Scicli

comune italiano

Scicli è un comune italiano di 26 828 abitanti[3] del libero consorzio comunale di Ragusa, in Sicilia.

Scicli
comune
Comune di Scicli
Scicli – Veduta
Scicli – Veduta
Panorama dalle curve di san Marco, 2014
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
Regione Sicilia
Libero consorzio comunale Ragusa
Amministrazione
SindacoMario Marino (indipendente di centro-destra) dal 27-6-2022
Data di istituzione1271 avanti Cristo[1]
Territorio
Coordinate36°47′28.96″N 14°42′08.95″E
Altitudine108 m s.l.m.
Superficie138,72 km²
Abitanti26 828[3] (31-7-2025)
Densità193,4 ab./km²
FrazioniBruca, Cava d'Aliga, Donnalucata, Playa Grande, Sampieri[2]
Comuni confinantiModica, Ragusa
Altre informazioni
Cod. postale97018
Prefisso0932
Fuso orarioUTC+1
Codice ISTAT088011
Cod. catastaleI535
TargaRG
Cl. sismicazona 2 (sismicità media)[4]
Cl. climaticazona B, 899 GG[5]
Nome abitantisciclitano, sciclitani
sciclitana, sciclitane
PatronoMadonna delle Milizie
Beato Guglielmo Buccheri o da Noto
Giorno festivoRispettivamente:
ultimo sabato di maggio
secondo venerdì dopo la Domenica di Pasqua
PIL procapite(nominale) € 17 500
Motto(LA) Siclis Urbs Inclita Et Victoriosa Armorum Sedes Quarta[1]
(IT) Scicli, città inclita e vittoriosa, quarta sede delle armi
Cartografia
Mappa di localizzazione: Italia
Scicli
Scicli
Scicli – Mappa
Scicli – Mappa
Posizione del comune di Scicli nel Libero consorzio comunale di Ragusa
Sito istituzionale

Essendo una monumentale città barocca, il 25 giugno 2002 il suo centro storico è stato insignito del titolo di Patrimonio dell'umanità da parte dell'UNESCO, insieme con altri sette comuni nella lista delle Città tardo barocche del Val di Noto.

Geografia fisica

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Territorio

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Scrive così Elio Vittorini nel suo romanzo incompiuto Le città del mondo:

«La città di Scicli sorge all'incrocio di tre valloni, con case da ogni parte su per i dirupi, una grande piazza in basso a cavallo di una fiumara, e antichi fabbricati ecclesiastici che coronano in più punti, come acropoli barocche, il semicerchio delle altitudini...»

Scicli dista 24 chilometri da Ragusa. Il suo territorio comunale si estende dal mare alle propaggini meridionali del tavolato ibleo. I paesaggi sono molto vari: si passa dalla costa (alternando quella bassa e sabbiosa a modeste falesie calcaree) coperta dalla macchia mediterranea ai pendii dolci di origine alluvionale dell'entroterra con ulivi, mandorli e carrubi fino a giungere ai rilievi calcarei della parte settentrionale e interna in cui sorge il capoluogo.

Il territorio comunale è solcato da diversi corsi d'acqua, i quali hanno tutti carattere torrentizio e pressoché stagionale (fatta eccezione per l'Irminio); gli altri principali torrenti intercettano il centro di Scicli e sono il Mothucanus (o torrente Modica-Scicli), il torrente di Santa Maria La Nova (un tempo chiamato di santa Venera) e quello di San Bartolomeo. Nei millenni, ognuno di questi ha scavato nel tavolato ibleo profonde gole che oggi ne caratterizzano il paesaggio. La città moderna è adagiata nella conca in cui questi tre canyon omonimi confluiscono.

Sul versante sismico, l’area di Scicli rientra nella classificazione stabilita per l’area del libero consorzio comunale di Ragusa, ovvero la zona 2, che presenta una sismicità media e consente di contestualizzare, in chiave storica, alcuni eventi sismici documentati nel territorio.

Il clima di Scicli è tipicamente mediterraneo, con estati calde e secche e inverni miti e piovosi. Le temperature medie oscillano con valori compresi tra circa 11°C invernali e 25 °C estivi, mentre le temperature massime medie raggiungono punte di circa 31°C in piena estate. Le precipitazioni sono maggiormente concentrate nei mesi invernali, con valori che possono arrivare fino a 90 mm in dicembre, mentre l’estate presenta condizioni molto secche.

Scicli [6] Mesi Stagioni Anno
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic InvPriEst Aut
T. max. media (°C) 1616,018,021,024,028,031,031,029,026,020,017,016,321,030,025,023,1
T. media (°C) 1111,013,015,018,022,025,025,023,020,016,012,011,315,324,019,717,6
T. min. media (°C) 66,08,010,012,016,019,019,017,014,011,07,06,310,018,014,012,1
T. max. assoluta (°C) 18
(2010)
19
(2010)
20
(2010)
24
(2010)
28
(2010)
32
(2010)
35
(2010)
35
(2010)
33
(2010)
29
(2010)
22
(2010)
19
(2010)
1928353335
T. min. assoluta (°C) 2
(2010)
2
(2010)
3
(2010)
5
(2010)
7
(2010)
10
(2010)
12
(2010)
12
(2010)
9
(2010)
6
(2010)
3
(2010)
2
(2010)
231032
Giorni di calura (Tmax ≥ 30 °C) 000015151581000135945
Giorni di gelo (Tmin ≤ 0 °C) 5520000000131320116
Giorni di ghiaccio (Tmax ≤ 0 °C) 00000000000000000
Nuvolosità (okta al giorno) 66543222345664244
Precipitazioni (mm) 70605040302010153050809022012045160545
Giorni di pioggia 766543234689221581863
Nevicate (cm) 00000000000000000
Giorni di neve 00000000000000000
Giorni con manto nevoso ≥ 1 cm 00000000000000000
Giorni di grandine 00000000000000000
Giorni di nebbia 4332100012341160623
Umidità relativa massima media (%) 80807570656055556065707578,37056,76567,5
Umidità relativa media (%) 75757065605550505560657073,36551,76062,5
Umidità relativa minima media (%) 65656055504540404550556063,35541,75052,5
Giorni di cielo sereno 10121518202530302520151234538560232
Eliofania assoluta (ore al giorno) 3456789975433,368,75,35,8
Radiazione solare globale media (centesimi di MJ/) 1001201501802102402502502201801401103305407405402 150
Ore di soleggiamento mensili 1201401601802102402602602201801401203805507605402 230
Pressione a 0 °C (hPa) 1 0201 0181 0151 0121 0101 0081 0071 0071 0091 0121 0151 0181 018,71 012,31 007,31 0121 012,6
Pressione a 0 metri s.l.m. (hPa) 1 0201 0181 0151 0121 0101 0081 0071 0071 0091 0121 0151 0181 018,71 012,31 007,31 0121 012,6
Tensione di vapore (hPa) 67810121415151310866,31014,710,310,3
Vento (direzione-m/s) SSW
3,5
SSW
3,5
SSW
3,5
SSW
3,5
WNW
3,5
WNW
3,5
WNW
3,5
WNW
3,5
WNW
3,5
SSW
3,5
SSW
3,5
SSW
3,5
3,53,53,53,53,5

Origini del nome

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Le origini della città di Scicli sono molto antiche e risalgono probabilmente al periodo siculo, quindi oltre 3000 anni fa. Il nome, secondo alcuni studiosi, deriva da Šiclis, uno degli appellativi utilizzati per indicare i Siculi.

Si è discusso anche se fosse possibile identificare Scicli con Casmene, seconda colonia siracusana fondata nel 645 a.C., 20 anni dopo Acre, l'odierna Palazzolo Acreide, ma questo dato era già stato smentito da Di Vita, che aveva identificato il sito di Casmene in Monte Casale.

Protostoria

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La presenza umana nel territorio di Scicli risale al periodo calcolitico, come dimostrano i ritrovamenti della Grotta Maggiore situata vicino all'Ospedale Busacca, datati fra l'età del rame e l'età del bronzo antico (III-II millennio a.C.XVIII a.C.-XV secolo a.C.).

Scicli sarebbe stata fondata (o restaurata) nel 1271 a.C., da Siculus, re dei Siculi, come attesta il Deliberato del Consiglio Comunale del 5 novembre 1653, emesso per giustificare la precedenza dei Giurati Municipali sciclitani rispetto a quelli ragusani, ai funerali del conte di Modica Juan Alfonso Enríquez de Cabrera.[1]

Epoca antica

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Ritrovamenti archeologici, in particolare i resti di un abitato greco presso la foce dell'Irminio, testimoniano la presenza, o comunque dei contatti di primaria importanza con i greci.

Oltre ai resti greci sono state trovate tracce che testimoniano la presenza dei cartaginesi, presenti nell'isola fino alla conquista romana avvenuta nel III secolo a.C.. Sotto il dominio romano, Scicli divenne città "decumana", ovvero città sottoposta al tributo della "decima", consistente nel pagamento di un decimo del raccolto. Dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, Scicli passò ai bizantini e subì, come altre città dell'Isola, le incursioni dei barbari.

La caratteristica conformazione del territorio con la presenza di cave e grotte carsiche, ha favorito la nascita di numerosi insediamenti rupestri.

Nel I secolo d.C., Scicli inizia a dipendere dalla neonata diocesi di Siracusa, una delle più antiche del mondo.

Medioevo

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Oltre a quello preistorico di Grotta Maggiore, ricordiamo anche il tardo insediamento bizantino del VII secolo sito in località Castellaccio, e l'insediamento rupestre probabilmente bizantino (VIII secolo d.C.) e medievale (XII secolo d.C.) in località Chiafura, visibile sino ai nostri giorni. Con gli Arabi prima e poi con i Normanni, Scicli conobbe un periodo di notevole sviluppo agricolo e commerciale. Lo storico arabo Edrisi nella prima metà del XII secolo, esaltò la prosperità economica di Scicli con queste parole:

«rocca di Siklah, posta in alto sopra un monte, è delle più nobili, e la sua pianura delle più ubertose. Dista dal mare tre miglia circa. Il paese prospera moltissimo: popolato, industre, circondato da una campagna abitata, [provveduto] di mercati, a' quali vien roba da tutti i paesi. [Qui godesi] ogni ben di Dio ed ogni più felice condizione: i giardini producono tutta sorte di frutte; i legni arrivano di Calabria, d'Africa, di Malta e di tanti altri luoghi; i poderi e i seminati sono fertilissimi ed eccellenti sopra tutt'altri; la campagna vasta e ferace: ed ogni cosa va per lo meglio in questo paese. I fiumi [del territorio], abbondanti di acqua, muovono di molti molini.»

Si sa molto poco, comunque, del periodo arabo della storia di Scicli, poiché non si conoscono al momento iscrizioni[7] utili a tracciare una storia chiara dell'operato degli Arabi. È noto che sia stata l'ultima città del sud-est siciliano a cadere sotto gli Aghlabidi di Mahmud, figlio dell'emiro Khafagah ibn Sewada, nell'864.[8][1] Inoltre, si hanno forse alcune tracce di toponomastica araba in nomi di contrade e siti (come quelli di Donnalucata, Donna Fridda, Marsa Šiklah, nome arabo di contrada Pisciotto, il porto di Scicli in arabo, e forse il sito di Chiafura)[9].

Si fa risalire all'anno 1091 il passaggio definitivo di Scicli al dominio normanno per opera di Ruggero d'Altavilla, il cui esercito avrebbe combattuto una battaglia nei pressi di Scicli nella quale sconfisse gli Arabi nella sua marcia verso Noto e Malta. A questa battaglia, che sarebbe avvenuta nella Piana dei Milici, è legata la leggenda della Madonna delle Milizie:[10] si narra che la battaglia finale contro i Saraceni, guidati da un non ben identificato Emiro Belcane, sia stata vinta dai Cristiani per l'intercessione della Vergine Maria scesa su un bianco cavallo a difesa di Scicli, «mea civitas dilecta»[11]. Della tradizione si tratta in una memoria dei cosiddetti Codici Sciclitani, ma il documento è ritenuto dalla maggioranza degli studiosi un falso[12]. Nella località dell'avvenimento fu costruita tra il 1091 e il 1093 la chiesetta della Madonna dei Milici. La battaglia viene ricordata ogni anno con la Festa delle Milizie, una delle principali attrazioni religioso-folcloristiche di Scicli. I Normanni (1090-1195) introdussero il sistema feudale già diffuso altrove, e Scicli fu riconosciuta come città demaniale; inoltre, le venne assegnato il motto di Urbs Inclita et Victoriosa.[1]

Ai Normanni successero gli Hohenstaufen, quando Enrico VI di Svevia si impossessò del trono di Sicilia nel 1194. Tramite il Real Rescritto di Barletta del 14 febbraio 1245, Federico II di Svevia riconfermò alla città il privilegio di demaniale e il motto araldico.[1] Nel 1255, durante la lotta dei Papi contro la casa Sveva, Papa Alessandro IV concesse a titolo di feudo alcuni territori, tra cui Scicli, Modica e Palazzolo Acreide, a Ruggiero Fimetta, nobile di Lentini già esiliato da Federico II,[7] che si era ribellato agli Svevi, ma Ruggiero non arrivò mai a prendere possesso della città perché fu ucciso. Anche sotto gli Hohenstaufen, Scicli conservò il privilegio di città demaniale. La sua storia segue quella della Sicilia, per cui con la caduta degli Hohenstaufen avvenuta nel 1266, passò sotto la dominazione Angioina, mal tollerata, a causa della politica di Carlo I d'Angiò che, diversamente dai suoi predecessori normanni e svevi, considerava il Regno di Sicilia territorio di conquista e di sfruttamento economico e finanziario. La politica oppressiva di Carlo D'Angiò fu causa di un'insurrezione in tutta la Sicilia, nota come i Vespri Siciliani. Il 5 aprile 1282 Scicli, insieme a Modica e Ragusa, insorge contro le guarnigioni francesi del luogo, cacciandole e ponendosi sotto la protezione di Pietro III d'Aragona.

Nel 1283, la città fu brevemente assediata da Roberto, conte d'Artois, in un fallito tentativo della restaurazione angioina. Seguì un secondo assedio, nel 1299, condotto da Roberto d'Angiò, duca di Calabria, al quale gli sciclitani seppero valorosamente resistere.

Fu sotto la dominazione aragonese che si formò la contea di Modica, e Scicli ne venne a far parte, seguendone le sorti sotto i Mosca (1283-1296), i Chiaramonte (1296-1392), i Cabrera (1392-1565), gli Enríquez-Cabrera (1565-1704; 1729-1742) ed i Borbone di Spagna (1704-1720).

Nel 1353, i Chiaramonte e i Palizzi, allora ribelli, concessero di fermarsi in città a Nicolò Acciaiuoli, ammiraglio del Re di Napoli, e la sua numerosa flotta, con la quale ripartì poco dopo per assediare Milazzo. Sette anni più tardi, la città non seguì i Chiaramonte nella lotta contro Re Federico III. Nel 1392, Paolo e Lenzo di Gizia (o Iozzia) tentarono di sollevare il popolo contro i Cabrera, nuovi conti di Modica dopo la caduta dei Chiaramonte, in un fallimentare tentativo immediatamente sedato.

Età moderna

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Alla fine del XV secolo, al periodo della cacciata degli ebrei, Scicli fu l'unica città a consentir loro di partire senza essere perseguiti; così avvenne dal porto di Pozzallo il 20 settembre 1492.

Dalla fine dell’estate del 1535 fino al 7 giugno 1754, Scicli fu sede della quarta delle dieci Sergenzie (circoscrizioni militari) dell’isola, competente per il territorio comitale e le sue coste. La forza militare della sergenzia era costituita da 673 pedoni (fanti), suddivisi in tre compagnie (quella di Scicli, da 245 uomini di truppa, quella di Modica con 207 fanti e quella di Ragusa con 221 uomini), e da 214 cavalieri, organizzati in quattro compagnie, come attestato dalle Costituzioni del Regno del 1537 e dalle istruzioni della milizia ordinaria, riformata nel 1595 dal conte Olivarez, viceré e Capitano Generale di Sicilia. Il comando era affidato ad un Sergente Maggiore, stipendiato con 1 800 ducati l'anno, più vacazioni. Ogni prima domenica del mese di marzo, si svolgeva la rivista dei reparti presso la Piazza d'Armi del Castello dei Tre Cantoni.[1] In questo periodo, al motto cittadino fu aggiunta la parte recitante Armorum Sedes Quarta.

Il 6 luglio 1573, la flotta imperiale ottomana fece visita alle coste cittadine, venendo prontamente respinta dai 600 cavalli del principe di Butera; tra morti e prigionieri, gli ottomani persero circa 250 persone.

La città, con uno spostamento graduale dell'abitato dal colle al piano, assunse la sua forma topografica tra il XIV ed il XVI secolo e la sua popolazione ebbe un incremento. Il XVII secolo, però, si rivelò un periodo di grandi disgrazie. Già nel 1575, vi fu la peste. Nel 1612, nel 1615 e nel 1618 si verificarono alluvioni e nubifragi, mentre gli anni 1611 e 1616 furono caratterizzati da una siccità estrema. Nel 1619 Scicli fu colpita da un’invasione di cavallette, negli anni 1616, 1637 e 1666 fu invasa dalle locuste, nel 1687 invece dalle cavallette e nel gennaio del 1626 fu l’unica città della Contea a essere devastata dalla peste, che ridusse drasticamente la popolazione di quasi due terzi, portandola da 11 000 a 4 000 abitanti circa. Nel novembre 1642, Scicli venne visitata per diversi giorni da Juan Alfonso Enríquez de Cabrera, almirante di Castiglia, viceré di Sicilia e conte di Modica, accompagnato dalla famiglia e da un corteo di circa 3 000 persone.[1] Il 14 aprile 1675, la flotta francese comandata da Du Quesne attraccò sulle coste sciclitane.

Nella seconda metà del XVII secolo, anche grazie ad agevolazioni economiche a favore di chi decideva di risiedere in città, si ebbe un nuovo sviluppo demografico, ma il tremendo terremoto del 1693 causò circa 3 000 morti su circa 9 382 abitanti e la distruzione di gran parte della città. Da quelle macerie, Scicli rinacque in chiave barocca, con la costruzione di numerosi palazzi nobiliari settecenteschi, come Palazzo Spadaro (di stile tardo-Barocco; di proprietà della omonima famiglia di origine modicana trasferitasi a Scicli nel XVII secolo), Palazzo Beneventano, Palazzo Fava, Palazzo Veneziano-Sgarlata, Palazzo Bonelli-Patanè e Palazzo Conti. Inoltre, in città nacque l’Accademia degli “Invillupati” (1624-1693), che fu ricostituita dopo il sisma con il nome di “Redivivi”.[13][14]

Nel 1713, la Sicilia veniva assegnata a Vittorio Amedeo II di Savoia, al quale furono rivolti omaggi dai Cittadini Giurati di Scicli, come testimonia la sua lettera autografa del 6 novembre dello stesso anno, inviata a suddetti Giurati come ringraziamento;[1] la contea di Modica, però, restò sotto il dominio del Re di Spagna. Nel 1720 tornò al potere il Regno di Sicilia, scacciando successivamente gli spagnoli, ma lasciandone le suddivisioni geografiche. La contea così passò sotto altre 3 famiglie: gli Alba (1742-1755), i de Silva (1755-1802) e gli Stuart (1802-1816).[14][15]

Durante la prima metà del XVIII secolo, la città ricevette la visita, durata un solo giorno, dei Viceré di Sicilia Gioacchino Fernandez Portocarrero, conte di Palma e Cristoforo Fernandez de Cordova, conte di Sastago. Le notti del 15 e del 16 dicembre 1732, sulla città e sul resto della Sicilia fu visibile l'aurora boreale.

Età contemporanea

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L'8 dicembre 1816, il Regno di Sicilia si fuse col Regno di Napoli, formando il Regno delle Due Sicilie e, quattro giorni dopo, tramite la legge n. 570[16], la contea di Modica venne abolita. Il primo gennaio 1818, per effetto del decreto reale n. 932 dell'11 ottobre 1817 sull'amministrazione civile de' dominj oltre il Faro, i Consigli Civici delle città del Regno furono sostituiti dai Decurionati, organi deliberativi formati dal Sindaco, dal 1º Eletto, dal 2º Eletto e da 10 Membri. Inoltre, Scicli ed altri 31 comuni furono amministrativamente inquadrati nella Valle minore di Siracusa (che il 9 dicembre 1820 diventò provincia e il 23 agosto 1837 si trasformò in quella di Noto), occupante la parte sud-orientale del Val di Noto; la città divenne anche capoluogo dell'omonimo circondario, che insieme ad altri sei circondari fu parte del distretto di Modica.

Dal Risorgimento alla Provincia di Ragusa

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Scicli partecipò ai moti carbonari, durante i quali, nel 1820, fu incendiato l’archivio municipale e la città rimase per alcuni giorni in balia del popolo, e alla rivoluzione del 1848.[14] In quest’ultima occasione, nella città si formò un comitato segreto, composto principalmente da esponenti della borghesia emergente e da alcune famiglie aristocratiche, durato dal 18 febbraio 1848 sino al 14 aprile 1849. Si arrivò persino ad eleggere, l'8 agosto 1848, Francesco Spadaro Ferreri, barone di Passanitello, come rappresentante cittadino presso il Parlamento siciliano.[17] Nel 1837, nel 1867 e nel 1887, la città fu colpita da epidemie di colera.[1] Dal 15 maggio 1844, Scicli fa parte della diocesi di Noto, nata per scorporamento territoriale della parte occidentale dell'arcidiocesi di Siracusa.

Nel 1860, le azioni militari dei patrioti anti-borbonici iniziarono nei primi mesi dell'anno, sia nelle campagne circostanti che nel centro abitato, con proteste in fronte al Municipio. All'inizio del mese di maggio, le piccole sommosse si trasformano in combattimenti veri e propri; la notte del 15 maggio, il Comitato di Guerra cittadino, presieduto dal barone Antonio Beneventano, ordina ai patrioti l'attacco a tutti i posti di guardia doganale compresi tra Scoglitti e Pozzallo, in modo tale da potersi impadronire del telegrafo di Punta Corvo; il 17 maggio, una grande folla di cittadini sventolanti il Tricolore, insieme alle bande musicali, acclamò il previsto arrivo a Palermo dei Mille. Il Comitato Rivoluzionario, quindi, occupò il telegrafo sottomarino Sicilia - Malta, abolì il balzello del macinato, cacciò i funzionari borbonici e inviò una squadra di uomini presso Ragusa, Comiso, Vittoria e Catania, per farle insorgere. In risposta ai fermenti rivoluzionari, da Noto e Siracusa venne spedita una colonna di 700 soldati, che fu respinta dai cittadini e dai patrioti armati.[17] Il 7 giugno 1860, il popolo sciclitano proclamò, dopo la vittoria garibaldina, l’annessione al Piemonte, con Giuseppe Garibaldi dittatore supremo dell’isola. In quell’occasione, presso la chiesa di Sant’Ignazio, Pasquale Calvi, già protagonista dei moti del 1848 e in seguito deputato del Regno d’Italia, guidò un’assemblea che sancì ufficialmente il plebiscito di annessione, il primo della Sicilia, ufficialmente confermato dalla deliberazione del Consiglio Civico del 5 luglio successivo.[1] Il coinvolgimento della città nella causa garibaldina fu significativo: numerosi furono gli sciclitani che si arruolarono nei corpi volontari, tra cui Stanislao Carrabba, veterano del 1848 e comandante delle oltre 200 Camicie Rosse sciclitane, i fratelli Raimondo e Stanislao Penna, i fratelli Giuseppe e Gaetano Celestri, il giovane Arturo Mormina e il carmelitano, don Raffaele Pappalardo.[18] Il 26 agosto successivo, il decreto protodittatoriale n. 170, di Agostino Depretis, intitolato "Legge che chiama in vigore in Sicilia la legge comunale e provinciale del Regno d'Italia", estese anche alla Sicilia la legge Rattazzi, che trasformò i vecchi distretti in circondari, con Scicli facente parte del circondario di Modica, mantenendo la continuità amministrativa.[19] Tramite il plebiscito delle province siciliane del 21 ottobre 1860 e il Regio Decreto n. 4499 del 17 dicembre successivo, intitolato "Sull’annessione delle province siciliane al Regno di Sardegna", avvenne l’annessione formale al Regno di Sardegna, che il 17 marzo 1861 diventò il Regno d'Italia.

Dopo l’unificazione, il governo piemontese amministrò il Sud Italia senza tenere conto delle tradizioni e delle esigenze locali. I siciliani si trovarono soggetti a un potere centralista che impose il peso del debito pubblico e la leva militare obbligatoria. Dal 20 marzo 1865, a seguito della legge Lanza, Scicli fu uno dei comuni facenti parte della rinata Provincia di Siracusa; nel 1873-74, si formarono associazioni operaie, come I Figli del Lavoro. Una figura di spicco di questo periodo fu il barone Francesco Mormina Penna (Scicli, 1º agosto 1860 – Scicli, 13 febbraio 1925), fervente mazziniano e membro del Comitato insurrezionale del 1860, oltre che fondatore del Fascio Siciliano dei Lavoratori cittadino, il 29 gennaio 1893, con circa 200 aderenti. Da quel momento cominciarono a sventolare le prime bandiere rosse e si iniziò a celebrare il Primo Maggio, alimentando le paure delle classi dominanti riguardo all’avanzata del socialismo e poi del comunismo. Nel ventennio 1890-1910, Scicli fu protagonista di un grande sviluppo urbanistico: vennero realizzati gli sventramenti del quartiere Scifazzo (o sant'Antonio), per costruire la Stradanuova (attuale corso Re Umberto I) e di via San Giuseppe, di via Maestranza (attuale via Nazionale) e di via del Corso di san Michele (attuale via Francesco Mormino Penna), la pavimentazione stradale, e poi il maestoso ospedale Busacca, autentico gioiello – per quell'epoca – di edilizia ospedaliera. Vennero inoltre aboliti i pozzi d'acqua privati, in quanto si era provveduto anche alla costruzione della rete idrica, allacciata all'acquedotto, rifornito dalla sorgente di san Guglielmo e san Corrado.[1]

La Prima Guerra Mondiale fece registrare alla città 319 caduti su una popolazione di circa 20 202 abitanti, corrispondenti a circa l’1,58% del totale (ricordati da una lapide affissa sulla parte destra di Palazzo Palle e da altre due poste all'interno della chiesa di San Giovanni, come deliberato dal Consiglio comunale nel 1925). Sul fronte militare, la città si distinse ottenendo 58 decorazioni al valor militare – tra cui 18 medaglie d’argento, 29 medaglie di bronzo, 11 croci di guerra e 7 riconoscimenti plurimedagliati –, testimonianza delle gesta eroiche compiute dai suoi cittadini. Inoltre, il Libretto commemorativo del soldato di Scicli Bartolomeo Giavatto del 1920, conservato presso la Biblioteca Alessandrina di Roma, testimonia l’importanza attribuita alla memoria individuale e collettiva di quell’epoca; parallelamente, la corrispondenza con la nobildonna Giuseppina Scimone evidenzia l’attivismo delle “dame” di carità sciclitane, impegnate a sostenere i militari e le famiglie in difficoltà.[20] Durante gli anni 1920, venne costruito l'impianto di fognatura. Dal 2 gennaio 1927, in parallelo all'abolizione di tutti i circondari, su decisione del Consiglio dei Ministri del 6 dicembre 1926, insieme ad altri 11 comuni, il comune ha costituito ed è stato parte della Provincia di Ragusa. Nel 1932, è stato allacciato alla rete dell'energia elettrica.[1]

Seconda Guerra Mondiale

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Durante la seconda guerra mondiale Scicli fu bombardata numerose volte, tra il 1941 ed il 1943 (durante quest’ultimo anno, se ne ricordano tre: alle ore 11 del 28 gennaio 1943, mietendo 25 vite; alle ore 15:15 del 17 febbraio 1943, mietendo una vita; la terza volta entro l'inverno del 1943, mietendo diverse vite)[21]; come il resto della Sicilia, inoltre, fu coinvolta direttamente negli eventi bellici a seguito dello sbarco alleato dell’Operazione Husky, iniziata il 10 luglio 1943. La difesa della città e delle aree limitrofe era affidata principalmente alla 206ª Divisione Costiera, comandata dal generale di divisione Achille d'Havet. A difesa dell’area sciclitana operava il 123º Reggimento di Fanteria Costiero, comandato dal colonnello Giuseppe Primaverile (Mazara del Vallo (TP), 5 gennaio 1890 – ?, ?), con sede a palazzo Spadaro, le quali truppe, quell'anno, furono passate in rivista dal principe ereditario Umberto di Savoia.[22] Il reggimento comprendeva i battaglioni 542º, 381º e 383º, oltre a unità di artiglieria. La strategia difensiva prevedeva la resistenza contro eventuali sbarchi nemici e il contrasto ai paracadutisti alleati. Le operazioni belliche interessarono direttamente Scicli nei giorni successivi allo sbarco; per la difesa della città, furono disposti dei distaccamenti per la difesa contraerea sui colli di san Matteo, della Croce ed al cozzo dell'Impiso; inoltre, una compagnia di bersaglieri fu di stanza a Torrepalombo.[1] Un episodio significativo per la città vide protagonista proprio Primaverile, che ricevette una richiesta di resa da parte degli Alleati tramite un italo-americano che lo contattò telefonicamente. Rifiutando l’offerta, Primaverile lanciò un contrattacco, riuscendo a catturare oltre cento paracadutisti nemici, che furono consegnati ai Carabinieri di Scicli. Nonostante la resistenza, le truppe italiane furono progressivamente sopraffatte dalla superiorità numerica e dall’equipaggiamento avanzato degli Alleati. Il colonnello D’Apollonio, al comando delle truppe italiane tra Ispica e Scicli, fu costretto a ordinare la ritirata.[23] Il 12 luglio 1943, alle ore 11:00, una vettura militare statunitense, sventolante bandiera bianca, fece ingresso nella città. L’ufficiale a bordo fu condotto da Primaverile, al quale comunicò la presenza di numerose forze alleate pronte all’attacco (artiglieria sulle colline circostanti l'abitato e velivoli in volo pronti a bombardare), ottenendo la resa formale della piazza. Dopo il disarmo, i circa cento militari italiani presenti si dispersero, facendo ritorno alle rispettive famiglie. In seguito all’occupazione, presso il Palazzo Municipale si insediò un capitano britannico con funzioni di amministratore locale per conto del governo militare alleato, per il quale si misero immediatamente al servizio i Carabinieri Reali della tenenza cittadina.[13][22]

Dal secondo dopoguerra a oggi

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Dopo la fine della guerra, Scicli conobbe un periodo di ripresa economica e sociale, caratterizzato dal ritorno alla vita democratica e dalla riorganizzazione dei partiti politici locali. L’agricoltura rimase il principale settore economico, con la coltivazione di carrubi, uliveti e vigne, ma fu a partire dagli anni 1960 che la serricoltura assunse un ruolo centrale nello sviluppo economico della città. La produzione di primaticci e fiori divenne una delle principali fonti di reddito per il territorio, affiancata dalla crescita dell’artigianato, in particolare nella lavorazione del ferro battuto e nella produzione di infissi in alluminio.[14]

Il 24 ottobre 1951, nell'ambito di un viaggio istituzionale straordinario atto a verificare le condizioni della Sicilia successive alle alluvioni che l'avevano colpita, Scicli fu visitata da Luigi Einaudi, secondo Presidente della Repubblica Italiana, e da sua moglie Ida Pellegrini, Prima Dama d’Italia. La coppia presidenziale fu accolta dall'allora Sindaco, Ignazio Occhipinti.[24]

Negli ultimi decenni del XX secolo e nei primi anni del XXI, Scicli ha incominciato a valorizzare il proprio patrimonio storico e culturale, puntando sul turismo come nuova leva di sviluppo. L’inserimento del centro storico nel Patrimonio dell’Umanità UNESCO nel 2002, insieme alle altre città tardo-barocche del Val di Noto, ha contribuito ad aumentare l’attrattività turistica. La città è inoltre diventata nota a livello nazionale ed internazionale grazie alla popolarità della serie televisiva della Rai Il commissario Montalbano, che ha reso celebri molti dei suoi scorci architettonici e paesaggistici.

Dal 4 agosto 2015, è uno dei 12 comuni che compongono il libero consorzio comunale di Ragusa.

Simboli

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Lo stemma del Comune di Scicli
 
Il gonfalone del Comune di Scicli

Lo stemma di Scicli (utilizzato dal comune anche se privo di formale atto di concessione) raffigura un leone, simbolo legato ad Ercole, con corona radiata in atto di salire su tre monti decrescenti da sinistra a destra, rappresentanti il controllo del comune sulle tre Cave di Modica, di Santa Maria La Nova e di San Bartolomeo, il tutto dorato in campo azzurro. Lo scudo è circoscritto da rami di alloro e quercia ed è sormontato da una corona di dominio feudale.[25]

Gonfalone

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Il gonfalone è un drappo rettangolare a tre frange di velluto cremisi, con al centro riportato, in colori dorati (pur se il comune non ha ricevuto il titolo di città), lo stemma del comune.[25]

Il motto del comune è Siclis Urbs Inclita Et Victoriosa Armorum Sedes Quarta, ovvero Scicli, città inclita e vittoriosa, quarta sede delle armi.[1]

Monumenti e luoghi d'interesse

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  Bene protetto dall'UNESCO
Città tardo barocche del Val di Noto (Sicilia sud orientale)
  Patrimonio dell'umanità
 
Mascherone di palazzo Beneventano
Tipoarchitettonico
CriterioC (i) (ii) (iv) (v)
Pericolono
Riconosciuto dal2002
Scheda UNESCO(EN) Late Baroque Towns of the Val di Noto (South-Eastern Sicily)
(FR) Scheda

Dalla motivazione di iscrizione nella World Heritage List dell'UNESCO:

«[…] La via Mormino Penna, per la ricca presenza di edifici del Settecento, e il Palazzo Beneventano rappresentano un capolavoro del genio creativo umano dell'età tardo-barocca. Si può infatti dire che sia questa l'epoca che definisce nel complesso il continuum dell'ambiente urbano della via, in cui anche quegli edifici che appartengono all'Ottocento e al Novecento si sono adattati all'immagine prevalente… Palazzo Beneventano, il più famoso edificio nobiliare di Scicli ed uno dei più interessanti della Sicilia barocca, inserito dal Blunt nella sua rassegna sul barocco siciliano e successivamente notato da numerosi altri autori, è per la sua unicità anch'esso un capolavoro, in particolar modo per l'aspetto scultoreo che caratterizza le sue due facciate fastosamente decorate dai lapidici locali […]»

Architetture religiose

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Chiese
 
La Chiesa di San Matteo e il Torrino dell'Orologio
 
Chiesa di San Guglielmo
 
Chiesa della Madonna di Fàtima
 
Chiesa di Maria Santissima della Consolazione e via di Santa Maria La Nova
 
Chiesa di San Giuseppe
 
Chiesa di San Vito
 
Chiesa di Santa Maria La Nova
 
Eremo di San Guglielmo
 
La Chiesa rupestre del Santo Spirito vista dal sagrato della chiesa di Santa Maria La Nova


Complessi ecclesiastici
 
Chiesa della Madonna del Carmine
 
Complesso di Santa Maria della Croce
 
Chiesa di Santa Maria del Gesù
 
Complesso di Santa Maria del Rosario
 
Rovine del Complesso dei Cappuccini
 
Rovine del Convento dei francescani conventuali di Sant'Antonino
 
Santuario della Madonna delle Milizie

Chiesa di San Matteo Apostolo ed Evangelista

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Simbolo di Scicli e chiesa madre fino al 7 ottobre 1874, la Chiesa di San Matteo è posta sul colle omonimo, sito della città vecchia, ad un'altezza di 228 m sul livello del mare. È l'edificio ecclesiastico più antico della città, tanto che alcuni storiografi ne fanno risalire la fondazione all'epoca paleocristiana, altri alla dominazione normanna. Di certo, durante il medioevo esisteva nello stesso sito una grande basilica a tre navate con un alto campanile collocato a sud, dietro alle absidi; l'attuale pianta dovrebbe rispecchiare per sommi capi quella medievale: tre navate a cinque campate che sfociano in un ambiente centrico formato dal transetto e dalle tre absidi rettangolari.

Chiesa di San Guglielmo (Chiesa Madre; ex Chiesa di Sant'Ignazio di Loyola)

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Risalente al 1751 e annessa al Collegio gesuitico demolito a metà del XX secolo, è la chiesa madre della città dal 7 ottobre 1874, anno del trasferimento della matrice dalla chiesa di San Matteo. Segue i dettami dell'architettura gesuitica internazionale. Presenta tre navate, con cappelle laterali, presbiterio e coro absidato.

Chiesa di San Giovanni Evangelista

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La facciata concavo-convessa a tre ordini della Chiesa di San Giovanni Evangelista rivela influssi borrominiani (si prenda ad esempio San Carlino alle Quattro Fontane, a Roma). L'interno a pianta ellittica è coperto da una cupola (con i finestroni che si aprono direttamente sull'imposta di quest'ultima), preceduta da un endonartece e conclusa da un'abside. Gli stucchi e le decorazioni dell'interno sono dei secoli XIX e XX.

Cappella della Madonna della Grazia

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Antica edicola votiva sita a pochi passi dalla chiesa della Croce; fu eretta nel 1602 con il sagrato antistante scavato nella roccia. La cappella fu edificata per contenere il quadro miracoloso della Vergine "Madre della Città di Scicli" sino al 1615 (ora custodito nella Chiesa della Madonna del Carmine). A causa della traslazione all'interno della chiesa conventuale, furono i numerosi miracoli lì avvenuti grazie al quadro taumaturgo. Essi furono attestati dai frati del convento della Croce e dal notaio Mirabella (come attesta la tavola con memoriale, visibile accanto al quadro).

Chiesa del Calvario

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Situata sul Colle della Croce, è risalente almeno al 1521. L’ingresso presenta un portone decorato con simboli della Passione, mentre l’interno, scavato nella roccia, conserva un pavimento originale e un altare in pietra con un paliotto raffigurante La Pietà. Le pareti ospitano nicchie con busti della Madonna e di San Giovanni e affreschi che ritraggono la Crocifissione. Un bassorilievo del Cristo deposto è visibile dietro l’altare. La presenza della lettera tau suggerisce un legame con il Convento della Croce. Dopo il terremoto del 1693, la chiesa custodì gli Oli Sacri della chiesa (all’epoca ancora matrice) di San Matteo. La notte del Giovedì Santo, era meta di un pellegrinaggio penitenziale.

Chiesa della Madonna di Fàtima

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Costruita immediatamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, è la chiesa che serve l'omonimo quartiere, nel centro geografico della città. Ha subito importanti lavori di restauro degli interni alla fine del 2024.

Chiesa del Santissimo Salvatore

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È la chiesa del Villaggio Jungi, costruita dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Si distingue da tutte le altre per il massiccio uso di vetro nella costruzione della facciata. Essendo stata costruita tra le ore 18:00 del 27 giugno 1965 e il giugno 1968, è la più giovane chiesa di Scicli.

Chiesa di Santa Maria della Consolazione

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La struttura attuale delle navate resistette al sisma del 1693 e risale al 1600 circa; l'abside, il cupolino e gli ambienti adiacenti (ovvero la Sala del Capitolo e la sagrestia) furono ricostruiti successivamente, secondo uno stile pomposamente settecentesco-rococò; notevole risulta la pavimentazione a tarsie marmoree del presbiterio nonché il fastoso organo settecentesco e gli stalli lignei ottocenteschi. Era precedentemente intitolata a San Tommaso Apostolo.

Chiesa di San Bartolomeo Apostolo

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La Chiesa di San Bartolomeo Apostolo risale ai primi anni del XV secolo; inserita nella "cava" omonima, la cui facciata a torre dei primi dell'Ottocento riprende temi già sviluppati a Ragusa da Rosario Gagliardi (nel Duomo di San Giorgio) e da fra' Alberto Maria San Giovanni Battista (riguardo la chiesa di San Giuseppe), entrambi a Ragusa Ibla. L'interno è ad unica navata a croce greca e si presenta sostanzialmente tardo barocco-rococò; custodisce un ciclo di stucchi che vanno dal Settecento all'Ottocento.

Chiesa di San Giuseppe

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Si trova nel quartiere omonimo, edificata dove già dal 1507 esisteva una cappella dedicata al Santo dalla nobile famiglia locale di Giannantonio Miccichè, crollata in parte durante il terremoto del 1693 e ricostruita nello stile barocco dell’epoca, caratterizzante tutto il Val di Noto. L’esterno è molto sobrio, con una facciata concava datata 1722; l'interno è settecentesco, con interventi anche ottocenteschi, ricco di stucchi barocchi e una volta dai colori molto eleganti. Custodisce due statue di grande valore: la lignea settecentesca di San Giuseppe, laminata in argento, opera dello scultore napoletano Pietro Padula e, soprattutto, quella marmorea del 1497 di Sant'Agrippina, attribuita a Gabriele di Battista, vero e proprio capolavoro del quattrocento siciliano. Di rilievo anche il dipinto seicentesco che rappresenta la Cacciata dei mercanti dal Tempio da parte di Gesù e quello del 1765 della Madonna della Grazia (o del Latte) con le martiri siciliane, Santa Lucia e Sant'Agata. Infine, è importante evidenziare la presenza delle due acquasantiere seicentesche, realizzate con pietra pece ragusana e pietra calcarea di Comiso.

Chiesa di San Michele Arcangelo

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La Chiesa di San Michele Arcangelo, come la vicina chiesa di San Giovanni Evangelista, mostra una struttura architettonica palesemente settecentesca e un apparato decorativo in stucco ottocentesco già pienamente Neoclassico. L'impianto è trapezoidale, coperto da una volta in stucco a guscio di noce e concluso da un'abside semicircolare.

Chiesa di San Pietro Apostolo, primo Papa

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Situata sulle pendici occidentali del colle di San Matteo, è una delle prime chiese cristiane scavate nella roccia. Risale al XVII secolo, quando la grotta originaria fu ampliata; fu chiusa al culto nei primi anni del XIX secolo. L'edificio, oggi in stato di conservazione precario, è ad unica navata con tre campate. La parte originaria, un ambiente ipogeo dietro l'altar maggiore, è l'unica testimonianza della chiesa rupestre, ora abbandonata e utilizzata come rifugio antiaereo durante la seconda guerra mondiale. L'accesso a quest'area avviene tramite due aperture simmetriche. L'interno conserva tracce del pavimento originale e di affreschi, tra cui uno che raffigura l'Ultima Cena, danneggiato dalle incrostazioni.

Chiesa di San Vito Martire

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Situata nel quartiere Pendinello sul colle di San Matteo, fu fondata nel 1508 da Giovanni Burgaletta nell'antico quartiere del Pendinello. Il complesso si trova su un pianoro che fiancheggia la strada regia verso la città antica e la chiesa di San Matteo. La facciata, di stile rinascimentale, è delimitata da paraste di ordine tuscanico e un cornicione mistilineo. Sopra il portale, ora deteriorato, si trova una finestra circolare, mentre lo stemma e il mascherone sulla pietra di volta sono quasi illeggibili. All’interno, un altare dedicato a San Carlo era famoso per la sua ricchezza e le sculture, ma la chiesa fu chiusa al culto nel XIX secolo. Nonostante non fosse distrutta dal terremoto del 1693, nel XX secolo fu trasformata in canile comunale e, successivamente, il tetto crollò.

Chiesa di Santa Lucia

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Sorge in cima al colle di San Matteo e fu fondata nel XVII secolo. La prima notizia che si ha di tale chiesa risale al 26 novembre 1570, quando viene nominata in un atto stipulato presso il notaio Carlo Guarino. Fa poi parte dell'itinerario della processione di San Guglielmo stabilito dal vescovo di Siracusa, monsignor Francesco Fortezza, nel 1684. In seguito, il Municipale Magistrato eleggeva periodicamente un procuratore per le rendite di questa chiesa.

Chiesa di Santa Maria della Catena

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Risalente agli anni precedenti al Mille, è scavata nella roccia di calcare alle falde del Colle di San Matteo, in una zona dove i primi Cristiani eressero santuari per venerare la Madonna. Questi santuari si trovavano in spelonche intorno al colle e alle vallate di Santa Lucia e San Bartolomeo, aree che un tempo facevano parte del perimetro urbano dell’antica Scicli. Nel 1667, un atto notarile documenta l’istituzione di un Beneficio legato alla chiesa, appartenente a Don Francesco Sicoli. La chiesa ricevette anche terre donate da Don Ignazio Bono nel 1720. Ogni anno, si celebrava la festa della Madonna della Catena, raffigurata con il Bambino Gesù e una catena, simbolo di protezione per i Cristiani sciclitani rapiti dai pirati. Un’antica statua della Madonna della Catena, realizzata nel 1100, viene portata in processione per la città. All’interno, si trova una pila d’acquasantiera di epoca bizantina, e la facciata, con portale ad arco, presenta colonne e capitelli in stile tardo-antico. Nel 1200, la chiesa fu trasferita in una grotta vicina, dove è ancora presente, e fu arricchita con stucchi dorati e pitture.

Chiesa di Santa Maria La Nova

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Di origini antichissime (probabilmente bizantine), dal 1994 la Chiesa di Santa Maria La Nova è sede del santuario di Maria Santissima della Pietà. La grande fabbrica ha attraversato vicende costruttive particolarmente complesse e travagliate. La maggior parte delle notizie che si hanno sono riferibili all'edificio seicentesco e alle successive ricostruzioni. La chiesa è stata retta da sempre da una potente confraternita, che tra l'altro nel XVI secolo acquisì l'ingente eredità del banchiere Pietro di Lorenzo, detto Busacca, benefattore di Scicli.

Chiesa di Santa Teresa d'Avila

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La facciata della Chiesa di Santa Teresa d'Avila rivela influenze ancora legate alla tradizione architettonica precedente il terremoto del 1693. L'interno tardobarocco è uno dei più ricchi della Libero consorzio comunale per gli stucchi, le tele, le sculture e le pavimentazioni a tarsie bianche e nere.

Chiesa rupestre di Santa Maria di Piedigrotta

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Scavata ai piedi del Colle della Croce nella cava di San Bartolomeo, fu fondata nel 1630 grazie a un Beneficio. Le donazioni di terreni provenivano da Don Giuseppe Miccichè, fondatore del Collegio dei Gesuiti di Scicli, e da altri Benefici della Basilica Collegiata di San Bartolomeo. All’interno, nell’abside della chiesa, si trova l’incantevole scultura in pietra marmorea locale della Madonna della Pietà, un’opera cinquecentesca menzionata in antichi libri e manoscritti che descrivono le Madonne sciclitane.

Chiesa rupestre del Santo Spirito

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Si trova sul Colle di San Matteo, presso il Castello dei Tre Cantoni. Citata in un atto notarile del 1375, la chiesa originaria era interamente scavata nella roccia, ma subì il crollo del costone su cui sorgeva a seguito del terremoto del 1693. Nei primi anni del XVIII secolo, fu ricostruita in muratura e completata nel 1747, come testimoniato da un’incisione sul prospetto. Dell’edificio settecentesco restano oggi il portale monumentale, con colonne scanalate e capitelli ionici, e tracce di affreschi nell’abside e nel subsellium, tra cui una Madonna velata e una figura identificabile con il Beato Guglielmo. Sotto la chiesa si trova una cripta, un tempo decorata con pitture, collegata tramite un passaggio gradinato scavato nella roccia. Oggi la struttura è gravemente danneggiata e soggetta a degrado e vandalismi.

Complesso dei Cappuccini

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Il complesso si estende fra le pendici delle rocciosa collina della Croce e l'altura argillosa della Bastita. Il convento fu costruito annesso a quella che era la chiesa di Sant'Agrippina. Il culto della santa si trasferì poi nella chiesa di San Giuseppe, dove ancora rimane la bellissima statua marmorea del 1497 (di probabile scuola gaginiana) dedicata alla Santa.

Complesso del Carmine

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Fra tutte le architetture ecclesiastiche della città, il complesso del Carmine rivela la più elevata omogeneità stilistica fra le componenti architettoniche, scultoree e pittoriche: tutto concorre a creare un'atmosfera rococò (gli stucchi candidi, la luminosità dell'aula, le numerose tele). L'impianto architettonico ad aula unica è definito da un ciclo di stucchi monocromi attribuiti al Gianforma stuccatore palermitano, allievo di Giacomo Serpotta. Il convento secondo il progetto originario si articolava attorno a due vaste corti porticate delle quali ci è pervenuta soltanto quella orientale, oggi pesantemente occultata da tamponamenti e da aggiunte contemporanee che impediscono di apprezzare in maniera chiara la concezione spaziale originaria. La corte è adornata da due splendide statue inserite in nicchie settecentesche simmetricamente disposte rispetto al grande ingresso. Una originale pavimentazione geometrica a ciottoli (consuetudine consolidata e diffusa) rendeva lo spazio aperto ancora più accentrato.

Complesso di Santa Maria della Croce

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Di origini tardomedievali, il Complesso di Santa Maria della Croce custodisce tra le sue vecchie mura due antichi chiostri porticati; l'interno della chiesa, rimodulato nel Settecento con un ciclo di stucchi bianchi, conserva ancora numerose lapidi e sepolcri medioevali. La facciata, sobria ed elegante, è impreziosita da un portale con archivolto gotico-catalano, da tre stemmi (quello dell'Università di Scicli (ovvero il Comune), quello degli Enríquez e quello dei Cabrera) e da una porzione di cornice che apparteneva al rosone. Sorge sull'omonima collina, ad un'altitudine di 235 m sopra il livello del mare.

Complesso di Santa Maria del Gesù

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Chiusi da tempo, la chiesa ed il convento di Santa Maria del Gesù sono situati alle spalle di via Francesco Mormino Penna, sul tratto finale di corso Giuseppe Mazzini. A settembre 2025, inizieranno importanti lavori di consolidamento strutturale e di restauro, in vista della riapertura e della restituzione all'ordine.

Complesso della Madonna del Rosario (precedentemente, della Madonna di Monserrato)

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La chiesa della Madonna di Monserrato, oggi nota come del Rosario, fu costruita nel 1516 e ampliata grazie alla devozione di numerosi fedeli sciclitani. Citata da Rocco Pirri in Sicilia sacra, la sua fondazione è attestata da un atto notarile del 1539, che menziona i principali benefattori. Sorge sulla sommità del Monte Campagna, offrendo una vista panoramica sul territorio e sul mare. Al suo interno è venerata una statua miracolosa della Vergine, posta nella Cappella dell’Altare Maggiore nel 1648 da padre Domenico Rosa. Si tramanda che nel 1600 fu trovata un’ampolla d’olio inestinguibile, usata per guarire gli ammalati. Inoltre, si racconta che la Vergine apparve al Gran maestro dell’Ordine di Malta, Jean de la Valette, prima della battaglia del 1565 contro i Turchi; in segno di gratitudine, questi donò alla chiesa bottino di guerra e quaranta mortai in bronzo, fusi per realizzare una campana tuttora presente nel campanile. Accanto alla chiesa sorse un convento domenicano, attivo dal 1556 e ufficialmente affidato all’ordine nel 1567. Soppresso nel 1652 per mancanza di fondi, riprese l’attività grazie a donazioni, ospitando scuole di teologia e filosofia da cui uscirono insigni predicatori. Il terremoto del 1693 danneggiò solo il cappellone, poi restaurato. Oggi il complesso è gestito dalle Monache dell’Ordine di Santa Maria della Mercede, la quale comunità fu fondata il 23 luglio 1883 da padre Timoteo Longo e madre Ermelinda Concezione Iannitto; vi si svolgono attività educative per i minori.

Convento dei francescani conventuali di Sant'Antonino

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Nell'ottica dell'ibrido, ma con un'apertura straordinaria verso il mondo rinascimentale, sarebbe stato fondato tra 1514 e 1522. La costruzione di una cappella funeraria che funge da tribuna, coperta a cupola costolonata, ma con inserti classicisti deve necessariamente essere accostata a una committenza alta, che non è nota, ma che potrebbe essere stata determinante per costruzioni di cappelle di corte come quelle di Comiso (voluta dai Conti Naselli nel 1517) o di Militello. Le cappelle cupolate aggregate come tribuna a chiese francescane, secondo la consuetudine, furono inaugurate dal progetto dell'Alberti per il Tempio malatestiano. Indubbiamente, la cappella (attualmente in pessimo stato di conservazione, prossimo alla scomparsa delle poche rovine rimaste) assume un valore competitivo tanto da potere essere messa in relazione solo con iniziative comitali. La cappella «Cabrera» in Santa Maria di Betlem a Modica assume un significato analogo, ancora più ricco e celebrativo; fermo restando che la sua costruzione deve riferirsi ai primi decenni del XVI secolo, si deve ancora pensare a una committenza alta, forse un ramo della famiglia dei Cabrera. Si tratta di opere che non è possibile leggere con gli schematismi di un mitizzato e rigido universo classicista poiché esplorano una via siciliana, un «antico» autoctono, e pervengono a un Rinascimento esotico che affonda le radici in tecniche costruttive locali. I grandi passaggi nodali che gettano ponti tra l'ultimo gotico e il Rinascimento siciliano seguono probabilmente vie e vicende differenti dal contemporaneo travaglio iberico, ma altrettanto complesse e non sottovalutabili sono le strade di un interscambio culturale stretto. Alla constatazione di comunanze linguistiche, di semplici forme, va anche affiancata una ricerca senza pregiudizi che tenga in giusta considerazione la mobilità della committenza, i suoi programmi e le sue idee.[26]

Santuario ed Eremo della Madonna delle Milizie

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Situato fuori dalla città, presso la contrada Giammarito, a 3 chilometri e mezzo a nord est della frazione di Donnalucata, ricorda la leggendaria battaglia avvenuta nel 1091 tra Normanni e Saraceni, durante la quale la Madonna, a cavallo e armata di spada, è intervenuta. Il complesso registra varie fasi costruttive, dal tardo medioevo al XX secolo. Dopo aver subito dei lavori di restauro nel 2024, l'Eremo è ritornato fruibile alla collettività dal 28 maggio 2025.[27]

Chiese e complessi non più esistenti (elenco incompleto)

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Chiese
  • Chiesa del Patrocinio di Maria Vergine: fu fondata verso il 1700 dal barone Giovanni Penna e fu demolita alla fine del XVIII secolo.
  • Chiesa del Salvatore: fu una vecchia chiesa distrutta dal terremoto del 1693, sulla quale area venne poi edificato il convento di San Francesco da Paola.
  • Chiesa della Madonna della Grazia: fu edificata vicino alla chiesa di Santa Maria la Nova ed all'antico palazzo dell'Università; chiamata anche chiesa della Madonna del Tocco, in essa si riuniva al suono della campana maggiore il Consiglio Comunale.
  • Chiesa della Madonna di Loreto: fu fondata da Andreotta d'Arizzi nell'antico quartiere Senia alla fine del XV secolo e fu resa polvere dal terremoto del 1693.
  • Chiesa della Madonna della Provvidenza: fu costruita sotto la chiesa del Calvario; risultò già ridotta ad abitazione privata durante il XVI secolo.
  • Chiese della Madonna della Raccomandata: ne sorsero due. La prima esistette presso il Castello dei Tre Cantoni nel XV secolo; la seconda fu fondata nel XVII secolo da Giovanni Zisa in un punto ormai dimenticato e fu demolita nel XVIII secolo.
  • Chiesa della Santa Croce: fu costruita sul piano dell'Oliveto (dove oggi ha sede una delle tre scuole primarie della città) e fu distrutta dal terremoto del 1693.
  • Chiesa di Sant’Agrippina: fu una chiesa esistita sull'antico piano dell'Oliveto (attualmente occupato da una delle tre scuole primarie, nell'omonimo quartiere) e fu demolita per permettere la costruzione del convento dei Cappuccini.
  • Chiesa di Santa Caterina da Siena: fu edificata all'angolo tra via Catena e via San Filippo nel XVII secolo e fu chiusa al culto nella seconda metà del XIX secolo.
  • Chiesa di Sant’Andrea Apostolo: fondata da Andrea Paguni a destra della chiesa di Santa Maria la Piazza, fu demolita nel XIX secolo.
  • Chiesa di Sant’Antonio Abate: fu edificata vicino la chiesa di Santa Maria la Piazza e l'antico Ospedale. Chiamata anche Chiesa dell'Ospedale, fu demolita nel XIX secolo.
  • Chiesa di San Clemente Martire: fu costruita sulla via Maestranza (poi via Maestranza Vecchia; attuale corso Anita Garibaldi) e fu demolita nel XIX secolo.
  • Chiesa di San Cristofaro: esistita in tempi remoti, aveva sede presso l'antico quartiere Pagliarelli.
  • Chiesa dei Santi Filippo e Lorenzo: fu costruita dal priorato benedettino vicino la chiesa di Santa Maria della Consolazione e fu demolita nel XIX secolo.
  • Chiesa di San Giacomo Interciso: fu una piccola chiesetta costruita nell'antico quartiere Burcurdizzo e venne demolita nel XVIII secolo per fare posto al Convento dei Santa Maria del Monte Carmelo.
  • Chiesa di San Giorgio martire: sita nell'omonima via, fu fondata dal conte Ruggero d'Altavilla in seguito alla vittoria contro i saraceni del 1091; è stata demolita ed oggi vi sono abitazioni private al suo posto. Sulla facciata di quella che ha preso il posto della chiesa, dal luglio 2016 vi è una lapide in ricordo.
  • Chiese di San Nicolò, Vescovo di Mira: ne sorsero due. Una fu sita nel quartiere storico che da essa prese il nome, dove oggi si trova il pubblico abbeveratoio, e fu con molta probabilità la prima chiesa del paese; è stata demolita nel XIX secolo. L'altra, costruita nel XVI secolo da Giovanni Leonardo Giampiccolo nell'antico quartiere Senia, fu demolita alla fine del XVIII secolo.
  • Chiesa di San Paolo Apostolo: fu una piccola chiesetta sulla cui area, dopo la demolizione, fu costruita quella di Santa Maria la Nova.
  • Chiesa di San Rocco: fu una chiesetta dell'antico quartiere Senia e venne demolita per far posto al convento di Santa Maria del Gesù.
  • Chiesa di San Sebastiano: fu una chiesetta dell'antico quartiere Senia e venne demolita per far posto al convento di Santa Maria del Gesù.
  • Chiese di Santa Barbara: ne sorsero due. Una, molto antica, esistette sulle pendici del colle di San Matteo nel XVI secolo; l'altra, edificata verso il 1500 nel quartiere Scifazzo, dipese dalla chiesa di San Matteo e fu demolita dal terremoto del 1693 per esser mai più riedificata.
  • Chiesa di Santa Maria di Loreto: fu edificata lungo l'omonima via.
  • Chiesa di Santa Maria Maddalena: fu fondata nel XV secolo.
  • Chiesa di Santa Maria del Pozzo: esistette nei primi anni del XV secolo.
  • Chiesa di Santa Maria la Piazza: edificata nel periodo in cui l'abitato si trasferiva dal colle di San Matteo a valle, fu così appellata per la presenza, davanti ad essa, del vasto piano sul quale veniva svolto il mercato cittadino. Ritenuta un tempo la più bella chiesa di Scicli e la più antica tra le sacramentali, fu demolita dopo l'Unità d'Italia per permettere la costruzione di via Maestranza (attuale via Francesco Mormino Penna).
  • Chiesa di Santa Margherita: fu costruita verso il 1500 e demolita nel XIX secolo.
  • Chiesa di Santa Oliva: fu demolita prima del terremoto del 1693.
  • Chiesa di Sant'Orsola: fu costruita su una delle alture della cava di San Bartolomeo, a levante; detta anche Sant'Orsola al Monte, fu chiusa al culto nei primi anni del XIX secolo.
  • Chiesa di Santa Rosalia: fu edificata all'estremo limite della Cittadella nel 1500 circa ed esistette per parecchi anni dopo il terremoto del 1693.
  • Chiesa di Santa Venera: fu una piccola chiesetta sulla cui area, dopo la demolizione, fu costruita quella di Santa Maria la Nova.
  • Chiesa di San Teodoro: fu edificata nel XVI secolo in piazza Fontana (attuale piazza Italia) a spese della famiglia Melfi e demolita nel XVIII secolo per far spazio all'ancora oggi esistente palazzo Fava.[28]
Complessi

Architetture civili

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Palazzi
 
Facciata e porta d'ingresso dell'Antica Farmacia Cartia
 
Dipinto di Giovanni Gentile all'interno della Farmacia
 
Palazzo Beneventano
 
Palazzo Bonelli-Patanè
 
Facciata principale di Palazzo Busacca
 
Palazzo Conti
 
Palazzo Fava
 
Sezione centrale della facciata di Palazzo Palle
 
Palazzo Papaleo
 
Veduta della facciata di Palazzo Spadaro e della Chiesa di Santa Teresa d'Avila

Antica Farmacia Cartia

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Gioiello in stile liberty, si trova in via Francesco Mormina Penna. Fu aperta da Guglielmo Cartia senior l'11 luglio 1902 e, dal 6 aprile 2014, è stata trasformata in museo sotto la gestione dell’Associazione Culturale Tanit Scicli. L’interno conserva i mobili originali di inizio Novecento, realizzati dal falegname ed ebanista sciclitano Emanuele Russino. Le decorazioni sono impreziosite da un dipinto liberty di Giovanni Gentile, raffigurante la dea greco-romana della salute, Igea. Le vetrine custodiscono contenitori di composti solidi e liquidi utilizzati nel laboratorio galenico, oltre a strumenti come alambicchi, mortai in bronzo e pietra, provette e antiche medicine, coprendo un arco temporale che va dai primi del Novecento agli anni 1980. Una delle vetrine più particolari è quella dedicata ai veleni. L’Antica Farmacia Cartia è stata utilizzata come ___location cinematografica ne Il commissario Montalbano e Il giovane Montalbano, nella trasposizione cinematografica del romanzo storico di Andrea Camilleri, La stagione della caccia.[29]

Palazzo Beneventano

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È considerato uno dei più importanti esempi di barocco siciliano. Sir Anthony Blunt lo definì “il più bel palazzo barocco di Sicilia”, lodandone il pallido colore giallo-oro che, alla luce del sole, acquista un’indescrivibile opulenza. Situato alle pendici del Colle di San Matteo, il palazzo si trova in una posizione strategica tra l’antica cittadella fortificata e la città settecentesca, sviluppatasi nelle cave di Santa Maria La Nova e di San Bartolomeo. Il prospetto è caratterizzato da monumentali mascheroni “irriverenti”, elementi decorativi barocchi e un cantonale che collega i due fronti. In cima al cantonale si trova lo stemma coronato della famiglia Beneventano, ornato da due teste di moro, divenuto uno dei simboli della città di Scicli. Il palazzo è stato inserito nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità dell’UNESCO.[30]

Palazzo Bonelli-Patanè

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Situato in via Francesco Mormina Penna, è un esempio significativo dello stile eclettico di inizio Novecento. L’esterno si presenta in un sobrio stile neoclassico, mentre gli interni mescolano elementi neoclassici, liberty e neogotici. Il palazzo ospita uno dei più ricchi impianti decorativi della città, opera di Raffaele Scalia, che affrescò lo scalone principale, il salone delle feste, i salotti, la sala da pranzo e la camera da letto patronale, progettando anche gli arredi. Dal terrazzo si può ammirare il giardino interno e il panorama della città. Anch'esso è stato ___location de La stagione della caccia - C'era una volta Vigata trasposizione cinematografica del romanzo storico di Andrea Camilleri, La stagione della caccia.[31]

Palazzo Busacca

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Sito sulla via Nazionale e su piazza Busacca, il palazzo è stato costruito a metà del XIX secolo sul terreno precedentemente occupato dalla ormai demolita chiesa di Santa Maria la Piazza.

Palazzo Conti

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Il palazzo risale agli ultimi decenni del XIX secolo e presenta un disegno della facciata in stile neoclassico. L’elemento più caratteristico è il portale d’ingresso, ornato da due colonne tuscaniche e un fregio con metope e triglifi. I balconi laterali sono decorati con timpani e mensole dal design geometrico.[32]

Palazzo Fava

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Uno dei primi, monumentali palazzi barocchi della ricostruzione post-sisma del 1693, rappresenta il perno prospettico tra lo scenario naturale della cava di San Bartolomeo e la fuga prospettica sul paesaggio antropizzato di piazza Italia e corso Anita Garibaldi. Il prospetto, di gusto tardosettecentesco, è impreziosito dalla ricca decorazione del portale d’onore e dei balconi affacciati su piazza Italia. Unico nel suo genere è il balcone su via San Bartolomeo, le cui mensole, databili intorno al 1730, raffigurano due grifi e due cavalli alati con code pisciformi di ascendenza medievale e manieristica, sorretti da svariate teste di moro.[33]

Palazzo Palle (Palazzo di Città; Municipio)

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Sede istituzionale principale del Comune, è stato costruito nei primissimi anni del XX secolo sul sito del demolito monastero delle Benedettine, annesso alla chiesa di San Giovanni Evangelista, ed inaugurato nel 1906. È in stile eclettico neorinascimentale, mostrando elementi del primo rinascimento fiorentino (quali le bifore e il bugnato di Palazzo Rucellai progettato a metà del Quattrocento da Leon Battista Alberti), ma anche citazioni michelangioesche (come l'ordine gigante). Il municipio di Scicli è l’unico edificio civile all’interno di uno spazio prevalentemente religioso e aristocratico ed è noto per essere stato utilizzato come sede del commissariato di Vigata (impiegando la facciata esterna e la parte destra del piano terra) e della questura di Montelusa (servendosi solo del primo piano) nelle serie televisive Il commissario Montalbano (1999-2021) e Il giovane Montalbano (2012-2015).[34]

Palazzo Papaleo

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Il palazzo è il risultato dell’unione di due edifici del XIX secolo. L’interno è stato ristrutturato nei primi decenni del XX secolo, mentre l’esterno conserva la differenza stilistica tra i due edifici originari.[34]

Palazzo Spadaro

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Fu costruito a più riprese nel XVIII secolo dalla famiglia Spadaro, di origine modicana, trasferitasi a Scicli nel XVII secolo. Il prospetto tardobarocco segue l’andamento curvilineo della strada. La facciata presenta otto balconi con inferriate convesse in ferro battuto, decorate con motivi rococò geometrici e floreali. Il portale principale, situato di fronte alla chiesa di San Michele Arcangelo, è arricchito dal simbolo araldico della famiglia Spadaro: un leone rampante. La scalinata interna, progettata dal capomastro Giorgio Vindigni di Modica, è decorata con policromie sulle pareti e sul soffitto. Al primo piano, le sale si susseguono “ad infilata”, con ambienti destinati a sala del fumo e sala del tè. L’ultima stanza dell’ala nord ospitava una piccola cappella, di cui restano due crocifissi quattrocenteschi. Le stanze erano pavimentate con maioliche di Caltagirone. Un tempo il palazzo custodiva una collezione di vasi greci e siculi, un medagliere greco-romano e una pinacoteca. Ancora visibile è la tela raffigurante Apollo e le Muse (del XIX secolo), situata sul soffitto del salone centrale, e una seconda tela raffigurante Venere e Marte, opera di Raffaele Scalia. Un terrazzino collega l’edificio principale con un altro edificio sulla via opposta, formando un passaggio sopraelevato frequentato un tempo dagli innamorati.[35]

Monumenti

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  • Monumento a Pietro di Lorenzo, detto Busacca;
  • Monumento alla Resistenza Italiana;
  • Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale;
  • Monumento all'Impresa dei Mille e alle Camicie Rosse sciclitane;
  • Monumento alle Vittime della Strada.

Architetture militari

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Ruderi del Castellaccio visti dalla Piazza d'Armi del Castello dei Tre Cantoni, 2021

Scicli ha sempre mantenuto nei secoli il carattere di cittadella fortificata, sia per la posizione strategica nel territorio a difesa della costa sia per la sua singolare articolazione morfologica su alture particolarmente scoscese, che l'ha resa difficilmente espugnabile. Verso la metà del XIV secolo, quando ancora la città sorgeva sul colle di San Matteo, esistevano due castelli:

  • il Castellaccio (detto castrum magnum) di cui ci rimangono pochi ma maestosi resti sulla cima rocciosa del colle di San Matteo. Si tratta di un dongione normanno.
  • il Castello dei Tre Cantoni (detto nella storiografia locale Castelluccio o castrum parvum o triquaetrum) è posto a difesa dell'unico fronte non dirupato e quindi naturalmente protetto della città antica, quello orientale, verso Ispica. Si erge su un profondo fossato che divide il territorio urbano intra moenia dalla campagna; un bastione quadrilatero fa da zoccolo all'intera struttura rinforzata agli angoli da ulteriori torri; sulla sommità sono ancora visibili e visitabili le fondazioni di una torre triangolare di età antica che dà il nome al complesso. A occidente su una terrazza calcarea si apre la cosiddetta piazza d'Armi che sovrasta i resti del vicino Castellaccio. I ruderi del castello triquaetro stanno attraversando un preoccupante processo di degrado.

Piazze e giardini

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Veduta grandangolare di Piazza Italia
 
Scorcio grandangolare di Piazza Busacca
 
Vista di via Francesco Mormino Penna e di piazza Municipio
 
Veduta del cancello d’entrata di Villa Penna

Piazza Italia

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Creata tramite la copertura del torrente di San Bartolomeo, ha per questo una conformazione lineare. È uno dei nodi urbanistici più importanti della città nonché la piazza più vasta. Su questa area prospettano numerose architetture di pregio che vanno dal secolo XVIII al XX. A monte, si trovano palazzo Fava, la chiesa del Collegio dei Gesuiti (ovvero di Sant'Ignazio), palazzo Iacono e palazzo Mormina Penna. Poco più a valle, lo spazio vuoto prosegue indisturbato seguendo il corso del torrente fino al largo Gramsci, sul quale insiste il Cine-Teatro Italia. Tutta l'area è delimitata dai prospetti di numerosi palazzi ottocenteschi. Una curiosità caratterizzante piazza Italia è la presenza (accanto la chiesa madre di San Guglielmo) di un edificio modernista ispirato alle architetture di Oscar Niemeyer – in particolare al Palácio da Alvorada a Brasilia – costruito negli anni sessanta al posto del demolito Collegio gesuitico.

Piazza Busacca

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Progettata a fine Ottocento è un'area rettangolare individuata principalmente da due elementi: il complesso del Carmine, che ne costituisce il limite occidentale, e la Maestranza Nuova (oggi via Nazionale), che la delimita a oriente; a sud è chiusa dal Palazzo Busacca, costruito grazie alle rendite dell'eredità del benefattore; a nord, fino al periodo prebellico, esisteva uno dei palazzi barocchi più grandi e fastosi della città, Palazzo Di Lorenzo, di cui resta visibile poco più a monte un pilone angolare decorato con varie grottesche. Al centro della piazza, troneggia il monumento marmoreo a Pietro di Lorenzo, detto "Busacca", dello scultore palermitano Benedetto Civiletti.

Piazza Municipio e via Francesco Mormino Penna

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Costituiscono l'antico corso San Michele, cuore del centro storico. Su quasi trecento metri di basolato, prospettano edifici che vanno dal XVII al XX secolo, accomunati dall'uso della locale pietra calcarea che rende il contesto visivamente omogeneo. I monumenti che insistono sull'area pedonale sono (da ovest verso est) la chiesa di Santa Teresa e l'annesso convento (XVII - XVIII sec.), un garage di inizio Novecento in stile liberty, palazzo Spadaro (XVIII sec.), la chiesa di San Michele con l'annesso convento (oggi palazzo Carpentieri, XVIII sec.), palazzo Bonelli (XVIII - XIX sec.), palazzo Conti (XIX sec.), palazzo Veneziano-Sgarlata (XVIII sec.) e palazzo Papaleo (XIX sec.). A questo punto, lo spazio si dilata e la via sfocia su piazza Municipio: qui prospettano Palazzo Palle (ovvero il Municipio), la chiesa di San Giovanni Evangelista, i resti della piccola chiesa di Sant'Andrea e diversi edifici ottocenteschi. Questo slargo è nato dalla demolizione della settecentesca chiesa di Santa Maria La Piazza, in seguito allo sventramento ottocentesco della Maestranza Nuova (oggi Via Nazionale). L'intera area di via Francesco Mormino Penna è stata inserita dall'UNESCO nella World Heritage List (città tardobarocche del Val di Noto, 2002).

Villa Penna

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Giardino privato dei Baroni Penna e da sempre mantenuto dai proprietari per la pubblica fruibilità, noto a Scicli anche come a Villa; la sua progettazione affronta gli stessi temi compositivi dei grandi-parchi annessi alle residenze reali europee del Settecento (modellazione del suolo, lunga scalinata assiale). Negli anni 1960, Villa Penna, in seguito a una controversia tra il Comune e il barone Penna, fu espropriata. Il proprietario, che aveva sempre mantenuto la Villa a proprie spese, con giardinieri e custodi che aprivano i cancelli all'alba e li chiudevano al tramonto, come da generazioni era sempre stato, dapprima si oppose all'esproprio, ma quando vide l'inesorabilità del procedimento e l'infondatezza, a suo giudizio, dell'atto espropriativo stesso fondato su una pubblica fruibilità di un bene che era stato creato e mantenuto per i cittadini di Scicli, senza però gravare sui conti pubblici, prima di perdere possesso del giardino, decise allora che, se il Comune di Scicli avesse voluto una Villa pubblica avrebbe dovuto farla ex-novo. Furono così tagliati gli alberi e asportato tutto quanto di sua proprietà e, per circa mezzo secolo, Scicli rimase priva del suo più grande spazio verde; il giardino è stato però in parte ripristinato, sia nelle opere architettoniche che nella vegetazione.

Siti archeologici

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Scicli rientra tra le stazioni archeologiche del I siculo (ovvero cuprolitico orientale, tra il 2500 a.C. ed il 1900 a.C.) e del III siculo (tra il 1500 a.C. e l'800 a.C., periodo pre-greco caratterizzato da una ceramica geometrica e protocorinzia), secondo la divisione in quattro fasi dell'Età del Bronzo pensata dall'archeologo Paolo Orsi.[36] Oltre ai due castelli d'epoca medievale citati nel paragrafo dedicato alle architetture militari, nel territorio sciclitano sono presenti diverse aree di interesse particolarmente diversificate per numerazione del «sito», per coordinate cartografiche dell'IGM, per datazione e per tipologia[37], fra cui si posso segnalare:

  • Sito 33: sito della Grotta Maggiore, datato fra l'Età del Rame e l'Età del Bronzo antico (III-II millennio a.C. – XVIII-XV secolo a.C.)
  • Sito 27: necropoli in contrada Ronna Fridda. Sono distinguibili una necropoli preistorica del Bronzo medio (XIV sec. - XII sec.) e una necropoli cristiana del IV sec. d.C.
  • Sito 6: chiamato anche Cancellieri, è un sito del periodo greco classico, databile dal IV al II sec. a.C. Include una fattoria greca del IV sec. È legato alla presenza delle subcolonie siracusane come Kamarina e Kasmenai.
  • Sito 7: resti di un emporio greco in contrada Maestro, sulla riva destra del fiume Irminio (l'ipotesi onomastica di Elio Militello è appunto Yrmine o Hyrmine)[38].
  • Sito 36c: definito comunemente Chiafura, è una vasta area di interesse archeologico, storico, ed etnoantropologico situata nelle immediate adiacenze del centro urbano di Scicli, occupante il fronte meridionale del colle di San Matteo, già sede della città vecchia. Si tratta di un consistente insediamento rupestre probabilmente di periodo bizantino (sicuramente medievale) adibito sia a scopi abitativi che funerari, paragonabile per dimensioni e densità ai siti di Pantalica o al complesso dei Sassi di Matera per il felice connubio di architettura per sottrazione (grotta) e quella per addizione (edificio), pur essendo molto diversa la genesi e la storia di Chiafura da quella dei due siti. La morfologia dell'insediamento, situato sulle pendici scoscese del colle, necessariamente si adatta alle difficili condizioni orografiche producendo una interessante soluzione a terrazzamenti che portarono Pier Paolo Pasolini a descrivere Chiafura come una dantesca montagna del Purgatorio. Le grotte, utilizzate nel periodo bellico come rifugi antiaerei, continuarono a essere occupate nel dopoguerra dalla popolazione indigente, che, a partire dal 1954, fu definitivamente sfollata e alloggiata nel nuovo Villaggio Aldisio-Cutrone (oggi il Villaggio Jungi).

Elio Vittorini scrive su Chiafura in Conversazione in Sicilia:

«Era una piccola Sicilia ammonticchiata, di nespole e tegole, di buchi nella roccia.»

Società

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Evoluzione demografica

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Pre-Unità d'Italia

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Inizio Fine
1375 1 460
1505 7 775
1548 circa 11 000
1569 oltre 12 000
1593 11 577
1595 11 677
1623 11 074
1626 4 000
1636 7 147
1647 11 074
1651 7 775
1681 9 946
1692 circa 9 382
1693 circa 6 300
1713 8 886
1714 8 860
1747 10 827
1798 9 639
1838 11 769
1843 10 927
1852 10 891

Post-Unità d'Italia

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Abitanti censiti[39]

Lingue e dialetti

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Lingua siciliana.
 
Distribuzione della lingua siciliana nel meridione d'Italia, 1977

Oltre alla lingua ufficiale italiana, a Scicli si parla la lingua siciliana nella sua variante metafonetica sud-orientale. La ricchezza di influenze del siciliano, appartenente alla famiglia delle lingue romanze e classificato nel gruppo meridionale estremo, deriva dalla posizione geografica dell'isola, la cui centralità nel mar Mediterraneo ne ha fatto terra di conquista di numerosi popoli gravitanti nell'area mediterranea. Si possono chiaramente notare influssi arabi, normanni e spagnoli.

Tradizioni e folclore

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Festa delle Milizie

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Madonna delle Milizie.

Si celebra a fine maggio e la prima attestazione documentata risale al 1709. Il momento culminante è la rappresentazione teatrale in forma di moresca, che rievoca la battaglia del 1091 tra Normanni e Saraceni, conclusasi — secondo la tradizione — con l’intervento miracoloso della Madonna delle Milizie, che discese dal cielo a cavallo e armata di spada per liberare Scicli. La scena si svolge con la partecipazione di attori popolari in costume e si svolge ogni anno l'ultimo sabato sera del mese. La Vergine delle Milizie è identificata con l’Addolorata, a cui sono dedicate due processioni e due culti, rispettivamente presso la chiesa di Santa Maria La Nova e la chiesa di San Bartolomeo.[40]

Riti della Settimana Santa

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Il simulacro del Gioia, fuori dalla chiesa di Santa Maria La Nova

Come in altre località siciliane, anche a Scicli si svolgono i riti della Settimana Santa, riconosciuti dalla Regione Siciliana come Grandi Eventi e iscritti nel Registro delle Eredità Immateriali.[41]

Al culmine della Settimana Santa, il giorno di Pasqua viene festeggiata, con una lunga processione del simulacro del Gioia, la Resurrezione di Cristo, detto a Scicli l'Uomo Vivo.[42] A metà degli anni 2000, il cantautore Vinicio Capossela ha dedicato una delle sue canzoni a questa caratteristica festa. Il brano si intitola L'Uomo Vivo, Inno al gioia, ed è contenuto nell'album Ovunque proteggi (2006).[43]

Cavalcata di San Giuseppe

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La Cavalcata di San Giuseppe è una tradizione che affonda le radici nel Medioevo, evolvendo da antichi drammi sacri propiziatori dei raccolti, successivamente assimilati dal Cristianesimo in onore del Santo Patriarca. La manifestazione si svolge il sabato precedente il 19 marzo (o quello successivo), con una processione di cavalli e cavalieri bardati con manti di violaciocche (o bàlicu) e gigli selvatici (spatulidda), che partono dalla chiesa di San Giuseppe, ricordando la fuga della Sacra Famiglia in Egitto, in seguito all’editto di re Erode.[44]

Cultura

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Istruzione

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Biblioteche

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Ha sede a Scicli la Biblioteca comunale Carmelo La Rocca, inaugurata il 16 marzo 1960, nell'edificio dell'ex-Carcere, con sedi distaccate presso palazzo Spadaro e presso il palazzo Mormino Penna di Donnalucata.[45]

Sul territorio comunale sono presenti 12 scuole dell'infanzia, 6 scuole primarie, 3 scuole secondarie di primo grado e un istituto d'istruzione secondaria di secondo grado.

  • QUAM – Quadrerie del Monastero: galleria d’arte;[46]
  • MACC – Museo d’Arte Contemporanea del Carmine: consacrato all'arte sociale, politica e contemporanea;[47]
  • Museo del Commissario Montalbano: costituito dal set del commissariato di Vigata e dai cimeli dell'omonima serie televisiva;[48]
  • Museo del Costume: raccoglie abiti e tessuti storici;[49]
  • Museo dell'Antica Farmacia Cartia: costituito dai cimeli della vecchia apoteca;[29]
  • Grotta-Museo A rutta ri Ron Carmelu (La grotta di Don Carmelo): testimonianza della vita rupestre a Chiafura.[50]

Il Giornale di Scicli è un quindicinale di attualità, politica, cultura e sport fondato il 9 ottobre 1977.[51][52]

Sul versante radiofonico, l’emittente più rappresentativa è Radio Video Scicli, attività commerciale locale inserita nell’elenco delle radio autorizzate dal Ministero dello Sviluppo Economico. La stazione, con sede operativa nel centro di Scicli, propone un palinsesto misto di notizie locali, musica e programmi di intrattenimento.[53]

Televisione

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Scicli è uno dei luoghi del libero consorzio comunale di Ragusa che sono stati utilizzati nelle riprese delle serie televisive della Rai Il commissario Montalbano (1999-2021) e Il giovane Montalbano (2012-2015), tratte dai romanzi e racconti di Andrea Camilleri. In particolare, il palazzo del commissariato di Vigata è in realtà Palazzo Palle, il Municipio di Scicli, e la stanza del questore Luca Bonetti Alderighi è nello specifico l'ufficio del Sindaco di Scicli. Numerose scene sono girate tra le strade del paese, e persino nel Cimitero monumentale. Negli anni, la fiction ha riscosso un grande successo, facendo conoscere a tutto il mondo i paesaggi della Sicilia sud-orientale, e in particolare di Scicli.

Ha sede nel comune l'Associazione Musicale Pietro Di Lorenzo Busacca e Federico Borrometi, nata il 4 luglio 2012 dalla fusione delle due omonime bande.[54][55]

Scicli è stata scelta in più occasioni come ambientazione cinematografica e televisiva. Già negli anni 1960, la città fece da sfondo alla commedia Assicurasi vergine (1967) con Romina Power e Leopoldo Trieste, mentre negli anni 1980 i fratelli Taviani vi girarono alcune scene di Kaos (1984), in particolare presso la Fornace Penna di Sampieri. Negli anni successivi, il regista Giuseppe Tornatore incluse Scicli in due sue opere: L'uomo delle stelle (1995) e Malèna (2000), quest'ultima con una celebre inquadratura panoramica dall’alto del centro storico.

Tra le produzioni più recenti si ricordano Italo (2014), film di Alessia Scarso ispirato alla vicenda dell'omonimo cane randagio (?, 2006 – Scicli, 31 gennaio 2011) divenuto mascotte e cittadino onorario di Scicli, e le trasposizioni televisive dei romanzi storici di Camilleri, ambientati nella Vigata ottocentesca, come La mossa del cavallo (2018), La stagione della caccia (2019) e La concessione del telefono (2020). Nel 2021, Scicli è apparsa anche in Cyrano di Joe Wright, mentre nel 2023 è stata scelta come set per il film L'estate più calda di Matteo Pilati.[56][57][58]

Tra i prodotti tipici del territorio spicca il fagiolo cosaruciaru, oltre ai tanti ortaggi, alle carrube, usate per le farine ricavate dai semi e come ingrediente per dolci, ai suoi formaggi (come il caciocavallo ragusano DOP). Tra i dolci, tipico di Scicli è la Testa di Turco, una pasta sfoglia con la forma di un turbante, farcita di una crema a base di ricotta vaccina locale, preparato durante la Festa delle Milizie. Altri prodotti noti sono le carni locali di vitello e manzo, le confetture ai fichi, i biscotti di mandorla, la cubbaita, la ricotta dolce e il pane di casa, preparato con farina locale di grano duro e cotto in forno di pietra.

Geografia antropica

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Suddivisioni amministrative

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Quartieri

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  • Jungi (o villaggio Aldisio-Cutrone);
  • Logge;
  • Oliveto (o Fátima);
  • Rosario;
  • San Bartolomeo;
  • San Giuseppe;
  • Santa Maria La Nova;
  • San Matteo;
  • Scifazzo (o Stradanuova);
  • Valverde.

Contrade

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  • Colavecchio
  • Corvo
  • Dammusa
  • Fumarie
  • Guarnieri
  • San Marco
  • Sant’Agata
  • Scala
  • Spana
  • Trippatore
  • Verdi
  • Zagarone

Frazioni

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Bruca

È una delle frazioni marine più piccole, che ha iniziato a svilupparsi a partire dagli anni 1970.

Cava d'Aliga

È un agglomerato di recente nascita, posto in un piccolo golfo naturale immediatamente alle spalle della spiaggia. La zona era anticamente un approdo già conosciuto dai Greci, prima della fondazione di Camarina, presso la foce del fiume Mothycanus[59], in direzione di Donnalucata e nota per alcuni ritrovamenti archeologici risalenti all'età del bronzo, tra i quali i resti di sepolture umane ritrovate presso la Grotta dei Morti[60] ed un'ascia ad occhio del peso di circa 1 kg, conservata presso il Museo civico di Modica.[61] Dopo una bonifica avvenuta durante il ventennio[62], la frazione si sviluppa nel secondo dopoguerra[63], diventando meta turistica già dagli anni 1950. Cava d'Aliga è sede di una sola chiesa, quella del Cuore Immacolato di Maria.[64]

Donnalucata

È la più antica delle frazioni, porto della città di Scicli e luogo di villeggiatura.

Playa Grande

È una borgata marinara, sorta a partire dagli anni 1960.

Sampieri

È un ottocentesco borgo di pescatori, sovrastato a monte da due ville nobiliari, costruite intorno al 1870.

Litorale e coste

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Il territorio di Scicli ha il litorale più esteso fra tutti i comuni del libero consorzio comunale di Ragusa. La fascia costiera che va da Pozzallo a Marina di Ragusa è fortemente antropizzata (centri abitati, coltivazioni intensive in serra, coltivazioni estensive, infrastrutture) sebbene conservi in più punti zone incontaminate e selvagge.

Economia

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Agricoltura

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L'economia di Scicli è basata quasi esclusivamente sull'agricoltura intensiva e sulla produzione in serra di ortaggi e primizie, i cosiddetti "primaticci", e fiori. La coltivazione in serre, che coprono pressoché tutta la fascia costiera, sta raggiungendo il primo posto fra le risorse economiche della città e della provincia. Questo sviluppo si è però accompagnato ad elevati livelli di inquinamento, per l'uso di pesticidi e fertilizzanti e per lo smaltimento incontrollato dei residui delle coltivazioni e delle plastiche utilizzate per coprire le serre, fenomeno che si sta cercando di arginare[65]. Oltre ai primaticci e alla serricoltura, particolare importanza riveste anche la produzione di agrumi, olio, carrube, vino.

Turismo

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Dal 2020, Il comune riceve la Bandiera Verde per la spiaggia di Sampieri.[66] Nel 2024 e nel 2025, è stato insignito della Bandiera Blu, per le spiagge di Sampieri, Punta Pisciotto e Costa di Carro.[67][68]

Infrastrutture e trasporti

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Scicli è attraversata dalla Strada statale 115 Sud Occidentale Sicula, che collega Trapani a Siracusa. Il territorio comunale è inoltre servito dalla Strada Provinciale 39, che connette la città a Modica, e dalla Strada Provinciale 40, che porta a Donnalucata e al litorale. Altre arterie sono la Strada Provinciale 41, che collega Scicli a Sampieri, e la Strada Provinciale 42, che la unisce a Cava d’Aliga.

Ferrovie

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Stazione di Scicli
Stazione di Sampieri

Il comune è servito dalla stazione di Scicli e da quella di Sampieri, poste sulla linea ferroviaria Siracusa-Gela-Canicattì.

Il territorio comunale comprende diversi approdi lungo la costa, tra cui il porto turistico di Donnalucata, utilizzato principalmente per la piccola pesca e il diporto. Il litorale di Sampieri offre un ulteriore punto di ormeggio per imbarcazioni di piccole dimensioni.

Mobilità urbana

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I trasporti urbani di Scicli vengono svolti con regolari servizi di autobus, gestiti dalla società privata siciliana SAIS Autolinee.[69]

Amministrazione

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Elenco dei Sindaci, dei Podestà e dei Commissari Prefettizi e Straordinari

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Sindaci di Scicli.
Atletica

A Scicli viene disputato dal 1990 il "Memorial Peppe Greco", una gara podistica di 10 chilometri per ricordare Peppe Greco, un giovane medico modicano morto in un incidente stradale, che negli anni ha visto i successi di diversi atleti di livello mondiale come Paul Tergat, Haile Gebrselassie, Kenenisa Bekele e Stefano Baldini.

Calcio a 5

Il Cristo Risorto Pro Scicli ha disputato due stagioni di Serie A (2007-08 e 2008-09), vincendo inoltre la Coppa Italia di serie B nel 2005 ad Imola contro i romani del Cinecittà, giocando i suoi incontri in casa prima al Geodetico di Scicli (fino a metà campionato di serie A2 2006-07) e poi (dal 2007 al 2009) al Pala Rizza di Modica. Per diverse vicissitudini la società andò in declino, iniziato dal secondo campionato in massima serie culminato con la retrocessione, fino alla definitiva scomparsa.

Calcio
 
Una formazione dello Scicli nella stagione 1977-1978, durante gli anni della stabile militanza in Serie D.

Lo Scicli alla fine degli anni settanta e ottanta, partecipò al campionato italiano di serie D.

Le altre società cittadine sono l'Associazione Per Scicli Calcio (oggi C.R. Scicli), nata nel 2000 e militante nel campionato di Promozione e l'A.S.D. Atletico Scicli, che ha raggiunto anch'esso il campionato di Promozione.

Pallacanestro

Ha sede nel comune la società U.S.D. Fernando Ciavorella, affiliata alla FIP dal 1964.

Handball

Scicli ha due società: Scicli Handball Social Club e Agriblu Scicli Sport Club. Entrambe, affiliate alla Federazione Italiana Giuoco Handball, militano nel campionato di serie B.

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Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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  • Stazione di Scicli, su ferroviedellasiciliasudest.it. URL consultato il 26 ottobre 2009 (archiviato dall'url originale il 21 luglio 2010).
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