Napoli

comune italiano, capoluogo dell'omonima città metropolitana e della regione Campania

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«Chist'è 'o paese d' 'o sole,
chist'è 'o paese d' 'o mare,
chist'è 'o paese addó tutt' 'e pparole,
so' doce o so' amare,so' sempe parole d'ammore!»

«Napule è mille culure
Napule è mille paure
Napule è a voce de' criature
che saglie chianu chianu
e tu sai ca nun si sulo.»

Napoli (Napule in napoletano), "la capitale del mediterraneo", capoluogo della provincia omonima e della regione Campania, è una città di circa un milione di abitanti e 4.400.000 persone nell'area metropolitana (comprendente anche zone della provincia di Caserta, Avellino e Salerno). Napoli, la terza città d'Italia per numero di abitanti, è il più grosso agglomerato urbano del paese dopo quello di Milano ed è settima nella classifica delle aree urbane più popolose d'Europa. E' da notare inoltre che a Napoli risiede un quinto dell'intera popolazione regionale e nella sua provincia oltre la metà di essa.

La "maliosa città", secondo le parole di Vittorio De Sica nel film del 1954 "La baia di Napoli", è una delle più belle città d'Italia, sul golfo di Napoli, tra il Vesuvio e l'area vulcanica dei Campi Flegrei.
Il suo centro storico, conosciuto in tutto il mondo è meta di turisti provenienti da ogni parte del mondo. NOTE: E' uno dei siti che l'UNESCO ha dichiarato patrimonio dell'umanità.


Storia

  Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Napoli.


Evoluzione demografica

Abitanti censiti in migliaia[1][2]


Amministrazioni

 
Vista della città di sera

L'attuale comune è composto dalla città storica (corrispondente ai quartieri circoscrizionali di Avvocata, Chiaia, Mercato, Montecalvario, Pendino, Porto, Posillipo, San Carlo all'Arena, San Giuseppe, San Lorenzo, Stella, Vicarìa), da alcune frazioni fuse con la città a varie fasi anche per volere di Gioacchino Murat (Arenella, Bagnoli, Miano, Piscinola, Rione Flegreo o Fuorigrotta, Vomero) e dai comuni aggregati durante il regime fascista (attualmente suddivisi nei quartieri di Barra, Chiaiano, Marianella, Pianura, Soccavo, Ponticelli, San Giovanni a Teduccio, San Pietro a Patierno, Secondigliano e Scampìa).

I quartieri più popolosi sono quelli corrispondenti al territorio dei comuni aggregati sotto il fascismo. La sovrappopolazione di tali zone, che fanno da sole i due terzi della popolazione della città, è dovuta principalmente alla scelta politica - poi rivelatasi fallimentare - di individuare in quei luoghi le aree in cui realizzare gli agglomerati ex lege 167/1962 (edilizia residenziale pubblica) e lege 219/1981 (edilizia residenziale pubblica per i terremotati del 1980). Questa improvvisa 'periferizzazione' di tali aree, senza che fossero approntate adeguate infrastrutture funzionali all'edilizia popolare che vi si andava sviluppando, ha portato sul medio periodo a degli indubbi disagi sociali che sono sfociati nella formazione di folti gruppi microdelinquenziali. Negli ultimi anni il Comune si sta adoperando, anche grazie ai fondi della legge 328/2000, per tentare di ristabilire gli equilibri in queste aree, rimaste profondamente segnate dalla perdita della propria identità. La denominazione dei confini e dei quartieri è stata definita con delibera del consiglio comunale tenendo conto, quali criteri generali, delle denominazioni storiche e dei confini amministrativi degli ex comuni autonomi.

 
Rosa Russo Iervolino ed Antonio Bassolino, gli ultimi due sindaci di Napoli

I quartieri sono raggruppati in 21 circoscrizioni (Chiaia - San Ferdinando - Posillipo, San Lorenzo - Vicarìa, Mercato - Pendino, Avvocata - Montecalvario - San Giuseppe - Porto, Stella - San Carlo all'Arena, Bagnoli, Soccavo, Pianura, Vomero, Arenella, Marianella - Piscinola, Miano, Chiaiano, Secondigliano, San Pietro a Patierno, Poggioreale, Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio, Scampìa e Fuorigrotta, che corrisponde al territorio del quartiere Rione Flegreo), con poteri per lo più consultivi. Per ogni circoscrizione sono presenti una o più sezioni comunali, i cui servizi demografici sono coordinati dai servizi anagrafe circoscrizionali, ognuna delle quali detiene un proprio ufficio di stato civile (con registri separati per singolo quartiere).

Il CAP in dettaglio

Tutti i codici di avviamento postale di Napoli suddivisi per quartieri e zone (il CAP generico è 80100).

  • 80121 quart. Chiaia
  • 80122 quart. San Ferdinando
  • 80123 quart. Posillipo
  • 80124 quart. Bagnoli (parte)
  • 80125 quart. Bagnoli (zona Agnano Terme)
  • 80125 quart. Rione Flegreo - Fuorigrotta
  • 80126 quartt. Pianura e Soccavo
  • 80127-80129 quart. Vomero
  • 80128 quart. Arenella (parte)
  • 80131 quart. Stella (zona Colli Aminèi)
  • 80131 quart. Arenella (zona rione Alto)
  • 80132 limite tra i quartt. Chiaia e Montecalvario
  • 80133 quart. Porto
  • 80134 quart. Montecalvario
  • 80135 quart. Avvocata
  • 80136 quart. San Lorenzo rione Sanità
  • 80136 quart. Stella località Capodimonte (parte)
  • 80137 quartt. San Carlo all'Arena e Stella (parte)
  • 80138 quart. San Giuseppe
  • 80139 quart. San Lorenzo
  • 80141 quart. Vicarìa
  • 80142 quartt. Mercato e Pendino
  • 80143 quartt. Poggioreale e Zona industriale
  • 80144 quartt. San Pietro a Patierno, Scampìa, Secondigliano
  • 80145 quartt. Chiaiano, , Miano, Piscìnola
  • 80146 quart. San Giovanni a Teduccio
  • 80147 quartt. Barra e Ponticelli

Sistemi di trasporto

  Lo stesso argomento in dettaglio: Metropolitana di Napoli.

Monumenti storici e luoghi notevoli

 
File:Napoli di sera di alessandro zarcone.jpg
  Bene protetto dall'UNESCO
Centro storico di Napoli
 
TipoArchitettonico, artistico
CriterioC (ii) (iv)
PericoloNessuna indicazione
Riconosciuto dal1995
Scheda UNESCO
  Lo stesso argomento in dettaglio: Monumenti di Napoli.

Napoli è spesso scelta dai turisti come punto di riferimento per visitare le attrazioni dei dintorni, come Pompei, la Reggia di Caserta, Capri, Ischia la Costiera amalfitana; ma la città stessa è ricca di un patrimonio culturale senza eguali che negli ultimi anni è stato fortemente rivalutato grazie anche a eventi annuali quali il Maggio dei Monumenti e iniziative artistiche e culturali.

Palazzi storici e musei

File:Napoli-Castel dell'Ovo.jpg
Castel dell'Ovo

Napoli è particolarmente nota per i suoi castelli: il Castel dell'Ovo che è parte integrante del notissimo panorama del Golfo; il Castel Capuano fatto edificare da Guglielmo I il Malo, succeduto a Ruggero II , al termine del Decumano maggiore; il Maschio Angioino o Castel Nuovo che domina il Largo del Castello e la piazza Municipio; il Castel Sant'Elmo che sovrasta la città dall'alto della collina del Vomero, in compagnia della Certosa di San Martino. Sciagurate decisioni urbanistiche nei primi anni del XX secolo hanno ridotto il 5° Castello,del Carmine,a un paio di torrioni spartitraffico.

Il Castel dell'Ovo è così chiamato perché secondo la leggenda Virgilio vi nascose nelle segrete un uovo che reggeva tutta la struttura dell'edificio, e che nel momento in cui fosse stato rotto avrebbe fatto crollare il castello e portato catastrofi alla città. Esso sorge sull'isolotto di Megaride, dove nel VII secolo a.C. sbarcarono i Cumani che fondarono Partenope. Vi fu costruita la villa del romano Lucio Licinio Lucullo, fortificata da Valentiniano III e che ospitò il deposto ultimo imperatore romano Romolo Augusto, mortovi poco dopo. Dopo alterne vicende, nel XII secolo fu ricostruito dai Normanni e poi ristrutturato dagli Aragonesi. Attualmente vi si svolgono mostre e convegni e l'ingresso è libero. Notevole la maestosità della fortezza e la terrazza dei cannoni. Molto caratteristico il Borgo marinaro che si sviluppa alla base dell'edificio.

Il Castel Capuano fu costruito nel 1153 da Guglielmo I di Sicilia e, sebbene adibito a Reggia fortificata, vide ben poca vita di corte. Infatti l'allora Regno di Sicilia aveva la Capitale a Palermo. Con l'avvento degli Svevi, Federico II soggiornò spesso a Napoli e curò in particolare la fortificazione del Castello strategicamente posizionato sulla principale via d'accesso alla città da terra. Fino all'avvento della Dinastia Aragonese, la Porta Capuana era posizionata proprio dinanzi al Castel Capuano. Quella che conosciamo, la rinascimentale, fu fatta edificare poco discosto da Ferrante d'Aragona ad opera di Giuliano da Maiano. Le caratteristiche di fortezza si accentuarono con gli Aragonesi ma, con la fine della Dinastia, e la Corona passata ai Monarchi spagnoli, fu il Vicerè Don Pedro di Toledo che diede al Castello il suo ultimo "abito", riunendo in esso i Tribunali, e cioè: Sacro Regio Consiglio (corrispondente all'odierna Cassazione), Gran Croce della Vicaria (i Tribunali civili e penali), Sommaria (all'incirca la Commissione Tributaria), Tribunale della Bagliva per cause al di sotto di un valore di 30 carlini (una sorta di Pretura) e il Tribunale della Zecca competente per bolli, pesi e misure. In pratica, per i successivi 500 anni, Castelcapuano è stato sinonimo di Tribunali. Solo da pochi anni è iniziato il trasferimento degli Uffici Giudiziari nei moderni edifici del Centro direzionale.

Il Maschio Angioino, o, più correttamente Castelnuovo fu costruito tra il 1279 e il 1282 da Carlo I d'Angiò ed adibito a palazzo reale sotto la sua dinastia. Al tempo di Roberto d'Angiò vi soggiornarono tra gli altri Petrarca e Boccaccio. Dopo la conquista aragonese, il castello fu completamente rifatto e del vecchio edificio nulla rimane, salvo la Cappella di Santa Barbara. Le ricerche d'archivio non consentono, tuttora, di stabilire l'aspetto della costruzione precedente. Imponenti le cinque torri di piperno e tufo che delimitano le spesse mura. Procedendo in senso antiorario, si susseguono le torri di San Giorgio, di Mezzo e di Guardia, dell'Oro (unica in tufo giallo) e del Beverello. L'arco di trionfo in marmo, fra le torri di Mezzo e di Guardia, fu costruito alla metà del '400 da Francesco Laurana e celebra l'entrata di Alfonso I d'Aragona in Napoli il 26 febbraio 1443. Il fossato, oggi prosciugato, avrebbe ospitato secondo una leggenda, un coccodrillo che azzannava gli sventurati rinchiusi nelle segrete del Castello, da qui denominate fosse del coccodrillo. La monumentale Sala dei Baroni, che oggi ospita le riunioni del Consiglio comunale, era la sala centrale del castello. Fu così chiamata perché nel 1487 vi furono arrestati i baroni che congiurarono contro Ferrante I d'Aragona, da lui appunto riuniti lì per celebrare le nozze della nipote. Oggi l'edificio ospita il Museo Civico. Il Castello entrò anche nella storia del Papato per le dimissioni di un Pontefice: nella sua Sala centrale, Pietro da Morrone, salito al Soglio come Celestino V, nel dicembre 1294 - come ricorda Dante - "fece per viltade il gran rifiuto" aprendo la strada all'ascesa di quel Bonifacio VIII che il Sommo Poeta dipinse a fosche tinte, dopo un Conclave tenutosi nello stesso locale.

Il Castel Sant'Elmo fu edificato sulla cima della collina del Vomero verso il 1275 da Carlo I d'Angiò col nome di Belforte. Completamente ristrutturato tra il 1538 e il 1546 dal viceré Don Pedro de Toledo, assunse l'attuale pianta a stella. Fu teatro delle ultime disperate difese dei patrioti della Repubblica napoletana contro la reazione borbonica nel 1799. Oggi ospita spesso eventi di livello internazionale grazie alla sua vastità e imponenza e grazie al bellissimo panorma che offre sulla città.

 
Palazzo Reale

Il Palazzo reale è stato fulcro del potere a Napoli dal 1600 al 1946. Edificato per volere del viceré Fernando Ruiz de Castro, fu relizzato da Domenico Fontana (di cui particolarmente notevole è la monumentale facciata su Piazza Plebiscito) e rimaneggiato più volte dai vari sovrani. Le sale sono sontuosamente arredate e affrescate in stili spesso diversi a seconda dei sovrani che vi abitarono. Di particolare magnificenza lo Scalone d'Onore in marmo. Il giardino esotico fu realizzato nel 1841. La facciata fu arricchita alla fine dell'Ottocento dalle grandi statue dei principali re di Napoli: Ruggero il Normanno, Federico II di Svevia, Carlo I d'Angiò, Alfonso I d'Aragona, Carlo V d'Asburgo, Carlo III di Borbone, Gioacchino Murat, Vittorio Emanuele II di Savoia,quest'ultimo, a rigore, incongruo. Ovviamente, nel 1946 termina la funzione specifica del Palazzo.

La Reggia di Capodimonte fu edificata da Carlo III nel Settecento nella già preesistente riserva di caccia dell'omonima collina. Vi abitarono Ferdinando IV e Gioacchino Murat, e nel 1950 è diventata Museo Nazionale, come previsto originariamente. Nei saloni ospita opere di Michelangelo, Raffaello, Botticelli, Caravaggio e Tiziano nonché un'importante collezione di porcellane. Il vasto parco che circonda il palazzo è il principale polmone verde della città e meta favorita delle famiglie napoletane nei finesettimana.

Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, in origine Real Museo Borbonico fu inizialmente previsto a Capodimonte per ospitare la collezione di marmi farnesiani che Carlo di Borbone aveva ereditato dalla madre. Con la scoperta delle città sepolte dall'eruzione del Vesuvio, Pompei ed Ercolano, la gran copia di reperti rinvenuti, indusse il Sovrano a creare un Museo di maggior respiro utilizzando l'edificio seicentesco del Largo delle Pigne, già caserma di cavalleria e all'epoca sede dell'Università. I lavori di adattamento si protrassero sino al 1818 e fu quindi Ferdinando I a vederne il completamento. Attualmente contiene un'ampia raccolta di manufatti risalenti all'epoca romana, provenienti dai siti di Pompei ed Ercolano, marmi, mosaici, nonché una delle più importanti raccolte egiziane, comprensiva di alcune delle mummie meglio conservate esistenti. È considerato il museo archeologico più importante d'Europa.

Il Teatro San Carlo, inaugurato il 4 novembre del 1737 è il più vecchio teatro d'opera attivo oggi in Europa. Per le dimensioni e per concezione ha rappresentato il prototipo dei teatri lirici costruiti successivamente.Per la città fu la più che degna cornice della grande scuola musicale napoletana.

Nel 1816 fu restaurato in seguito a un incendio, e l'attuale facciata, la loggia e l'atrio risalgono ad allora. Tra i direttori artistici del teatro si annoverano Gioacchino Rossini e Gaetano Donizetti.

Chiese

Guardando la città dall'alto la prima cosa che attira l'osservatore è l'enorme numero di cupole e croci che contraddistinugono le molteplici chiese. Napoli nel 700 veniva soprannominata "la città dalle 500 cupole"; tutt'oggi risulta che la città partenopea abbia il più alto numero di edifici religiosi al mondo.

Tra i principali spicca il monastero di Santa Chiara, nel cuore del centro storico della città, edificato tra il 1310 e il 1340 per volere di Roberto d'Angiò. All'originale pianta gotica seguì una ristrutturazione barocca nel Seicento, finché nel 1943 non venne quasi interamente distrutta dai massicci bombardamenti degli Alleati e completamente restaurata nella sua originale forma gotica. L'interno, che colpisce per la vastità e la semplicità, ospita la tomba del re Roberto dietro l'altare maggiore e tra i sepolcri delle cappelle vi è quello della regina Maria Cristina di Savoia e dell'eroe nazionale Salvo d'Acquisto, il carabiniere che sotto l'occupazione nazista si sacrificò per salvare alcuni civili innocenti. Di qualità artistica notevole è il chiostro maiolicato delle Clarisse, una piccola oasi di pace in un giardino delimitato da un chiostro rivestito di mattonelle in maiolica policroma del Settecento.

La Chiesa del Gesù Nuovo è sita nella piazza omonima, nei pressi di Santa Chiara. Inaugurata nel 1597, fu voluta dai gesuiti ed edificata sul sito dove già si trovava il palazzo Sanseverino del principe di Salerno. In puro stile barocco, l'interno è riccamente decorato con stucchi in oro, statue ed affreschi (la maggior parte dei quali di Belisario Corenzio); vi si onorano numerosi santi, tra cui Ignazio di Loyola e Giuseppe Moscati. La facciata, appartenente al palazzo preesistente, è in piperno, con bugne a diamante e precede di un trentennio circa la similare del ferrarese Palazzo dei Diamanti.

Il Duomo assume un'importanza centrale sul piano storico. Sul suo sito esisteva probabilmente un tempio ad Apollo, e la prima cattedrale fu fatta edificare da Costantino nel IV secolo. Il Duomo vero e proprio fu costruito sotto gli Angiò, ma rimaneggiato continuamente nei secoli al punto da essere un insieme di vari stili: facciata pseudo neogotica costruita nell'Ottocento, portali in gotico fiorito, interni in buona parte barocchi: in particolare in puro barocco napoletano è la Cappella del Tesoro. Fulcro della chiesa, la Cappella ospita la statua bronzea di San Gennaro e 51 statue d'argento dei "compatroni". Il tesoro è formato da varie donazioni di sovrani e ricchi devoti, tra cui spicca la mitra d'argento di Matteo Treglia arricchita di pietre preziose. Nella Cappella è anche custodito il cranio del santo e soprattutto l'ampolla che racchiude il suo sangue, oggetto del "miracolo" più celebre del mondo, quello della liquefazione.

La chiesa di San Domenico Maggiore è anch'essa frutto di una stratifcazione di stili: edificata tra il 1283 e il 1324 sotto Carlo II d'Angiò, fu poi restaurata dopo vari dissesti nel Seicento in chiave barocca ma un tentativo di riproporne l'originale assetto gotico fu fatto nell'Ottocento. Nel Cappellone del Crocifisso è conservato appunto un crocifisso che si dice abbia parlato a Tommaso d'Aquino, il quale insegnò teologia nell'attiguo convento all'epoca Università. La Sacrestia è affrescata con Il trionfo dell'Ordine Domenicano (che appunto abitavano la chiesa) di Francesco Solimena e vi sono sepolti sovrani e nobili Aragonesi.

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La lapide dedicatoria di Alessandro de'Sangro (1613) sull'ingresso della Cappella Sansevero

La Cappella Sansevero fu probabilmente edificata da Giovan Francesco di Sangro duca di Torremaggiore nel 1590 e successivamente adibita dal nipote, Alessadnro, ad ospitare le tombe della famiglia San Severo. Tra le numerosissime e importanti statue volute, dal 1744 al 1770 circa da Raimondo di Sangro, VII Principe di Sansevero, spiccano La Pudicizia di Antonio Corradini, particolare per la sua sensualità, ed il celeberrimo Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino del 1753 in cui sgomenta la capacità artistica di riprodurre l'effetto del velo marmoreo sul corpo del Cristo: l'opera attirò il Canova nel suo soggiorno napoletano, al punto che tentò invano di acquistarla.(*)

Va anche ricordata la trecentesca chiesa di San Giovanni a Carbonara, fondata ad opera del nobiluomo Gualtiero Galeota nella quale si trova il monumento funebre del re Ladislao. Sulle pareti sono presenti affreschi di scuola giottesca, e notevole è anche il pavimento maiolicato della cappella Caracciolo del Sole realizzata nel 1427.

Per concludere questa carrellata comunque incompleta, da citare è San Lorenzo Maggiore. Edificata da Carlo I d'Angiò nel Duecento sul sito di una chiesa paleocristiana i cui resti sono stati riportati recentemente alla luce, come sempre fu rimaneggiata nei secoli ed è un misto di barocco e gotico. La torre del campanile fu teatro della rivolta di Masaniello. Nell'interno sono ospitate le tombe di Caterina d'Austria, Carlo e Giovanna di Durazzo, Roberto d'Artois. In questa chiesa Giovanni Boccaccio incontrò il suo amore Fiammetta, e Francesco Petrarca vi pregò la notte del 4 novembre 1343 terrorizzato dalla predizione di una spaventosa tempesta fatta da un eremita.

Piazze, strade e luoghi tipici

Tra le arterie principali di Napoli vi è di certo Via Toledo, fino a pochi anni fa denominata "Via Roma", nome attribuitole il 18 Ottobre 1870. Da qualche anno ha ripreso il nome che ricorda il viceré Pedro de Toledo che la edificò nel 1536. Grazie alla pedonalizzazione , la lunga strada è ora fulcro dello shopping cittadino con i suoi numerosi negozi (soprattutto di abbigliamento) e del turismo con i suoi eleganti palazzi che vi si affacciano: il monumentale Banco di Napoli, palazzo Doria D'Angri, palazzo Colonna di Stigliano, la chiesa dello Spirito Santo, piazzetta Augusteo, l'accesso est della galleria Umberto I. Si collega a piazza Trieste e Trento (San Ferdinando per i napoletani) e a quella del Plebiscito da un estremo, dall'altro allo Spirito Santo. Il tratto successivo, sino a Piazza Dante ha conservato il toponimo Via Roma.

 
Piazza Plebiscito

Tra le piazze maggiori di Napoli vi è Piazza del Plebiscito, dove hanno luogo manifestazioni e concerti che l'hanno resa celebre tra gli italiani. Su di essa si affaccia il Palazzo Reale e la particolare forma è data dal colonnato semicircolare della basilica di San Francesco di Paola, che forma un'ellisse nei cui fuochi sono poste due statue equestri, una di Antonio Canova raffigurante Carlo III e l'altra di Antonio Calì raffigurante Ferdinando IV. Molto care ai napoletani le statue dei leoni sul basamento ai lati del colonnato. La sua riscoperta è avvenuta sotto le amministrazioni degli anni '90 che l'hanno trasformata da parcheggio pubblico a centro turistico e luogo di iniziative culturali: nel cuore della piazza ogni anno nel periodo natalizio vengono relizzate opere artistiche, attorno alle quali si dividono le opinioni dei curiosi cittadini che accorrono ad osservarle.

Più antica è Piazza Dante: tra il Cinquecento e il Seicento era detto "Mercatello" perché vi si tenevano i mercati 'periferici', ma tra il 1757 e il 1765 fu completamente ricostruita sotto Carlo III da Luigi Vanvitelli, che edificò il monumentale emiciclo sulla cui sommità eresse ventisei statue raffiguranti le virtù del sovrano. Al centro della piazza la statua equestre di Carlo non fu mai posta, venne occupata dall'albero della libertà durante la Repubblica napoletana e poi dalla statua di Napoleone Bonaparte durante il regno di Murat. L'attuale statua di Dante Alighieri che dà il nome alla piazza fu posta dopo l'unità d'Italia. Al lato nord vi è Port'Alba col suo mercato dei libri e al lato sud la chiesa di San Michele. Nel 2002 è stata ristrutturata su progetto dell'architetto Gae Aulenti e resa ancora più spaziosa per ospitare la fermata della metroplitana. L'edificio vanvitelliano ospita il Convitto e Liceo Vittorio Emanuele.

La zona di San Gregorio Armeno attira tra novembre e gennaio frotte di turisti da tutto il mondo. Vi si tiene il mercato del presepe, la grande tradizione natalizia napoletana, e le botteghe espongono i modelli più raffinati e più singolari di pastori, santi, gesù bambini e altre amenità. La via prende il nome dell'importante chiesa omonima, costruita tra il 1574 e il 1580 con affreschi interni di Luca Giordano. Ogni martedì vi si tiene il miracolo della liquefazione del sangue del dente di Santa Patrizia.

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Scorcio di San Gregorio Armeno

Centrale è la zona di piazza del Gesù Nuovo e dell'attigua via Benedetto Croce meglio conosciuta come Spaccanapoli: sulla piazza si affaccia la chiesa omonima mentre al centro si erge il monumentale obelisco alto 34 metri sulla cui cima è posta la statua bronzea della Madonna Immacolata eretta nel 1747. L'8 dicembre di ogni anno vi si tiene la cerimonia della posa di una corona di fiori sulla statua in cima alla colonna. Via Benedetto Croce prende invece il nome del grande filosofo napoletano d'origini abbruzzesi che in quella strada - e precisamente a Palazzo Filomarino - visse i principali anni della sua vita e fondò l'Istituto di Studi Storici. Ai lati della strada si affacciano palazzi storici, fino alla chiesa di Santa Chiara.

Il lungomare di Napoli prende il nome di Via Caracciolo, in onore dell'ammiraglio Francesco Caracciolo fatto impiccare da Orazio Nelson sulla nave Minerva (già da lui comandata) nel golfo della città, per la sua adesione alla Repubblica Napoletana. La strada in realtà è recente, risale alla fine dell'Ottocento quando sostituì l'arenile che la Villa Reale (con l'Unità, Villa Comunale) separava dalla Riviera di Chiaia(**). Il lungomare si snoda per chilometri di passeggiata con vista e, dopo Castel dell'Ovo prende il nome di Via Partenope, realizzata con riempimenti a mare. Il toponimo ricorda che in quella zona è sorto il primo nucleo della città. Negli ultimi anni l'amministrazione comunale ha reso balneabili le sottili spiagge vicino alle scogliere artificiali.

Parchi e tempo libero

La Villa Reale (Comunale dall'Unità) fu fatta realizzare da Ferdinando IV su disegno del Vanvitelli nel 1780 per dare alla nobiltà napoletana un oasi di gran ricercatezza sull'allora lungomare Riviera di Chiaia, impreziosendola di statue, fontane e alberi esotici ma proibita al popolo. Ben diversamente, oggi la Villa è tra le mete preferite dai napoletani, soprattutto da quando una ristrutturazione negli ultimi anni '90 ha permesso di chiuderla nelle ore notturne, sottraendola al degrado. Questo è avvenuto al prezzo di diverse alterazioni rispetto al disegno originale, tra cui la distruzione dell'ottocentesco recinto di ghisa e dei lampioni di bronzo che ne ornavano il perimetro. Al suo interno di primaria importanza è la Stazione zoologica Antonio Dohrn, aperta al pubblico nel 1874: si tratta dell'acquario di Napoli e sito in un edificio neoclassico. È uno degli acquari più antichi e più famosi d'Europa.

Oltre al già citato Parco di Capodimonte, attualmente principale polmone verde della città, la cui pianta odierna fu realizzata dal tedesco Friedrich Dehenhard nel 1833, è da citare la Villa Floridiana. Il parco prende il nome da Lucia Migliaccio duchessa di Floridia, moglie morganatica di Ferdinando IV, che appunto abitò in questa villa del Vomero il cui grande parco fu relizzato nel 1817 da Dehenhard e Antonio Niccolini in stile neoclassico con statue, finte rovine, boschetti, anfratti e un teatrino di verzura all'aperto. Nella villa attualmente ha sede il Museo delle Ceramiche Duca di Martina mentre la zona panoramica sul golfo è da anni in ristrutturazione.

Le coste napoletane ospitano inoltre l'unico esempio nel Mediterraneo e probabilmente al mondo di Parchi archeologici sommersi. Sono stati infatti istituiti congiuntamente dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali i Parchi Sommersi di Baia e di Gaiola. Le due aree marine protette localizzate sulla costa rispettivamente sulla punta della Penisola di Posillipo (Gaiola) e sulla Riva Puteolana nel Comune di Bacoli (Baia). Entrambe le due aree marine ricadono nel più ampio ambito del Parco dei Campi Flegrei e riuniscono straordinari valori ambientali all'unicità di reperti archeologici di età Romana unici al mondo per valore ed estensione, sommersi nel corso dei secoli da un fenomeno di Bradisismo negativo che ha causato l'affondamento della costa di circa 6/8 metri. Inoltre la provincia di Napoli ospita il Parco Nazionale del Vesuvio, uno dei più interessanti esempi di protezione di un'area vulcanica di interesse storico. Sono inoltre aree protette l'Isola di Vivara nella sua interezza, la quasi totalità della penisola Sorrentina (Area Marina Protetta di Punta Campanella) ed è in fase di costituzione il sistema di aree protette denominato Regno di Nettuno che andrà a ricomprendere le isole di Capri, Ischia, Procida, e le zone costiere di Punta Campanella e dei Campi Flegrei.

Più periferica è l'Oasi degli Astroni, diretta dal WWF, che si trova in una grande conca vulcanica risalente a 3700 anni fa nei Campi Flegrei. Riserva di caccia aragonese, poi di Carlo III, fu arricchita di alcune torri e casini di caccia ancora esistenti. Immersa completamente nel verde, l'oasi si distingue per il grande lago, la ricca flora e la presenza di numerose specie di uccelli oltre che piccoli animali.

 
Partita di pallanuoto nella piscina della Mostra d'Oltremare

Il tempo libero ha un polo di grande attrattiva nel quartiere di Fuorigrotta. Qui sorge lo Stadio San Paolo inaugurato nel 1959 che ha ospitato le partite di calcio del Napoli dei tempi di Maradona ed è stato ristrutturato per i mondiali di calcio del 1990; la Mostra d'Oltremare realizzata nel 1940 dal fascismo per ospitare i prodotti delle colonie e diventata area di 750.000 metri quadri con 9 padiglioni espositivi per mostre e fiere, 30 sale congressuali fino a 2000 posti, teatro al chiuso e all'aperto per complessivi 3000 posti, due piscine, quattro campi da tennis, e che ospita numerosissimi eventi di portata nazionale e internazionale; il parco dei divertimenti Edenlandia più 'antico' in Italia fondato nel 1965 con 22 attrazioni; il Giardino Zoologico fondato negli anni '50 con numerose specie di animali e attualmente in ristrutturazione secondo un progetto d'avanguardia; in più la zona ospita un bowling, un multicinema con 11 sale, fast food, sale giochi, campi di calcio, calcetto e tennis, nonché la Piscina Scandone, olimpionica, utilizzata per le gare di pallanuoto delle squadre napoletane ed utilizzata precedentemente per i Giochi del Mediterraneo del 1964.

 
Oscar Torres del Napoli Basket 2003-2004

Nella zona era anche sito il Palazzetto dello Sport "Mario Argento" destinato sia alla pallacanestro che ad altri sport sia di squadra che individuali, abbattuto nel 2005 ed in corso di ricostruzione. Le partite di basket attualmente vengono ospitate nella moderna struttura del PalaBarbuto, situato di fronte al vecchio "Mario Argento".

L'amministrazione intende creare nuovi poli d'attrazione in altre aree di Napoli: a Bagnoli, dove ha già sede dal 1993 la Città della Scienza ('museo' scientifico sui generis primo in Europa), e nelle zone di riqualifica del Real Albergo dei Poveri - che diverrà Città dei Giovani - e del Centro Direzionale. Arterie di shopping principali nella città sono, oltre le già citate, quelle di Via dei Mille e di Piazza dei Martiri con negozi prestigiosi e la grande libreria Feltrinelli, quelle al Vomero di Via Scarlatti e Via Luca Giordano, e a Soccavo quella di Via Epomeo.

Napoli sotterranea

È possibile effettuare visite guidate nel sottosuolo che mostrano la stratificazione del territorio della città nel corso della storia. Napoli sotterranea è un percorso guidato attraverso vecchie cisterne sotterranee, risalenti in gran parte all'epoca greco-romana e che furono attive fino all'ottocento: Napoli era l'unica grande città europea ad avere l'acqua potabile nelle case, attraverso un sistema di pozzi collegati direttamente alle cisterne dell'acquedotto sotterraneo. Tali cisterne sono state ricavate mediante scavi nel sottosuolo di tufo, la tipica roccia vulcanica sulla quale e con la quale la città è stata costruita. L'esame delle cavità, alcune di gigantesche proporzioni, ha permesso di stabilire che il tufo per costruzione è stato estratto sin dai primordi della città. In pratica, si può dire che gli edifici venivano costruiti con materiale estratto sotto gli stessi, ovviamente, con margini di sicurezza fra le volte delle cave e le fondamenta delle case... Circa un chilometro di gallerie, delle decine presenti sotto la città, è visitabile. In diversi luoghi della città e dei dintorni sono presenti anche diverse catacombe.

Cultura

Università

A Napoli sono operativi sei atenei:

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L'Università degli studi di Napoli Federico II è la principale e più antica università della città. Nata come espressione della cultura ghibellina contrapposta a quella guelfa di Bologna, fu fondata da Federico II nel 1224, ed è la seconda in Italia (In realtà l'Università di Padova risale a due anni prima, ma nacque come costola dell'ateneo bolognese, dall'opposizione di alcuni studenti che vi trasferirono alcuni insegnamenti). L'Ateneo Federiciano, che ha assunto il nome del suo fondatore con decreto del 7 settembre 1987, è comunque la più antica università statale e laica d'Europa, ed è considerato uno degli atenei più prestigiosi per gli studi giuridici e letterari. Fra gli altri vi ha insegnato il celebre grecista Marcello Gigante, massimo esperto dei papiri rinvenuti a Ercolano.

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La Seconda Università degli studi di Napoli è stata istituita nel 1989 per decongestionare quella federiciana; è articolata in poli omogenei situati nelle città di Aversa, Capua, Caserta, Santa Maria Capua Vetere, mentre ha operativa in città una facoltà di Medicina e Chirurgia che comprende le lauree specialistiche e gli altri corsi dell'area sanitaria. Le strutture assistenziali e didattiche sono suddivise tra il policlinico vecchio (nel centro storico) ed il nuovo policlinico nella zona collinare (quest'ultimo è però in massima parte occupato da strutture dell'università Federico II).

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L'Università degli studi di Napoli "L'Orientale", Istituto Universitario Orientale fino al 2002, fu fondata nel '700 dal padre missionario Matteo Ripa come "Collegio dei Cinesi" e oggi è la più importante istituzione europea per gli studi filologici e linguistici sulle aree specialmente extra-europee. È composta dalle facoltà di Lettere e filosofia, Lingue e letterature straniere, Studi arabo-islamici e del Mediterraneo, Scienze politiche (con un occhio di riguardo alle relazioni internazionali). Vi si insegnano tutte le lingue antiche conosciute ed oltre 140 lingue moderne.

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L'Università degli Studi di Napoli "Parthenope", Istituto Universitario Navale sino al 2001, fu istituita nel 1920 come real istituto superiore Navale (originariamente specializzato in, e ancora famoso per, gli studi economici con una particolare attenzione agli scambi commerciali internazionali).

L'Università degli Studi "Suor Orsola Benincasa" (ex istituto universitario omonimo), è un libero ateneo fondato dalla religiosa Orsola Benincasa, pensatrice molto in vista nei salotti intellettuali napoletani del periodo della controriforma (inizi XVII secolo), nato come istituto superiore di magistero e tuttora specializzato negli studi umanistici e sociali, con un particolare riguardo alla tradizione educativa introdotta dalla pedagogista suor Orsola.

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Napoli è inoltre sede della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale che vi opera attraverso la Sezione San Tommaso d'Aquino e la Sezione San Luigi la prima delle quali è legata al seminario arcivescovile e trae origine dalla facoltà teologica già presente nel primo ordinamento dell'ateneo federiciano nel 1224 e la seconda alla Compagnia di Gesù (gesuiti). La facoltà teologica è nata nel 1969 riunendo e lasciando distinte le due scuole.

Biblioteca Nazionale

Nel 1804 fu aperta al pubblico la Reale Biblioteca di Napoli nel Palazzo degli Studi, attualmente sede del Museo Archeologico Nazionale. Le collezioni librarie ivi ubicate erano state trasferite dalla Reggia di Capodimonte per volontà reale. Divenuta Reale Biblioteca Borbonica nel 1816, nel 1860 con l'unità d'Italia fu poi denominata Biblioteca Nazionale. Nel 1910 fu arricchita con la collezione di papiri ercolanensi ritrovati negli scavi della città vesuviana. Nel 1922 la sede dopo lungo dibattito e su suggerimento di Benedetto Croce fu spostata all'odierna sede nel Palazzo Reale in Piazza Plebiscito. Subì molti problemi durante la guerra sia per l'occupazione nazista che per quella alleata, ma i testi più preziosi furono trasferiti in località più sicure fino alla riapertura nel 1945. Oggi la Biblioteca Nazionale "Vittorio Emanuele III" contiene quasi due milioni di volumi, circa 20.000 manoscritti, più di 8.000 periodici, 4.500 incunaboli e 1.800 papiri ercolanensi.

Poli scientifici

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Monumento nel Centro Direzionale
 
Centro Direzionale

Oltre alle già citate Città della Scienza e Acquario Dohrn, di particolare interesse sono altri siti scientifici.

Il Real Orto Botanico fu voluto dai Borbone e approvato da Giuseppe Bonaparte nel 1807 durante il governo napoleonico e realizzato dagli architetti De Fazio e Paoletti. Caduto in degrado per i danni della Seconda guerra mondiale, fu abilmente rimaneggiato e arricchito tra gli anni '60 e '80 dal direttore Aldo Merolla. Attualmente i 12 ettari di terreno ospitano 25.000 esemplari di piante di ogni genere disposte in collezioni all'aperto o in serre.

Nel Collegio Massimo dei Gesuiti in via Mezzocannone n.8 sono ubicati i principali musei scientifici napoletani, curati dalla Federico II:

  • Il Museo di Zoologia con collezione di uccelli, mammiferi e di particolare interesse quella di conchiglie da tutto il mondo.
  • Il Museo di Paleontologia con circa 50.000 reperti fossili molti dei quali da siti campani, e un grandioso scheletro completo di Allosauro.
  • Il Museo di Antropologia con reperti e mummie da tutto il mondo tra cui reperti di Troia e uno scheletro umano del paleolitico.
  • Il Museo di Mineralogia con minerali e pietre da tutto il mondo e il Museo Mineralogico Campano con circa 3.500 esemplari.

Per gli astrofili impossibile non citare l'Osservatorio Astronomico di Capodimonte. Voluto da Gioacchino Murat nel 1812, fu inaugurato nel 1819. Situato a 150 metri dal livello del mare sulla collina di Capodimonte, è impegnato nell'osservazione del Sole, delle stelle e della galassie grazie anche all'accesso ai più grandi telescopi ottici del pianeta e a quelli in orbita. Visite al pubblico sono possibili dietro prenotazione.

Si segnala inoltre la presenza di numerosi LUG:

Arte

Napoli per tutta la sua storia è stata una capitale artistica di primo piano. Anche oggi mantiene questa tradizione. L'Accademia di Belle Arti, fondata da Carlo III nel 1752 come "Real Accademia di Disegno", è stata il centro dell'attività della Scuola di Posillipo nell'Ottocento ed è stata diretta da personalità quali Domenico Morelli, Saverio Altamura, Gioacchino Toma. Vi si tengono oggi corsi di pittura, decorazione, scultura, scenografia, restauro, arredo urbano, e una scuola di nudo. Nel 2005 è stato inaugurato nel settecentesco palazzo Roccella in via dei Mille il PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, adibito ad ospitare opere ed eventi artistici di ogni tendenza. Storica è la tradizione del Conservatorio di San Pietro a Majella, nel cuore della città, fondato nel 1826 da Francesco I come "Regio conservatorio di musica", e dove oggi si tengono insegnamenti per tutti gli strumenti musicali ed è ospitato un notevole museo della musica. Infine da segnalare la grande offerta di teatri, una tradizione tra le più antiche d'Europa (il San Carlo risale al Settecento), che oggi vanta dodici teatri principali.

Pittura

Vedi Pittura napoletana.

Musica

  Lo stesso argomento in dettaglio: Canzone napoletana.

La vita musicale napoletana fu molto intensa già a partire dal XV fino al XVII nell'ambito della polifonia sacra e profana. Dal XVII e soprattutto nel XVIII secolo la Scuola Musicale Napoletana assunse un ruolo preminente nel campo della musica sacra e operistica con musicisti come Alessandro Scarlatti, Giovan Battista Pergolesi, Niccolò Porpora.

Altro fenomeno musicale di particolare interesse è la cosiddetta Sceneggiata che si fonda sulla sceneggiatura di un intero spettacolo teatrale partendo da una canzone di argomento popolare.
Dagli anni '50 si diffusero i cantautori cosidetti "melodici" che mettevano in musica testi originali quando non poesie tradizionali in lingua napoletana, come i capolavori di Salvatore Di Giacomo. L'interprete assoluto di questo periodo della canzone napoletana è Roberto Murolo (Napoli 23 gennaio 1912 - 14 marzo 2003) di cui nel 2002, esce l'ultimo album, dal titolo Ho sognato di cantare inciso a ben 90 anni (il precedente Ottantavoglia di cantare risale al 1992, in occasione del suo ottantesimo compleanno). Tra i suoi successi più recenti, Don Raffaè, cantato insieme a Fabrizio De André e Cu'mmè, cantata con Mia Martini. Dagli anni '80 si è affermato, come fenomeno locale, il genere "neomelodico": numerosi cantanti ed autori locali hanno composto canzoni, che in genere trattano storie d'amore ambientate nella Napoli moderna. Il risultato artisticamente è discutibile (i testi sono piuttosto superficiali e la tecnica affidata spesso a semplici basi elettroniche) e sicuramente non paragonabile a quello ottenuto dalla canzone napoletana propriamente detta, ma in ambito locale questo genere riscuote un notevole successo: Mario Merola, Gigi D'Alessio e Nino D'Angelo sono i più famosi esponenti di questo genere anche se a parte Merola, lo hanno poi progressivamente abbandonato.

È comunque vasta la schiera di cantautori e musicisti che in modo moderno hanno dato e danno il loro contributo alla continuazione della tradizione musicale partenopea: Pino Daniele, Edoardo Bennato ed Eugenio Bennato, Enzo Gragnaniello, Alan Sorrenti sono solo alcuni dei "moderni" più famosi e apprezzati.

Teatro

 
Teatro San Carlo

Il teatro napoletano è una delle più antiche e conosciute tradizioni artistiche della città. Le prime tracce di questa tradizione risalgono all'opera poetica di Jacopo Sannazaro che tra la fine del Quattrocento e gli inizi del Cinquecento recitava le sue farse alla corte angioina prima, aragonese poi. A livello popolare famoso in questo periodo è il Velardiniello, cantastorie di strada.

Il teatro napoletano pre-Novecento fu sostanzialmente legato alla maschera di Pulcinella. Come affermò Benedetto Croce nei suoi studi sull'argomento, Pulcinella più che una maschera fissa è una maschera il cui carattere è stato plasmato dai numerosi attori che l'hanno interpretata, e che spesso - soprattutto nel periodo della dominazione spagnola - l'hanno utilizzata come strumento di satira e critica politica. Pulcinella è un personaggio che rappresenta da sempre il modo tutto napoletano di vedere il mondo, è un personaggio di umile rango sociale che grazie alla sua furbizia e alla sua arte dell'arrangiamento riesce in qualche modo ad averla sempre vinta. Importante per il teatro napoletano è il modo in cui Pulcinella viene 'rielaborato' a partire dall'Ottocento. L'ultimo e forse il più grande interprete di Pulcinella fu infatti Antonio Petito (1822-1876), che trasformò il personaggio di servo sciocco nel cittadino napoletano per antonomasia, furbo e burlonesco, modernizzandolo e permettendone così la sua trasformazione ad opera di Eduardo Scarpetta.

Scritturato da Petito all'età di quindici anni, Eduardo Scarpetta ebbe il compito di impersonare nella compagnia di Petito il personaggio di Felice Sciosciammocca (letteralmente "Felice soffia in bocca"), supporter comico di Pulcinella. Alla morte di Petito, e con la scomparsa del personaggio di Pulcinella, Scarpetta si fece interprete del cambiamento di gusti nel pubblico napoletano. Eliminò quindi definitivamente la maschera ormai obsoleta introducendo personaggi della borghesia cittadina che mantenessero però immutati i caratteri farseschi della tradizione. Le sue commedie su Felice Sciosciammocca ottennero un enorme successo a Napoli (Scarpetta si arricchì oltre ogni immaginazione) e aprirono la strada al successo dei fratelli De Filippo.

Figli illegittimi dello stesso Scarpetta, essendo infatti nati da una relazione con Luisa de Filippo, nipote della moglie di Scarpetta (Rosa de Filippo), i tre più celebri fratelli del teatro italiano, Eduardo De Filippo, Peppino De Filippo e Titina De Filippo iniziarono giovanissimi a calcare le scene (Eduardo a soli 4 anni) e nel 1931 - dopo aver formato una loro autonoma compagnia teatrale - esordirono insieme con l'atto unico Natale in casa Cupiello. Il successo di questi tre attori venne consacrato da una clamorosa tournée nelle città italiane, benché sotto il fascismo Eduardo ebbe non pochi problemi per le sue posizioni contrarie al regime. Sarà solo con la fine della dittatura che il successo di De Filippo giungerà agli storici livelli di commedie quali Napoli Milionaria e Filumena Marturano. Ambientate in una Napoli disillusa in pieno dopoguerra, queste commedie s'imposero su scala anche internazionale (Filumena Marturano fu nel 1947 rappresentata anche a Bucarest) per la loro solida verosimiglianza verso la realtà contemporanea - abbandonando dunque il farsesco fine a sé stesso che aveva contraddistinto il teatro di Pulcinella e Scarpetta - e le personalità dei De Filippo s'imposero per la loro verve interpretativa, le intense espressioni, la sofferta gestualità, la spontaneità e la vitalità dei personaggi impersonati, sempre a metà tra la commedia e il dramma. Più tardi De Filippo, dopo aver conosciuto la persona e la produzione di Luigi Pirandello, adattò e recitò alcune sue celebri commedie (es. Il berretto a sonagli) trovandovi anche lì quell'inesplicabile sottile confine tra la realtà e la finzione, tra l'umorismo e la tragedia, che contraddistingue la natura umana. Più sul burlesco si allineò invece Peppino dopo la guerra, abbandonando per vari screzi Eduardo e lanciandosi nel cinema dove interpretò con Totò alcune delle più memorabili sue commedie (Totò, Peppino e la malefemmina e La banda degli onesti), mentre Titina si affermò con la sua interpretazione di Filumena Marturano rimasta nella storia del teatro. Eduardo negli ultimi anni adattò anche commedie di Moliere e Goldoni, aprendo poi a sue spese nel 1964 il Teatro San Ferdinando.

La personalità di Totò (Antonio de Curtis), anch'essa celebre a livello nazionale, s'impone al cinema ma raccoglie i suoi primi successi sulle scene del teatro dove recita insieme ad Eduardo e Titina De Filippo. Pur non raccogliendo i risvolti drammatici della commedia di Eduardo, Totò si allinea col sul teatro non disdegnando però un certo ritorno al burlonesco di stampo pulcinelliano.

Sport

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Nei vicoli è ancora molto forte il sentimento che lega i napoletani a Maradona

Napoli vanta una lunga tradizione sportiva che però raramente ha portato squadre della città a conquistare campionati nazionali o coppe europee; evento tra l'altro assai raro in tutto il Centro-Sud Italia. Tuttavia, fanno eccezione le squadre di pallanuoto (il Posillipo vanta nove scudetti, l'ultimo di quest'anno), di rugby, ed il Napoli Calcio che negli anni di Maradona conquistò 2 volte il titolo di Campione d'Italia e una coppa UEFA. Da pochi anni a questa parte, sta prendendo quota anche il Napoli Basket, che nel febbraio 2006 è riuscito a conquistare la seconda Coppa Italia della sua storia.

Il 26 maggio 1996 l'8^ tappa del Giro d'Italia si è conclusa a Napoli con la vittoria di Mario Cipollini; quasi venti anni prima il giro si era fermato nella città partenopea, traguardo di una tappa a cronometro vinta da Francesco Moser.

Folta invece la schiera di atleti napoletani che hanno regalato all'Italia titoli mondiali e olimpici. Fra i tanti ricordiamo i fratelli Giuseppe e Carmine Abbagnale (campioni del canottaggio, sette titoli mondiali e due ori olimpici), il pugile Patrizio Oliva (tre titoli europei, uno mondiale e medaglia d'oro a Mosca) e il nuotatore Massimiliano Rosolino (un titolo mondiale e medaglia d'oro a Sidney); anche un'altra giovanissima nuotatrice, Caterina Giacchetti, campionessa a livello europeo (quarta nei 200 m farfalla ai Mondiali di nuoto di Montreal nel 2005) si avvia a risultati di livello olimpionico. Napoli, tra l'altro, è stata scelta per ospitare nel 2006 i mondiali di nuoto in acque libere.

Fra le manifestazioni sportive fisse ricordiamo la maratona di nuoto Napoli-Capri-Napoli, il Gran Premio Lotteria di Agnano di Trotto ed il Giro Ciclistico della Campania. Napoli è candidata assieme a Roma a ospitare le Olimpiadi 2016

Personalità legate a Napoli

Folklore

Pizza, Vesuvio e mandolino: sono le tre famose parole magiche che si associano a Napoli nella mentalità collettiva. Molto più note dei suoi monumenti, le tradizioni napoletane sono risapute, celebrate - e a volte caricaturizzate - in tutto il mondo.

Cucina napoletana

La Pizza

 
Pizza Margherita

La pizza, simbolo immortale di Napoli, ha in realtà una storia non molto antica: essa si diffonde a Napoli tra il Seicento e il Settecento senza tuttavia le caratteristiche attualmente note. Si tratta infatti inizialmente di una variante della focaccia, arricchita con basilico o strutto o alici, e più tardi con pomodoro e mozzarella di bufala. Solo nell'Ottocento scoppia la 'moda', e la prima vera pizzeria di cui si conosce il nome fu aperta nel 1830 nella zona di Port'Alba. La ricetta classica più nota risale invece al 1889. In quell'anno re Umberto I e la consorte la regina Margherita visitarono per alcuni giorni Napoli e per richiesta della regina fu chiamato al palazzo di Capodimonte il più rinomato pizzaiolo del tempo - tale "don" Raffaele Esposito - che assistito dalla moglie Rosa sfornò per i reali, insieme a due pizze 'classiche', una con pomodoro, mozzarella e basilico per rappresentare i tre colori della bandiera italiana. Quest'ultima pizza entusiasmò la regina, e don Raffaele la chiamò in suo onore "Pizza Margherita". In realtà tale pizza era già conosciuta ed apprezzata da molto tempo, quindi quello di Don Raffaele Esposito fu più un atto di gentilezza, che una vera nuova invenzione. Le pizze presenti in ogni pizzeria napoletana sono: la Marinara (pomodoro, aglio e origano), la Margherita (pomodoro mozzarella e basilico), e la Quattro Stagioni (divisa in quattro spicchi ognuna condita in modo diverso). Non esiste a Napoli una pizza chiamata "napoletana". Curiosamente fuori Napoli la pizza marinara viene chiamata napoletana, mentre si definisce marinara la pizza con acciughe, che a Napoli si chiama "romana". Oggi il numero di varianti della pizza classica è potenzialmente infinito, dopo che la tradizione napoletana si è diffusa con successo nel mondo ed è stata adattata ai diversi gusti della gente: non è un caso se nel 2003 il concorso napoletano per la pizza più buona è stato vinto da un giovane giapponese, Makato Onishi. Da un paio di anni l'Unione europea, per preservare la ricetta originale della pizza, ha adottato il marchio di qualità STG (Specialità Tradizionale Garantita). Ogni anno a Napoli a Settembre si tiene il Pizzafest nella sede della Mostra d'Oltremare dove a prezzi modici si può degustare una pizza scegliendo tra le dozzine di pizzerie all'aperto.

La Pastasciutta

Non si ferma certo alla pizza il vastissimo campionario della cucina napoletana. Necessario citare infatti gli spaghetti: l'immagine tipica dell'affamato Pulcinella che s'ingozza con un piattone di spaghetti al pomodoro è stata ripresa anche da Totò nel suo Miseria e Nobiltà. Il modo più tipico di cucinare gli spaghetti (o anche vermicelli) a Napoli è quello di condirli con le vongole. Gli spaghetti alle vongole possono essere o in bianco o col pomodoro (la tradizione si divide) e possono essere conditi o con vongole veraci o con lupini. Altra tradizione è quella del ragù, tipico piatto domenicale. Probabilmente derivante dal ragôut francese, il ragù napoletano ('o rraù in dialetto, celebrato in una poesia di De Filippo) è una salsa di lunga ed elaborata preparazione (cinque-sei ore di cottura) fatta con pomodoro e carne di vitello o di maiale nei tempi di Carnevale, e va servita su pasta col buco.

I dolci

 
Sfogliatelle

Celeberrima è poi la tradizione dolciaria napoletana, che ha beneficiato degli influssi delle diverse corti (e rispettivi cuochi ufficiali) che si sono succedute nella città. Tra le mille specialità la più nota è forse la sfogliatella, che può essere riccia o frolla a seconda della preparazione della pasta sfoglia che la compone: realizzata nel Settecento nel monastero di Santa Rosa nei pressi di Amalfi, il ripieno è a base di crema di ricotta, semolino, canditi, vaniglia e cedro. Vi è poi il babà, forse di origini polacche, dolcetto fatto con pasta morbida imbevuto di sciroppo a base di limone e rum e che poi può essere ricoperto in superficie con crema pasticcera e frutta fresca. Le zeppole mangiate il giorno di San Giuseppe - e che per questo a volte sono confuse con le zeppole di San Giuseppe (bigné alla crema) - sono a Napoli morbide ciambelline ricoperte di zucchero candito. Ci sono poi dolci legati a festività, come la pastiera che si mangia a Pasqua fatta con pasta frolla e grano cotto nonché con ricotta, cedro, arancia e zucca candita. A Natale ci sono gli struffoli, piccole sferette fritte ricoperte di diavolilli (confettini colorati), canditi e miele, che si suppone siano stati portati dagli antichi greci ('stroungolous' è una parola che significa 'arrotondato'). A Carnevale, infine, ci sono le chiacchiere, fritte e ricoperte di zucchero a velo, il migliaccio, fatto con semola, latte e ricotta, ed infine il sanguinaccio, crema in origine fatta di sangue di maiale e oggi di cioccolata aromatizzata con la cannella.

Benché la tradizione attribuisca la nascita del primo presepe a San Francesco d'Assisi nel 1223, l'arte presepiale è tipicamente napoletana. Le prime manifestazioni di questo fenomeno risalgono al 1340 quando la regina Sancia d'Aragona (moglie di Roberto d'Angiò) regalò alle Clarisse un presepe per la loro nuova chiesa, di cui oggi è rimasta la statua della Madonna nel museo di San Martino. Altri esempi risalgono al 1478, con un presepe di Pietro e Giovanni Alemanno di cui ci sono giunte dodici statue, e il presepe di marmo del 1475 di Antonio Rossellino, visibile a Sant'Anna dei Lombardi. Nel Seicento il presepe (parola che viene dal latino "praesepe" o "praesepium" e che vuol dire "mangiatoia") allargò il suo scenario. Non venne più rappresentata la sola grotta della Natività, ma anche tutto il mondo 'profano' al di fuori: in puro gusto barocco, si diffusero le rappresentazioni delle taverne con ben esposte le carni fresche e i cesti di frutta e verdura e le scene divennero sfarzose e particolareggiate (Michele Perrone fu tra gli artisti principali in questo campo), mentre i personaggi si fecero più piccoli: manichini in legno o in cartapesta saranno preferiti anche nel Settecento. Il Settecento fu infatti l'epoca d'oro del presepe: i committenti non erano più solo gli ordini religiosi, ma anche i ricchi e i nobili. La scena si sposta sempre più al di fuori del gruppo della sacra famiglia e più laicamente s'interessa dei pastori, dei venditori ambulanti, dei re Magi, dell'anatomia degli animali. Benché Vanvitelli definì l'arte presepiale "una ragazzata", tutti i grandi scultori dell'epoca si cimentarono in essa fino all'Ottocento inoltrato. Forse il più celebre e acclamato esempio di presepe napoletano è il presepe Cuciniello realizzato tra il 1887 e il 1889 ed esposto a San Martino. Nel Novecento questa tradizione è gradualmente scomparsa, ma oggi grandi presepi vengono regolarmente allestiti in tutte le principali chiese della città e molti napoletani lo allestiscono ancora nelle proprie case acquistando le statuette in via San Gregorio Armeno durante il periodo natalizio. Ti piace 'o presepio?: la celebre battuta di Eduardo De Filippo in Natale in casa Cupiello sintetizza la graduale scomparsa della tradizione del presepe.

Smorfia, iettatura e religiosità popolare

Benché il gioco del lotto abbia avuto origine in Italia intorno al 1539 a Genova, esso è fortemente legato alla città di Napoli, dove venne introdotto relativamente tardi, nel 1682. La forte religiosità del popolo napoletano provocò dei "problemi di morale" giacché la Chiesa lo aveva proibito, e dopo un terremotto nel 1688 fu abolito perché considerato causa della punizione divina. La passione del gioco tuttavvia ebbe la meglio, il lotto fu reintrodotto e la monarchia credette opportuno regolamentarlo per trarne i dovuti profitti. Ogni sabato le estrazioni si tenevano dinanzi alla Gran Corte dei Conti e con due testimoni del popolo al Palazzo della Vicaria. Il lotto, ufficiale e non, provocò la reazione degli intellettuali, tra cui Matilde Serao che nel suo Il ventre di Napoli criticò in due capitoli appositi la degradazione apportata dal gioco al popolino. Rimane tuttavia legata a Napoli la tradizione della Smorfia. Il termine, derivante da "Morfeo", il dio greco dei sogni, si riferisce all'abitudine di giocare numeri 'ricevuti' in sogno. Questi numeri non sono quasi mai ricevuti esplicitamente, ma elaborati in base a un sistema che affonda le sue origini nella Cabala ebraica e che stabilisce che per ogni evento, azione o personaggio sognato corrisponde un numero. Numerosi sono i libri che permettono di stabilire questa corrispondenza. Oggi i numeri più celebri sono quelli legati alla tombola, sorta di lotto casalingo giocato sopratutto nel periodo natalizio, e da cui ha preso tra l'altro ispirazione l'attuale gioco del Bingo. Alcuni esempi: il 48 è "'O muorto che parla", l'85 è "L'anema d'o priatorio" (l'anima del Purgatorio), e così via.

 
Vista di Napoli dal mare

Legato alla smorfia è il Munaciello, lo spirito demoniaco ma a volte anche benigno che ha dominato le storie e le leggende napoletane per secoli, e che ancora oggi è temuto e rispettato dai napoletani più tradizionalisti (per non dire arretrati). A volte il munaciello dà a colui che ha avuto la casa infestata dalla sua presenza i numeri da giocare al lotto, ma bisogna tenere il segreto e non confidarlo ad altri. A volte si limita a fare dispetti, ma altre volte ancora porta la gente alla follia e alla morte. Matilde Serao racconta la leggenda sull'origine di questo essere: sembra sia stato il frutto di una relazione tra una giovane della borghesia aragonese (tale Catarinella Frezza) e un popolano, Stefano Mariconda. La relazione, osteggiata dalla famiglia di lei, portò all'uccisione di Stefano e alla chiusura in convento di Catarinella, che ebbe però un figlio, storpio, che le monache vestirono da frate per nasconderne le deformità. Sarebbe dunque questo 'o munaciello. Altri dicono che il munaciello era l'amministratore dei pozzi della città, le cui acque spesso avvelenava. La popolarità di questo personaggio ha portato De Filippo a scrivere uno dei suoi capolavori teatrali Questi fantasmi, e sull'argomento sono stati scritti altri spettacoli: O munaciello di A. Petito, O munaciello ovvero un x file napoletano di G. Orefice e R. Salati, e la favola in musica Munaciello di G. Del Prete e A. Pezzella.

Numerose altre leggende napoletane sono comunque raccolte dalla Serao nel suo Leggende napoletane e nel volume di Benedetto Croce Storie e leggende napoletane.

Il folklore napoletano è fortemente legato ad una religiosità popolare, in particolare domina il culto dei santi e della Madonna, cui viene attribuito di volta in volta un suffisso diverso a seconda della particolare statua, icona o chiesa cui il fedele si riferisce (sfiorando l'idolatria nei casi delle icone più famose). Numerose sono le edicole votive nei vicoli del centro storico. Ad una di queste edicole è legata la tradizione della Madonna dell'Arco, nome che deriva da un'edicola votiva di Sant'Anastasia che rappresenta una Madonna detta "dell'arco" perché questo borgo alle porte di Napoli era contraddistinto dalle arcate di un antico acquedotto romano. Il lunedì di Pasqua del 1450, a quanto si racconta, un giovane che giocava a palla-maglio scagliò irato la palla contro l'immagine della Madonna, che iniziò a sanguinare. In seguito, si è ripetuto un numero enorme di miracoli aventi come protagonista quell'immagine della Madonna (nel 1849 fu visitata da Papa Pio IX) e ogni anno nelle vicinanze di Pasqua si tengono cortei di supplicanti e adoranti che culmina il Lunedì di Pasqua dinanzi all'immagine della Madonna, dove i cosiddetti fujenti ("coloro che corrono" in napoletano) implorano in modo colorito l'immagine. Celebre è anche la Madonna di Pompei, meta dei pellegrinaggi dei devoti, e la Madonna di Montevergine in provincia di Avellino, la cui celebrazione si tiene il 12 settembre. Uno dei santi più amati è poi Giuseppe Moscati, canonizzato da Giovanni Paolo II nel 1987: giovane e valente medico dell'Ospedale degli Incurabili, Moscati fu stimato da tutti i poveri e i miserabili che si recavano a casa sua per farsi visitare privatamente spesso senza retribuzione. Medico e ricercatore illustre, fu dominato da un'incrollabile fede che trasfuse anche a colleghi quali Pietro Castellino e Leonardo Bianchi. Infine discorso a parte va fatto per San Gennaro, il santo patrono della città (il cui vero nome era Ianuario, perché appartenente alla Gens Ianuaria) , martirizzato nel 305 sotto Diocleziano. Il suo sangue fu raccolto in un'ampolla, e nel 431 a quanto sembra per la prima volta si sciolse improvvisamente per poi ricoagularsi. Questo avvenimento è stato testimoniato storicamente nel 1389 per la prima volta, e si è ripetuto fino ad oggi, salvo alcune 'interruzioni' che secondo la tradizione corrispondono a gravi sciagure per la città. Oggi il miracolo si compie tre volte l'anno: in primo luogo il 19 settembre, giorno del martirio; poi la vigilia della prima domenica di maggio (quando le sue spoglie furono traslate da Benevento a Napoli), ed infine il 16 dicembre, anniversario del suo più famoso miracolo, avvenuto nel 1631, quando i Napoletani condussero la statua del santo al Ponte della Maddalena e la lava del Vesuvio in eruzione si fermò salvando la città. Il miracolo del sangue è stato oggetto di varie contestazioni in ambiente scentifico secondo le quali il sangue sarebbe un liquido simile a gel, dotato cioè di proprietà tissotropiche, che lo porta quindi a sciogliersi se mosso meccanicamente. Il popolo rimane però ancora legato al miracolo e al santo, e resta celebre la frase comparsa sui muri della città quando il Concilio Vaticano II decretò culto di ambito unicamente locale quello del santo: San Genna', futtatenne! (San Gennaro, fregatene!).

 
Gli stabilimenti della dismessa Italsider di Banoli


Nome della città nelle principali lingue

Curiosità

Nel mondo esistono oltre 20 città e/o villaggi che si chiamano Napoli (o Naples, Napòles, Neapolis ). Le "Napoli" del Mondo

Città gemellate

Collegamenti esterni

 
wikinews
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Istituzioni sociali e culturali

 
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Note

(*) Qualche anno fa, una giornalista napoletana, Clara Miccinelli, ha rintracciato nell'archivio notarile di Napoli il contratto che il Principe di Sansevero stipulò con lo scultore, dal quale si rileva chiaramente che il sudario fu realizzato dal Principe con un procedimento di marmorizzazione di tessuto da lui ideato. Il Sammartino, che scolpì il Cristo, ebbe il compito di rifinire il sudario, levigandolo. Cfr. Clara Miccinelli - Il tesoro del Principe di Sansevero - Ed. SEN 1984.

(**) Riviera di Chiaia (anzi chiaja) significa in effetti riviera della spiaggia (playa in spagnolo).

  1. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Rosi
  2. ^ Dati tratti da: