolo determinante nell'acquisizione, alla monarchia, di Castellammare di Stabia e Scafati. Il 18 agosto del 1462 sotto il comando di Alessandro Sforza, ed alla guida di 2000 fanti e 26 squadre di cavalli, prende parte alla battaglia di Troia.[4][5]. Il rivale angioino di Ferrante I venne definitivamente sconfitto, insieme ai feudatari ribelli del regno. Fu così dato al movimento anti aragonese, la cosiddetta Congiura dei baroni, un colpo di grazia dal quale non riuscirà, più a risollevarsi[1].
    Dopo la vittoria di Troia, beneficiò della distribuzione di numerosi feudi che il Ferrante assegnò ai difensori della sua causa. Nel 1463 ottenne il titolo di marchese di Capestrano e di Deliceto, il titolo di conte di Celano e Gagliano, il titolo di barone di Balsorano, Pescina e Carapelle; nel 1465 infine divenne barone di Scafati[6].
    Contemporaneamente a questi avvenimenti nel 1462, nelle continue controversie che interessavano i territori marchigiani, il Malatesta perse definitivamente la Signoria di Senigallia ad opera di Guido da Montefeltro, che la restituì allo Stato della Chiesa. L'allora pontefice Pio II la diede in dominio, insieme alla signoria di Moldavio al nipote Antonio[7].
    Nel 1474, però, in tali feudi subentrò Giovanni Della Rovere, nipote di Papa Sisto IV, che nei vari giochi nepotistici, risultò vincitore[8].Gli interessi del Piccolomini ormai gravitavano nel regno di Napoli, dove le cariche politiche, l'amministrazione degli innumerevoli feudi, che fra l'altro, portavano ritorni economici di non poco interesse, lo assorbivano completamente. Durante i vent'anni di pace che seguirono, fece costruire i castelli di Balsorano, Celano e Ortucchio e restaurare diversi altri di sua proprietà che, poi, distribuì tra i suoi discendenti.
    Va sottolineato che la figura di Antonio ha una dimensione esemplare. Unico in tutta la sua famiglia dimostrò grande sensibilità nei confronti dello sviluppo manifatturiero amalfitano. In virtù della sua cultura operosa, ereditata nel territorio senese, ed anche alla politica inaugurata da Alfonso V d'Aragona, importò, da diversi luoghi delle penisola, maestri in grado di dare impulso alla costruzione di diversi opifici. Primo fra tutti fu quello per la lavorazione della lana "all'usanza di Siena e Firenze", nonché diverse gualchiere e tintorie nel territorio amalfitano: a Scala, Pontone, Ravello, Strani e Maiori. Rilanciò ed implementò gli stabilimenti siderurgici preindustriali, le ferriere, già presenti ad Amalfi[9].

Discendenza

Note

  1. ^ a b Dizionario Biografico degli Italiani - FERDINANDO I (Ferrante) d'Aragona, re di Napoli - Volume 46 (1996) - Fonte
  2. ^ Vittorio Spreti - Op. cit. Vol. V, pag. 329
  3. ^ Nobili Napoletani, Ovvero delle Famiglie Nobili e titolate del Napolitano, ascritte ai Sedili di Napoli, al Libro d'Oro Napolitano, appartenenti alle Piazze delle città del Napolitano dichiarate chiuse, all'Elenco Regionale Napolitano o che abbiano avuto un ruolo nelle vicende del Sud Italia. Famiglia Piccolomini - I Sedili di Napoli - Fonte
  4. ^ Eugenio Larosa, Biografia del Condottiero Roberto Sanseverino - Associazione Culturale Famaleonis - Fonte Archiviato il 18 maggio 2014 in Internet Archive.
  5. ^ Nobili Napoletani, Op. cit., Le principali battaglie svoltesi nel Mezzogiorno d'Italia - Fonte
  6. ^ Nobili Napoletani, Op. cit. - Famiglia Piccolomini - Fonte
  7. ^ G. Treccani, Enciclopedia Italiana, Vol. XXXI pag. 380 - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma - 1936 - Fonte
  8. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Treccani.it
  9. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore IlariaPuglia

Predecessore Capitano generale della Chiesa Successore  
Pier Luigi Borgia 1458 - 1464 Girolamo Riario