Muusoctopus

genere di molluschi

Muusoctopus Gleadall, 2004 è un genere di molluschi cefalopodi appartenenti alla famiglia degli Enteroctopodidi[1].

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Muusoctopus
Muusoctopus johnsonianus
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumMollusca
ClasseCephalopoda
OrdineOctopoda
SuperfamigliaOctopodoidea
FamigliaEnteroctopodidae
GenereMuusoctopus
Gleadall, 2004
Specie

Descrizione

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I membri del genere sono caratterizzati da un mantello rotondeggiante o ovoidale in alcune specie e testa e occhi grandi[2] sporgenti lateralmente[3]. Le braccia sono lunghe 3 o 4 volte la lunghezza del mantello, piuttosto sottili e a sezione cilindrica; hanno in genere lunghezza più o meno uguale ma in alcune specie le prime due paia sono leggermente più lunghe del terzo e quarto paio. Sulle braccia sono presenti due file di ventose, leggermente separate; non sono presenti ventose ingrandite. Le braccia sono unite da una membrana di piccole dimensioni. Nel maschio il terzo braccio destro è ectocotilizzato[2]. Manca il sacco dell'inchiostro[2][3].

Le femmine hanno un mantello lungo fino a 17 cm mentre nei maschi non supera i 14 cm; la lunghezza totale raggiunge i 77 cm[2].

Distribuzione e habitat

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Il genere Muusoctopus è diffuso in tutti gli oceani[4].

Vivono su fondali molli tra i 30[2] e i 3850 metri di profondità[4].

Biologia

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Riproduzione

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Le femmine di M. longibrachus si riproducono una sola volta nella vita deponendo una singola massa di uova o più masse a brevissima distanza di tempo una dall'altra. Le uova misurano tra i 21 e i 25 mm. Sebbene si tratti di animali che si riproducono una sola volta nella vita, le buone condizioni fisiche delle femmine post deposizione suggeriscono che la sopravvivenza alla riproduzione possa essere lunga[5].

Tassonomia

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Al genere sono ascritte le seguenti specie[1]:

  1. ^ a b (EN) Muusoctopus, in WoRMS (World Register of Marine Species). URL consultato il 2 gennaio 2025.
  2. ^ a b c d e Jereb e Roper, 2014, p. 151.
  3. ^ a b Gleadall et al., 2010, p. 530.
  4. ^ a b Ibáñez et al., 2016, p. 2.
  5. ^ Laptikhovsky, 2013.

Bibliografia

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