Italiani

popolo dell'Europa meridionale
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«Nell'indole delle repubbliche e dei principati di cui fin qui s'è parlato, risiede, se non l'unica, certo la più potente causa per cui gli italiani, prima di ogni altro popolo, si trasformarono in uomini moderni e meritarono di essere detti i figli primogeniti della presente Europa»

Gli italiani sono un popolo che si riconosce nella stessa cultura, lingua e storia ed è definito da un'unica e comune radice nazionale italiana[11][12][13][14].

Italiani
File:Mosaico di italiani illustri.png
1ª riga: Alcide De Gasperi, Enrico Fermi, Lorenzo de' Medici, Rita Levi-Montalcini, Giacomo Leopardi, Benedetto Croce.
2ª riga: Leonardo da Vinci, Eugenio Montale, Federico Fellini, Giuseppe Verdi, Dante Alighieri, Francesco d'Assisi
3ª riga: Giovanni Falcone, Nicola Pisano, Cesare Beccaria, Giulio Natta, Galileo Galilei, Tommaso Campanella.
4ª riga: Federico II di Svevia, Guglielmo Marconi, Giuseppe Garibaldi, Alessandro Manzoni, Michelangelo Buonarroti, Umberto Boccioni
5ª riga: Giosuè Carducci, Luciano Pavarotti, Niccolò Machiavelli, Giotto, Raffaello Sanzio, Amerigo Vespucci.
6ª riga: Giovanni Boccaccio, Luigi Pirandello, Francesco Petrarca, Gian Lorenzo Bernini, Sophia Loren, Antonio Canova.
 
Luogo d'origineItalia (bandiera) Italia
Popolazione~59.394.207[2]
(stimati altri 80 milioni di oriundi con ascendenti di origine italiana)
LinguaItaliano, dialetti e lingue regionali
ReligioneCattolicesimo, altre minoranze storiche e recenti
Distribuzione
Italia (bandiera) Italia[3].[4]55 297 506 (al 31/12/2012)
Svizzera (bandiera) Svizzera[5]550 000
San Marino (bandiera) San Marino35 000
Croazia (bandiera) Croazia[6]20 000
Slovenia (bandiera) Slovenia[7]2 000
Montenegro (bandiera) Montenegro[8]1 000

Gli italiani discendono da quelle genti che fin dall'antichità hanno abitato la regione geografica italiana. Pur essendo quindi, più degli altri popoli europei[15], per ragioni storiche e geografiche, eredi della civiltà romana, che ha permeato di sé la loro storia, hanno raccolto anche il legato di alcune progredite culture sviluppatesi localmente e confluite successivamente in quella latina, fra cui quella etrusca e quella, di matrice ellenica, degli italioti e dei sicelioti. Tali culture hanno contribuito in vario modo all'arricchimento del patrimonio artistico, architettonico, religioso, giuridico, istituzionale e in taluni casi anche scientifico, di Roma e dell'Italia antica[16].

Si può fare risalire la formazione di una distinta comunità linguistica e culturale italiana, rispetto ad altre comunità presenti in Europa, al periodo dell'avvento e della stabilizzazione della lingua volgare (tra il X e il XIII secolo)[17][18][19][20]; tale comunità interessò anche alcune aree limitrofe, come parte del Tirolo e dell'Adriatico orientale. Dal punto di vista amministrativo, con l'avvento dello Stato unitario, il termine identifica anche i cittadini del Regno d'Italia e, dal 1946, della Repubblica italiana.

Geograficamente gli italiani sono localizzati sia in Italia, loro paese di origine — dove, secondo taluni, «[...] la consapevolezza di essere italiani, di appartenere a una nazione a sé ha via via raggiunto la coscienza di tutti i cittadini [...]»[21] — sia all'estero, con comunità etniche storicamente presenti in vari territori dei Paesi limitrofi (come Svizzera, Francia, Slovenia, Croazia), alcuni dei quali fanno parte della regione geografica italiana. A causa dell'emigrazione[22], circa 84 milioni di persone residenti al di fuori della regione italiana hanno origini etniche totalmente o parzialmente italiane: 80 milioni di oriundi[23] e 4 milioni di cittadini italiani residenti all'estero[24]. A questi si aggiungono coloro che, dopo essere immigrati in Italia, pur al netto delle limitate naturalizzazioni[25], a valle di un processo spontaneo di integrazione[26] hanno adottato la lingua, le consuetudini e il sistema di valori propri del popolo italiano, pur accanto a quelli propri originari[27][28][29].

Etnonimo

  Lo stesso argomento in dettaglio: Etimologia del nome Italia.

L'etimologia dell'appellativo italico (da cui deriverà successivamente quello di italiano) non è stata univocamente riconosciuta. Tra le tante ipotesi gode di un certo rilievo quella secondo la quale il nome Itali era utilizzato dagli antichi greci per designare gli abitanti stanziati nell'area centro-meridionale della Calabria. [30].

Nel dialetto osco locale esisteva infatti il termine di viteliu, trasformato in italo e italico dagli ellenofoni che abitavano sulla costa.

Secondo Antioco di Siracusa invece, la terra tra gli antichi golfi Nepetinico e Scillentinico, ossia l'attuale istmo di Catanzaro in Calabria, era governata da re Italo dal quale derivò il nome del popolo di cui era sovrano. Adottato successivamente dai romani[31], il termine italico fu gradualmente sostituito da quello di italiano solo in età basso-medievale.

Caratteri distintivi dell'identità italiana

Sebbene il concetto di "gruppo etnico" sia accademicamente controverso[32], diverse fonti definiscono gli italiani come gruppo etnico perché contraddistinti da una propria cultura (lingua e religione) e da una propria nazione di origine[33].

Per Giulio Bollati con lo Stato nazionale «..."italiano" cessò di essere unicamente un vocabolo della tradizione culturale, o la denominazione generica di ciò che era compreso nei confini della penisola, per completare e inverare il suo significato includendovi l'appartenenza a una collettività etnica con personalità politica autonoma»[34].

L'espressione "gruppo etnico italiano" unitamente a "gruppo etnico jugoslavo" viene formalmente impiegata, senza ulteriori definizioni, nell'articolo 3 del Trattato di Osimo[35] firmato nel 1975, per indicare quelle persone che poterono trasferirsi rispettivamente nel territorio italiano e nel territorio jugoslavo, previo riconoscimento da parte dei due rispettivi governi della loro appartenenza al gruppo etnico e conferimento della nuova nazionalità[36].

Tuttavia, per l'enciclopedia britannica gli italiani non possono essere accomunati da nessuna caratteristica fisica, cosa che può essere spiegata dalle diverse dominazioni che si sono succedute sul territorio[37]. Altre fonti definiscono gli italiani come appartenenti alla medesima nazione e che sebbene spesso descritti come popolazione omogenea sono divisi in molteplici gruppi culturali, sociali e politici[38].

Secondo autori come Umberto Eco, il principale elemento che ha accomunato la massima parte degli italiani è stata la consapevolezza di una comune eredità romano-latina[39], come testimoniato dalle opere di tanti letterati, intellettuali e studiosi italiani a partire dal XIII secolo, come ad esempio Dante[39].

«Il significato dell'Italia è puramente culturale, e non razziale: l'eredità romana, una lingua parlata (almeno a livello letterario) sia da Cielo d'Alcamo che da Bonvesin della Riva, la presenza della chiesa, la barriera naturale delle Alpi, un ideale politico iniziato con Dante, Petrarca e Machiavelli, centoquarant'anni di unità statale che ha diffuso per tutto lo stivale una certa omogeneità di comportamenti, nel bene come nel male»

Anche secondo Francesco Tuccari, gli italiani, come i tedeschi, formarono, fino all'unità politica e anche per lungo tempo dopo questa, una nazione puramente culturale, ovvero «fondata su fattori quali la lingua, le tradizioni, la religione, le memorie storiche», a differenza delle nazioni naturali, ovvero «fondate sulla razza, l'etnia, la stirpe», quali furono ad esempio tutte le nazioni "antiche", o le nazioni politiche, fondate sui meccanismi di riconoscimento nel sistemi di istituzioni della nazione stessa, quali ad esempio gli Stati Uniti d'America[40].

Fra gli altri elementi di identificazione vi è quindi la lingua italiana, che da essi prende il nome, parlato dall'assoluta maggioranza della popolazione italiana insieme alle lingue locali[41] ed è stato accettato e usato da secoli dalla borghesia e dalle classi colte, nonostante la frammentazione politica d'Italia durata dalla seconda metà del VI secolo fino agli anni sessanta dell'Ottocento[42].

Secondo Umberto Cerroni «L'Italia fu forse la più precoce fra le nazioni europee...», ed individua nel periodo 1220-1350 un momento cruciale della sua formazione. La grande fioritura letteraria (Dante, Petrarca e Boccaccio), artistica, giuridica (Costituzioni di Melfi) dell'epoca, unitamente al primo tentativo di creazione di uno Stato moderno (da parte di Federico II) contribuirono in misura determinante al processo di formazione della nazione italiana. [43]. È quasi dello stesso avviso anche Giuliano Procacci, secondo il quale «il primo embrione di una coscienza panitaliana nasce con l'emergere [dalla società comunale] di un nuovo ceto intellettuale e come consapevolezza che questo ha della sua funzione»[44].

Ha infine avuto una sua influenza sul popolo italiano, nel corso della sua storia, anche il sistema di valori cristiani, filtrato attraverso la Chiesa cattolica, la cui sede è a Roma. «...Nulla ha segnato così profondamente e definitivamente l'identità italiana...», scrive Ernesto Galli della Loggia, «...come la concomitante presenza nella penisola di Roma e della sua eredità, da un lato, e della sede della Chiesa cattolica dall'altro...»[45].

Origini e formazione del popolo italiano

 
In colore verde chiaro le terre emerse durante l'ultima glaciazione; in verde scuro la situazione attuale.

Avendo un popolo una comunanza di origine, lingua, cultura e tradizione religiosa[46], nel percorso di origine e formazione degli italiani, si rintracciano cinque fasi storiche [47] che hanno contribuito a determinare quelle caratteristiche essenziali poc'anzi accennate, le quali oggi ci rendono in grado di poter definire quello italiano come un popolo: Età preromana [48][49], Età romana[50][51][52][53], Età medioevale [54][55], Età moderna, Età contemporanea[56][57]. Nel loro insieme, queste fasi storiche hanno determinato la comunanza di lingua, di cultura, di origine e di tradizione religiosa del popolo italiano.

Età preromana

Risalente a circa cinquecentomila anni fa è riccamente documentato un complesso di industrie litiche su scheggia ritrovato lungo il corso del Rio Altana a Perfugas nella Sardegna settentrionale; i ricercatori l'hanno attribuito al periodo cosiddetto Clactoniano arcaico con elementi proto-levalloisiani. [58]

Secondo gli studiosi la comparsa dell'Homo sapiens nella regione geografica italiana è databile al Paleolitico superiore.

Siti appartenenti alla cultura aurignaziana e gravettiana sono stati rinvenuti in tutta la penisola. Tra i più importanti si possono citare i Balzi Rossi e la caverna delle Arene Candide in Liguria, la grotta Paglicci e la grotta delle Veneri in Puglia, la grotta del Romito in Calabria, la grotta dell'Addaura e il riparo di Fontana Nuova in Sicilia[59].

Anche in Sardegna le prime frequentazioni dell'Homo sapiens risalgono al paleolitico superiore[60] (grotta Corbeddu) e al mesolitico (grotta di Su Coloru). I rinvenimenti mesolitici della Sardegna settentrionale sono ascrivibili al "Epigravettiano indiferenziato", importato da popolazioni giunte sull'Isola dall'Italia continentale a bordo di rudimentali imbarcazioni. [61]

Nel neolitico genti provenienti da Oriente portatrici della ceramica impressa si stabilirono nell'Italia Meridionale e in Sicilia introducendo la cosiddetta rivoluzione neolitica che poi si diffuse gradualmente nell'Italia centrale, nelle isole e in Italia Settentrionale. Nell'età dei metalli, comparvero in Italia nuove forme culturali generalmente di provenienza esogena tra le quali la cultura di Remedello del Rinaldone e del Gaudo, la cultura del vaso campaniforme e la cultura dei campi di urne. Genti provenienti da varie regioni europee e da Oriente si stanziarono in territorio italiano senza però sopraffare le popolazioni locali[62].

All'alba del I millennio a.C. erano stanziate in Italia varie popolazioni, sia indoeuropee che pre-indoeuropee. Le prime avevano raggiunto la penisola in varie ondate migratorie, prodottesi nel corso del II millennio a.C. Nel nord-ovest erano presenti i Liguri, i Protocelti e i Camuni, nel nord-est i Veneti, i Reti e i Castellieri; nell'Italia Centrale vivevano gli Etruschi e le popolazioni italiche degli Umbri, dei Latini e dei Falisci, mentre in Italia meridionale erano stanziate, oltre a popolazioni di ceppo italico (Osco-umbri) anche gruppi di Illiri (Puglia); le isole maggiori erano invece abitate da varie etnie tra le quali i Sicani, i Siculi (di origine italica) e gli Elimi in Sicilia, i Balari, gli Iliensi e i Corsi (oltre ad altri popoli minori) in Sardegna e in Corsica dove, a partire dall'età del bronzo, si svilupparono la civiltà nuragica e torreana.

In epoca storica si produce, a partire dall'VIII secolo a.C., lo stanziamento di Greci (parlanti una lingua indoeuropea) sulle coste del Mezzogiorno peninsulare e Sicilia orientale e di Fenici e Punici (di stirpe semita) sulle coste delle isole maggiori. Le regioni interne dell'Italia insulare e meridionale continuarono tuttavia ad essere abitate da genti italiche e particolarmente di lingua osca (e sue varianti), fra cui i Sanniti, bellicosa popolazione dotata di strutture politiche e militari relativamente complesse per l'epoca. In Italia centrale si registrava, nello stesso periodo, l'espansione degli Etruschi, un popolo di lingua non indoeuropea e di origine imprecisata (autoctona o forse proveniente dal Mediterraneo orientale) che aveva elaborato una civiltà particolarmente complessa e raffinata e che, a partire dal VI secolo a.C., colonizzò anche parte della pianura padana (attuale Emilia-Romagna) e alcune zone della Campania. La stessa Roma antica, nel periodo monarchico, fu governata da una dinastia etrusca che trasformò la città da modesto centro abitato in uno dei centri più floridi del Latium.

Fra il V e il IV secolo a.C. popolazioni celtiche occuparono la gran parte della Gallia cisalpina, venendo a contatto con i Liguri e dando vita alla indoeuropeizzazione culturale ed etnica della Liguria.

L'età romana

Il periodo repubblicano (IV - I secolo a.C.)

 
Le tappe della prima unificazione della penisola italiana, fino all'inizio della seconda guerra romano-punica

In merito alla formazione del popolo italiano, è da molti ritenuto fondamentale,[63] determinante [64]ed indispensabile[65], parlare dell'Età romana in Italia, durata pressappoco settecento anni[66][67], e che ha segnato profondamente e definitivamente l'identità italiana[68], accomunando inoltre gli italiani nella comune consapevolezza di un'eredità romano-latina[69]. Roma, invero, portando a termine un processo di unificazione culturale, etnica, linguistica, religiosa, giuridica ed amministrativa di tutta l'Italia, ebbe un ruolo decisivo ed importante nella determinazione della base etno-culturale che da lì a circa cinquecento anni dopo la sua caduta darà vita al popolo italiano. Il marchio di Roma, infatti, costituisce la vera matrice del popolo che si venne allora a formare e che in Età medievale assunse il gentilizio di italiano. Roma così «...ha posto le basi, con il suo espansionismo organizzato e concretamente fondato su città e grandi vie di comunicazione, di quella identificazione unitaria dell'Italia rimasta come un dato inamovibile nei secoli, insieme ai valori cristiani, nonostante le lacerazioni politiche che hanno segnato il successivo corso storico. Di questo disegno dell'Italia ereditato dalla romanità si sono fatte assertrici tutte le voci più rappresentative della cultura italiana nei secoli, a partire dallo stesso Dante» [70]

Il primo passo per la creazione di questa nuova base etno-culturale fu indubbiamente l'unità territoriale, ma non culturale e giuridica, raggiunta dalla Penisola a seguito della conquista romana fra la seconda metà del IV secolo a.C. e la prima metà del II secolo a.C. In quest'ultimo secolo, infatti, la Roma uscita vincitrice dalla Seconda guerra punica piegò le ultime resistenze di alcune tribù di Galli e di Liguri nella Gallia Cisalpina, pacificando definitivamente la Penisola da nord a sud.[71]

Attorno alla metà del II secolo a.C. i Romani si trovarono così ad esercitare il proprio dominio su circa 4 milioni di individui, suddividi tra Italici, Italioti del Meridione, Sicelioti della Sicilia, Etruschi, Galli, Liguri, Venetici, Reti, Messapi, Sardi abitanti la Romània (parte della Sardegna controllata dai Romani, contrapposta alla Barbària la parte centrale e montagnosa ancora resistente)[72], ed altri popoli demograficamente meno consistenti dalla controversa o difficile categorizzazione (Sicani, Elimi, Nord Piceni etc.).[73] [74] Una comunità abbastanza vasta e eterogenea quindi, la quale comprendeva popoli spesso molto distanti tra loro per lingua (indoeuropei e non-indoeuropei) e costumi. L'obiettivo non dichiarato, e funzionale al solo scopo di mantenere pacificati i territori assoggettati, divenne allora quello di dare, oltre a quella territoriale, una certa uniformità culturale ai vari popoli della Penisola. Roma, in questo, riuscì pienamente, forte anche delle sue caratteristiche di assorbimento culturale, di brillante organizzazione politica ed amministrativa e di inclusività del sistema. [75]

In quell'epoca iniziava pertanto un piano di romanizzazione che, a differenza di quanto era accaduto nel secolo precedente, abbracciava ora l'Italia intera. Più specificatamente, vediamo in dettaglio quali furono i metodi di assimilazione dei popoli nativi, di diffusione della cultura latina e di progressiva uniformazione etnico-culturale romana. Ne individuiamo tre principali:

  • Lo spostamento e la delocalizzazione, spesso coatta, di popolazioni assoggettate da un capo all'altro della Penisola. Indicativo è, a tale proposito, il destino dei Liguri Apuani, i quali, perduta una lunga e sanguinosa guerra contro Roma, furono deportati in diverse decine di migliaia in massa nel Sannio, da cui viceversa emigrarono coloni Sanniti per ripopolare alcune zone un tempo appartenute ai Liguri. Ma i casi non si fermano certo qui: molti tra Italici, Galli, Etruschi ed Italioti, specialmente a seguito della Seconda guerra punica - la quale aveva visto una buona parte di loro schierarsi contro Roma - ebbero la stessa sorte, venendo sradicati dai loro territori originari per essere spediti in altre zone d'Italia, dove nel corso degli anni, anche e soprattutto grazie alla cultura romana, riuscirono ad integrarsi con le popolazioni locali. Questo processo di delocalizzazione coatta termina grosso mondo alla fine del II secolo a.c, quando ogni minima resistenza è piegata, e non v'è più dunque la necessità di punire i popoli sottomessi.
  • La creazione di colonie romane e latine, una pratica già in uso sin dal IV secolo a.c che in Italia trovò la sua massima diffusione tra il III ed il II secolo a.c. Le prime colonie, di tipo romano, erano di modeste dimensioni (difficilmente più di trecento uomini con famiglie), e si strutturavano in piccoli nuclei di cittadini romani, il cui compito era quello di formare una sorta di isole di romanità all'interno di aree appartenenti a popolazioni appena assoggettate, ed avevano come obiettivi in primis quello di esercitare un controllo militare in qualità di avamposto, ed in secundis quello di diffondere la cultura, la lingua le leggi romane, che, tramite la popolazione immigrata, si diffondevano tra i nativi (frequentemente convertendo alla romanitas prima le èlite locali, che così davano l'esempio al resto della popolazione), spesso integrandoli direttamente o indirettamente nel tessuto urbano della colonia. Le secondo colonie, di tipo latino, erano invece molto più numerose (fino a seimila famiglie, vale a dire venti/trentamila abitanti), ed il loro obiettivo, più che formare piccole avanguardie militari in territorio potenzialmente ostile o inserirsi culturalmente con cautela presso contesti etno-culturali numericamente soverchianti, era quello di una vera e propria colonizzazione ai fini economici, culturali, demografici ed anche militari (seimila famiglie fornivano seimila uomini per formare una legione). Visto il loro elevato numero ed il loro notevole peso demografico, queste colonie, più che diffondere la cultura romana solo nelle zone limitrofe alla città ed aspettando passivamente l'avvio di un effetto domino sulle aree provinciali, creavano delle vere e proprie reti ad incastro tra di loro, che così operavano un processo di romanizzazione su vasta scala, interessando grandi aree regionali. Da notare il fatto che le colonie latine, differentemente da quelle romane, non erano composte solo da cittadini dell'Urbe, ma anche da popoli a loro alleati, che rispondendo a regolari bandi emessi dal Senato romano ottenevano terra da coltivare nelle zone preposte alle colonizzazione.
  • La colonizzazione veterana, processo iniziato nel III secolo a.c e terminato nel I secolo d.c, il quale ebbe un ruolo importante nell'accelerare ulteriormente il processo di fusione e di romanizzazione delle varie stirpi che popolavano l'Italia, già avviato con delocalizzazioni e colonizzazioni. I veterani romani, infatti, una volta lasciato il servizio attivo, si vedevano assegnati della terra da coltivare come "pensione". Molti furono i casi di ex legionari Romano-Italici, Italioti, Galli Cisalpini, Liguri, Etruschi e Venetici, sopraggiunti in centri abitati dalle popolazioni autoctone e già strutturati come nuclei urbani di una certa consistenza. In alcuni casi si crearono anche attriti fra i nuovi arrivati e i gruppi etnici preesistenti, come ad Arezzo, antica città etrusca, dove Silla assegnò terre ai propri fedelissimi (quasi tutti provenienti dal Latium e della Campania) che non tardarono ad entrare in contrasto con i nativi. Nel I secolo a.C., ad esempio, il totale dei veterani (silliani, pompeiani e cesariani) che in tempi differenti dovettero essere pensionati con la concessione di possedimenti agricoli oscillava tra il 260.000 ed il 280.000 individui con famiglie, e cioè all'incirca 1 milione di individui, vale a dire circa il 10% della popolazione libera della Penisola, che all'epoca contava da 9 - 10 milioni di persone. Essi si insediarono in Etruria, nella Gallia Transpadana e Cispadana, nell'Apulia e nella Sicilia. [76] [77] [78]

Tutti questi fattori, nel corso di circa due secoli, completarono l'unificazione del paesaggio sociale, etnico e culturale dell'Italia intera, modificando profondamente l'assetto etnico - linguistico preromano. Anche perché tra colonizzazioni, trasferimenti volontari o coatti e distribuzione di terre, il numero totale di persone spostate all'interno dell'Italia romana, pur difficilmente quantificabile, è stimabile in alcuni milioni. [79] Anche da un punto di vista economico e sociale i "nuovi romani", ora diffusi in tutta la Penisola italiana, ebbero ad integrarsi perfettamente. Già del II secolo a.c infatti «...l'alleanza romano-latina-italica...si presentava come un organismo giuridicamente composito e diseguale, ma politicamente, militarmente, economicamente integrato...» [80] Questo senso di appartenenza rivestiva connotazioni particolari quando si era fuori dall'Italia. [81] Nel porto franco di Delo (istituito nel 166 a.C.), ad esempio, i mercanti romani erano praticamente indistinguibili da quelli italici e, nel mondo greco, venivano designati con una comune denominazione. [82]

L'unione di tanti popoli italici sotto l'egida di Roma, non poteva tuttavia realizzarsi completamente se non mediante il pieno riconoscimento, anche giuridico, di una condizione paritaria con i Romani e in particolare mediante il pieno godimento dei diritti politici. Il sentirsi parte integrante del mondo romano rendeva particolarmente umiliante per costoro l'estromissione dalle decisioni che non riguardavano solo Roma ma l'Italia tutta: guerre, paci, misure economiche e tributi. Solo l'acquisizione della cittadinanza romana avrebbe potuto sanare tali anomalie. Fu necessaria una guerra particolarmente cruenta (91-89 a.C.), passata alla storia come guerra sociale [83] per indurre Roma ad emanare una serie di leggi (lex Iulia, lex Plautia Papiria, lex Pompeia, ecc.) che, fra l'89 e il 49 a.C., estesero progressivamente la cittadinanza romana a tutti gli abitanti dell'Italia peninsulare e continentale, dalle Alpi alla Calabria, punto finale di un'integrazione realizzatasi in larga parte nel secolo e mezzo precedente. È questa un'epoca di eccezionale importanza per l'Italia e per lo sviluppo della nazione ad essa legata. Gramsci paragonando questo periodo al successivo periodo imperiale, scrive:

«Il periodo di storia romana che segna il passaggio dalla Repubblica all’Impero [...] crea la cornice generale di alcune tendenze ideologiche della futura nazione italiana. Non pare sia compreso che proprio Cesare ed Augusto in realtà modificano radicalmente la posizione relativa di Roma e della penisola nell’equilibrio del mondo classico, togliendo all’Italia l’egemonia «territoriale» e trasferendo la funzione egemonica a una classe «imperiale» cioè supernazionale. Se è vero che Cesare continua e conclude il movimento democratico dei Gracchi, di Mario, di Catilina, è anche vero che Cesare vince in quanto il problema, che per i Gracchi, per Mario, per Catilina si poneva come problema da risolversi nella penisola, a Roma, per Cesare si pone nella cornice di tutto l’impero, di cui la penisola è una parte e Roma la capitale «burocratica»; e ciò anche solo fino a un certo punto. Questo nesso storico è della massima importanza per la storia della penisola e di Roma, poiché è l’inizio del processo di «snazionalizzazione» di Roma e della penisola e del suo diventare un «terreno cosmopolitico». L’aristocrazia romana, che aveva, nei modi e coi mezzi adeguati ai tempi, unificato la penisola e creato una base di sviluppo nazionale, è soverchiata dalle forze imperiali e dai problemi che essa stessa ha suscitato: il nodo storico‑politico viene sciolto da Cesare con la spada e si inizia un’epoca nuova, in cui l’Oriente ha un peso talmente grande che finisce per soverchiare l’Occidente e portare a una frattura tra le due parti dell’Impero.[84]»

Il periodo imperiale (I secolo a.C. - V secolo)

 
Evoluzione dell'estensione geografica del territorio chiamato "Italia" durante l'età romana

Se quindi da un lato l'Età repubblicana della Roma antica, per tutti i motivi poc'anzi elencati, ha una grande valenza per la definizione dell'ethnos italiano moderno, dall'altro l'Età imperiale, specialmente nella sua fase medio-tarda, risulta essere meno rilevante sotto questo punto di vista. I motivi sono molteplici, tra cui il fatto che nel I secolo d.c, e cioè agli inizi dell'Età imperiale, l'Italia è infatti ormai culturalmente, etnicamente e linguisticamente omogenea, nonché demograficamente rilevante.[85]Mancano quindi i presupposti per una continuazione di pratiche di colonizzazioni o spostamento interno delle popolazioni, che ormai non sono soltanto romanizzate, bensì facenti parte a pieno titolo del popolo romano. Anzi, proprio in Età imperiale, l'Italia che prima di allora era stata oggetto di colonizzazioni romane, diventa ella stessa strumento di colonizzazione per l'Impero. Dalla Penisola, infatti, già dalla fine dell'Età repubblicana, partivano coloni per le varie province imperiali, dove lasciavano il proprio segno culturale e linguistico, spesso indelebile.[86]

In questo contesto, ciò che permane in Italia, sia pur sottotono rispetto all'Età repubblicana, è il pensionamento veterano, che tra il I secolo d.c ed il III secolo d.c sposterà qualche altra decina di migliaia di individui. In realtà altri tentativi di ricolonizzazione dell'Italia con elementi esterni verranno fatti, ma avranno tutti un esito decisamente negativo. Il tentativo più eclatante fu fatto dall'imperatore Marco Aurelio, il quale proverà a ripopolare le aree adiacenti all'attuale Bologna con alcune tribù germaniche di Marcomanni da lui sconfitte, con l'obiettivo di una loro romanizzazione ed integrazione nel tessuto italiano. Vana speranza: a pochi mesi dal loro insediamento, questi Germani si diedero al saccheggio della provincia, costringendo le autorità ad inviare in loco un esercito per debellarli e, successivamente, deportarli in Pannonia. Visti gli scarsi risultati, non vi furono più tentativi di inserimento di elementi estranei al contesto romano-italiano.[87]

Da un punto di vista meno etnico e più culturale e identitario, invece, l'Età imperiale si configura come età del consolidamento della romanitas in Italia. Nel corso dei quattro secoli di Principato, infatti, le istituzioni, la lingua, la cultura e l'identità romana si andarono progressivamente a ramificare sempre di più, rimanendo così indelebili nella Penisola e nei suoi abitanti, segnandoli definitivamente. Da non dimenticare poi che in Età imperiale, e più specificatamente nel 292 d.c con la riforma di Diocleziano, la Sicilia, la Sardegna e la Corsica, fino ad allora considerate semplici province romane, entrarono a far parte a dell'area geografico-amministrativa italiana, in virtù del loro avanzato stato di romanizzazione.[88][89]. Di vitale importante, nel periodo basso imperiale, è anche la definitiva scomparsa di idiomi e lingue preromane - che in Età repubblicana sopravvivevano in alcune zone più isolate come villaggi alpini, parte della Sardegna e parte della Sicilia - in favore del latino, base fondante di quella che sarà poi la lingua del popolo che da lì ad alcuni secoli dopo si formerà, l'italiano.

Infine, nel IV secolo secolo, grazie anche all'appoggio di alcuni imperatori (primo fra tutti Costantino I) e a una legislazione favorevole, il processo di cristianizzazione dell'Italia divenne irreversibile. Roma, non più capitale dell'Impero, rimase come sede papale il centro religioso d'Italia e d'Occidente e tale rimase per tutto il Medioevo. Osserva Galli della Loggia che l'eredità romana raccolta dalla Chiesa «...ha grandemente contribuito a dare profondità culturale, capacità organizzativa e prestigio istituzionale alla religione di Cristo...»[64], assicurando la sopravvivenza di tanta parte della cultura romana e latina, marcando per sempre la civiltà italiana. Il cristianesimo nella sua versione "romana" divenne infatti, fin da allora, uno dei segni di identità più evidenti del popolo italiano e un forte elemento differenziatore fra gli italici e le popolazioni barbare (ariane) che nel V e VI secolo invasero la penisola.»[90]

L'Italia divisa

La frattura del sesto secolo

 
L'Italia tra il 568 e il 774

Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, penetrarono in Italia dal Nord popolazioni barbare di stirpe in prevalenza germanica, che rimasero comunque sempre di numero inferiore agli abitanti originari; lo smantellamento della struttura sociale romana, così come le guerre che ne seguirono (su tutte la guerra greco-gotica) portarono a un marcato impoverimento sociale e culturale. Tuttavia l'unità politica d'Italia venne meno solo nella seconda metà del VI secolo, a causa dell'invasione longobarda, cui fece seguito la divisione del territorio italiano in due grandi aree di influenza: quella longobarda (il cui dominio si estendeva dalle Alpi al fiume Crati, in Calabria), e quella romano-orientale (o bizantina), che comprendeva a grandi linee Venezia, la Romagna, il Lazio, Napoli, il Salento, parte della Calabria e le isole maggiori.

La divisione d'Italia e degli italiani prodottasi all'epoca si protrasse per circa tredici secoli ed ebbe termine solo nella seconda metà dell'Ottocento.

Sia i Longobardi che i Bizantini furono infatti incapaci di costruire in Italia un embrione di nazionalità, come era accaduto in Gallia a opera dei Franchi. Nell'Italia longobarda si produsse anzi una vera e propria frattura di civiltà dovuta in particolare a:

  • l'annientamento quasi totale della vecchia classe dirigente romana di origine aristocratica, ancora potente e rispettata in età ostrogota (basti pensare a Severino Boezio, Cassiodoro e alla famiglia dei Symmachi)[91];
  • la profonda decadenza della vita cittadina, che, iniziata nel corso della guerra gotico-bizantina si accentuò fin dai primi anni dell'invasione longobarda con «la fuga delle popolazioni all'avanzare della nefandissima langobardorum gens[92];
  • la divisione pressoché totale fra germanici e italici ancora molto forte agli inizi dell'VIII secolo[93] e determinata non solo da una legislazione che per lungo tempo impedì i matrimoni misti, ma anche e soprattutto dall'estraneità e del disinteresse degli invasori ai valori civili del mondo romano[94].

Ogni tentativo dei Longobardi di costruire una entità statuale unica nella penisola era comunque destinato a fallire non solo per le ragioni indicate, ma anche per la resistenza bizantina e per l'opposizione del papato, che per difendere l'autonomia della Santa Sede, non sufficientemente garantita dall'Impero romano-orientale di cui di cui faceva ancora parte, chiamò in proprio soccorso il re franco Carlo Magno, che sconfisse i Longobardi ponendo fine al loro regno (774) e sostituendosi ad essi (solo il Ducato longobardo di Benevento conservò la propria autonomia). Diverso destino toccò invece all'Italia bizantina, che dopo una serie di drastici ridimensionamenti sopravvisse fino alla fine dell'XI secolo. Bisogna notare che né i Longobardi (germanofoni) né i Franchi (anch'essi germanofoni), né i Romano-orientali (ellenofoni) riuscirono ad imporre le proprie lingue alle popolazioni da essi governate: i Longobardi in particolare finirono con l'adottare il latino (che oltretutto era sempre stata l'unica lingua scritta del proprio regno) pur arricchendo la toponomastica e la lingua parlata con un certo numero di termini germanici. Anche i Franchi lasciarono alcune tracce nella toponomastica, ma importarono in Italia alcune loro istituzioni politiche e militari destinate a sopravvivere per lungo tempo. Ancora più consistenti furono tuttavia gli apporti romano-orientali, nell'architettura, nelle arti e soprattutto nel diritto (la raccolta di leggi romane del corpus iuris civilis giustinianeo, redatta quasi interamente in latino a Costantinopoli, ha costituito la base del diritto delle popolazioni italiche, poi italiane, fino ai giorni nostri).

Dai secoli bui ai Comuni

 
L'Italia nell'anno 1000

Verso la fine dell'VIII secolo si iniziò ad estendere a tutti gli abitanti a sud delle Alpi l'indicazione di "italico" e quindi di "italiano"[95]. Parimenti la nozione di nazione italiana risale ad età basso-medievale e, secondo taluni, è stata la prima a formarsi sul continente europeo[96]. Il termine trovò la propria consacrazione in alcuni Concili dell'epoca (fra cui quello di Costanza), in cui il voto dei partecipanti non veniva formulato individualmente, ma per nationes. Ad essere ammesse al voto erano solo le cinque nazioni storiche d'Europa (un voto ciascuna) e cioè l'italiana, la tedesca, la francese, la spagnola e l'inglese[97].

Nel IX secolo la Sicilia fu invasa e occupata da popolazioni musulmane di lingua araba, che all'epoca avevano iniziato a sviluppare una civiltà raffinata e tecnologicamente avanzata, impregnata di cultura classica e profondamente influenzata dal pensiero greco. Se i contributi di tali popolazioni in campo artistico, scientifico e filosofico furono notevoli e duraturi in Sicilia (e in tutto l'Occidente cristiano), il loro apporto alla composizione razziale della popolazione autoctona isolana appare tuttavia, secondo recenti studi, piuttosto modesto[98][99].

Mentre nell'XI secolo in Sicilia agli Arabi subentrarono i Normanni che espansero il proprio regno sino ai confini con lo Stato Pontificio (assorbendo anche il ducato longobardo di Benevento e gli ultimi possedimenti bizantini), in Italia centro-settentrionale si era imposta da qualche tempo una dinastia sassone detentrice di un potere imperiale da essa ricostituito (Sacro Romano Impero). Fu in quest'epoca o in età immediatamente successiva che giunsero a compimento tre tendenze storiche, tra loro divergenti e di fondamentale importanza per i futuri destini del paese: la nascita e il consolidamento di una civiltà comunale nella sua parte centro-settentrionale, il definitivo consolidamento dello Stato della Chiesa come entità statuale indipendente nel centro peninsulare, e la nascita nel Mezzogiorno del Regno di Sicilia, uno stato forte e centralizzato, considerato il primo Stato "moderno" d'Europa[100].

I Comuni ebbero origine da una vigorosa ripresa economica e demografica del mondo urbano italiano a partire dall'anno 1000 e da un contemporaneo indebolimento del legame imperiale, e raggiunsero la loro massima fioritura fra la seconda metà del XII e la prima metà del XIV secolo, imprimendo un marchio indelebile alle aree in cui il fenomeno si sviluppò. Il senso di appartenenza di tanti italiani a una comunità esclusiva e lo sviluppo del localismo, inteso nelle sue espressioni più alte, come culla cioè delle libertà civiche scaturenti da un comune modo di vedere e percepire la storia, le tradizioni, la vita stessa della propria città, sono infatti sopravvissute a tante invasioni, dominazioni e guerre e conformano ancor oggi la realtà di tanta parte d'Italia. Il localismo, insieme al campanilismo «...sembra essere uno dei connotati del "carattere italiano" nel corso dei secoli.»[101].

Di diverso segno fu l'affermarsi in Italia centrale di un forte Stato della Chiesa che negli ultimi anni del XII secolo e nei primi di quello successivo si impose come potenza egemone nell'area peninsulare mediana grazie all'energia e alla volontà di papa, Innocenzo III. Nella sua storia millenaria, contrassegnata da momenti di crisi e di decadenza cui si alternarono periodi di ripresa e di relativo splendore, la Chiesa Romana ha svolto in Italia una triplice funzione:

  • assicurare agli italiani, grazie alla propria attività religiosa extra peninsulare, una centralità politica e culturale in ambito europeo, che altrimenti non avrebbero avuto dato lo scarso peso demografico e militare delle varie entità statuali incui erano suddivisi e la marginalità geografica della penisola rispetto all'occidente cristiano[102][103];
  • affermarsi come l'istituzione che più di ogni altra ha influenzato la vita e il costume degli italiani. La Chiesa cattolica ha sempre avuto infatti una spiccata vocazione popolare che si è accompagnata alla capacità « [...] di stabilire un rapporto profondo e organico con le più vaste masse e la loro vita quotidiana sì da divenire e rimanere per secoli al di là dei suoi aspetti strettamente religiosi, l'unica istituzione italiana con una forte base e contenuto popolari...»[104];
  • costituire un ostacolo ad una riunificazione politica degli italiani essendo il potere temporale del papato incompatibile con la costituzione di uno Stato unitario che avrebbe significato il tramonto di tale potere.

Nel meridione d'Italia, il Regno di Sicilia ebbe forse come personaggio maggiormente caratterizzante della nuova epoca il re Federico II di Svevia, sovrano di origine tedesco-normanna ma italiano per nascita (Jesi) lingua (fino all'età di 12 anni parlava soltanto italiano), formazione (fu educato a Foligno) e sentimenti (si autodefinì filius Apuliae[105]). La sua figura riveste una grande importanza per la storia d'Italia e la formazione di una cultura propriamente nazionale, dal momento che:

  • nella sua corte nacque, con la Scuola siciliana, il primo volgare illustre, prima espressione letteraria della lingua italiana. Lo stesso Dante, molti anni più tardi, nel rendere omaggio al sovrano riconoscerà l'importanza dell'accadimento: «...in quel tempo tutto quello che gli excellenti Italiani componevano nella corte di sì gran Re primamente usciva. E perché il loro seggio regale era in Sicilia e advenuto che tutto quello che i nostri precessori composero in vulgare si chiama siciliano: il che riteniamo anchora noi et i posteri nostri non lo potranno mutare...»[106],
  • alla sua corte nacque la scuola di scultori di Nicola Pisano, successivamente trasferitasi in Toscana, in cui s'individua l'origine di un linguaggio figurativo pienamente italiano[107];
  • alla testa del Regno di Sicilia, costruì uno stato centralizzato e moderno, con una politica che per la prima volta si muoveva in un'ottica squisitamente "italiana", evidenziata dai continui conflitti con l'autorità papale e i comuni del settentrione d'Italia riuniti nella Lega Lombarda; il progetto federiciano, pur se destinato al fallimento, lasciò profonde tracce nel pensiero italiano di età prerinascimentale e rinascimentale.

Dal Rinascimento all'età napoleonica

 
La situazione politica dell'Italia nel 1494

A partire dal XIII secolo l'Italia conobbe uno sviluppo economico, sociale e culturale che si consolidò nel secolo successivo e che non ebbe eguali in Europa. Si andò fin da allora delineando una nuova civiltà, che recuperando e rielaborando i valori della classicità romana e, in minor misura, greca, si irradiò nel resto d'Italia e nella massima parte del continente europeo, traghettando l'Occidente dall'età medievale a quella moderna. Alla base di tale civiltà, nota come Rinascimento vi furono:

  • le innovazioni delle strutture economiche e sociali italiane che permisero un'espansione senza precedenti della finanza e del commercio e generarono un enorme afflusso di ricchezza in molti centri peninsulari (Milano, Firenze, Genova, Venezia, ecc.),
  • lo sviluppo di un pensiero filosofico e politico profondamente originale e innovativo,
  • lo sviluppo di una lingua autoctona di prestigio che si affiancò al latino come veicolo di diffusione culturale,
  • le grandi realizzazioni architettoniche, artistiche, letterarie, di un nutrito gruppo di geniali creatori che rivoluzionarono le concezioni estetiche del tempo.

La consapevolezza di aver elaborato forme comuni di vita, d'arte e di comunicazione mediante una civiltà raffinata che si andava diffondendo in tutta Europa, iniziò a ridare alle classi dirigenti ed intellettuali dell'Italia del tempo una vaga coscienza comunitaria che sembrava essersi definitivamente spenta all'indomani della caduta dell'Impero romano d'Occidente.

Attorno alla metà del XVI secolo, il Rinascimento lasciò il posto al Manierismo e quest'ultimo, mezzo secolo più tardi, alla civiltà barocca, che, nata anch'essa in Italia, ebbe un riflesso internazionale (in Europa e nelle Americhe) non inferiore a quella rinascimentale. L'Italia, pur se fortemente frammentata e in parte sotto la dominazione straniera, continuò ad essere un'area di grande importanza economica e culturale fino ai primi decenni del XVII secolo[108] per poi entrare successivamente in franca recessione. La crisi divenne sempre più evidente sul finire della guerra dei trent'anni e si protrasse per tutto il XVII secolo. Il vigore creativo degli italiani, salvo rare eccezioni (musica sia strumentale che lirica, teatro comico, soprattutto nella forma della commedia dell'arte) subì un notevole ridimensionamento, e l'Italia cessò di essere al centro delle grandi correnti di pensiero che l'avevano resa celebre. Anche quando, nella seconda metà del Settecento, si ebbe un risveglio economico e culturale sia dell'Italia centro-settentrionale che del Mezzogiorno, gli italiani avevano ormai definitivamente perso quel primato che li aveva contraddistinti per tanti secoli della loro storia e dovettero confrontarsi, spesso in una posizione di subordinazione, con le aree culturalmente più avanzate, dinamiche e prospere d'Europa e d'America. Negli ultimi anni del XVIII secolo e i primi dell'Ottocento, gli stati italiani entrarono tutti nell'orbita napoleonica.

Dalla riunificazione d'Italia ai giorni nostri

Il Risorgimento e l'Unità d'Italia

 
Giuseppe Garibaldi, condottiero della Spedizione dei Mille

Con il processo storico che va sotto il nome di Risorgimento, che ebbe inizio all'indomani del periodo napoleonico (o, secondo taluni, in età napoleonica o prenapoleonica) ed ebbe termine con la presa di Roma (1870), la massima parte d'Italia riacquistò la propria indipendenza statuale sotto la monarchia dei Savoia e si riunificò, dopo circa tredici secoli, politicamente. Restavano fuori dai confini nazionali solo il Trentino, il Friuli orientale e la Venezia Giulia.

Sotto il profilo culturale iniziò in quegli anni a divulgarsi a livello popolare la lingua italiana, che fino ad allora era parlata e scritta solo dalle classi colte (aristocrazia, media e alta borghesia ed intellettuali) poiché già godeva dello status di lingua ufficiale negli stati preunitari[109]. L'affermazione dell'italiano, divenuto in quegli anni lingua nazionale[110], fu tuttavia lenta, dal momento che dovette scontrarsi con la scarsa mobilità delle persone, il bassissimo livello di scolarizzazione e il forte attaccamento verso i dialetti e gli idiomi regionali molto usati negli Stati[111].

Solo nel corso del secolo successivo, con la grande guerra, che avvicinò milioni di Italiani, con l'organizzazione sindacale dei lavoratori e con la diffusione dei mezzi di comunicazione di massa (giornali, cinema, radio e, soprattutto, televisione) fu raggiunta una vera e propria unità linguistica[112].

La prima guerra mondiale

Sicuramente un importante episodio in cui gli italiani di diverse regioni si confrontarono gli uni con gli altri fu costituito dall'esperienza della prima guerra mondiale che, secondo taluni, chiuse idealmente l'epopea risorgimentale con il ricongiungimento all'Italia di Trento, Trieste, Gorizia e la Venezia Giulia[113].

 
San Martino del Carso: monumento alla Brigata Sassari sulla "Dolina Sassari".

Per questo sforzo venne insignita di: La guerra risvegliò la coscienza nazionale e permise a siciliani, calabresi, lombardi, sardi (arruolati in massima parte nella Brigata Sassari) e al resto degli italiani (provenienti anche dalle terre irredente: trentini, giuliani, dalmati, ecc.) di entrare in contatto fra loro e di superare insieme, e vittoriosamente, uno dei conflitti più aspri e sanguinosi che avevano sconvolto il Continente europeo. Tale prova epocale contribuì non solo a creare una più unita e salda unita' nazionale, ma anche un nuovo concetto di identità italiana, più moderno e condiviso rispetto al secolo precedente.[114] Nel corso della guerra, l'evento maggiormente evocativo di questa "nuova identità condivisa" fu probabilmente la battaglia del Piave. Secondo lo scrittore e giornalista Domenico Quirico, gli italiani del Piave «(...) non erano più i santi maledetti del 17, gente invelenita dalle spallate, resa ottusa dall'odio per una condizione che sentiva bestiale e soprattutto inutile: era una nuova Italia, arrivata in trincea forse meno baldanzosa di quella del 15, ma che in compenso voleva fare il suo dovere, bene e fino in fondo. Il patriottismo (...) era diventato una passione come l'amore per la famiglia, non una dottrina»[115]. Per Piero Melograni la vittoria non fu solo un motivo di orgoglio per gli italiani che «...non avrebbero mai creduto, nel 1915, di poter resistere a una sconfitta come quella di Caporetto e a 41 mesi di logoranti, giganteschi sforzi. Ora invece dopo tanto soffrire, avevano vinto la guerra, conquistato Trento e Trieste, portato a dissoluzione l'Impero austro-ungarico. In quei giorni di novembre folle di cittadini discesero nelle piazze per inneggiare alla vittoria e alla pace.». Ma fu anche «una acceleratrice di fenomeni sociali...producendo una fondamentale conseguenza sul piano politico: che nessun gruppo dirigente avrebbe potuto esercitare il potere senza istituire un legame con le grandi masse»[116]

Il Fascismo

Nel periodo fascista si produsse un coinvolgimento delle masse nella vita nazionale[117], decisa da Benito Mussolini e da un ristretto numero di gerarchi. Si sviluppò in quegli anni una forte retorica inneggiante all'italiano e all'italianità, che si accompagnava al disprezzo per una presunta ed inarrestabile decadenza delle democrazie occidentali e all'odio per la Russia bolscevica.

Vennero quindi sviluppate in quegli anni forme esasperate di nazionalismo ed imperialismo che portarono l'Italia all'annessione dell'Etiopia, dell'Albania e ad entrare, con conseguenze tragiche, nella seconda guerra mondiale a fianco della Germania nazista.

Inoltre, nel 1938 furono emanate le leggi razziali fasciste, con le quali si emarginavano i cittadini di religione ebraica[118] nella supposizione che la popolazione italiana dovesse appartenere esclusivamente alla cosiddetta "razza ariana". Il "Manifesto della Razza", nell'ambito di quella che fu definita "politica etnica del fascismo"[119], così distingueva inoltre gli italiani da altri popoli: «Se gli Italiani sono differenti dai Francesi, dai Tedeschi, dai Turchi, dai Greci, ecc., non è solo perché essi hanno una lingua diversa e una storia diversa, ma perché la costituzione razziale di questi popoli è diversa».

Il dopoguerra

Nel secondo dopoguerra e in particolare fra gli anni cinquanta e settanta del Novecento, una favorevole congiuntura economica internazionale unitamente all'intraprendenza della classe imprenditoriale e alla tradizionale laboriosità delle masse lavoratrici autoctone, permisero all'Italia di svilupparsi, trasformandosi da paese prevalentemente agricolo in una delle grandi potenze industriali d'Europa e d'Occidente. Parallelamente acquistò dimensioni sconosciute in passato il flusso migratorio interno allo Stato italiano, che spinse milioni di persone a trasferirsi dalle regioni meridionali in quelle settentrionali, dove avevano per lo più sede le grandi aziende manifatturiere del Paese, alla ricerca di migliori opportunità di lavoro. In questo periodo iniziò a diffondersi il benessere economico presso strati sempre più ampi di popolazione e si accentuò il processo di omogeneizzazione del popolo italiano con la scolarizzazione e lo sviluppo dei mezzo di comunicazione di massa, che, come si è già accennato, furono potenti veicoli di trasmissione della lingua italiana.

La fine del XX secolo

Dagli anni ottanta è iniziato un processo migratorio verso l'Italia, protrattosi fino ai giorni nostri, da parte di persone provenienti da aree depresse o non ancora pienamente sviluppate sotto il profilo economico (Europa orientale, Medio ed Estremo Oriente, America Latina ed Africa). L'integrazione di questi nuovi cittadini alla realtà economica e culturale italiana è ancora in pieno svolgimento, mentre l'assimilazione dei loro figli, spesso nati in Italia o emigrati con le rispettive famiglie da bambini, si è generalmente realizzata in forma soddisfacente.

Cultura degli italiani

  Lo stesso argomento in dettaglio: Cultura italiana.

Dall'antichità fino a tutta la prima metà del XVII secolo, l'Italia è stata al centro di importanti correnti culturali ed essa stessa fulcro o origine di fenomeni di portata universale quali la civiltà etrusca, quella romana, il Cattolicesimo, l'Umanesimo, il Rinascimento e il Barocco.

Ancor oggi l'Italia è nota come la patria del diritto[senza fonte], di una lingua e una letteratura fra le più prestigiose d'Europa, di un patrimonio artistico e architettonico considerato il primo del mondo (è infatti il paese che ha il maggior numero di siti protetti dall'UNESCO come Patrimonio Mondiale dell'umanità, e fra questi prevalgono quelli di carattere artistico e monumentale). Riguardo a caratteristiche culturali tipicamente italiane, si rileva in letteratura il prevalere della commedia sulla tragedia e, almeno fino a tutto il XIX secolo, della lirica sulla prosa[senza fonte]. Tipica è la commedia dell'arte, con i suoi tratti farseschi e pungenti (che risalgono all'italum acetum) e la tipizzazione dei personaggi, in chiave spesso regionale (le maschere). La prevalenza della lirica è stata legata, oltre che a un presunto ‘sentimentalismo' italiano, soprattutto al carattere poco ‘popolare' che la letteratura italiana ha a lungo mantenuto. Nella pittura, in Italia è maturata la svolta che ha portato a un maggior realismo, in particolare con lo studio della prospettiva. L'architettura risente dell'influenza di quella antica, si pensi all'Alberti o al Palladio. Riguardo alla musica, prettamente italiana è l'opera e forte è la tradizione del bel canto. Il Rinascimento è stato anche il punto di avvio della cultura scientifica moderna, fondata sulla sperimentazione, e grande è stato il contributo degli italiani alle esplorazioni geografiche, da Marco Polo a Cristoforo Colombo. Infine, merita un cenno il contributo degli italiani nel cinema, sia nel cinema d'autore che nei generi più popolari, taluni dei quali (per esempio il western all'italiana) hanno avuto risonanza mondiale.

Considerando il folclore, prevale nettamente la dimensione locale/regionale su quella ‘nazionale', a parte manifestazioni legate alla comune tradizione religiosa, legate ad esempio al Carnevale o al matrimonio (per esempio, l'uso delle bomboniere e dei confetti[senza fonte]).

Anche nella cultura popolare, la dimensione locale prevale, almeno fino al XX secolo, quando prendono forma abitudini e fenomeni propriamente "italiani" (dalla musica leggera alla moda, dal caffè espresso al design, da certi aspetti dello "stile di vita" allo sport). Sono presenti comunque anche tradizioni nazionali, per esempio nei giochi popolari (dalla morra ad alcuni giochi di carte e al lotto) e nelle abitudini alimentari (la pasta, diffusa in tutta Italia, seppure con caratteristiche diverse dipendenti dal tipo di frumento disponibile; la cultura del vino).

Consistenza numerica degli italiani

Secondo dati Istat risiedono in Italia circa 60 milioni di persone[120]; in tale computo sono tuttavia considerati anche circa 5.000.000 stranieri residenti sul territorio italiano[120] e sono invece esclusi circa 5.000.000 italiani residenti all'estero[121], tra cui vengono considerati anche i cittadini dotati di un'altra cittadinanza (popolarmente, "doppio passaporto"), spesso rappresentanti degli ultimi gruppi della cosiddetta diaspora italiana verso altri stati europei (Francia, Germania, Belgio, Svizzera, Gran Bretagna ecc.) e le Americhe; si calcola che solo tra il 1876 e il 1925 partirono circa 14 milioni di persone[122] (con una punta massima nel 1913 di oltre 870.000 partenze).

Leggermente diversi sono i numeri relativi all'italofonia, dovendo in questo caso considerarsi anche gli svizzeri italiani, i comuni bilingue dell'Istria e un numero non quantificabile di oriundi, principalmente nelle Americhe.

Un altro fenomeno molto importante è quello degli oriundi italiani nel mondo, discendenti (spesso solo parzialmente) di coloro che emigrarono nel XIX e nel XX secolo; generalmente tali persone sono integrate da almeno 2-3 generazioni nei loro paesi di destinazione, mantenendo di fatto solo un flebile legame con l'Italia. Esistono solo stime indicative (e non sempre concordi) sui numeri relativi a tale presenza, dato che non ovunque vengono fatti censimenti in tal senso (praticamente solo negli Stati Uniti, Canada e Australia) e che la nozione di "ascendenza italiana" può essere letta in diversa maniera, dato che una persona può anche avere (e spesso è la norma) più ascendenze diverse.

Cittadini italiani residenti all'estero
comunità con oltre 1.000 residenti
(censimento AIRE 31-12-2012)[121]
  Argentina 691 481
  Germania 651 852
  Svizzera 558 545
  Francia 373 145
  Brasile 316 699
  Belgio 254 741
  Stati Uniti 223 429
  Regno Unito 209 720
  Canada 137 045
  Australia 133 123
  Spagna 124 013
  Venezuela 116 329
  Uruguay 90 603
  Cile 52 006
  Paesi Bassi 35 715
  Sudafrica 31 734
  Perù 30 513
  Lussemburgo 23 960
  Austria 21 581
  Ecuador 14 835
  Colombia 14 216
  Messico 13 409
  Croazia 13 019
  San Marino 11 934
  Israele 11 328
  Grecia 10 982
  Svezia 9 666
  Irlanda 8 545
  Paraguay 8 502
  Monaco 6 803
  Cina 6 746
  Rep. Dominicana 6 077
  Danimarca 5 328
  Portogallo 4 955
  Costa Rica 4 661
  Guatemala 4 370
  Egitto 4 139
  Emirati Arabi Uniti 4 133
  Turchia 3 921
  Romania 3 810
  Panama 3 688
  Tunisia 3 537
  Slovenia 3 425
  Polonia 3 392
  Norvegia 3 309
  Rep. Ceca 3 208
  Thailandia 3 081
  Nuova Zelanda 2 947
  Bolivia 2 891
  Giappone 2 789
  Finlandia 2 747
  Marocco 2 680
  Ungheria 2 566
  Palestina 2 518
  El Salvador 2 377
  Russia 2 355
  Cuba 2 266
  Singapore 1 968
  Malta 1 858
  Libano 1 770
  Kenya 1 602
  Liechtenstein 1 513
  Etiopia 1 318
  Nicaragua 1 162
  Indonesia 1 105
  Honduras 1 103
  Serbia 1 100
  India 1 066
  Filippine 1 035
  Nigeria 1 022
  Slovacchia 1 010
Principali comunità di oriundi italiani nel mondo Note
  Brasile 25 milioni (circa 15% pop. totale)[123] italo-brasiliani (categoria) [124][125]
  Argentina 20 milioni (circa 50% pop. totale) italo-argentini (categoria) [126][127]
  Stati Uniti 17,2 milioni (circa 6% pop. totale) italoamericani (categoria) [128]
  Francia 4 milioni (circa 6% pop. totale) italo-francesi (categoria) [129][130]
  Canada 1.445.335 (circa 4,5% pop. totale) italo-canadesi (categoria) [131]
  Uruguay 1.500.000 (circa 40% pop. totale) italo-uruguaiani (categoria) [132]
  Perù 1.400.000 (circa 4,8% pop. totale) Italo-peruani (categoria) [133]
  Venezuela 900.000 (circa 3% pop. totale) italo-venezuelani (categoria) [134]
  Australia 910.000 (circa 4% pop. totale) italo-australiani (categoria) [135]
  Messico 850 000 (< 1% pop. totale) italo-messicani
  Germania 700.000 (< 1% pop. totale) italo-tedeschi (categoria)
  Svizzera 527.817 (circa 7% pop. totale) italo-svizzeri (categoria)
  Regno Unito 300 - 500 000 (< 1% pop. totale) italo-britannici (categoria)
  Cile 150.000 (circa 2% pop. totale) italo-cileni (categoria) [132]
  Belgio 290 000 (circa 3% pop. totale) italo-belgi (categoria) [136]
  Costa Rica 120 000 (circa 3% pop. totale) italo-costaricani
  Paraguay 100 000 (circa 1,5% pop. totale) Italo-paraguaiani
  Ecuador 90 000 (circa 0,6% pop. totale) Italo-ecuadoriani
Principali comunità straniere residenti in Italia
(dati ISTAT 2011)[120]
  Romania 968.576
  Albania 482.627
  Marocco 452.424
  Cina 209.934
  Ucraina 200.730
  Filippine 134.154
  Moldavia 130.948
  India 121.036
  Polonia 109.018
  Tunisia 106.291
  Perù 98.630
  Ecuador 91.625
  Egitto 90.365
  Macedonia del Nord 89.900
  Bangladesh 82.451
  Sri Lanka 81.094
  Senegal 80.989
  Serbia
  Montenegro
  Kosovo
80.320
  Pakistan 75.720
  Nigeria 53.613
  Bulgaria 51.134

Note

  1. ^ Jacob Burckhardt, p. 113.
  2. ^ Cfr. dati ufficiali al 01.01.2012 nel sito ISTAT
  3. ^ Popolazione residente in Italia (Dati Istat) al netto della popolazione straniera residente (Dati Istat)
  4. ^ Gli appartenenti al gruppo etnico italiano secondo Italy populstat.info] si avvicinano molto al totale della popolazione autoctona residente in Italia rilevata dall'ISTAT
  5. ^ Svizzeri italiani residenti nel canton Ticino e nei cantone dei Grigioni (da non confondere con gli italo-svizzeri, cittadini della Repubblica Italiana residenti nel Paese o discendenti)
  6. ^ Population by Ethnicity, by Towns/Municipalities, Census 2001, su dzs.hr, 2001. URL consultato il 9 maggio 2007.
  7. ^ Population by ethnic affiliation, Slovenia, Census 1953, 1961, 1971, 1981, 1991 and 2002
  8. ^ Italiani di Montenegro
  9. ^ a b c d e f g h i j k l m n Annuario Statistico 2009 del MAE - Direzione Generale per gli Italiani all'Estero - Italiani iscritti all'anagrafe consolare: prime 15 Comunità più numerose (anno 2008), pagina 129.
  10. ^ Italo-svizzeri, ovvero cittadini della Repubblica Italiana residenti nel Paese (Statistiche del Ministero dell'Interno)
  11. ^ Voce "Italiani", su treccani.it, Vocabolario Treccani online. URL consultato il 26 giugno 2014 (archiviato il 26 giugno 2014).
  12. ^ Philip Q. Yang, Ethnic Studies: Issues and Approaches, Albany (NY), SUNY Press, 2000, p. 9. URL consultato il 26 giugno 2014.
  13. ^ «...l'Italia è uno spazio geografico che ha avuto per destino di raggiungere, possedere e poi perdere, e poi riconquistare, una unità etnica culturale politica, e così anche linguistica.» G. Devoto, Introduzione.
  14. ^ «[...] un popolo, compreso quello di cui facciamo parte [...] può essere concepito come un insieme consistente di individui che: vivono in un dato territorio da essi modificato a loro vantaggio [...], si aggregano in un certo numero di gruppi e sottogruppi (società) [...], dispongono di un patrimonio di conoscenze e di credenze comuni (cultura). [...] Uno degli elementi [...], la cultura, riveste un carattere di decisivo rilievo per quanto riguarda la sua specifica fisionomia.» Carlo Tullio-Altan
  15. ^ «La conquista romana unificò l'Italia. Nell'età di Augusto la penisola [...] aveva una forte omogeneità culturale: la lingua più diffusa era il latino, che s'imponeva sulle antiche lingue locali, gli dei di Roma erano venerati ovunque, i valori sociali romani erano condivisi da tutti, e dappertutto le città adeguavano il loro aspetto e le loro istituzioni al modello di città romana. I letterati celebravano nell'Italia la "maestra di tutte le genti", poiché essa era ormai una terra profondamente romana, la più romana di tutte.» Jean-Michel David, La romanizzazione dell'Italia, Bari, Laterza, 2002.
  16. ^ Il contributo più importante dato dagli etruschi al risveglio dell'Italia e dell'Europa occidentale «[...] è quello riguardante il rapporto con Roma. Ad essa diedero i natali, nel senso che la costruirono, le trasmisero le norme giuridiche più importanti, l'organizzarono sotto il profilo militare e politico, la cinsero di potenti mura per difenderla dai nemici e la elevarono a prima nazione su tutte le altre dell'Italia», permettendo in tal modo «[...] la nascita e il decollo di Roma che diffuse la propria cultura nel mondo a scapito dell'ellenismo, creando in questo modo le premesse per quella svolta radicale che produsse lo spostamento degli interessi spirituali e anche materiali dall'Oriente all'Occidente.» ( Ugo Di Martino, Le civiltà dell'antica Italia: storia, civiltà, cultura, Milano, Mursia, 1984, pp. 155-6.)
    Sotto il profilo artistico ebbe una notevole importanza l'affermazione, intorno al III secolo a.C., di un'arte medio-italica e cioè né greco-ellenistica né etrusca, la cui area va dall'Apulia al Piceno, dalla Campania al Lazio e al Sannio, il cui capolavoro è il Bruto Capitolino che ancor oggi si può ammirare a Roma, in Campidoglio. ( Ranuccio Bianchi Bandinelli, Roma, l'arte nel centro del potere, Milano, Corriere della Sera e Rizzoli libri illustrati, 2005, pp. 49-50.)
    Di maggior rilevanza sono tuttavia gli apporti al mondo romano in formazione, non solo artistici, ma anche commerciali (introduzione della monetazione), sociali (organizzazione della vita urbana), tecnici (edilizia e costruzioni navali) e scientifici (basti pensare alla diffusione della medicina) provenienti dai grandi centri costieri del Mezzogiorno peninsulare e della Sicilia. Roma entrò in contatto permanente con l'area commerciale greca dopo un accordo sanzionato con Napoli nel 326 a.C. (R. B. Bandinelli, op. cit., p. 44.), anche se non si può escludere, come suggerisce Bandinelli, che le mura serviane (la cui costruzione iniziò nel 378 a.C.) siano state erette con la collaborazione di maestranze siciliane (R. B. Bandinelli, op. cit., p. 45.).
  17. ^ G. Devoto, pp. 221, 235-237, 241-242, 247-249, 263-264.
  18. ^ Francesco Tuccari
  19. ^ Arnold J. Toynbee, Il racconto dell'uomo, Milano, Garzanti, 2009, p. 464.
  20. ^ Giuliano Procacci
  21. ^ AA. VV., Grande Atlante d'Italia De Agostini, Novara, Istituto Geografico de Agostini, 1987, p. 98.
  22. ^ Grande Atlante d'Italia, op. cit., p. 105.
  23. ^ Fondazione Migrantes, Rapporto Italiani nel Mondo 2010 (PDF), su progettoculturale.it, Roma, Edizioni Idos, dicembre 2010. URL consultato il 26 giugno 2014 (archiviato il 26 giugno 2014).
  24. ^ Ministero dell'Interno - Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali, Statistiche relative all'elenco aggiornato dei cittadini italiani residenti all'estero (AIRE), su infoaire.interno.it. URL consultato il 26 giugno 2014 (archiviato il 26 giugno 2014).
  25. ^ In Italia si ha un numero di naturalizzazioni rispetto alla popolazione straniera residente significativamente più basso della media europea; tale difformità non è comunque imputabile a processi di integrazione sostanzialmente differenti, bensì ad una legislazione sulla cittadinanza maggiormente orientata verso lo Ius sanguinis piuttosto che lo Ius soli (cfr. Andrea Stuppini, Stranieri in Italia, Molti immigrati e pochi nuovi italiani), tanto che l'acquisto della cittadinanza italiana [...] rappresenta piuttosto un riconoscimento concesso solo quando il percorso di inserimento è già in gran parte compiuto (cfr. ISTAT - Gerardo Gallo e Evelina Paluzzi, I cittadini italiani naturalizzati, pag 17
  26. ^ Fabio Berti, Esclusione e integrazione: uno studio su due comunità di immigrati, pag. 205
  27. ^ In particolare, riguardo le cosiddette "seconde generazioni": In realtà non si tratta di una seconda generazione, ma di una prima generazione di neo-autoctoni, che vive tra due culture, Stefano Allievi, Islam italiano: viaggio nella seconda religione del paese, Einaudi, 2003, pag. 216
  28. ^ Eugenio Torrese, Oltre il binomio welfare-immigrazione. Un'esperienza locale: l'Agenzia per l'integrazione, pag 140-141
  29. ^ ...esiste senz'altro una parte degli stranieri in Italia che si considerano più lavoratori che immigrati [...], ma altri, e il loro numero è in crescita, pensano invece che l'Italia sia diventato il luogo della loro vita, di quella delle loro famiglie e dei loro figli., Asher Colombo, Antonio Genovese, Andrea Canevaro, Educarsi all'interculturalità: immigrazione e integrazione dentro e fuori la scuola, 2005, pag. 18 [1]
  30. ^ http://micheletimpano.blogspot.com/p/san-giorgio-morgeto.html.
  31. ^ Strabone, Geografia, V, 1,1.
  32. ^ Lemma Etnia sull'Enciclopedia Treccani
  33. ^ Ethnic Studies: Issues and Approaches, Philip Q. Yang, SUNY Press, 2000 ISBN 0791444791
  34. ^ Cit. da AA.VV. (coordinatori Ruggiero Romano e Corrado Vivanti), Storia d'Italia Einaudi vol.14, I caratteri originali, Torino, Einaudi, 1972 e Milano, Il Sole 24 Ore, 2005 (ed. speciale su licenza della Giulio Einaudi editore), p. 958
  35. ^ Trattato tra la Repubblica Italiana e la Repubblica Socialista Federativa di Jugoslavia - Osimo, 10 novembre 1975
  36. ^ Vedi le due lettere costituenti l'allegato 6 del trattato allegati al trattato
  37. ^ The people, lemma in enciclopedia britannica
  38. ^ Ethnic Groups of Europe: An Encyclopedia, Curatore Jeffrey Cole, ABC-CLIO, 2011, ISBN 1598843028
  39. ^ a b c Umberto Eco, p. 81.
  40. ^ Tuccari
  41. ^ AA.VV. Calendario Atlante De Agostini, Novara, De Agostini Ed., 2011, p. 230, ISBN 978-88-511-1521-0
  42. ^ G. Devoto, pp. 221, 235-237, 241-242, 247-249, 263-264.
  43. ^ Umberto Cerroni, pp. 24-25.
  44. ^ Giuliano Procacci
  45. ^ Ernesto Galli Della Loggia, p. 31.
  46. ^ http://www.treccani.it/enciclopedia/popolo_res-766e83f0-e1d2-11df-9ef0-d5ce3506d72e/
  47. ^ "come per i paesi di lingua e cultura latina, la Storia individua quattro distinte fasi per la formazione del concetto di popolo italiano, nella sua accezione a-cronologica di lingua,cultura, ehtnos e identità singola o collettiva che, al sommarsi ,qui si, cronologicamente,hanno dato vita alla realtà comunitariamente nazionale descritta. L'Italia campaniforme e terramare studiate anche da Grimal, si sommano a quella classica (...), essa trova sintesi, completezza e prosecuzione nel secolo XI, fino ad uno sviluppo contemporaneo, che con strumenti e fenomeni ancora non ancora storicamente databili, e persino in corso, coronano il processo tutto (...) il Risorgimento ed i termini ideologico - letterari del Settecento, rappresentano una viva ripresa d'identità per gli abitanti della penisola; avendo però, per ovvi motivi, scarsa rilevanza antropologica e soprattutto archeologica, essi si conformano alla pratica grimaliana di definizione e archiviazione "chevauchement", uniformandosi come fasi avanzate e non preliminari (...)" in Dialoghi di Archeologia, n.21/73, Napoli, Cappieri Mario, 1973
  48. ^ Archeologia delle regioni italiane, Moscati, Rizzoli, 1984
  49. ^ Il contributo più importante dato dagli etruschi al risveglio dell'Italia e dell'Europa occidentale «[...] è quello riguardante il rapporto con Roma. Ad essa diedero i natali, nel senso che la costruirono, le trasmisero le norme giuridiche più importanti, l'organizzarono sotto il profilo militare e politico, la cinsero di potenti mura per difenderla dai nemici e la elevarono a prima nazione su tutte le altre dell'Italia», permettendo in tal modo «[...] la nascita e il decollo di Roma che diffuse la propria cultura nel mondo a scapito dell'ellenismo, creando in questo modo le premesse per quella svolta radicale che produsse lo spostamento degli interessi spirituali e anche materiali dall'Oriente all'Occidente.» ( Ugo Di Martino, Le civiltà dell'antica Italia: storia, civiltà, cultura, Milano, Mursia, 1984, pp. 155-6.) Sotto il profilo artistico ebbe una notevole importanza l'affermazione, intorno al III secolo a.C., di un'arte medio-italica e cioè né greco-ellenistica né etrusca, la cui area va dall'Apulia al Piceno, dalla Campania al Lazio e al Sannio, il cui capolavoro è il Bruto Capitolino che ancor oggi si può ammirare a Roma, in Campidoglio. ( Ranuccio Bianchi Bandinelli, Roma, l'arte nel centro del potere, Milano, Corriere della Sera e Rizzoli libri illustrati, 2005, pp. 49-50.)Di maggior rilevanza sono tuttavia gli apporti al mondo romano in formazione, non solo artistici, ma anche commerciali (introduzione della monetazione), sociali (organizzazione della vita urbana), tecnici (edilizia e costruzioni navali) e scientifici (basti pensare alla diffusione della medicina) provenienti dai grandi centri costieri del Mezzogiorno peninsulare e della Sicilia. Roma entrò in contatto permanente con l'area commerciale greca dopo un accordo sanzionato con Napoli nel 326 a.C. (R. B. Bandinelli, op. cit., p. 44.), anche se non si può escludere, come suggerisce Bandinelli, che le mura serviane (la cui costruzione iniziò nel 378 a.C.) siano state erette con la collaborazione di maestranze siciliane (R. B. Bandinelli, op. cit., p. 45.)
  50. ^ Keaveney A. 1982, Rome and the Unification of Italy, 47-14 b.c
  51. ^ Cit. da AA.VV., op. cit. (Grande Atlante d'Italia De Agostini), p. 5
  52. ^ Cit. da Antonio Gramsci, Quaderno 19. Il Risorgimento Italiano, Torino, Einaudi, ed. 1977, p. 4.
  53. ^ Umberto Eco, op. cit., p. 81
  54. ^ Giorgio Calcagno, op. cit. ^ Umberto Cerroni, op. cit., p. 66
  55. ^ Benedetto Croce, che scrive: «Sorse esso infatti, nuovo e singolare esempio nella semibarbarica Europa come monarchia civile, fondata da Ruggero...innalzata a sommo prestigio da Federico Svevo: uno stato moderno, in cui il baronaggio era tenuto in ristretti confini, ai popoli si garantiva libertà e giustizia, la mente del sovrano rischiarata da nobili concetti morali e politici regolava il tutto, avvalendosi degli uomini capaci dovunque li trovasse e promuovendo benessere e cultura...» Cit. da Storia del Regno di Napoli, 4ª ed., Roma-Bari, Laterza, 1980, pp. 1-2.
  56. ^ Naja. Storia del servizio di leva in Italia, Quirico Domenico "«La leva obbligatoria fu una delle prime misure adottate nel 1860 dal neonato Regno d'Italia e ha contribuito grandemente, insieme con la scuola elementare, alla formazione di una identità unitaria italiana»
  57. ^ G. Devoto, op. cit., pag. 346
  58. ^ Mario Sanges, I primi abitanti della Sardegna (PDF), su sardegnacultura.it, 2004, 29-39. URL consultato il 30 giugno 2014.
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  63. ^ La romanizzazione dell'Italia, Jean-Michel David, Laterza, 2002, pag. 171
  64. ^ "(...) nell'analisi linguistica, culturale, religiosa ed archeologica del passato della popolazione italiana, sono determinanti le fasi indoeuropee (III - II - I m.), le fasi a dislivello preindoeuropeo (I m), che in molte regioni sopravvisse e proliferò anche al terzo flusso (...) le fasi storiche della Civiltà romana (...)" Dialoghi di Archeologia, 13/74, "Civis romanum sum", De Andrei P. 1974
  65. ^ Histoire, linguistique, archéologie de l'Italie, Ktèma n.4/75, Roma, 1983 Chevailler R.
  66. ^ Keaveney A. 1982, Rome and the Unification of Italy, 47-14 b.c, 12° annex in "Social war", third paragraph
  67. ^ L'Italia romana. Storie di un'identità incompiuta, Andrea Giardina, Laterza, 2000
  68. ^ Ernesto Galli Della Loggia, op. cit., p. 31.
  69. ^ ^ a b c Umberto Eco, op. cit., p. 81.
  70. ^ Cit. da AA.VV., op. cit. (Grande Atlante d'Italia De Agostini), p. 5
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  75. ^ Jean-David Michel, Orietta Dora Cordovana e Amedeo De Vincentiis, La romanizzazione dell'Italia, Bari-Roma, Laterza, 2002, pag.43 ISBN 88-420-6413-0.
  76. ^ Jean-David Michel, Orietta Dora Cordovana e Amedeo De Vincentiis, La romanizzazione dell'Italia, Bari-Roma, Laterza, 2002, pag 157 ISBN 88-420-6413-0.
  77. ^ La colonizzazione romana tra la guerra latina e la guerra annibalica, 1988, Dialoghi di Archeologia, pag. 2
  78. ^ Ricerche sulla colonizzazione romana della Gallia Cisalpina, Bandelli G. Roma, 1988
  79. ^ Roma e l'Italia fra i Gracchi e Silla, Dialoghi di Archeologia, Rawson E., 1970
  80. ^ Cit. da AA.VV. (Aldo Schiavone, direzione), op. cit., pp. 302-303.
  81. ^ «...tutti vengono convivono negli stessi sodalizi religiosi, spendono parimenti il loro denaro per abbellire l'isola, adottano il comune etnico di Italicei, che, non indicando nulla sul piano giuridico, indica appunto il fattuale raggiungimento di una situazione paritaria. Ma questa parità aveva il suo prezzo sul piano culturale: l'Italico di Delo è ormai in tutto un romano...». Cit. da AA.VV. (Aldo Schiavone, direzione), op.cit., p. 310.
  82. ^ «...le denominazioni di Italici o Romaioi...coprivano indifferentemente romani e alleati...». Cit. da AA.VV. (Aldo Schiavone, direzione),op. cit., p. 171.
  83. ^ In tale guerra si formò una Lega italica guidata dai Marsi e dai Sanniti con capitale Corfinio ribattezzata per l'occasione Italica. Si coniarono anche monete che riportavano la didascalia "Italia"
  84. ^ Cit. da Antonio Gramsci, Quaderno 19 (X) 1934-35 (Risorgimento Italiano). Quaderni del carcere (vol. III), Einaudi (Torino, 1977) p.1960.
  85. ^ Storia della prima Italia, Pallottino M., 1985, Milano
  86. ^ Emigration from Italy in the Repubblican Age of Rome, Manchester, Wilson, 1966
  87. ^ L'Italia dei barbari. Claudio Azzara, il Mulino, 2002
  88. ^ La Sardegna romana, Meloni P, Sassari, 1975
  89. ^ Considerazioni sulla Sicilia nell'Impero romano (III secolo a.c - V secolo d.c), Clemente G. 1980
  90. ^ Ernesto Galli Della Loggia, op. cit., p. 44.
  91. ^ Storia d'Italia, 1989, p. 879.
  92. ^ Storia d'Italia, 1989, p. 880.
  93. ^ Storia d'Italia, 1989, p. 881.
  94. ^ Storia d'Italia, 1989, pp. 879-880.
  95. ^ Vedi pag 4, Giordano Bruno Guerri, 1997
  96. ^ Umberto Cerroni, pp. 24-25.
  97. ^ Walter Ullmann e Cherubini Roncaglia, Il papato nel Medioevo, Bari, Laterza, 1975, pp. 306-7.
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  100. ^ Umberto Cerroni, p. 66, e Benedetto Croce, che scrive: «Sorse esso infatti, nuovo e singolare esempio nella semibarbarica Europa come monarchia civile, fondata da Ruggero...innalzata a sommo prestigio da Federico Svevo: uno stato moderno, in cui il baronaggio era tenuto in istretti confini, ai popoli si garantiva libertà e giustizia, la mente del sovrano rischiarata da nobili concetti morali e politici regolava il tutto, avvalendosi degli uomini capaci dovunque li trovasse e promuovendo benessere e cultura...» Cit. da Storia del Regno di Napoli, 4ª ed., Roma-Bari, Laterza, 1980, pp. 1-2.
  101. ^ Giorgio Calcagno
  102. ^ Arnold J. Toynbee, Il racconto dell'uomo, Garzanti, pagg. 450-451
  103. ^ Henri Pirenne, Storia d'Europa dalle invasioni al XVI secolo, Newton Compton Editori, 2010, pagg. 220-222
  104. ^ Ernesto Galli Della Loggia, p. 50.
  105. ^ Umberto Cerroni, p. 120.
  106. ^ Il testo, in latino, tradotto dal Trissino, è tratto dalla De vulgari eloquentia e sta in: Umberto Cerroni, p. 121.
  107. ^ Emma Bernini
  108. ^ «Troviamo dunque un'innegabile ricchezza in questa Italia dell'ultimo scorcio del Cinquecento e del primo Seicento. Nessuna sorpresa dunque: il secolo dei genovesi, che è anche quello del primo Barocco è il periodo del massimo irradiamento della civiltà italiana. Abbiamo come un secolo particolare, fatto di due metà: 1550-1600 e 1600-1650, che è il grande secolo italiano...». Fernand Braudel, p. 83.
  109. ^ Bruno Migliorini, (1960). Storia della lingua italiana. Prima edizione, Italia: Sansoni.
  110. ^ A Brief History of the Italian Language, Cory Crawford Brigham Young University
  111. ^ Storia della lingua di Vittorio Coletti Enciclopedia Treccani
  112. ^ G. Devoto, pag. 346
  113. ^ È questa l'opinione non solo di intellettuali nazionalisti e irredentisti dell'epoca, ma anche di alcuni storici liberali, fra cui Adolfo Omodeo, che fu «uno dei più accesi sostenitori della visione della Grande guerra come continuazione e compimento delle guerre di indipendenza e del Risorgimento...» Cit. da: AA. VV. Storia d'Italia, Einaudi 1974 ed. speciale il Sole 24 Ore, Milano 2005 vol. 10 (Alberto Asor Rosa, Dall'unità ad oggi) p. 1356.
  114. ^ Fortunato Minniti, Il Piave (L'identità italiana), Bologna, Il Mulino, 2002
  115. ^ Generali, Domenico Quirico, pag.270
  116. ^ Cit. tratte da Piero Melograni, Storia politica della grande guerra 1915/18, Roma-Bari, Laterza, 1977, vol.II, pp. 556-559
  117. ^ «...di certo il fascismo fu il primo ordinamento dello Stato capace di coinvolgere nella sua azione la maggioranza di individui, dando significato alle parole "popolo italiano"». cit. da Giordano Bruno Guerri, Antistoria degli Italiani. Da Romolo a Giovanni Paolo II, Milano, Arnaldo Mondadori ed., 1997, p. 308, ISBN 88-04-46396-1
  118. ^ Non solo essi, ma in particolare essi.
  119. ^ Più autori, ad esempio Giordano Bruno Guerri, Appunti sulla politica etnica del fascismo
  120. ^ a b c / dati ISTAT
  121. ^ a b Numero iscritti suddivisi per ripartizioni estere
  122. ^ Fonte: Rielaborazione dati Istat in Gianfausto Rosoli, Un secolo di emigrazione italiana 1876-1976, Roma, Cser, 1978
  123. ^ Gli italiani in Brasile
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  125. ^ Italiani in Brasile, 25 milioni di oriundi
  126. ^ (ES) Unos 20 millones de personas que viven en la Argentina tienen algún grado de descendencia italiana
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Bibliografia

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