Camillo Benso, conte di Cavour

conte di Cavour, politico, patriota e imprenditore italiano (1810-1861)

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Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, nobile dei Marchesi di Cavour, di Isolabella e di Leri, noto semplicemente come Conte di Cavour o Cavour (Torino, 10 agosto 1810Torino, 6 giugno 1861), è stato un politico italiano. Template:Presidente del Consiglio dei ministri del Regno d'Italia Fu ministro del Regno di Sardegna dal 1850 al 1852, Capo del governo dal 1852 al 1859 e dal 1860 al 1861. Lo stesso anno, con la proclamazione del Regno d’Italia, divenne il primo Presidente del Consiglio del nuovo Stato e con tale carica morì.

Fu protagonista del Risorgimento come sostenitore delle idee liberali, del progresso civile ed economico, dell’anticlericalismo, dei movimenti nazionali e dell’espansionismo del Regno di Sardegna ai danni dell’Austria e dello Stato Pontificio.

Contrastò apertamente le idee repubblicane di Giuseppe Mazzini e spesso si trovò in contrasto con Giuseppe Garibaldi della cui azione temeva il potenziale rivoluzionario. In politica estera coltivò con abilità l’amicizia con la Francia grazie alla quale ottenne l’espansione territoriale del Piemonte in Italia settentrionale e in Toscana.

Benché non avesse un disegno di unità nazionale preordinato riuscì con successo a gestire gli eventi che portarono alla formazione del Regno d’Italia.

La famiglia e la giovinezza (fino al 1843)

 
Stemma dei Cavour. Camillo avrebbe ereditato il titolo di marchese dal fratello maggiore, che invece morì dopo di lui.
 
Il palazzo a Torino dove nacque Cavour, oggi.
 
Targa sulla facciata di Palazzo Cavour, a Torino.

Camillo nacque il 10 agosto 1810 nella Torino napoleonica. Suo padre, il nobile piemontese Michele Benso di Cavour, era collaboratore e amico del governatore Principe Camillo Borghese che fu padrino di battesimo del piccolo Benso al quale trasmise il nome. La madre di Camillo, invece, Adele de Sellon (1780-1850), apparteneva ad una ricca famiglia di Ginevra, originaria della Francia, che aveva raggiunto un'ottima posizione nella borghesia cittadina.[1]

Aristocratico,[2] Cavour in gioventù frequentò il 5º corso della Regia Accademia Militare di Torino (conclusosi nel 1825) e nell'inverno 1826-27, grazie ai corsi della Scuola di Applicazione del Corpo Reale del Genio di Torino, diventò ufficiale del Genio.[3]

Il giovane si dedicò ben presto, per interessi personali e per educazione familiare, alla causa del progresso europeo. Fra i suoi ispiratori fu il filosofo inglese Jeremy Bentham alle cui dottrine si accostò per la prima volta nel 1829. In quell’anno lesse il suo Traité de législation civile et pénale, in cui si enunciava il principio politico «Misura del giusto e dell’ingiusto è soltanto la massima felicità del maggior numero». L'altro concetto di Bentham secondo cui ogni problema poteva ricondursi a fatti misurabili, forniva poi al realismo di Cavour una base teorica utile alla sua inclinazione all’analisi matematica.[4]

Trasferito nel 1830 a Genova, l'ufficiale Camillo Benso ebbe modo di conoscere la marchesa Anna Giustiniani Schiaffino, con la quale avvierà una importante amicizia intrattenendo con lei un lungo rapporto epistolare.[5]

All'età di ventidue anni Cavour venne nominato sindaco di Grinzane, dove la famiglia aveva dei possedimenti, e ricoprì tale carica fino al 1848.[6] Dal dicembre 1834 prese a viaggiare all'estero studiando lo sviluppo economico di paesi largamente industrializzati come Francia e Gran Bretagna.

Accompagnato dall’amico Pietro di Santarosa (1805-1850) Cavour nel febbraio del 1835 raggiunse infatti Parigi, dove si fermò per quasi due mesi e mezzo. In questo periodo visitò istituzioni pubbliche di ogni genere e frequentò gli ambienti politici del regime. Partito dalla capitale francese, il 14 maggio 1835 arrivò a Londra dove si interessò di questioni sociali.

Durante questo periodo il giovane conte sviluppò quella propensione conservatrice che lo accompagnerà per tutta la vita, ma al tempo stesso sentì fortemente crescere l’interesse e l’entusiasmo per il progresso dell’industria, per l’economia politica e per il libero scambio.

Di nuovo a Parigi, fra il 1837 e il 1840 frequentò assiduamente la Sorbona e incontrò, oltre a vari intellettuali, gli esponenti della monarchia di Luigi Filippo della quale conservava una viva ammirazione.

Da proprietario terriero a deputato (1843-1850)

 
Ritratto giovanile di Cavour

Fra il ritorno dai viaggi all’estero nel giugno del 1843 e l’ingresso al governo nell’ottobre del 1850, Cavour si dedicò ad una nutrita serie di iniziative nel campo dell’agricoltura, dell’industria, della finanza e della politica.

Gli affari in agricoltura e nell'industria

Importante possidente terriero, Cavour, contribuì già nel maggio 1842 alla costituzione dell’Associazione agraria che si proponeva di promuovere le migliori tecniche e politiche agrarie, per mezzo anche di una Gazzetta che fin dall’agosto 1843 pubblicava un articolo del conte.[7]

Cavour, impegnatissimo nell’attività di gestione soprattutto della sua tenuta di Leri, nell’autunno 1843, grazie alle consulenze di Giacinto Corio [8] iniziò un’attività di miglioramenti nei settori dell’allevamento del bestiame, dei concimi e delle macchine agricole. In sette anni (dal 1843 al 1850) la produzione del conte di riso, frumento e latte crebbe sensibilmente, quella di mais addirittura risultò triplicata.[9]

Ad integrare le innovazioni della produzione agricola, Camillo Benso intraprese anche delle iniziative di carattere industriale con risultati più o meno buoni. Fra le iniziative più importanti, la partecipazione alla costituzione della Società anonima dei molini anglo-americani di Collegno nel 1850, di cui il conte divenne successivamente il maggiore azionista e che ebbe dopo l’unità d'Italia una posizione di primo piano nel Paese.[10]

Le estese relazioni d’affari a Torino, Chivasso e Genova e soprattutto l’amicizia dei banchieri De La Rüe, consentirono inoltre a Cavour di operare da una posizione privilegiata rispetto agli altri agricoltori e di cogliere importanti opportunità di guadagno. Nell’anno 1847, ad esempio, realizzò introiti assai cospicui approfittando del pessimo raccolto di cereali in tutta Europa che diede luogo ad un aumento della richiesta spingendo i prezzi a livelli inconsueti.[11]

Lo sviluppo delle idee politiche

 
L’inaugurazione della linea ferroviaria Torino-Genova nel 1854. Cavour attribuì alle ferrovie un’importanza decisiva nello sviluppo del progresso civile e del movimento nazionale.

Oltre ad i suoi interventi sulla Gazzetta della Associazione agraria, Cavour in quegli anni si dedicò alla scrittura di alcuni saggi sui progressi dell’industrializzazione e del libero scambio in Gran Bretagna, e sugli effetti che ne sarebbero derivati sull’economia e sulla società italiana.[12]

Principalmente Cavour esaltava le ferrovie come strumento di progresso civile al quale, piuttosto che alle sommosse, era affidata la causa nazionale. Egli a tale proposito mise in rilievo l’importanza che avrebbero avuto due linee ferroviarie: una Torino-Venezia e una Torino-Ancona.[13]

Senza alcun bisogno di una rivoluzione, il progresso della civiltà cristiana e lo sviluppo dei lumi sarebbero sfociati, secondo il conte, in una crisi politica di cui l’Italia era chiamata a profittarne.[14]

Camillo Benso aveva infatti fede nel progresso che era soprattutto intellettuale e morale, poiché risorsa della dignità e della capacità creativa dell’uomo. A tale convinzione si accompagnava l’altra che la libertà economica è causa di interesse generale, destinata a favorire tutte le classi sociali. Sullo sfondo di questi due principi emergeva il valore della nazionalità:[15]

«La storia di tutti i tempi prova che nessun popolo può raggiungere un alto grado di intelligenza e di moralità senza che il sentimento della sua nazionalità sia fortemente sviluppato: in un popolo che non può essere fiero della sua nazionalità il sentimento della dignità personale esisterà solo eccezionalmente in alcuni individui privilegiati. Le classi numerose che occupano le posizioni più umili della sfera sociale hanno bisogno di sentirsi grandi dal punto di vista nazionale per acquistare la coscienza della propria dignità»

A favore dello Statuto e della guerra del 1848

  Lo stesso argomento in dettaglio: Statuto albertino e Prima guerra di indipendenza italiana .
 
Nel 1848 Cavour sostenne la necessità di dichiarare guerra all’Austria come soluzione al pericolo rivoluzionario che minacciava il Piemonte. Nel dipinto, la Battaglia di Pastrengo.

Nel 1847 Cavour fece la sua comparsa ufficiale sulla scena politica come fondatore, assieme al cattolico liberale Cesare Balbo, del periodico Risorgimento, di cui assunse la direzione. Il giornale, costituitosi grazie ad un ammorbidimento della censura di Re Carlo Alberto, si schierò più apertamente di tutti gli altri, nel gennaio del 1848, a favore di una costituzione.[16]

La presa di posizione, che era anche di Cavour, si rimarcò con la caduta in Francia (24 febbraio 1848) della cosiddetta Monarchia di luglio, con la quale crollava il riferimento politico del conte in Europa.

In questa atmosfera, il 4 marzo 1848, Carlo Alberto promulgò lo Statuto albertino. Questa “costituzione breve” deluse gran parte dell’opinione pubblica liberale, ma non Cavour che annunciò una importante legge elettorale per la quale era stata nominata una commissione, presieduta da Cesare Balbo, e della quale anche lui faceva parte. Tale legge con qualche adeguamento rimase in vigore fino alla riforma elettorale del Regno d’Italia del 1882.[17]

Con la repubblica in Francia, la rivoluzione a Vienna e Berlino, l’insurrezione a Milano e il sollevamento del patriottismo in Piemonte e Liguria, Cavour, temendo che il regime costituzionale potesse diventare vittima dei rivoluzionari, si pose in testa al movimento interventista incitando il re ad entrare in guerra contro l’Austria e ricompattare l’opinione pubblica .[18][19]

Il 23 marzo 1848, Carlo Alberto dichiarò guerra all’Austria. Dopo i successi iniziali, l’andamento del conflitto mutò e la vecchia aristocrazia militare del regno fu esposta a dure critiche. Alle prime sconfitte piemontesi Cavour chiese che si risalisse ai colpevoli che avevano tradito le prove di valore dei semplici soldati. La deprecata condotta della guerra spinse allora alla convinzione che il Piemonte non sarebbe stato al sicuro fino a quando i poteri dello Stato non fossero stati controllati da uomini di fede liberale.[20][21]

Deputato al Parlamento Subalpino

 
Cavour intorno al 1850

Il 27 aprile 1848 ci furono le prime elezioni del nuovo regime costituzionale. Cavour, forte della sua attività di giornalista politico, si candidò alla Camera dei Deputati del Parlamento e fu eletto nelle elezioni suppletive del 26 giugno. Fece il suo ingresso alla Camera (Palazzo Carignano) prendendo posto nei banchi di destra, il 30 giugno 1848.[22] Fedele agli interessi piemontesi, che egli vedeva minacciati dalle forze radicali genovesi e lombarde, Cavour fu oppositore sia dell'esecutivo di Cesare Balbo, sia di quello successivo del milanese Gabrio Casati (1798-1863). Dopo la sconfitta di Custoza, tuttavia, si pronunciò nettamente a favore della concessione dei pieni poteri al governo, richiesti per gestire al meglio la grave situazione. I fatti però precipitarono, con l’abbandono di Milano agli austriaci e con l’Armistizio di Salasco del 9 agosto 1848.[23]

Al termine di questa prima fase della guerra, il governo di Cesare di Sostegno e il successivo di Ettore di San Martino imboccarono la strada della moderazione e della diplomazia, appoggiati con estrema forza da Cavour che criticò aspramente Gioberti, ancora risoluto a combattere l’Austria. Nel suo primo grande discorso parlamentare, Camillo Benso, il 20 ottobre 1848 si pronunciò per il rinvio delle ostilità, confidando nella mediazione della Gran Bretagna, gelosa della nascente potenza germanica e quindi favorevole alla causa italiana. La linea moderata del governo passò, ma il debole esecutivo, su un argomento minore, rassegnò le dimissioni il 3 dicembre 1848.[24]

Nell’impossibilità di formare una diversa compagine ministeriale, Re Carlo Alberto, diede l’incarico a Gioberti, il cui governo (insediatosi il 15 dicembre 1848) Cavour considerò di “pura sinistra”. A discapito del conte arrivarono anche le elezioni del 22 maggio 1849, al cui ballottaggio fu sconfitto. Lo schieramento politico della maggioranza era tuttavia troppo eterogeneo per affrontare la difficile situazione del Paese, sospeso ancora fra pace e guerra, e il Presidente del Consiglio Gioberti dovette dimettersi il 21 febbraio 1849.[25]

Cambiando radicalmente politica di fronte alla crisi rivoluzionaria di cui ravvisava ancora il pericolo, Cavour si pronunciò per una ripresa delle ostilità contro l’Austria. La sconfitta di Novara (23 marzo 1849) dovette precipitarlo nuovamente nello sconforto.[26]

Capo della maggioranza anticlericale

  Lo stesso argomento in dettaglio: Leggi Siccardi.
 
Il Re di Sardegna Vittorio Emanuele II, di cui Cavour condivise le prime iniziative politiche.
 
Massimo d'Azeglio fu Presidente del Consiglio del ministro Cavour.[27]

La grave sconfitta piemontese portò, il 23 marzo 1849, all’abdicazione di Carlo Alberto a favore del figlio Vittorio Emanuele. Costui, aperto avversario della politica del padre di alleanze con la sinistra, sostituì al governo dei democratici (che chiedevano la guerra a oltranza) un esecutivo presieduto dal generale Gabriele de Launay, salutato con favore da Cavour. Tale governo riprese il controllo di Genova, insorta contro la monarchia, e fu sostituito da quello di Massimo d'Azeglio del quale Camillo Benso accettò la visione del Piemonte come roccaforte della libertà italiana.[28]

Le elezioni del 15 luglio 1849 portarono, tuttavia, ad una nuova, benché debole, maggioranza dei democratici. Cavour fu rieletto, ma D’Azeglio convinse Vittorio Emanuele II a sciogliere la Camera dei Deputati e il 20 novembre 1849 il re emanò il Proclama di Moncalieri, con cui invitava il suo popolo ad eleggere candidati più moderati che non fossero a favore di una nuova guerra. Il 9 dicembre fu rieletta l’assemblea che, finalmente, espresse un voto schiacciante a favore della pace. Fra gli eletti figurava di nuovo Cavour che, nel collegio di Torino I, ottenne 307 voti contro i 98 dell’avversario.[29][30]

In quel periodo Camillo Benso si mise in evidenza anche per le sue doti di abile operatore finanziario. Egli ebbe infatti una parte di primo piano nella fusione della Banca di Genova e della nascente Banca di Torino nella Banca Nazionale degli Stati Sardi.[31]

Dopo il successo elettorale del dicembre 1849 Cavour divenne una delle figure dominanti dell’ambiente politico piemontese e gli venne riconosciuta la funzione di guida della maggioranza moderata che si era costituita.

Forte di questa posizione sostenne che era arrivato il tempo delle riforme, favorite dallo Statuto albertino che aveva creato reali prospettive di progresso. Si sarebbe potuto innanzi tutto staccare il Piemonte dal fronte cattolico-reazionario che trionfava nel resto d’Italia.[32]

A tale scopo il primo passo fu la promulgazione delle cosiddette Leggi Siccardi (9 aprile e 5 giugno 1850) che abolirono vari privilegi del clero in Piemonte e con le quali si aprì una fase di scontri con la Santa Sede, con episodi gravi sia da parte di D’Azeglio sia da parte di Papa Pio IX. Fra questi ultimi ci fu il rifiuto di impartire l'estrema unzione all’amico di Cavour, Pietro di Santarosa, morto il 5 agosto 1850. Con tutti i mezzi Cavour si scagliò contro il clero, ottenendo l’espulsione da Torino dell’Ordine dei Servi di Maria, nel quale militava il sacerdote che si era rifiutato di impartire i sacramenti, e influenzando, probabilmente, anche la decisione di arresto dell’arcivescovo di Torino Luigi Fransoni.[33]

Ministro del Regno di Sardegna (1850-1852)

Con la morte dell’amico Santarosa, che ricopriva la carica di Ministro dell’Agricoltura e del commercio, Cavour, forte della parte di primo piano assunta in quei giorni nella battaglia anticlericale e della sua riconosciuta competenza tecnica, fu designato subito come naturale successore del ministro scomparso.

Convinto da alcuni deputati, il Presidente del Consiglio D’Azeglio e successivamente Vittorio Emanuele II (incoraggiato dal generale La Marmora), accettarono a capo del Ministero dell’Agricoltura e del commercio Cavour, che prestò giuramento l’11 ottobre 1850.[34]

Ministro dell’Agricoltura e del commercio

 
Carta in inglese del Regno di Sardegna (1720-1861)

Fra i primi incarichi affrontati da Camillo Benso ci fu il rinnovo del trattato commerciale con la Francia, improntato all’insegna del libero commercio.[35] L’accordo, che non fu particolarmente vantaggioso per il Piemonte, dovette essere sostenuto da motivazioni politiche per essere approvato, benché Cavour ribadisse che ogni riduzione doganale fosse di per sé un beneficio.[36]

Affrontata la materia dei trattati di commercio, il conte diede anche l’avvio ai negoziati con il Belgio e la Gran Bretagna. Con entrambi i Paesi ottenne e concesse estese facilitazioni doganali. I due trattati, conclusi il 24 gennaio e il 27 febbraio 1851 rispettivamente, furono il primo atto di vero liberismo commerciale compiuto da Cavour.[37]

Questi due accordi, per i quali il conte ottenne un largo successo parlamentare, aprirono la strada ad una riforma generale dei dazi la cui legge fu promulgata il 14 luglio 1851. Intanto nuovi trattati commerciali erano stati firmati, fra marzo e giugno, con la Grecia, le città anseatiche, l’Unione doganale tedesca, la Svizzera e i Paesi Bassi. Con 114 voti favorevoli e 23 contrari, la Camera approvò perfino un trattato analogo con l’Austria, concludendo quella prima fase della politica doganale di Cavour che realizzava per il Piemonte il passaggio dal protezionismo al libero scambio.[38]

Nello stesso periodo a Cavour fu affidato anche l’incarico di Ministro della Marina e, come in situazioni analoghe, egli si distinse per le sue idee innovative aprendo un contrasto con gli ufficiali superiori, più che altro reazionari, che si opponevano finanche all’introduzione della navigazione a vapore. D’altro canto la truppa era molto indisciplinata e l’intenzione di Cavour sarebbe stata quella di far diventare la Marina sarda un corpo di professionisti come quella del Regno delle Due Sicilie.[39]

Ministro delle Finanze

 
Il banchiere francese James de Rothschild (1792-1868). Cavour nel 1851 disimpegnò il Piemonte dalla sua stretta creditizia.
 
Urbano Rattazzi, alleato di Cavour nel Connubio.

Intanto, già dal 19 aprile 1851, Cavour aveva sostituito Giovanni Nigra (1798-1865) al Ministero delle Finanze, conservando tutti gli altri incarichi ministeriali. Il conte, durante la delicata fase del dibattito parlamentare per l’approvazione dei trattati commerciali con Gran Bretagna e Belgio, aveva annunciato di lasciare il governo se non si fosse abbandonata l’abitudine di affidare ad un deputato (in questo caso Nigra) l’incarico delle Finanze. C’erano stati per questo gravi dissensi fra D’Azeglio e Cavour che, alla fine, aveva ottenuto il ministero.[40]

D’altronde il governo di Torino aveva disperato bisogno di liquidi, principalmente per pagare le indennità imposte dagli austriaci dopo la Prima guerra di indipendenza e Cavour, per la sua abilità e i suoi contatti sembrava l’uomo giusto per gestire la delicata situazione. Il Regno di Sardegna era già fortemente indebitato con i Rothschild dalla cui dipendenza il conte voleva sottrarre il Paese e, dopo alcuni tentativi falliti con la Bank of Baring, Cavour ottenne un importante prestito dalla più piccola Bank of Hambro.[41]

Assieme a questo del prestito (3,6 milioni di sterline), Camillo Benso ottenne vari altri risultati. Riuscì a chiarire e sintetizzare la situazione effettiva del bilancio statale che, per quanto precaria, apparve migliore rispetto a quanto si pensasse; fece approvare su tutti gli enti morali laici ed ecclesiastici un’unica imposta del 4% del reddito annuo; ottenne l’imposta delle successioni; dispose per l’aumento di capitale della Banca Nazionale degli Stati Sardi aumentandone l’obbligo delle anticipazioni allo Stato e avviò la collaborazione tra finanza pubblica e iniziativa privata.[42]

A tale riguardo accolse, nell’agosto 1851, le proposte di aziende britanniche per la realizzazione delle linee ferroviarie Torino-Susa e Torino-Novara, i cui progetti divennero legge il 14 giugno e l’11 luglio 1852 rispettivamente. Concesse all’armatore Raffaele Rubattino la linea di navigazione sovvenzionata fra Genova e la Sardegna, e a gruppi genovesi l’esercizio di miniere e saline in Sardegna. Fino a promuovere grandi progetti come l’istituzione a Genova della Compagnia Transatlantica o come la fondazione della società Ansaldo, futura fabbrica di locomotive a vapore.[43]

L’alleanza con il Centrosinistra

  Lo stesso argomento in dettaglio: Connubio.

Spinto ormai dal desiderio di raggiungere la carica di capo del governo e insofferente per la politica di D'Azeglio di alleanza con la destra clericale, Cavour all'inizio del 1852 prese l'iniziativa di stringere un'intesa, il cosiddetto "connubio", con il Centrosinistra di Urbano Rattazzi. Costui, con i voti convergenti dei deputati guidati da Cavour e di quelli del Centrosinistra, ottenne, l'11 maggio 1852, la presidenza della Camera del Parlamento Subalpino.

Il Presidente del Consiglio D'Azeglio, contrario come Vittorio Emanuele alla manovra politica di Cavour, diede le dimissioni, ottenendo puntualmente il reincarico dal re. Il governo che ne scaturì il 21 maggio 1852, assai debole, non vedeva più tra i suoi ministri Cavour, che D'Azeglio aveva sostituito con Luigi Cibrario.

In preparazione della ripresa della lotta politica, Cavour partì per un viaggio in Europa. Tornato a Torino, il 4 novembre dello stesso 1852, appoggiato dagli uomini del "connubio" che rappresentavano ormai il liberalismo più moderno del Piemonte, forte di un ampio consenso, diveniva per la prima volta Presidente del Consiglio.

In Gran Bretagna e Francia (1852)

In attesa di nuovi sviluppi politici, Cavour partì da Torino il 26 giugno 1852 per un altro periodo di esperienze all’estero. L’8 giugno era a Londra, dove si interessò ai più recenti progressi dell’industria, prendendo contatti con uomini d’affari, agricoltori e industriali, e visitando impianti e arsenali. Rimase nella capitale britannica fino al 5 agosto [44] e partì poi per un viaggio nel Galles, nell’Inghilterra settentrionale, di cui visitò i distretti manifatturieri, e in Scozia.[45] A Londra o nelle loro residenze di campagna ebbe vari incontri con esponenti politici britannici. Vide il Ministro degli Esteri Malmesbury, Palmerston, Clarendon, Disraeli, Cobden, Lansdowne e Gladstone.[46]

Ancora affascinato dalla grandezza imperiale della Gran Bretagna, Cavour partì per Parigi dove giunse il 29 agosto 1852. In Francia, Luigi Napoleone era presidente della Seconda Repubblica, alla quale darà poi fine proclamandosi (2 dicembre 1852) imperatore.

L’attenzione di Cavour, raggiunto a Parigi dall’alleato Rattazzi, si concentrò sulla nuova classe dirigente francese, con la quale prese contatti. Entrambi si recarono dal nuovo Ministro degli Esteri Drouyn de Lhuys e il 5 settembre pranzarono con il principe presidente Luigi Napoleone traendone già buone impressioni e grandi auspici per il futuro dell’Italia.[47]

Il conte ripartì per Torino, giungendovi il 16 ottobre 1852, dopo un’assenza di oltre tre mesi.

Il primo governo Cavour (1852-1855)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Governo Cavour I (Regno di Sardegna).
Camillo Benso, conte di Cavour
 

9º Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna
Durata mandato4 novembre 1852 –
19 luglio 1859
PredecessoreMassimo d'Azeglio
SuccessoreAlfonso Ferrero La Marmora

11º Presidente del Consiglio del Regno di Sardegna
Durata mandato21 gennaio 1860 –
23 marzo 1861
PredecessoreAlfonso Ferrero La Marmora
Successoresé stesso come Presidente del Consiglio del Regno d’Italia

Dati generali
Partito politicoConnubio, poi Unione Liberale
Firma 

Dopo pochi giorni dal ritorno di Cavour a Torino, il 22 ottobre 1852, D'Azeglio, a capo di un debole esecutivo che aveva scelto di continuare una politica anticlericale, diede le dimissioni.

Vittorio Emanuele II chiese a Cavour di formare un nuovo governo, a condizione che il conte negoziasse con lo Stato Pontificio le questioni rimaste aperte, prima fra tutte quella dell’introduzione in Piemonte del matrimonio civile. Cavour rispose che non avrebbe potuto cedere di fronte al papa e indicò in Cesare Balbo il successore di D’Azeglio. Balbo non trovò l’accordo con l’esponente di destra Revel e il re fu costretto a tornare da Cavour. Costui accettò allora di formare il nuovo governo il 2 novembre 1852, promettendo di far seguire alla legge del matrimonio civile il suo normale decorso parlamentare (senza porre cioè la fiducia).

Costituito due giorni dopo il suo primo governo, Cavour si adoperò con passione a favore del matrimonio civile che però fu respinto al Senato costringendo il conte a rinunciarvi.

Intanto il movimento repubblicano che faceva capo a Giuseppe Mazzini non smetteva di preoccupare Cavour: il 6 febbraio 1853 una sommossa scoppiò contro gli austriaci a Milano e il conte, temendo l’allargarsi del fenomeno al Piemonte, fece arrestare diversi mazziniani (fra cui Francesco Crispi). Tale decisione gli attirò l’ostilità della Sinistra, specie quando gli austriaci lo ringraziarono per gli arresti.[48]

Quando però, il 13 febbraio, il governo di Vienna stabilì la confisca delle proprietà dei rifugiati lombardi in Piemonte, Cavour protestò energicamente richiamando l’ambasciatore sardo.

Le riforme della finanza e del codice penale

Obiettivo principale del primo governo Cavour fu la restaurazione finanziaria del Paese. Per tentare di raggiungere il pareggio il conte prese varie iniziative: innanzi tutto fu costretto a ricorrere nuovamente ai banchieri Rothschild poi, richiamandosi al sistema francese, sostituì alla dichiarazione dei redditi l’accertamento giudiziario, fece massicci interventi nel settore delle concessioni demaniali e dei servizi pubblici, e riprese la politica dello sviluppo degli istituti di credito.[49]

Il governo effettuò grandi investimenti nel settore delle ferrovie, proprio quando, grazie alla riforma doganale, le esportazioni stavano avendo un aumento considerevole. Nonostante ciò ci furono notevoli resistenze ad introdurre nuove imposte fondiarie e, in generale, nuove tasse che colpissero il ceto di cui era composto il Parlamento.[50]

Cavour, in effetti, non riuscì mai a realizzare le condizioni politiche che gli consentissero una base finanziaria adeguata alle sue iniziative.[51]

Il 19 dicembre 1853, si parlò di “quasi restaurate finanze”, benché la situazione fosse più seria di quanto annunciato, anche per la crisi internazionale che precedette la Guerra di Crimea. Cavour di conseguenza si accordò ancora con i Rothschild per un prestito, ma riuscì anche a collocare presso il pubblico dei risparmiatori, con un netto successo politico e finanziario, una buona parte del debito contratto.[52]

Il consenso, in effetti, era abbastanza alto. Le elezioni dell’8 dicembre 1853 erano state particolarmente favorevoli a Cavour: furono eletti 130 candidati del “connubio”, 52 della sinistra e 22 della destra. Nonostante ciò, per replicare all’elezione di importanti politici avversari [53] il conte sviluppò un’offensiva politica sull’ordinamento giudiziario che la crisi economica non gli permetteva di concentrare altrove. Fu deciso, anche per recuperare parte della Sinistra, di riprendere la politica anticlericale.[54]

A tale riguardo il Ministro della Giustizia Urbano Rattazzi, all’apertura della V legislatura presentò una proposta di legge sulla modifica del codice penale. il nucleo della proposta consisteva in nuove pene previste per i sacerdoti che, abusando del loro ministero, avessero censurato le leggi e le istituzioni dello Stato. La norma fu approvata alla Camera a larga maggioranza (raccogliendo molti voti a Sinistra) e, con maggiore difficoltà, anche al Senato.[55]

Furono successivamente adottate modifiche anche al codice di procedura penale e fu ultimato il percorso per l’approvazione del codice di procedura civile.[56]

L'intervento nella Guerra di Crimea

  Lo stesso argomento in dettaglio: Guerra di Crimea.
 
Cavour accolse l’invito di Gran Bretagna e Francia a partecipare alla Guerra di Crimea. Il corpo di spedizione piemontese si distinse nella Battaglia della Cernaia (nel dipinto), consentendo di porre la Questione italiana a livello europeo.

Nel 1853 si sviluppò una crisi europea scaturita da una disputa religiosa fra l’Impero ottomano, già in declino, e la Russia che aspirava alla protezione dei cristiani fra le popolazioni turche dei Balcani. Queste aspirazioni provocarono l’ostilità del governo inglese che sospettava che la Russia volesse conquistare Costantinopoli e interrompere la via terrestre per l’India britannica. La Francia a sua volta, desiderosa di interrompere il suo isolamento, si schierò con la Gran Bretagna.

Il 1º novembre 1853 la Russia dichiarò guerra all’Impero ottomano e il 28 marzo 1854 la Gran Bretagna e la Francia dichiararono guerra alla Russia. La questione, per le opportunità politiche che potevano presentarsi, cominciò ad interessare Cavour. Costui, nell’aprile 1854, rispose alle richieste dell’ambasciatore inglese, Sir James Hudson, affermando che il Regno di Sardegna sarebbe intervenuto nella guerra se anche l’Austria avesse attaccato la Russia, di modo da non esporre il Piemonte all’esercito asburgico.[57]

La soddisfazione degli inglesi fu evidente, ma per tutta l’estate del 1854 l’Austria rimase neutrale. Infine, il 29 novembre 1854, il Ministro degli Esteri britannico Clarendon scrisse ad Hudson chiedendogli di fare di tutto per assicurarsi un corpo di spedizione piemontese. Un incitamento superfluo, poiché Cavour era già arrivato alla conclusione che le richieste inglesi e quelle francesi, queste ultime fatte all’inizio della crisi a Vittorio Emanuele II, dovevano essere soddisfatte. Decise pertanto di optare per l’intervento sollevando le perplessità del Ministro della Guerra La Marmora e del Ministro degli Esteri Giuseppe Dabormida (1799-1869) che si dimise.[58]

Assumendo anche la carica di Ministro degli Esteri, il conte, il 26 gennaio 1855, firmò l’adesione finale del Regno di Sardegna al trattato anglo-francese. Il Piemonte avrebbe fornito 15.000 uomini e le potenze alleate avrebbero garantito l’integrità del Regno di Sardegna da un eventuale attacco austriaco. Il 4 marzo 1855 Cavour dichiarò guerra alla Russia [59] e il 25 aprile il contingente piemontese salpò da La Spezia per la Crimea dove arrivò ai primi di maggio. Il Piemonte avrebbe raccolto i benefici della spedizione con la Seconda guerra di indipendenza, quattro anni dopo.

La legge sui conventi: la Crisi Calabiana

  Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi Calabiana.
 
Papa Pio IX, che scomunicò Cavour dopo l'approvazione della Legge sui conventi.[60]

Con l’intento di avvicinarsi alla Sinistra e ostacolare la Destra conservatrice che andava guadagnando terreno a causa della crisi economica, il governo Cavour, il 28 novembre 1854 presentò alla Camera la Legge sui conventi. La norma, nell’ottica del liberalismo anticlericale, prevedeva la soppressione degli ordini religiosi non dediti all'insegnamento o all'assistenza dei malati. Durante il dibattito parlamentare vennero attaccati, anche da Cavour, soprattutto gli ordini mendicanti come nocivi alla moralità del Paese e contrari alla moderna etica del lavoro.

La forte maggioranza alla Camera del conte dovette affrontare l'opposizione del clero, del re e soprattutto del Senato che in prima istanza bocciò la legge. Cavour allora si dimise (27 aprile 1855) aprendo una crisi costituzionale chiamata crisi Calabiana dal nome del vescovo di Casale Luigi di Calabiana, senatore e avversario del progetto di legge.

Il secondo governo Cavour (1855-1859)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Governo Cavour II (Regno di Sardegna).

La legge sui conventi: l’approvazione

  Lo stesso argomento in dettaglio: Crisi Calabiana.

Dopo qualche giorno dalle dimissioni, vista l’impossibilità a formare un nuovo esecutivo, il 4 maggio 1855, Cavour fu reintegrato dal re nella carica di Presidente del Consiglio. Al termine di giorni di discussioni nei quali Cavour ribadì «la società attuale ha per base economica il lavoro»,[61] la legge fu approvata con un emendamento che lasciava i religiosi nei conventi fino all'estinzione naturale delle loro comunità. A seguito dell'approvazione della Legge sui conventi, il 26 luglio 1855 Papa Pio IX emanò la scomunica contro coloro che avevano proposto, approvato e ratificato il provvedimento, Cavour e Vittorio Emanuele compresi.

Al Congresso di Parigi e la politica estera successiva

  Lo stesso argomento in dettaglio: Congresso di Parigi.
 
Il Congresso di Parigi. Il primo delegato a sinistra è Cavour, il terzo Buol. Fra i personaggi al di qua del tavolo il terzo seduto è Clarendon.[62]

La Guerra di Crimea, vittoriosa per gli alleati, ebbe fine nel 1856 con il Congresso di Parigi al quale partecipò anche l'Austria.

Cavour non ottenne compensi territoriali per la partecipazione al conflitto, ma una seduta fu dedicata espressamente a discutere il problema italiano. In questa occasione, l’8 aprile, il Ministro degli Esteri britannico Clarendon attaccò pesantemente la politica illiberale sia dello Stato Pontificio, sia del Regno delle due Sicilie, sollevando le proteste del ministro austriaco Buol.

Ben più moderato, lo stesso giorno, fu il successivo intervento di Cavour, incentrato sulla denuncia della permanenza delle truppe austriache nella Romagna pontificia.[63]

Fatto sta che per la prima volta la questione italiana venne considerata a livello europeo come una situazione che richiedeva modifiche a fronte di legittime rimostranze della popolazione.

Fra Gran Bretagna, Francia e Piemonte i rapporti risultavano ottimi. Tornato a Torino, per l’esito ottenuto a Parigi, Cavour, il 29 aprile 1856, ottenne la più alta onorificenza concessa da Casa Savoia: il Collare dell’Annunziata.[64] Quello stesso Congresso, tuttavia, avrebbe portato il conte a prendere importanti decisioni, tali da dover fare una scelta: con la Francia o con la Gran Bretagna.

Si aprì, infatti, a seguito delle decisioni di Parigi, la questione dei due Principati danubiani. La Moldavia e la Valacchia secondo Gran Bretagna, Austria e Turchia avrebbero dovuto rimanere divise e sotto il controllo ottomano. Per Francia, Prussia e Russia, invece, si sarebbero dovute unire (nella futura Romania) e costituirsi come Stato indipendente. Quest’ultimo particolare richiamò l’attenzione di Cavour e il Regno di Sardegna si schierò per l’unificazione.[65][66]

La reazione della Gran Bretagna contro la posizione assunta dal Piemonte fu molto aspra. Ma Cavour aveva già deciso: fra il dinamismo della politica francese e il conservatorismo di quella britannica, il conte aveva scelto la Francia.

D’altra parte l’Austria andava sempre più isolandosi [67][68] e a consolidare il fenomeno contribuì un episodio che il conte seppe sfruttare. Il 10 febbraio 1857 il governo di Vienna accusò la stampa piemontese di fomentare la rivolta contro l’Austria e il governo Cavour di correità. Il conte respinse ogni accusa e il 22 marzo Buol richiamò il suo ambasciatore, seguito il giorno dopo da un’analoga misura del Piemonte. Accadde così che l’Austria elevò una questione di stampa a motivo della rottura delle relazioni con il piccolo Regno di Sardegna, esponendosi ai giudizi negativi di tutta la diplomazia europea, compresa quella inglese, mentre in Italia si animavano maggiormente le simpatie per il Piemonte.[69]

Il miglioramento dell’economia e il calo dei consensi

 
Giuseppe Mazzini, di cui Cavour combatteva le idee repubblicane.

A partire dal 1855 si registrò, d’altronde, un miglioramento delle condizioni economiche del Piemonte, grazie al buon raccolto cerealicolo e alla riduzione del deficit della bilancia commerciale. Incoraggiato da questi risultati, Cavour rilanciò la politica ferroviaria dando il via, tra l’altro, nel 1857 ai lavori del traforo del Fréjus.[70]

Il 16 luglio 1857 venne dichiarata anticipatamente la chiusura della V Legislatura, in una situazione che, nonostante il miglioramento dell’economia, si presentava sfavorevole a Cavour. Si era diffuso, infatti, un malcontento generato dall’accresciuto carico fiscale, dai sacrifici fatti per la Guerra di Crimea e dalla mobilitazione antigovernativa del mondo cattolico. Il risultato fu che alle elezioni del 15 novembre 1857 il centro liberale di Cavour conquistò 90 seggi (rispetto ai 130 della precedente legislatura), la destra 75 (rispetto ai 22) e la sinistra 21 (rispetto ai 52).
Il successo clericale superò le più pessimistiche previsioni di area governativa. Cavour decise di rimanere al suo posto e la stampa liberale si scagliò contro la destra denunciando pressioni improprie del clero sugli elettori. Ci fu una verifica parlamentare e per alcuni seggi assegnati vennero ripetute le elezioni, che invertirono la tendenza: il centro liberale passò a 105 seggi e la destra a 60.[71]

Lo scossone politico provocò comunque il sacrificio di Rattazzi, in precedenza passato agli Interni. Costui, soprattutto, era inviso alla Francia per non essere riuscito ad arrestare Mazzini, giudicato pericoloso per la vita Napoleone III. Rattazzi il 13 gennaio 1858 si dimise e Cavour assunse l’interim dell’Interno.[72]

La strategia contro l'Austria e l'annessione della Lombardia

 
L’Imperatore Napoleone III di Francia (nel dipinto [73]) e Cavour fomentarono l'Austria riuscendo a far scoppiare la guerra nel 1859.

Suscitata l'attenzione delle potenze con il Congresso di Parigi sulla questione italiana, per affrontarla era necessario l'appoggio della Francia di Napoleone III, conservatore all'interno, ma sostenitore di una politica estera di grandezza.

Dopo una lunga serie di trattative, funestate dall’attentato di Felice Orsini a Napoleone III, si arrivò finalmente, nel luglio 1858, agli accordi segreti di Plombières fra Cavour e l'imperatore francese ai danni dell'Impero austriaco.

Tale intesa verbale prevedeva che, dopo una guerra che si auspicava vittoriosa contro l'Austria, la penisola italiana sarebbe stata divisa in quattro stati principali legati in una Confederazione presieduta dal papa: il Regno dell’Alta Italia sotto la guida di Vittorio Emanuele, il Regno dell’Italia centrale, lo Stato Pontificio limitato a Roma e al territorio circostante e il Regno delle Due Sicilie. Firenze e Napoli, avvenimenti locali permettendo, sarebbero passate nella sfera d’influenza francese.[74]

Gli accordi di Plombières furono ratificati l'anno successivo dall'Alleanza sardo-francese, secondo la quale in caso di attacco militare provocato da Vienna, la Francia sarebbe intervenuta in difesa del Regno di Sardegna con il compito di liberare dal dominio austriaco il Lombardo-Veneto per cederlo al Piemonte. In compenso la Francia avrebbe ricevuto i territori di Nizza e della Savoia, quest'ultima culla della dinastia sabauda e, come tale, cara a Vittorio Emanuele II.

Dopo la firma dell'alleanza, Cavour escogitò una serie di provocazioni militari al confine con l’Austria che, allarmata, gli lanciò un ultimatum chiedendogli di smobilitare l’esercito. Il conte rifiutò e l'Austria aprì le ostilità contro il Piemonte il 26 aprile 1859, facendo scattare le condizioni dell'Alleanza sardo-francese.

Tuttavia i movimenti minacciosi dell’esercito prussiano convinsero Napoleone III, quasi con un atto unilaterale, a firmare un armistizio con l'Austria a Villafranca l'11 luglio 1859, poi ratificato dalla Pace di Zurigo, stipulata l'11 novembre. Le clausole del trattato prevedevano che a Vittorio Emanuele II sarebbe andata la sola Lombardia e che per il resto tutto sarebbe tornato come prima.

Cavour, deluso e amareggiato dalle condizioni dell'armistizio, dopo accese discussioni con Napoleone III e Vittorio Emanuele, decise di dare le dimissioni da Presidente del Consiglio, provocando la caduta del governo da lui guidato il 12 luglio 1859.[75]

Il terzo governo Cavour (1860-1861)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Governo Cavour III (Regno di Sardegna).

Nizza e Savoia per Modena, Parma, Romagna e Toscana

 
Una carta inglese dell’Italia con le date dell'unificazione

Già durante la guerra i governi e le forze dei piccoli Stati italiani dell’Italia centro-settentrionale e della Romagna pontificia abbandonarono i loro posti e dovunque si installarono autorità provvisorie filo-sabaude.

Dopo la Pace di Zurigo, però, si giunse ad una fase di stallo, poiché i governi provvisori si rifiutavano di restituire il potere ai vecchi regnanti, né il governo di La Marmora aveva il coraggio di proclamare le annessioni dei territori al Regno di Sardegna. Il 22 dicembre 1859 Vittorio Emanuele II si rassegnò, così, a richiamare Cavour che nel frattempo aveva ispirato la creazione del partito di Unione Liberale.
Il conte, rientrato alla presidenza del Consiglio dei Ministri il 21 gennaio 1860, si trovò in breve di fronte ad una proposta francese di soluzione della questione dei territori liberati: annessione al Piemonte dei ducati di Parma e Modena, controllo sabaudo della Romagna pontificia, regno separato in Toscana sotto la guida di un esponente di Casa Savoia e cessione di Nizza e Savoia alla Francia.
In caso di rifiuto della proposta il Piemonte avrebbe dovuto affrontare da solo la situazione di fronte all’Austria, “a suo rischio e pericolo”.[76]

Rispetto agli accordi dell’alleanza sardo-francese questa proposta di soluzione sostituiva per il Piemonte l’annessione del Veneto che non si era potuto liberare dall’occupazione austriaca.

Stabilita, di fatto, l’annessione di Parma, Modena e Romagna, Cavour, forte dell’appoggio della Gran Bretagna, sfidò la Francia sulla Toscana, organizzando delle votazioni locali sull’alternativa fra l’unione al Piemonte e la formazione di un nuovo Stato. Il referendum si tenne l’11 e il 12 marzo 1860, con risultati che legittimarono l’annessione della Toscana al Regno di Sardegna.[77]

Il governo francese reagì con grande irritazione sollecitando la cessione della Savoia e di Nizza che avvenne con la firma del relativo trattato il 24 marzo 1860. In cambio di queste due province il Regno di Sardegna si trasformò in una nazione assai più omogenea del vecchio Piemonte, acquisendo oltre alla Lombardia, anche l’attuale Emilia-Romagna e la Toscana.

Di fronte all'Impresa dei Mille

  Lo stesso argomento in dettaglio: Spedizione dei Mille.
 
Cavour diffidò dell'Impresa dei Mille che considerava foriera di rivoluzione e dannosa per i rapporti con la Francia.

Cavour era al corrente che la Sinistra non aveva abbandonato l’idea di una spedizione in Italia meridionale e che Garibaldi, circondato da personaggi repubblicani e rivoluzionari, era in contatto a tale scopo con Vittorio Emanuele II. Il conte considerava rischiosa l’iniziativa alla quale si sarebbe decisamente opposto, ma il suo prestigio era stato scosso dalla cessione di Nizza e Savoia e non si sentiva abbastanza forte.[78]

Cavour riuscì, comunque, attraverso Giuseppe La Farina a seguire le fasi preparatorie dell’Impresa dei Mille, la cui partenza da Quarto fu meticolosamente sorvegliata dalle autorità piemontesi. Ad alcune voci sulle intenzioni di Garibaldi di sbarcare nello Stato Pontificio, il conte, preoccupatissimo per la eventuale reazione della Francia, alleata del papa, dispose il 10 maggio 1860 l’invio di una nave da guerra nelle acque della Toscana “per arrestarvi Garibaldi”.[79]

Il generale invece aveva puntato a Sud e dopo il suo sbarco a Marsala (11 maggio 1860) Cavour inviò in Sicilia La Farina allo scopo di mantenere i contatti con Garibaldi e controllare, per quanto si poteva, la situazione.
In campo internazionale, intanto, le potenze straniere, intuendo la complicità del Regno di Sardegna nell’impresa, protestarono con il governo di Torino che potette affrontare con una certa tranquillità la situazione data la grave crisi finanziaria dell’Austria in cui era ripresa anche la rivoluzione ungherese.[80]

Napoleone III, d’altra parte, si attivò subito nel ruolo di mediatore e, per la pace, propose a Cavour la separazione della Sicilia dal regno, la promulgazione della costituzione a Napoli e a Palermo e l’alleanza fra Regno di Sardegna e Regno delle due Sicilie.
Immediatamente il regime borbonico si adeguò alla proposta francese instaurando un governo liberale e proclamando la costituzione. Tale situazione mise in grave difficoltà Cavour per il quale l’alleanza era irrealizzabile. Nello stesso tempo non poteva scontentare Francia e Gran Bretagna che premevano almeno per una tregua.
Il governo piemontese decise allora che il re avrebbe mandato una lettera a Garibaldi intimandolo di non attraversare lo Stretto di Messina. Il 22 luglio 1860 Vittorio Emanuele inviò la lettera voluta da Cavour, facendola però seguire da un messaggio personale nel quale smentiva la lettera ufficiale.[81]

Garibaldi a Napoli

 
L’arrivo di Giuseppe Garibaldi a Napoli (7 settembre 1860). Evento che Cavour tentò di prevenire organizzando una sommossa filopiemontese che fallì.

Il 6 agosto 1860 Cavour informò i delegati del Regno delle due Sicilie del rifiuto di Garibaldi di concedere la tregua dichiarando esauriti i mezzi di conciliazione e rinviando ad un futuro incerto i negoziati per l’alleanza.

Negli stessi giorni il conte, nel timore di far precipitare i rapporti con la Francia, sventò una spedizione militare di Mazzini che dalla Toscana doveva muovere contro lo Stato Pontificio. A seguito di questi avvenimenti Cavour si dispose a fare tutti i suoi sforzi per impedire che il movimento per l’unità d’Italia diventasse rivoluzionario. In questa ottica cercò, inutilmente, di prevenire il generale a Napoli organizzando una spedizione clandestina di armi per una rivolta filopiemontese, che non ci fu. Viceversa Garibaldi entrò trionfalmente nella capitale borbonica il 7 settembre 1860 fugando, per l’amicizia che serbava al re, i timori di Cavour.[82]

L’annessione di Marche, Umbria e Regno delle due Sicilie

Fallito il progetto di un successo moderato a Napoli il conte, con l’obiettivo di ridare a Casa Savoia una parte attiva nel movimento nazionale, decise l’invasione delle Marche e dell’Umbria pontificie. Ciò avrebbe anche impedito l’avanzata di Garibaldi su Roma e uno scontro fatale con la Francia. Bisognava però preparare Napoleone III agli avvenimenti e convincerlo che l’invasione piemontese dello Stato Pontificio fosse il male minore. Per la delicata missione il conte scelse Farini e Cialdini.[83]

Il timore di un attacco austriaco al Piemonte, tuttavia, fece precipitare gli eventi e Cavour inviò un ultimatum allo Stato Pontificio intimandogli di licenziare i militari stranieri, seguito, l’11 settembre 1860, dalla violazione dei confini. La Francia reagì duramente in difesa del Papa, ma senza effetti pratici. Intanto la crisi con Garibaldi si era improvvisamente aggravata, poiché il generale aveva proclamato il 10 che avrebbe consegnato al re i territori da lui conquistati solo dopo aver occupato Roma. L'annuncio aveva anche ottenuto il plauso di Mazzini.[84]

La vittoria nella Battaglia di Castelfidardo e il conferimento al governo di un prestito di 150 milioni per le spese militari e il trionfo dell’indipendenza italiana, ridiedero però forza e fiducia a Cavour, mentre Garibaldi, pur vittorioso nella Battaglia del Volturno, esauriva la sua spinta verso Roma.

A questo punto, il “prodittatore” Giorgio Pallavicino Trivulzio, venendo incontro ai desideri del conte, indisse a Napoli il plebiscito per l’annessione immediata al Regno sabaudo, seguito a Palermo dal suo omologo Antonio Mordini. Le votazioni si tennero il 21 ottobre 1860, sancendo l’unione del Regno delle due Sicilie a quello di Vittorio Emanuele II.

All’inizio dello stesso mese di ottobre Cavour si era così espresso:

«Non sarà l’ultimo titolo di gloria per l’Italia d’aver saputo costituirsi a nazione senza sacrificare la libertà all’indipendenza, senza passare per le mani dittatoriali d’un Cromwell, ma svincolandosi dall’assolutismo monarchico senza cadere nel dispotismo rivoluzionario […]. Ritornare […] alle dittature rivoluzionarie d’uno o più, sarebbe uccidere sul nascere la libertà legale che vogliamo inseparabile dalla indipendenza della nazione»

Il 4 e il 5 novembre 1860 anche in Umbria e nelle Marche si votava e si decideva per l’unione all’Italia.

I rapporti fra Stato e Chiesa

Fermati i disegni di Garibaldi su Roma, a Cavour restava ora il problema di decidere su cosa fare di ciò che rimaneva dello Stato Pontificio (approssimativamente il Lazio attuale), tenendo conto che un attacco a Roma sarebbe stato fatale per le relazioni con la Francia.

Il progetto del conte, avviato dal novembre 1860 e perseguito fino alla sua morte, fu quello di proporre al papa la rinuncia al potere temporale in cambio della rinuncia da parte dello Stato al corrispettivo, il Giurisdizionalismo. Si sarebbe perciò adottato il principio di “Libera Chiesa in libero Stato”, ma le trattative naufragarono sulla fondamentale intransigenza di Pio IX.

Il governo Cavour del Regno d’Italia (1861)

  Lo stesso argomento in dettaglio: Governo Cavour.
 
Cavour nel 1861

Dal 27 gennaio al 3 febbraio 1861 si tennero le elezioni per il primo Parlamento italiano unitario. Oltre 300 dei 443 seggi della nuova Camera andarono alla maggioranza governativa. L’opposizione ne conquistò un centinaio, ma fra loro non comparivano rappresentanti della Destra poiché i clericali avevano aderito all’invito di non eleggere e di non farsi eleggere in un Parlamento che aveva leso i diritti del pontefice.[85]

Il 18 febbraio venne inaugurata la nuova sessione nella quale sedettero per la prima volta rappresentanti piemontesi, lombardi, siciliani, toscani, emiliani e napoletani insieme. Il 17 marzo il Parlamento proclamò il Regno d'Italia e Vittorio Emanuele suo re.

Cavour, il 22 marzo veniva confermato alla guida del governo, dopo che il re aveva dovuto rinunciare a Ricasoli. Il conte, che tenne per se anche gli Esteri e la Marina, il 25 affermò in parlamento che Roma sarebbe dovuta diventare capitale d’Italia.

Lo scontro con Garibaldi

L’episodio più tumultuoso della vita politica di Cavour, se si esclude l’incidente con Vittorio Emanuele dopo l’Armistizio di Villafranca, fu il suo scontro con Garibaldi dell’aprile 1861.

Oggetto del contendere, l’esercito di volontari garibaldini del Sud del quale Cavour volle evitare il trasferimento al Nord nel timore che sarebbe divenuto preda dei radicali. Per cui, il 16 gennaio 1861, fu decretato lo scioglimento dell’Esercito meridionale a Napoli e, nonostante le vibrate proteste del suo comandante Giuseppe Sirtori, Cavour fu irremovibile.[86]

In difesa del suo esercito, Garibaldi, il 18 aprile 1861, pronunciò un memorabile discorso alla Camera accusando «la fredda e nemica mano di questo Ministero [Cavour]» di aver voluto provocare una «guerra fratricida». Il conte reagì con violenza chiedendo, invano, al presidente della Camera Rattazzi di richiamare all’ordine il generale. La seduta fu sospesa e Nino Bixio tentò nei giorni successivi una riconciliazione che non si compì mai del tutto.[87]

Gli ultimi giorni

Il 29 maggio Cavour ebbe un malore, attribuito dal suo medico curante ad una delle crisi malariche che lo colpivano periodicamente da quando -in gioventù- aveva contratto la malaria nelle risaie di famiglia del vercellese. In questa occasione tutte le cure praticate non ebbero effetto, tanto che il paziente chiese di vedere un sacerdote francescano suo amico, padre Giacomo da Poirino. Costui, dopo un lungo colloquio, gli impartì l'assoluzione, nonostante la scomunica gravasse su Cavour, e gli somministrò comunione ed estrema unzione, poiché il conte disse di voler «morire da buon cristiano». Per questo atto, padre Giacomo fu deposto da parroco.

Il 6 giugno 1861, a meno di tre mesi dalla proclamazione del Regno d'Italia, Cavour moriva a Torino nel palazzo di famiglia. La sua fine suscitò immenso cordoglio, anche perché del tutto inattesa, ed ai funerali vi fu straordinaria partecipazione.

Secondo l'amico Michelangelo Castelli le ultime parole del conte furono: "L'Italia è fatta - tutto è salvo", così come le intese al capezzale Luigi Carlo Farini.[88]

A Cavour succedette come presidente del Consiglio Bettino Ricasoli.

In memoria di Cavour

Monumenti a Cavour
  Vercelli
  Roma
  Milano.
  Torino
  Livorno
  Novara
  Firenze

Cavour è stato ricordato in molti modi. Due città italiane hanno aggiunto il suo nome a quello originario: Grinzane Cavour, di cui Camillo Benso fu sindaco, e Sogliano Cavour per celebrare la ritrovata unità nazionale. Gli sono state dedicate numerose vie e piazze e numerose statue. Nel 2010 è stata coniata una moneta da 2 euro commemorativa che lo raffigura. La tomba di Cavour si trova a Santena posta nella cripta sotto la cappella di famiglia e dichiarata monumento nazionale nel 1911.

La nave da battaglia Conte di Cavour e la portaerei Cavour (CVH-550) sono state così battezzate in suo onore.

A Cavour è dedicato un tipo di caramella di liquirizia aromatizzata alla violetta: le cosiddette sénateurs [89]

Controversie

Politica interna

Benché elogiata da numerosi studiosi, la figura di Cavour è stata altrettanto oggetto di varie critiche da parte di altri storici. Nel 1853, anno in cui si ebbe una grande crisi cerealicola nella penisola, Cavour, conosciuto come grande proprietario di mulini (principale azionista della "Società anonima dei Mulini angloamericani" di Collegno), anziché proibire il commercio del grano all'estero instaurando una politica autarchica, ne avrebbe concesso l'esportazione, realizzando ingenti guadagni a fini personali e privando l'elargizione dei pochi raccolti al popolo piemontese.[90] Tutto ciò avrebbe scaturito la rabbia della classe popolare, che si radunò per protestare sotto la sua villa.[91] Cavour diede l'ordine di disperderla con le forze armate ed avvennero arresti e episodi di violenza ai danni dei manifestanti.[91]

Le testate giornalistiche "L'imparziale" e "La voce della libertà" furono accusate di aver istigato il popolo a rivoltarsi e furono trascinate in tribunale ma gli imputati furono assolti.[91] Angelo Brofferio, noto rivale politico di Cavour, mosse pesanti critiche sulla sua attività politica, dicendo: «Sotto il suo governo ingrassano illecitamente i monopolisti, i magazzinieri, i borsaiuoli, i telegrafisti e gli speculatori sulla pubblica sostanza, mentre geme, soffre, e piange l’universalità dei cittadini sotto il peso delle tasse e delle imposte».[91] Brofferio inoltre definì «un atto barbaro» l'aggressione delle forze dell'ordine ai danni dei contestatori.[91]

Il conflitto con Mazzini

Giuseppe Mazzini, che non godeva di un'ottima armonia con Cavour, ebbe diversi scontri con il conte piemontese. Mazzini fu uno strenuo oppositore della guerra di Crimea, che costò un'ingente perdita di soldati al regno sardo, e rivolse un appello ai militari che partirono per il conflitto:

«Quindicimila tra voi stanno per essere deportati in Crimea. Non uno forse tra voi rivedrà la propria famiglia. Voi non avrete onore di battaglie. Morrete, senza gloria, senza aureola, di splendidi fatti da tramandarsi per voi, conforto ultimo ai vostri cari. Morrete per colpa di governi e capi stranieri. Per servire un falso disegno straniero, l’ossa vostre biancheggeranno calpestate dal cavallo del cosacco, su terre lontane, né alcuno dei vostri potrà raccoglierle e piangervi sopra. Per questo io vi chiamo, col dolore dell’anima, “deportati”.»

Quando nel 1858, Napoleone III scampò all'attentato teso da Felice Orsini e Giovanni Andrea Pieri, il governo di Torino incolpò Mazzini (Cavour lo avrebbe definito "il capo di un'orda di fanatici assassini")[93], poiché i due attentatori militarono in passato nel suo Partito d'Azione. Cavour, rammendando all'Imperatore francese i pericoli di un movimento rivoluzionario in Italia, lo spronò ad affrettare i tempi di un'alleanza franco-piemontese, che fu concretizzata in seguito con gli accordi di Plombières.

Secondo lo storico Denis Mack Smith, inoltre, Cavour aveva avuto contatti con Felice Orsini che ricevette dal conte anche alcuni finanziamenti.[93] Mazzini, d'altronde, oltre ad aver condannato il gesto di Orsini e Pieri, espose in seguito un attacco nei confronti del primo ministro, pubblicato sul giornale "Italia del popolo":

«Voi avete inaugurato in Piemonte un fatale dualismo, avete corrotto la nostra gioventù, sostituendo una politica di menzogne e di artifici alla serena politica di colui che desidera risorgere. Tra voi e noi, signore, un abisso ci separa. Noi rappresentiamo l’Italia, voi la vecchia sospettosa ambizione monarchica. Noi desideriamo soprattutto l’unità nazionale, voi l’ingrandimento territoriale»

Risorgimento

  Lo stesso argomento in dettaglio: Revisionismo storiografico sul Risorgimento italiano.

Anche il suo ruolo durante il Risorgimento ha suscitato varie dispute. Per i controstorici risorgimentali, Cavour non era interessato ad unire l'Italia ma solamente ad allargare i confini del regno dei Savoia (anche lo stesso Mazzini fu di questo parere).[94] Il primo ministro piemontese, già noto per le sue simpatie nei confronti del modello politico-economico inglese, avrebbe cercato l'appoggio del primo ministro britannico Palmerston per occupare il Regno delle Due Sicilie, spinto dalla recessione economica del Piemonte a causa, principalmente, delle guerre espansionistiche fino a quel momento sostenute, ove il Regno di Sardegna accumulò un debito di circa 135 milioni di lire.[95]

Da ciò ne avrebbe tratto interesse anche il governo inglese, interessato ad impossessarsi dello zolfo di Sicilia, di proprietà del Regno borbonico dal 1816.[96] Si sostiene che nel 1856, quattro anni prima della Spedizione dei Mille, Cavour e il conte di Clarendon ebbero contatti per architettare rivolte antiborboniche nelle Due Sicilie.[97]

Il primo ministro subì anche critiche di manipolazione mediatica tramite le testate giornalistiche. Cavour avrebbe finanziato l’agenzia Stefani e molti giornali, imponendo spesso loro cosa scrivere. Questa pratica fu ampiamente sfruttata soprattutto in epoca risorgimentale, come propaganda antiborbonica. Cavour si congratulò con Guglielmo Stefani, proprietario dell'omonima agenzia, e gli scrisse su una lettera: «La ringrazio dell’offerta dei suoi utili servizi, dei quali sappia che io tengo conto e memoria».[98]

Anche il meridionalista Nicola Zitara rivolse aspre accuse alla politica economica attuata dal ministro piemontese, sostenendo di aver portato il debito pubblico a livelli molto elevati a seguito dell'unità d'Italia e che il Regno di Sardegna se la cavò riversando i suoi debiti sul resto dell'Italia appena annessa.[99]

Onorificenze

Note

  1. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 3-4.
  2. ^ Il titolo di Conte attribuito al Cavour era un "titolo di cortesia", all'uso francese. Questo sistema concedeva al primogenito il titolo immediatamente inferiore a quello del titolare capofamiglia, al secondogenito quello ancora inferiore e così via a scalare. In questo caso, quando morì il padre di Camillo (il marchese Michele) al suo primo figlio (Gustavo) andò il titolo di marchese ed al suo secondogenito (Camillo) quello di conte di Albugnano, uno dei numerosi titoli dei marchesi di Cavour. Alla morte del fratello Gustavo, Camillo avrebbe ereditato il titolo di marchese. Morì invece prima di Gustavo. Forum "I Nostri Avi", su iagiforum.info. URL consultato il 13 agosto 2010.
  3. ^ Al termine del suo tirocinio militare presentò una memoria dal titolo Esposizione compita dell'origine, teoria, pratica, ed effetti del tiro di rimbalzo tanto su terra che sull'acqua. Cfr. Dalle Regie scuole teoriche e pratiche di Artiglieria e Fortificazione alla Scola d'applicazione di Artiglieria e Genio, Scuola di applicazione delle armi di Artiglieria e Genio, Torino, 1939.
  4. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 32.
  5. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 25-26.
  6. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, p. 26.
  7. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 102-103.
  8. ^ Giacinto Corio nacque il 31 maggio 1796 a Crescentino da una famiglia originaria di Casalborgone trasferitasi a fine secolo. Visse lungamente a Livorno Vercellese, attuale Livorno Ferraris, prima di stabilirsi a Leri per la gestione della locale tenuta in società con Cavour. Morì, probabilmente proprio a Leri, il 22 marzo 1870. Cfr. Alfonso Bogge, Lettere di Giacinto Corio a Camillo Cavour, Fondazione Camillo Cavour, Santena, 1980.
  9. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 112, 114- 115, 118.
  10. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 118-121.
  11. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 121.
  12. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 131.
  13. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 137.
  14. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 139.
  15. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 140-141.
  16. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 149-150.
  17. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 157-158.
  18. ^ Cavour in un famoso articolo scrisse: «L’ora suprema per la monarchia sarda è suonata, l’ora delle forti deliberazioni, l’ora dalla quale dipendono i fati degli imperii, le sorti dei popoli».
  19. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 159.
  20. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 160-162.
  21. ^ La guerra colpì Cavour anche personalmente, poiché nella Battaglia di Goito il figlio del fratello Gustavo, il marchese Augusto di Cavour, rimase ucciso a soli ventun anni. Il colpo fu molto duro per il conte, che per il nipote nutriva un affetto paterno. Prova ne fu che conservò la sua divisa insanguinata per tutta la vita. Cfr. Hearder, Cavour, Bari, 2000, p. 67.
  22. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 162-163.
  23. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 165-166.
  24. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 167-168.
  25. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 171-172.
  26. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 172-173.
  27. ^ Ritratto di Francesco Hayez del 1860.
  28. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 174-176.
  29. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, p. 69.
  30. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 175-176, 179.
  31. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 177-178.
  32. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 186.
  33. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 186-187.
  34. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 188-189.
  35. ^ Furono accordati a Parigi riduzioni sui dazi per l’importazione in Piemonte di vini e articoli di moda; ottenendo in cambio il mantenimento dei vantaggi per l’esportazione in Francia del bestiame sardo, del riso e della frutta fresca.
  36. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 191.
  37. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 192.
  38. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 193-194.
  39. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, p. 70.
  40. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 195-196.
  41. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, pp. 71-72.
  42. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 197, 201-202.
  43. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 202-203.
  44. ^ Da Londra effettuò escursioni a Oxford, Woolwich e Portsmouth.
  45. ^ Nel viaggio toccò Manchester, Liverpool, Sheffield, Hull, Edimburgo, Glasgow e le Highlands.
  46. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 223.
  47. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 224-225.
  48. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, p. 81.
  49. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 233, 235-236, 238.
  50. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 240, 244-245, 252.
  51. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 245.
  52. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 248-249.
  53. ^ Valerio, Brofferio, Pareto a sinistra e Solaro della Margarita a destra.
  54. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 259.
  55. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 259-260.
  56. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 261.
  57. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, pp. 94-96.
  58. ^ Hearder, Cavour, Bari, 2000, pp. 85, 99, 100.
  59. ^ Cavour per l'apertura delle ostilità colse il pretesto che la Russia durante la Prima guerra di indipendenza aveva rotto le relazioni con il Regno di Sardegna (al tempo la Russia intratteneva rapporti migliori con l’Austria) e che lo Zar Nicola I aveva rifiutato, nel 1849, di riconoscere l’ascesa al trono di Vittorio Emanuele II. Cfr. Hearder, Cavour, Bari, 2000, p. 102.
  60. ^ Ritratto di George Peter Alexander Healy
  61. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 300.
  62. ^ Dipinto di Édouard Louis Dubufe.
  63. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 327.
  64. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 337.
  65. ^ Il Piemonte, assieme alla Francia, chiese anche l’annullamento delle elezioni tenutesi in Moldavia nel luglio 1857 che, con risultati definiti inattendibili, avevano avuto un esito sfavorevole all’unione dei due principati.
  66. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 347-348.
  67. ^ L'Austria con la Guerra di Crimea aveva perso l’amicizia della Russia, vedeva allontanarsi la Prussia, alla ricerca di maggiore autonomia mentre la tiepida amicizia della Gran Bretagna non poteva bilanciare la situazione che, ovviamente, favoriva Cavour.
  68. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 347-348.
  69. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 352-354.
  70. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 360, 361, 362.
  71. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 366-368, 370.
  72. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 355, 371.
  73. ^ Ritratto del 1858 di Alfred de Dreux (1810-1860)
  74. ^ AA.VV, Storia delle relazioni internazionali, Monduzzi, Bologna, 2004, pp. 45-46.
  75. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 431-432.
  76. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 450.
  77. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 450-451.
  78. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 457-458.
  79. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 459-460.
  80. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 460, 462-463.
  81. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 464-465.
  82. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 468-469.
  83. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 470.
  84. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, pp. 472-474, 476.
  85. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 508.
  86. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 518.
  87. ^ Romeo, Vita di Cavour, Bari, 2004, p. 518.
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Bibliografia

  • Harry Hearder, Cavour, 1994 (Ediz. Ital. Cavour. Un europeo piemontese, Laterza, Bari, 2000 ISBN 88-420-5803-3).
  • Denis Mack Smith, Cavour. Il grande tessitore dell'unità d'Italia, Bompiani, 2001.
  • Rosario Romeo, Vita di Cavour, Laterza, Bari, 2004 ISBN 88-420-7491-8.
  • Camillo Benso conte di Cavour, (a cura della Commissione Nazionale per la pubblicazione dei carteggi del Conte di Cavour), Epistolario, 18 volumi, Olschki, Firenze, 1970-2008 (varie edizioni di alcuni volumi).
  • Camilla Salvago Raggi, Donna di passione. Un amore giovanile di Cavour, Viennepierre, Milano, 2007.
  • Marco Della Luna, Basta con questa Italia. Secessione, rivoluzione o emigrazione?, Arianna, Bologna, 2008 ISBN 88-87307-59-8.
  • Lorenzo Del Boca, Indietro Savoia! Storia controcorrente del Risorgimento, Piemme, Milano, 2003 ISBN 88-384-7040-5.
  • Aldo Servidio, L'imbroglio nazionale: unità e unificazione dell'Italia (1860-2000), Guida, Napoli, 2000 ISBN 88-7188-489-2.
  • Gigi Di Fiore, Controstoria dell'Unità d'Italia: fatti e misfatti del Risorgimento , Rizzoli, Milano, 2007 ISBN 88-17-01846-5.
  • Annabella Cabiati, Cavour. Fece l'Italia, visse con ragione, amò con passione, Edizioni Anordest, Treviso, 2010 ISBN 978-88-96742-03-7.

Documentari televisivi

  • Nelo Risi, Patria mia. Camillo Benso di Cavour, Rai, 1961 (successivamente trasmesso da Rai Storia il 10 agosto 2010).

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