Storia dell'Associazione Sportiva Roma (dal 1990 a oggi)

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La Roma di Viola all'inizio degli anni ottanta

Dino Viola e il nuovo arrivo di Liedholm

Dopo la stagione in cui la squadra aveva rischiato la seconda retrocessione della sua storia, Gaetano Anzalone capì che era giunto il momento di passare la mano. La presidenza della società venne rilevata dall'ingegner Dino Viola, di origini liguri, che già da alcuni anni faceva parte del Consiglio di Amministrazione. A differenza del suo predecessore che navigò sempre su un profilo basso, Viola chiarì subito i suoi ambiziosi programmi: voleva trasformare la Roma nella squadra più forte del campionato italiano. Il nuovo presidente era ossessionato dall'idea di attuare una guerra totale ai potenti del calcio italiano ed al predominio delle squadre del Nord Italia: ideali che combaciavano perfettamente con quelli del fondatore del club capitolino Italo Foschi.

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Carlo Ancelotti nella sua prima stagione alla Roma

I programmi di Viola prevedevano una scalata al vertice ed un rilancio di una società che per tanto tempo aveva vissuto delle stagioni grigie. Per finalizzare questi obbiettivi il presidente decise di richiamare dalla panchina giallorossa Nils Liedholm, che dopo i dissapori con Anzalone si era accasato al Milan, dove proprio l'anno prima del suo ritorno nella capitale aveva vinto lo Scudetto della stella. Per convincerlo a ritornare, il presidente romanista fece leva sul contratto annuale (rinnovabile di anno in anno) che il Barone aveva con la società rossonera. Viola gli propose un triennale con un conguaglio economico minore rispetto a quello che Liedholm avrebbe percepito nel Milan. Viola era convinto che la causa del fallimento che il tecnico aveva avuto alla Roma nei precedenti anni non fosse per sue colpe ma dipendesse dal basso livello tecnico della squadra. Per soddisfare le esigenze dello svedese vennero acquistati Carlo Ancelotti, giovane centrocampista di peso del Parma, Romeo Benetti esperto centrocampista della Juventus e Maurizio Turone, difensore trentaduenne dal Catanzaro. Ma il colpo fondamentale fu il ritorno a Roma di Bruno Conti, che nella stagione 1978-1979 era stato ceduto in comproprietà al Genoa in cambio dell'ingaggio del bomber Roberto Pruzzo. Dopo una stagione grigia in Liguria il club rossoblu alle buste decise di non riscattare il giocatore che ritornò così nella capitale.

Il primo campionato della seconda era del Barone fu ricca di episodi significativi che sconvolsero molti equilibri della Roma e del calcio italiano in generale. Nel corso della stagione la squadra era riuscita ad esprimersi a dei livelli alti tanto da ambire alla testa della classifica mantenendo stabilmente il secondo posto a pari merito con la Juventus. Il segreto di quella Roma stava nell'adozione della marcatura a zona nel reparto difensivo, scelta dettata dalla copresenza di due giocatori con lo stesso ruolo, Santarini e Turone, due stopper dall'età avanzata che non avevano più le possibilità fisiche di marcare a uomo i giocatori. Ma con il campionato agli sgoccioli alla decima del girone di ritorno la Roma con tre sconfitte in casa contro l'Ascoli (0-3), in trasferta con la Fiorentina e poi nello scontro diretto di nuovo in casa contro la Juventus (1-3) riuscì a capitombolare fino al settimo posto. L'improvviso crollo fisico della squadra era certamente da attribuire all'età di molti giocatori che erano stati costretti a giocare tutto il campionato.[senza fonte]

Il dramma di Paparelli

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Santarini solleva la terza Coppa Italia

Il 28 ottobre 1979, poco prima dell'inizio dell'attesissimo derby si consumò un episodio tragico che coinvolse un sostenitore della Lazio: Vincenzo Paparelli. Sembrava un giorno di festa. La squadra romanista vantava una dirigenza rinnovata, il ritorno del tecnico svedese e del difensore Francesco Rocca, tutti elementi per riscattarsi da un campionato 1978-1979 ed un ultimo derby da dimenticare. Mentre i tifosi sono in attesa dell'ingresso delle due squadre in campo c'è uno scambio di insulti a suon di striscioni infamanti e croci piantate sul campo, quindi un tifoso romanista spara un razzo. Uno sfrigolio ed una scia di un bianco sporco attraversa lo stadio in un istante per colpire ad un occhio Vincenzo Paparelli seduto nella curva opposta, uccidendolo all'istante. Autoriparatore, 33 anni, condotto inutilmente all'ospedale romano di Santo Spirito, lascia la moglie e due figli. Nonostante la notizia fosse giunta anche negli spogliatoi, l'arbitro D'Elia decise di far giocare comunque la gara, immersa in un'atmosfera surreale - che terminò in pareggio sull'1-1, gol silenzioso di Zucchini e pareggio di Pruzzo. Il giorno dopo quotidiano Il Tempo riporta in esclusiva[1] l'immagine cruda dell'uomo appena colpito. Paparelli fu la seconda vittima italiana della violenza negli stadi.

Il responsabile materiale dell'uccisione, Giovanni Fiorillo, diciassettenne, lavoratore saltuario come imbianchino, aveva acquistato con alcuni amici una partita di razzi nautici da segnalazione - con involucro metallico e ca. 2 km di gittata - contrabbandati da un rivenditore di materiali agricoli. Il commerciante se la caverà con una lieve condanna. Costituitosi dopo diciotto mesi di latitanza in Svizzera, al processo Fiorillo affermerà di non esser stato messo al corrente della natura letale degli ordigni. Il giovane verrà condannato a sette anni di reclusione per omicidio preterintenzionale e non colposo. Una volta scontata la pena tornerà nuovamente in carcere per piccoli reati e morirà nel 1993 per un male incurabile.

Nella stessa stagione a sconvolgere il campionato italiano fu anche lo scandalo del Calcio scommesse che coinvolse molti club e giocatori della Serie A. Il 23 marzo 1980 la Guardia di Finanza entrò in molti stadi italiani e molti giocatori ne uscirono in manette, la Lazio ed il Milan vennero retrocesse in Serie B e molte altre squadre penalizzate. Una vera e propria bufera dalla quale la Roma uscì pulita.

La terza Coppa Italia

In quell'annata così carica di avvenimenti negativi, la Roma conquistò per la terza volta la Coppa Italia: l'eroe di quel successo fu indubbiamente Franco Tancredi che quell'anno scalzò l'allora primo portiere Paolo Conti conquistandosi la fiducia di Liedholm. Il 17 maggio 1980 nella finale unica giocata a Roma contro il Torino finita 0-0, l'estremo difensore giallorosso si rese protagonista durante i calci di rigore parando due rigori ed ipnotizzando Ciccio Graziani che sbagliò il penalty decisivo.

Il gol di Turone e la quarta Coppa Italia

Nella stagione stagione 1980-1981 venne nuovamente reso possibile l'utilizzo dei calciatori stranieri nel campionato italiano, dopo un lungo periodo in cui questo era stato proibito. Il primo acquisto di questa nuova era da parte della Roma fu il mediano e regista brasiliano Paulo Roberto Falcão dall'Internacional di Porto Alegre: arrivato da sconosciuto, in poco tempo riuscì a dare degli equilibri nuovi alla Roma.

In quella stagione i giallorossi rimasero tutto l'anno oscillando tra il primo ed il secondo posto, senza più avere cali repentini. Pruzzo segnava ogni domenica (quell'anno divenne capocannoniere), servito dagli assist di Conti ed i lanci di Falcão, il cervello del centrocampo giallorosso. Tutto andò bene fino allo scontro diretto con l'antagonista per il primato: la Juventus di Bettega.

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Di Bartolomei e Tancredi festeggiano la quarta Coppa Italia

Il 10 maggio 1981 si svolse uno dei match più discussi della storia giallorossa: i bianconeri giocavano in casa e si trovavano un punto davanti alla Roma a due giornate dalla fine. La partita fu molto combattuta tanto che la Juventus si ritrovò, all'inizio del secondo tempo, in 10 per l'espulsione di Giuseppe Furino. Al 75°, durante un'azione della Roma, un cross di Conti dalla fascia sinistra venne deviato a centro area da Pruzzo di testa ed insaccato in porta ancora di testa da Turone. L'urlo di gioia dei giocatori venne interrotto dalla segnalazione del guardalinee che ravvisò il fuorigioco di Turone e l'arbitro dell'incontro, Paolo Bergamo, annullò la rete dopo essersi consultato. Aspre polemiche infiammarono i giorni successivi alla partita e la Roma non riuscì più a raggiungere la Juventus, e anzi nell'ultima partita di campionato pareggiò contro l'Avellino classificandosi al secondo posto, a due punti dai torinesi Campioni d'Italia.

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Nils Liedholm, Bruno Conti, Dino Viola e Paulo Roberto Falcão, in una foto prima del Mondiale 82

La rivincita, seppur di minor spessore vista la posta in palio, nei confronti dei bianconeri arrivò poco dopo: il 28 maggio nella semifinale di Coppa Italia, quando la Roma riuscì a vincere a Torino per 1-0 con gol di Carlo Ancelotti. Il ritorno all'Olimpico finì sull'1-1 e i giallorossi si trovarono per il secondo anno di seguito in finale contro il Torino. Le due partite finirono entrambe sull'1-1, così anche questa volta furono decisivi i rigori ed il portiere Tancredi: la partita svoltasi a Torino il 17 giugno 1981 si concluse per 3-5.

Il secondo scudetto

Come detto, la crescita societaria portò, già nella stagione 1980-1981, ad un secondo posto, mentre l'anno successivo una serie di infortuni, su tutti quello di Ancelotti, condizionarono la stagione che nonostante tutto si concluse con un terzo posto; a partire dall'anno successivo si aprì un felice quadriennio che regalò al club molti riconoscimenti.

Nella stagione 1982-1983 una mirata campagna acquisti portò a Roma giocatori come il difensore Pietro Vierchowod, detto lo Zar, in prestito dalla Sampdoria che nella precedente stagione aveva giocato con la Fiorentina, il centrocampista austriaco Herbert Prohaska dall'Inter, il centravanti e ala capocannoniere del torneo cadetto Maurizio Iorio dal Bari e il terzino Aldo Maldera dal Milan. In più arrivarono anche Michele Nappi, difensore proveniente dal Perugia squadra rivelazione guidata da Ilario Castagner, e Claudio Valigi, mezz'ala presa dalla Ternana.

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Agostino Di Bartolomei

Se quell'anno Bruno Conti dopo un inizio incerto, dovuto ai postumi del Mondiale spagnolo stentò a decollare, Falcão e Vierchowod (che non saltò nemmeno una partita) si rivelarono i punti di forza di quella squadra, giocando ad alti livelli durante tutto il corso del campionato.[senza fonte] Tancredi si guadagnò la fama di pararigori, dopo le due Coppe Italia conquistate grazie alle sue parate provvidenziali. Carlo Ancelotti che da molti veniva considerato finito dopo un anno di assenza a causa di un grave infortunio subito al ginocchio,[senza fonte] tornò ancora più forte e determinato a campionato già cominciato.

Liedholm inoltre intuì che Agostino Di Bartolomei, il capitano di quella formazione, che fino ad allora aveva svolto sempre il ruolo di centrocampista, potesse diventare il libero nella difesa e protetto dai veloci recuperi del suo compagno di reparto avrebbe potuto dare solidità e "materia grigia" a tutto il reparto arretrato. Fondamentali furono le reti messe a segno dal centravanti Roberto Pruzzo, che quell'anno segnò meno del solito (12 reti) per sacrificarsi di più per il gioco di squadra e dare più movimento alla manovra offensiva nella quale si alternava con il neo acquisto Iorio.

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La Roma del secondo scudetto

I giallorossi partirono subito bene e rimasero per quasi tutto il campionato in vetta alla classifica. Persero solamente tre partite, dopo tre giornate contro la Sampdoria e in entrambi gli scontri diretti con la solita Juventus (con la quale perse anche negli scontri di Coppa Italia) eterna antagonista degli anni ottanta, contro la quale gli scontri erano diventati quasi dei derby.

L'8 maggio 1983, alla penultima di campionato, la Roma, grazie al pareggio sul campo del Genoa per 1-1, conquistò il suo secondo scudetto con una giornata d'anticipo. Ma curiosamente i giallorossi si sarebbero potuti laureare matematicamente Campioni d'Italia addirittura nella giornata precedente a quella di Genova: la partita Juventus-Inter finita sul 3-3 che si svolse alla terzultima venne invalidata e, per delibera della CAF, fu assegnata la vittoria a tavolino ai nerazzurri, a causa di gravi incidenti avvenuti fuori allo stadio di Torino, dove un giocatore dell'Inter venne ferito. Ma la ratificazione del risultato di questo incontro venne effettuata solo a campionato ormai concluso.

Il 15 maggio, dopo l'incontro Roma-Torino nell'ultima giornata di campionato, i tifosi giallorossi si riversarono al Circo Massimo, dove il cantante romanista Antonello Venditti rese omaggio alla squadra con un concerto in cui venne cantata per la prima volta Grazie Roma, canzone che divenne insieme a Roma (non si discute si ama) (sempre dello stesso autore, conosciuta generalmente con il nome di Roma, Roma, Roma) uno dei due inni ufficiali dei giallorossi. Tutt'oggi questa canzone viene intonata alla fine delle partite ogni volta che la squadra capitolina conclude con una vittoria i match che si svolgono all'Olimpico.

 
Bruno Conti in azione con la maglia della Roma

Il dopo scudetto: un altro titolo sfumato

La partenza di Vierchowod e di Prohaska fu una mancanza che l'anno successivo si dimostrò essere determinante ai fini della vittoria di un ulteriore scudetto. Da un lato la partenza del difensore fu obbligata poiché la Sampdoria non si manifestò disponibile a prolungarne il prestito, mentre la cessione dell'austriaco fu un sacrificio necessario, compiuto da Viola, per portare a Roma un altro centrocampista brasiliano, proveniente dall'Atlético Mineiro: Antonio Carlos Cerezo. Il neo acquisto si dimostrò discontinuo rispetto al suo predecessore austriaco, seppur fosse più dotato tecnicamente di quest'ultimo. Per sopperire alla lacuna lasciata in difesa da Vierchowod, Liedholm affidò il reparto arretrato al giovane difensore Ubaldo Righetti, che già nella stagione precedente si era messo in mostra in diverse partite. In attacco la partenza di Maurizio Iorio venne colmata dall'acquisto del campione del mondo Ciccio Graziani, attaccante di movimento nato nella provincia di Roma, che fu per anni una bandiera torinista prima di accasarsi con la Fiorentina.

Nella stagione la Roma riuscì a portare a casa ancora una volta la Coppa Italia. Se in campionato il testa a testa con la solita Juventus di Michel Platini vide trionfare i bianconeri a soli due punti di vantaggio sui giallorossi arrivati secondi, in Coppa Campioni la Roma sfiorò l'impresa.

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Il rigore di Bruno Conti contro Grobbelaar nella finale di Coppa dei Campioni 1983-1984

Dopo aver superato gli svedesi del Göteborg (3-0 all'andata e 1-2 al ritorno) nel primo turno, la Roma superò negli ottavi il CSKA di Sofia (entrambi gli incontri finirono per 1-0 a favore dei giallorossi) e ai quarti i tedeschi della Dinamo Berlino (3-0 all'andata e 1-2 al ritorno). In semifinale la compagine romanista si trovò di fronte i campioni di Scozia il Dundee United, contro i quali disputarono una delle più entusiasmanti partite della storia giallorossa. Dopo aver perso all'andata per 2-0, la Roma riuscì a ribaltare il risultato vincendo nella gara di ritorno all'Olimpico per 3-0 con due reti di Pruzzo ed una su rigore del capitano Di Bartolomei.

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Il rigore di Francesco Graziani contro Grobbelaar nella finale di Coppa dei Campioni 1983-1984

Il 30 maggio 1984 si giocò la finale contro i "reds" del Liverpool, squadra già titolata giunta alla quarta finale di Coppa Campioni. Pur giocando alla pari con il proprio avversario e, a tratti, imponendo il proprio gioco la Roma non riuscì a realizzare il secondo gol, dopo aver concluso i tempi regolamentari per 1-1, al gol di Phil Neal, rispose alla fine del primo tempo Pruzzo di testa intercettando un preciso cross partito da sinistra dal piede di Bruno Conti. Dopo un secondo tempo tesissimo con il risultato rimasto invariato, si passò prima ai tempi supplementari ed infine ai calci di rigore. Gli inglesi iniziarono per primi fallendo; per la Roma, con Falcão che si rifiutò di tirare,[senza fonte] dopo il gol di Agostino Di Bartolomei sbagliarono prima Conti, che mandò alto sopra la traversa, ed infine dopo un'altra marcatura di Righetti, fallì il rigore decisivo Graziani che si fece ipnotizzare dal portiere del Liverpool Bruce Grobbelaar che per innervosire l'avversario improvvisò un buffo balletto sulla linea di porta: la palla scheggiò la traversa andando fuori. Il giocatore successivo mise a segno l'ultimo decisivo rigore e la Roma perse la coppa. Quella finale si giocò proprio allo Stadio Olimpico di Roma.

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Di Bartolomei con la quinta Coppa Italia

I giallorossi, nonostante l'amarezza della finale persa ai rigori, furono protagonisti in tutte le competizione e si aggiudicarono la Coppa Italia. La finale venne disputata contro il Verona, rivelazione del campionato: 1-1 all'andata e 1-0 al ritorno grazie ad un autogol dello scaligero Ferroni. Alla fine il capitano Agostino Di Bartolomei poté alzare il trofeo, l'ultimo conquistato con la maglia giallorossa: il giocatore, infatti a fine stagione lasciò la Roma ed insieme a Liedholm si accasò al Milan.

La sconfitta con il Lecce e la sesta Coppa Italia

La finale con il Liverpool ruppe qualcosa all'interno della squadra e soprattutto nei rapporti tra il presidente e l'allenatore. Dino Viola mal digerì quel duro colpo e decise l'anno successivo di cambiare il volto della Roma, cedendo il capitano Di Bartolomei e affidando la panchina giallorossa ad un altro tecnico svedese, Sven-Göran Eriksson, giovane allenatore rampante che la Roma stava osservando già da qualche tempo. Quell'anno i giallorossi arrivarono settimi in classifica, a causa di diversi problemi sorti all'interno dello spogliatoio, su tutti l'addio di Falcao, che dopo aver subito un grave infortunio, concluse nel peggiore dei modi la sua avventura nella Roma con una lunga polemica nei confronti di Viola. Per rimpiazzare la grave perdita tecnica del brasiliano, Viola mise a segno un colpo di mercato: Zbigniew Boniek, ala polacca prelevata dalla Juventus.

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Roberto Pruzzo, premiato come miglior cannoniere del campionato nel 1982 (lo è stato anche nel 1981 e nel 1986)

Dopo una prima annata deludente, nella stagione 1985-1986 la Roma trascinata dai gol di Pruzzo, che quell'anno divenne capocannoniere della serie A per la terza volta con 19 reti (poi non convocato neanche tra le riserve della Nazionale italiana per i Mondiali del 1986, sfiorò nuovamente il tricolore: dopo una rimonta di 9 punti sulla capolista Juventus, battuta all'Olimpico con un 3-0, la penultima giornata di campionato riservò alla squadra giallorossa un turno sulla carta favorevole per il sorpasso in testa alla classifica: la Roma doveva infatti affrontare in casa il Lecce, squadra già retrocessa. Il gol dell'ex Alberto Di Chiara ed una doppietta di Juan Alberto Barbas condannarono invece la Roma ad una sconfitta per 2-3 firmando una delle pagine più amare della storia del club capitolino.

Dopo quella sconfitta, ci fu la conquista in quello stesso anno della sesta Coppa Italia. Le due finali vennero disputate contro la Sampdoria: l'andata si concluse con la vittoria dei blucerchiati per 2-1, che approfittarono di una squadra rimaneggiata, senza tanti titolari partiti alla volta del Messico per disputare i Mondiali. Il 14 giugno 1986 si svolse la finale di ritorno, all'Olimpico i giallorossi si imposero per 2-0, con le reti di Desideri su rigore e di Cerezo nella sua ultima gara con la maglia della Roma.

Il declino

 
Giuseppe Giannini agli esordi con la maglia giallorossa

L'ultima stagione di Eriksson si rivelò fallimentare: abbandonarono la Roma molti giocatori considerati troppo avanti con l'età dal tecnico, la squadra si trovava allo sbando e lo svedese dovette abbandonare la panchina. La stagione successiva vide il ritorno per la terza volta di Nils Liedholm. Nella stagione 1987-1988 Viola volle rilanciare la squadra giallorossa con tre colpi di mercato: il primo fu il centravanti tedesco Rudi Völler, poi il difensore azzurro Fulvio Collovati e infine il centrocampista Lionello Manfredonia. L'acquisto di questo secondo giocatore creò non poche polemiche all'interno della tifoseria ed in particolar modo tra il Commando Ultrà Curva Sud. Il motivo di tali reazioni erano legate al passato del giocatore che aveva militato per lunghi anni nella Lazio e nella Juventus ed era stato coinvolto in prima persona nello scandalo del calcio scommesse dei primi anni ottanta. Nonostante le forti polemiche, la squadra arrivò terza.

L'ultima stagione degli anni ottanta gettò le basi per l'inizio di un periodo di crisi che la Roma avrebbe vissuto per quasi tutto il decennio successivo. Nella stagione 1988-1989, dopo l'ottima stagione dell'anno precedente, per rilanciare la squadra venne fatto l'acquisto più caro della gestione Viola: Ruggiero Rizzitelli, giovane centravanti e ala proveniente dal Cesena, che nell'idea del presidente avrebbe dovuto sostituire Roberto Pruzzo che proprio in quella stagione aveva lasciato la maglia giallorossa. Oltre a Rizzitelli arrivarono due giocatori brasiliani che mai lasciarono il segno: l'ala destra Renato Portaluppi e il centrocampista ultratrentenne Andrade. Il primo si distinse soprattutto per la sua vita mondana, e in tutta la stagione segnò solamente un gol in un incontro di Coppa UEFA, mentre il secondo giocò pochissime gare dove mise in luce esclusivamente la sua particolare lentezza.

Gli anni novanta con Sensi

Gli ultimi lampi della Roma di Viola

 
Rudi Völler e Conti

Dino Viola morì, dopo undici anni di presidenza, nel gennaio del 1991. La società si avviò verso un lungo periodo di caos, accentuato anche dal caso Lipopil che coinvolse i giocatori Angelo Peruzzi e Andrea Carnevale, squalificati dalla CAF per un anno, dopo che vennero rilevate delle tracce di fentermina nelle loro urine.

In campionato la squadra, sotto la guida di Ottavio Bianchi, si classificò nona nonostante l'apporto del nuovo acquisto Aldair, l'ultimo della gestione-Viola: il difensore centrale brasiliano sarebbe poi divenuto il pilastro difensivo della Roma dei successivi tredici anni. La squadra aggiunse tuttavia al proprio palmarès la settima Coppa Italia, conquistata contro la Sampdoria (che poi sconfisse i giallorossi per 1-0 nella sfida per la Supercoppa di Lega). Inoltre, in Coppa UEFA la squadra riuscì ad arrivare in finale contro l'Inter, dopo aver superato, nell'ordine, Benfica, Valencia, Bordeaux, Anderlecht e Brøndby. In semifinale la Roma si trovò di fronte il Brøndby, avversario eliminato da un gol di Völler a soli due minuti dal termine.[2] In finale, dopo aver perso l'incontro di andata a San Siro per 2-0, la Roma, nella partita di ritorno, sciupò varie occasioni da gol non riuscendo a ribaltare il risultato, vincendo solamente per 1-0 grazie alla rete di Rizzitelli a pochi minuti dalla fine. La coppa pertanto venne vinta dalla squadra milanese, con i tifosi romanisti che dopo la finale di Coppa dei Campioni disputata pochi anni prima, videro per la seconda volta una squadra avversaria alzare un trofeo internazionale nello Stadio Olimpico.[3]

Gli anni bui della nuova Roma

La stagione 1991-1992, la prima orfana di Viola, vide il nuovo presidente Giuseppe Ciarrapico, che aveva acquistato la società già nell'aprile 1991, mettere in atto una politica societaria disorganica,[4] dettata dalla sua ammessa scarsa conoscenza del calcio e dell'ambiente.[5] Confermò Bianchi, che però già era ampiamente in disaccordo con molti dei componenti della squadra; acquistò, tra gli altri, lo juventino Thomas Hässler, che divenne col tempo un beniamino della curva; creò dapprima una forte collaborazione con Gianni Petrucci per la conduzione della società, salvo poi centralizzare di nuovo la gestione nella sua persona.

La mancanza di una guida forte, come era stato Viola, portò la Roma ad ottenere risultati altalenanti, che si tradussero alla fine in un quinto posto, che garantì ai giallorossi l'accesso alla Coppa UEFA.

In Coppa delle Coppe la Roma sfidò ai quarti di finale il Monaco, dopo aver eliminato CSKA Mosca e Ilves Tampere. Dopo aver pareggiato in casa per 0-0, i giallorossi, con un'inedita divisa blu,[6] persero l'incontro di ritorno per 1-0 e vennero eliminati.

Al termine della stagione Bianchi lasciò il posto a Vujadin Boskov, di carattere opposto. Il tecnico serbo, che aveva ottenuto con la Sampdoria risultati molto convincenti era fautore di un gioco spettacolare che lasciava ampia libertà ai giocatori talentuosi. Fece esordire in prima squadra anche un Francesco Totti appena sedicenne.

La società entrò nel caos nella primavera del 1993: Ciarrapico fu arrestato per bancarotta.

Franco Sensi rileva la società

La sua successione al vertice, di difficile attuazione, generò ulteriori difficoltà. La stampa elencò i nomi dei possibili successori: oltre al generale De Martino ad acquisire la proprietà della società erano interessati gli imprenditori Franco Sensi e Pietro Mezzaroma, che infine ne divennero congiuntamente i proprietari.

Nel calciomercato Voeller fu ceduto, e vennero prelevati il serbo Siniša Mihajlović e l'attaccante argentino Claudio Paul Caniggia, che salì successivamente alla ribalta negativa delle cronache per propria positività alla cocaina.

In precedenza Caniggia aveva segnato nella semifinale di Coppa Italia contro il Milan il gol del due a zero, mettendo fine ad una lunghissima imbattibilità in gare ufficiali dei rossoneri. Nella gara di ritorno disputata a San Siro il Milan dominò, segnando anche il gol del vantaggio; ma, seppur in superiorità numerica, fallì un calcio di rigore a pochi minuti dalla fine con Jean-Pierre Papin, il quale si vide respingere il tiro dal dischetto da una parata di Giovanni Cervone. Tale episodio consegnò alla Roma una finale teoricamente più abbordabile contro il Torino, ma i favori del pronostico si scontrarono con la cattiva prestazione fornita dalla squadra giallorossa nella gara di andata: a Torino, infatti, la Roma perse per 3-0, compromettendo di fatto la vittoria finale. Ciononostante la squadra all'Olimpico sfiorò l'impresa, vincendo 5-2 e colpendo anche un palo nel finale di gara con il suo capitano Giuseppe Giannini, il quale segnò anche tre gol, tutti su calcio di rigore.

In campionato, la Roma disputò una stagione decisamente grigia, terminata al decimo posto. In Coppa UEFA i giallorossi eliminarono FC Wacker Innsbruck, Grasshoppers, Galatasaray, venendo sconfitti nei quarti di finale dai tedeschi del Borussia Dortmund.

La lenta rinascita

Nel biennio successivo, Franco Sensi, divenuto l'unico proprietario della Roma dopo aver rilevato la quota posseduta da Mezzaroma, cercò di dare una decisa virata alla politica societaria. Chiamò in panchina il trasteverino Carlo Mazzone, allenatore notoriamente romanista, e rafforzò in modo deciso la squadra, acquistando dall'Udinese il capo-cannoniere del precedente campionato, Abel Eduardo Balbo. Il presidente comprò inoltre il romano Massimiliano Cappioli, che si aggiunse a Gianluca Festa, Marco Lanna, Fabrizio Lorieri, Daniel Fonseca, Jonas Thern e Francesco Moriero. Ci fu poi l'ingresso in pianta stabile in prima squadra di Francesco Totti. In campionato la squadra ottenne il settimo posto e in Coppa Italia venne eliminata al terzo turno dalla Sampdoria: il non felice esito della stagione non fu gradito dai tifosi, che iniziarono a contestare la società, ed in particolare il suo presidente, temendo la nascita di una nuova "Rometta".[senza fonte] È di quei giorni l'improvvisa notizia del suicidio di Agostino Di Bartolomei, storico capitano dello scudetto del 1983.

L'anno successivo la squadra ottenne il quinto posto in campionato. Il risultato finale fu impreziosito dalla vittoria ottenuta sulla Lazio nel derby del 27 novembre 1994. La Roma vinse dominando 3-0, e Mazzone festeggiò l'impresa esultando sotto la Curva Sud al termine della gara, fra il tripudio generale dei tifosi giallorossi. In coppa Italia la Roma venne eliminata nei quarti di finale dalla Juventus.

Nella stagione 1995-1996 la Roma replicò l'andamento del campionato precedente, terminandolo ancora una volta al quinto posto. La squadra venne eliminata presto anche in Coppa nazionale, e riuscì a fare migliori risultati in Coppa UEFA, ma, dopo aver superato Neuchâtel Xamax, AAlst, Brøndby (con gol-qualificazione a tempo regolamentare scaduto di Amedeo Carboni) subì l'eliminazione ai quarti di finale contro lo Slavia Praga. Dopo aver perso in trasferta per 2-0, la squadra riuscì all'Olimpico nell'impresa di ribaltare il risultato, grazie al gol del 3-0 firmato nei tempi supplementari da Moriero. La partita dei giallorossi fu però spezzata da un estemporaneo gol della squadra ospite che a pochi minuti dal termine della gara impedì alla Roma di proseguire nella competizione.

L'insofferenza dei tifosi sui risultati altalenanti, e la mancanza di vittorie nelle competizioni disputate, spinsero il presidente a prendere la sofferta decisione di sostituire Mazzone. Al suo posto venne preso l'argentino Carlos Bianchi, già vittorioso della Coppa Intercontinentale col Vélez Sársfield. Ma la stagione, condizionata anche da acquisti fallimentari (solo Vincent Candela lascerà il segno nella squadra capitolina), si rivelò disastrosa. L'assoluta mancanza di schemi tattici condusse la Roma nella seconda metà della classifica, mentre in Coppa Italia la squadra venne eliminata dal Cesena. Sensi esonerò Bianchi solo dopo l'ennesima sconfitta. Alla guida della squadra fu chiamato il vecchio Barone Niels Liedholm, il quale, grazie alla sua innata esperienza e al valido aiuto dell'allenatore della primavera Ezio Sella, riuscì ad ottenere un dodicesimo posto.

Dopo la brutta esperienza, Franco Sensi decise di rifondare la squadra affindandola al boemo Zdeněk Zeman, fautore di un gioco molto offensivo, già sperimentato nel Foggia e nella Lazio. La Roma, improntata sullo schema tattico del 4-3-3, infiammò con il suo gioco la platea dell'Olimpico. La marcatura a zona e la ricerca continua e imprudente della segnatura furono però anche i limiti maggiori della squadra, la quale era incapace di gestire durante le gare ogni risultato favorevole. Per di più Zeman perse quattro derby consecutivi tra campionato e Coppa Italia e arrivò quarto il primo anno e quinto il secondo. Infine la squadra giallorossa, in particolar modo nel corso dell'ultima stagione zemaniana, subì numerose decisioni arbitrali sfavorevoli, che ne limitarono il cammino sia in campionato che in Coppa UEFA.[7][8]

 
Fabio Capello

Nella Roma di Zeman si affermarono giocatori come Paulo Sergio, Cafu, Antonio Carlos Zago, Eusebio Di Francesco, Damiano Tommasi, Marco Delvecchio, molti dei quali divennero l'asse portante della Roma degli anni immediatamente successivi. In più Francesco Totti divenne più continuo e decisivo, e fisicamente più resistente. Nonostante ciò, Franco Sensi decise di porre fine alla mancanza di vittorie chiamando in panchina un allenatore titolato e vincente come Fabio Capello.

L'arrivo di Capello

Il tecnico friulano arrivò a Roma nel 1999, firmando un contratto da quattro miliardi di lire annue,[9] trasmettendo subito alla squadra voglia di vincere e convinzione nei propri mezzi.[10]

L'acquisto principale dell'anno fu quello di Vincenzo Montella, fortemente voluto da Zeman,[11] destinato ad avere un impatto formidabile all'interno della squadra. Nel corso della stagione l'arrivo del centrocampista giapponese Hidetoshi Nakata rafforzò ulteriormente la squadra. Alla fine del campionato la Roma si classificò sesta, combattendo a lungo con Lazio, Milan e Juventus.

La Roma di vertice negli anni duemila

Il terzo scudetto

Lo scudetto vinto nel 1999-2000 dalla rivale cittadina, la Lazio, generò in tutto l'ambiente giallorosso estrema voglia di riscatto e grosse aspettative per la stagione successiva. Il Presidente Sensi, anche grazie alla ricapitalizzazione derivata dalla quotazione in borsa della società,[12] fece propri questi sentimenti, predisponendo una delle migliori campagne acquisti nella storia della società e la più dispendiosa della sua gestione. Il colpo dell'anno fu l'ingaggio di Gabriel Omar Batistuta, tra i migliori marcatori di sempre della Serie A: conteso in un'asta di mercato con l'Inter, e da tempo nei desideri della presidenza,[13] arrivò dalla Fiorentina per 70 miliardi di lire.[14] A Batistuta si aggiunsero due altri acquisti di primo livello: il difensore centrale del Boca Juniors e della Nazionale argentina Walter Adrián Samuel, ed il centrocampista verdeoro Emerson, prelevato dal Bayer Leverkusen.[15]

L'inizio di stagione fu tormentato, in quanto in estate la Roma venne sconfitta dall'Atalanta venendo così eliminata dalla Coppa Italia: ciò, unito da un grave infortunio patito da Emerson (sostituito nella stagione da Zanetti), indusse il pessimismo nella tifoseria, la quale contestò duramente la squadra a Trigoria.[16] Le prestazioni della squadra in campionato furono comunque convincenti, e portarono la Roma presto in vetta alla classifica, che mantenne quasi ininterrottamente sino a laurearsi Campione d'inverno.

In questo cammino per la Roma furono fondamentali alcune partite: la vittoria a Brescia per 4-2 alla quinta giornata, avvenuta dopo aver perso a Milano contro l'Inter, la sofferta vittoria casalinga per 1-0 contro la Fiorentina,[17] e la vittoria nel derby, ottenuta grazie ad un rocambolesco autogol di Paolo Negro.

Formazione campione d'Italia 2000-2001

Il ritmo di affermazioni tenuto dai giallorossi continuò anche nel girone di ritorno, seppur con qualche battuta d'arresto. La svolta arrivò il 6 maggio 2001, data dello scontro al vertice allo Stadio Delle Alpi con la Juventus, divenuta ormai assieme alla Roma principale pretendente allo scudetto. I bianconeri terminarono il primo tempo sul 2-0, ma la reazione da parte della squadra di Capello permise alla Roma di pareggiare, per effetto delle reti segnate da Nakata e, a tempo ormai scaduto, Montella.

Il pareggio di Torino indirizzò il campionato in favore dei giallorossi, che gestirono il vantaggio di punti acquisito sino all'ultima partita nello scontro dell'Olimpico contro il Parma, in programma il 17 giugno 2001: il match finì 3-1, con le reti del capitano Francesco Totti, il centravanti argentino Batistuta e l'attaccante Vincenzo Montella.

La Roma vinse così il suo terzo scudetto della storia, che fu tolto (scucito, nel gergo dei tifosi)[18] dalle maglie della Lazio; migliaia di persone si riversarono per le strade della Capitale, con festeggiamenti che si protrassero per giorni e che ebbero il culmine nel concerto di Antonello Venditti al Circo Massimo, a cui parteciparono oltre un milione di persone.[19]

In Coppa UEFA, la Roma, dopo aver eliminato Nova Gorica, Boavista e Amburgo, venne eliminata negli ottavi di finale dal Liverpool, futuro vincitore della competizione. La sconfitta casalinga dei giallorossi per 0-2 nella gara di andata venne parzialmente riscattata con un'affermazione in Inghilterra per 1-0, giunta tuttavia al termine di una partita che, secondo i vertici societari della Roma e della Federcalcio italiana, fu viziata da un errore tecnico dell'arbitro.[20]

Le occasioni sfumate

La società non si cullò sugli allori e, complice la futura partecipazione alla Champions League, confermò ampiamente la rosa, acquistando inoltre il portiere Ivan Pelizzoli (che tuttavia non riuscì ad imporsi ad alti livelli), il terzino Leandro Cufré e l'astro nacente del calcio italiano Antonio Cassano, gioiello del Bari dalla personalità estrosa ma ribelle.[21]

La stagione successiva regalò subito alla bacheca giallorossa la Supercoppa italiana. Il 19 agosto 2001, infatti, i giallorossi ospitarono la Fiorentina, vincitrice della Coppa Italia, e prevalsero per 3-0, grazie alle reti di Candela, Montella e Totti. Il risultato non fu mai in discussione, anche per il fatto che la squadra viola si presentava all'Olimpico con poca convinzione, pensando principalmente alle difficoltà finanziarie che funestavano la società.[22]

Il campionato non diede ai colori giallorossi le stesse soddisfazioni della stagione precedente: la Roma stentò nelle prime partite, perdendo parecchi punti contro squadre sulla carta più deboli. Neanche la prestigiosa vittoria per 2-0, maturata in inferiorità numerica a Torino contro la Juventus, e l'acquisto ad ottobre di Christian Panucci, diedero continuità ai risultati della squadra, che riuscì comunque a terminare il girone d'andata in testa alla classifica. In ogni caso fu storica l'affermazione nel derby del 10 marzo 2002: i giallorossi sconfissero la Lazio per 5-1, con quattro gol del solo Montella.[23] Nonostante il suo cammino altalenante, la Roma arrivò a giocarsi lo scudetto sino all'ultima giornata: la sconfitta della capolista Inter all'Olimpico contro la Lazio favorì però la vittoria finale della Juventus, che precedeva in classifica i giallorossi di un solo punto.

 
Celebrazioni della vittoria del campionato 2000-2001: un "murales" con lo scudetto tricolore e il capitano della Roma Francesco Totti su un'abitazione della capitale.

Il cammino in Champions League fu discreto: dopo aver superato la prima fase a raggruppamenti (la Roma si qualificò dietro al Real Madrid, precedendo Lokomotiv Mosca e Anderlecht), la squadra fu inserita in un ostico girone assieme a Galatasaray, Liverpool e Barcellona, e venne eliminata quando invece le sarebbero bastati due punti nelle ultime due partite da disputare, che invece non riuscì ad ottenere.[24] In tale contesto rimarcabile fu soltanto l'eclatante affermazione per 3-0 contro la squadra spagnola, frutto delle reti siglate da Emerson, Montella e Tommasi.

I motivi della mancanza di continuità nei risultati erano da imputare sia alla scarsa vena del bomber Batistuta, autore di 6 reti, sia alla poca incidenza delle riserve nell'economia delle partite e, forse, il latente senso di appagamento per i trofei appena conquistati.[25]

Nella stagione 2002-2003 la società predispose una campagna acquisti incentrata sull'austerità, soprattutto a causa delle crescenti difficoltà economiche derivate dalle elevate spese di mercato degli anni precedenti.[26] Dei pochi acquisti l'unico nome rilevante fu quello dell'ex regista del Barcellona Josep Guardiola, il quale disputò uno scorcio di stagione al di sotto delle aspettative e venne successivamente ceduto. A gennaio fu acquistato l'interditore francese Olivier Dacourt, proveniente dal campionato inglese, mentre Batistuta, divenuto ormai l'ombra del campione ammirato nella stagione dello scudetto, venne ceduto all'Inter.[27]

La squadra aveva bisogno indubbiamente di rinnovamento[28], e non bastarono la buona vena di Totti e la crescita costante di Cassano a trascinare la Roma verso le parti alte della classifica. I giallorossi terminarono il campionato all'ottavo posto (peggiore risultato dei precedenti dieci anni), e si guadagnarono la partecipazione alla successiva Coppa UEFA solo grazie al raggiungimento della finale di Coppa Italia, poi persa contro il Milan. Nel finale di stagione si mise in luce il giovane Daniele De Rossi, valore aggiunto della squadra nelle ultime gare di campionato.

Il cammino di Champions League fu migliore: la Roma superò la prima fase a gironi (la squadra terminò seconda, a pari punti con il Real Madrid, davanti a AEK Atene e Gent, e di grande prestigio fu la vittoria ottenuta al Santiago Bernabeu per 1-0 con gol di Totti), ma ancora una volta fu fatale alle ambizioni capitoline il secondo raggruppamento, nel quale i giallorossi terminarono ultimi dietro a Valencia, Ajax e Arsenal. Da sottolineare però la grande affermazione ottenuta in casa del Valencia per 3-0, grazie alle prestazioni del capitano Francesco Totti, che pose fine ad un lungo periodo di imbattibilità casalinga degli spagnoli.

La mediocre stagione convinse il Presidente Sensi a migliorare e svecchiare la rosa della squadra, investendo cifre consistenti per l'acquisto del fuoriclasse rumeno Christian Chivu, giovane difensore di centro-sinistra. Venne inoltre ceduto Cafu e sostituito con l'emergente laterale brasiliano Mancini, ancora non molto conosciuto in Italia ma destinato a divenire titolare indiscusso. Infine, fu prelevato il norvegese John Carew, punta pesante con esperienza internazionale, che diventò in breve tempo un beniamino dei tifosi grazie al suo carattere allegro e ai suoi istrionici gesti d'esultanza.[29]

Gli acquisti fruttarono, e la squadra divenne più solida e meno umorale.[30] Nella stagione 2003-2004 la Roma partì bene, vincendo anche il derby d'andata per 2-0 (il risultato si sbloccò grazie ad un colpo di tacco di Mancini), e riuscì anche a laurearsi Campione d'inverno assieme al Milan. Ma la maggiore forza dei rossoneri,[31] unita a qualche punto perso di troppo, impedirono ai giallorossi di replicare il successo del 2001, e la squadra si dovette accontentare del secondo posto, che garantiva comunque la qualificazione diretta alla Champions League. La stagione fu comunque positiva: la squadra fu l'unica vera antagonista dei rossoneri, il secondo posto non fu mai in discussione e il portiere Pelizzoli non prese gol per un periodo di 773 minuti.[32] Oltretutto la Roma disputò gare eccellenti, tra le quali la vittoria per 4-0 contro la Juventus ed il 4-1 all'Inter.[33][34][35]

La Coppa UEFA diede persino minori soddisfazioni: la squadra fu eliminata dal Villareal negli ottavi di finale, dopo aver superato FK Vardar, Hajduk Spalato e Gaziantepspor.

In questa stagione, il derby di ritorno del 21 marzo 2004 fu sospeso durante il secondo tempo, sul risultato di 0-0, per il diffondersi tra i tifosi di entrambe le squadre della voce (poi rivelatasi falsa) della morte di un bambino ad opera della Polizia.[36] Alcuni tifosi entrarono in campo per convincere i giocatori della Roma a sospendere la partita, ed a nulla valsero gli appelli diffusi dagli altoparlanti che sottolineavano l'infondatezza della notizia. La stracittadina venne sospesa e ripetuta un mese dopo, col punteggio finale di 1-1.

L'improvviso addio di Capello e la crisi della panchina

Nonostante il positivo campionato trascorso, la situazione economica della società nel 2003-2004 cominciò ad aggravarsi[37] sempre più. I dirigenti si trovarono pertanto costretti ad aderire al condono fiscale promosso dal secondo governo Berlusconi sanando un pregresso debito fiscale derivato da imposte e ritenute dovute per gli anni 2002 e 2003, versando, in tre distinte rate, un importo complessivo di 79,5 milioni di euro, con un risparmio di circa 20 milioni rispetto al debito effettivo.[38] In tale contesto di crisi finanziaria, la Roma fu costretta a cedere Samuel ed Emerson, di fatto abbassando notevolmente il livello tecnico della rosa.

Capello, concluso il campionato, si dimise e firmò clamorosamente per la Juventus, nonostante le contrarie assicurazioni fornite.[39] La fuga venne vista da tutto l'ambiente romanista come un vero e proprio tradimento ai colori giallorossi,[40] ma la società corse subito ai ripari ingaggiando tempestivamente Cesare Prandelli, precedentemente allenatore del Parma.

Il nuovo tecnico concordò con la società l'acquisto di alcuni giocatori, tra i quali il centrocampista Simone Perrotta (proveniente dal Chievo Verona), il difensore francese Philippe Mexes e, dall'Olympique Marsiglia, l'attaccante egiziano Ahmed Hossam Mido (il quale, però, deluse le aspettative e fu ceduto nel successivo mercato di riparazione di gennaio). Nonostante le migliori premesse, Prandelli si trovò costretto, prima dell'inizio del campionato, ad abbandonare la guida tecnica della squadra per motivi familiari.[41]

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Rudi Voeller da allenatore in conferenza stampa

La Roma, a pochi giorni dalla partita di esordio di campionato, ingaggiò Rudi Voeller, ex attaccante giallorosso degli anni novanta, ed ex allenatore della Nazionale tedesca. I risultati non furono soddisfacenti: dopo un buon inizio nella prima di campionato contro la neopromossa Fiorentina, si susseguirono una serie di sconfitte e pareggi, finché il tecnico tedesco non si trovò costretto ad abbandonare la panchina. Le dimissioni avvennero subito dopo un episodio negativo che coinvolse tutta la squadra giallorossa: durante la prima gara di Champions League contro la Dinamo Kiev, e poco dopo il fischio finale del primo tempo, l'arbitro svedese Anders Frisk venne ferito alla testa da un oggetto (probabilmente una monetina)[42] lanciato dalle tribune dell'Olimpico. Per questo accadimento la UEFA impose alla Roma la sconfitta a tavolino per 0-3 unita alla chiusura al pubblico dello stadio per i tre successivi turni casalinghi. Tali gravi avvenimenti contribuirono pertanto all'eliminazione della squadra dalla competizione continentale.

Dopo le dimissioni di Voeller, la Roma ingaggiò Luigi Delneri, che cambiò lo schema, schierando spesso un tridente offensivo formato da Totti, Cassano e Montella. La scelta di far giocare assieme i tre attaccanti più rappresentativi fece migliorare i risultati della squadra solo per un breve periodo: la difesa, infatti, non si dimostrò abbastanza solida per contenere gli attacchi avversari, portati ad una formazione obiettivamente sbilanciata in avanti. Il cammino in campionato della Roma divenne pertanto altalenante, e ciò acuì i già gravi problemi di spogliatoio che spinsero Delneri, dopo una pesante sconfitta subìta con il Cagliari, a dimettersi. La società decise quindi di affidare la panchina all'ex giocatore della Roma Bruno Conti, già dirigente del settore giovanile, il quale condusse la squadra sino al termine della difficile stagione. Nonostante queste vicissitudini, la squadra riuscì a disputare la finale di Coppa Italia contro l'Inter, venendo sconfitta in entrambe le partite. La Roma chiuse così il campionato col bilancio, poco lusinghiero, di cinque allenatori utilizzati in dodici mesi.

Alla fine del tribolatissimo campionato disputato dai giallorossi, il capitano Francesco Totti annunciò il rinnovo del contratto fino al 2010, sostanzialmente legando il suo nome alla Roma per tutta la carriera.[43]

Spalletti ricostruisce la squadra

Nella stagione 2005-2006, per ricostruire la squadra, fu ingaggiato Luciano Spalletti, emergente tecnico toscano che aveva condotto l'Udinese ad una storica qualificazione alla Champions League. La società, con i ritorni di Bruno Conti al ruolo di direttore tecnico e di Daniele Pradè a direttore sportivo, cercò di portare avanti una campagna acquisti di livello accettabile nonostante la stessa fosse stata bloccata, per quasi tutta l'estate, dal caso Mexès. Alla fine furono comunque tesserati a parametro zero i giocatori Samuel Kuffour (dal Bayern Monaco), Shabani Nonda (dal Monaco) e Rodrigo Taddei (dal Siena), ma soltanto quest'ultimo riuscirà poi ad imporsi nel modulo scelto da Spalletti. Venne acquistato inoltre lo portiere brasiliano Doni (il quale pagò persino a proprie spese la clausola rescissoria che lo legava alla Juventude),[44] che avrebbe dimostrato ben presto le sue potenzialità tanto da conquistare la maglia titolare. Per evitare inoltre l'insorgere di future difficoltà finanziarie derivate dall'incontrollato aumento delle spese di gestione del club, si decise di imporre un tetto di ingaggi di 2,5 milioni di euro per ogni giocatore tesserato, ad esclusione del capitano Francesco Totti, considerato il simbolo della squadra.[45]

 
Doni, uno dei simboli della rinascita giallorossa

L'inizio della stagione non fu dei migliori e la squadra si trovò a navigare nelle posizioni di metà classifica, anche a causa di malcelati malumori all'interno dello spogliatoio per le continue intemperanze di Antonio Cassano.[46] Pertanto, a dicembre fu presa la decisione di cedere il talento barese, in scadenza di contratto, al Real Madrid per circa 5 milioni di euro:[47] da quel momento in poi la squadra ritrovò la compattezza necessaria che le permise di stabilire un filotto di undici vittorie consecutive in campionato.

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La Roma di Spalletti esulta dopo un gol

L'impresa fu raggiunta nonostante numerosi infortuni intercorsi ai propri elementi (tra i quali anche quello di Francesco Totti), che ridussero in modo preoccupante il numero dei giocatori disponibili, obbligando Spalletti ad scegliere nuove soluzioni tattiche. Il primato, poi battuto dall'Inter con diciassette vittorie, venne fissato grazie alla vittoria per 2-0 nel derby del 26 febbraio 2006. La Roma, al termine della stagione, si classificò al quinto posto, ma in seguito allo scandalo che travolse improvvisamente il calcio italiano e al successivo stravolgimento della classifica finale (dovuta alla retrocessione all'ultimo posto della Juventus e della penalizzazione di Milan, Fiorentina e Lazio) acquisì d'ufficio la seconda posizione, qualificandosi così alla Champions League. La squadra, per il secondo anno consecutivo, raggiunse inoltre la finale di Coppa Italia contro l'Inter, ma anche in questo caso non riuscì ad aggiudicarsi il trofeo, pareggiando in casa per 1-1 e perdendo il match di ritorno per 3-1. Contro i nerazzurri la Roma disputò anche la partita di assegnazione della Supercoppa italiana, essendo l'Inter diventata d'ufficio anche Campione d'Italia. I giallorossi giocarono un primo tempo a grandi livelli, portandosi sullo 0-3, grazie a una doppietta di Alberto Aquilani e al gol di Mancini, ma poi l'Inter riuscì a recuperare lo svantaggio e a segnare il gol della vittoria durante i tempi supplementari.

Il ritorno in Champions e l'ottava Coppa Italia

Nel campionato 2006-2007 la Roma, pur integrando la rosa con gli acquisti dei terzini Max Tonetto e Marco Cassetti, della punta Mirko Vučinić e del regista David Pizarro, giocatore già allenato da Spalletti ai tempi dell'Udinese, confermò lo stesso modulo di gioco dell'anno precedente, che non prevedeva l'utilizzo di prime punte pesanti. La squadra alternò molti successi importanti ad alcuni risultati insoddisfacenti: tra gli alti e bassi del campionato si ricordano le due vittorie ottenute a San Siro contro Milan (2-1) e Inter (3-1) e il derby perso per 3-0 contro la Lazio. La Roma chiuse il campionato al secondo posto a 75 punti, con un corposo distacco dalla capolista Inter.

 
Luciano Spalletti, alla Roma dal 2005 al 2009

In Champions League la Roma, superata la fase a gironi con il secondo posto dietro al Valencia, conquistò i quarti di finale ai danni del Lione (0-0 all'Olimpico e vittoria in Francia per 2-0 con le reti di Totti e Mancini), ma venne eliminata dal Manchester United. La buona gara di andata, vinta per 2-1 dai giallorossi, venne vanificata da una disastrosa prestazione all'Old Trafford: la squadra perse 7-1, scarto che la Roma non subiva in una partita delle coppe europee dal 1935, quando nella Mitropa Cup era stata sconfitta per 8-0 dal Ferencvaros.

La stagione terminò comunque in modo positivo, con la conquista della Coppa Italia. Dopo aver eliminato Triestina, Parma e Milan, in finale ritrovò e sconfisse nettamente l'Inter all'Olimpico per 6-2 e, pur perdendo il ritorno al Meazza per 2-1, si aggiudicò il trofeo. Il risultato è di particolare rilevanza non solo perché la Roma confermò di essere l'unica squadra italiana a prevalere nel 2006-2007 contro l'Inter, ma anche perché i nerazzurri erano detentori di Scudetto, Coppa Italia e Supercoppa italiana.

La vittoria della Supercoppa e la nona Coppa Italia

Nel calciomercato estivo la squadra, nonostante la cessione non priva di polemiche del difensore rumeno Chivu, il quale decise di cedere alle lusinghe dell'Inter che garantiva al giocatore un ingaggio più elevato,[48] rafforzò ulteriormente la rosa e la propria esperienza internazionale con gli innesti, tra gli altri, del fantasista francese Ludovic Giuly, del difensore centrale Juan e del laterale brasiliano Cicinho, l'acquisto più oneroso per le casse del club.[49] La nuova sfida tra Inter e Roma, valida per l'assegnazione della Supercoppa italiana e prima partita della stagione 2007-2008, vide prevalere la squadra giallorossa per 1-0 con gol di Daniele De Rossi su calcio di rigore. La Roma conquistò così la sua seconda Supercoppa: fu la quinta volta che la squadra vincitrice della Coppa Italia riuscì a conquistare il trofeo ai danni della squadra Campione d'Italia.

Nel corso della stagione la Roma mostra progressi sia sul piano della maturità che della gestione del risultato. In campionato i giallorossi si confermarono al secondo posto alle spalle dell'Inter, mantenendo però viva la speranza di raggiungere la squadra nerazzurra in testa alla classifica. Sono rimarcabili le affermazioni per 1-0 in casa del Milan e quella per 3-2 contro la Lazio in un convulso derby. Tuttavia, il 19 aprile 2008, nella gara casalinga contro il Livorno, il capitano Francesco Totti si infortuna nuovamente in modo grave, riportando una lesione al legamento crociato anteriore del ginocchio destro. L'infortunio occorso al capitano non demoralizza la squadra, che riesce comunque a vincere le partite seguenti tanto da ridurre il distacco dalla capolista sino ad un solo punto. L'ultima giornata di campionato, che vide le due squadre al vertice giocare contro due dirette concorrenti per la salvezza (l'Inter a Parma, la Roma a Catania, entrambe senza tifoseria al seguito)[50] consegna tuttavia lo scudetto ai nerazzurri, vincitori per 2-0, sebbene la Roma sia stata virtualmente, per 45 minuti di gioco, Campione d'Italia. La partita di Catania terminò sull'1-1 e consentì ai siciliani di rimanere in Serie A: tale risultato garantì comunque alla Roma il proprio record di punti in campionato: 82, sette in più di quando vinse l'ultimo scudetto.

 
Il capitano della Roma Francesco Totti alza la Coppa Italia 2007-2008

In Champions League il cammino fu molto positivo. Nella fase a gironi della competizione continentale la Roma ritrovò il Manchester United, assieme a Sporting Lisbona e Dinamo Kiev. Nel raggruppamento la squadra si classificò seconda, subito dietro alla formazione inglese, e negli ottavi di finale la Roma si confrontò con il Real Madrid, sconfitto sia all'Olimpico che nella gara di ritorno per 2-1. Al Santiago Bernabeu, in particolare, la Roma disputò una gara di grande personalità, anche grazie all'ottima prestazione del collettivo: il successo segue l'affermazione del 2002, facendo della Roma l'unica squadra italiana ad uscire vittoriosa per due volte nello stadio delle merengues. Ai quarti di finale, la squadra giallorossa ritrovò nuovamente il Manchester United: la sfida di andata all'Olimpico, con Totti assente, vide la sconfitta dei giallorossi per 2-0. La partita risulta fatale per le ambizioni romaniste, poiché la Roma non riesce a ribaltare il risultato nella gara di ritorno, che termina 1-0 a favore degli inglesi.

In Coppa Italia, per la quarta volta consecutiva, la Roma raggiunse la finale del torneo contro l'Inter. La finale, disputata in gara unica all'Olimpico, terminò 2-1 per i giallorossi, che vinsero così la seconda Coppa Italia consecutiva, la nona per il club capitolino. Il trofeo arrivò dopo l'eliminazione, da parte della Roma, di Torino, Sampdoria e Catania.

Il ridimensionamento economico

Il 17 agosto 2008, a due settimane dall'inizio della nuova stagione, muore il presidente Franco Sensi, carica da lui coperta dal 1993. La scomparsa dell'artefice del terzo scudetto genera notevole sconforto e grande commozione in tutto l'ambiente giallorosso, ed i funerali vedono la partecipazione di migliaia di persone, non solo tifosi romanisti.[51]

 
Rosella Sensi, amministratore delegato poi presidente dell'AS Roma

La famiglia Sensi decide in ogni caso di proseguire nella conduzione della società, nonostante la forte esposizione debitoria della compagnia di famiglia Italpetroli (controllante la stessa Roma) verso l'istituto bancario Unicredit.[52][53] Pertanto la figlia Rosella, divenuta in precedenza amministratore delegato, viene nominata presidente: ciò avviene a dispetto dei rumor di acquisto da parte di gruppi stranieri, in particolare quello dell'imprenditore George Soros che si erano verificati anche prima della morte del presidente.[54][55] Rosella Sensi mantiene l'austera linea politica societaria posta in essere precedentemente, basata sull'autofinanziamento, mirata a garantire nell'immediato il mantenimento di un adeguato livello tecnico della squadra.[56] In futuro tale linea d'azione verrà rivendicata con forza[57] dalla presidente[58][59] anche a dispetto delle sempre più frequenti notizie circa la possibile acquisizione della società da parte di cordate di imprenditori,[60] e dell'imprenditore farmaceutico Francesco Angelini, che dichiara a più riprese di essere pronto all'acquisto della Roma.[61]

Nella sessione estiva del calciomercato la Roma, incassata già da tempo l'indisponibilità del laterale Mancini a prolungare il proprio contratto, lo cede all'Inter; anche il fantasista Giuly, autore di una buona stagione, chiede, ed ottiene, la propria cessione. I giallorossi comunque acquistano dal Liverpool il terzino sinistro John Arne Riise, dal Real Madrid l'attaccante brasiliano Julio Baptista, e, dal Monaco, il fantasista francese Jérémy Menez.

 
La Roma allo Stamford Bridge, per la Champions League 2008-2009

In estate la Roma non riesce ad aggiudicarsi la Supercoppa italiana: la partita, terminata sul 2-2 dopo i tempi regolamentari e supplementari, vede prevalere l'Inter ai calci di rigore per 8-7, per effetto degli errori decisivi del capitano Francesco Totti e del brasiliano Juan, quest'ultimo avvenuto al secondo rigore ad oltranza.

In Champions League la Roma viene sorteggiata in un girone con Chelsea, Bordeaux e i rumeni del CFR Cluj. Nel raggruppamento, rimarchevole è l'affermazione per 3-1 ai danni del club londinese.

Anche in campionato la squadra parte decisamente male, a causa dei numerosi infortuni occorsi ad alcuni giocatori fondamentali (compreso il capitano Totti) e della cattiva condizione generale della rosa, che obbliga Spalletti a mutare il modulo di gioco. A novembre, comunque, la Roma riesce a vincere per 1-0 un combattuto derby contro la Lazio, grazie ad un gol del brasiliano Júlio Baptista. Al risultato prestigioso nella stracittadina seguono una serie di risultati positivi che portano la squadra di Spalletti ad una rapida scalata della classifica e alla conclusione del girone di qualificazione di Champions League in prima posizione, per la prima volta nella storia giallorossa, precedendo il Chelsea vice campione d'Europa. Il cammino della squadra nella competizione termina tuttavia negli ottavi di finale contro l'Arsenal: la Roma, pur perdendo la sfida di andata in Inghilterra per 1-0 e nonostante la rosa numericamente dimezzata da squalifiche, infortuni e malattie, riesce a ribaltare il risultato nella gara di ritorno. Ma ancora una volta nella tradizione europea giallorossa, dopo due intensi tempi supplementari, risultano fatali i calci di rigore, che vedono prevalere la squadra londinese al terzo tiro dal dischetto ad oltranza.

In campionato la Roma si classifica in sesta posizione, con un passivo di 61 gol subiti: tale piazzamento garantisce alla squadra solamente l'accesso ai turni di qualificazione della neocostituita Europa League, che supera nell'agosto successivo battendo i belgi del Gent e gli slovacchi del Košice.

In Coppa Italia, il cammino della Roma termina ai quarti di finale, disputati in una sfida secca a Milano nuovamente contro l'Inter, che prevale per 2-1.

L'imprevisto campionato di vertice

La mancata qualificazione alla più redditizia Champions League porta la dirigenza romanista a cedere al Liverpool il centrocampista Alberto Aquilani, cresciuto nel vivaio giallorosso. Mentre Unicredit avvia le procedure giudiziali di recupero del proprio credito,[62][63] la società, non potendo destinare agli acquisti i soldi ricevuti, non riesce ad accontentare le richieste tecniche di Spalletti, dedicandosi solamente ad operazioni minori.

In tale contesto, e dopo aver perso le prime due partite di campionato, Spalletti matura la decisione di dimettersi dalla conduzione tecnica della squadra.[64] Al suo posto viene ingaggiato Claudio Ranieri, già accostato alla Roma in passato.[65][66]

 
Roma-Inter 2-1, nella stagione 2009-2010

L'allenatore romano ridà continuità di risultati in campionato alla squadra, che vince la fase a gironi dell'Europa League, disputata con Basilea, Fulham e CSKA Sofia, venendo tuttavia eliminata nel turno successivo dal Panathinaikos. Nella sessione di mercato invernale la società preleva in prestito dal Bayern Monaco l'attaccante Luca Toni: l'acquisto contribuisce alla scalata della classifica della squadra, la quale, conseguendo ventitre risultati utili consecutivi, diviene capolista a 5 giornate dal termine. Nonostante la grande stagione disputata, la Roma non riesce a vincere né il titolo nazionale (la squadra, perdendo in casa contro la Sampdoria, viene infatti riscavalcata dall'Inter), né la coppa Italia (0-1 in finale, sempre contro la squadra neroazzurra), né la seguente sfida estiva di Supercoppa (l'Inter prevale 3-1): il secondo posto in campionato vale tuttavia il diretto ritorno in Champions League.

La complicata transizione societaria

Al termine della stagione, mentre vengono perfezionati gli acquisti degli attaccanti Borriello e Adriano (quest'ultimo rivelatosi fallimentare), la risoluzione dell'annosa controversia tra Italpetroli ed Unicredit viene affidata ad un arbitrato, durante il quale le parti pervengono ad un'intesa su un accordo riguardante la messa in vendita della Roma.[67] [68] Per il terzo anno consecutivo, la Roma accusa una falsa partenza, che compromette in parte l'iniziale cammino in campionato, ma che tuttavia non impedisce alla squadra di superare l'iniziale raggruppamento della Champions League, alle spalle del Bayern Monaco e davanti a Basilea e Cluj. In serie A i giallorossi disputano un campionato decisamente altalenante, condizionato dalla scarsa condizione fisica e dai malcelati malumori dello spogliatoio[69] dovuti all'abbondante uso del turn-over da parte di Ranieri. Mentre la società, con il bilancio in forte passivo[70], può solo confermare la rosa della squadra nel mercato di riparazione[71], vengono presentate alcune offerte vincolanti di acquisizione, tra le quali viene preferita da Unicredit quella di un gruppo di imprenditori americani guidati da Thomas DiBenedetto. Il persistente vuoto di potere causato dall'inevitabile delegittimazione della presidente Sensi[72], porta Ranieri, oramai in contrasto con diversi giocatori[73], alle dimissioni, rassegnate dopo una disastrosa partita contro il Genoa (dove la squadra giallorossa, in vantaggio di tre gol, subisce 4 gol negli ultimi 30 minuti di gioco). Alla conduzione tecnica viene chiamato l'allenatore del settore giovanile Vincenzo Montella, con il quale la Roma subisce una cocente eliminazione dalla Champions League ad opera dello Shakhtar Donetsk, che evidenzia la necessità di un radicale mutamento di una rosa rimasta pressoché immutata nel corso degli ultimi anni[74].

La nuova Roma americana

A metà aprile si conclude la vendita della società giallorossa alla cordata statunitese composta dallo stesso DiBenedetto, Richard D'Amore, James Pallotta e Michael Ruane. La Roma conclude il deludente campionato al sesto posto, qualificandosi per l'Europa league, mentre in coppa Italia viene eliminata dall'Inter.

Note

  1. ^ didascalia foto sulla prima pagina de Il Tempo del 29 ottobre 1979
  2. ^ Fabrizio Bocca, Roma di cuore, decide Voeller, in La Repubblica, 25-04-1991. URL consultato il 20-01-2009.
  3. ^ Vittorio Zambardino, Abbiamo lottato fino all'ultimo, in La Repubblica, 23-05-1991. URL consultato il 20-01-2009.
  4. ^ Ciarrapico non governa, Bianchi non piace, la Roma naufraga archiviostorico.corriere.it
  5. ^ Fabrizio Bocca, Lo stipe Ciarrapico: la Roma è tutta sua, in la Repubblica, 06 dicembre 1991, p. 26. URL consultato il 02-12-2009.
  6. ^ La Roma è più piccola di Pollicino archiviostorico.corriere.it
  7. ^ Il Palazzo mette Sensi sotto inchiesta archiviostorico.corriere.it
  8. ^ Roma e arbitri: guerra anche in Europa archiviostorico.corriere.it
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Voci correlate

Bibliografia

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  • Nino Santarelli, Un solo urlo: Roma! 1927-2007: 80 anni di passione giallorossa, Reality Book, 2007, ISBN 88-95284-04-6.

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