Carcharodontosaurus

dinosauro teropode del Cretacico superiore
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Carcharodontosaurus (il cui nome significa "lucertola dai denti di squalo") è un genere estinto di dinosauro teropode carcharodontosauride vissuto nel Cretaceo superiore, circa 100-94 milioni di anni fa (Cenomaniano)[1], in quella che oggi è l'Africa nordoccidentale. Due denti appartenenti al genere, ormai andati perduti, furono descritti per la prima volta dall'Algeria dai paleontologi francesi Charles Depéret e Justin Savornin come Megalosaurus saharicus. Uno scheletro parziale inizialmente riferito a questo genere fu raccolto dagli equipaggi del paleontologo tedesco Ernst Stromer durante una spedizione in Egitto nel 1914. Stromer non riferì il ritrovamento egiziano fino al 1931, in cui nominò il nuovo genere Carcharodontosaurus, rendendo la specie tipo C. saharicus. Questo scheletro andò distrutto durante la Seconda guerra Mondiale e in seguito venne ridescritto come l'olotipo di un genere distinto di carcharodontosauride, Tameryraptor.[2] Nel 1995, un cranio quasi completo di C. saharicus, il primo esemplare ben conservato trovato in quasi un secolo, fu scoperto nei Kem Kem Beds marocchini, venendo ufficialmente designato come neotipo del genere nel 2007. Nello stesso anno, i fossili dissotterrati dalla Formazione Echkar del Niger settentrionale furono descritti e denominati come una seconda specie, C. iguidensis, sebbene questa specie potrebbe appartenere a un genere diverso.  

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Carcharodontosaurus
Ricostruzione del cranio di C. saharicus
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SuperordineDinosauria
OrdineSaurischia
SottordineTheropoda
Famiglia†Carcharodontosauridae
Sottofamiglia†Carcharodontosaurinae
GenereCarcharodontosaurus
Stromer, 1931
Nomenclatura binomiale
†Carcharodontosaurus saharicus
(Depéret & Savornin, 1925)
[originariamente Megalosaurus]
Sinonimi
Altre specie

Carcharodontosaurus è uno dei più grandi dinosauri teropodi conosciuti, con la specie tipo che poteva raggiungere una lunghezza stimata di 12-12,5 metri per una massa corporea di circa 5-7 tonnellate. Aveva un cranio grande e leggero con un rostro triangolare. Le mascelle erano armate di denti affilati, ricurvi e seghettati che hanno sorprendenti somiglianze con quelli del grande squalo bianco (Carcharodon carcharias), l'ispirazione per il nome del genere. Sebbene gigante, il suo cranio era reso più leggero da fosse e finestre notevolmente espanse, ma lo rendeva anche più fragile del cranio dei tyrannosauridi. Studi sulla forza del morso e sull'anatomia dei denti dei carcharodontosauridi hanno scoperto che avevano una forza del morso relativamente bassa rispetto ad altri grandi teropodi. Gli arti anteriori erano piuttosto piccoli mentre gli arti posteriori erano robusti e muscolosi. Come la maggior parte degli altri teropodi, aveva una coda allungata per mantenere l'equilibrio.

Il Nordafrica cretacico era un ambiente ricco di teropodi di grandi dimensioni, tra cui entrambe le specie di Carcharodontosaurus e lo spinosauride Spinosaurus, il possibile ceratosauro Deltadromeus e grandi abelisauridi ancora senza nome. Il Nordafrica a quel tempo era ricoperto da foreste di mangrovie e zone umide, creando un hotspot di diversità di pesci, coccodrilliformi e pterosauri.

Descrizione

Diagramma delle dimensioni di C. saharicus (in arancione) a confronto con altri teropodi giganti (sopra).
Confronto delle dimensioni tra il neotipo di C. saharicus (giallo scuro) e l'olotipo di Tameryraptor (giallo brillante) (sotto)

Il genere Carcharodontosaurus comprende alcuni dei più lunghi e pesanti dinosauri carnivori noti alla scienza, per cui diversi scienziati hanno proposto varie stime sulla sua lunghezza; Stromer ipotizzò che C. saharicus avesse più o meno le stesse dimensioni del tyrannosauride Gorgosaurus, il che lo collocherebbe a circa 8-9 metri di lunghezza, sulla base del suo esemplare SNSB-BSPG 1922 X 46 (ora l'olotipo di Tameryraptor). Questo individuo era circa il 15% più piccolo del neotipo, il quale si stima raggiungesse una lunghezza di 12-12,5 metri per un peso di circa 5-7 tonnellate.[3][4][5][6] Ciò renderebbe Carcharodontosaurus saharicus uno dei più grandi dinosauri teropodi conosciuti e uno dei più grandi carnivori terrestri mai vissuti.[7][4] La presunta specie C. iguidensis era molto più piccola, raggiungendo solo i 10 metri di lunghezza e le 4 tonnellate di peso.[4] Come altri carcharodontosauridi, Carcharodontosaurus era un animale robusto con piccoli arti anteriori, una coda allungata e un collo corto. Tuttavia, solo pochi elementi postcranici possono essere riferiti con sicurezza a Carcharodontosaurus, anche se molte ossa isolate dal Sahara sono state riferite al genere senza uno studio dettagliato.[8][9]

Cranio

 
Ricostruzione del cranio di C. saharicus, che mostra il materiale noto in bianco

Il cranio più grande e completo di C. saharicus misurerebbe 1,6 metri una volta completo, più o meno le stesse dimensioni dei più grandi crani di Tyrannosaurus. Nessun cranio appartenente al genere conserva i premascellari, regioni craniche posteriori complete o mandibole. I crani dei carcharodontosauridi tendono a essere più snelli e di costruzione leggera rispetto a quelli dei successivi tyrannosauridi, che presentano una corporatura più robusta e adattamenti per schiacciare e rompere. Il cranio dell'esemplare neotipo si assottiglia verso la parte anteriore in vista laterale, creando un contorno triangolare. Ciò è simile alla forma di altri carcharodontosauridi come Mapusaurus e Giganotosaurus. Il suo cranio era più leggero di quello dei tyrannosauridi, con una finestra antorbitale che componeva oltre il 30% della lunghezza totale del cranio ed era circondata da fosse nelle mascelle (osso mascellare superiore), nei nasali (osso del naso), nei giugali (zigomi) e nei lacrimali (osso orbitale anteriore). Similmente ad altri generi, il nasale è allungato e presenta una faccia anteriore ricoperta da una superficie rugosa. Queste rugosità erano probabilmente estese da una guaine di cheratina, creando strutture rugose simili a piccole corna. Rugosità simili si trovano anche sul lacrimale che sarebbe anch'esso stato ricoperto e ingrandito da una guaina di cheratina.[10] Il tratto più distintivo del cranio di Carcharodontosaurus è l'esterno scolpito delle mascelle, unico per il genere. C. iguidensis presenta fosse antorbitali limitate alla prossimità della finestra antorbitale, una cresta che corre lungo la faccia mediale della mascella e un processo lungo la sua linea mediana. Questi tratti mancano in C. saharicus, differenziando le due specie.[8]

La mascella di SNSB-BSPG 1922 X 46 (ora riferita a Tameryraptor) sarebbe stata lunga 70 centimetri quando completa, mentre la mascella completa del neotipo è molto più grande. In ogni mascella sono presenti 14 alveoli dentari. Parti della scatola cranica sono note anche se gran parte della loro morfologia è la stessa di quella osservata in Giganotosaurus. Tuttavia, C. saharicus presenta una cresta nucale molto più prominente, che sovrasta il tetto del cranio. Le ossa frontali sono saldamente fuse, una caratteristica evidente nella maggior parte dei teropodi.[11] I giugali sono larghi e di forma triangolare. L'articolazione della mandibola era posizionata più indietro dietro il condilo occipitale (dove il collo è attaccato al cranio) rispetto ad altri teropodi.[10] Due frammenti dentari (osso della mandibola) riferiti a C. saharicus da Ibrahim et al. (2020) hanno alveoli profondi ed espansi, tratti riscontrati anche in altri grandi teropodi.[12] Se fossero come Tyrannotitan e Giganotosaurus, il dentario avrebbe avuto un totale di 16 alveoli.[13]

Denti

 
Dente di C. saharicus

Le stime sul numero di denti in Carcharodontosaurus variano a seconda degli studi, ma una recente stima porta a un numero di 30 denti dentari, 8 premascellari e 24 denti mascellari per un totale di 62 denti.[14] I denti dei carcharodontosauridi sono tra i più grandi di qualsiasi gruppo di dinosauri, con un dente mascellare di SNSB-BSPG 1922 X 46 alto circa 6,8 centimetri e largo 3,5 centimetri.[15][16] Tuttavia, sono estremamente sottili, con la maggior parte spessa meno di un centimetro. Le dentellature sono numerose sui margini anteriore e posteriore, con oltre 18-20 dentellature per centimetro di bordo in C. saharicus e fino a 32 per centimetro in C. iguidensis.[8][15] I denti di Carcharodontosaurus sono dritti, appiattiti lateralmente e di sezione trasversale fusiforme. Tuttavia, la dentatura verso la parte posteriore della bocca è diventata più ricurva rispetto a quella della mascella. Il margine posteriore di queste corone è ricurvo e convesso alla sua estremità. Sono presenti rughe dello smalto arcuate su entrambi i lati dorsoventrali delle corone. Queste rughe si curvano verso le dentellature marginali, componendo una forma a fascia lungo le estremità.[10][17][13]

Cervello e orecchio interno

Scatola cranica dell'esemplare UCRC PV12 (sopra), con endocast dello stesso (A–D) e MB. R. 2056 (E–F) (sotto)

Nel 2001, Hans CE Larsson pubblicò la descrizione dell'orecchio interno e dell'endocranio di Carcharodontosaurus saharicus.[18] Partendo dalla parte del cervello più vicino alla punta del muso dell'animale, è il cervello anteriore, seguito dalla parte centrale. La parte centrale è inclinata verso il basso ad un angolo di 45 gradi e verso la parte posteriore dell'animale. La parte centrale è seguita dal cervello posteriore, che è approssimativamente parallelo al cervello anteriore e forma un angolo di circa 40 gradi con la parte centrale.[18] Nel complesso, il cervello di C. saharicus era piuttosto simile a quello di un altro dinosauro suo lontano parente, Allosaurus fragilis.[18] Larsson scoprì che il rapporto del cervello con il volume dello stesso in Carcharodontosaurus era tipico dei rettili piuttosto che degli uccelli.[18] Il Carcharodontosaurus possedeva anche un grande nervo ottico.[18]

I tre canali semicircolari dell'orecchio interno di C. saharicus, se visto di lato, avevano un contorno subtriangolare.[18] Questa configurazione subtriangolare dell'orecchio interno è presente anche in Allosaurus, lucertole, tartarughe, ma non negli uccelli.[18] I canali semi-"circolari" stessi erano in realtà molto lineari, il che spiega la silhouette punteggiata.[18] In vita, il lobo flocculare del cervello si sarebbe proiettato nella zona circondata dai canali semicircolari, proprio come in altri teropodi non-aviari, uccelli e pterosauri.[18]

Classificazione

 
Denti di C. saharicus ancora impiantati nell'osso, ben visibile l'affilato margine seghettato.

Carcharodontosaurus è il genere tipo della famiglia Carcharodontosauridae e della sottofamiglia Carcharodontosaurinae. Questa sottofamiglia contiene lo stesso Carcharodontosaurus e i carcharodontosaurini sudamericani Giganotosaurus, Mapusaurus, Meraxes, Taurovenator e Tyrannotitan; tuttavia, questi generi costituiscono una tribù indipendente, i Giganotosaurini. Originariamente, Carcharodontosauridae era un clade creato da Stromer per Carcharodontosaurus e Bahariasaurus, sebbene il nome rimase inutilizzato fino al riconoscimento di altri membri del gruppo alla fine del XX secolo. Stromer notò la somiglianza delle ossa di Carcharodontosaurus con i teropodi americani Allosaurus e Tyrannosaurus, portandolo a considerare la famiglia parte di Theropoda.[15]

La descrizione di Paul Sereno dei fossili di Carcharodontosaurus nel 1996 portò alla realizzazione di un clade transcontinentale di carcharodontosauridi. Man mano che venivano scoperti più carcharodontosauridi, le loro interrelazioni divennero ancora più chiare. Il gruppo fu definito come tutti gli allosauroidi più vicini a Carcharodontosaurus che ad Allosaurus o Sinraptor dal paleontologo Thomas R. Holtz e colleghi nel 2004.[19] Carcharodontosaurus è meno conosciuto rispetto alla maggior parte degli altri carcharodontosauridi, con Meraxes e Giganotosaurus rappresentati da scheletri quasi completi.[20][21] Membri della famiglia sono stati riconosciuti dal Giurassico superiore al Cretaceo medio di ogni continente eccetto Oceania e Antartide.[7][22][10]

Canale et al. (2022) hanno recuperato Carcharodontosaurus come il primo membro divergente di Carcharodontosaurinae. I risultati del cladogramma delle loro analisi filogenetiche sono visualizzati nel cladogramma sottostante:[20]

Carcharodontosauridae

Neovenator

Concavenator

Eocarcharia

Lajasvenator

Lusovenator

Acrocanthosaurus

Shaochilong

Carcharodontosaurinae

Carcharodontosaurus spp.

Giganotosaurini

Meraxes

Tyrannotitan

Giganotosaurus

Mapusaurus

Nelle loro analisi filogenetiche, Kellermann, Cuesta e Rauhut (2025) hanno recuperato C. iguidensis come un membro non carcharodontosaurino di Carcharodontosauridae, al di fuori del genere Carcharodontosaurus, suggerendo che questa specie appartenga a un genere diverso. Le loro analisi hanno trovato supporto per una relazione di sister taxon di carcharodontosauridi e metriacanthosauridi, che gli autori hanno chiamato come un nuovo clade, Carcharodontosauriformes. I risultati della loro analisi utilizzando OTU (unità tassonomiche operative) unite sono visualizzati nel cladogramma sottostante:[2]

Carcharodontosauriformes

Metriacanthosauridae

Carcharodontosauridae

Lusovenator

Lajasvenator

Acrocanthosaurus

Tameryraptor

Carcharodontosaurus iguidensis

Carcharodontosaurinae

Taurovenator

Carcharodontosaurus saharicus

Giganotosaurini

Meraxes

Tyrannotitan

Mapusaurus

Giganotosaurus

Evoluzione

Rodolfo Coria e Leonardo Salgado hanno suggerito che l'evoluzione convergente del gigantismo nei teropodi potrebbe essere stata collegata a condizioni comuni nei loro ecosistemi.[21] Sereno e colleghi hanno scoperto che la presenza di carcharodontosauridi in Africa (Carcharodontosaurus), Nord America (Acrocanthosaurus) e Sud America (Giganotosaurus), dimostra che il gruppo aveva una distribuzione transcontinentale nel Cretaceo inferiore. Le rotte di dispersione tra i continenti settentrionale e meridionale sembrano essere state interrotte dalle barriere oceaniche formatesi nel Cretaceo superiore, il che ha portato a faune provinciali più distinte, impedendo lo scambio intercontinentale.[10][23] In precedenza, si pensava che il mondo del Cretaceo fosse separato biogeograficamente, con i continenti settentrionali dominati dai tyrannosauridi, il Sud America dagli abelisauridi e l'Africa dai carcharodontosauridi.[24] La sottofamiglia Carcharodontosaurinae, a cui appartiene Carcharodontosaurus, sembra essere stata limitata al continente meridionale del Gondwana (formato da Sud America e Africa), dove erano probabilmente i predatori al vertice della catena alimentare.[19] La tribù sudamericana dei Giganotosaurini potrebbe essere stata separata dai loro parenti africani attraverso la vicarianza, quando il Gondwana si separò dall'Africa durante le età Aptiano e Albiano del Cretaceo inferiore.[25]

Scoperta e denominazione

Primi ritrovamenti

 
Illustrazione obsoleta del cranio e calco endoscopico dell'esemplare SNSB -BSPG 1922 X 46 di Stromer (1936), ora olotipo di Tameryraptor

Nel 1924, due denti di Carcharodontosaurus furono dissotterrati da alcuni tagli nel muro in diverse qanāt vicino a Timimoun, nell'Algeria francese. Questi sedimenti provenivano dalla Formazione intercalare continentale risalente al Cretaceo.[26][27] I fossili furono portati al governatore di Timimoun, il capitano Burté, che li diede al geologo francese Charles Depéret più tardi quell'anno. Nel 1925, Depéret e il suo collega Justin Savornin descrissero i denti come sintipi (esemplari con nome) di una nuova specie di dinosauro teropode, Megalosaurus saharicus. Questi furono i primi fossili di teropodi ad essere descritti dalla regione.[28] Il nome saharicus fa riferimento al deserto del Sahara dove erano stati ritrovati i denti.[29] Il genere Megalosaurus, invece, era un taxon cestino, in cui venivano assegnate diverse specie di grandi teropodi senza una reale giustificazione, tra cui M. saharicus.[30] Successivamente, nel 1927, la specie saharicus venne considerata una specie di Dryptosaurus[27], sebbene tale classificazione fosse ingiustificata.[10][31] Per caso, un'altra specie di Megalosaurus, M. africanus, venne nominata dal paleontologo tedesco Friedrich von Huene sulla base di denti,[31] divenendo in seguito un sinonimo junior di M. saharicus.[32] Entrambi i denti sintipici di M. saharicus sono andati perduti, forse conservati in una collezione in Algeria, Parigi o Lione, e mancano di caratteristiche distintive rispetto ad altri carcharodontosauridi.[8] Nel 1960, il paleontologo francese Albert-Félix de Lapparent riferì la scoperta di altri denti e di diverse vertebre caudali da siti in Algeria appartenenti a Carcharodontosaurus,[9] sebbene alcuni di questi fossili potrebbero appartenere ad altri generi.[32] Autori successivi hanno menzionato ritrovamenti di denti e fossili isolati provenienti da altre province algerine.[26][33]

Tuttavia, i fossili riferiti a C. saharicus furono ritrovati per la prima volta nelle marne vicino ad Ain Gedid, in Egitto, all'inizio di aprile del 1914 dal paleontologo austro-ungarico Richard Markgraf. Le marne di questa regione derivano dalla Formazione Bahariya di età cenomaniana, uno dei tanti siti di età cretacica del Nordafrica.[15][10] A Bahariya, Markgraf collezionò un'ampia raccolta di scheletri di dinosauri per il suo datore di lavoro, il paleontologo tedesco Ernst Stromer del Paläontologisches Museum München (Collezione statale bavarese di paleontologia). Questo scheletro egiziano (SNSB-BSPG 1922 X 46) consisteva in un cranio parziale, inclusa gran parte della scatola cranica, denti, tre vertebre cervicali e una caudale, bacino incompleto, un ungueale manuale, femori e il perone sinistro. Anche un ileo isolato venne tentativamente assegnato a C. saharicus, ma è più probabile che provenga da un ceratosauro.[2][32]

A causa delle tensioni politiche tra l'Impero tedesco e l'Egitto all'allora di proprietà britannica, l'esemplare impiegò anni per arrivare in Germania. Fu solo nel 1922 che vennero trasportati oltreoceano a Monaco, dove vennero descritti da Stromer nel 1931.[34] Stromer riconobbe che i denti dell'esemplare SNSB-BSPG 1922 X 46 corrispondevano alla dentatura caratteristica di quelli descritti da Depéret e Savornin dall'Algeria, il che portò Stromer a conservare il nome della specie saharicus, ma ritenne necessario erigere un nuovo genere per questa specie, Carcharodontosaurus. Il nome deriva dalla somiglianza dei denti, in termini di affilatura e dentellature, con i denti del grande squalo bianco (Carcharodon carcharias).[15] La Seconda guerra Mondiale scoppiò nel 1939, portando alla distruzione dell'esemplare SNSB-BSPG 1922 X 46 e buona parte del materiale proveniente da Bahariya durante un bombardamento britannico su Monaco nella notte tra il 24 e il 25 aprile 1944.[35] Fortunatamente, era stato realizzato un calco endoscopico che sopravvisse alla guerra, rendendolo l'unica reliquia rimasta dell'esemplare. Nel 2025, questo esemplare fu ridescritto come l'olotipo di un genere distinto di carcharodontosauride, Tameryraptor.[2]

Studi recenti

 
Illustrazione del cranio di C. saharicus in vista laterale (premascella accorciata, da Sereno et al. 1996).

Fino al 1995, ci furono poche scoperte di materiale di Carcharodontosaurus, quando il paleontologo americano Paul Sereno trovò un cranio incompleto durante una spedizione intrapresa dall'Università di Chicago. Questo cranio (SGM-Din 1) fu trovato nelle rocce dell'età Cenomaniana della Formazione Lower Douira, Kem Kem Beds a Errachidia, nel Marocco sud-orientale. L'esemplare fu portato all'Università di Chicago e descritto nel 1996 da Sereno e colleghi.[10] Nel 2007, l'esemplare SGM-Din 1 fu ufficialmente designato come il neotipo di C. saharicus a causa della perdita degli esemplari egiziani, dell'età simile e della posizione geografica al materiale precedentemente notato.[8] La tassonomia di Carcharodontosaurus venne messa in discussione da Chiarenza e Cau (2016)[36], che suggerirono che il neotipo di C. saharicus era simile ma distinto dall'olotipo nella morfologia delle placche interdentali mascellari. Tuttavia, il paleontologo Mickey Mortimer ha avanzato l'ipotesi che la differenza suggerita tra il neotipo e l'olotipo di C. saharicus fosse in realtà dovuta ai danni al neotipo.[32] Poiché la designazione del neotipo era conforme all'articolo 75.4 dell'ICZN, i descrittori di Tameryraptor hanno concordato che SGM-Din 1 fosse un neotipo valido.[2]

Diversi altri fossili di C. saharicus sono stati dissotterrati dai letti di Kem Kem, come frammenti mandibolari, una vertebra cervicale e diversi denti.[12][37] Sereno et al. hanno anche riferito una moltitudine di vertebre cervicali descritte come gli spinosauridi Sigilmassasaurus e "Spinosaurus B" a C. saharicus, sostenendo che sarebbero state necessarie robuste vertebre cervicali per supportare i crani dei carcharodontosauridi.[10][8] Ricerche successive hanno dimostrato il contrario, e le vertebre in questione furono attribuite a Spinosaurus aegyptiacus da Ibrahim et al. (2020). Il paleontologo francese René Lavocat è stato il primo a notare la possibile presenza di Carcharodontosaurus in Marocco già nel 1954.[38]

Nel 2007, una nuova specie di Carcharodontosaurus, C. iguidensis, venne nominata dai paleontologi Steve Brusatte e Paul Sereno. I fossili di C. iguidensis furono scoperti durante una spedizione nella Formazione Echkar di Iguidi, Niger, e una mascella parziale (MNN IGU2) venne designata come olotipo. Il nome della specie, iguidensis, deriva da Iguidi, dove sono stati dissotterrati i fossili. Diversi altri resti come una scatola cranica, un lacrimale, un dentario, una vertebra cervicale e una serie di denti sono stati attribuiti a C. iguidensis in base alle dimensioni e alle presunte somiglianze con altre ossa di Carcharodontosaurus.[8] Chiarenza e Cau (2016) hanno identificato il materiale di riferimento di C. iguidensis come appartenente a Sigilmassasaurus (in seguito denominato Spinosaurus sp.)[39] e un non-carcharodontosaurino, pertanto decisero di limitare C. iguidensis all'olotipo in attesa di future ricerche.[36] Un altro carcharodontosauride dai Kem Kem Beds, Sauroniops pachytholus, venne nominato nel 2012 sulla base di un singolo frontale,[40] ed è stato proposto come sinonimo di C. saharicus. Tuttavia, questa sinonimia è stata contestata da altri studiosi,[36][40][41][42] sebbene i descrittori di Tameryraptor abbiano suggerito che Sauroniops fosse un nomen dubium, considerando l'olotipo troppo frammentario.[2] Similmente, il genere sudamericano Giganotosaurus venne sinonimizzato con Carcharodontosaurus da Figueiredo (1998)[43] e Paul (2010)[4], ma nessun altro autore ha seguito questa valutazione.[36]

Paleobiologia

 
Cranio di C. saharicus

Capacità di sollevamento

Un'analisi biomeccanica sulle capacità di sollevamento di Carcharodontosaurus venne condotta dal paleontologo Donald Henderson, curatore dei dinosauri del Royal Tyrrell Museum, e dal paleoartista Robert Nicholls, nel 2015. Gli autori hanno utilizzato modelli 3D dell'animale e di un esemplare subadulto del sauropode Limaysaurus, che sebbene non sia stato ritrovato negli stessi luoghi in cui è stato ritrovato Carcharodontosaurus, è simile ai rebbachisauridi presenti nei Kem Kem Beds. I modelli includevano le dimensioni dei polmoni e di altre strutture pneumatiche dei due, favorendo una simulazione accurata del peso dello scenario. Lo studio di Henderson e Nicholls ha dimostrato che un C. saharicus adulto fosse in grado di sostenere un massimo di 424 kg, metà del peso di un Limaysaurus adulto, con le sue fauci. Tuttavia, due adulti di C. saharicus sarebbero stati in grado di sollevare insieme fino a 850 chilogrammi.[3]

Vista

Cranio di C. saharicus che mostra il suo rostro allungato e sottile e il grado limitato di visione binoculare

Uno studio del 2006 del biologo Kent Stevens ha analizzato le capacità di visione binoculare degli allosauroidi Carcharodontosaurus e Allosaurus, nonché di diversi coelurosauri, tra cui Tyrannosaurus e Stenonychosaurus. Applicando una perimetria modificata ai modelli delle teste di questi dinosauri, Stevens ha dedotto che la visione binoculare del Carcharodontosaurus era limitata, un effetto collaterale del suo grande rostro allungato. Il suo massimo grado di visione binoculare si trovava a quote più elevate, il che suggerisce che Carcharodontosaurus potrebbe aver tenuto abitualmente la testa a un angolo di 40° verso il basso con gli occhi rivolti verso l'alto di conseguenza per ottenere la massima visione binoculare. La gamma di visione osservata in questi allosauroidi è paragonabile a quella dei coccodrilli, il che suggerisce che fossero predatori d'agguato. Probabilmente percepivano la preda tramite la parallasse del movimento tra preda e sfondo, con uno stretto campo visivo binoculare che aiutava i predatori a giudicare le distanze delle prede e il tempo di attacco.[44]

Paleopatologia

Il cranio neotipo di C. saharicus è uno dei tanti individui di allosauroidi a conservare patologie, mostrando segni di morsi, infezioni e fratture osservate anche in Allosaurus e Acrocanthosaurus tra gli altri.[45][46] Questo cranio presenta una ferita circolare nel nasale e "una proiezione anomala dell'osso sul bordo antorbitale".[46] Uno studio successivo ha teorizzato che questo fosse il risultato di morsi craniofacciali da parte di un altro Carcharodontosaurus o un altro teropode.[47]

Paleoecologia

Il C. saharicus condivideva il suo habitat con altri teropodi predatori di grandi dimensioni, vissuti nel Cenomaniano del Nord Africa, sollevando dei dubbi su come tali animali carnivori potessero coesistere, in special modo il colossale Spinosaurus, che ad oggi è il più lungo dinosauro carnivoro conosciuto, e il più piccolo, ma pur sempre di consistenti dimensioni Sigilmassasaurus, entrambi vissuti negli stessi luoghi tra il Marocco e l'Egitto. Oltre ad essi vi erano anche altri due teropodi più piccoli, Deltadromeus e Bahariasaurus. La fauna erbivora invece era più scarsa e caratterizzata dall'iguanodontide Ouranosaurus e dal sauropode Paralititan. Vi erano inoltre numerose specie di coccodrilli, come il gigantesco Sarcosuchus, numerose specie di anfibi e pesci. Il C. saharicus rappresenta il secondo teropode gigante del suo habitat. Tale situazione assomiglia a quella del tardo Giurassico della Formazione Morrison in Nord America, che vantava fino a cinque teropodi giganti più altri più piccoli (Henderson, 1998; Holtz. Et al, 2004). Tuttavia la sostanziale differenza tra i crani dei carnivori del Kem Kem, consentiva ai vari carnivori di occupare nicchie ecologiche diverse e nutrirsi di prede differenti, un po' come succede oggi nelle savane africane (Farlow e Pianka, 2002).

La specie C. iguidensis condivideva il suo habitat con una fauna simile in cui era presente Spinosaurus, Rugops e varie specie di coccodrilli, tra cui Sarcosuchus, Kaprosuchus, Laganosuchus e Araripesuchus.

Nella cultura di massa

  Lo stesso argomento in dettaglio: Dinosauri nella cultura di massa § Carcharodontosaurus.

Il Carcharodontosaurus è conosciuto dal pubblico come uno dei Dinosauri carnivori più grandi mai vissuti, insieme al Tyrannosaurus Rex, Giganotosaurus e Spinosaurus. Alcune volte viene tuttavia confuso con il Giganotosaurus per via della “parentela” che questi due animali hanno.

Compare nel documentario della BBC Planet Dinosaur dove lo si vede affrontare uno Spinosauro, dove però lo Spinosauro ha la meglio allontanando l’animale dopo avergli provocato profondi graffi sul corpo.

Compare anche nei giochi di Jurassic Park: Jurassic Park: Operation Genesis, Jurassic World Evolution, Jurassic World Evolution 2 e Ark: Survival Evolved. Compare anche come giocattolo, della Mattel basato su Jurassic World - Nuove avventure (anche se non è mai apparso nella serie).

Note

  1. ^ Holtz, Thomas R. Jr. (2012) Dinosaurs: The Most Complete, Up-to-Date Encyclopedia for Dinosaur Lovers of All Ages, Winter 2011 Appendix.
  2. ^ a b c d e f (EN) Maximilian Kellermann, Elena Cuesta e Oliver W. M. Rauhut, Re-evaluation of the Bahariya Formation carcharodontosaurid (Dinosauria: Theropoda) and its implications for allosauroid phylogeny, in PLOS ONE, vol. 20, n. 1, 14 gennaio 2025, pp. e0311096, DOI:10.1371/journal.pone.0311096.
  3. ^ a b D.M. Henderson e R. Nicholls, Balance and Strength—Estimating the Maximum Prey-Lifting Potential of the Large Predatory Dinosaur Carcharodontosaurus saharicus, in The Anatomical Record, vol. 298, n. 8, 2015, pp. 1367–1375, DOI:10.1002/ar.23164.
  4. ^ a b c d Gregory S. Paul, The Princeton Field Guide to Dinosaurs, Princeton University Press, 2016, pp. 103–104, ISBN 978-1-78684-190-2.
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