Discussione:Inceneritore/Bozza
Bozza di lavoro, su cui produrre una versione condivisa da pubblicare.

L'incenerimento è un processo di combustione ad alta temperatura che dà come prodotti finali un effluente gassoso e ceneri. Viene principalmente utilizzato per lo smaltimento dei rifiuti all'interno di impianti detti inceneritori.
Negli impianti più moderni, il calore sviluppato durante la combustione dei rifiuti viene recuperato e utilizzato per produrre vapore, poi utilizzato per la produzione di energia elettrica o come vettore di calore (ad esempio per il teleriscaldamento). Questi impianti con tecnologie per il recupero vengono indicati col nome di inceneritori con recupero energetico, o più comunemente termovalorizzatori.
Il termine termovalorizzatore, seppur di uso comune, è talvolta criticato perché fuorviante. Infatti, secondo le moderne teorie sulla corretta gestione dei rifiuti e le normative europea e italiana (che parlano solo di inceneritori) gli unici modi per "valorizzare" un rifiuto sono il riuso ed il riciclo, mentre l'incenerimento (anche se con recupero energetico) costituisce semplice smaltimento ed è preferito alla sola discarica controllata.
Rifiuti di interesse per l'incenerimento
Le categorie principali e quantitativamente predominanti di rifiuti inceneribili sono:
A queste si possono aggiungere categorie particolari come i rifiuti medici, i rifiuti pericolosi o in alcuni casi anche armi chimiche.
Prima di procedere all'incenerimento i rifiuti devono essere trattati tramite processi volti a eliminare i materiali non combustibili (vetro, metalli, inerti) e la frazione umida (la materia organica come gli scarti alimentari, agricoli, etc.). I rifiuti trattati in questo modo sono definiti CDR, ovvero combustibile derivato dai rifiuti.
Diffusione in Italia e in Europa
Nazione | Numero impianti |
Quantitativi trattati (t/anno) |
Austria | 2 | 406 700 |
Belgio | 18 | 2 652 000 |
Danimarca | 32 | 3 136 000 |
Francia | 112 | 11 965 800 |
Germania | 60 | 16 787 400 |
Inghilterra | 3 | 1 071 000 |
Italia | 50 | 3 488 776 |
Norvegia | 4 | 273 000 |
Olanda | 11 | 4 412 000 |
Portogallo | 2 | 933 800 |
Spagna | 8 | 1 070 300 |
Svezia | 19 | 2 344 000 |
Svizzera | 31 | 3 150 700 |
Ungheria | 1 | 420 000 |
Totale | 354 | 52 111 476 |
In Europa sono attivi attualmente (al 2002) 354 impianti di termovalorizzazione/incenerimento, in 18 nazioni. In alcune situazioni, impianti di questo genere sono da tempo inseriti in contesti urbani, ad esempio a Vienna, Parigi, Londra, Copenaghen. Paesi quali Svezia (~45%), Danimarca (~50%) e Germania (~20%) ne fanno uso (fra parentesi le quantità incenerite); in Olanda (ad Avr e Amsterdam) sorgono alcuni fra i più grandi termovalorizzatori/inceneritori d'Europa, che permettono di smaltire fino a un milione e mezzo di tonnellate di rifiuti all'anno (~33%). In Olanda comunque la politica – oltre a porsi l'obiettivo di ridurre il conferimento in discarica di rifiuti recuperabili – è quella di bruciare sempre meno rifiuti a favore di prevenzione, riciclo e riuso [2] (ad esempio mediante incentivi, come cauzioni e riconsegna presso i centri commerciali sul riutilizzo delle bottiglie di vetro e di plastica). Di contro altri paesi europei ne fanno un uso molto limitato o nullo: Austria (~10%), Spagna e Inghilterra (~4-7%), Finlandia, Irlanda e Grecia (0%) sono esempi in tal senso.
In Italia i termovalorizzatori non sono molto diffusi, anche a causa dei dubbi che permangono sulla nocività delle emissioni nel lungo periodo e delle conseguenti resistenze della popolazione: la maggior parte dei circa 3,5 milioni di tonnellate di combustibile da rifiuti italiani viene incenerita in impianti del Nord, ma il totale nazionale ammonta a circa il 12% sul totale dei rifiuti solidi urbani[3].
A Brescia, in prossimità della città, c'è uno dei termovalorizzatori più grandi d'Europa (ca. 750 000 tonnellate l'anno: il triplo di quello di Vienna) che soddisfa da solo circa un terzo[4] del fabbisogno di calore dell'intera città (1100 GWh/anno) e che, nonostante sia stato oggetto di diverse procedure di infrazione da parte dell'Unione Europea, nell'ottobre 2006 è stato proclamato «migliore impianto del mondo»[5] dal Waste to Energy Research and Technology Council,[6] un organismo formato da tecnici e scienziati di tutto il mondo e promosso dalla Columbia University di New York; ha suscitato però qualche perplessità il fatto che questo organismo annoveri tra gli "enti finanziatori e sostenitori" la Martin GmbH,[7] che è tra i costruttori dell'inceneritore premiato. Da notare che per far funzionare a pieno regime l'impianto si importano 200 000 tonnellate l'anno di rifiuti da altre province. [8]
A Trezzo sull'Adda, in provincia di Milano, c'è uno dei più moderni termovalorizzatori/inceneritori in esercizio in Europa. Nel resto del settentrione sono diffusi principalmente piccoli impianti a scarso livello tecnologico con basso rendimento, per i quali sono necessari dei rammodernamenti (come a Desio, Valmadrera e Cremona). Il meridione invece si distingue per una pessima gestione del problema rifiuti: la scarsissima raccolta differenziata, essendoci pochissimi inceneritori, sfocia in un eccessivo ricorso all'utilizzo della discarica (fra i più alti in Europa), e ha spesso richiesto la spedizione dei rifiuti dal Sud agli inceneritori del Nord (e a volte anche verso l'estero).
Tecnologie di incenerimento
Gli inceneritori più diffusi in Italia ed in Europa sono "a griglie". Trattandosi sostanzialmente di impianti che sfruttano il calore sviluppato dalla combustione, non è importante solo il tonnellaggio di combustibile (i rifiuti), ma anche il suo potere calorifico cioè il calore sviluppato durante la combustione (in genere pari a circa 9000-13000 MJ/t). In altre parole, un inceneritore progettato (ed autorizzato) per bruciare 100000 t di rifiuti con potere calorifico di 13000 MJ/t, può arrivare a bruciare anche il 45% in più se i rifiuti hanno potere calorifico di 9000 MJ/t.[9]
Il funzionamento di un termovalorizzatore a griglie può essere suddiviso in sette fasi fondamentali:
- Arrivo dei rifiuti — Provenienti dagli impianti di selezione opportunamente dislocati sul territorio (ma anche direttamente dalla raccolta del rifiuto tal quale), i rifiuti sono conservati in un'area dell'impianto dotato di sistema di aspirazione, per evitare il disperdersi di cattivi odori. Con una gru i materiali sono depositati nel forno. La tecnologia di produzione della frazione combustibile (CDR) ed il suo incenerimento sfrutta la preventiva disidratazione biologica dei rifiuti seguita dalla separazione degli inerti (metalli, minerali, ecc.) dalla frazione combustibile, che può essere "termovalorizzata" producendo energia elettrica con resa nettamente migliore rispetto all'incenerimento classico e con una diminuzione di impatto ambientale.[10]
- Combustione — Il forno è, solitamente, dotato di una o più griglie mobili per permettere il continuo movimento dei rifiuti durante la combustione. Una corrente d'aria forzata viene inserita nel forno per apportare la necessaria quantità di ossigeno che permetta la migliore combustione, mantenendo cosí alta la temperatura (fino a 1000 °C e più). Per mantenere tali temperature, qualora il potere calorifico del combustibile sia troppo basso, talvolta viene immesso del gas metano in una quantità variabile fra i 4 e 19 m³ per tonnellata di rifiuti. Accanto a una camera di combustione primaria viene spesso associata una camera di combustione secondaria (camera di post-combustione), con lo scopo di completare la combustione dei fumi nel miglior rispetto della normativa vigente.
- Produzione del vapore — La forte emissione di calore prodotta dalla combustione di metano e rifiuti porta a vaporizzare l'acqua in circolazione nella caldaia posta a valle, per la produzione di vapore.
- Produzione di energia elettrica — Il vapore generato mette in movimento una turbina che, accoppiata ad un motoriduttore ed alternatore, trasforma l'energia termica in energia elettrica.
- Estrazione delle ceneri — Le componenti dei rifiuti non combustibili (circa il 10% del volume totale ed il 30% in peso, rispetto al rifiuto in ingresso) vengono raccolte in una vasca piena d'acqua posta a valle dell'ultima griglia. Le scorie, raffreddate in questo modo, sono quindi estratte e smaltite in discariche speciali. Ovviamente, separando preventivamente gli inerti dalla frazione combustibile si ottiene una riduzione delle scorie. L'acqua di raffreddamento (circa 2.5 mc/t) deve essere depurata prima di essere scaricata in ambiente. Le ceneri sono classificate come rifiuti speciali non pericolosi, mentre le polveri fini (circa il 4% del peso del rifiuto in ingresso) intercettate dai sistemi di filtrazione sono classificate come rifiuti speciali pericolosi. Entrambe sono smaltite in discariche per rifiuti speciali; ci sono recenti esperienze di riuso delle ceneri pesanti.
- Trattamento dei fumi — Dopo la combustione i fumi caldi passano in un sistema multi-stadio di filtraggio, per l'abbattimento del contenuto di agenti inquinanti sia chimici che solidi. Dopo il trattamento e il raffreddamento i fumi vengono rilasciati in atmosfera a circa 140° C.[11]
Tipologie di inceneritore
In funzione della specifica tecnologia adoperata nella camera di combustione primaria, è possibile distinguere le seguenti tipologie di inceneritore.
- Semplice
Gli inceneritori più vecchi e impiantisticamente più semplici consistevano in una camera di mattoni con una griglia metallica posta rispettivamente sopra e sotto la raccolta delle ceneri. Mentre quella posta superiormente, e avente una apertura in cima o lateralmente, veniva utilizzata per caricare il materiale da bruciare, quella inferiore permetteva la rimozione dei residuo solido incombusto tramite l'apertura laterale.
- Griglie
Questi inceneritori possiedono un grosso focolare, con griglie normalmente a gradini formate da barre o rulli paralleli. La griglia può essere mobile o fissa e in diverse zone vengono raggiunte differenti temperature che permettono un più graduale riscaldamento. È presente anche un sistema di raffreddamento. Oltre alla normale combustione primaria, viene effettuata una combustione secondaria generando una notevole turbolenza gassosa in seguito a una maggiore insufflazione d'aria. Le ceneri vengono raccolte e tosto raffreddate in vasche piene d'acqua.
In confronto con le altre tipologie di inceneritori, gli impianti con griglie mobili sono quelli maggiormente sfruttati per i rifiuti urbani e permettono, grazie al movimento dei rifiuti all'interno della camera di combustione, una ottimizzazione della combustione stessa. È da notare però che alle griglie è legato un certo insieme di problematiche tecniche tra le quali spicca il deposito di polveri, con la necessità di un certo livello di manutenzione periodica.
- Letto fluido
Il letto fluido consiste nell'inviare dal basso un forte getto di aria attraverso un letto di sabbia. Il letto quindi si solleva, mentre le particelle si mescolano e sono sotto continua agitazione. A questo punto vengono introdotti i rifiuti e il combustibile. Il sistema sabbia/rifiuto/combustibile viene mantenuto in sospensione sul flusso di aria pompata e sotto violento mescolamento e agitazione, assumendo in tale modo caratteristiche simil-fluide. Tutta la massa di rifiuti, combustibile e sabbia circola completamente all'interno della fornace.
Il letto fluido ha il vantaggio di richiedere poca manutenzione e ovviamente, data la particolare costituzione, non necessità di componenti in movimento. Possiede anche un rendimento leggermente superiore rispetto ai forni a griglia, ma richiede combustibile a granulometria piuttosto omogenea.
- Forno rotativo
Gli impianti a forno rotativo hanno utilizzo di elezione nell'ambito dello smaltimento dei rifiuti industriali e speciali, ma possono anche essere utilizzati per i RSU. Si hanno due camere di combustione: la camera di combustione primaria consiste in un tubo cilindrico costruito in materiale refrattario e inclinato di 5-15°, il cui movimento attorno il proprio asse di rotazione viene trasmesso ai rifiuti. La camera di combustione secondaria è necessaria per portare a completamento le reazioni in fase gassosa. I residui solidi vengono eliminati dalla parte finale del cilindro.
In relazione alla pericolosità del rifiuto trattato, le emissioni gassose possono richiedere un più accurato sistema di pretrattamento prima dell'immissione in atmosfera.
- Focolare multi-step
Il nome di questa tecnologia è legato al passaggio su più focolari del materiale da trattare. I rifiuti vengono trasportati attraverso la fornace muovendo una dentatura meccanica che fa parte di braccia agitanti montate su un asse centrale rotante che si estende a una certa altezza dal focolare. I rifiuti in entrata vengono caricati da una estremità, mentre i residui della combustione vengono asportati dall'altra estremità. Il carico/scarico dei rifiuti viene ripetuto automaticamente secondo il numero di focolari presenti. Un modello specifico è il forno di pirolisi a piani studiato in origine per l'incenerimento di fanghi di varia natura (inclusi i fanghi biologici inattivati) ed occasionalmente usato nell'incenerimento di RSU che abbiano buone caratteristiche di trasporto.
Con questo metodo, oltre ai rifiuti industriali e solidi urbani, è possibile trattare anche fanghi di varia origine.
Recupero energetico
Gli inceneritori a recupero energetico permettono di produrre vapore surriscaldato, utilizzabile come vettore per il teleriscaldamento e/o per generare energia elettrica, anche se con rese piuttosto basse.
Secondo l'APAT «lo sviluppo tecnologico ha limitato drasticamente il numero degli insediamenti privi di tecnologie per il recupero energetico (nello specifico, dei 44 impianti di incenerimento dei rifiuti urbani nel 2001 solo 8 sono senza recupero di energia)».[12]
Scaldando del vapore, si alimentano delle turbine che producono elettricità, ma i rifiuti non sono un buon combustibile per la produzione di elettricità, perché avendo un basso potere calorifico lavorano a temperature molto inferiori rispetto alle centrali a combustibili fossili, producendo quindi vapore a pressione relativamente bassa e conseguentemente poca elettricità: spesso viene pertanto bruciato anche gas metano.
Un'importante tecnologia che può essere abbinata agli inceneritori è il teleriscaldamento, che grazie al recupero del calore prodotto, permette di aumentare notevolmente il rendimento energetico del termovalorizzatore. Va rilevato però che solo una piccola minoranza degli attuali termovalorizzatori è collegata a sistemi di teleriscaldamento.
L'efficienza energetica di un termovalorizzatore è variabile tra il 19 e il 27% se si recupera solo l'energia elettrica [13] ma aumenta molto col recupero del calore (cogenerazione). Ad esempio, nel caso dell'inceneritore di Brescia si ha un rendimento del 26% in produzione elettrica e del 58% in calore per teleriscaldamento, con un rendimento energetico totale dell'84%.[14] Bisogna però considerare che non sempre il calore recuperato può essere effettivamente utilizzato, sia per la mancanza delle strutture necessarie sia per le variazioni stagionali (ad esempio, in estate lo sfruttamento del calore può calare notevolmente, se non ci sono sistemi per sfruttarlo per il raffreddamento).
A titolo di confronto una moderna centrale termoelettrica a ciclo combinato, il cui scopo primario è ovviamente quello di produrre elettricità, ha una resa del 57% per la produzione elettrica, e se abbinata al teleriscaldamento raggiunge l'87%.[15]
Volendo invece confrontare il rendimento energetico delle varie tecnologie di trattamento termico dei rifiuti, il discorso è molto più complesso, meno documentato e fortemente influenzato dal tipo di impianto. In linea di massima le differenze sono dovute al fatto che in un inceneritore i rifiuti vengono direttamente bruciati ed il calore usato in un ciclo al vapore, mentre in impianti di gassificazione/pirolisi vengono prima convertiti parzialmente in gas (syngas), il quale può essere poi utilizzato in cicli termodinamici più efficienti, come ad esempio un ciclo combinato sopra richiamato.
Scorie
L'incenerimento dei rifiuti produce scorie solide pari circa al 10-12% in volume e 15-20% in peso dei rifiuti introdotti, e in più ceneri per il 5%.[16]
- Le ceneri volanti e le polveri intercettate dall'impianto di depurazione dei fumi sono rifiuti speciali altamente tossici (in quanto concentrano molti degli inquinanti più nocivi), che come tali sono soggetti alle apposite disposizioni di legge e sono poi conferiti in discariche speciali.
- Le scorie pesanti, formate dal rifiuto incombusto – acciaio, alluminio, vetro e altri materiali ferrosi, inerti o altro –, sono raccolte sotto le griglie di combustione e possono poi essere divise a seconda delle dimensioni e quindi riciclate se non troppo contaminate.
Le scorie sono generalmente smaltite in discarica e costituiscono una grossa voce di spesa.
Tuttavia, possono rivelarsi produttive: un esempio di riciclaggio di una parte delle scorie dei termovalorizzatori è l'impianto BSB di Noceto, nato dalla collaborazione fra CIAl (Consorzio Imballaggi Alluminio) e Bsb Prefabbricati; qui si trattano le scorie provenienti dai termovalorizzatori gestiti delle società Silea S.p.A. (impianto di Lecco) e di Hera S.p.A. (impianti di Rimini, Ferrara, Forlì, Ravenna) con 30.000 tonnellate di scorie l'anno da cui si ricavano 25.000 tonnellate (83%) di materiale destinato alla produzione di calcestruzzo, 1.500 tonnellate (5%) di metalli ferrosi e 300 tonnellate (1%) di metalli non ferrosi di cui il 65% di alluminio.
Le scorie e le ceneri vengono caricate su un nastro trasportatore; i rottami ferrosi più consistenti sono subito raccolti, quelli più piccoli vengono rimossi poi con un nastro magnetico. Appositi macchinari separano dal resto i rimanenti metalli a-magnetici (prevalentemente alluminio); tutto il resto, miscelato con opportune dosi di acqua, inerti, cemento e additivi, e reso così inerte, va a formare calcestruzzo subito adoperato per la produzione di elementi per prefabbricati.
Con un trattamento di questo genere, si riduce di molto la necessità della discarica in seguito al trattamento nell'inceneritore in quanto ultimo anello della catena di gestione dei rifiuti, dal momento che le scorie pesanti passano dal 30 al 3,3% in peso dei rifiuti inceneriti.[17]
Tuttavia, alcuni studi hanno dimostrato la tossicità di alcuni calcestruzzi contenenti scorie[18], anche se con tecniche opportune la si può ridurre significativamente: sono ancora in corso degli studi.[19]. Non è noto il bilancio energetico totale (e le relative emissioni) di queste procedure ed in che quota questo eroda il recupero energetico della filiera di trattamento dei rifiuti mediante incenerimento.
Un'altra tecnologia che si sta sperimentando è la vetrificazione delle ceneri con l'uso della torcia al plasma. Con questo sistema si rendono inerti le ceneri, risolvendo il problema dello smaltimento delle stesse come rifiuti speciali, inoltre si studia la possibilità di un loro riutilizzo come materia prima per il comparto ceramico e cementizio.
Altri trattamenti termici dei rifiuti
Esistono alcune alternative ai classici inceneritori, attualmente però poco diffuse in Europa.
Gassificatori e pirolizzatori
Un'alternativa a tutti gli impianti di incenerimento per combustione sono i gassificatori (da non confondersi coi rigassificatori) e gli impianti di pirolisi, che anziché sfruttare il processo di combustione utilizzano quello di pirolisi, cioè la scissione molecolare attuata per mezzo del calore. Semplificando molto, a seconda che si tratti di gassificatori o pirolizzatori, si può vedere il processo rispettivamente come una gassificazione totale ovvero una sorta di gassificazione più o meno spinta dei materiali solidi, che si trasformano così in un gas. Queste tecnologie erano usate in passato per produrre gas combustibile o catrame a partire dal carbone. In particolare il gassificatore può essere considerato, in base alla sua peculiare tipologia di funzionamento, come una tecnologia intermedia tra l'incenerimento e la pirolisi propriamente detta.
Esistono moltissimi processi, più o meno diffusi e collaudati, basati su pirolisi e gassificazione, che differiscono per tipo di rifiuto trattato, per emissioni e per prodotti di risulta (liquidi, gassosi, solidi). In generale molti sono caratterizzati dal fatto che il materiale da trattare deve essere finemente sminuzzato per essere investito da una corrente di ossigeno più o meno puro (gassificatori) o di azoto (pirolizzatori, i quali lavorano in assenza di ossigeno) in genere a temperature fra 400 e 800 C° nel caso della pirolisi e a temperature nettamente maggiori nella gassificazione. Le temperature variano a seconda dei processi e della specifica tipologia di impianto sfruttata. Si determina così la produzione di gas di sintesi (syngas) e nel caso dei gassificatori l'ossidazione parziale dei rifiuti, nonché di altri sottoprodotti gassosi e/o liquidi. Le emissioni delle due tecnologie sono sensibilmente differenti rispetto a quelle relative ad un inceneritore, e variabili in relazione agli specifici impianti e processi utilizzati nonché al tipo di materiale trattato (al riguardo si rimanda a gassificatore).
Torcia al plasma
Un particolare tipo di gassificazione fa uso di una torcia al plasma a temperature comprese fra i 7000 e i 13000 °C, che decompone del tutto le molecole organiche e vetrifica tutti i residui e dovrebbe eliminare quindi i problemi di inquinamento, non permettendo la produzione di nessun composto tossico o pericoloso come diossine, furani o ceneri e sarebbe perciò un ottimo modo per trattare pneumatici, PVC, rifiuti ospedalieri e altri rifiuti industriali, nonché rifiuti urbani non trattati. Punti critici sono la produzione di nanopolveri, che non si sa in che misura siano prodotte e sfuggano alla vetrificazione, e lo sfruttamento commerciale del materiale vetrificato.
Soluzioni di filtraggio delle emissioni al camino
I sistemi di depurazione dei fumi attuali sono costituiti da varie tecnologie e sono pertanto detti multistadio. Questi sistemi si suddividono in base al loro funzionamento in semisecco, secco, umido e misto. La caratteristica che li accomuna è quella di essere concepiti a più sezioni di abbattimento, ogniuna in linea di massima specifica per determinati tipi di inquinanti.
A partire dagli anni ottanta si è affermata l'esigenza di rimuovere i macroinquinanti presenti nei fumi della combustione (ad esempio ossido di carbonio, anidride carbonica, ossidi di azoto e gas acidi come l'anidride solforosa) e di perseguire un più efficace abbattimento delle polveri. Si è passati dall'utilizzo di sistemi, quali cicloni e multicicloni, con rendimenti massimi di captazione degli inquinanti rispettivamente del 70 e dell'85%, ai filtri elettrostatici o filtri a manica che garantiscono rendimenti notevolmente superiori (fino al 99% ed oltre).
Accanto a ciò, sono state sviluppate misure di contenimento preventivo delle emissioni, ottimizzando le caratteristiche costruttive dei forni e migliorando l'efficienza del processo di combustione. Questo risultato si è ottenuto attraverso l'utilizzo di temperature più alte (con l'immissione di discrete quantità di metano), di maggiori tempi di permanenza dei rifiuti in regime di alte turbolenze e grazie all'immissione di aria per garantire l'ossidazione completa dei prodotti della combustione.
Tuttavia l'aumento delle temperature, se da un lato riduce la produzione di certi inquinanti (per es. diossine), dall'altra aumenta la produzione di ossidi di azoto e soprattutto di particolato il quale quanto più è fine, tanto più difficile è da intercettare anche per i più moderni filtri, per cui si deve trovare un compromesso, considerato anche che il metano usato comunque ha un costo notevole. Per questi motivi talvolta gli impianti prevedono postcombustori a metano e/o catalizzatori che funzionano a temperature inferiori ai 900 °C.
Abbattimento NOx
Vanno citate le attrezzature specificatamente previste per l'abbattimento degli ossidi di azoto, per i quali i processi che vengono normalmente utilizzati sono del tipo catalitico o non catalitico. La prima di queste tecnologie, definita Riduzione Selettiva Catalitica (SCR), consiste nell'installazione di un reattore a valle della linea di depurazione in cui viene iniettata ammoniaca nebulizzata, che miscelandosi con i fumi e attraversando gli strati dei catalizzatori, trasforma gli ossidi di azoto in acqua e azoto gassoso, gas innocuo che compone circa il 79% dell'atmosfera. La seconda tecnologia, chiamata Riduzione Selettiva Non Catalitica (SNCR), spesso preferita perché più economica, presenta il vantaggio di non dover smaltire i catalizzatori esausti ma ha caratteristiche di efficacia inferiori ai sistemi SCR, e consiste nell'iniezione di un reagente (urea che in temperatura si dissocia in ammoniaca) in una soluzione acquosa in una zona dell'impianto in cui in cui la temperatura è compresa fra 850 °C e 1.050 °C con la conseguente riduzione degli ossidi di azoto in azoto gassoso e acqua.
Abbattimento dei microinquinanti
Altri sistemi sono stati messi a punto per l'abbattimento dei microinquinanti come metalli pesanti (mercurio, cadmio ecc) e diossine.
Riguardo ai primi, presenti sia in fase solida che di vapore, la maggior parte di essi viene fatta condensare nel sistema di controllo delle emissioni e si concentra nel cosiddetto "particolato fine" (ceneri volanti). Il loro abbattimento è poi affidato all'efficienza del depolveratore che arriva a garantire una rimozione superiore al 99% delle PM10 prodotte, ma nulla può contro il PM2,5 e le nanopolveri. Per tale motivo le polveri emesse sono considerate particolarmente nocive.
Per quanto riguarda l'abbattimento delle diossine e dei furani il controllo dei parametri della combustione e della post-combustione (elevazione della temperatura a oltre 850°C), sebbene in passato fosse considerato di per sé sufficiente a garantire valori di emissione in accordo alle normative, è oggi considerato insufficente e quindi accompagnato (nei nuovi impianti) da un ulteriore intervento specifico basato sulle proprietà chimicofisiche dei carboni attivi. Questo ulteriore processo viene effettuato attraverso un meccanismo di chemiadsorbimento, cioè facendo "condensare" i vapori di diossine e furani sulla superficie dei carboni attivi. Questi non sono altro che carbone in polvere, il quale può esibire 600 m² di superficie ogni grammo: detto in altri termini funziona come una specie di "spugna". Queste proprietà garantiscono abbattimenti dell'emissione di diossine e furani tali da premettere di operare al di sotto dei valori richiesti dalla normativa. Anche qui la filtrazione della polvere di carbone esausta è affidata al depolveratore in quanto evidentemente i carboni esausti (cioè impregnati di diossine) sono altamente nocivi e sono considerati rifiuti speciali pericolosi, da smaltire in discariche speciali.
Sono allo studio metodi di lavaggio dei fumi in soluzione oleosa per la cattura delle diossine che sfruttino la loro spiccata solubilità nei grassi.
Abbattimento delle polveri
La pericolosità delle polveri prodotte da un inceneritore è potenzialmente estremamente elevata. Questo è confermato dai limiti particolarmente severi imposti dalla normativa per i fumi. Infatti, se da un lato la combustione dei rifiuti produce direttamente enormi quantità di polveri dalla composizione chimica varia, dall'altra alcune sezioni dei sistemi di filtrazione ne aggiungono di ulteriori (in genere calce o carboni attivi) per assorbire metalli pesanti e diossine come sopra spiegato. Pertanto, le polveri finiscono per essere un vero e proprio concentrato di sostanze fra le più pericolose per la vita umana ed animale.
Per tali motivi, l'importanza e l'efficacia dei depolveratori è molto elevata. Vengono in genere usati sia filtri elettorostatici (dagli elevati consumi elettrici ma abbastanza efficaci se frequantemente ripuliti), sia filtri a maniche (non adatti ad alte temperature e soggetti ad intasamento). Attualmente la legge non prevede limiti specifici per le polveri fini (PM10, ecc.) per cui la reale efficacia di tali sistemi su queste particelle è oggetto di dibattiti accesi. Tuttavia il rispetto della legge vigente è, in genere, ampiamente garantito. In ogni caso, le polveri trattenute devono essere smaltite in discariche per rifiuti speciali pericolosi: in taluni casi vengono smaltite all'estero (in Germania le miniere di salgemma vengono usate per questo oltre che per i rifiuti radioattivi).
Incentivi all'incenerimento
In Italia, la produzione di energia elettrica tramite incenerimento dei rifiuti è indirettamente sovvenzionata dallo Stato per sopperire alla sua antieconomicità: infatti questa modalità di produzione era considerata (in violazione delle norme europee), come "da fonte rinnovabile" (assimilata) alla stregua di idroelettrico, solare, eolico e geotermico.
Le modalità di finanziamento sono due, correlate ma diverse:
- pagamento maggiorato dell'elettricità prodotta per 8 anni (incentivi cosiddetti CIP 6);
- riconoscimento di "certificati verdi" che il gestore dell'impianto può rivendere (per 12 anni).
Incentivi CIP 6
Per quanto riguarda gli incentivi CIP 6 (circolare n° 6/1992 del Comitato Interministeriale Prezzi), chi gestisce l'inceneritore – per otto anni dalla sua costruzione – può vendere al GRTN (la società cui è affidato il compito di assicurare la fornitura di energia elettrica italiana) la propria produzione elettrica a un costo circa triplo rispetto a quanto può fare chi produce elettricità usando metano, petrolio o carbone.[20]A oggi l'incentivazione CIP 6 è di circa 54 €/MWh.[21] I costi di tali incentivi ricadono sulle bollette degli utenti, che comprendono una tassa per il sostegno delle fonti rinnovabili. Ad esempio nel 2004 il Grtn ha ritirato 56,7 TWh complessivi di elettricità da fonti "rinnovabili", di cui il 76,5% proveniente da termovalorizzatori e altri fonti assimilate (fra cui il gas dai residui di raffineria), spendendo per questi circa 2,4 miliardi di euro[22]; per il già citato inceneritore di Brescia, la società di gestione (ASM SpA) ha ricevuto nel 2006 contributi CIP 6 per oltre 71 milioni di euro.[23].
A titolo di confronto, nel 2006 a seguito dell'introduzione degli incentivi in conto energia per il fotovoltaico sono stati stanziati solamente 4,5 milioni di euro per 300 MW di potenza.[24]
Sempre il CIP 6 prevede inoltre che gli impianti incentivati godano di un innalzamento della tariffa riconosciuta dal Grtn per compensare eventuali spese aggiuntive per l'attuazione del protocollo di Kyoto, annullando così del tutto i benefici della riduzione delle quote gratuite di emissione da 28 a 3,5 Mt/a di CO2 prevista dal Piano nazionale di assegnazione delle emissioni (Pna) 2008-2012, attualmente in fase di approvazione, e rischiando perciò di comprometterne l'intero impianto, giacché gli impianti CIP 6 sono il settore su cui si concentra la gran parte delle riduzioni.[25]
Certificati verdi
Si tratta di certificati che corrispondono ad una certa quantità di emissioni di CO2: se un impianto produce energia emettendo meno CO2 di quanto avrebbe fatto un impianto alimentato con fonti fossili (petrolio, gas, carbone ecc.) perché "da fonti rinnovabili", il gestore ottiene dei certificati verdi che può rivendere a industrie o attività che sono obbligate a produrre una quota di energia mediante fonti rinnovabili ma non lo fanno autonomamente.
Il prezzo dei certificati verdi è stato pari a circa 125 €/MWh nel 2006.
Il parere dell'UE e la norma italiana
In realtà, secondo la UE, solo la parte organica dei rifiuti potrebbe essere considerata rinnovabile; la restante parte può essere considerata esclusivamente una forma di smaltimento del rifiuto, escludendo esplicitamente la valenza di "recupero".[26]
Pertanto, l'Unione Europea ha inviato una procedura d'infrazione all'Italia per gli incentivi dati dal governo italiano per produrre energia bruciando rifiuti inorganici considerandoli "fonte rinnovabile". A tal proposito già nel 2003[27] Il Commissario UE per i Trasporti e l'Energia, Loyola De Palacio, in risposta ad una interrogazione dell'On. Monica Frassoni al Parlamento Europeo, ha ribadito l'opposizione dell'Unione Europea all'estensione del regime di sovvenzioni europee previsto dalla Direttiva 2001/77 per lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili all'incenerimento delle parti non biodegradabili dei rifiuti. Queste le affermazioni testuali del Commissario all'energia: «La Commissione conferma che, ai sensi della definizione dell'articolo 2, lettera b) della direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2001, sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità, la frazione non biodegradabile dei rifiuti non può essere considerata fonte di energia rinnovabile». Il fatto che una legge nazionale (legge 39 dell'1-3-2002, art. 43) proponga di includere, nell'atto di recepimento italiano della Direttiva 2001/77 [28], i «rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, ivi compresi i rifiuti non biodegradabili» non elimina l'infrazione alla normativa europea.
Chi difende tale impostazione si richiama a una norma della direttiva comunitaria 2001/77/CE apparentemente in contraddizione con le direttive europee nel campo, la quale autorizza in deroga l'Italia a computare l'elettricità prodotta dalla quota non rinnovabile dei rifiuti nel totale dell'elettricità prodotta da fonti rinnovabili ai fini del raggiungimento dell'obiettivo del 25% di produzione rinnovabile nel 2010: proprio questa deroga nel 2006 è stata attaccata in sede di Parlamento europeo coll'emendamento (articolo 15 bis) alla legge Comunitaria 2006.[22].
Con l'eliminare gli incentivi agli inceneritori, si vuole ristabilire un'equilibrio di trattamento tale da consentire la piena applicazione della strategia integrata di smaltimento dei rifiuti; a tale esigenza fa riscontro la necessità secondo alcuni di aumentare l'incenerimento in Italia (si veda la voce sulla gestione dei rifiuti per il ruolo dell'incenerimento nella gestione dei rifiuti).
A tale disputa si contrappone quella fra chi ritiene gli inceneritori antieconomici e chi li ritiene vantaggiosi e minimizza il ruolo degli incentivi, dicendo che il guadagno principale degli inceneritori con recupero di energia deriva dallo smaltimento dei rifiuti e non da tali incentivi: posizione apparentemente smentita dall'intensa attività di pressione politica esercitata sul Parlamento in merito alla cancellazione degli incentivi nella finanziaria 2007. Il testo dibattuto ed approvato in Parlamento, per eliminare l'infrazione alle norme europee, escludeva tutte le fonti "assimilate" dagli incentivi alle rinnovabile, concedendo una deroga solo agli impianti "già in funzione", mentre il testo del «maxiemendamento» approvato colla fiducia ha concesso una ulteriore deroga a tutti gli impianti anche solamente "autorizzati" senza che questa dicitura fosse stata concordata fra le parti. [29] Per arginare la situazione il 7 febbraio 2007 è stato presentato dal Consiglio dei Ministri un disegno di legge (n. 1347) ora all'esame delle Commissioni Industria e Ambiente del Senato che dovrebbe limitare gli incentivi «ai soli impianti realizzati e operativi». Sono 129 gli impianti che attualmente beneficiano del CIP 6; per 29 il periodo di incentivazione è già scaduto. Gli impianti autorizzati ma non operativi sono 16, di cui 11 sono termovalorizzatori di rifiuti tra cui gli inceneritori di Torino e di Roma, 4 impianti in Sicilia, 2 impianti in Campania (fra cui Acerra). In ogni caso, gli incentivi CIP 6 si ridurranno progressivamente fino a esaurirsi nel 2015, o al peggio nel 2021.[20] A seguito di ciò il costo dell'incenerimento dei rifiuti dovrebbe nel tempo aumentare di circa 50 €/t, facendo diventare decisamente più conveniente il riciclaggio, ma anche la discarica.[30]
Questioni sanitarie e ambientali
Tutti gli inceneritori devono essere dotati dei già citati sistemi di abbattimento degli inquinanti dagli effluenti gassosi che possano garantire il rispetto delle norme di legge.
I limiti di concentrazione degli inquinanti imposti dalla normativa sono riferiti al metro cubo di fumi e non all'emissione totale. Pertanto, bruciando più rifiuti si ottengono più fumi e quindi più emissioni inquinanti, ma si rimane sempre nei parametri di legge.
Detto in altri termini, i limiti sono relativi alla concentrazione dell'inquinante all'emissione, ma non al flusso di massa: quindi si occupano della qualità dell'emissione, per incentivare l'adozione delle migliori tecnologie disponibili, ma non dell'impatto complessivo sull'ambiente degli impianti. Per tale motivo, le norme non garantiscono necessariamente un valore di concentrazione degli inquinanti "sicuro" in base a studi medici ed epidemiologici sull'effetto degli inquinanti, ma si riferiscono ai valori che è possibile ottenere tecnicamente con gli impianti migliori.
I limiti sulle emissioni non sono stabili ma vengono adeguati nel tempo in base alle tecnologie di abbattimento degli inquinanti disponibili sul mercato, seppure con l'inevitabile ritardo dovuto ai tempi giuridici. Spesso però tali limiti vengono richiesti solo per la costruzione di nuovi impianti, mentre agli impianti già esistenti vengono concesse lunghe deroghe.
In Italia gli studi di valutazione del rischio sui quali si basa ufficialmente l'attuale politica in tema di incenerimento dei rifiuti, condotti dall'Università la Sapienza in collaborazione con il Ministero per l'Ambiente, tenendo conto delle normative nazionali, delle direttive internazionali e dei possibili scenari di contaminazione, hanno evidenziato che il rischio legato a emissioni non cancerogene risulta praticamente azzerato mentre il rischio legato a cancerogeni o patologie pediatriche sia praticamente comparabile con i normali rischi legati alla vita quotidiana.[31]
Non sono comunque mancati casi di impianti, come quello di Brescia, in cui si siano rilevate alcune infrazioni per il mancato rispetto di normative o per il superamento del tonnellaggio di rifiuti inceneriti originariamente ammesso. È comunque difficile che l'accertamento di un'infrazione sfoci in provvedimenti molto severi come il sequestro dell'impianto, perché in tal caso si potrebbe creare un'emergenza rifiuti molto pericolosa. Fra Febbraio e Giugno del 2007, tuttavia, l'inceneritore di Trieste è stato posto sotto sequestro per il superamento dei limiti di legge riguardanti le emissioni di diossine, superiori anche di 10 volte il limite autorizzato. [32]
Pertanto, l'adeguamento dei vecchi impianti alle nuove normative procede a rilento, ed è solitamente collegato agli ampliamenti degli impianti. Da ciò deriva che spesso impianti di piccole dimensioni inquinano più di impianti maggiori.
Norme sulle emissioni
Le nuove tecnologie permettono oggi di raggiungere valori assai elevati di abbattimento delle emissioni inquinanti, nel rispetto del Decreto Legislativo 133/2005.[33]
Il provvedimento regola tutte le fasi dell'incenerimento dei rifiuti, dal momento della ricezione nell'impianto fino alla corretta gestione e smaltimento delle sostanze residue:
- disciplina i valori limite di emissione degli impianti di incenerimento e di coincenerimento dei rifiuti,
- i metodi di campionamento, di analisi e di valutazione degli inquinanti derivanti dagli stessi impianti,
- i criteri e le norme tecniche generali riguardanti le caratteristiche costruttive e funzionali, nonché le condizioni di esercizio degli impianti, con particolare riferimento alle esigenze di assicurare una elevata protezione dell'ambiente contro le emissioni causate dall'incenerimento e dal coincenerimento dei rifiuti,
- i criteri temporali di adeguamento degli impianti già esistenti alle disposizioni del presente decreto;
- prevede che i cittadini possano accedere a tutte le informazioni, cosí da essere coinvolti nelle eventuali opportune decisioni.
Emissioni in atmosfera e nelle acque
Per ogni tonnellata di rifiuti immessi, si ha l'emissione di circa 6000 metri cubi di fumi.[34]
I limiti di legge imposti agli inceneritori per le emissioni in atmosfera sono evidenziati nella tabella 2, in paragone - semplificato - con altri tipi di impianto presenti sul territorio (si veda il DL 133/2005 [33] per gli inceneritori e il DL 3 aprile 2006, n. 152 [35] per gli altri impianti):
Inquinante | Incenerimento (DL 133/2005, 2000/76/CE) |
Grandi impianti di combustione a carbone anteriori al 1988 (DM 12/7/1990) |
Grandi impianti di combustione a gas nuovi (DL 152/2006) |
Cementifici (DL 152/2006) |
Silla 2, 2005 [36] |
---|---|---|---|---|---|
Polveri totali | 10 | 50 | 5 | 50 | 0,14 |
Anidride solforosa | 50 | 400 | 35 | 600 | 2,2 |
NOx | 200 | 200 | 100 | 1800-3000 | 138,7 |
Monossido di carbonio | 50 | 250 | - | - | 8,2 |
Diossine (ngTEQ/m3) | 0,1 x 10-3 | 10 x 10-3 | - | 10 x 10-3 | 0,0147 x 10-6 |
Metalli pesanti | - | 10 | - | 5 | - |
Piombo | 0,5 | - | - | - | 0,0013 |
Cadmio | 0,05 | - | - | - | 0,0003 |
Mercurio | 0,05 | - | - | - | 0,001 |
3. Limiti normativi per le acque di scarico di un inceneritore (DL 133/2005) | |
inquinante | quantità (mg/l) |
---|---|
solidi sospesi totali (polveri) | 30 - 45 |
mercurio | 0,03 |
cadmio | 0,05 |
tallio | 0,05 |
arsenico | 0,15 |
piombo | 0,2 |
cromo | 0,5 |
rame | 0,5 |
nichel | 0,5 |
zinco | 1,5 |
diossine e furani | 0,3 (ng/l) |
idrocarburi policiclici aromatici | 0,2 (ng/l) |
I "valori reali di un moderno impianto" sono il risultato dell'applicazione delle migliori tecnologie disponibili (BAT, Best Available Technology) la cui applicazione costituisce un onere non indifferente nella costruzione e gestione degli impianti e può essere imposta in fase di autorizzazione dell'impianto: anche per quanto riguarda gli altri impianti citati vale la stessa regola per cui possono essere imposti specifici limiti minori;[37] allo stesso modo possono fino al 1° gennaio 2008 (o 2010) essere motivatamente consentiti limiti superiori ai valori di legge per polveri e ossidi di azoto nell'ambito di alcune restrizioni.[38]
Le emissioni di sostanze tossiche persistenti (in particolare diossine, furani) seppur entro i limiti di legge, sono da considerarsi comunque significative se sono protratte nel tempo nello stesso luogo: lo stesso DL 152/2006 evidenzia questo fatto per chiarire i limiti particolarmente severi su queste sostanze in impianti dalla lunga vita operativa. [39]
Per quanto riguarda l'emissione di gas serra (in particolare CO2), si veda più avanti.
Le emissioni di un inceneritore non si limitano all'atmosfera, ma si estendono anche alle acque reflue degli impianti: il DL 133/2005 fissa valori massimi anche in questo ambito, riferiti al litro d'acqua scaricata.
A partire dagli anni ottanta, visto l'inasprimento delle leggi, si è affermata l'esigenza di rimuovere i macroinquinanti presenti nei fumi della combustione (ad esempio ossido di carbonio, anidride carbonica, ossidi di azoto e gas acidi come l'anidride solforosa e l'acido cloridrico), i microinquinanti (metalli pesanti, diossine ecc.) e di perseguire un più efficace abbattimento delle polveri.
termici dei rifiuti (tra parentesi la specifica tipologia di impianto) Dati in mg/Nm3 (diossine in ng/Nm3)[40] | ||||
Inquinante | Gassificazione (Thermoselect/ Kawasaki) |
Pirolisi + vetrificazione (Mitsui R21, Siemens) |
Incenerimento: migliore tecnologia disponibile |
Incenerimento: Silla 2[36] |
---|---|---|---|---|
Polveri totali | 0,2 | <0,05 | <1 o 1-5[36] | 0,14 |
TOC | 2 | <1 | <2 | n.d. |
HCl | <0,2 | <0,5 | 1-8[36] | 5,8 |
HF | <0,1 | <0,05 | <1[36] | n.d. |
Anidride solforosa |
<1 | <0,7 | <5 | 2,2 |
NOx | <10 | n.d. | 120-180[36] | 138,7 |
CO | <3 | <2,3 | 5-30[36] | 8,2 |
Cd e Tl | <0,002 | <0,002 | <0,001 | 0,0003 (Cd) |
Hg | 0,007 | 0,006 | <0,001 | 0,001 |
Metalli pesanti | <0,04 | <0,05 | <0,05 | n.d. |
Diossine (PCDD/PCDF) |
<0,02 | <0,005 | <0,05 | 0,0147 |
Nm3 fumi su t di rifiuto |
3 130 | 3 470 | 3 950-4 800 | n.d. |
Dal confronto tra le emissioni indicate in tabella 4, relative ai diversi trattamenti termici dei rifiuti effettuati tramite la tipologia di impianti indicata, è possibile trarre alcune significative conclusioni, riguardo agli impianti specifici considerati (le tecnologie di gassificazione e pirolisi sono molto variabili). Le emissioni di polveri sono minori nel caso della pirolisi e della gassificazione; in particolare, a causa delle temperature di esercizio non particolarmente elevate, risulta significativa la forte diminuzione legata alla pirolisi e che soprattutto è dovuta alla minore formazione di nanopolveri. Le emissioni gassose risultano molto minori nel caso dei processi di gassificazione/pirolisi (notevole soprattutto il dato sugli ossidi di azoto), mentre la quantità di metalli pesanti prodotti è praticamente identica. La gassificazione e la pirolisi tendono a produrre un maggior quantitativo di mercurio. Infine, degna di nota è la bassa emissione di diossine legata alla pirolisi e imputabile alla scissione subita, con formazione di composti caratterizzati da minore peso molecolare.
Le polveri
Gli inceneritori, e in generale qualsiasi processo di combustione di combustibili solidi e liquidi, rilasciano nell'aria polveri sottili. Indicativamente, per un inceneritore, considerando una produzione di fumi di 6000 m³/t di rifiuti e il limite giornaliero di 10 mg/m³, l'emissione è di 60 grammi/t.
Tuttavia, questa è una indicazione solo quantitativa: molto importante è anche l'aspetto qualitativo cioè la finezza delle polveri emesse (PM10, PM2,5). In genere più sono alte le temperature di combustione e più aumenta la frazione di particolato fine e ultrafine. Tali polveri sottili sono nocive a causa delle loro piccole dimensioni e del fatto che con sé possono trasportare, tramite fenomeni chimico-fisici quali l'adsorbimento, materiali tossici e nocivi residui della combustione, come idrocarburi policiclici, policlorobifenili, benzene, metalli pesanti e diossine, pericolosi perché persistenti e accumulabili negli organismi viventi.
È innegabile che gli inceneritori contribuiscano all'emissione antropica di polveri fini e ultrafini in aree urbane, motivo per cui tali emissioni sono sotto osservazione per valutarne l'importanza relativa rispetto alle altre fonti (naturali o antropiche), che non è ancora chiarita, motivo per cui – anche per via delle recenti preoccupazioni sulle nanopolveri – i termovalorizzatori sono visti con un certo sospetto sia da alcuni ricercatori che da parte dell'opinione pubblica, mentre altri li considerano sostanzialmente innocui.
Un recente studio svolto per la Provincia di Bolzano ha misurato la concentrazione di particelle di diametro compreso tra i 5,5 e i 350 nanometri in vari punti, trovando valori di 10-20000 particelle per centimetro quadrato nei pressi dell'autostrada, 5-7000 al camino dell'inceneritore, 5-10000 nel punto di massima ricaduta delle sue polveri e 5000 in una zona non antropizzata.[41] I dati sono espressi in unità di superficie e quindi non si riferiscono ai volumi d'aria. Del resto, data la problematicità di questo genere di misurazioni, non sono state ancora stabilite dalla legge delle regole di determinazione quantitativa.
Infatti, la legge italiana e le norme europee pongono limiti di qualità dell'aria solamente riferiti al PM10, quantificando il limite medio massimo di concentrazione delle polveri sottili nell'aria il valore di 50 microgrammi/m³ (milionesimi di grammo per metrocubo d'aria). Purtroppo i limiti relativi alle emissioni degli inceneritori (e degli altri impianti industriali) non considerano la finezza delle polveri, ma solo il peso totale di 10 milligrammi/m3 (millesimi di grammo al metrocubo di fumi). Ad oggi, l'unico ambito in cui i limiti di emissione sono imposti sul PM10 è quello dei veicoli (si vedano le norme Euro3 ed Euro4).
Diossine e furani
Le diossine ed i furani sono tossici, cancerogeni e mutageni per l'organismo umano. Sono poco volatili per via del loro elevato peso molecolare e sono solubili nei grassi, dove tendono ad accumularsi. Proprio per questo motivo tendono ad accumularsi nella catena alimentare e nell'organismo umano per cui anche una esposizione a livelli minimi ma prolungata nel tempo può recare gravi danni alla salute. Le sorgenti delle diossine sono varie e hanno avuto molte variazioni nel corso degli anni, ed è difficile quantificarne esattamente la rilevanza relativa: gli inceneritori sono comunque una delle fonti maggiori, e vanno tenuti sotto accurata osservazione (si veda la voce diossine).
Per quanto concerne l'incenerimento, le diossine vengono prodotte quando materiale organico è bruciato in presenza di cloro, sia esso ione cloruro o presente in composti organici clorurati come le plastiche in PVC.
La soglia minima di sicurezza per tali sostanze è ancora oggetto di investigazione scientifica; i limiti imposti dalla UE sulle emissioni sono di 0,1 nanogrammi/m3, cioè un milionesimo di grammo per metro cubo di fumi (sulle leggi valgono le considerazioni precedenti, all'inizio del paragrafo).
Per ridurre l'emissione di vari inquinanti fra cui la diossina, negli inceneritori è vietato (per legge) che i fumi scendano sotto gli 850° C, che è poi il motivo per cui gli inceneritori non possono accettare materiale dal potere calorifico troppo basso oppure devono integrare la combustione con metano.[11] L'obiettivo di minimizzare le emissioni di diossine contrasta in parte con il recupero dell'energia, in quanto una elevata temperatura di combustione e un veloce raffreddamento dei fumi (condizioni ideali per ridurre la formazione di diossina) sono incompatibili con una massima efficienza nel recupero dell'energia termica.[42]
Gli impianti tecnologicamente più avanzati presentano un elevato grado di efficienza tale da contenere le emissioni a livelli significativamente inferiori al limite di legge (che quindi andrebbe coerentemente rivisto) ma bisogna considerare che la legge impone solo delle misurazioni periodiche e non continue sulla produzione di diossina,[43] e che solo in pochissimi impianti italiani è tenuta sotto costante controllo. Inoltre, le misurazioni, necessarie solo ad assicurare il rispetto della legge, spesso non sono precise e non servono a conoscere l'effettiva emissione in atmosfera. Ad esempio, in inceneritori come quello di Brescia la concentrazione di diossina nei fumi può essere abbastanza bassa da risultare non rilevabile dagli strumenti adottati (a Brescia la soglia di misurabilità è di 0,04 ng/m3 di fumi, ovvero circa 240 ng/t di rifiuti). Quindi, se la concentrazione fosse di poco inferiore a tale soglia (e dunque non rilevata dagli strumenti), data un'emissione di 5 000 000 m3 di fumi al giorno, la produzione di diossina sarebbe di 200 000 ng/giorno, cioè la massima dose giornaliera tollerabile (0,15 nanogrammi) per oltre 1,3 milioni di persone, ma non verrebbe rilevata.[11]
Gli inceneritori rilasciano diossina non solo nell'atmosfera attraverso i fumi, ma anche nella terra e nell'acqua: le diossine sono presenti nelle scorie e nei residui solidi o liquidi del filtraggio dei fumi, e possono diffondersi o per percolazione nel luogo di deposito di tali rifiuti o per dispersione delle acque di lavaggio delle zone di inquinate. La quantità di diossina nelle scorie – secondo misurazioni del DETR, Dipartimento inglese per l'ambiente – è di circa 12-72 nanogrammi/kg; il miglioramento tecnologico ha ridotto notevolmente l'emissione complessiva di diossina, tuttavia i sistemi di filtraggio più sono efficienti più concentrano le diossine prodotte nei loro residui: nei residui del filtraggio dei fumi attraverso precipitatori elettrostatici delle polveri (circa 30 kg/t di rifiuti) in passato la concentrazione era elevatissima, fra i 6600 e i 31100 ng/kg; negli impianti recenti è di 810-1800 ng I-TEQ/kg (quindi ca. 24,3-54 ng diossina/t rifiuti) e 680-12200 ng I-TEQ/kg nei fanghi dalle torri di lavaggio dei fumi (circa 10-15 kg/t di rifiuti, quindi ca. 8,5-152,5 ng diossina/t rifiuti).[44]
Uno dei principali motivi della differenza tra i risultati dei diversi studi risiede nel diverso arco temporale in cui questi si sono svolti, infatti il fattore di emissione delle diossine da incenerimento si è ridotto di circa 50 volte negli ultimi 15 anni, quindi chiaramente studi degli anni '90 forniscono dati notevolmente diversi da quelli più recenti.
Gas serra
L'emissione effettiva di gas serra da parte degli inceneritori è questione controversa. Se da un lato l'emissione al camino è facilmente verificabile (~1400 kg/t, si veda oltre), per una valutazione completa dell'influenza sulle emissioni globali di anidride carbonica bisognerebbe considerare in primo luogo la tipologia di rifiuti (organici o no, pretrattati o indifferenziati ecc.) e le altre possibili forme di smaltimento dei rifiuti residui,[45] nonché la produzione di CO2 media da usare per calcolare le emissioni evitate, ecc.
Un tentativo di stima complessiva di questo tipo è quella fatta per il progetto dell'inceneritore di Torino, che confronta le emissioni di una discarica incontrollata con quelle di un inceneritore.[46] Secondo tale studio un inceneritore mediamente emette CO2 al camino in misura di circa 1400 kg per tonnellata di rifiuti.[47] Dall'emissione al camino andrebbero sottratti l'anidride carbonica assorbita in origine dalla componente rinnovabile (910 kg/t) e quella che sarebbe stata emessa producendo la stessa energia con fonti fossili (554 kg/t), rendendo l'emissione totale leggermente negativa (cioè si emetterebbe meno CO2).
Le emissioni di una discarica non controllata di rifiuti indifferenziati non trattati – dovute alla fermentazione della componente organica – sarebbero pari a circa 56 kg/t di metano (gas serra circa 21 volte più potente della CO2, e quindi equivalenti a 1181 kg/t di CO2) e 295 kg/t di CO2, mentre il carbonio sequestrato in origine dalla componente organica e non trasformato in anidride carbonica nella fermentazione costituirebbe un sequestro di 591 kg/t di CO2. Con questi dati, la produzione di CO2 sarebbe nettamente maggiore per una discarica che per un inceneritore. D'altro canto, le discariche controllate abbinate agli impianti di preselezione (TMB) e/o compostaggio con produzione di biogas permettono il recupero del metano di fermentazione (i citati 1181 kg/t equivalenti di CO2) riducendo drasticamente le emissioni di gas serra della discarica: eliminando semplicemente questa componente dal confronto la discarica risulterebbe in vantaggio sull'inceneritore.
Questi dati sono solo indicativi, dal momento che – a seconda delle tipologie di impianti, rifiuti e trattamenti considerati –, le conclusioni possono essere radicalmente diverse. Si può tuttavia sicuramente concludere che le discariche non controllate (specie se vi si conferiscono rifiuti indifferenziati: situazione comune) sono la soluzione peggiore anche dal punto di vista dei gas serra.
In un sistema moderno di gestione dei rifiuti, i rifiuti finali da smaltire sono gli scarti del compostaggio e gli scarti della raccolta differenziata; i primi sono di origine organica e quindi il loro smaltimento in una discarica controllata sarebbe una forma di sequestro della CO2, mentre i secondi costituiscono un'emissione negativa di CO2 solo negli inceneritori, grazie al recupero energetico. Sarebbero quindi necessari molti calcoli e indagini ulteriori, tuttavia non sembra che le emissioni di gas serra possano essere l'elemento dirimente nella scelta fra discariche e inceneritori, quanto ad esempio l'opzione «rifiuti zero» (per la quale si veda sopra).
Note
- ^ Dati tratti da Analisi e comparazione delle tecnologie più idonee per il secondo impianto di trattamento area Nord dei rifiuti urbani, assimilati e fanghi della provincia di Torino
- ^ (EN) Ministero per l'Ambiente dei Paesi Bassi: "National waste management plan", 2003
- ^ Rapporto Rifiuti 2005 dell'Osservatorio Nazionale dei Rifiuti, capitolo 2, vol. 1.
- ^ Dato menzionato nello studio sul futuro inceneritore torinese del Gerbido.
- ^ Iorisparmio.eu: Il termovalorizzatore di Brescia è "il migliore del mondo"
- ^ (EN) WTERT Waste-to-Energy Research and Technology Council
- ^ (EN) Martin GmbH
- ^ Ultimi dati disponibili pubblicati dalla Provincia di Brescia.
- ^ Fatto citato nelle Note preliminari relative allo Studio di Impatto Ambientale del progetto di “impianto di termovalorizzazione dei rifiuti della provincia di Torino
- ^ Sul combustibile, si segnalano alcuni timori: esso deve (per legge) avere caratteristiche tali da scongiurare quanto più possibile un eventuale rilascio di sostanze nocive nell'ambiente durante la fase di deposito e trasporto prima dell'utilizzo.
- ^ a b c Mario Tozzi, L'Italia a secco: la fine del petrolio e la nuova era dell'energia naturale, Rizzoli, 2006.
- ^ apat.gov.it: Gestione dei rifiuti.
- ^ Relazione di De Stefanis sul recupero energetico nel ciclo integrato di gestione dei rifiuti
- ^ Il recupero di energia dalla combustione di rsu.
- ^ http://www.torinoscienza.it/img/pdf/it/s10/00/0023/00002379.pdf .
- ^ Scheda monografica riassuntiva sul recupero di energia da rifiuti, p. 5.
- ^ Infatti l'11% delle scorie, secondo i dati citati, non viene recuperato nell'impianto di Noceto.
- ^ N. Lapa et al., Ecotoxicological assessment of leachates from MSWI bottom ashes, waste Management 22 (2002) 583-593
- ^ Per i dettagli ed i dosaggi, si veda: Pietro Appendino, Monica Ferraris, Ildiko Matekovits, Milena Salvo, Vetrificazione e riutilizzo di ceneri provenienti da inceneritori di rifiuti solidi urbani, Dipartimento di Scienza dei materiali e Ingegneria chimica del Politecnico di Torino.
- ^ a b Note in materia di CIP/6 e Certificati Verdi, a cura del Gruppo Verdi PdCI Senato.
- ^ Dato tratto da Aggiornamento per il terzo trimestre 2007 del prezzo di assegnazione dei diritti CIP 6, 4 luglio 2007.
- ^ a b Dall'approfondimento di Ecosportello.org del 18 settembre 2006 sull'incentivazione dei termovalorizzatori.
- ^ Bilancio ASM SpA http://www.asm.brescia.it/repository/ContentManagement/node/N1799067182/Bilancio_2006.pdf (pag 258) Si segnala che il documento viene spesso spostato di posizione sul sito.
- ^ Notizia da edilportale.com.
- ^ QualEnergia anno V n. 1, gennaio-febbraio 2007.
- ^ La Corte di Giustizia Europea (C 458/00 del 13.02.2003) ha chiaramente sancito che l'incenerimento di rifiuti in un impianto dedicato non può essere considerato come "recupero" nemmeno sotto il profilo energetico.
- ^ 20 novembre 2003, risposta E-2935/03IT.
- ^ Recepita in Italia col D.Lgs. 29 dicembre 2003, n. 387.
- ^ L'aggiunta delle parole "o autorizzati" è stato definito un «errore materiale di stesura del testo» in risposta alle polemiche seguite alla modifica a sorpresa del testo nel maxiemendamento, ma evidentemente modifica sostanzialmente il senso della norma e pertanto vi è chi sospetta non si tratti semplicemente di "un caso".
- ^ Dati citati ne La nuova ecologia n. 5 anno XXVII di maggio 2007; per il dibattito sugli effetti della non incentivazione dell'incenerimento, vedi Rifiuti oggi n. 1 anno 17 di gennaio-febbraio-marzo 2007.
- ^ Università degli Studi di Roma "La Sapienza" – Ministero dell'Ambiente, Sostenibilità ambientale della termovalorizzazione dei rifiuti solidi urbani, Rapporto tecnico finale, aprile 2004, citato in Francesco Asdrubali, Gino Moncada Lo Giudice, La termovalorizzazione dei rifiuti solidi urbani, in La Termotecnica, novembre 2004, p. 38.
- ^ Si veda questo articolo con dati relativi al supreamento delle emissioni ed hai costi di gestione degli apparati di filtraggio.
- ^ a b Decreto Legislativo 11 maggio 2005, n. 133: Attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti (da parlamento.it). Informazioni più dettagliate sulle emissioni sono disponibili negli allegati 1 (200 KB), 2 e 3.
- ^ Studio sul futuro inceneritore torinese del Gerbido, p. 34.
- ^ parlamento.it: Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, "Norme in materia ambientale"
- ^ a b c d e f g Studio sul futuro inceneritore torinese del Gerbido, p. 41.
- ^ Sulla base del DL 59/2005, che si applica anche agli inceneritori (come ribadito dall'articolo 4, comma 1b, del DL 133/2005 succitato), i limiti di emissione imposti agli impianti soggetti ad Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) sono basati sulle migliori tecniche disponibili individuate a livello nazionale, ma, per l'articolo 8, «Se, a seguito di una valutazione dell'autorità competente, che tenga conto di tutte le emissioni coinvolte, risulta necessario applicare ad impianti, localizzati in una determinata area, misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l'autorità competente può prescrivere nelle autorizzazioni integrate ambientali misure supplementari particolari più rigorose, fatte salve le altre misure che possono essere adottate per rispettare le norme di qualità ambientale».
- ^ Come previsto dallo stesso DL 133/05 (art. 9, comma 7); si vedano le note all'allegato 1 succitato.
- ^ Si veda ad esempio questo articolo di altreconomia.it (marzo 2006), nel paragrafo dedicato ai rischi da diossina.
- ^ Convegno De Stefanis 09/07/2007.
- ^ Diego Barsotti, Misurate le nanopolveri dell'inceneritore di Bolzano. Presentati in un convegno i dati comparati sulle emissioni delle nanopolveri rilevate con tecnologia tedesca.
- ^ Dioxin, 2005, Wikipedia in lingua inglese, Come funziona un inceneritore?, 2005, Greenpeace Italia
- ^ Fatto menzionato nello studio sul futuro inceneritore torinese del Gerbido, p. 40.
- ^ Inventario europeo delle diossine: (EN) "Releases of dioxins and furans to land and water in Europe" (1999), p. 91 sgg. (dati risalenti al 1994).
- ^ Si ricorda infatti che l'inceneritore, nello scenario ottimale del sistema integrato di gestione dei rifiuti, è solo l'ultimo anello della catena, o il penultimo, e per il materiale non rinnovabile il riciclaggio è sempre la soluzione migliore.
- ^ Studio per il termovalorizzatore del Gerbido, p. 50.
- ^ Il rapporto è superiore all'1:1 in quanto evidentemente ogni atomo di carbonio si lega a due di ossigeno.
Voci correlate
Collegamenti esterni
Quadro normativo
- (EN) Direttiva europea sull'incenerimento dei rifiuti
- Schema sul Piano di sorveglianza e controllo negli impianti di smaltimento di rifiuti (PDF)
Funzionamento degli inceneritori e informazioni generali
- Scheda monografica riassuntiva sul recupero di energia da rifiuti
- Studio sul futuro inceneritore torinese del Gerbido (con una panoramica sugli inceneritori e molti dati interessanti sulle emissioni di inquinanti: Pdf 2,84 MB)
- Atti del convegno «La termovalorizzazione dei rifiuti in Italia: l'esperienza di esercizio e l'applicazione delle nuove tecnologie» (Milano, 22 settembre 2006)
- Zero discarica, 100% recupero, articolo sul riciclaggio delle scorie prodotte dagli inceneritori (14-09-2005)
- Il recupero energetico degli inceneritori:
Valutazioni della termovalorizzazione
- La termovalorizzazione e la politica impiantistica per un corretto smaltimento (PDF)
- Il termovalorizzatore Silla 2 di Milano: uno spunto per l'analisi dei costi economici e ambientali dei termovalorizzatori
- Quando il recupero è energia – Filiere di gestione dei rifiuti a confronto. Tenendo conto di Kyoto
- (EN) Documento del ministero dell'ambiente tedesco sull'impatto ambientale degli inceneritori (PDF)
Esempi di termovalorizzatori
- I termovalorizzatori del gruppo HERA: informazioni varie e dati aggiornati quotidianamente sulle emissioni in atmosfera
- Valutazione di Impatto Ambientale del termovalorizzatore di Trezzo
- Il termovalorizzatore di Trezzo sull'Adda: Cos'è, come funziona, FAQ
- Termovalorizzatore di Ospedaletto con
- Il termovalorizzatore di AER SPA
- Descrizione del termovalorizzatore di Desio (MI)