Società Sportiva Calcio Napoli
La Società Sportiva Calcio Napoli S.p.A., abbreviata in SSC Napoli e nota come Napoli, è la principale società calcistica della città di Napoli, militante in Serie A. Fondata il 1º agosto 1926 su iniziativa dell'industriale napoletano Giorgio Ascarelli con il nome di Associazione Calcio Napoli, assunse poi l'attuale denominazione nel 1964.
Società Sportiva Calcio Napoli Calcio ![]() | |
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Azzurri, Partenopei | |
Segni distintivi | |
Uniformi di gara | |
Colori sociali | ![]() |
Simboli | Asinello ('o ciucciariello) |
Inno | 'O surdato 'nnammurato Aniello Califano |
Dati societari | |
Città | ![]() |
Nazione | ![]() |
Confederazione | UEFA |
Federazione | ![]() |
Campionato | Serie A |
Fondazione | 1926 |
Rifondazione | 2004 |
Presidente | ![]() |
Allenatore | ![]() |
Stadio | San Paolo (60.240 posti) |
Sito web | www.sscnapoli.it |
Palmarès | |
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Scudetti | 2 |
Trofei nazionali | 3 Coppe Italia 1 Supercoppe italiane |
Trofei internazionali | 1 Coppe UEFA/Europa League 1 Coppa delle Alpi 1 Coppa di Lega Italo-Inglese |
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Si invita a seguire il modello di voce |
Il simbolo del club è l'Asinello, mentre il colore sociale è l'azzurro. Gioca le partite interne allo stadio San Paolo, inaugurato nel 1959.
Con un palmarès che comprende 2 scudetti (il primo nel 1986-1987 e il secondo nel 1989-1990), 3 Coppe Italia (1961-1962, 1975-1976 e 1986-1987), una Supercoppa Italiana (1990) e una Coppa UEFA (1988-1989), oltre ad una Coppa delle Alpi e una Coppa di Lega Italo-Inglese, il Napoli è la squadra del Meridione più titolata a livello nazionale ed internazionale, nonché, con 68 partecipazioni,[1] quella più presente nei campionati di massima serie.
Secondo un sondaggio Demos-La Repubblica condotto nell'agosto 2008, è la quarta squadra italiana per numero di tifosi, dietro Juventus, Inter e Milan.[2] Nel 2010 il rapporto annuale della Deloitte & Touche sul mondo del calcio colloca il club al 6° posto in Italia per fatturato e al 28° posto a livello europeo.[3]
Cenni storici
Le origini del calcio a Napoli risalgono al 1904, quando ad opera dell'inglese James Poths e dell'ingegnere napoletano Emilio Anatra venne fondato il Naples Foot-Ball & Cricket Club, la prima squadra calcistica cittadina, che nel 1906 prese il nome di Naples Foot-Ball Club.[4] Fino al 1912 il Naples non partecipò al campionato nazionale, al quale erano iscritte solo le società del Nord Italia. In quell'anno la F.I.G.C. optò per l'ammissione delle squadre del Centro-Sud alla Prima Categoria, l'allora massimo livello del calcio italiano. Una serie di scissioni e fusioni portò alla creazione di diverse squadre cittadine, nessuna delle quali riuscì mai a superare le eliminatorie meridionali.[5][6][7]
Un giovane industriale napoletano, Giorgio Ascarelli, con l'intento di riunire i sodalizi cittadini allo scopo di creare un club più competitivo, il 1º agosto 1926 fondò l'Associazione Calcio Napoli.[7] Due giorni dopo venne fondato il Direttorio Divisioni Superiori, l'antesignano dell'odierna Lega Calcio, cui la neonata società ottenne l'affiliazione, primo club del Centro-Sud insieme ai sodalizi capitolini Alba Audace e Fortitudo Pro Roma.[7]
La società esordì in massima serie nella Divisione Nazionale 1926-1927. Le prime due stagioni si chiusero con la retrocessione in serie inferiore, ma la F.I.G.C. in entrambe le occasioni accordò il ripescaggio per premiare gli sforzi del club partenopeo di recuperare il pesante gap con le società settentrionali.[8] Il Napoli prese parte al primo torneo di massima serie a girone unico, la Serie A 1929-1930.[9] La società scelse come allenatore il mister[10] William Garbutt, vincitore di due scudetti alla guida del Genoa,[11] e grazie al contributo di giocatori come Antonio Vojak e Attila Sallustro raggiunse notevoli risultati, come il doppio terzo posto consecutivo nelle stagioni 1932-1933 e 1933-1934 e la qualificazione alla massima competizione europea dell'epoca, la Coppa Europa.[12][13][14] Nella seconda metà degli anni trenta la qualità della squadra andò declinando, fino a culminare nella retrocessione nella categoria inferiore nel 1941-1942.[15]
Terminata la Seconda Guerra Mondiale, il Napoli prese parte alla Divisione Nazionale 1945-1946, vincendo il Girone Misto Centro-Sud e riconquistando la massima serie.[16] Tornò in Serie B due anni dopo, retrocessa dalla CAF per illecito sportivo.[17] La panchina venne affidata ad Eraldo Monzeglio, che riportò la squadra in Serie A e avviò un lungo periodo alla guida del club partenopeo.[18] Nonostante i rinforzi apportati alla squadra dal proprietario Achille Lauro, tra i quali spiccavano Bruno Pesaola, Hasse Jeppson e Luís Vinício, il Napoli non andò oltre il quarto posto raggiunto nel 1952-1953 e nel 1957-1958.[19] Nel 1959 venne inaugurato il nuovo stadio San Paolo.[20]
Tornato in Serie B nel 1961,[21] il Napoli venne affidato a Bruno Pesaola, il quale guidò gli azzurri al ritorno in massima serie e alla conquista del primo trofeo della loro storia, la Coppa Italia 1961-1962, tuttora unica squadra di B ad essere mai riuscita nell'impresa.[22] Questo successo, inoltre, offrì al Napoli la possibilità di esordire in una competizione UEFA, la Coppa delle Coppe, nella quale raggiunse i quarti di finale. Il 25 giugno 1964 la società assunse la denominazione Società Sportiva Calcio Napoli, che conserva tuttora.[23] Alcuni dei giocatori più rappresentativi dell'epoca furono Dino Zoff, Antonio Juliano, Omar Sivori e José Altafini;[24] il miglior risultato fu il secondo posto del 1967-1968.[25] Nel frattempo il potere della famiglia Lauro sul club andava scemando: il 18 gennaio 1969 la società passò nelle mani del giovane ingegnere Corrado Ferlaino, che avviò la più longeva presidenza della storia partenopea.[26] Grazie all'acquisto di calciatori come Sergio Clerici, Giuseppe Bruscolotti e Tarcisio Burgnich, il Napoli raggiunse due volte il terzo posto (1970-1971 e 1973-1974) e un secondo posto nel 1974-1975, questi ultimi due piazzamenti ottenuti grazie al calcio totale di Luís Vinício.[27][28][29] Nel 1976 il club azzurro vinse la seconda Coppa Italia, superando in finale il Verona.[30] Nella seconda metà degli anni settanta, nonostante l'acquisto del bomber Giuseppe Savoldi ("Mister due miliardi"), il rendimento in campionato andò peggiorando, culminando con l'undicesimo posto del 1979-1980.[31]
Dopo uno scudetto sfiorato nel 1981, con il libero olandese Ruud Krol tra i protagonisti,[32] la svolta si ebbe nell'estate del 1984: il presidente Ferlaino, deciso a portare la società verso grandi traguardi, il 30 giugno 1984 definì l'acquisto del campione argentino Diego Armando Maradona dal Barcellona per la cifra record di 15 miliardi di lire.[33]
Sotto la conduzione tecnica di Ottavio Bianchi e grazie all'innesto di altri calciatori di notevole livello, tra cui Bruno Giordano, Salvatore Bagni, Claudio Garella e Alessandro Renica,[34] nel 1987 il Napoli conquistò il suo primo scudetto,[35][36] primo club del Meridione a riuscire nell'impresa, vincendo nel contempo anche la terza Coppa Italia.[37] Il sodalizio partenopeo si consolidò ai vertici del calcio italiano: forte di nuovi innesti come i brasiliani Careca e Alemão, il Napoli arrivò per due volte consecutive al secondo posto (1987-1988, con il titolo nazionale perso sul filo di lana e con roventi strascichi polemici, e 1988-1989, alle spalle dell'Inter di Giovanni Trapattoni) e nel 1989 ottenne il primo alloro internazionale, la Coppa UEFA, superando nella doppia finale i tedeschi dello Stoccarda.[38][39] Nel 1990, con Alberto Bigon allenatore, il club partenopeo conquistò il secondo scudetto, cui fece seguito la vittoria della Supercoppa Italiana, ottenuta superando la Juventus di Maifredi per 5-1.[40] Si chiuse così il primo importante ciclo della storia azzurra, in coincidenza con le vicissitudini personali che nel 1991 costrinsero Maradona a lasciare Napoli e l'Italia.[41]
Negli anni immediatamente seguenti il Napoli ottenne discreti risultati, come il quarto posto del 1991-1992 con Claudio Ranieri in panchina[42] e il sesto posto del 1993-1994, allenatore Marcello Lippi.[43] La crisi finanziaria, tuttavia, constrinse il club a privarsi dei suoi uomini migliori: man mano vennero ceduti, tra gli altri, Gianfranco Zola, Daniel Fonseca, Ciro Ferrara e Fabio Cannavaro.[43] Nei due anni successivi, con Vujadin Boškov in panchina, il Napoli ottenne un settimo e un decimo posto.[44] Raggiunse la finale di Coppa Italia 1996-1997, venendo sconfitto per mano del Vicenza.[45] Fu il canto del cigno: la crisi raggiunse l'apice nel 1997-1998, con l'ultimo posto in classifica e la retrocessione in Serie B dopo 33 anni consecutivi di massima serie.[46] Il club azzurro ritornò in Serie A nel 2000,[47] per poi retrocedere nuovamente dopo appena un anno.[48] I cambiamenti societari, con l'entrata in società di Giorgio Corbelli prima[49] e di Salvatore Naldi poi,[50] non portarono benefici al club, con la squadra che ristagnò a metà classifica nella seconda serie italiana.
Alla crisi di risultati si aggiunse l'ormai compromessa situazione finanziaria, che portò nell'estate del 2004 al fallimento del club ed alla conseguente perdita del titolo sportivo.[51] Nelle settimane successive l'imprenditore cinematografico Aurelio De Laurentiis rilevò il titolo sportivo dalla curatela fallimentare del tribunale di Napoli e iscrisse la squadra, con la denominazione Napoli Soccer, al campionato di Serie C1 2004-2005.[52][53] La società partenopea ingaggiò come allenatore Giampiero Ventura, sostituito in corso d'opera da Edoardo Reja. Soltanto sfiorata nel primo anno, la promozione arrivò nel torneo successivo.[54] Il 23 maggio 2006 il presidente De Laurentiis restituì al club la denominazione originaria di Società Sportiva Calcio Napoli, volutamente non utilizzata nei due campionati di terza serie.[55] Nel torneo di Serie B 2006-2007, reso anomalo dalla presenza della Juventus - retrocessa in serie cadetta in seguito a Calciopoli - il Napoli chiuse al secondo posto, tornando in massima serie dopo 6 anni di assenza.[56] Nella Serie A 2007-2008 il Napoli arrivò all'ottavo posto, che gli valse, mediante l'Intertoto, la possibilità di giocare in Coppa UEFA e di tornare a calcare il palcoscenico europeo dopo 14 anni.[57] In seguito alla guida della squadra si avvicendarono l'ex CT della Nazionale Roberto Donadoni[58] e, quindi, Walter Mazzarri,[59] che condusse la squadra alla qualificazione diretta in Europa League, la prima dopo 16 anni.[60]
Cronistoria
Cronistoria della Società Sportiva Calcio Napoli[61] | ||
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Colori e simbolo
Al momento della fondazione nel 1926 fu adottata una maglia di colore azzurro con colletto celeste e pantaloncini bianchi, in omaggio al colore ufficiale della dinastia dei Borbone di Napoli. Il primo simbolo, ovvero il cavallo, si rifaceva al simbolo di Napoli durante il Regno delle Due Sicilie (mentre la Sicilia era rappresentata dal Triscele). Il cavallo è tuttora il simbolo della provincia di Napoli.[8] In conseguenza dell'ultimo posto conseguito dal Napoli nella sua prima stagione, i tifosi decisero di sostituire il cavallo con l'asinello, per molti anni associato alla società partenopea.[8]
Da allora l'azzurro è rimasto nella maglia sino ad oggi, mentre è aumentata la presenza del bianco.
Nel 1965-1966 il presidente azzurro Roberto Fiore, per scaramanzia, decise di cambiare i colori della maglia: in quella stagione il Napoli giocò con una maglia bianca con fascia trasversale azzurra.[62] La stagione successiva la maglia ritornò quella tradizionale. Dal 1981 comparve sulle maglie il nome dello sponsor principale.[62]
La stagione 2002-2003, disputata in Serie B, fu la seconda ed ultima stagione nella quale i partenopei non utilizzarono la divisa azzurra. In quell'occasione lo sponsor tecnico Diadora vestì gli azzurri con una maglia a strisce verticali bianco-azzurre, in stile Argentina.[63]
Lo stemma
Il primo stemma del Napoli, nel 1926, era costituito da un ovale con al centro un cavallo bianco poggiato su un pallone da calcio e contornato dalle iniziali della denominazione di allora della società partenopea: "A.C.N." (Associazione Calcio Napoli), il tutto su sfondo celeste.[62] Fu lo stemma della società partenopea per un solo anno: infatti, complice probabilmente la pochezza espressa dalla squadra nella stagione d'esordio, il club adottò uno stemma di forma circolare con una N color oro su sfondo azzurro e corona esterna color oro.[62]
Lo stemma variò di nuovo nel 1964, in concomitanza con il cambio di denominazione in Società Sportiva Calcio Napoli: la N venne rimpicciolita per far posto alla sigla SSC Napoli ai suoi piedi. Nel 1980 la corona divenne bianca e lungo essa venne disposta, in senso circolare, la denominazione della società scritta per esteso. Sensibili i cambiamenti (perlopiù cromatici) apportati nel 1997: la corona divenne blu scuro, con la scritta societaria e la N centrale colorate di bianco.
In seguito al fallimento, venne rimossa la scritta societaria dalla corona, ora di colore nero, e fu aggiunta la didascalia Napoli Soccer. Riacquisita la vecchia denominazione, la didascalia cambiò in SSC Napoli e la corona riacquistò il colore blu.
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Lo stemma attuale, in vigore dal 2006.
Numeri ritirati
Con l'avvento della regola della numerazione fissa a partire dal 1995, il Napoli nell'estate del 2000 ritirò la maglia numero 10 appartenuta a Diego Armando Maradona dal 1984 al 1991, come tributo alla sua classe e al notevole contributo offerto in sette stagioni con la casacca partenopea.[64] Nell'ordine, gli ultimi ad indossare la 10 azzurra con l'avvento della numerazione fissa furono Fausto Pizzi (nel 1995-1996), Beto (nel 1996-1997), Igor Protti (nel 1997-1998, ultimo calciatore a giocare e siglare un gol con la 10 in Serie A) e Claudio Bellucci (1998-1999 e 1999-2000, in Serie B).
Tuttavia, per motivi regolamentari, il numero venne ristampato sulle maglie azzurre dal 2004 al 2006 in Serie C1, torneo dove vige la vecchia numerazione dall'1 all'11. L'ultimo calciatore ad indossare e siglare un gol con questa maglia in una gara ufficiale fu Mariano Bogliacino nella gara casalinga del 18 maggio 2006 contro lo Spezia, valevole per la finale di ritorno della Supercoppa di C1; primato che gli appartiene anche per l'ultima apparizione in campionato, il 12 maggio 2006 nella gara in casa del Lanciano. Per quel che concerne esclusivamente il campionato, invece, va al calciatore argentino Sosa il primato di essere stato l'ultimo ad indossare la 10 al San Paolo e contemporaneamente a segnare, nella gara contro il Frosinone del 30 aprile 2006.[65]
Sponsor ufficiali e fornitori tecnici
Elenco degli sponsor tecnici e ufficiali della Società Sportiva Calcio Napoli[66]
Stadi e sedi
Gli stadi
Le società calcistiche cittadine che precedettero la fondazione del Napoli utilizzarono diversi campi da gioco. Il Naples giocò dal 1904 al 1912 in via Campegna, a Fuorigrotta, quindi si trasferì ad Agnano,[4] mentre l'Internapoli giocava a Bagnoli.[5] La sede di Agnano fu confermata nel 1922, quando le due società si fusero per dare vita all'Internaples.[68]
Il primo campo da gioco utilizzato dal Napoli fu lo Stadio Militare dell'Arenaccia: voluto da Alberico Albricci, fu inaugurato nel 1923 e assegnato nel 1926 al neonato club partenopeo.[8] Nel 1929 il presidente Giorgio Ascarelli commissionò la costruzione di un nuovo stadio situato nel "Rione Luzzatti", nei pressi della Stazione Centrale. Progettato da Amedeo D'Albora, l'impianto, inizialmente denominato Stadio Vesuvio, poteva contenere 20.000 spettatori e venne inaugurato il 23 febbraio 1930 con la partita tra azzurri e Juventus, terminata 2-2.[14] Poco tempo dopo Ascarelli venne a mancare e lo stadio gli fu intitolato a furor di popolo, ma in seguito le leggi razziali[69] imposero un ulteriore cambio di nome in Stadio Partenopeo.[14] Rinnovato e ampliato in occasione dei Mondiali 1934, l'impianto fu completamente raso al suolo dai bombardamenti alleati nel corso della seconda guerra mondiale.
Il club si trasferì quindi allo stadio Arturo Collana del Vomero, già provvisoriamente utilizzato ai tempi dei lavori di ristrutturazione del precedente impianto.[70] Rinominato per breve tempo Stadio della Liberazione nel dopoguerra, era tuttavia inadeguato alle esigenze del club: emblematica la situazione nella quale venne giocata Napoli-Juventus (4-3 il risultato finale) del 20 aprile 1958, con il pubblico schierato sul limitare delle linee di gioco.[71]
Venne così progettato un nuovo impianto nel quartiere di Fuorigrotta. Inizialmente battezzato Stadio del Sole, venne denominato stadio San Paolo per celebrare la tradizione secondo la quale San Paolo, in viaggio verso Roma, avrebbe attraccato in quest'area dell'attuale Napoli.[72] Venne inaugurato il 6 dicembre 1959, curiosamente in una partita contro la Juventus (2-1 per i partenopei) come in occasione dell'inaugurazione del Vesuvio 29 anni prima.[70] Il progetto iniziale prevedeva un solo anello ma in seguito ne venne aggiunto un secondo, situato sotto il livello stradale. Parzialmente riammodernato in vista degli Europei 1980, in occasione dei Mondiali 1990 venne dotato dell'attuale copertura e del terzo anello che portò il numero di posti a 76.824. In seguito, problemi logistici hanno imposto la chiusura del terzo anello con la riduzione della capienza a 60.240 posti, che ne fanno il terzo stadio d'Italia per capienza dopo lo Stadio Giuseppe Meazza di Milano e lo Stadio Olimpico di Roma.[73] Con una pista di atletica leggera a 8 corsie e palestre di pugilato, fitness, lotta libera e arti marziali orientali, il San Paolo rappresenta anche il principale impianto polisportivo della città.[74]
Le sedi
Si riporta di seguito l'elenco delle sedi ufficiali utilizzate dalla Società Sportiva Calcio Napoli nel corso della sua storia.[75]
- 1945 Palazzina annessa allo Stadio Vomero
- 1966 via Massimo Stanzione, 14
- 1967 via Chiatamone, 57
- 1970 via Petrarca, 141
- 1972 via Caravaggio, 112
- 1973 via Crispi, 4
- 1977 via Vicinale, 70 (Centro Paradiso di Soccavo)
- 1985 Piazza dei Martiri, 30
- 1991 via Vicinale, 70 (Centro Paradiso di Soccavo)
- 2004 via Jacopo De Gennaro (Stadio San Paolo)
- 2004 via Alcide De Gasperi, 33
- 2006 Strada Statale Domitiana Km 35,300 - Castel Volturno (CE) (Centro Tecnico)
Il Napoli nella cultura popolare
Essendo uno dei club più seguiti del paese, il Napoli si è spesso distinto non solo in ambito calcistico ma anche nella cultura partenopea e italiana. La partita di spareggio Napoli-Lazio del 23 giugno 1929, valida per l'ammissione al primo campionato di Serie A a girone unico, fu il primo incontro di campionato a essere trasmesso in una rudimentale "radiocronaca" (non si può parlare di radiocronaca vera e propria, che venne introdotta in Italia solo qualche anno dopo);[76] infatti il Mezzogiorno sportivo, quotidiano di Napoli, aveva inviato allo stadio di Milano (dove si disputò lo spareggio) un giornalista, che durante la partita telefonava alla redazione del Mezzogiorno sportivo, descrivendo le varie azioni di gioco; il contenuto della telefonata veniva poi trascritto dal giornalista Michele Buonanno che inviava i dispacci a un altro giornalista, Felice Scandone, che dal balcone leggeva il contenuto dei dispacci, informando così la folla in trepidante attesa dell'andamento dello spareggio.[76] La partita, per la cronaca, terminò 2-2 ed entrambe le squadre vennero ammesse al primo torneo di massima serie a girone unico.[77]
Il Napoli è entrato a far parte anche della musica popolare. Sono state dedicate alla squadra partenopea numerose canzoni come I ragazzi della curva B di Nino D'Angelo, La favola più bella, Forza Napoli (Gigi D'Alessio e B. Carbone). Riferimenti al Napoli si trovano in vari film, come ad esempio in Quel ragazzo della curva B (film commedia del 1987),[78] in cui Nino D'Angelo recita la parte di Nino, un tifoso azzurro che si è messo nei guai con la camorra. Un altro film che ha preso spunto dai sostenitori del Ciuccio è Tifosi, dove Nino D'Angelo recita la parte del tifoso partenopeo e ladruncolo Gennaro, mentre altri riferimenti cinematografici si trovano nel comico-demenziale Paulo Roberto Cotechiño centravanti di sfondamento, con protagonista Alvaro Vitali nel ruolo del giocatore azzurro Paulo Roberto Cotechiño e del suo sosia. In questi film appaiono, nel ruolo di se stessi, anche giocatori del Napoli come Andrea Carnevale, Giuseppe Bruscolotti, Bruno Giordano (in Quel ragazzo della curva B)[78] e Diego Armando Maradona (Tifosi). Il Napoli appare anche nel film biografico su Diego Armando Maradona, Maradona, la mano di Dio (2007).
L'impegno in campo sociale
Il Napoli è una società particolarmente attiva nel campo sociale, distintasi per il sostegno fornito a monteplici iniziative benefiche.
Attraverso la partecipazione diretta dei propri tesserati, il club azzurro ha patrocinato iniziative a sostegno delle strutture ospedaliere cittadine,[79][80] oltre a iniziative di sensibilizzazione contro la violenza nello sport[81] e la povertà infantile.[82] Con l'appoggio all'associazione cittadina Scugnizzi, che opera nel penitenziario minorile di Nisida, il Napoli sostiene svariati progetti volti al reinserimento sociale dei giovani detenuti una volta scontata la loro pena.[83]
Tramite raccolte di fondi organizzate dai propri calciatori, inoltre, il Napoli ha fornito il proprio appoggio a istituzioni come la Robert F. Kennedy Foundation [84][85] e Telethon.[86]
Più recentemente, il club partenopeo si è impegnato con diverse iniziative a sostegno delle vittime del terremoto dell'Aquila del 2009, dalla devoluzione degli incassi delle partite[87] alla raccolta fondi per la costruzione di un centro polisportivo antisismico nel capoluogo abruzzese.[88]
Rosa attuale
Rosa e numerazione aggiornate al 2 febbraio 2010.[89]
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Staff tecnico
- Allenatore: Walter Mazzarri
- Allenatore in 2ª: Nicolò Frustalupi
- Preparatore dei portieri: Nunzio Papale
- Preparatore atletico: Giuseppe Pondrelli
- Medico sociale: dr. Alfonso De Nicola
- Fisioterapista: Marco Di Lullo
- Massaggiatore: Massimo Buono
- Team manager: Giuseppe Santoro
- Responsabile settore giovanile: Luigi Caffarelli
- Allenatore squadra Primavera: Ivan Faustino
Rose delle stagioni precedenti
Organigramma societario
Struttura societaria aggiornata al 2 aprile 2010.[91][92]
- Presidente: Aurelio De Laurentiis
- Vice Presidenti: Edoardo De Laurentiis e Jacqueline De Laurentiis
- Consigliere Delegato: Andrea Chiavelli
- Direttore Sportivo: Riccardo Bigon
- Direzione commerciale e marketing: Alessandro Formisano
- Segretario generale: Alberto Vallefuoco
- Addetto stampa: Guido Baldari
- Team manager: Giuseppe Santoro
- Responsabile Settore Scouting: Maurizio Micheli
- Coordinatore Settore Scouting: Marco Zunino
- Osservatore: Leonardo Mantovani
Presidenti e allenatori
Si riporta di seguito l'elenco dei presidenti, degli allenatori e dei direttori tecnici della Società Sportiva Calcio Napoli dalla fondazione del club ad oggi.[93][94][95]
Presidenti
- 1926 - 1927: Giorgio Ascarelli
- 1927 - 1928: Gustavo Zinzaro
- 1928 - 1929: Giovanni Maresca di Serracapriola
- 1929 - 1930: Giorgio Ascarelli
- 1930 - 1932: Giovanni Maresca di Serracapriola
- 1932 - 1936: Vincenzo Savarese
- 1936 - 1940: Achille Lauro
- 1940 - 1941: Tommaso Leonetti
- 1941 - 1943: Luigi Piscitelli
- 1943 - 1945: Annibale Fienga
- 1945 - 1946: Vincenzo Savarese
- 1946 - 1948: Pasquale Russo
- 1948 - 1951: Egidio Musollino
- 1951 - 1952: Alfonso Cuomo
- 1952 - 1954: Achille Lauro
- 1954 - 1963: Alfonso Cuomo
- 1963 - 1964: Luigi Scuotto
- 1964 - 1967: Roberto Fiore
- 1967 - 1968: Gioacchino Lauro
- 1968 - 1969: Antonio Corcione
- 1969 - 1971: Corrado Ferlaino
- 1971 - 1972: Ettore Sacchi
- 1972 - 1983: Corrado Ferlaino
- 1983: Marino Brancaccio
- 1983 - 1993: Corrado Ferlaino File:UEFA - UEFA Cup.svg
- 1993 - 1995: Ellenio Gallo
- 1995 - 1996: Vincenzo Schiano di Colella (onorario)[96]
- 1997 - 1998: Gian Marco Innocenti (amministratore unico)[96]
- 1998 - 2000: Federico Scalingi (amministratore unico)
- 2000 - 2002: Giorgio Corbelli
- 2002 - 2004: Salvatore Naldi
- 2004: Paolo Bellamio (amministratore unico)
- 2004: Nicola Rascio (curatore fallimentare)
- 2004 - oggi: Aurelio De Laurentiis
Allenatori e direttori tecnici
- 1926 - 1927: Antonio Kreutzer
- 1927 - 1928: Giovanni Terrile, Ferenc Molnár e Rolf Steiger (commissione tecnica)
- 1928 - 1929: Otto Fischer - Giovanni Terrile
- 1929 - 1930: William Garbutt
- 1930 - 1931: William Garbutt
- 1931 - 1932: William Garbutt
- 1932 - 1933: William Garbutt
- 1933 - 1934: William Garbutt
- 1934 - 1935: William Garbutt
- 1935 - 1936: Károly Csapkay
- 1936 - 1937: Angelo Mattea
- 1937 - 1938: Angelo Mattea
- 1938 - 1939: Eugen Payer - Paolo Iodice
- 1939 - 1940: Adolfo Baloncieri - Antonio Vojak
- 1940 - 1941: Antonio Vojak
- 1941 - 1942: Antonio Vojak
- 1942 - 1943: Antonio Vojak - Paolo Innocenti
- 1945 - 1946: Raffaele Sansone
- 1946 - 1947: Raffaele Sansone
- 1947 - 1948: Raffaele Sansone - Giovanni Vecchina
- 1948 - 1949: Felice Borel - Luigi De Manes - Vittorio Mosele
- 1949 - 1950: Eraldo Monzeglio
- 1950 - 1951: Eraldo Monzeglio
- 1951 - 1952: Eraldo Monzeglio
- 1952 - 1953: Eraldo Monzeglio
- 1953 - 1954: Eraldo Monzeglio
- 1954 - 1955: Eraldo Monzeglio
- 1955 - 1956: Eraldo Monzeglio - Amedeo Amadei
- 1956 - 1957: Amedeo Amadei
- 1957 - 1958: Amedeo Amadei
- 1958 - 1959: Amedeo Amadei
- 1959 - 1960: Annibale Frossi - Amedeo Amadei
- 1960 - 1961: Amedeo Amadei - Amedeo Amadei con Renato Cesarini (D.T.) - Attila Sallustro
- 1961 - 1962: Fioravante Baldi - Bruno Pesaola
- 1962 - 1963: Bruno Pesaola con Eraldo Monzeglio (D.T.)
- 1963 - 1964: Roberto Lerici - Giovanni Molino
- 1964 - 1965: Bruno Pesaola
- 1965 - 1966: Bruno Pesaola
- 1966 - 1967: Bruno Pesaola
- 1967 - 1968: Bruno Pesaola
- 1968 - 1969: Giuseppe Chiappella - Egidio Di Costanzo - Giuseppe Chiappella
- 1969 - 1970: Giuseppe Chiappella
- 1970 - 1971: Giuseppe Chiappella
- 1971 - 1972: Giuseppe Chiappella
- 1972 - 1973: Giuseppe Chiappella
- 1973 - 1974: Luís Vinício
- 1974 - 1975: Luís Vinício
- 1975 - 1976: Luís Vinício - Alberto Delfrati
- 1976 - 1977: Bruno Pesaola
- 1977 - 1978: Gianni Di Marzio
- 1978 - 1979: Gianni Di Marzio - Luís Vinício
- 1979 - 1980: Luís Vinício - Angelo Sormani
- 1980 - 1981: Rino Marchesi
- 1981 - 1982: Rino Marchesi
- 1982 - 1983: Massimo Giacomini - Gennaro Rambone con Bruno Pesaola (D.T.)
- 1983 - 1984: Pietro Santin - Rino Marchesi
- 1984 - 1985: Rino Marchesi
- 1985 - 1986: Ottavio Bianchi
- 1986 - 1987: Ottavio Bianchi
- 1987 - 1988: Ottavio Bianchi
- 1988 - 1989: Ottavio Bianchi File:UEFA - UEFA Cup.svg
- 1989 - 1990: Alberto Bigon
- 1990 - 1991: Alberto Bigon
- 1991 - 1992: Claudio Ranieri
- 1992 - 1993: Claudio Ranieri - Ottavio Bianchi
- 1993 - 1994: Marcello Lippi
- 1994 - 1995: Vincenzo Guerini - Vujadin Boškov (D.T.)
- 1995 - 1996: Vujadin Boškov (D.T.)
- 1996 - 1997: Luigi Simoni - Vincenzo Montefusco
- 1997 - 1998: Bortolo Mutti - Carlo Mazzone - Giovanni Galeone - Vincenzo Montefusco
- 1998 - 1999: Renzo Ulivieri - Vincenzo Montefusco
- 1999 - 2000: Walter Novellino
- 2000 - 2001: Zdeněk Zeman - Emiliano Mondonico
- 2001 - 2002: Luigi De Canio
- 2002 - 2003: Franco Colomba - Sergio Buso - Franco Scoglio - Franco Colomba
- 2003 - 2004: Andrea Agostinelli - Luigi Simoni
- 2004 - 2005: Giampiero Ventura - Edoardo Reja
- 2005 - 2006: Edoardo Reja
- 2006 - 2007: Edoardo Reja
- 2007 - 2008: Edoardo Reja
- 2008 - 2009: Edoardo Reja - Roberto Donadoni
- 2009 - 2010: Roberto Donadoni - Walter Mazzarri
Giocatori celebri
I Campioni del mondo e continentali del Napoli
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Il Napoli e la Nazionale italiana
Al 3 marzo 2010 sono complessivamente 33 i calciatori ad aver ricevuto la convocazione in Nazionale maggiore all'epoca della militanza in maglia partenopea.[98] I primi calciatori azzurri a militare in Nazionale furono Marcello Mihalich ed il Veltro Attila Sallustro, che debuttarono il 1º dicembre 1929 contro il Portogallo.[99] La partita terminò 6-1 e 3 gol furono segnati dai due azzurri (due da Mihalic ed uno da Sallustro).[99] Tuttavia i due azzurri non furono convocati per il Mondiale 1934, al contrario di Giuseppe Cavanna, portiere azzurro che si laureò campione del mondo come secondo di Gianpiero Combi.[97] Al Mondiale 1938 il Napoli non ebbe alcun rappresentante.[100]
Il rapporto tra Napoli e Nazionale si rinnovò nella seconda metà degli anni sessanta con l'approdo in azzurro di due importanti calciatori partenopei: Antonio Juliano e Dino Zoff, che portarono l'Italia alla vittoria del suo primo titolo europeo nel 1968 e al secondo posto nel Mondiale 1970.[101] Lo stesso Juliano partecipò anche al Mondiale 1966 e al Mondiale 1974,[102][103] mentre Mauro Bellugi prese parte all'Europeo del 1980.
Il periodo con più napoletani in Nazionale coincise con quello del Napoli di Maradona. A rappresentare il sodalizio partenopeo nelle spedizioni azzurre al Mondiale 1986, all'Europeo 1988 e al Mondiale 1990 si alternarono Salvatore Bagni, Fernando De Napoli, Ciro Ferrara, Giovanni Francini, Francesco Romano e Andrea Carnevale, mentre Luca Fusi e Massimo Crippa vestirono la maglia della Nazionale in alcune amichevoli. Dopo quel periodo nessun giocatore del Napoli fu più chiamato per la fase finale di un Europeo o un Mondiale, ma solo per gare di qualificazione alle stesse competizioni, oppure amichevoli (Ciro Ferrara, Gianfranco Zola, Fernando De Napoli ed ultimo Angelo Carbone nell'ottobre del 1992). Fernando De Napoli è anche il calciatore del Napoli con più presenze in Nazionale (49).[104]
Il declino del club interruppe il rapporto tra partenopei e Nazionale; per 15 anni nessun calciatore del Napoli fu convocato in azzurro.[105] Spezzò il digiuno delle convocazioni Paolo Cannavaro il 13 ottobre 2007, convocato per l'amichevole contro il Sudafrica, senza tuttavia fare ingresso in campo.[104][105] Fu l'esterno destro Christian Maggio, convocato per l'amichevole contro la Grecia del 19 novembre 2008, a far terminare il lungo periodo di 16 anni in cui nessun calciatore del Napoli era sceso in campo la maglia della Nazionale, subentrando nel corso del match a Mauro Camoranesi;[106] per quel che concerne le presenze in gare valevoli per competizioni ufficiali, il digiuno terminò il 5 settembre 2009 con la presenza in campo di Fabio Quagliarella nella partita contro la Georgia, valida per le qualificazioni al Mondiale 2010.[107] Lo stesso Quagliarella, insieme a Christian Maggio e Morgan De Sanctis, venne poi convocato per il Mondiale 2010, 20 anni dopo l'ultima volta che il club partenopeo aveva avuto suoi rappresentanti tra le fila azzurre nella fase finale della massima competizione internazionale.[108]
I giocatori del Napoli nelle varie spedizioni azzurre
Palmarès
Trofei nazionali
- Coppa Italia: 3
Trofei internazionali
- Coppa UEFA: 1
Trofei minori
- 1976
Giovanili
- 1978-1979
- 1996-1997
- 2004-2005
- 1983-1984, 1987-1988, 1989-1990, 1996-1997
- 2004-2005
- 1975
Altri piazzamenti e partecipazioni
Campionati nazionali
Categoria | Partecipazioni | Debutto | Ultima stagione |
---|---|---|---|
A | 68 | 1926-1927 | 2010-2011 |
B | 12 | 1942-1943 | 2006-2007 |
C1 | 2 | 2004-2005 | 2005-2006 |
In 82 stagioni sportive a partire dalla fondazione della società nel 1926, compresi 4 tornei di Divisione Nazionale (A).
Serie A
Il Napoli ha partecipato a 68 campionati di Serie A, di cui 4 non a girone unico. In tali stagioni è salito 12 volte sul podio:[61]
- 2 primi posti (1986-1987 e 1989-1990)
- 4 secondi posti (1967-1968, 1974-1975, 1987-1988, 1988-1989)
- 6 terzi posti (1933-1934, 1965-1966, 1970-1971, 1973-1974, 1980-1981, 1985-1986)
Serie B
Il Napoli ha partecipato a 12 campionati di Serie B ottenendo 5 promozioni:[61]
- 1 per vittoria del campionato (1949-1950)
- 4 per piazzamento utile (1961-1962, 1964-1965, 1999-2000, 2006-2007)
Serie C
Il Napoli ha partecipato a 2 campionati di Serie C1 ottenendo 1 promozione:
- 1 per vittoria del girone B (2005-2006)
Coppa Italia
Il Napoli ha partecipato a n/d edizioni della Coppa Italia. È arrivato in finale in 7 occasioni:
- 3 finali vinte (1961-1962, 1975-1976, 1986-1987)
- 4 finali perse (1971-1972, 1977-1978, 1988-1989, 1996-1997)
Nota: aggiornamento alla fine della stagione 2008-2009.
Competizioni internazionali
G = partite giocate; V = vittorie; N = pareggi; P = sconfitte; F = Goal segnati; S = Goal subiti
Competizione | G | V | N | P | F | S |
---|---|---|---|---|---|---|
File:UEFA - Champions League.svg Coppa Campioni/Champions League | 6 | 2 | 3 | 1 | 6 | 3 |
Coppa delle Coppe | 17 | 9 | 4 | 4 | 23 | 16 |
File:UEFA - UEFA Cup.svg Coppa UEFA/Europa League | 56 | 22 | 17 | 17 | 66 | 57 |
File:Coppa Intertoto.svg Coppa Intertoto | 2 | 2 | 0 | 0 | 2 | 0 |
Totale competizioni UEFA | 81 | 35 | 24 | 22 | 97 | 76 |
I dati sono aggiornati al 30 gennaio 2010.[119]
Il Napoli in competizioni europee UEFA ha disputato 81 partite (6 in Coppa dei Campioni, 56 in Coppa UEFA, 17 in Coppa delle Coppe e 2 in Coppa Intertoto) ed ha vinto una Coppa UEFA (1989).[119]
Il Napoli ha partecipato inoltre alle seguenti competizioni internazionali non UEFA: Coppa delle Fiere (considerata l'antesignana della Coppa UEFA[120]), Mitropa Cup, Coppa delle Alpi, Torneo Anglo-Italiano, Coppa di Lega Italo-Inglese, Coppa Torneo Italia).[120] Tra queste ha vinto una Coppa delle Alpi (1966) e una Coppa di Lega Italo-Inglese (1976).[120]
Record e statistiche
Statistiche di squadra
Il Napoli esordì in massima serie (allora denominata Divisione Nazionale) il 3 ottobre 1926.[7] Quella attuale (2009-2010) è dunque la sua 82ª stagione sportiva; nelle 81 precedenti, ha partecipato a 67 campionati di massima serie (4 di Divisione Nazionale e 63 di Serie A propriamente detta), dodici di Serie B e due di Serie C1. Nel corso delle 63 stagioni in massima serie il Napoli ha vinto due volte il campionato, giungendo seconda in quattro tornei e terza in sei. In 81 stagioni sportive, la società è arrivata dunque sul podio nel 15% dei casi.
La vittoria in campionato con il maggior scarto fu un 8-1 contro la Pro Patria, nella Serie A 1955-1956.[61] La sconfitta con il maggior scarto fu invece uno 0-11 subìto dal Torino nel campionato federale 1927-1928.[61]
Il Napoli è l'unica squadra che ha vinto la Coppa Italia militando in Serie B (1961-1962).[22] Sempre per quanto riguarda la Coppa Italia, il Napoli, insieme alla Fiorentina, è l'unica squadra ad aver vinto la Coppa Italia vincendo tutte le partite (13 su 13; accadde nella stagione 1986-1987). Il Napoli inoltre condivide con Torino (1942-1943), Juventus (1959-1960 e 1994-1995), Lazio (1999-2000) e Inter (2009-2010) il primato di aver vinto sul campo nella stessa stagione Scudetto e Coppa Italia (1986-1987).[37]
Il Napoli vanta inoltre, in coabitazione con Bologna (1931-1932) e Juventus (1932-1933), il record dei punti (33 su 34) ottenuti nelle gare interne in un campionato a 18 squadre con 2 punti per vittoria (16 vittorie ed 1 pareggio in 17 partite), realizzato nel torneo 1989-1990.[121] L'unica squadra che riuscì a ottenere punti al S. Paolo in quella stagione fu la Sampdoria, che pareggiò 1-1.[122]
Statistiche individuali
Il giocatore che detiene il record di presenze in campionato è Antonio Juliano, con 394 presenze (355 in Serie A).[123] Il primato per quanto concerne la sola Serie A va invece a Giuseppe Bruscolotti, con 387 presenze; quest'ultimo detiene anche il record di presenze complessive tra campionato e coppe (511).[99]
Il giocatore che ha segnato più gol in assoluto in maglia azzurra è Diego Armando Maradona, con 115 reti in totale, di cui 81 in Serie A.[99]
Il record di gol in campionato appartiene ad Attila Sallustro, con 104 reti,[99] mentre il giocatore con più reti in Serie A è Antonio Vojak, con 102 reti.[99]
Settore giovanile
Il Settore giovanile si occupa di gestire tutte le squadre iscritte dalla SSC Napoli ai campionati giovanili della FIGC e ai vari tornei nazionali e internazionali. L'obiettivo di questo settore è quello di formare e valorizzare i giovani tesserati della SSC Napoli affinché possano essere lanciati nel mondo del calcio professionistico, costituendo anche un serbatoio di talenti dal quale la prima squadra possa attingere.[124]
Storia
Le origini del settore giovanile del Napoli risalgono all'inizio degli anni venti, quando il Naples e l'Internazionale Napoli non si erano ancora fuse.[68] Fu il presidente dell'Internazionale, Emilio Reale, ad avere l'idea di organizzare un settore giovanile, nel quale giocò le sue prime partite in azzurro il futuro campione del Napoli Attila Sallustro, allora undicenne.[68]
Il campo delle giovanili si trovava nella villa comunale a via Caracciolo.[68] Nella stagione 1962-1963 la federazione decise di creare un campionato nazionale giovanile (il "Campionato Primavera")[125] a cui il Napoli partecipò fin dalla prima edizione con alterne fortune. Nei primi anni sessanta militava nelle giovanili il mediano Antonio Juliano, il quale avrebbe ben presto esordito in prima squadra diventando in seguito il secondo giocatore con più presenze in maglia azzurra tra campionato e coppe (505).[123]
Negli anni settanta/ottanta, il settore giovanile riuscì ad affermare singoli giocatori creando formazioni in grado di raggiungere ottimi piazzamenti nelle competizioni di categoria. Vinse il Torneo di Viareggio nel 1975[126] e il Campionato Primavera nel 1978-1979.[125] La rosa campione d'Italia Primavera, allenata da Mario Corso, comprendeva giocatori che avrebbero poi debuttato in prima squadra come Raffaele Di Fusco, Luigi Caffarelli, Gaetano Musella, Costanzo Celestini e Giuseppe Volpecina; alcuni di questi avrebbero vinto poi il primo scudetto del Napoli nella stagione 1986-1987.[127]
Nell'epoca post-Maradona il Napoli visse un momento di profonda crisi ed anche il settore giovanile venne trascurato; nonostante ciò, nei primissimi anni novanta, le giovanili del Napoli portarono al debutto in Serie A giocatori di talento, tra i quali spiccava il (futuro) campione del mondo italiano e Pallone d'oro 2006 Fabio Cannavaro; il periodo di crisi aveva portato alla sua cessione per motivi economici, dieci anni prima del duplice riconoscimento.
Nonostante il trend negativo del sodalizio azzurro, il settore giovanile si impose nella Coppa Italia Primavera del 1997[128] e conquistò lo Scudetto Allievi. In questi anni fu anche costruito, nel quartiere di Marianella, un centro sportivo che, nei piani dei dirigenti, avrebbe dovuto essere all'avanguardia a livello di formazione giovanile.[129] La struttura - però - sarà consegnata al totale degrado fino alla sua chiusura.[129]
Col fallimento della SSC Napoli nel 2004, il settore giovanile fu totalmente smembrato. Quando la società venne rilevata da De Laurentiis, si decise di investire sui giovani per poter contare sull'apporto dei talenti locali; i risultati furono subito ottimi, con un titolo Berretti di Serie C vinto al primo anno.[130] Il lavoro del direttore Santoro e del suo staff diede ulteriori frutti portando al ritorno di alcuni azzurrini nel giro delle nazionali giovanili.[131] Nel 2010 gli azzurrini parteciparono al Torneo di Viareggio dopo 7 anni di assenza.[132]
Centro tecnico e campi di gioco
Il settore giovanile in origine condivise il Centro Paradiso di Soccavo con la prima squadra, in attesa del pianificato trasferimento all'interno di una struttura specifica situata a Marianella. Complice anche la crisi economica della società, questo centro sportivo non fu mai completato e cadde presto in disuso.[129] Dopo il fallimento è stato utilizzato in parte il Centro Sportivo di Castel Volturno, oltre a vari impianti situati nella provincia di Napoli, in particolar modo a Marano di Napoli e a Cercola. È prevista in futuro la realizzazione di un nuovo centro tecnico con 7 campi e foresteria situato a Castel Volturno.[133]
Tifoseria
Il Napoli è attualmente la quarta squadra italiana per numero di tifosi.[2] Notevole è il seguito che da sempre la squadra ha in paesi esteri e principalmente in quelli dove è più forte il tasso di immigrati dall'Italia: i Napoli Club fuori dai confini nazionali si contano a centinaia anche nelle località più remote. A livello internazionale si stima un seguito complessivo di circa 7 milioni di tifosi.[134][135]
Il tifoso medio del Napoli non appartiene a una classe specifica: secondo Mimmo Carratelli, il tifo azzurro «confonde e compatta genti diversissime, i napoletani dei quartieri-bene e quelli dei rioni popolari. Il Napoli è «la squadra di tutti» [...].».[136]
La tifoseria del Napoli è stata più volte colpita da provvedimenti restrittivi. Nella stagione 2007-2008 ai tifosi è stata vietata la trasferta per nove volte, e nel 2008-2009, a seguito di presunti incidenti presso la Stazione di Napoli Centrale e presso lo Stadio Olimpico di Roma, il divieto di trasferta è stato comminato per tutta la stagione.[137]
Cenni storici
Le origini del tifo organizzato a Napoli risalgono agli anni sessanta.[138] Nel 1972 nacque il gruppo degli Ultras della Curva B (poi CUCB, Commando Ultras Curva B), fondato da Gennaro Montuori;[139] questi ultimi furono i primi a realizzare imponenti scenografie all'interno dello stadio San Paolo[139]. Successivamente diedero alle stampe un proprio giornale e produssero una trasmissione televisiva dedicata al Napoli che viene tuttora trasmessa sulle emittenti locali partenopee;[139] nel corso degli anni, inoltre, diedero vita a diverse iniziative contro la violenza negli stadi, tra le quali l'esposizione dello striscione «La violenza ci divide, il tifo ci affratella».[139] Nel 1986 gli ultras della Curva B fondarono un gruppo di tifose, le Ultrà Girls.[139] Negli anni ottanta nacque anche un altro gruppo di tifose, denominato Ladies Napoli, formato per lo più da docenti.[138] A partire dagli anni '90, il tifo in curva B è profondamente cambiato: Gennaro Montuori (detto Palummella), forse a causa della morte del fratello[140], lasciò il mondo del tifo causando lo scioglimento del suo gruppo (il CUCB) e dei gruppi minori ad esso collegati.[140] Attualmente i maggiori gruppi della curva B sono i Fedayn E.A.M. 1979 e gli Ultras Napoli.[140] I Fedayn, fondati nel 1979, condividono la mentalità dei tifosi della curva A: proprio per questa comunanza di ideali ci sono stati dei tentativi da parte dei gruppi della curva A di convincere i Fedayn a traslocare nella loro curva.[140] Il loro slogan è E.A.M. (Estranei Alla Massa).[140] Gli Ultras Napoli sono invece formati per lo più da tifosi che non facevano parte del CUCB in quanto non ne condividevano l'ideologia filosocietaria.[140] Oltre a questi, sono presenti i Tifosi del nostro ideale (ex Masseria Cardone) e gli Area Nord (prima entrambi nella A).
La Curva A è invece occupata da numerosi gruppi: Mastiffs, Vecchi Lions, Teste Matte (formata per lo più da tifosi provenienti dai Quartieri Spagnoli[140]), Sud, Bronx, Brigata Carolina, Rione Sanità, Fossato Flegreo.[141] La curva A è quella maggiormente violenta e contestatrice; per questo non è in buoni rapporti con la curva B, più pacifica e folkloristica.[140] Tentativi di riconciliazione tra le due curve sono falliti.[140]
Gemellaggi
Rapporti di amicizia
La tifoseria napoletana è storicamente gemellata con quella del Genoa in seguito al pareggio per 2-2 tra le due squadre nell'ultima giornata della Serie A 1981-1982, risultato che consentì al Genoa di salvarsi e condannò il Milan alla seconda retrocessione in Serie B della sua storia.[143] Esiste, inoltre, una forte amicizia con i supporter dell'Ancona e vi sono buoni rapporti con le tifoserie di Palermo e Catania.[140][142]
Rivalità
I tifosi azzurri hanno cattivi rapporti soprattutto con le squadre del Nord.[144] Rivalità con Inter, Juventus e Milan nacquero durante gli anni ottanta, con gli azzurri che sfidavano la "Triade del Nord" per contendergli il titolo di Campione d'Italia.[145]
L'ostilità degli ultras con i tifosi della Lazio nasce dal gemellaggio che legava negli anni ottanta napoletani e "cugini" romanisti,[146] gemellaggio poi infranto dopo il gesto dell'ombrello di Salvatore Bagni del 25 ottobre 1987 e dopo il quale nasce la rivalità coi giallorossi.[147] Esistono inoltre rivalità con Sampdoria, Verona e Reggina.[140]
I derby
A differenza di quanto accaduto in altre metropoli come Torino, Milano e Roma, il Napoli è l'unica espressione calcistica di alto livello del capoluogo campano e pertanto non vi è un derby nel senso stretto del termine. Ciononostante, i partenopei sono co-protagonisti di tre particolari derby in Italia:
- Derby del Sole, che vede protagonisti i partenopei e la Roma, ossia i primi due sodalizi dell'Italia centro-meridionale ad essere stati ammessi alla Lega Calcio, all'epoca denominata Direttorio Divisioni Superiori, nella stagione 1926-1927.[148]
- Derby delle due Sicilie, si disputa con il Palermo; il nome è riferito al Regno delle due Sicilie, del quale le due città facevano parte in epoca borbonica.[149]
- Derby della Campania, termine che fa riferimento alle sfide con Avellino e Salernitana.
Galleria fotografica
- Wikiquote contiene citazioni di o su SSC Napoli
- Wikinotizie contiene notizie di attualità su SSC Napoli
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su SSC Napoli
Note
Bibliografia
- Elio Tramontano, Gianni Virnicchi, Il Napoli dalle origini ad oggi, Napoli, L'arte tipografica, 1965.
- Giuseppe Pacileo, S.S.C. NAPOLI - una squadra e la sua città, Firenze, Edi-Grafica, 1977.
- Antonio Ghirelli, Intervista sul Calcio Napoli, Roma, Laterza, 1978.
- Elio Tramontano, Da Sallustro a Maradona: 90 anni di storia del Napoli, Napoli, Edizioni Meridionali, 1984.
- Roberto Ciuni, Il pallone di Napoli, Brescia, Shakespeare & Company, 1985.
- Giuseppe Pacileo, Elio Tramontano, La storia del Napoli, Firenze, La casa dello sport, 1986.
- Giuseppe Mariconda, Breve storia del grande Napoli, Roma, Newton, 1995, ISBN 88-7983-914-4.
- Gianfranco Coppola, Napoli, Roma, Gremese Editore, 1998, ISBN 88-7742-291-2.
- Francesco Caremani, Napoli 2000 - l'album azzurro dalle origini a oggi, Genova, Sagep, 2000, ISBN 88-7058-799-1.
- Giuseppe Pacileo, Pietro Gargano, 80 anni di passione - La storia del Napoli dal 1926 al 2006, Napoli, Il Mattino, 2006.
- Mimmo Carratelli, La grande storia del Napoli, Gianni Marchesini Editore, 2007, ISBN 88-8822-514-5.
- Giuliano Pavone, Giuseppe Caporaso, Na sera 'e maggio, Edizioni Graf, 2007, ISBN 88-8943-312-6.
Voci correlate
Collegamenti esterni
Template:Club campioni d'Italia di calcio
- ^ Dato aggiornato al 2009-2010 e comprendente anche i tornei non a girone unico.
- ^ a b Tifosi, Juventus la più amata - Inter la più antipatica, su repubblica.it, 30-08-2008. URL consultato il 30-08-2008. La Juventus conquista "quasi un terzo" degli intervistati. Subito dietro l'Inter, con il 14% delle preferenze ,e il Milan (13%). Il Napoli è quarto con l'8%, davanti alla Roma (7%) e alla Lazio (2%)
- ^ Classifica Deloitte: Napoli ventottesimo in Europa e sesto in Italia per fatturato, su tuttonapoli.net, 04-03-2010. URL consultato il 04-03-2010. La Juventus è al primo posto tra i club italiani con un fatturato annuo di 203,2 milioni di euro. A seguire Milan (196,5), Inter (196,5), Roma (146,5), Fiorentina (94,1) e Napoli (90,1).
- ^ a b Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 6
- ^ a b Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 7
- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 8
- ^ a b c d Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 14 Errore nelle note: Tag
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non valido; il nome "PacGar14" è stato definito più volte con contenuti diversi - ^ a b c d Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 15
- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 16
- ^ Garbutt fu il primo allenatore di calcio a venire chiamato mister, vedi Le recensioni – “Mister William Thomas Garbutt”, su panoramatirreno.it, Panorama Tirreno. URL consultato il 19-2-2010.
- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 18
- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 21
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- ^ a b c Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 26 Errore nelle note: Tag
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non valido; il nome "PacGar26" è stato definito più volte con contenuti diversi - ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, pag. 29
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- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 75
- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 76
- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 81
- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 84
- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 89
- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 92
- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 93
- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 94
- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 99
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- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 113
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- ^ Napoli ha vinto, e scusate il ritardo, su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 12-05-1987. URL consultato il 03-02-2010.
- ^ a b Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 118 Errore nelle note: Tag
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non valido; il nome "PacGar118" è stato definito più volte con contenuti diversi - ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 124
- ^ Bianchi, fuga con lacrime, su ricerca.repubblica.it, repubblica.it, 18-05-1989. URL consultato il 03-02-2010.
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- ^ Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 129
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- ^ a b Pacileo e Gargano, 80 anni di passione, p. 133
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