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«Al mio funerale sarà bello assai perché ci saranno parole, paroloni, elogi, mi scopriranno un grande attore: perché questo è un bellissimo paese, in cui però per venire riconosciuti in qualcosa, bisogna morire.»
Totò

Totò, pseudonimo di Antonio Griffo Focas Flavio Angelo Ducas Comneno Porfirogenito Gagliardi De Curtis di Bisanzio, più semplicemente Antonio De Curtis (Napoli, 15 febbraio 1898Roma, 15 aprile 1967), è stato un artista italiano.

Firma di Totò.
Totò in una scena del telefilm Totò Ciak.

Attore simbolo dello spettacolo in Italia, soprannominato «il principe della risata», è considerato uno dei maggiori interpreti del cinema e del teatro, campi dove si è affermato particolarmente per la duplice capacità di affrontare ruoli comici e drammatici, ma si è distinto anche al di fuori della recitazione, lasciando contributi come drammaturgo, poeta, musicista, paroliere e cantante.

Maschera nel solco della tradizione della commedia dell'arte, accostato a comici come Buster Keaton e Charlie Chaplin, ma anche ai fratelli Marx e a Ettore Petrolini, in quasi cinquant'anni di carriera ha spaziato dal teatro (con oltre cinquanta titoli) al cinema (con novantasette pellicole) e alla televisione (con nove telefilm, partecipazioni a spettacoli di varietà e sketch pubblicitari), lavorando con molti tra i più noti protagonisti dello spettacolo italiano e arrivando a sbaragliare con numerosi suoi film i record d'incasso e di ascolti. Sia nei copioni più brillanti che nelle parti impegnate, che hanno caratterizzato soprattutto l'ultima fase della sua carriera, ha adoperato una propria unicità interpretativa, mai venuta meno nemmeno quando una grave forma di corioretinite lo ha portato a una condizione di quasi cecità.

Quasi sempre stroncato dalla critica è stato ampiamente rivalutato dopo la sua scomparsa, tanto da poterlo considerare il comico italiano più popolare di sempre.

Biografia

Lo scugnizzo del Rione Sanità

«Signori si nasce e io lo nacqui, modestamente!»
 
Totò a otto anni
 
Anna Clemente
 
Giuseppe De Curtis

Totò nasce il 15 febbraio 1898 nel rione Sanità, un quartiere considerato il centro della “guapperia” napoletana, al civico 109 di via Santa Maria Antesaecula, frutto di una relazione clandestina tra sua madre, Anna Clemente, col marchese Giuseppe De Curtis. Non riconosciuto dal padre viene registrato all'anagrafe come Antonio Vincenzo Stefano Clemente, figlio di Anna e di N.N.. Solitario e di indole malinconica cresce in condizioni estremamente disagiate, con la madre che pensa più all'amante che al figlio ed affidato perennemente a sua nonna Teresa. Il padre, che pure ha qualche occasione per vederlo di persona, ricopre di regali costosi l'amante ma non si cura minimamente del figlio, che vive la sua infanzia in condizioni di estrema povertà, con pasti frugali e abiti ricavati dalle vistose gonne dismesse da Anna.

Ricco di fantasia fin da bambino dimostra una precoce vocazione artistica. Riempie le sue giornate osservando di nascosto le persone, in particolare quelle che gli sembrano più eccentriche, cercando di imitarne i movimenti, e facendosi attribuire così il nomignolo di «'o spione». Questo suo curioso metodo di "studio" lo aiuta molto per la caratterizzazione di alcuni personaggi interpretati durante la sua carriera. Le sue prime recite avvengono quindi in casa, paludato negli abiti della madre trasformati in improvvisati costumi di scena, sorridendo di se stesso davanti allo specchio. Se non è da escludersi che i travestimenti fossero un inconscia voglia di averla accanto, è indubbio che al piccolo Totò recitare piace davvero e lo fa a danno dello studio, tanto che giunto in quarta elementare viene retrocesso in terza per scarso profitto. I suoi spettacoli casalinghi, che hanno inizialmente sua nonna come unico spettatore, riempono i vuoti affettivi, sfogano una vocazione artistica che emerge prepotente, ma servono soprattutto al bambino per dimenticare la povertà con una sorta di autocompiacimento.

 
L'edificio dove Totò è nato e ha vissuto la sua infanzia.

La sua prima recita pubblica risale al 1905. Sua nonna ha ricavato un paio di pantaloni corti da una veste a fiori rossi piuttosto vistosa, costellata da macchie di cosmetici, che risultano larghi e alti di vita. Sceso in strada con un aspetto simile a un clown viene deriso dagli altri ragazzi, che gli danno del "femminiello" e del "ricchione". In un moto di rabbia si strappa di dosso l'indumento, e una volta rimasto in mutande improvvisa una macchietta con un giro di danza che riscuote l'unanime consenso e l'applauso di tutti i presenti.

L'anno successivo entra in collegio per iniziativa del padre, ma il suo profitto è scarso e ne esce a tredici anni senza conseguire la licenza ginnasiale. Durante la permanenza nell'istituto Cimino un incidente, il pugno di un precettore che lo colpisce involontariamente in pieno viso durante un arrangiato incontro di boxe, gli deforma il naso e il mento, caratterizzando quella che sarà in futuro la sua "maschera". Il suo rendimento è comunque scarso e a tredici anni decide di abbandonare gli studi senza conseguire la licenzia ginnasiale. Tornato a casa annuncia ai già contrariati genitori che vuole intraprendere la carriera di attore, da loro vista come sinonimo di miseria e vita sregolata. Più per accontentare sua madre che per una reale vocazione per qualche tempo coltiva l'idea di diventare sacerdote, ma il suo esordio da chierichetto è disastroso ed abbandona anche questa strada.

Intanto ha sviluppato l'interesse per le cose belle e raffinate ed ha anche scoperto il sesso grazie ai suoi amici, che lo hanno portato da una prostituta di nome Carmela. Per il giovane Totò sono due aspetti della vita cui non vale la pena rinunciare, anche se dalla prima esperienza con una donna è uscito con lo scolo. Per mettere insieme i soldi necessari a soddisfare le sue ambizioni va a lavorare da uno zio marmista secondo alcuni, da un imbianchino di nome mastro Alfonso per altri. Con grandi sacrifici risparmia la somma necessaria a comprare il primo abito decente della sua vita, un completo di cui fare sfoggio nel rione ed utile anche per far colpo sulle ragazze.

 
Totò durante il servizio militare, nel 1918

Quell'abito, e il marchio infamante della dizione N.N. sui documenti che presenta quando viene chiamato alle armi, sono all'origine del riconoscimento di suo padre e della riappacificazione familiare. Tornato dal fronte, infatti, il giovane Totò non lo ritrova nel cassetto dove lo ha lasciato perchè sua madre, perennemente a corto di soldi per la sua vita dispendiosa, l'ha venduto. Preso da un moto di ribellione, stanco di fare una vita grama con un padre benestante, lancia un ultimatum ai genitori. "Se non fate in modo che mi chiami De Curtis", dice loro, "da oggi in poi non mi vedrete più". Anna e Giuseppe si sposano tuttavia solo nel 1924, venuto a mancare il marchese padre, e col nome di Antonio De Curtis Totò ritrova in parte la sua serenità, anche se i ricordi dell'infanzia non lo abbandoneranno mai.

La vita militare e i primi spettacoli

«... bazzecole, quisquilie, pinzellacchere!»

Durante gli anni della prima guerra mondiale viene chiamato alle armi nel Regio Esercito ed assegnato al 22º Reggimento fanteria, di stanza dapprima a Pisa, poi a Pescia. Alla stazione di Alessandria, durante il trasferimento al fronte, il comandante del suo battaglione lo arma di coltello e lo avverte che avrebbe condiviso gli alloggiamenti in treno con un reparto di soldati marocchini dalle strane e temute abitudini sessuali. Terrorizzato all'idea non è chiaro se viene colto da malore o se finge un attacco epilettico, fatto sta che evita di partire per la Francia e viene ricoverato nel locale ospedale militare.

Inquadrato successivamente nell'88º Reggimento fanteria "Friuli", di stanza a Livorno, si trova a subire soprusi e umiliazioni da parte di un caporale che lo carica di corvès. Da quell'esperienza nasce uno dei motti celebri dell'attore, «Siamo uomini o caporali?», a sottolineare che gli uomini non si dividono in buoni e cattivi, ma tra persone che vogliono comandare e persone che si rassegnano a subire.

 
Totò sul finire degli anni '20
 
Totò negli anni '30

Terminato il servizio militare il padre, nell'intento di distoglierlo dalle sue velleità di attore, vorrebbe avviarlo alla carriera di ufficiale in marina. Poco avvezzo alla disciplina, ed anzi spronato da una serie di esperienze di spettacolo improvvisate per i commilitoni sulla falsariga di quelle tenute da ragazzo nelle "periodiche" riunioni di famiglia, inizia la sua strada di attore teatrale scritturato dall'impresario Eduardo D'Acierno ed ottiene il suo primo successo alla Sala Napoli, un locale minore del capoluogo campano, con una parodia della canzone Vipera. La prima versione è intitolata "Vicoli", da lui ascoltata nell'interpretazione di un giovanissimo Nino Taranto, al quale chiede il permesso di utilizzarla. La canzone racconta la storia di un ragazzo che si è preso una malattia venerea dopo essere andato con una prostituta e viene interpretata in scena inalberando un catenaccio fissato all'abbottonatura dei pantaloni. E' una caricatura grossolana ma che diverte il pubblico pur senza ottenere chissà quale successo. Non potendola replicare all'infinito riscrive il medesimo soggetto col nuovo titolo "Biscia" e monta un numero completamente diverso, nel quale per la prima volta si produce nei movimenti contorsionistici del collo e degli arti che lo renderanno famoso negli anni a venire.

In questa prima fase della sua carriera Totò ha assunto il nome d'arte "Clerment" e si esibisce mercè un compenso di 1,80 lire al giorno.

Da questa prima esperienza intraprende la strada della parodia ma non con il successo sperato. Le sue successive esibizioni al teatro Trianon e nei piccoli teatrini attorno alla stazione centrale, frequentati perlopiù da viaggiatori in attesa tra un treno e l'altro, si rivelano infatti un fiasco. Dopo l'ennesima ondata di fischi ottenuta al teatro Della Valle di Aversa decide di raggiungere i suoi genitori, che si sono nel frattempo sposati e sono andati a vivere in un appartamento di via Villafranca, a Roma.

Dalla depressione ai primi successi

«Ma mi faccia il piacere!»

Riunitosi alla famiglia Totò, nuovamente contro la volontà dei genitori, ottiene un ingaggio come straordinario - cioè un elemento da utilizzare occasionalmente e senza nessun compenso - nella compagnia dell'impresario Umberto Capece. E' una compagine caratterizzata da attori di bassa qualità e per di più negligenti, che lavora in un baraccone di legno sistemato a piazza Risorgimento, pomposamente chiamato "Salone Sant'Elena", dove si varia lo spettacolo ogni giorno e si prova solo due ore prima di andare in scena. Si rappresenta di tutto, dai copioni impegnati alle macchiette napoletane, ma sulla base di un canovaccio che gli attori riempono con lazzi e improvvisazioni. Per recarsi al lavoro, perennemente a corto di soldi, è costretto a farsi a piedi ogni giorno la strada tra la stazione Termini e la zona delle mura vaticane. La fatica quotidiana lo spinge a chiedere a Capece qualche moneta per poter almeno usare il tram, ma l'impresario gliele nega e lo licenzia su due piedi. Dopo una breve esperienza nella compagnia di Francesco De Marco, che si esibisce al teatro Diocleziano e che dura solo due settimane per l'antipatia di un primo attore che teme di essere scalzato, rimane del tutto disoccupato.

Sfiduciato e depresso continua a coltivare i suoi sogni frequentando abitualmente i Caffé Canavera di piazza San Silvestro e Vesuvio di piazza San Claudio, dove si ritrovano soprattutto gli attori senza lavoro. Nonostante si trovi nel suo ambiente la mancanza di un ingaggio e il pessimismo per il futuro aggravano la sua depressione. Secondo alcuni biografi tenta addirittura il suicidio con l'etere, sventato da sua madre che, trovatolo disteso sul letto incosciente, lo rianima mettendogli la testa sotto il rubinetto. Questo gesto estremo è anche dettato da un attricetta calabrese che si esibisce in un numero esotico spacciandosi per indiana. Totò l'ha piantata in asso dopo che nella sua camera, prossimi ad abbandonarsi ad un rapporto, la giovane si fa avvolgere da un pitone terrorizzando il giovane attore. Per vendicarsi ha sparso la diceria che Totò è impotente arrecandogli una grave offesa, dato che le donne sono la seconda grande passione della sua vita dopo il teatro.}}

L'impresario Giuseppe Jovinelli, il primo a credere nel talento comico di Totò

Deciso a reagire alle difficoltà abbandona il teatro dialettale per darsi a quello di varietà. L'occasione è l'incontro con l'impresario teatrale Giuseppe Jovinelli, proprietario dell'omonimo teatro di piazza Guglielmo Pepe dove sono passati attori del calibro di Ettore Petrolini, Gustavo De Marco, Raffaele Viviani e molti altri. Jovinelli rimane entusiasta delle sue dimostrazioni e lo scrittura per una settimana. Per la prima volta Totò ha un camerino tutto suo, dove inizia ad utilizzare una scatola di latta per i trucchi che lo seguirà per tutta la vita, ma il pubblico per molti aspetti non è diverso da quello dei piccoli teatri campani. Accanto a persone impomatate e bottegai susseguiosi, infatti, gli spettatori dell'avanspettacolo sono generalmente burrascosi, commenti, derisioni e pernacchie non si contano, come pure è facile vengano lanciati oggetti od ortaggi contro gli attori. Spronato dal nome a grandi caratteri sui manifesti ma Totò, che ora si avvale del diminutivo datogli dalla madre, si sente in grado di affrontarlo. Ragazzacci sboccati e soldati che sputano le bucce delle fusaie sulla testa del vicino gli danno ragione, anche perché gli imprevisti di spettacoli improvvisati più o meno sul momento (come la fuga in platea dai colpi di un pugile furioso), vengono scambiati per scene preparate.

Al teatro Jovinelli va in scena una sera nella macchietta de "Il bel Ciccillo", cavallo di battaglia di Gustavo De Marco, sostituito da Totò per una indisposizione. Imitandone lo stile marionettistico riscuote un successo tale ("sei meglio di De Marco" si dice urlassero dal pubblico), da diventare titolare del numero.

L'affermazione nazionale

«E io pago! E io pago!»

I buoni risultati ottenuti gli valgono un rinnovo per sei mesi del contratto con Jovinelli. La paga è buona ma non sufficiente allo stile di vita cui Totò ambisce. Può mantenersi, soddisfa qualche piccolo capriccio ma ancora non può permettersi gli abiti eleganti e gli accessori di lusso che sognava da bambino povero, men che meno il taglio dei capelli con le basette stile Rodolfo Valentino, che richiede continui interventi di mantenimento. Per coprire quelle che per tutta la vita chiamerà "le toppe al culo" indossa sempre un cappotto, che non si toglie nemmeno quando siede sulla poltrona del barbiere. Proprio da quest'ultimo, si chiama Pasqualino, si presenta un giorno senza l'ingombrante indumento. Con la liquidazione di Jovinelli ha potuto finalmente dar via il suoi vecchio abito rattoppato grazie ad un conoscente che ha preteso il cappotto e ventitrè lire. Non potendosi permettere di meglio ora indossa quello che diventerà il tipico costume di scena della sua carriera, il "fracchesciacche" coi pantaloni a saltafosso, la bombetta e un laccio di scarpe al posto della cravatta.

Pasqualino, che ha la sua bottega in via Frattina, è amico di attori e impresari e riesce a farlo scritturare da Salvatore Cataldi e Wolfango Caviglia, proprietari della Sala Umberto I di via della Mercede. La sera del debutto l'attore da il meglio di se, lasciandosi andare in mimiche facciali, piroette, doppi sensi e le immancabili macchiette di Gustavo De Marco. Tra richieste di bis e applausi l'esperienza della Sala Umberto segna per Totò la definitiva affermazione nello spettacolo di varietà e il trampolino di lancio verso la notorietà nazionale. Tra il 1923 e il 1927 si esibisce nei principali caffè-concerto italiani. La stampa e la critica iniziano ad interessarsi della sua arte e ne tessono le lodi. Aumentano finalmente i guadagni, e con le maggiori entrate inizia a riempire il suo guardaroba di abiti eleganti, a impomatare i capelli con le tanto desiderate basette alla Rodolfo Valentino. E' un periodo roseo anche con le donne, e sono numerose le avventure con sciantose e ballerine, al punto da valergli l'appellativo di sciupafemmine. Si racconta che prima di iniziare uno spettacolo sbircia sempre tra il pubblico alla ricerca della "bella di turno", alla quale dedicare la sua esibizione, e che il più delle volte lo raggiunge nel suo camerino durante l'intervallo o al termine dello spettacolo.

Durante questo girovagare per l'Italia inizia per Totò anche l'ossessione araldica. Va spesso nei cimiteri per scoprire sulle lapidi i nomi dei suoi omonimi. A Torino scopre la tomba di un nobile suo omonimo, vissuto due secoli prima, e ne è entusiasta al punto da portare tutta la compagnia sulla tomba, sulla quale si commuove al punto da trascinare i presenti al pianto.

Nel 1927 viene scritturato da Achille Maresca, proprietario della compagnia Molinari con sede al Teatro Nuovo di Napoli, che lo vuole al posto di Gennaro Di Napoli, da poco venuto a mancare. E' una preziosa occasione per unire l'esperienza del teatro dialettale con quella del varietà, unione che si concretizza nella rivista di genere parodistico e caricaturale, dove può tornare ad immergersi nel dialetto e nello spirito napoletano in cui aveva cominciato a muovere i primi passi. A Napoli Totò lavora con primedonne già affermate come Isa Bluette, una delle più famose soubrette del periodo, e soprattutto conosce Mario Castellani, che sarà in seguito una delle sue "spalle" più fedeli ed apprezzate.

Nel 1929, mentre si trova a La Spezia, viene contattato dal barone Vincenzo Scala, titolare del botteghino del Teatro Nuovo, che gli comunica una proposta di scrittura da parte dall’impresario Eugenio Aulicio. Chiesto e ottenuto il cospicuo compenso di trecento lire al giorno torna di nuovo nella sua città, dove recita in alcun spettacoli di Mario Mangini e di Eduardo Scarpetta come Miseria e nobiltà e Messalina e I tre moschettieri (dove impersona d'Artagnan), accanto a Titina De Filippo. Messalina rimane particolarmente impresso negli occhi del pubblico, in quanto Totò improvvisa una scenetta in cui si arrampica su per il sipario facendo smorfie e sberleffi agli spettatori, i quali vanno totalmente in visibilio

Liliana Castagnola

«E' con il profumo di questi fiori che vi esprimo tutta la mia ammirazione.»
 
La celebre foto di Liliana Castagnola con la sua dedica a Totò. L'attrice porta la pettinatura a caschetto che nasconde una cicatrice sulla fronte, effetto di un colpo di pistola sparato da un suo amante, che l'ha colpita di striscio.
 
Liliana Castagnola.
 
La foto di scena che ha scatenato la gelosia di Totò..

Le soddisfazioni professionali dell'attore non vanno però di pari passo con quelle sentimentali. Nonostante il suo successo con le donne e le numerose avventure, si sente inappagato, almeno fino a quando non irrompe nella sua vita Liliana Castagnola, che Totò nota su alcune sue fotografie in un provocante abito di scena. Donna di grande fascino, divoratrice di uomini e dei loro soldi, è costante oggetto delle cronache mondane da quando è stata espulsa dalla Francia per aver indotto due marinai al duello e un suo amante geloso si è tolto la vita dopo averle sparato due colpi di pistola. Quando giunge a Napoli nel 1929, scritturata dal teatro Santa Lucia, Totò è nel pieno del successo. Abita in un lussuoso albergo, si muove soltanto in taxi e spende cifre astronomiche per fiori e regali alla fortunata di turno, scelta tra una pletora di donne che se lo contendono. L'attore non può fare a meno di notarla in un palco del Teatro Nuovo, dove si è recata per assistere a un suo spettacolo, e almeno inizialmente la considera la prescelta di quella sera. Le manda un grande mazzo di rose rosse alla pensione degli artisti, dove alloggia e lo invita per trascorrere una serata assieme.

La donna fatale che ha economicamente rovinato molti amanti, malvista al punto di ispirare la scandalosa protagonista del romanzo Mimì Bluette fiore del mio giardino, vede in Totò l'amore vero della sua vita, l'uomo con cui vuole stare per davvero, e per restargli vicino a Napoli rifiuta ulteriori scritture. Il suo amore è vero ma, com'è tipico del suo carattere, morboso e per molti aspetti malsano. Totò è inoltre geloso dell'ammirazione di cui gode nel pubblico maschile, della foto di scena riprodotta in molti esemplari per gli autografi, e non ricambia puntualmente tutte le sue attenzioni.

La donna fatale che ha economicamente rovinato molti amanti, malvista al punto di ispirare la scandalosa protagonista del romanzo Mimì Bluette fiore del mio giardino, vede in Totò l'uomo della sua vita, e per restargli vicino a Napoli rifiuta ulteriori scritture. Il suo amore è sincero ma, com'è tipico del suo carattere, morboso e per molti aspetti malsano. Entrambi sono poi bersaglio di maldicenze e pettegolezzi che trascinano Liliana in un profondo stato di depressione. Già nel febbraio 1930 la relazione inizia a deteriorarsi mentre la donna, in un moto di attaccamento morboso al suo uomo, propone di farsi scritturare nella stessa compagnia. Sentendosi sempre più oppresso dal suo comportamento Totò, che più volte ha meditato di lasciarla, accetta un contratto con la compagnia della soubrette "Cabiria" per una tourneè in tutta Italia. Nella notte tra il 2 e il 3 marzo, rimasta sola dopo aver scongiurato più volte Totò di non partire, si toglie la vita ingerendo un intero tubetto di sonniferi.

Viene trovata morta al mattino con al suo fianco una lettera d'addio a Totò:

«Antonio,

potrai dare a mia sorella Gina tutta la roba che lascio in questa pensione. Meglio che se la goda lei, anziché chi mai mi ha voluto bene. Perché non sei voluto venire a salutarmi per l'ultima volta? Scortese, omaccio! Mi hai fatto felice o infelice? Non so. In questo momento mi trema la mano... Ah, se mi fossi vicino! Mi salveresti, è vero? Antonio, sono calma come non mai. Grazie del sorriso che hai saputo dare alla mia vita grigia e disgraziata. Non guarderò più nessuno. Te l'ho giurato e mantengo. Stasera, rientrando, un gattaccio nero mi è passato dinnanzi. E, ora, mentre scrivo, un altro gatto nero, giù per la strada, miagola in continuazione. Che stupida coincidenza, è vero?... Addio. Lilia tua»

La morte della Castagnola segna per sempre la vita di Totò. Roso dal rimorso dispone che venga sepolta nella tomba di famiglia dei De Curtis, al cimitero del Pianto di Napoli.

Il matrimonio, l'avanspettacolo e l'incontro con il cinema

 
Totò e Diana.

Negli anni '30 la carriera di Totò, ormai famoso ed acclamato, incontra l'avanspettacolo e il cinema, mentre nella sua vita personale irrompe con tutta la sua bellezza una giovane ragazza fiorentina allora sedicenne, Diana Rogliani, anch'ella frutto di una relazione clandestina.

Teatrografia

«Totò non è Chaplin o Buster Keaton, fenomeni tipicamente cinematografici. Totò è il teatro.»

Dal 1928 al 1957 (anno in cui deve giocoforza abbandonare le scene a causa della malattia agli occhi) Totò prende parte a circa 40 spettacoli tra commedie e rappresentazioni di avanspettacolo, oltre a dodici "grandi riviste" andate in scena negli anni quaranta e cinquanta. A partire dal 1931 Totò figura spesso anche come autore.

 
Totò interpreta d'Artagnan nello spettacolo teatrale I tre moschettieri, brandendo una stampella come spada
Durante le "passerelle", che solitamente concludevano gli spettacoli di rivista
Totò in camerino mentre viene aiutato da Diana Rogliani a indossare il costume da robot, prima di entrare in scena per la rivista Bada che ti mangio!
Qui durante lo spettacolo

Nella compagnia di Isa Bluette:

  • 1928: Madama Follia, di Ripp (Luigi Miaglia) e Bel Ami (Anacleto Francini);
  • 1928: Il Paradiso delle donne, di Ripp e Bel Ami;
  • 1928: Mille e una donna, di Ripp e Bel Ami;
  • 1928: Girotondo, di Ripp e Bel Ami;
  • 1928: Peccati... e poi Virtudi, di Masera (Marchesotti, Segurini e Rapetti).

Nella compagnia di Achille Maresca:

  • 1928: Sì, sì, Susette, di Ripp e Bel Ami;
  • 1928: La stella del Charleston, di Giovanni Manca e Refrain;
  • 1929: Monna Eva, di Paolo Reni;
  • 1929: La giostra dell'amore, di Cherubini, Armando Fragna e Cesare Andrea Bixio.

Nella Compagnia Stabile Napoletana Molinari di Enzo Aulicino:

  • 1929: Messalina, di Kokasse (pseudonimo di Mario Mangini) e Mascaria (pseudonimo di Maria Scarpetta, figlia di Eduardo Scarpetta);
  • 1929: Lo balcone de Rusinella , di Eduardo Scarpetta;
  • 1929: Santarellina, di Henri Meilhac e Ludovic Halévy. Riduzione di Mario Mangini;
  • 1929: Miseria e nobiltà, di Eduardo Scarpetta;
  • 1929: Amore e cinema, di Carlo Mauro;
  • 1929: Il processo di Mary De' Can, di Carlo Mauro;
  • 1929: Bacco, Tabacco e Venere, di Mario Mangini e Carlo Mauro
  • 1930: I tre moschettieri, di Kokasse.

Nella compagnia di Achille Maresca:

  • 1931: La vile seduttrice, di Ripp e Bel Ami;
  • 1931: La vergine di Budda, primo avanspettacolo scritto da Antonio De Curtis, Totò.

Nella Compagnia di Riviste e Fantasie Comiche Totò:

  • 1932: Colori nuovi, scritto da Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese;
  • 1932: Ridi che ti passa, scritto da Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese;
  • 1932: Era lui, sì... sì...! Era lei, no... no...!, di Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese;
  • 1932: La vergine indiana, scritto da Antonio De Curtis;
  • 1932: Totò, Charlot per amore, scritto da Antonio De Curtis;
  • [1933: Al Pappagallo (Compagnie di riviste di Totò);
  • 1933: Se quell'evaso fossi io, di Bel Ami;
  • 1933: Questo non è sonoro, di Tramonti (pseudonimo di Paolo Rampezzotti);
  • 1933: Il mondo è tuo, scritto da Antonio De Curtis e Cliquette (pseudonimo di Diana Rogliani, moglie di Totò);
  • 1933: La banda delle gialle, di Tramonti;
  • 1933: Dalla calza al dollaro, di Tramonti;
  • 1933: Il grand'Otello, di Bel Ami;
  • [1934: La mummia vivente, di Bel Ami e Tramonti;
  • 1934: I tre moschettieri, di Mario Mangini e Tramonti;
  • 1935: Belle o brutte mi piaccion tutte, di Guglielmo Inglese e Tramonti;
  • 1936: 50 milioni... c'è da impazzire!, scritto da Antonio De Curtis e Guglielmo Inglese;
  • 1936: Una terribile notte, di Mario Mangini;
  • 1937: Dei due chi sarà, scritto da Antonio De Curtis;
  • 1937: Uomini a nolo, scritto da Antonio De Curtis e Bel Ami;
  • 1937: Novanta fa la paura, scritto da Antonio De Curtis;
  • 1938: Se fossi un Don Giovanni, scritto da Antonio De Curtis;
  • 1938: L'ultimo Tarzan, scritto da Antonio De Curtis;
  • 1938: Accade una notte che..., scritto da Antonio De Curtis;
  • 1939: Fra moglie e marito, la suocera e il dito, ultimo avanspettacolo scritto da Antonio De Curtis.

Il ciclo della Grande Rivista:

  • 1946-1947: Eravamo sette sorelle scritta da Aldo De Benedetti e Michele Galdieri e messa in scena dalla Compagnia Totò di Romagnoli;
  • 1947-1948: C'era una volta il mondo, scritta da Michele Galdieri e messa in scena dalla Compagnia Spettacolo Errepi di Remigio Paone, che presenta la Compagnia Totò-Barzizza;
  • 1949-1950: Bada che ti mangio!, scritta da Michele Galdieri e Antonio De Curtis e messa in scena dalla Compagnia Spettacoli Errepi di Remigio Paone, che presenta la Grande Compagnia di Riviste Totò-Barzizza-Giusti;
  • 1956-1957: A prescindere, scritta da Nelli e Mangini e messa in scena dalla Compagnia Spettacoli Errepi di Remigio Paone che presenta la Compagnia Totò-Yvonne Menard (l'ultima rivista di Totò, interrotta per la grave malattia agli occhi del comico nel maggio 1957, al Teatro Politeama di Palermo).

Filmografia

«E io pago! E io pago!»

Dal 1937 al 1967 Totò partecipa a novantasette film, quasi sempre come attore protagonista, per una media di oltre quattro all'anno (numero che non tiene conto della sua pausa durante la guerra), diretto da quarantadue differenti registi. Quelli con cui ha lavorato maggiormente sono Mario Mattòli (sedici film), Camillo Mastrocinque (undici), Steno (dieci), Sergio Corbucci (sette), Mario Monicelli (sette) e Carlo Ludovico Bragaglia (sei). Occasionalmente ha svolto anche il ruolo di sceneggiatore e doppiatore. Esiste inoltre un cospicuo numero di progetti mai realizzati, un film di cui, prima della morte, ha girato solo una scena e una serie di film di montaggio, realizzati unendo spezzoni delle sue pellicole.

Attore

 
Totò e Titina De Filippo in San Giovanni decollato (1940)
 
Totò e Alda Mangini in Totò cerca casa (1949)
 
Totò e Luigi Pavese in Totò le Mokò (1949)
File:Totò Sceicco 1950 1.JPG
Totò con Aroldo Tieri in Totò sceicco (1950)
 
Totò con Lea Padovani in Una di quelle (1953)
 
Totò e Anna Maria Ferrero in Totò e Carolina (1954)
 
Totò e Peppino De Filippo nella scena della "lettera" in Totò, Peppino e la... malafemmina (1956)
 
Totò insieme a Peppino e Giacomo Furia ne La banda degli onesti (1956)
 
Totò con Fernandel in La legge è legge (1958)
 
Totò con Fabrizi ne I tartassati (1959)
File:Chi si ferma e perduto.png
Totò e Peppino con Enzo Petito in Chi si ferma è perduto (1960)
 
Totò con Vittorio De Sica e Gianni Agus ne I due marescialli (1961)
 
Totò con Nino Taranto e Ugo D'Alessio in Totòtruffa 62 (1961)
 
Totò con Nino Marchetti e Nino Taranto in Totò contro Maciste (1962)
 
Totò nel film Totò diabolicus (1962)
 
Totò e Walter Pidgeon ne I due colonnelli (1962)
 
Totò nel film Gli onorevoli (1963)
 
Totò e Nino Manfredi in Operazione San Gennaro (1966)

Doppiatore cinematografico

Sceneggiatore cinematografico

Film di montaggio

Film non realizzati

Televisione

Attore

Per il piccolo schermo Totò gira nel 1967 TuttoTotò, una serie di nove telefilm diretti da Daniele D'Anza, così composti:

  • Il latitante, andato in onda il 4 maggio (nel ruolo di don Gennaro La Pezza; l'episodio viene ricavato dalla sceneggiatura per un film mai realizzato, Le belve*
  • Il tuttofare, andato in onda il 10 maggio (nel ruolo di Rosario De Gennaro, detto Lallo)
  • Il grande maestro, andato in onda il 13 maggio (nel ruolo di Mardocheo Stonatelli)
  • Don Giovannino, andato in onda il 18 maggio (nel ruolo omonimo)
  • La scommessa, andato in onda il 25 maggio (nel ruolo di Oberdan Lo Cascio), in cui Totò figura anche come sceneggiatore
  • Totò Ciak, andato in onda l'8 giugno (nel ruolo dell'agente segreto, è una parodia dei generi cinematografici in voga con la partecipazione di alcuni cantanti)
  • Totò a Napoli, andato in onda il 13 giugno (nel ruolo della guida non autorizzata, recita alcune poesie sue)
  • Totò Ye Ye, annunciato per il 29 giugno ma in realtà mai trasmesso all'epoca; è andato in onda solo nel 2011 su Raitre (Totò ricopre il ruolo del capellone in uno special con la partecipazione di cantanti e complessi musicali)
  • Premio Nobel, con Corrado, andato in onda il 6 luglio (nel ruolo di Serafino Bolletta)

Carosello

Nell'autunno del 1966 Totò gira nove sketch pubblicitari per la RAI diretti dal regista Luciano Emmer, andati in onda su Carosello prima della morte dell'attore. Di questi nove cortometraggi ne sono rimasti soltanto due (Totò cassiere e Totò calzolaio), replicati nelle rievocazioni del celebre contenitore serale e inseriti nella relativa raccolta in DVD. Degli altri si ignora la sorte, probabilmente sono andati persi o distrutti.

  • Totò cassiere
  • Totò calzolaio
  • Totò spazzino
  • Totò petroliere
  • Totò proprietario di ristoranti
  • Totò farmacista
  • Totò barista
  • Totò giocatore
  • Totò elettricista

Nel gennaio 1967 vengono girati altri sette caroselli. Il progetto ne prevede dieci, ma Totò non riesce a finirli tutti perché è al momento molto impegnato sul set. Questi sketch non sono mai stati trasmessi in quanto trafugati prima della messa in onda.

  • Totò ingegnere
  • Totò pittore
  • Totò meteoronauta
  • Totò iettatore
  • Totò ferroviere
  • Totò operaio
  • Totò giardiniere

Apparizioni

Interviste

Programmi dedicati alla sua vita

Documentari

Radio

Interviste

Poesie

La lista completa delle poesie scritte da Totò (tra parentesi il titolo in italiano).

  • 'A livella (La livella)
  • A passiona mia erano 'e rrose (La mia passione erano le rose)
  • Uocchie 'ncantatore (Occhio incantatore)
  • 'Ncantesimo (Incantesimo)
  • Esempio
  • Calannario
  • Essa
  • La donna
  • Ma che dulore (Ma che dolore)
  • 'O sole (Il sole)
  • A Franca
  • Preghiera del clown
  • 'A vita è ingiusta (La vita è ingiusta)
  • Tutto è finito
  • Chi è ll'ommo (Chi è l'uomo)
  • 'E dduje 'nnammurate (I due innamorati)
  • Riflessione
  • 'A 'mmasciata (L'ambasciata)
  • Statuina a Francesca
  • 'A femmena (La femmina)
  • Pe nun te scurdà cchiù (Per non scordarti più)
  • Viola d'ammore (Viola d'amore)
  • Siamo uomini o caporali
  • Cuore
  • 'A cchiu' bella (La più bella)
  • Ho bisogno di rivederti
  • 'O piso (Il peso)
  • Che me manca!
  • Donna Amalia
  • Pe sta vicino a tte (Per stare vicino a te)
  • La società
  • Napule, tu e io (Napoli, tu e io)
  • 'O saccio sultant'io (Lo so soltanto io)
  • Passione
  • Il dramma di Don Ciccio Caccavalle
  • 'A cchiu' sincera (La più sincera)
  • Nu iuorno all'intrasatta (Un giorno all'improvviso)
  • All'intrasatta... (All'improvviso)
  • Ricunuscenza (Riconoscenza)
  • 'A mundana (La prostituta)
  • Dick
  • Zuoccole, tammorre e femmene (Zoccoli, tamburi e donne)
  • Si fosse n'auciello (Se fossi un uccello)
  • 'Ngiulina (Angelina)
  • Balcune e llogge (Balconi e logge)
  • Ll'ammore (L'amore)
  • Uocchie ca mme parlate (Occhi che mi parlate)
  • 'A statuetta (La statuetta)
  • 'A cunzegna (La consegna)
  • Ammore perduto (Amore perduto)
  • 'A nnammurata mia (La mia fidanzata)
  • Core analfabeta (Cuore analfabeta)
  • 'E ccorna (Le corna)
  • 'O schiattamuorto (Il becchino)
  • Felicità
  • 'A vita (La vita)
  • Il fine dicitore
  • Bianchina
  • 'E pezziente (I pezzenti)
  • 'A speranza (La speranza)
  • Il cimitero della civiltà
  • Sarchiapone e Ludovico
  • L'indesiderabile
  • L'acquaiola

Canzoni

Scritte e in alcuni casi cantate da Totò

Canzoni solo interpretate

Note


Bibliografia

Bibliografia di riferimento

Bibliografia di approfondimento

Raccolte di poesie di Totò

  • Antonio De Curtis. 'A livella. Napoli, Gremese Editore, 1997. ISBN 88-7742-105-3.
  • Franca Faldini (a cura di). Antonio De Curtis. Dedicate all'amore. Napoli, Edizioni Colonnese, 1981.
  • Giuseppe Bagnati. Totò, l'ultimo sipario. Nuova Ipsa, 2013, p. 130. ISBN 978-88-7676-507-0 .

Raccolte di battute di Totò

  • Matilde Amorosi (a cura di). Liliana de Curtis (con la collaborazione di). Totò. Parli come badi. Milano, Rizzoli, BUR, Biblioteca Univ. Rizzoli, Collezione Superbur, 1994, p. 215, ristampa 1995, p. 210, ristampa 2003, p. 210. ISBN 88-17-20257-6 e ISBN 13 9788817202572 e Torino, La Stampa, Collezione ComicaMente, 2004, p. 176, distribuito gratuitamente col quotidiano, ISBN non esistente.
  • Liliana de Curtis, Matilde Amorosi (a cura di). Fegato qua, fegato là, fegato fritto e baccalà. Milano, Rizzoli, 2001, p. 251, ISBN 88-17-12691-8.

Monografie e studi su Totò

  • Salvatore Cianciabella (prefazione di Philip Zimbardo, nota introduttiva di Liliana De Curtis). Siamo uomini e caporali. Psicologia della dis-obbedienza. Franco Angeli, 2014. ISBN 978-88-204-9248-9. Sito: www.siamouominiecaporali.it
  • Alberto Anile. Il cinema di Totò (1930 - 1945). L'estro funambolo e l'ameno spettro. Genova, Le Mani, 1995. ISBN 88-8012-051-4.
  • Alberto Anile. Totò e Peppino, fratelli d'Italia, in Lello Arena (a cura di). Totò, Peppino e... (ho detto tutto). Libro + VHS. Torino, Einaudi, 2001. ISBN 978-88-06-15944-3.
  • Alberto Anile. Totò proibito. Storia puntigliosa e grottesca sui rapporti tra il principe de Curtis e la censura. Torino, Lindau, 2005. ISBN 978-88-7180-527-6.
  • Liliana De Curtis e Matilde Amorosi. Totò, mio padre. Mondadori, 1990. ISBN 88-04-33680-3.
  • Liliana De Curtis e Matilde Amorosi. Totò, a prescindere. Mondadori, 1992. ISBN 88-04-35748-7.
  • Liliana De Curtis e Matilde Amorosi. Totò, ogni limite ha una pazienza. Rizzoli, 1995. ISBN 88-17-84412-8.
  • Roberto Escobar. Totò. Avventure di una marionetta. Il Mulino, 1998. ISBN 88-15-06302-1.
  • Dario Fo. Totò: Manuale dell'attor comico. Firenze, Vallecchi, 1995. ISBN 88-8252-028-5.
  • Marco Giusti (a cura di). Antonio de Curtis. Totò si nasce. 1ª ed. Milano, Arnoldo Mondadori Editore (collana "Biblioteca Umoristica Mondadori - I Maestri della comicità"), 2000. ISBN 88-04-47918-3.
  • Marco Giusti. Totò rubato. Un carosello scomparso, in Il grande libro di Carosello, Frassinelli, 2004. ISBN 88-7684-785-5.
  • René Marx. Totò, le rire de Naples. Paris, Editions Henri Berger, 1996. ISBN 2 909 776 01 8 (unica biografia critica in francese).
  • Camillo Moscati. Totò. Imperatore di Capri. Editore Lo Vecchio, 2005. ISBN 88-7333-077-0.
  • Lello Lucignano. Gli uomini che hanno fatto grande Totò. Cavinato Editore International, 2014. ISBN 978-88-89986-89-9.

Voci correlate

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