Elettrone

particella elementare che, insieme a protoni e neutroni, forma gli atomi
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L'elettrone è una particella subatomica con carica elettrica negativa che, non essendo composta da altre particelle conosciute, si ritiene essere una particella elementare.[3] Appartenente alla prima generazione della famiglia dei leptoni,[4] è soggetto a interazione gravitazionale, elettromagnetica e nucleare debole.

Elettrone
L'esperimento con il tubo di Crookes è stato il primo a dimostrare l'esistenza dell'elettrone
ComposizioneParticella elementare
FamigliaFermione
GruppoLeptone
GenerazionePrima
Interazionigravitazionale, elettromagnetica e debole
Simboloe, β
AntiparticellaPositrone
TeorizzataG. Johnstone Stoney (1874)
ScopertaJ.J. Thomson (1897)
Proprietà fisiche
MassaErrore in {{M}}: parametro 1 non è un numero valido.[1]

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Carica elettricaErrore in {{M}}: parametro 1 non è un numero valido.[2]
Spin½

L'elettrone possiede una massa a riposo di Errore in {{M}}: parametro 1 non è un numero valido., pari a circa 1/1836 di quella del protone. Il momento angolare intrinseco, lo spin, è un valore semi intero in unità di ħ, che rende l'elettrone un fermione, soggetto quindi al principio di esclusione di Pauli.[4] L'antiparticella dell'elettrone è il positrone, il quale si differenzia solo per la carica elettrica di segno opposto. Quando queste due particelle collidono possono essere sia diffuse che annichilite producendo fotoni, più precisamente raggi gamma.

L'idea di una quantità fondamentale di carica elettrica è stata introdotta dal filosofo Richard Laming nel 1838 per spiegare le proprietà chimiche dell'atomo;[5] il termine elettrone è stato successivamente coniato nel 1894 dal fisico irlandese George Johnstone Stoney, ed è stato riconosciuto come una particella da Joseph John Thomson e dal suo gruppo di ricerca.[6][7] Successivamente il figlio George Paget Thomson ha dimostrato la duplice natura corpuscolare e ondulatoria dell'elettrone, che è quindi descritto dalla meccanica quantistica per mezzo del dualismo onda-particella.

L'elettrone, insieme a protone e neutrone, è parte della struttura degli atomi, e sebbene contribuisca per meno dello 0,06% alla massa totale dell'atomo è responsabile delle sue proprietà chimiche: la condivisione di elettroni tra due o più atomi è la sorgente del legame chimico covalente.[8]

La maggior parte degli elettroni presenti nell'universo è stata creata durante il Big Bang, sebbene tale particella possa essere generata tramite il decadimento beta degli isotopi radioattivi e in collisioni ad alta energia, mentre può essere annichilata grazie alla collisione con il positrone ed assorbita in un processo di nucleosintesi stellare.

In molti fenomeni fisici, in particolare nell'elettromagnetismo e nella fisica dello stato solido, l'elettrone ha un ruolo essenziale: è responsabile della conduzione di corrente elettrica e calore, il suo moto genera il campo magnetico e la variazione della sua energia è responsabile della produzione di fotoni. Tra le diverse applicazioni tecnologiche che ne conseguono vi sono i circuiti elettrici, i tubi a raggi catodici, i microscopi elettronici, la radioterapia ed il laser.

Storia

Il termine elettrone proviene dal termine greco ήλεκτρον, il cui significato è ambra. Questo perché storicamente l'ambra ebbe un ruolo fondamentale nella scoperta dei fenomeni elettrici. Gli antichi Greci, ad esempio, erano a conoscenza del fatto che strofinandone un pezzo con un tessuto di lana, questo assumeva una carica elettrica che si manifestava sotto forma di una scintilla quando si avvicinava a particolari oggetti.

Fu il fisico irlandese George Stoney ad utilizzare per primo l'elettrone come unità fondamentale dell'elettrochimica (nel 1874), e fu il primo a dare il nome alla particella nel 1894.

Negli ultimi anni del 1800, erano numerosi fisici a sostenere la possibilità che l'elettricità fosse costituita da unità discrete, alle quali vennero conferiti vari nomi, ma delle quali non c'era ancora alcuna prova sperimentale convincente. La scoperta della natura di particella subatomica dell'elettrone fu fatta nel 1897 da J. J. Thomson all'interno del Laboratorio Cavendish dell'Università di Cambridge, mentre svolgeva esperimenti sul tubo catodico.

Nel 1860 William Crookes effettuò esperimenti con il tubo di Geissler: inserendovi due lamine metalliche e collegandole ad un generatore di corrente continua ad elevato potenziale (circa 30.000 V) scoprì che si generava una luce di colori diversi a seconda del gas utilizzato. Questa luce partiva dal catodo (polo negativo) e fluiva verso l'anodo (polo positivo). Dopo circa trent'anni di sperimentazione questi raggi vennero chiamati raggi catodici e si scoprirono essere formati da corpuscoli di materia capaci di muovere un mulinello posto sul loro cammino. La velocità varia a seconda del potenziale applicato agli elettrodi, hanno scarsa penetrazione e carica negativa.

J.J. Thomson nel 1895 constatò, lavorando sui raggi catodici, che applicando un campo magnetico ed elettrico, il rapporto tra la carica elettrica e la massa era uguale a 5,273×1017 e/g. Queste particelle furono chiamate elettroni.

Nel 1909 Robert Millikan calcolò la carica elettrica dell'elettrone con il famoso esperimento della goccia d'olio, che era pari a 1,602 × 10−19 C. Fu quindi possibile calcolare la massa dell'elettrone che era di 9,109 × 10−31 kg.

Teoria atomica

 
Il modello atomico di Bohr, in cui sono visualizzati gli stati energetici quantizzati. Un elettrone che effettua una transizione tra due orbite emette un fotone pari alla differenza di energia fra i due livelli.

Dal 1914, gli esperimenti dei fisici Ernest Rutherford, Henry Moseley, James Franck e Gustav Hertz hanno stabilito definitivamente che l'atomo è composto da un nucleo positivo massivo di cariche positive circondato da una leggera massa di elettroni.[9] Nel 1913, Il fisico danese Niels Bohr postula che gli elettroni risiedano in stati di energia quantizzata, con l'energia determinata dal momento angolare delle orbite degli elettroni attorno al nucleo. Gli elettroni possono muoversi tra questi stati, o orbite, in seguito all'assorbimento o all'emissione di un quanto di energia, un fotone di specifica frequenza. Questa teoria è in grado di spiegare correttamente le linee di emissione spettrale dell'idrogeno che questo forma se scaldato o attraversato da corrente elettrica. Ciò nonostante, il modello di Bohr fallisce nel predire l'intensità delle relative linee e nello spiegare la struttura dello spettro di atomi più complessi.[9] I legami chimici tra gli atomi sono spiegati nel 1916 da Gilbert Newton Lewis, come una interazione tra gli elettroni che li costituiscono.[10] Come è noto che le proprietà chimiche degli elementi si ripetono ciclicamente in accordo con la legge periodica,[11] nel 1919 il chimico americano Irving Langmuir suggerisce che questo può essere spiegato se gli elettroni in un atomo sono strutturati su strati. Gli elettroni si dispongono in gruppi intorno al nucleo.[12]

Nel 1924, il fisico austriaco Wolfgang Pauli osserva che la struttura a strati di un atomo può essere spiegata da un set di quattro parametri che definiscono univocamente lo stato quantico di un elettrone, e un singolo stato non può essere occupato da più di un singolo elettrone (questa legge è nota come Principio di esclusione di Pauli).[13] Nonostante ciò, sfuggiva il significato fisico del quarto parametro che può assumere solo due valori. Questo fu spiegato dai fisici tedeschi Abraham Goudsmith e George Uhlenbeck quando suggerirono che un elettrone, oltre al momento angolare associato alla sua orbita, possa possedere un proprio momento angolare intrinseco.[9][14] Questa proprietà è nota come spin, e riesce a spiegare la misteriosa separazione delle linee spettrali osservate con la spettrografia ad alta definizione.[15]

Meccanica Quantistica

Nella sua dissertazione del 1924 Recherches sur la théorie des quanta (Ricerca sulla teoria dei quanti), il fisico francese Louis de Broglie ipotizzò che tutta la materia si comporti come un'onda in modo similare a quanto accade per la luce e il fotone[16]. Questo significa, sotto le appropriate condizioni, che gli elettroni e il resto della materia dovrebbero mostrare proprietà sia particellari che in contemporanea ondulatorie. Le proprietà corpuscolari di una particella si mostrano quando si cerca di osservarla in una precisa posizione nello spazio lungo la sua traiettoria a qualsiasi dato istante.[17] La natura ondulatoria è osservata invece, per esempio, quando un fascio di luce passa lungo fessure parallele creando le classiche figure di interferenza. Nel 1927, gli effetti dell'interferenza furono dimostrati con un fascio di elettroni dal fisico inglese George Paget Thomson con una sottile pellicola di metallica e dal fisico americano Clinton Davisson e Lester Germer usando un cristallo di nickel.[18]

Il successo delle predizioni di de Broglie favorirono la pubblicazione, di Erwin Schrödinger nel 1926, dell'equazione di Schrödinger che descrive correttamente un'onda elettronica che si propaga.[19] Piuttosto che cercare una soluzione che determina la posizione di un elettrone nel tempo, questa equazione può essere usata per prevedere la probabilità di trovare un elettrone in un volume finito o infinitesimo dello spazio. Questo approccio fu chiamato successivamente meccanica quantistica, che garantì la possibilità di ricavare teoricamente i livelli energetici di un elettrone nell'atomo di idrogeno in buono accordo con i dati sperimentali.[20] Una volta che fu considerato lo spin e l'interazione fra più elettroni, la meccanica quantistica è stata in grado di ricostruire l'andamento delle proprietà chimiche tipiche degli elementi nella tavola periodica.[21]

 
Rappresentazione dell'orbitale atomico s, caratterizzato da simmetria sferica. L'ombreggiatura indica il valore della distribuzione di probabilità relativa all'elettrone nell'orbitale.

Nel 1928, basandosi sul lavoro di Wolfgang Pauli, Paul Dirac formulò un modello dell'elettrone - l'equazione di Dirac, coerente con la teoria della relatività ristretta, applicando considerazioni relativistiche e di simmetria alla formulazione Hamiltoniana della meccanica quantistica per un elettrone in un campo elettro-magnetico.[22] In modo da risolvere i problemi della sua equazione relativistica (in primo luogo l'esistenza di soluzioni ad energia negativa), nel 1930 lo stesso Dirac sviluppò un modello del vuoto come un mare infinito di particelle con energia negativa, che fu poi chiamato mare di Dirac. Questo permise di prevedere l'esistenza di positroni, la controparte dell'antimateria dell'elettrone.[23] Questa particella fu scoperta sperimentalmente nel 1932 da Carl D. Anderson, che propose di chiamare gli elettroni negatroni e di usare il termine elettroni per indicare genericamente una delle varianti della particella sia a carica positiva che negativa. Questo uso del termine negatroni è qualche volta occasionalmente utilizzato ancora oggi, anche nella sua forma abbreviata 'negatone'.[24][25]

Nel 1947 Willis Lamb, lavorando in collaborazione con lo studente Robert Retherford, trovò che certi stati quantistici dell'elettrone nell'atomo di idrogeno, che avrebbero dovuto avere la stessa energia, erano shiftate in relazione l'una dell'altra e la differenza fu chiamata Lamb shift. Circa nello stesso periodo, Polykarp Kusch, lavorando con Henry M. Foley, scoprì che il momento magnetico dell'elettrone è di poco più grande di quanto previsto dell'equazione di Dirac. Questa piccola differenza fu successivamente chiamata momento magnetico di dipolo anomalo dell'elettrone. Per risolvere questo ed altri problemi, una teoria migliore chiamata elettrodinamica quantistica fu sviluppata da Sin-Itiro Tomonaga, Julian Schwinger e Richard P. Feynman alla fine degli anni quaranta.[26]

Acceleratori di particelle

Con lo sviluppo degli acceleratori di particelle nella prima metà del XX secolo, i fisici iniziarono a sondare in profondità nelle proprietà delle particelle subatomiche.[27] Il primo tentativo riuscito di accelerare elettroni usando l'induzione magnetica fu fatto nel 1942 da Donald Kerst: il suo primo betatrone raggiunse energie di 2,3 MeV, mentre i betatroni successivi raggiunsero i 300 MeV.[28] Nel 1947 fu scoperta la radiazione di sincrotrone con un sincrotrone di 70 MeV della General Electric. Questa radiazione era causata dall'accelerazione di elettroni, che raggiungono velocità prossime a quelle della luce, in un campo magnetico.[29]

Con un fascio di particelle di energia pari a 1,5 GeV, il primo collider ad alte energie è stato ADONE, che iniziò a essere operativo a partire dal 1968:[30] questa struttura accelereva elettroni e positroni in direzioni opposte, raddoppiando l'energia effettiva a disposizione rispetto a collisioni degli elettroni con un bersaglio statico.[31] Il Large Electron-Positron Collider (LEP) al CERN, che operò dal 1989 al 2000, raggiunse energie di collisione pari a 209 GeV e fece importanti misure in merito al Modello Standard.[32][33]

L'LHC, l'ultimo acceleratore del CERN, sostituirà l'uso di elettroni con l'uso di adroni perché questi sono meno soggetti alla perdita di energia per radiazione di sincrotrone e quindi è maggiore il rapporto fra energia acquisita dalla particella e l'energia spesa per ottenerla.[34]

Proprietà fondamentali

La massa a riposo di un elettrone è di approssimativamente Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido. o Errore in {{M}}: parametro 3 non è un numero valido. che, in base al principio di equivalenza massa ed energia, corrisponde a un'energia a riposo di Errore in {{M}}: parametro 2 non è un numero valido., con un rapporto rispetto alla massa del protone di circa 1836. Misure astronomiche hanno mostrato che il rapporto fra le masse del protone e dell'elettrone è rimasto costante per almeno metà dell'età dell'universo, come è previsto nel modello standard.[35]

L'elettrone ha una carica elettrica di Errore in {{M}}: parametro 3 non è un numero valido., che è usata come unità standard per la carica delle particelle subatomiche. Entro i limiti dell'errore sperimentale, il valore della carica dell'elettrone è uguale a quella del protone, ma con il segno opposto.[36] Poiché il simbolo e è usato per indicare la carica elementare, il simbolo comune dell'elettrone è e-, dove il segno meno indica la carica negativa, mentre per il positrone, che ha la stessa massa dell'elettrone e la carica di segno opposto, è utilizzato come simbolo e+.[37]

L'elettrone ha un momento angolare intrinseco definito dal numero quantico di spin, pari a 1/2 in unità di ħ,[37] e l'autovalore dell'operatore di spin è √3⁄2 ħ.[38] Il risultato di una misura della proiezione dello spin su ognuno degli assi di riferimento può inoltre valere soltanto ±ħ⁄2.[39] Oltre allo spin, l'elettrone ha un momento magnetico intrinseco, allineato al suo spin, che ha un valore approssimativamente simile al magnetone di Bohr,[40][41] che è una costante fisica che vale Errore in {{M}}: parametro 1 non è un numero valido. J/T. La proiezione del vettore di spin lungo la direzione della quantità di moto definisce la proprietà delle particelle elementari conosciuta come elicità.[42]

L'elettrone non ha sotto strutture conosciute[3][43] e viene descritto come un punto materiale,[4] dal momento che esperimenti effettuati con la trappola di Penning hanno mostrato che il limite superiore per il raggio della particella è di 10−22 metri.[44] Esiste inoltre una costante fisica, il raggio classico dell'elettrone, con una valore di Errore in {{M}}: parametro 3 non è un numero valido.; questa costante deriva tuttavia da un calcolo che trascura gli effetti quantistici presenti.[45][46]

Si ritiene che l'elettrone sia stabile poiché, dal momento che la particella possiede carica unitaria, il suo decadimento violerebbe la legge di conservazione della carica elettrica.[47] Il limite inferiore sperimentale per la vita media dell'elettrone è di Errore in {{M}}: dopo l'ultimo numero serve un parametro perchè è un intevallo. anni, con un intervallo di confidenza al 90%.[48]

Proprietà quantistiche

 
Funzione d'onda antisimmetrica per uno stato quantico di due fermioni identici in una scatola bidimensionale. Se le particelle si scambiassero la posizione la funzione d'onda invertirebbe il suo segno.

In meccanica quantistica l'elettrone può essere trattato sia come onda che come particella, in accordo col dualismo onda-particella.[49] In base al principio di indeterminazione di Heisenberg, inoltre, non è possibile conoscere simultaneamente la sua posizione e la sua quantità di moto, e questo è alla base della descrizione quantistica del'elettrone.

Le proprietà ondulatorie di una particella possono essere descritte matematicamente da una funzione di variabile complessa, la funzione d'onda, che è comunemente indicata con la lettera greca psi (ψ), la quale rappresenta un'ampiezza di probabilità. Il quadrato del valore assoluto della funzione d'onda rappresenta una densità di probabilità, la probabilità che la particella sia osservata nell'intorno di una determinata posizione.[50][51]

Gli elettroni sono trattati come particelle identiche, ovvero non possono essere distinte l'una dall'altra per le loro proprietà fisiche intrinseche: è possibile cambiare la posizione di una coppia di elettroni interagenti senza che si verifichi un cambiamento osservabile nello stato del sistema. La funzione d'onda dei fermioni, di cui gli elettroni fanno parte, è antisimmetrica: il segno della funzione d'onda cambia quando la posizione dei due elettroni viene scambiata,[52] ma il valore assoluto non varia con il cambio di segno ed il valore della probabilità resta immutato. Questo differenzia i fermioni dai bosoni, che hanno una funzione d'onda simmetrica.[50]

L'evoluzione temporale della funzione d'onda di una particella è descritta dall'equazione di Schrödinger,[53] che nel caso di un sistema di elettroni interagenti mostra una probabilità nulla che ogni una coppia di elettroni occupi lo stesso stato quantico: questo fatto è responsabile del principio di esclusione di Pauli, il quale afferma che due elettroni del sistema non possono avere i medesimi numeri quantici.
Tale principio è alla base di molte proprietà degli elettroni, in particolare genera la loro configurazione all'interno degli orbitali atomici.[50]

Classificazione

 
Il modello standard delle particelle elementari. L'elettrone è in basso a sinistra.

Nel modello standard della fisica delle particelle gli elettroni appartengono al gruppo delle particelle subatomiche chiamate leptoni, che si ritiene siano particelle elementari, ed hanno massa minore rispetto ad ogni altra particella carica conosciuta. L'elettrone appartiene alla prima generazione di particelle fondamentali,[54] mentre la seconda e la terza generazione contengono altri leptoni carichi, il muone e il tauone, che possiedono idetica carica e spin, ma massa a riposo maggiore. L'elettrone e tutti i leptoni differiscono dai quark, costituenti i protoni e i neutroni, per il fatto che non risentono della forza di interazione nucleare forte.

Atomi e molecole

L'elettrone è alla base delle proprietà di atomi e molecole, che costituiscono l'oggetto di studio della fisica dello stato solido.

Atomi

Negli atomi l'elettrone è confinato nell'intorno del nucleo atomico a causa della forza elettrostatica agente tra la particella ed il nucleo. Il numero di protoni posseduti dal nucleo, detto numero atomico, è pari al numero di elettroni, situati negli orbitali atomici. Se il numero di elettroni è differente dal numero atomico l'atomo è detto ione e possiede una carica elettrica.

Classicamente un elettrone che si muove di moto circolare uniforme attorno al nucleo, essendo accelerato, emette radiazione elettromagnetica per effetto Larmor, perdendo progressivamente energia e impattando sul nucleo. Questa previsione è stata successivamente smentita dalla meccanica quantistica: nel 1913 l'introduzione del modello atomico di Bohr ha fornito una descrizione semiclassica del modello atomico, nella quale un elettrone può muoversi soltanto su alcune determinate orbite non-radiative caratterizzate da precisi valori dell'energia e del momento angolare. Successivamente la meccanica quantistica ha costruito una descrizione completa dell'atomo sostituendo alla traiettoria classica la funzione d'onda, che fornisce la probabilità di trovare un elettrone in una data posizione nello spazio.

Attraverso la funzione d'onda è possibile descrivere completamente gli orbitali atomici: il numero e le caratteristiche degli orbitali atomici sono deducibili dalla soluzione dell'equazione di Schrödinger per la funzione d'onda di un elettrone confinato nel potenziale elettrico generato dal nucleo. I numeri quantici che caratterizzano gli elettroni in un orbitale, che assumono un insieme discreto di valori, sono:

  • Il numero quantico principale n, che definisce il livello energetico ed il numero totale di nodi, considerando come nodo anche una superficie sferica a distanza infinita dal nucleo. Può assumere valori interi non inferiori a 1. L'energia di un elettrone nell'atomo nei semplici modelli non relativistici dipende unicamente da questo numero.
  • Il numero quantico azimutale l, o numero quantico angolare, che definisce il momento angolare orbitale. Può assumere valori interi positivi compresi tra 0 ed n-1 e sulla base di questa osservabile è possibile determinare informazioni circa il numero di nodi non sferici e, indirettamente, sulla simmetria dell'orbitale.
  • Il numero quantico magnetico ml, che definisce la componente z del momento angolare orbitale. Può assumere valori interi compresi tra +l e -l ed è responsabile della geometria degli orbitali.
  • Il numero quantico di spin ms, associato alla componente z dello spin dell'elettrone. Può assumere solo due valori, +1/2 o -1/2 in unità di ħ.

Questa descrizione vale esattamente per l'atomo di idrogeno, mentre per gli atomi con più elettroni è necessario effettuare delle approssimazioni a causa dell'impossibilità di risolvere esattamente l'equazione di Schrödinger per via analitica. Le approssimazioni più utilizzate sono il metodo di Hartree-Fock, che sfrutta la possibilità di scrivere la funzione d'onda degli elettroni come un determinante di Slater, l'accoppiamento di Russell-Saunders e l'accoppiamento jj, che invece riescono ad approssimare l'effetto dovuto all'interazione spin-orbita nel caso di nuclei rispettivamente leggeri[55] e pesanti.

Per il principio di esclusione di Pauli due o più elettroni non possono trovarsi nel medesimo stato, cioè non possono essere descritti dai medesimi numeri quantici. Questo fatto determina la distribuzione elettronica negli orbitali.

 
Funzione d'onda elettronica dei primi orbitali dell'atomo di idrogeno.

Gli orbitali sono occupati dagli elettroni in modo crescente rispetto all'energia o equivalentemente al crescere del numero quantico principale, a partire dall'orbitale a energia più bassa, detto stato fondamentale, a quello di energia maggiore. Lo stato di momento angolare è definito dal numero quantico azimutale l, corrispondente all'autovalore della parte angolare dell'hamiltoniana. Il numero quantico magnetico può assumere valori interi compresi tra -l e +l: il numero di tali valori è il numero delle coppie di elettroni, con valore di spin opposto, che possiedono il medesimo numero quantico azimutale.

La disposizione degli elettroni è quindi dovuta al fatto che ad ogni livello energetico corrisponde un numero crescente di possibili valori del numero quantico azimutale, ad ogni valore del numero quantico azimutale corrispondono 2l + 1 valori di ml, e ad ogni valore di ml corrispondono i due valori possibili di spin.

Per ogni livello energetico ogni configurazione possibile è caratterizzata da un'energia, e la disposizione degli elettroni al crescere del numero atomico si svolge al crescere di essa.

All'interno della nuvola elettronica è possibile che un elettrone effettui una transizione da un orbitale ad un altro principalmente attraverso l'emissione o l'assorbimento fotoni, i quanti di energia,[56] ma anche in seguito alla collisione con altre particelle o tramite l'effetto Auger.[57] Quando un elettrone acquista un'energia pari alla differenza di energia con uno stato non occupato all'interno degli orbitali, esso effettua una transizione in tale stato. Una delle applicazioni più importanti di tale fenomeno è l'effetto fotoelettrico, in cui l'energia fornita da un fotone è tale da separare l'elettrone dall'atomo.[58] Dal momento che l'elettrone è carico, poi, il suo moto attorno al nucleo, che in una descrizione semiclassica è circolare uniforme, produce un momento di dipolo magnetico proporzionale al momento angolare orbitale. Il momento magnetico totale di un atomo è equivalente alla somma vettoriale dei momenti di dipolo magnetici e di spin di tutti i suoi elettroni e dei costituenti del nucleo. Il momento magnetico dei costituenti del nucleo è tuttavia trascurabile rispetto a quello degli elettroni.[59] L'interazione tra il momento di dipolo magnetico ed il momento di spin è descritto dall'interazione spin-orbita, mentre l'interazione con un campo magnetico esterno è descritta dai limiti di Paschen-Back e Zeeman, a seconda che l'interazione spin-orbita sia rispettivamente trascurabile o meno rispetto al campo applicato.

Molecole e composti ionici

Nelle molecole gli atomi sono uniti dal legame chimico covalente, in cui uno o più elettroni sono condivisi fra due o più atomi.[60] In una molecola gli elettroni si muovono sotto l'influenza attrattiva dei nuclei ed il loro stato è descritto da orbitali molecolari, più grandi e complessi di quelli di un atomo isolato, che in prima approssimazione si possono ottenere attraverso la sommatoria di più orbitali degli atomi considerati singolarmente.[61] Differenti orbitali molecolari hanno differenti distribuzioni spaziali di densità di probabilità: nel caso di una molecola costituita da due atomi, per esempio, gli elettroni che ne formano l'eventuale legame si troveranno con maggiore probabilità in una ristretta regione posta fra i due nuclei.[62]

Un composto ionico può essere definito come un composto chimico formato da ioni, atomi o gruppi di atomi con carica elettrica complessiva neutra. Alla base dei composti ionici vi è il legame ionico, di natura elettrostatica, che si forma quando le caratteristiche chimico-fisiche dei due atomi sono nettamente differenti e vi è una notevole differenza di elettronegatività. Per convenzione si suole riconoscere un legame ionico tra due atomi quando la differenza di elettronegatività Δχ è maggiore di 1,9. Al diminuire di tale differenza cresce il carattere covalente del legame.

Conduttività

 
Un fulmine consiste principalmente in un flusso di elettroni.[63] Il potenziale elettrico necessario per il lampo deve essere generato dall'effetto triboelettrico.[64][65]

Se un corpo ha più o meno elettroni di quelli richiesti a bilanciare la carica positiva dei nuclei, allora l'oggetto ha una carica elettrica netta. Quando c'è un eccesso di elettroni, l'oggetto è detto carico negativamente. Quando ci sono meno elettroni che protoni nei nuclei il corpo è detto positivamente carico. Quando il numero di elettroni e il numero di protoni sono uguali, le loro cariche si cancellano a vicenda e l'oggetto è detto elettricamente neutro. Un corpo macroscopico può sviluppare una carica elettrica attraverso lo sfregamento, per via dell'effetto triboelettrico.[66]

Gli elettroni indipendenti che si muovono nel vuoto sono detti elettroni liberi. Anche gli elettroni nei metalli hanno un comportamento simile a quelli liberi. In realtà le particelle che sono comunemente chiamate elettroni nei metalli o in altri solidi sono delle quasi-particelle, che hanno la stessa carica elettrica, spin e momento magnetico dei reali elettroni, ma che al contrario hanno differente massa.[67] Quando gli elettroni liberi si muovono, o nel vuoto o in un metallo, generano un flusso di carica chiamato corrente elettrica, che genera un campo magnetico, nello stesso modo in cui un campo magnetico può generare corrente elettrica. Questo tipo di interazioni sono descritte matematicamente dalle equazioni di Maxwell.[68]

A una data temperatura, ciascun materiale ha una conducibilità elettrica, che determina il valore della corrente quando è applicato un potenziale elettrico. Esempi di buoni conduttori, materiali capaci di far scorrere facilmente al proprio interno elettricità, sono i metalli come il rame e l'oro, mentre vetro e plastica sono cattivi conduttori. In ciascun materiale dielettrico, gli elettroni rimangono confinati ai loro rispettivi nuclei e il materiale ha quindi le caratteristiche globali di un isolante elettrico. La gran parte dei semiconduttori ha un livello variabile di conducibilità che si trova nell'intorno fra i valori estremi di conduzione e isolante.[69] All'opposto, i metalli hanno un struttura elettronica a bande in cui alcune di questo sono parzialmente riempite dagli elettroni. La presenza di queste bande permette agli elettroni nei metalli di muoversi come elettroni liberi o delocalizzati. Questi elettroni non sono associati a uno specifico atomo e quindi, quando è applicato un campo elettrico, si muovono liberamente come un gas (chiamato gas di Fermi),[70] lungo il materiale come gli elettroni liberi nel vuoto.

A causa delle collisioni fra elettroni e atomi, la velocità di deriva degli elettroni in un conduttore è dell'ordine di pochi millimetri per secondo. Ciò nonostante, la velocità alla quale un cambiamento di corrente in un punto del materiale causa cambiamenti di corrente in un altro punto del materiale, la velocità di propagazione, è tipicamente di circa il 75% della velocità della luce.[71] Questo accade perché i segnali elettrici si propagano come onde, con una velocità dipendente dalla costante dielettrica del materiale.[72]

I metalli sono spesso relativamente buoni conduttori di calore, principalmente per il motivo che gli elettroni delocalizzati sono liberi di trasportare energia termica fra gli atomi. Nonostante questo, al contrario della conducibilità elettrica, la conducibilità termica è quasi indipendente dalla temperatura. Questo è espresso matematicamente dalla legge di Wiedemann-Franz,[70] che dice che il rapporto fra la conduttività termica e la conduttività elettrica è proporzionale alla temperatura. Il disordine termico nel reticolo cristallino del metallo causa un aumento della resistività del materiale, producendo quindi la dipendenza dalla temperatura per la corrente elettrica.[73]

Quando i materiali sono raffreddati al di sotto di un punto chiamato temperatura critica, questi possono avere una transizione di fase dopo la quale perdono tutta la resistività alla corrente elettrica, in un processo noto come superconduttività. Nella teoria BCS, questo andamento è modellato da coppie di elettroni che entrano in uno stato quantico noto come condensato di Bose - Einstein. Queste coppie di Cooper si accoppiano nel loro moto nella materia per mezzo delle vibrazioni di reticolo chiamate fononi, e quindi evitano le collisioni con gli atomi che normalmente creano la resistenza elettrica.[74] (Le coppie di Cooper hanno un raggio di circa 100 nm, quindi si possono scavalcare a vicenda.)[75] Nonostante questo, il meccanismo per il quale si formano superconduttori ad alte temperature rimane incerto.

Gli elettroni all'interno dei solidi conduttivi, che sono a loro volta quasi-particelle, quando sono strettamente confinati intorno a temperature vicine alle zero assoluto, si comportano globalmente come due nuove differenti quasi-particelle: spinoni e oloni.[76][77] Il primo trasporta spin e il momento magnetico, mentre il secondo la carica elettrica.

Particelle virtuali

  Lo stesso argomento in dettaglio: Particella virtuale.

Le particelle virtuali sono state introdotte dal fisico britannico Paul Dirac nel 1930 per risolvere il problema posto dagli stati quantistici a energia negativa, non limitata inferiormente, previsti dell'equazione di Dirac per elettroni relativistici. L'interazione tra le particelle reali avviene tramite lo scambio di particelle virtuali, ritenute così responsabili delle interazioni fondamentali.

 
Rappresentazione schematica della creazione di coppie virtuali elettrone-positrone, che compaiono casualmente nell'intorno di un elettrone, rappresentato in basso a sinistra.

Secondo la teoria dei campi quantistica nei processi di decadimento una particella si scinde in altre particelle, fra le quali una chiamata mediatrice di forza, molto massiva, che decade a sua volta in due o più particelle di massa minore. Le particelle intermedie che caratterizzano il primo decadimento sono dette particelle virtuali, ed hanno una vita media molto breve. Nel vuoto, a causa delle fluttuazioni quantistiche, secondo meccanismi analoghi, sono create coppie di particelle virtuali fra le quali vi sono l'elettrone e il positrone, che si annichilano in breve tempo.[78] In base al principio di indeterminazione di Heisenberg la variazione dell'energia necessaria a produrre la coppia di particelle e la loro vita media non si possono conoscere contemporaneamente,[79][80] tuttavia se la vita media è estremamente breve l'incertezza riguardo all'energia è molto ampia, ed il processo può avvenire senza violare la conservazione dell'energia.

L'introduzione delle particelle virtuali è responsabile delle proprietà del vuoto, come la sua polarizzazione e permeabilità dielettrica, superiore all'unità.[81][82] Questo tipo di polarizzazione è stata confermata sperimentalmente nel 1997 usando l'acceleratore giapponese TRISTAN.[83] Le particelle virtuali causano inoltre una significativa differenza sulla massa effettiva dell'elettrone,[84] e la loro interazione spiega la piccola deviazione dal momento magnetico intrinseco dell'elettrone dal magnetone di Bohr.[40][85][86] I fotoni virtuali, responsabili del campo elettrico, permettono infatti all'elettrone di avere un moto agitato nell'intorno della sua traiettoria classica,[87] che genera l'effetto globale di un moto circolare con una precessione. Questo moto produce sia lo spin che il momento magnetico dell'elettrone.[4][88] Negli atomi, poi, la creazione di fotoni virtuali spiega lo spostamento di Lamb osservato nelle linee spettrali ed il fenomeno del decadimento spontaneo di elettrone da uno stato eccitato ad uno di energia inferiore.[81]

Interazione con le forze fondamentali

L'elettrone genera un campo elettrico che esercita una forza attrattiva su particelle con una carica positiva, come il protone, e una forza repulsiva su particelle con carica negativa e l'intensità di questa forza è determinato dalla legge di Coulomb. Quando un elettrone è in movimento genera un campo magnetico e, tramite la legge di Ampère, questo movimento rispetto all'osservatore viene messo in relazione al campo magnetico; è questa proprietà di induzione che fornisce il campo magnetico che permette il funzionamento del motore elettrico.[89] Il campo elettromagnetico di una particella carica in movimento è espresso dal potenziale di Liénard–Wiechert, anche quando la velocità della particella è prossima a quella della luce.

 
Una particella con carica q (a sinistra) si muove con velocità v in un campo magnetico B che è diretto verso l'osservatore. Per un elettrone q è negativo, perciò segue una traiettoria diretta verso l'alto.

Quando un elettrone è in moto in un campo magnetico è soggetto alla forza di Lorentz che esercita una variazione della direzione perpendicolare al piano definito dal campo magnetico e dalla velocità dell'elettrone e la forza centripeta che viene generata costringe l'elettrone a seguire una traiettoria elicoidale. L'accelerazione che deriva da questo moto curvilineo, nel caso di velocità relativistiche, causa una radiazione di energia da parte dell'elettrone sotto forma di radiazione di sincrotrone.[90][91][92] L'emissione di energia causa a sua volta un rinculo dell'elettrone, conosciuto come forza di Abraham-Lorentz-Dirac, il quale genera un attrito che lo rallenta; questa forza è generata da una retro-azione del campo dell'elettrone su se stesso.[93]

In elettrodinamica quantistica, l'interazione elettromagnetica tra le particelle è trasmessa dai fotoni: un elettrone isolato che non subisce un'accelerazione non è in grado di emettere o di assorbire un fotone reale, poiché così facendo violerebbe le leggi di conservazione dell'energia e della quantità di moto. Invece i fotoni virtuali possono trasferire la quantità di moto tra due particelle cariche ed è questo scambio di fotoni virtuali che genere, ad esempio, la forza di Coulomb.[94] L'emissione di energia può avvenire quando un elettrone viene deviato da una particella carica, come ad esempio un protone; l'accelerazione dell'elettrone porta all'emissione della radiazione di bremsstrahlung, detta anche radiazione di frenamento.[95]

 
La radiazione di bremsstrahlung è prodotta dall'elettrone e deviato da un campo elettrico prodotto da un nucleo atomico. La variazione di energia E2 − E1 determina la frequenza f del fotone emesso.

Una collisione anelastica tra un fotone e un elettrone libero produce l'effetto Compton: questo urto porta ad un trasferimento dell'energia e della quantità di moto tra le particelle, che porta alla variazione della lunghezza d'onda del fotone incidente.[96] Il valore massimo di questa variazione della lunghezza d'onda è h/mec, che è noto come lunghezza d'onda Compton, che per l'elettrone vale Errore in {{M}}: parametro 3 non è un numero valido..[97] Se la lunghezza d'onda della luce incidente è sufficientemente lunga, come ad esempio quella della luce visibile che ha una lunghezza d'onda che va da Errore in {{M}}: dopo l'ultimo numero serve un parametro perchè è un intevallo. a Errore in {{M}}: parametro 3 non è un numero valido., la variazione della lunghezza d'onda dovuta all'effetto Compton diventa trascurabile e l'interazione tra radiazione e particelle può essere descritta tramite lo scattering Thomson.[98]

La forza dell'interazione elettromagnetica tra due particelle cariche è data dalla costante di struttura fine α che è una quantità adimensionale formata dal rapporto di due contributi energetici: l'energia elettrostatica di attrazione o repulsione data dalla separazione di una lunghezza d'onda Compton e dall'energia a riposo della carica. Il suo valore è Errore in {{M}}: dopo l'ultimo numero serve un parametro perchè è un intevallo., che è possibile approssimare con la frazione 1/137.[99]

Quando elettroni e i positroni collidono si annichilano l'un l'altro, originando due o più fotoni dei raggi gamma. Se invece la quantità di moto dell'elettrone e del positrone è trascurabile si può formare il positronio prima che il processo di annichilamento porti alla formazione di due o tre fotoni dei raggi gamma con un'energia totale di 1,022 MeV.[100][101] D'altra parte i fotoni molto energetici possono trasformarsi in un elettrone e in un positrone tramite un processo chiamato produzione di coppia, ma questo avviene solo in presenza di una particella carina nelle vicinanze, come un nucleo atomico.[102][103]

Nella teoria dell'interazione elettrodebole la componente sinistrorsa della funzione d'onda dell'elettrone forma un doppietto di isospin debole con il neutrino elettronico, vale a dire che a causa dell'interazione elettrodebole il neutrino si comporta come un elettrone. Ciascuna componente di questo doppietto può subire l'interazione della corrente debole carica tramite l'emissione o l'assorbimento di un bosone W e può essere trasformata nell'altra componente. La carica è conservata durante questo processo poiché anche il bosone W porta una carica che annulla ogni variazione netta durante la reazione. Le interazioni della corrente debole carica sono responsabili del decadimento beta negli atomi radioattivi. Sia l'elettrone che il neutrino possono subire l'interazione della corrente debole neutra tramite uno scambio di bosoni Z e questo è responsabile dello scattering elastico tra elettrone e neutrino.[104]

Moto ed energia

In base alla relatività speciale quando la velocità di una particella si avvicina a quella della luce la massa relativistica aumenta dal punto di vista di un osservatore esterno, di conseguenza è necessaria una forza sempre più intensa per mantenere costante l'accelerazione. In questo modo un elettrone non può mai raggiungere la velocità della luce, essendo richiesta un'energia infinita. Nel caso di un elettrone che si muove ad una velocità molto vicina a quella della luce c nel vuoto inserito in un mezzo dielettrico, ad esempio l'acqua, essendo in tal mezzo la velocità locale della luce significativamente minore di quella dell'elettrone, l'interazione con esso può generare un fronte d'onda di luce compatto causato dall'effetto Čerenkov. Tale effetto è simile al boom sonico, che accade quando un oggetto superare la velocità del suono.

 
Il fattore di Lorentz in funzione della velocità. Partendo dal valore 1 raggiunge l'infinito quando v si avvicina a c.

L'effetto della relatività speciale è basato su una quantità nota come fattore di Lorentz, definita da:

 

dove v è la velocità della particella.

L'energia cinetica Ke di un elettrone che si muove con velocità v è:

 

dome me è la massa a riposo dell'elettrone. Per esempio, l'acceleratore lineare di Stanford può accelerare un elettrone a circa 51 GeV.[105] Questo fornisce un valore per γ vicino a 100 000, dal momento che la massa a riposo dell'elettrone è circa 0,51 MeV/c2. La quantità di moto relativistica è 100 000 volte la quantità di moto dell'elettrone che la meccanica classica prevederebbe alla stessa velocità.[106]

Dal momento che l'elettrone ha anche un comportamento ondulatorio, a una data velocità esso ha una caratteristica lunghezza d'onda di de Broglie. Questa è data da λe = h/p dove h è la costante di Planck e p è la quantità di moto.[16] Per energie di 51 GeV dell'elettrone, come quelle raggiunte dall'acceleratore SLAC, la lunghezza d'onda è di circa Errore in {{M}}: parametro 3 non è un numero valido., piccola a sufficienza per esplorare la scala infinitesima del nucleo atomico e dei protoni.[107]

Formazione

 
Produzione di coppia causata dalla collisione di un fotone con un nucleo atomico.

La teoria del Big Bang più comunemente accettata dagli scienziati per spiegare per spiegare gli istanti iniziali dell'evoluzione dell'universo:[108] nel primo millisecondo dell'esistenza dell'universo noto, la temperatura era di circa un miliardo di kelvin e i fotoni avevano un'energia media nell'ordine del milione di elettronvolt; questi fotoni erano sufficientemente energetici da poter reagire l'un l'altro per formare coppie di elettroni e positroni:

 

dove   è il fotone,   è il positrone e   è l'elettrone. Contemporaneamente le coppie elettrone-positrone si annichilivano e producevano fotoni energetici. I due processi erano in equilibrio durante la prima fase di evoluzione dell'universo, ma dopo 15 secondi la temperatura dell'universo calò sotto la soglia di formazione delle coppie di elettroni-positroni. La maggior parte degli elettroni e positroni rimasti si annichilirono e producendo raggi gamma che in breve tempo irradiarono l'universo.[109]

Per ragioni non ancora ben comprese, durante il processo di leptogenesi vi era un numero maggiore di elettroni rispetto a quello dei positroni,[110] perciò circa un elettrone ogni miliardo sopravvisse durante il processo di annichilazione. Questo eccesso era in egual misura a quello dei protoni sugli antiprotoni, in una condizione nota come asimmetria barionica, perciò la carica netta presente nell'universo risultava nulla.[111][112] I protoni e i neutroni superstiti iniziarono a interagire in un processo noto come nucleosintesi, durato fino a circa 5 minuti dopo l'istante iniziale, in cui si assistette alla formazione dei nuclei degli isotopi di idrogeno, elio e in minima parte litio.[113] I neutroni rimasti subirono il decadimento beta, con una vita media di circa quindici minuti, con la formazione di un protone, un elettrone e un antineutrino:

 

dove   è il neutrone,   è il protone e   è l'antineutrino elettronico. Per i successivi 300 000-400 000 anni gli elettroni liberi erano troppo energetici per legarsi ai nuclei atomici;[114] seguì dunque un processo di ricombinazione, in cui gli elettroni si legarono ai nuclei atomici per formare atomi elettricamente neutri e a causa di ciò l'universo divenne trasparente alla radiazione elettromagnetica.[115]

Osservazioni

 
L'Aurora polare è principalmente causata dagli elettroni energetici che precipitano nell'atmosfera.[116]

L'osservazione remota di elettroni richiede il rilevamento delle loro energia irradiata. Per esempio, nell'ambiente ad alta energia come la corona di una stella, gli elettroni liberi formano un plasma che emette energia per gli effetti di Bremsstrahlung. Il gas elettronico può formare delle oscillazioni di plasma le cui onde causate dalla sincronizzazione delle variazioni in densità degli elettroni, e queste possono produrre emissioni di energia che possono essere rilevate usando i radiotelescopi.[117]

La frequenza di un fotone è proporzionale alla sua energia. Un elettrone confinato a muoversi attorno ad un nucleo può transire fra i diversi livelli energetici di questo consentiti, assorbendo o emettendo fotoni di frequenza caratteristica. Per esempio, quando un atomo è irraggiato da una sorgente con uno spettro continuo, appariranno delle distinte linee spettrali per la radiazione trasmessa. Ciascun elemento o molecola esibisce un insieme caratteristico proprio di serie di linee spettrali, che lo distinguono dagli altri atomi, come per esempio il noto caso delle serie dello spettro dell'atomo di idrogeno. La spettroscopia studia l'intensità e la lunghezza di queste linee e le mette in correlazione con le proprietà fisico-chimiche delle sostanza in analisi.[118][119]

In condizioni di laboratorio, l'interazione di elettroni individuali possono essere osservate con l'uso di rilevatori di particelle, che permettono misure precise di specifiche proprietà come energia, spin e carica elettrica[120]. Lo sviluppo di focalizzatori a quadrupolo ha permesso di contenere particelle in piccole regioni dello spazio per lunghi periodi. Questo ha permesso la misura precisa delle proprietà particellari. Per esempio in una misurazione si è riusciti a contenere un singolo elettrone per un periodo di dieci mesi.[121] Il momento magnetico di un elettrone fu misurato con una precisione di 11 cifre significative, che, nel 1980, è la misura migliore di una costante fisica.[122]

La prima immagine video della distribuzione di energia di un elettrone è stata catturata da un team dell'università di Lund in Svezia, nel febbario 2008. Gli scienziati hanno usato flash estremamente piccoli di luce, che hanno permesso di osservare il moto di un elettrone per la prima volta.[123][124]

La distribuzione di elettroni nei materiali solidi può essere visualizzata dallo spettroscopio ARPES (Angle resolved photoemission spectroscopy, ovvero spettroscopia fotoelettrica angolarmente risolta). Questa tecnica si basa sull'effetto fotoelettrico per misurare il reticolo reciproco, una rappresentazione matematica della struttura periodica di un cristallo. ARPES può essere usato per determinare la direzione, la velocità e la diffusione di elettroni nel materiale.[125]

Applicazioni

 
Durante un test della NASA nella galleria del vento, un modello dello Space Shuttle è bersagliato da un fascio di elettroni che simulano l'effetto degli ioni degli strati alti dell'atmosfera terrestre incontrati durante il rientro.[126]

I fasci di elettroni sono usati nella saldatura di materiali,[127] permettendo di raggiungere densità di energia superiori ai 107 W·cm−2 nello stretto diametro focale di 0,1-1,3 mm e spesso non richiedono un materiale di riempimento. Questa tecnica di saldatura deve essere eseguita nel vuoto, in modo tale che gli elettroni non interagiscano con l'aria prima di raggiungere il bersaglio e può essere usata per unire materiali conduttori che altrimenti sarebbero difficili da saldare.[128][129]

La litografia a fasci di elettroni (EBL) è un metodo per stampare i semiconduttori a risoluzioni più basse del micron.[130] Questa tecnica è limitata dagli alti costi, basse performance, dalla necessità di operare con fascio nel vuoto e dalla tendenza degli elettroni a essere diffusi nei solidi. L'ultimo problema limita la risoluzione a circa 10 nm. Per questa ragione, l'EBL è principalmente usata per la produzione di un piccolo numero di circuiti integrati specializzati.[131]

La lavorazione con fasci di elettroni è usata per irradiare i materiali in modo da cambiare le loro proprietà fisiche o per la sterilizzazione medica e la produzione di cibo.[132] Nella radioterapia, i fasci di elettroni generati da acceleratori lineari sono usati per il trattamento di tumori superficiali: dato che un fascio di elettroni può penetrare solamente uno spessore limitato prima di essere assorbito, tipicamente intorno a 5 cm per elettroni di energia nel range 5–20 MeV, la radioterapia è utile per il trattamento di lesioni della cute come il basalioma. Un fascio di elettroni può essere usato per integrare il trattamento di aree che sono state irraggiate da raggi X.[133][134]

Gli acceleratori di particelle usano campi elettrici per far raggiungere agli elettroni e alle loro antiparticelle alte energie. Nel momento in cui queste particelle passano in una regione in cui c'è campo magnetico, questi emettono radiazione di sincrotrone. L'intensità di questa radiazione dipende dallo spin e questo può permettere la polarizzazione dei fasci di elettroni in un processo noto come effetto Sokolov–Ternov.[135] La polarizzazione di fasci di elettroni può essere molto utile per numerosi esperimenti. La radiazione di sincrotrone può anche essere usata per raffreddare il fascio di elettroni, in modo da ridurre la quantità di moto persa dalle particelle. Una volta che le particelle sono state accelerate sino alla energia richiesta, i fasci separati di elettroni e positroni sono portati alla collisione e la risultante emissione di radiazione è osservata dai rivelatori di particelle ed è studiata dalla fisica particellare.[136]

Note

  1. ^ Tutte le masse sono valori del CODATA accessibili tramite la pagina del NIST sulla massa dell'elettrone. La versione frazionaria è l'inverso del valore decimale (con un'incertezza di 4,4 × 10−10)
  2. ^ La carica dell'elettrone è il negativo della carica elementare (che è la carica positiva del protone). Valori del CODATA accessibili tramite il NIST alla pagina carica elementare
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  37. ^ a b Raith e Mulvey, pp. 777-781.
  38. ^ L'equazione agli autovalori per l'osservabile di spin al quadrato è:
     
    da cui l'autovalore nel caso di spin 1/2:
     
    Per approfondire si può fare riferimento a: Gupta, p. 81.
  39. ^ L'equazione agli autovalori per l'osservabile di spin nella direzione dell'asse z è
     
    da cui l'autovalore nel caso di spin 1/2:
     
    dove il segno ± indica i due stati possibili.
  40. ^ a b Odom, pp. 030801(1-4).
  41. ^ Il magnetone di Bohr è definito come:
     
  42. ^ Anastopoulos, pp. 261-262.
  43. ^ Gabrielse, pp. 030802(1-4).
  44. ^ Dehmelt, pp. 102-110.
  45. ^ Meschede, p. 168.
  46. ^ Il raggio classico dell'elettrone è ottenuto nel seguente modo: si assume la carica dell'elettrone distributa uniformemente all'interno di una sfera, che assume così un'energia potenziale elettrostaica. L'energia eguaglia l'energia a riposo dell'elettrone, definita dalla relatività ristretta come E=mc2. In elettrostatica l'energia potenziale di una sfera con raggio r e carica e è data da:
     
    dove ε0 è la costante dielettrica del vuoto. Per un elettrone con massa a riposo m0 l'energia a riposo è uguale a:
     
    dove c è la velocità della luce nel vuoto. Uguagliando questi due termini e risolvendo l'equazione per r si ottiene il raggio classico dell'elettrone. Per approfondire si può fare riferimento a: Haken, p. 70.
  47. ^ Steinberg, pp. 2582-2586.
  48. ^ Yao, pp. 77-115.
  49. ^ Tale risultato è mostrato attraverso l'importante esperimento della doppia fenditura, in cui si mostra la natura ondulatoria dell'elettrone, che attraversa le due fenditure contemporaneamente causando una figura di interferenza.
  50. ^ a b c Munowitz, pp. 162-218.
  51. ^ La probabilità che la particella si trovi nell'intervallo   al tempo t è:
     
  52. ^ Lo scambio di due elettroni comporta che la funzione d'onda   diventi  , dove le variabili   e   corrispondono rispettivamente alle posizioni del primo e del secondo elettrone.
  53. ^ La scrittura generale dell'equazione di Schrödinger è:
     
    dove   è la funzione d'onda,   è la costante di Planck razionalizzata, cioè divisa per  , ed   è l'operatore hamiltoniano.
  54. ^ Frampton, pp. 263-348.
  55. ^ Per atomo leggero si intende un numero atomio minore di 30.
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Bibliografia

Testi generici

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Pubblicazioni scientifiche in inglese

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