Utente:BlackPanther2013/Sandbox/kakapo
Penisola della Kamchatka | |
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полуо́стров Камча́тка | |
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Stati | ![]() |
Superficie | 270 000 km² |
Abitanti | 322 079 |
La penisola della Kamčatka (in russo полуо́стров Камча́тка?, Poluostrov Kamchatka, pəlʊˈostrəf kɐmˈt͡ɕætkə; traslitterato anche Kamchatka o Camciatca) è una penisola lunga 1250 km situata nell'Estremo Oriente Russo, dalla superficie di circa 270.000 km²[1]. L'oceano Pacifico e il mare di Ochotsk ne bagnano rispettivamente il litorale orientale e occidentale[2]. Immediatamente al largo, lungo la costa pacifica della penisola, corre la fossa delle Curili, profonda 10.500 m.
La penisola della Kamchatka, le isole del Commodoro e l'isola Karaginskij costituiscono il territorio della Kamchatka della Federazione Russa. La quasi totalità dei 322.079 abitanti sono di etnia russa, ma vivono qui anche circa 13.000 Coriacchi (2014)[3]. Più della metà della popolazione vive nella città di Petropavlovsk-Kamčatskij (179.526 ab. nel 2010) e nella vicina Elizovo (38.980 ab.).
La penisola ospita i vulcani della Kamchatka, un sito Patrimonio dell'UNESCO.
La Kamchatka riceve fino a 2700 mm di precipitazioni all'anno. Un valore così elevato, molto più alto di quelli che si riscontrano nel resto dell'Estremo Oriente Russo, è dovuto ai prevalenti venti occidentali che soffiano dal mar del Giappone carichi di umidità. Questa poi sale verso l'alto e si infrange sulle alte catene montuose della penisola, condensandosi in pioggia. Le estati sono relativamente fresche e d'inverno sono piuttosto frequenti i temporali, solo in casi molto rari accompagnati da fulmini.
Geografia
Politicamente, la penisola costituisce parte del territorio della Kamčatka. La sua punta meridionale è nota come capo Lopatka. La baia di forma circolare a nord di questo, sul versante pacifico, è la baia dell'Avača, sulla quale sorge la capitale, Petropavlovsk-Kamčatskij. Risalendo verso nord, sempre sul versante pacifico, troviamo le quattro penisole di punta Shipunsky, punta Kronotskij, punta Kamchatskij e punta Ozernoy. A nord di punta Ozernoy si trova il vasto golfo di Karaginskij, al centro del quale sorge l'isola Karaginskij. A nord-est di questo (fuori dalla mappa qui raffigurata) si trova il golfo di Korf con la città di Tilichiki. Alla stessa latitudine, sul lato opposto della penisola, si trova invece il golfo di Šelichov.
I monti della Kamčatka, o Catena Centrale (Sredinnyj chrebet), costituiscono la spina dorsale della penisola. Lungo la costa sud-orientale corrono invece i Vostochny chrebet o Catena Orientale. Tra queste due catene si estende la valle centrale. Il fiume Kamčatka nasce a nord-ovest dell'Avačinskij e scorre a nord attraverso la valle centrale, pega ad est nei pressi di Ključi e si getta nel Pacifico a sud di punta Kamchatskij a Ust'-Kamčatsk. Nel XIX secolo, dai pressi di Ključi partiva un sentiero che, attraverso le montagne, portava fino al fiume Tegil e alla città omonima, che era il principale centro commerciale della costa occidentale. A nord di Tegil si estende il Circondario dei Coriacchi, mentre a sud si trova il fiume Icha. Appena a sud delle sorgenti del Kamčatka, il fiume Bistraya curva a sud-ovest per sfociare nel mare di Ochotsk a Bolsheretsk, che in passato fungeva da porto che collegava la penisola con Ochotsk. A sud della Bistraya scorre il fiume Golygina.
Petropavlovsk-Kamčatskij e gli insediamenti situati nella parte centrale della penisola sono collegati da un'autostrada che conduce a Ust'-Kamčatsk. La strada è asfaltata nella parte meridionale e vicino alle abitazioni, ma è semplicemente ricoperta di ghiaia nella sua metà settentrionale. Un'altra autostrada collega la capitale locale con Bolsheretsk. Su entrambe le strade è disponibile un servizio di bus. La maggior parte delle altre strade sono coperte di ghiaia o sterrate, ed è possibile percorrerle solamente con veicoli fuoristrada. Tuttavia, sulla penisola è garantito un trasporto aereo passeggeri semi-regolare.
L'evidente struttura circolare situata nella valle centrale è il Ključevskaja Sopka, un gruppo vulcanico isolato che sorge a sud-est dell'ansa del fiume Kamčatka. A ovest di punta Kronotskij si trova la riserva della biosfera di Kronotsky con la Valle dei Geyser. All'estremità meridionale della penisola si estende il rifugio naturale della Kamčatka Meridionale con il lago Kurile. Nella penisola sorgono anche altre riserve naturali.
Clima
Nonostante la Kamčatka si trovi più o meno alla stessa latitudine della Scozia, l'influsso dei venti artici che soffiano dalla Siberia unito a quello della fredda corrente Oyashio fa sì che la penisola rimanga ammantata dalla neve da ottobre alla fine di maggio. Secondo la classificazione dei climi di Köppen, la Kamčatka presenta generalmente un clima subartico (Dfc), ma le zone più elevate della penisola e quelle poste più a nord presentano un clima polare (ET). La Kamčatka ha un clima più umido e più mite di quello della Siberia orientale. Possiamo definirlo come una sorta di via di mezzo tra il clima ipercontinentale della Siberia e della Cina nord-orientale e il clima oceanico subpolare delle isole Aleutine.
Esistono considerevoli variazioni, tuttavia, tra la costa orientale, piovosa e fortemente ghiacciata, e la più arida e continentale valle dell'interno. Nella penisola di Kronotsky, ricoperta dai ghiacci, dove le influenze marittime sono più pronunciate, le precipitazioni annue possono raggiungere i 2500 mm, mentre la costa sud-orientale a sud di Petropavlovsk-Kamčatskij riceve generalmente circa 1166 mm di pioggi all'anno. Esistono anche considerevoli variazioni locali: i quartieri meridionali dell'area metropolitana di Petropavlovsk-Kamčatskij possono ricevere perfino 430 mm di pioggia in più all'anno della parte settentrionale della città. Le temperature qui sono molto miti, con massime estive intorno ai 16 °C e minime invernali intorno ai -8 °C, mentre nelle zone maggiormente esposte della costa le temperature diurne superano raramente i 5 °C a causa della persistente nebbia. A sud dei 57 °N, a causa degli inverni relativamente miti e dello spesso manto di neve, non vi è permafrost, mentre più a nord prevale un permafrost discontinuo. La pianura costiera occidentale è caratterizzata da un clima più freddo e più secco, con precipitazioni annue che variano da 880 mm nel sud fino a 430 mm nel nord, dove le temperature invernali diventano notevolmente più fredde, con valori attorno ai -20 °C.
Petropavlovsk-Kamčatskij | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
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Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | −5 | −5 | −2 | 2 | 7 | 12 | 15 | 16 | 13 | 8 | 1 | −4 | −4,7 | 2,3 | 14,3 | 7,3 | 4,8 |
T. min. media (°C) | −10 | −9 | −7 | −3 | 1 | 6 | 9 | 10 | 7 | 3 | −3 | −8 | −9 | −3 | 8,3 | 2,3 | −0,3 |
Precipitazioni (mm) | 118 | 80 | 84 | 90 | 64 | 53 | 62 | 91 | 111 | 174 | 130 | 109 | 307 | 238 | 206 | 415 | 1 166 |
La valle interna del fiume Kamčatka, dove sorge Ključi, riceve una quantità di precipitazioni molto inferiore (con valori compresi tra i 450 e i 650 mm annui) ed ha temperature decisamente più continentali, che possono raggiungere i 19 °C in una topica giornata estiva e scendere fino a -41 °C negli inverni più gelidi. Nella parte inferiore della valle prevale un permafrost sporadico, che diventa sempre più diffuso nelle zone più elevate, mentre a nord dei 55 °N prevalgono ghiacciai e permafrost continuo.
Ključi | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
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Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | −12 | −10 | −4 | 2 | 9 | 16 | 19 | 18 | 13 | 6 | −5 | −11 | −11 | 2,3 | 17,7 | 4,7 | 3,4 |
T. min. media (°C) | −19 | −17 | −14 | −6 | 1 | 6 | 10 | 9 | 4 | −2 | −11 | −17 | −17,7 | −6,3 | 8,3 | −3 | −4,7 |
Precipitazioni (mm) | 80 | 43 | 41 | 32 | 61 | 40 | 67 | 78 | 63 | 63 | 43 | 75 | 198 | 134 | 185 | 169 | 686 |
I mesi estivi, con temperature massime comprese tra i 15 e i 20 °C, sono i più popolari tra i turisti, ma un crescente interesse per gli sport invernali fa del tutismo un'attività prospera durante tutto l'anno. I vulcani e i ghiacciai giocano un ruolo importante nel plasmare il clima della Kamčatka, e le sorgenti termali hanno consentito la sopravvivenza a decine di specie decimate durante l'ultima era glaciale[4].
Geologia
Bene protetto dall'UNESCO | |
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Vulcani della Kamčatka | |
Patrimonio dell'umanità | |
Tipo | Naturali |
Criterio | (vii) (viii) (ix) (x) |
Pericolo | Non in pericolo |
Riconosciuto dal | 1996 |
Scheda UNESCO | (EN) Volcanoes of Kamchatka (FR) Scheda |
Il fiume Kamčatka e i lati della vallata centrale circostanti sono fiancheggiati da vaste cinture vulcaniche costituite da circa 160 vulcani, 29 dei quali tuttora attivi. La penisola ha un'alta densità di vulcani e di fenomeni di vulcanismo secondario, con 19 vulcani attivi compresi nelle sei suddivisioni che vanno a costituire il sito Patrimonio dell'UNESCO dei Vulcani della Kamčatka. Per tale motivo la Kamčatka è nota anche come la «penisola di fuoco»[5].
Il vulcano più alto è il Ključevskaja Sopka (4750 m), il più grande vulcano attivo dell'emisfero boreale, mentre il più impressionante è il Kronotskij, che, con il suo cono perfetto, è stato definito dai vulcanologi Robert e Barbara Decker «il vulcano più bello del mondo». Meglio accessibili sono i tre vulcani visibili da Somewhat more accessible are the three volcanoes visible from Petropavlovsk-Kamčatskij: il Korjakskij, l'Avačinskij e il Kozelskij. Al centro della penisola è situata la famosa Valle dei Geyser[6], andata parzialmente distrutta in seguito a un'imponente colata di fango nel giugno del 2007[7].
In questi siti vulcanici vivono alcuni microrganismi estremofili in grado di sopravvivere in ambienti estremamente caldi[8].
A causa della vicina fossa delle Curili, si verificano frequentemente eventi sismici con ipocentro profondo e tsunami. Due megasismi, della magnitudo di circa 9,3 e 8,2, rispettivamente, avvennero al largo della costa il 16 ottobre 1737 e il 4 novembre 1952[9]. Una serie di terremoti più superficiali è stata registrata in epoca più recente, nell'aprile del 2006[10]. Un terremoto della magnitudo 7,7 con ipocentro a 10 km di profondità è avvenuto si è verificato nell'oceano Pacifico, 202 km a est/sud-est di Nikol'skoe il 18 luglio 2017[11].
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Il vulcano Opala, nel sud della penisola.
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La caldera ricoperta da un lago dell'Akademia Nauk, qui vista dal nord, con il vulcano Karymskij sullo sfondo.
Storia
Quando l'esploratore russo Ivan Moskvitin raggiunse il mare di Ochotsk nel 1639, ulteriori spedizioni verso est furono ostacolate dalla mancanza di maestranze in grado di costruire navi che potessero affrontare l'oceano, mentre il bellicoso popolo dei Coriacchi rendeva difficile procedere in direzione nord-est. Di conseguenza, i russi giunsero in Kamčatka penetrandovi dal nord. Nel 1651, dopo aver assistito alla fondazione dell'ostrog di Anadyrsk, l'esploratore Michail Staduchin si diresse a sud, seguendo la costa del mare di Ochotsk dalla baia della Penžina fino a Ochotsk. Più o meno a partire dal 1667, si iniziò ad avere notizie del fiume Kamčatka, situato più a sud. Pochi anni prima del 1700 un gruppo di russi fece naufragio sulle coste della Kamčatka, ma nessuno di loro sopravvisse.
Nel 1695 l'esploratore Vladimir Atlasov divenne comandante di Anadyrsk. Nel 1696 inviò il cosacco Luka Morozko verso sud. Morozko giunse fino al fiume Tigil' e ritornò indietro con i resoconti delle terre visitate e portando con sé alcuni scritti in una lingua misteriosa, probabilmente giapponese. Nel 1697-1699 Atlasov esplorò quasi per intero la penisola. Costruì un ostrog a Verkhny-Kamchatsk, trasse in salvo o catturò un naufrago giapponese e tornò a Mosca per riferire. Nel 1699 i russi che erano rimasti a Verkhny-Kamchatsk furono uccisi sulla via del ritorno ad Anadyrsk dai Coriacchi. Nel 1700 i russi lanciarono una spedizione punitiva, distruggendo un villaggio coriacco e fondando Nizhne-Kamchatsk sul corso inferiore del fiume Kamčatka. Bolskeretsk venne fondata nel 1703. A partire dal 1705 la situazione iniziò a farsi delicata. Vi furono numerosi ammutinamenti e ribellioni indigene in tutta la penisola e nella zona abitata dai Coriacchi, lungo la baia della Penžina e il golfo Oljutorskij. Diverse persone furono inviate nell'area per ristabilire l'ordine, tra cui lo stesso Atlasov, che venne assassinato nel 1711. Vasily Merlin ripristinò più o meno la situazione tra il 1733 e il 1739. Dopo il 1756, comunque, non vi fu più alcuna insurrezione degna di nota. Inoltre, una grave epidemia di vaiolo scoppiata nel 1768-1769 decimò rapidamente la popolazione nativa; i circa 2500 Itelmeni presenti nel 1773 furono ridotti a 1900 nel 1820, da una popolazione originaria di 12.000-25.000 individui. I sopravvissuti adottarono costumi russi e si registrò un gran numero di matrimoni misti, tanto che si iniziò a chiamare «Camciadali» (il nome con cui i russi chiamavano gli Itelmeni) i russi o i sanguemisti nati sulla penisola.
Nel 1713 Pietro il Grande inviò dei costruttori navali a Ochotsk. Venne costruita una nave di sedici metri che salpò alla volta del fiume Tigil' nel giugno del 1716. Questo viaggio della durata di una settimana, successivamente diretto verso Bolseretsk, divenne la rotta abituale per raggiungere la Kamčatka. Nel 1720 Ivan Evreinov mappò la Kamčatka e le Curili. L'esploratore danese Vitus Bering lasciò Nezhe-Kamchatsk alla volta del suo primo viaggio nel 1728 e, durante il suo secondo viaggio, fondò Petropavlovsk-Kamčatskij nel 1740.
La seconda spedizione in Kamčatka di Vitus Bering (1733-1743 circa), al servizio della Marina russa, portò alla definitiva «apertura» al mondo occidentale della Kamčatka, grazie anche al fatto che il governo russo iniziò ad utilizzare l'area come luogo di confino per i dissidenti, tra cui il Conte di Benyovszky, esploratore e ribelle slovacco, inviato qui nel 1770. Nel 1755 Stepan Krašeninnikov pubblicò la prima descrizione dettagliata della penisola, An Account of the Land of Kamchatka. Il governo russo incoraggiò le attività commerciali della Compagnia russo-americana concedendo terre a chiunque si trasferisse nella penisola. Nel 1812 la popolazione indigena era scesa a meno di 3200, mentre la popolazione russa era salita a 2500.
Nel 1854 i francesi e i britannici, in lotta contro l'esercito russo durante la guerra di Crimea, attaccarono Petropavlovsk. Durante l'assedio della città, 988 uomini con solo 68 cannoni riuscirono a difendere l'avamposto contro 6 navi con 206 cannoni e 2540 soldati francesi e britannici. Nonostante l'eroica difesa, i russi non considerarono più la difesa di Petropavlovsk come una priorità strategica dopo il ritiro delle forze francesi e britanniche. L'anno successivo, quando una seconda flotta nemica tornò ad attaccare il porto, lo trovarono deserto. Frustrati, i marinai bombardarono la città e si ritirarono.
Il 24 maggio 1861, la nave Polar Star (475 tonnellate), di New Bedford, naufragò sulla costa occidentale della Kamčatka a causa della fitta nebbia e di una burrasca. Il capitano e l'intero equipaggio di una scialuppa morirono nel tentativo di raggiungere la riva. Il resto dell'equipaggio fu salvato dal brigantino Alice, di Cold Spring, e dalla nave Oliver Crocker, anch'essa di New Bedford[12][13].
Il 21 maggio 1865, la guerra civile americana giunse nell'area: l'incrociatore Shenandoah, della Marina degli Stati Confederati, doppiò l'estremità meridionale della penisola della Kamčatka per andare a caccia di navi baleniere statunitensi nel mare di Ochotsk. Essendo un vascello adibito alla guerra di corsa, il CSS Shenandoah mirava a distruggere le navi mercantili yankee in modo da attirare su di sé l'attenzione l'attenzione delle navi unioniste e allentare così il blocco navale lungo gli Stati Confederati. L'incrociatore trascorse quasi tre settimane nel mare, distruggendo solo una nave a causa dei pericolosi ghiacci alla deriva, prima di spostarsi nel Pacifico settentrionale, dove catturò o attaccò 24 baleniere, affondandone la maggior parte.
I successivi cinquant'anni furono un periodo difficile per la Kamčatka. Il porto militare venne trasferito a Ust-Amur, e nel 1867 la Russia vendette l'Alaska agli Stati Uniti, rendendo Petropavlovsk obsoleto come punto di transito per i commercianti e gli esploratori in viaggio verso i territori americani. Nel 1860, venne istituito l'oblast' di Primorié (cioè del Litorale), e la Kamčatka entrò a far parte della sua giurisdizione. Nel 1875 la Russia cedette le isole Curili al Giappone in cambio della sovranità sull'isola di Sachalin. La popolazione russa della Kamčatka rimase stabile sui 2500 abitanti fino alla fine del secolo, mentre quella nativa aumentò a 5000. Durante il XIX secolo, l'esplorazione scientifica della penisola continuò. Karl von Ditmar intraprese un importante viaggio nella penisola nel 1851-54[14].
Durante la seconda guerra mondiale (1939-45) la Kamčatka non fu teatro di scontri, fatta eccezione per il suo ruolo come rampa di lancio per l'invasione delle Curili nell'agosto del 1945. Dopo la guerra, le autorità sovietiche dichiararono la Kamčatka zona militare: essa rimase chiusa ai cittadini sovietici fino al 1989 e agli stranieri fino al 1990.
Flora e fauna
La Kamčatka vanta una flora abbondante. Le condizioni climatiche variabili rendono possibile lo sviluppo di ambienti naturali diversi, con prevalenza di tundra e muskeg, ma non mancano anche praterie erbose, boscaglie e foreste di pini, betulle, ontani e salici. L'ampia varietà di forme vegetali diffuse in tutta la penisola favorisce una simile diversità delle specie animali che di esse si nutrono. Nonostante la Kamčatka sia per lo più ricoperta dalla tundra, alberi di latifoglie e di conifere sono abbondanti e si possono trovare foreste in tutta la penisola.
La Kamčatka ospita una fauna ricca e diversificata. Questo è dovuto a molti fattori, tra cui l'ampia varietà di climi, le condizioni topografiche differenti, la grande abbondanza di fiumi non sbarrati da dighe, la vicinanza alle acque altamente produttive dell'oceano Pacifico nord-occidentale e dei mari di Bering e di Ochotsk, la bassa densità di popolazione umana e l'antropizzazione del territorio ridotta al minimo. La penisola vanta anche la distesa di tundra artica più a sud del mondo. Tuttavia, lo sfruttamento commerciale delle risorse marine e, nel passato, il prelievo incontrollato di animali da pelliccia hanno messo a dura prova numerose specie.
La Kamčatka è famosa per l'abbondanza e le grosse dimensioni dei suoi orsi bruni. Nella riserva naturale di Kronotsky si stima che vi siano da tre a quattro orsi ogni 100 km²[15]. Altri animali degni di nota sono carnivori quali il lupo (Canis lupus), la volpe polare (Alopex lagopus), la volpe rossa (Vulpes vulpes), la lince comune (Lynx lynx), il ghiottone (Gulo gulo), lo zibellino (Martes zibellina), la lontra comune (Lutra lutra), l'ermellino (Mustela erminea) e la donnola (Mustela nivalis). La penisola fornisce habitat adatto anche ad alcuni grandi ungulati, tra cui la pecora delle nevi (Ovis nivicola), la renna (Rangifer tarandus) e l'alce (Alces alces), qui presente con la sottospecie buturlini, una delle più grandi del mondo e la più grande d'Eurasia; e a roditori e leporidi, come la lepre variabile (Lepus timidus), la marmotta e alcune specie di lemming e scoiattoli. La penisola costituisce un territorio di nidificazione per l'aquila di mare di Steller[16], una delle aquile più grandi del mondo, l'aquila reale e il girifalco.
Molto probabilmente la Kamčatka ospita la maggiore diversità al mondo di pesci salmonidi, comprese tutte e sei le specie anadrome di salmone del Pacifico (il salmone reale, il salmone keta, il salmone argentato, il salmone giapponese, il salmone rosa e il salmone rosso). A causa delle sue condizioni ambientali uniche, i biologi stimano che un quinto di tutti i salmoni del Pacifico siano originari della Kamčatka[17]. Il lago Kurile è riconosciuto come il più grande terreno di riproduzione in Eurasia del salmone rosso[18]. In risposta alla pressione del bracconaggio e alla diminuzione su scala globale delle riserve di salmone, circa 24.000 km² lungo nove dei più produttivi fiumi di salmoni sono in procinto di essere dichiarati riserva naturale. Anche varie specie di spinarello, specialmente Gasterosteus aculeatus e Pungitius pungitius, si incontrano in molte acque costiere e sono probabilmente presenti anche in acqua dolce.
Tra i cetacei che frequentano le acque altamente produttive del Pacifico nord-occidentale e del mare di Ochotsk figurano orche, focenoidi, focene, megattere, capodogli e balenottere comuni. Meno di frequente si possono incontrare le balene grigie (della popolazione orientale), la rarissima balena franca nordpacifica, la balena della Groenlandia, gli zifidi e le balenottere minori. La balenottera azzurra si alimenta sulla piattaforma sud-orientale in estate. Tra i pinnipedi, leoni marini di Steller, callorini dell'Alaska, foche maculate e foche comuni sono abbondanti lungo gran parte delle coste della penisola. Più a nord, si possono incontrare lungo il litorale pacifico trichechi e foche barbate, mentre le foche fasciate si riproducono sui ghiacci del golfo di Karaginskij. Le lontre di mare sono concentrate principalmente all'estremità meridionale della penisola.
Tra gli uccelli marini figurano uriette[19], fulmari boreali, urie di Brünnich e comuni, gabbiani tridattili, pulcinella dai ciuffi e cornuti, cormorani facciarossa e pelagici e molte altre specie. Tipica dei mari del nord, la fauna marina è altrettanto ricca. Di importanza commerciale sono il granchio della Kamčatka (o granchio reale), il pettine, il calamaro, il merlano, il merluzzo, l'aringa, l'halibut e alcune specie di pesci piatti.
Note
- ^ (RU) Быкасов В. Е. Ошибка в географии // Известия Всесоюзного Географического Общества. — 1991. — № 6.
- ^ Kamchatka Peninsula, su britannica.com, Encyclopædia Britannica.
- ^ Kamchatka Peninsula, su kamchatka.gov.ru, Government of Kamchatskiy Kray. URL consultato il 17 ottobre 2014 (archiviato dall'url originale il 13 ottobre 2010).
- ^ Climate of Kamchatka peninsula, su travelkamchatka.com. URL consultato il 13 marzo 2011.
- ^ World Heritage, Volcanoes of Kamchatka, su whc.unesco.org, UNESCO, 1996. URL consultato il 20 febbraio 2008.
- ^ 12 World Famous Geysers and Hot Springs, Touropia, May 16, 2017. Retrieved October 1, 2017.
- ^ The World Wildlife Fund, Natural Wonder of the World Transformed within Hours, says World Wildlife Fund, su earthtimes.org, 2007. URL consultato il 20 febbraio 2008 (archiviato dall'url originale il 30 luglio 2012).
- ^ C. Michael Hogan. 2010. Extremophile. eds. E.Monosson and C.Cleveland. Encyclopedia of Earth. National Council for Science and the Environment, Washington DC
- ^ The 4 November 1952 Kamchatka Earthquake and Tsunami, su bom.gov.au, Australian Government Bureau of Meteorology. URL consultato il 20 febbraio 2008 (archiviato dall'url originale il 21 luglio 2012).
- ^ Earthquake Hazards Program, Magnitude 7.6 – Koryakia, Russia, su earthquake.usgs.gov, US Geological Survey, 2006. URL consultato il 20 febbraio 2008.
- ^ M 7.7 - 202km ESE of Nikol'skoye, Russia, su earthquake.usgs.gov, United States Geological Survey. URL consultato il 30 gennaio 2018.
- ^ Williams, H. (1964). One whaling family. Boston, Houghton Mifflin.
- ^ editore Alexander Starbuck, History of the American Whale Fishery from Its Earliest Inception to the year 1876, 1878, ISBN 1-55521-537-8.
- ^ Cambridge Journals Online – Polar Record – Abstract – Carl von Ditmar, 1822–92:a geologist in Kamchatka, su Polar Record, Cambridge University Press. URL consultato il 6 luglio 2013.
- ^ Кроноцкий государственный биосферный заповедник, Долина Гейзеров. Туры по Камчатке с камчатской туристической компанией, su kamchatkatravel.net, www.kamchatkatravel.net. URL consultato il 14 luglio 2008.
- ^ Haliaeetus pelagicus — Detailed documentation, su iucnredlist.org, The World Conservation Union Red List. URL consultato il 20 febbraio 2008 (archiviato dall'url originale il 10 dicembre 2007).
- ^ Natalia Dronova e Vassily Spiridonov, Illegal, Unreported, and Unregulated Pacific Salmon Fishing in Kamchatka (PDF), su data.iucn.org, WWF Russia, IUCN, 2008. URL consultato il 14 agosto 2012 (archiviato dall'url originale il 24 aprile 2013).
- ^ Discovering Kamchatka: Terrestrial and aquatic fauna, su rgs.org, The Royal Geographical Society, 2008. URL consultato il 14 agosto 2012.
- ^ Attenborough, D. 1998. The Life of Birds." BBC publication. ISBN: 0563-38792-0.
Folidoti | |
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Pangolino di Giava (Manis javanica) | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Phylum | Chordata |
Classe | Mammalia |
Sottoclasse | Theria |
Infraclasse | Eutheria |
Superordine | Laurasiatheria |
(clade) | Ferae |
Ordine | Pholidota Weber, 1904 |
I Folidoti (Pholidota Weber, 1904, 1904) sono un ordine di mammiferi comprendente attualmente una sola famiglia, quella dei pangolini (Manidi). Questi sono animali insettivori specializzati nella cattura di formiche e termiti, come indica chiaramente la presenza di forti artigli e di una bocca di forma tubulare munita di una mascella priva di denti e di una lunga lingua. Si differenziano da tutti gli altri mammiferi per la presenza di un rivestimento corporeo formato da grandi scaglie cornee sovrapposte. In caso di minaccia, possono arrotolarsi su sé stessi formando una palla. I pangolini possono vivere sul terreno o sugli alberi, a seconda della specie, e conducono di solito una vita notturna, anche se le notizie riguardanti la loro biologia sono piuttosto scarse. La famiglia comprende tre generi e otto specie, di cui quattro diffuse in Asia orientale, meridionale e sud-orientale e quattro nell'Africa a sud del Sahara. I pangolini prediligono sia le foreste che le distese aperte e si incontrano in pianura e sulle montagne fino a medie altitudini.
L'attuale nome con cui viene indicata la famiglia dei pangolini, Manidae, venne introdotto nel 1821. In passato, nel XIX secolo e agli inizi del XX secolo, i pangolini erano considerati parenti stretti dei formichieri e degli armadilli. Con i primi condividono la bocca priva di denti e dotata di una lunga lingua. L'assenza dei denti portò alla creazione di un taxon chiamato Edentata, in cui tutti e tre i gruppi di animali furono classificati a lungo. Solamente a partire dalla metà degli anni '80 i moderni studi di genetica molecolare hanno dimostrato che i pangolini sono più strettamente imparentati con l'ordine dei Carnivori. Le somiglianze con i formichieri e gli armadilli, quindi, sono solamente frutto di una convergenza evolutiva. A causa della mancanza dei denti, ma anche dello stile di vita specializzato, i pangolini del passato hanno lasciato pochi resti fossili. I primi rappresentanti della famiglia dei Manidi risalgono al Pliocene, circa 5 milioni di anni fa, ma forme imparentate con essi erano presenti già nell'Eocene medio, circa 47 milioni di anni fa.
Tutte e otto le specie di pangolino sono oggi considerate più o meno minacciate e protette a livello internazionale. Le principali cause che ne minacciano la sopravvivenza sono il consumo della carne, che viene venduta come una specialità alimentare esotica, da un lato, e l'utilizzo delle scaglie e di altre parti del corpo in rituali locali, nonché nella medicina tradizionale cinese, dall'altro. Di conseguenza, i pangolini non vengono solo cacciati intensamente, ma sono anche tra i mammiferi più contrabbandati del mondo.
Descrizione
Aspetto esterno
I pangolini hanno un corpo allungato con arti corti, testa piccola e appuntita e coda lunga. La lunghezza testa-tronco varia a seconda della specie, dai 25-43 cm dei più piccoli pangolino tricuspide (Phataginus tricuspis) e pangolino dalla coda lunga (Phataginus tetradactyla) ai 67-81 cm del rappresentante più grande della famiglia, il pangolino gigante (Smutsia gigantea). La coda misura a sua volta dai 25 ai 70 cm. Nei pangolini che vivono sugli alberi la lunghezza della coda supera quella del resto del corpo, mentre nelle altre specie essa presenta lunghezza uguale o inferiore. Il peso varia tra 1,6 e 33 kg, con i maschi generalmente più grandi delle femmine. Una specie fossile, Manis palaeojavanica, vissuta nel Sud-est asiatico durante il Pleistocene, raggiungeva una lunghezza totale di circa 2,5 m, rappresentando così la più grande specie di pangolino finora conosciuta[1][2][3].
La testa del pangolino è piccola e di forma conica. Anche gli occhi sono piccoli, protetti da palpebre sporgenti e prive di ghiandole. Le specie africane sono prive di padiglione auricolare, mentre in quelle asiatiche spesso è presente solo una cresta ispessita. Il naso è chiuso da una piega cutanea (Plica alaris), di particolare utilità quando gli animali aderiscono con i loro musi alle strutture costruite dagli insetti per assumere il cibo[2][3].
La principale caratteristica di questi animali, tuttavia, è il rivestimento costituito da grandi scaglie cornee che ricopre la parte superiore della testa, il tronco, la parte esterna degli arti (in alcune specie non gli avambracci) e la parte superiore e inferiore della coda. Solo il muso, il ventre e l'interno degli arti sono privi di scaglie, ma sono ricoperti da una pelle grigia e ruvida ricoperta da peli bianchi, marroni o neri. Nei pangolini africani, la serie mediana delle scaglie, a due terzi circa della lunghezza del corpo, si biforca verso la coda in due serie distinte, mentre in quelli asiatici la stessa serie di scaglie prosegue ininterrotta fino alla punta della coda. Sul lato inferiore della coda, inoltre, i pangolini arboricoli presentano una superficie libera ricoperta di pelle ispessita. Nelle specie asiatiche, tra le scaglie della parte posteriore del corpo crescono singoli peli[2][3].
Gli arti sono corti e forti e terminano con cinque dita (pentadattili). Le zampe anteriori mostrano adattamenti a uno stile di vita fossorio, in quanto le tre dita centrali sono dotate di lunghi artigli ricurvi, di cui quello centrale è significativamente più grande. Gli artigli del primo e del quinto dito, tuttavia, sono di dimensioni ridotte e non vengono utilizzati durante lo scavo. Le zampe posteriori sono più forti e leggermente più lunghe, e dotate anch'esse di cinque dita munite di artigli. Generalmente, gli artigli delle zampe anteriori dei pangolini che vivono sul terreno sono più lunghi e meno ricurvi di quelli che vivono sugli alberi; questi ultimi, a loro volta, possiedono gli artigli delle zampe posteriori notevolmente più lunghi, in modo da consentire la locomozione sugli alberi[4][2][5].
Cranio
Il cranio raggiunge un lunghezza compresa tra 6 e 16 cm. Ha generalmente una forma conica, con un rostro di forma tubolare un po' più stretto del resto della testa e leggermente accorciato verso la parte anteriore. Poiché il cibo non viene masticato, i muscoli masticatori sono notevolmente regrediti, tanto che come siti per la connessione rimangono solo poche prominenze ossee. Ciò fa sì che il cranio sia molto liscio, nonché uno tra quelli dalla struttura più semplice all'interno della classe dei mammiferi[6].
Una particolarità del cranio degna di nota è lo sviluppo incompleto dell'arcata zigomatica, una caratteristica che i pangolini condividono con i formichieri sudamericani, anch'essi animali specializzati in una dieta a base di formiche e termiti, e si ritiene pertanto che sia un aspetto correlato a questo tipo di alimentazione. Tuttavia, in alcuni pangolini, come il pangolino cinese, si incontrano talvolta esemplari con l'arcata zigomatica fusa[7]. Altre caratteristiche generali del cranio sono la lunghezza dell'osso nasale e la grandezza dell'osso parietale rispetto all'osso frontale[8][9].
I denti mancano completamente e la mascella inferiore è concepita solo come un semplice osso a forma di lama, con articolazioni alla sua estremità debolmente sviluppate, posteriori e sferiche, che lasciano poco spazio per il movimento della stessa. La sinfisi della mascella inferiore forma una superficie piatta su cui può scorrere la lingua[10][2]. Tuttavia, all'estremità posteriore della sinfisi, si trova una coppia di protuberanze ossee, appuntite e di forma conica, somiglianti a dei canini, segno distintivo di tutti i pangolini[8][9].
Rivestimento dermico
L'armatura di scaglie, assieme al resto della pelle, costituisce da un quarto a un terzo circa del peso corporeo totale. È formata da 160-290 scaglie singole, di cui poco meno della metà sulla coda. Sono mobili e si sovrappongono tra loro come delle tegole. Sono disposte in file, il cui numero varia, sul dorso, da 13 a 25. Il colore delle scaglie varia dal marrone scuro al verde oliva fino al giallastro. Hanno forma triangolare a «V»; le più grandi possono essere larghe e lunghe da 7 a 8 cm. Sulla loro superficie sono presenti delle ondulazioni nel senso della lunghezza, mentre gli spigoli sono appuntiti. Le scaglie più grandi sono situate di solito sul dorso, con la punta rivolta all'indietro. Quando l'animale si appallottola su sé stesso, le estremità affilate delle scaglie lo fanno assomigliare ad una pigna semiaperta. Tale armatura protegge i pangolini sia dai morsi delle formiche e delle termiti che dai parassiti della pelle, nonché dagli attacchi dei grandi predatori o dalle ferite provocate dal passaggio in tane sotterranee[2][11].
Le scaglie sono formazioni cheratinizzate dell'epidermide, appoggiate su piegature rivolte all'indietro del derma sottostante. Nella sezione trasversale si possono distinguere tre strati: lo strato dorsale superiore occupa circa un sesto dello spessore e consiste di cellule appiattite fortemente cheratinizzate. Lo strato intermedio, che occupa lo spazio più grande, è formato da cellule meno cheratinizzate e appiattite. Lo strato ventrale (o inferiore) forma la parte inferiore della scaglia e ha uno spessore di appena poche cellule. Tutti e tre gli strati si formano a partire da diverse aree germinali dell'epidermide. L'assenza di filamenti indica che le squame non corrispondono a peli appiccicati tra loro come si pensava in precedenza. La loro struttura è paragonabile a quella delle unghie dei primati e, come queste, le scaglie crescono costantemente, compensando l'usura. Di conseguenza, differiscono anche dalle squame che ricoprono il corpo dei rettili squamati, che a volte devono essere cambiate ogni anno[12].
Si ritiene che l'armatura di scaglie sia una caratteristica comparsa già nelle prime fasi evolutive dei pangolini, come Eomanis, vissuto nell'Eocene medio, circa 47 milioni di anni fa, i cui resti fossili sono stati rinvenuti a Messel, in Assia[13]. Forse questi animali svilupparono originariamente solo una coda squamosa, in maniera omologa a quanto si riscontra oggi in alcuni rappresentanti dell'ordine dei roditori, come il topolino domestico o la nutria, o delle tupaie, e solo successivamente le scaglie andarono a formare un'armatura completa del corpo[14].
Scheletro
Il numero di vertebre varia da specie a specie, e va dalle 48 del pangolino di Temminck (Smutsia temminckii) alle oltre 70 del pangolino dalla coda lunga[15]. A seconda delle specie, la colonna vertebrale è formata in tutto da 7 vertebre cervicali, da 12 a 15 vertebre toraciche, da 5 o 6 vertebre lombari, da 2 a 4 vertebre sacrali e da 21 a 50 vertebre caudali[16][2]. I pangolini riescono a raggomitolarsi perfettamente su sé stessi, in quanto il bacino è molto corto, l'ileo è piegato verso l'esterno e le vertebre lombari sono allungate. Le vertebre caudali presentano una serie di chevron sul lato inferiore, che fungono da base per i forti muscoli della coda, grazie ai quali essa può essere avvolta intorno al corpo quando l'animale si arrotola[17]. Il processo xifoideo all'estremità posteriore dello sterno giunge fino alla regione pelvica e funge da punto di inserzione per i complessi muscoli della lingua[18].
In tutte le specie di pangolino, sia in quelle scavatrici che in quelle arboricole, l'omero è particolarmente forte. Presenta un'articolazione del gomito molto ampia e - caratteristica tipica di questi animali - una sviluppata crista deltoidea, una cresta ossea che funge da punto di inserzione per i muscoli della spalla. Nel femore, la terza sporgenza (Trocanther tertius), un altro punto di inserzione muscolare, è situato verso il basso, in prossimità dell'articolazione del ginocchio, ed è quindi appena visibile. Nei Folidoti più primitivi questa era situata molto più alto ed era più sviluppata[19][20]. Un'altra caratteristica particolare del pangolino sono le estremità delle dita (vale a dire le falangi distali), sia delle zampe anteriori che posteriori, che hanno una forma allungata e presentano in cima profonde rientranze in cui si inseriscono gli artigli[9].
Organi interni
Una particolarità dei pangolini è la lunga lingua vermiforme ricoperta di saliva appiccicosa, grazie alla quale assumono il cibo. Nel pangolino gigante essa può essere lunga fino a 70 cm ed essere estroflessa fuori per 25 cm, mentre nel pangolino cinese essa può crescere fino a 41 cm di lunghezza e avere un diametro di 1,1 cm[21]. La sua complessa muscolatura è costituita da fibre muscolari estendentisi longitudinalmente e radialmente. A riposo, la sua parte anteriore viene tenuta arrotolata in bocca. La superficie della lingua è irruvidita nella parte anteriore da una serie di papille coniche, mentre sulla sua parte superiore si trovano papille gustative fungiformi. La lingua non è collegata con l'osso ioide, come in altri mammiferi, ma con la parte posteriore dello sterno attraverso un sistema muscolare esterno, corrispondente in parte all'osso ioide. L'osso ioide, invece, ha una funzione diversa: viene utilizzato infatti per frantumare all'ingresso dell'esofago gli insetti rimasti attaccati alla lingua. Le ghiandole salivari sono molto grandi e si estendono fin nella regione toracica e ascellare[18][22][23].
Lo stomaco, molto muscoloso, è deputato alla frantumazione meccanica degli insetti. È dotato di un epitelio squamoso corneo e stratificato, che lo protegge dai morsi e dal veleno delle formiche e delle termiti. La muscolatura del piloro, notevolmente sviluppata, macina il cibo ingerito e garantisce un'ulteriore frantumazione grazie ad una serie di spine ossificate (spine piloriche); in aggiunta, per favorire tale processo, i pangolini ingeriscono piccoli sassolini. Le ghiandole piloriche sono molto lunghe e di forma tubolare, e sono riunite in ammassi ghiandolari che si svuotano attraverso un passaggio centrale verso il piloro[24][25]. Nel pangolino cinese l'intero tratto intestinale raggiunge una lunghezza di 5,2 m e circa 1 cm di diametro. È di forma tubolare e non presenta alcuna differenza tra l'intestino tenue e l'intestino crasso: solo pochi esemplari presentano un leggero ispessimento o formazione a spirale che potrebbero indicare la transizione da intestino tenue a crasso. Il cieco non è presente[21]. I pangolini sono dotati di ghiandole anali, le cui secrezioni odorose vengono utilizzate come mezzo di comunicazione e, forse, di difesa. Le femmine hanno un utero bicorne (Uter bicornis). I maschi hanno un pene piccolo, ma non hanno scroto: i testicoli sono situati infatti sotto la pelle[2][26].
Il cervello è molto semplice e di piccole dimensioni - nel pangolino di Giava ha un peso che costituisce appena lo 0,2-0,5% del peso corporeo[27]. Solo il bulbo olfattivo è ben sviluppato, e si ritiene pertanto che l'olfatto giochi un ruolo importante nella ricerca del cibo e nella comunicazione con i conspecifici. Secondo quanto indicherebbe la struttura del cervello, e principalmente del cervelletto, le specie asiatiche sarebbero più primitive di quelle africane[28].
Distribuzione e habitat
Specie asiatiche
Pangolino indiano
Pangolino cinese
Pangolino di Giava
Pangolino delle Filippine
Specie africane
Pangolino di Temminck
Pangolino tricuspide
Pangolino gigante
Pangolino dalla coda lunga
I pangolini vivono nell'Africa a sud del Sahara e nell'Asia meridionale, sud-orientale e nelle regioni meridionali di quella orientale. In Africa, la loro area di distribuzione si estende dal Senegal e dal Sudan fino al Sudafrica. In Asia, sono diffusi dal Pakistan e dal Nepal, attraverso l'India, la penisola indocinese, la Cina meridionale e la penisola malese, fino al Borneo e alle Filippine. I pangolini vivono quindi principalmente in regioni tropicali[2].
Il loro habitat comprende un'intera varietà di ambienti diversi, come foreste rivierasche e paludose, foreste pluviali, savane aperte e savane arbustive, oltre a formazioni vegetative a mosaico. Inoltre, si adattano bene anche ad ambienti secondari creati dall'uomo, come piantagioni, giardini urbani e terreni agricoli, che devono tuttavia fornire abbastanza ripari sotto forma di alberi o rocce e tane. Questi animali, tuttavia, evitano gli insediamenti umani e i campi coltivati e sono sensibili ai pesticidi. Sui monti Nilgiri, in India, il pangolino indiano (Manis crassicaudata) viene segnalato fino ad un'altitudine di circa 2300 m. Requisito fondamentale per la presenza dei pangolini è, oltre a una fitta vegetazione di sottobosco, la presenza di fonti alimentari sufficienti di formiche e termiti e di acqua[2].
A causa dei diversi habitat frequentati e in alcuni casi alla specializzazione su diversi tipi di fonti alimentari, le specie simpatriche raramente tendono ad occupare le stesse nicchie ecologiche. In alcuni casi, tuttavia, si incontra un maggior grado di specializzazione. Per esempio, nelle regioni in cui coabita con il pangolino tricuspide, il pangolino dalla coda lunga tende a prediligere regioni più acquitrinose. Il pangolino cinese (Manis pentadactyla), invece, vive anche nelle regioni settentrionali del Vietnam, dove condivide l'areale con il pangolino di Giava (Manis javanica): quest'ultimo, tuttavia, si incontra quasi sempre ad altitudini superiori ai 600 m. Anche con gli altri insettivori altamente specializzati, come l'oritteropo africano (Orycteropus), non c'è quasi nessuna competizione nelle stesse aree occupate, grazie alla particolare specializzazione di nicchia dei pangolini[2].
Note
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreDubois 1926
- ^ a b c d e f g h i j k Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreGaubert 2011
- ^ a b c Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreHeath 2013
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatorePocock 1924
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatorePSG
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreWalker
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreEmry 2004
- ^ a b Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreGaudin et al. 1999
- ^ a b c Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreRose et al. 2005
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreHeath 1992
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreIrshad et al. 2015
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreSpearman 1967
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreKönigswald et al. 1981
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreJentink 1882
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreStorch 2004
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreBotha et al. 2007
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreChan 1995
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatorePrapong et al. 2009
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreBeal et al. 2009
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreWeber 1892
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreHackethal 1976
Canguro rosso | |
---|---|
Maschio allo zoo di Melbourne Femmina allo zoo di Nashville | |
Stato di conservazione | |
Rischio minimo[1] | |
Classificazione scientifica | |
Dominio | Eukaryota |
Regno | Animalia |
Sottoregno | Eumetazoa |
Superphylum | Deuterostomia |
Phylum | Chordata |
Subphylum | Vertebrata |
Infraphylum | Gnathostomata |
Superclasse | Tetrapoda |
Classe | Mammalia |
Sottoclasse | Theria |
Infraclasse | Metatheria |
Superordine | Australidelphia |
Ordine | Diprotodontia |
Sottordine | Macropodiformes |
Famiglia | Macropodidae |
Genere | Macropus |
Sottogenere | Osphranter |
Specie | M. rufus |
Nomenclatura binomiale | |
Macropus rufus (Desmarest, 1822) | |
Sinonimi | |
Areale | |
Il canguro rosso (Macropus rufus (Desmarest, 1822)) è il più grande tra tutti i canguri, oltre ad essere il più grosso mammifero terrestre originario dell'Australia e il più grande marsupiale vivente. È diffuso in gran parte dell'Australia continentale: evita solamente le più fertili aree del sud, la costa orientale e le foreste pluviali del nord.
Descrizione
È un canguro molto grande, con lunghe orecchie appuntite e muso squadrato. I maschi sono ricoperti da una corta pelliccia bruno-rossastra, che sbiadisce fino a divenire di un beige chiaro sulle parti inferiori e sugli arti. Le femmine sono più piccole dei maschi e presentano un manto di colore grigio-azzurro con sfumature marroni, grigio chiaro sul ventre, anche se le femmine che vivono nelle regioni aride mostrano una colorazione più simile a quella dei maschi. Possiede arti anteriori dotati di piccole unghie, arti posteriori muscolosi usati per saltare e una coda robusta che viene spesso utilizzata come un treppiede quando l'animale è in posizione di riposo. Le zampe del canguro rosso funzionano un po' come una fascia elastica, con il tendine di Achille che si allunga quando l'animale scende e rilascia la sua energia per spingerlo in alto e in avanti, consentendogli la sua caratteristica andatura a balzi. Così facendo, i maschi possono coprire anche 8-9 m di lunghezza e 1,8-3 m di altezza con un unico salto, anche se l'andatura media è di 1,2-1,9 m[2][3].
I maschi possono raggiungere una lunghezza di 1,3-1,6 m, ai quali vanno aggiunti altri 1,2 m di coda. Le femmine sono notevolmente più piccole, con una lunghezza del corpo di 85-105 cm e una coda di 65-85 cm[3][4]. Le femmine pesano tra i 18 e i 40 kg, mentre i maschi generalmente pesano circa il doppio, potendo raggiungere tra i 55 e i 90 kg[4][5]. In posizione eretta, un canguro rosso misura circa 1,5 m di altezza alla sommità della testa[6]. I maschi più grandi, comunque, possono superare gli 1,8 m di altezza: l'esemplare più grande di cui sono state confermate le dimensioni era alto circa 2,1 m e pesava 91 kg[5].
Il canguro rosso mantiene la temperatura interna in un punto di omeostasi di circa 36 °C grazie a tutta una serie di adattamenti fisici, fisiologici e comportamentali. Tra questi ricordiamo uno strato di pelliccia isolante, l'abitudine di essere meno attivo e rimanere all'ombra quando le temperature sono più elevate, nonché il rinfrescarsi ansimando, sudando e leccandosi gli arti anteriori.
Grazie alla posizione dei suoi occhi, il canguro rosso ha un campo visivo di circa 300° (precisamente di 324° con circa 25° di sovrapposizione)[7].
Biologia
Mentre il record mondiale di salto in alto per l'uomo è di 2,45 m e quello di salto in lungo è di 8,96 m, il canguro può elevarsi fino a 3,3 m in altezza e spingersi oltre 9 m in lunghezza. Questo marsupiale, tuttavia, si esibisce in tali prestazioni solo in caso di estrema necessità, per esempio quando deve fuggire, in campo aperto, da un predatore. Di solito, invece, se si deve spostare per andare ad abbeverarsi o soltanto per avvicinarsi a un suo simile, si limita a compiere salti inferiori ai 2 m di lunghezza. Quando procede con la sua andatura prettamente bipede (zampe posteriori), il canguro sembra rimbalzare sul suolo e scattare in alto come una molla. Tale tipo di spostamento può raggiungere i 20 km orari, ma, in caso di pericolo, questo animale è in grado di lanciarsi anche a velocità superiori. Quando bruca, il canguro si tiene di solito proteso in avanti e si sposta molto lentamente servendosi di tutti e quattro gli arti, un po' come si muove il coniglio. Esso poggia le zampe anteriori sul suolo e attira la coda a sé, lasciando che le zampe posteriori basculino liberamente. In questa posizione, il peso si sposta sulla parte posteriore del corpo e sulla coda, che funge per così dire da «quinta zampa». Questo tipo di locomozione quadrupede, basato sulla successione di quattro movimenti distinti, sembra esiga un quantitativo di energia di gran lunga superiore a quello necessario per il salto. Studi effettuati per calcolare il consumo energetico di un canguro in movimento hanno dimostrato che, quando il grande marsupiale si sposta a una velocità inferiore ai 18 km orari, impiega più energia di un animale dello stesso peso che corra a quattro zampe. Al contrario, quando accelera, il canguro consuma meno ossigeno grazie a un meccanismo fisiologico favorito dalle fasce muscolari molto elastiche.
Di indole piuttosto placida, il canguro rosso sa tuttavia difendersi con estremo accanimento in caso di necessità. Se un esemplare isolato viene attaccato da una muta di dingo (Canis familiaris dingo) o cani selvatici, esso cerca preferibilmente di rifugiarsi nel primo specchio d'acqua disponibile, immergendosi fino al petto. Qui, in posizione eretta, il canguro attende che i cani nuotino verso di lui per poi cercare di afferrarli con le zampe anteriori e di tenerli sott'acqua fino a farli annegare. Se questa tattica fallisce, per esempio per la scarsa profondità dell'acqua, o più facilmente per l'assoluta mancanza d'acqua, l'animale si mette allora con la schiena contro un albero e respinge gli assalitori sferrando potenti calci, che si rivelano spesso mortali se colpiscono con precisione il bersaglio. Allo stesso modo, quando due maschi si battono per una femmina, talvolta si afferrano e si prendono a pugni; se il combattimento diventa più violento, i contendenti saltano in avanti l'uno verso l'altro e si sferrano reciprocamente potenti calci, cercando di procurarsi profonde ferite nel ventre.
Alimentazione
Quando manca circa un'ora al calare del sole, i canguri iniziano a mettersi alla ricerca del cibo e a dirigersi verso le più vicine sorgenti d'acqua. Il canguro rosso, come la maggior parte degli altri canguri, si nutre essenzialmente di erbe (dal 60% al 90% del suo regime alimentare) e di piante erbacee a fiori come l'erba medica o il trifoglio; inoltre, è particolarmente ghiotto di Triodia spinifex, o «erba porcospino», una graminacea le cui foglie, rigide e appuntite come spilli, assomigliano ad aculei. Questa pianta, che cresce nelle regioni aride e semiaride, si presenta in forma di cespugli che talvolta ricoprono la savana per centinaia di chilometri. Anche i chenopodi, piccole piante erbacee molto ricche di sali, rientrano nel regime alimentare del canguro, in una porzione non superiore al 10% della sua dieta complessiva. Il canguro rosso invece, al contrario dei suoi cugini prossimi, i wallaroo, non consuma praticamente mai foglie di acacia o di eucalipto. Le ricerche non hanno chiarito per quale motivo il canguro prediliga alcune piante e ne trascuri altre. L'équipe del biologo australiano P. T. Bailey ha ipotizzato che un possibile criterio di selezione possa essere costituito dalla percentuale di zuccheri (carboidrati solubili) presente in alcune piante. I maschi mangiano in media un'ora in più delle femmine, forse perché queste attingono a nutrimenti più ricchi di proteine, soprattutto durante i periodi di siccità, e perché concentrano le loro ricerche di cibo in pascoli più favorevoli, probabilmente per migliorare la qualità del loro latte. In tale direzione si sono mosse le ricerche del biologo australiano A. E. Newsome, che ha studiato le differenze nei regimi alimentari dei canguri maschi e dei canguri femmine dell'Australia centrale. Questi marsupiali impiegano parecchie ore per nutrirsi. Nel 1986, l'australiano D. Priddel ha stabilito che, in qualsiasi stagione, i canguri dedicano dalle 7,1 alle 10,5 ore al giorno per cibarsi. Altri studi hanno dimostrato che il 78% del tempo riservato alla brucatura era notturno: durante le 6 ore successive al tramonto e poco prima dell'alba. Oltre che di notte, i canguri si dedicano alla propria alimentazione durante le prime due ore del giorno (80% della brucatura diurna) e poco prima del calare del sole. Questi animali, infatti, nonostante un buon adattamento al clima arido del loro areale di diffusione, temono comunque il caldo eccessivo: per questo, durante le giornate più torride nelle savane del Nuovo Galles del Sud, essi cercano l'ombra.
Allo stato selvatico, il canguro rosso vive generalmente in piccoli gruppi piuttosto liberi, forse senza una stretta gerarchia. Il gruppo raramente supera gli 8-10 individui e in tal caso comprende un maschio, una o più femmine e i piccoli di entrambi i sessi. I maschi sono organizzati in base a una sommaria gerarchia, sovente basata sulle dimensioni, che si manifesta in particolare durante il corteggiamento della femmina. Spesso si incontrano piccoli gruppi di giovani animali o isolati esemplari anziani; sono frequenti anche gruppi ristretti di 2-3 animali. In genere, il comportamento sociale dei canguri è legato alle condizioni meteorologiche e ambientali. Pertanto, quando le piogge abbondanti fanno spuntare nuova vegetazione nella savana, essi hanno comportamento piuttosto individualistico, mentre diventano gregari quando la siccità inaridisce i pascoli. In tali circostanze, questi marsupiali sono capaci di percorrere da 10 a 20 km per ritrovarsi a brucare, in gruppi di diverse decine di animali, su pascoli abbondanti, dove i primi canguri arrivati non respingono mai gli esemplari che giungono in seguito.
Riproduzione
Il canguro rosso si accoppia per tutto l'anno, in quanto il ciclo riproduttivo è influenzato dalle condizioni ambientali e non è legato a una stagione definita. La femmina raggiunge la maturità sessuale fra i 14 e i 22 mesi di vita, il maschio dopo i 2 anni di età. Il ciclo della femmina dura 35 giorni. L'ovulo si sviluppa nell'utero fino a diventare, nel giro di circa 33 giorni, un embrione larvale con un peso che va da 0,8 a 1 g, e lungo da 2,5 a 5 cm. Nudo, però con le zampette anteriori già dotate di unghie, l'embrione comincia la sua ascesa - della durata di 5 minuti - verso il marsupio, aggrappandosi ai peli della madre. Una volta raggiunta la meta si attacca con la bocca a uno dei 4 capezzoli e resta in questa posizione per tutto il periodo dello sviluppo embrionale (190 giorni). Dopo 110 giorni, il piccolo immaturo è ricoperto di peli ed entro 150 giorni inizia a fare capolino con la testa dalla tasca; dopo 200 giorni esso comincia a uscirne, ma vi rientra immediatamente al minimo pericolo. Fra i 235 e i 250 giorni circa, il piccolo canguro abbandona definitivamente la tasca materna. A questo stadio del suo sviluppo pesa fra i 2 e i 4 kg e succhia ancora il latte della madre, pur dimostrandosi molto più indipendente. Per un po' di tempo, il cucciolo continuerà ancora a seguire la madre. Solo dopo un anno, quando peserà circa 10 kg, lo svezzamento sarà completato.
Il clima, caratterizzato dall'alternanza di periodi secchi e piovosi, influisce sulla riproduzione dei canguri. Una volta che una femmina ha dato alla luce un piccolo, ha luogo un estro venereo post partum (viene liberato un ovulo), mentre il piccolo precedente si trova ancora nella tasca marsupiale in fase di sviluppo poco avanzata. Questo nuovo ovulo viene fecondato, ma resta nell'utero allo stadio di blastocito (sviluppo precoce) fino al successivo periodo delle piogge. Solo allora il suo sviluppo riprende, quando la femmina porta ancora nel marsupio, che tuttavia ben presto lascerà, un piccolo di qualche mese. A questo punto il ciclo ricomincia. Una femmina, dunque, può simultaneamente custodire, nel proprio marsupio, un piccolo già grande che prende ancora il latte a una prima mammella, un embrione in via di sviluppo che succhia il latte a una seconda mammella, oltre a un ovulo nell'utero, in attesa che il primogenito lasci la tasca.
Distribuzione e habitat
L'Australia è caratterizzata dalla presenza di varie fasce climatiche. La costa settentrionale da Capo York a Brisbane presenta temperature uniformi ed elevate con abbondanti piogge, soprattutto in estate (clima equatoriale con monsone). Qui predomina la foresta equatoriale, ricca di liane e felci arborescenti. Le coste sud-orientali e sud-occidentali godono di un clima marittimo, pressoché mediterraneo, con precipitazioni poco abbondanti, soprattutto in inverno. Nelle regioni orientali si estendono foreste di eucalipto, di araucaria e di felci arborescenti. Il canguro rosso è diffuso in un'area piuttosto vasta, che coincide con i territori più aridi dell'Australia. La specie è insediata nelle steppe semiaride delle regioni meridionali - coperte di sterpaglie, di acacie e di piante alofite, cioè che vivono in ambienti salini - e nell'entroterra. Quest'ultimo è costituito da una regione orientale secca, dove dominano la steppa e la savana tropicale, coperte da arbusti desolati di acacie e da eucalipti nani, e da una regione centrale dal clima molto più secco, pressoché desertico, dove risalta una vegetazione rada di cespugli compatti e di arbusti particolarmente carichi di spine chiamati scrubs, fra i quali Triodia spinifex, una graminacea detta «erba porcospino».
Il ciclo vitale del canguro rosso è strettamente correlato con le condizioni climatiche. Nelle regioni più aride, dove le precipitazioni non superano mai i 250 mm l'anno, i frequenti periodi di siccità limitano le dispinibilità alimentari e la qualità del cibo, con inevitabili ripercussioni sulla riproduzione e sulle possibilità di sopravvivenza del canguro. Fra il 1975-1976 e il 1982, per esempio, la popolazione di canguri rossi è raddoppiata nelle regioni occidentali del Nuovo Galles del Sud grazie a condizioni climatiche favorevoli, mentre la siccità del 1982 ha portato a un decremento degli esemplari di questa specie pari, in media, al 43%. Osservazioni a lungo termine hanno potuto accertare che un incremento di 100 mm delle precipitazioni medie annue nelle regioni orientali del Paese (480 mm) è accompagnato da un parallelo aumento del 30% degli esemplari di canguri. Nelle regioni occidentali, si registra un identico incremento di canguri, anche se le precipitazioni medie annue (205 mm) aumentano di soli 50 mm. D'altra parte, quando in queste aree si verificano, rispettivamente, tassi di piovosità media annua inferiori di 100 mm e di 60 mm alle medie abituali, le popolazioni di canguri restano stabili, diminuendo solo qualora le piogge divengano ancora più scarse.
Behaviour
Red kangaroos live in groups of 2–4 members. The most common groups are females and their young.[8] Larger groups can be found in densely populated areas and females are usually with a male.[9] Membership of these groups is very flexible, and males (boomers) are not territorial, fighting only over females (flyers) that come into heat. Males develop proportionately much larger shoulders and arms than females.[10] Most agonistic interactions occur between young males, which engage in ritualised fighting known as boxing. They usually stand up on their hind limbs and attempt to push their opponent off balance by jabbing him or locking forearms. If the fight escalates, they will begin to kick each other. Using their tail to support their weight, they deliver kicks with their powerful hind legs. Compared to other kangaroo species, fights between red kangaroo males tend to involve more wrestling.[11] Fights establish dominance relationships among males, and determine who gets access to estrous females.[8] Alpha males make agonistic behaviours and more sexual behaviours until they are overthrown. Displaced males live alone and avoid close contact with others.[8]
Reproduction
The red kangaroo breeds all year round. The females have the unusual ability to delay birth of their baby until their previous Joey has left the pouch. This is called embryonic diapause. Copulation may last 25 minutes.[11] The red kangaroo has the typical reproductive system of a kangaroo. The neonate emerges after only 33 days. Usually only one young is born at a time. It is blind, hairless, and only a few centimetres long. Its hind legs are mere stumps; it instead uses its more developed forelegs to climb its way through the thick fur on its mother's abdomen into the pouch, which takes about three to five minutes. Once in the pouch, it fastens onto one of the two teats and starts to feed. Almost immediately, the mother's sexual cycle starts again. Another egg descends into the uterus and she becomes sexually receptive. Then, if she mates and a second egg is fertilised, its development is temporarily halted. Meanwhile, the neonate in the pouch grows rapidly. After approximately 190 days, the baby (called a joey) is sufficiently large and developed to make its full emergence out of the pouch, after sticking its head out for a few weeks until it eventually feels safe enough to fully emerge. From then on, it spends increasing time in the outside world and eventually, after around 235 days, it leaves the pouch for the last time.[12] While the young joey will permanently leave the pouch at around 235 days old, it will continue to suckle until it reaches about 12 months of age. A doe may first reproduce as early as 18 months of age and as late as five years during drought, but normally she is two and a half years old before she begins to breed.[13]
The female kangaroo is usually permanently pregnant, except on the day she gives birth; however, she has the ability to freeze the development of an embryo until the previous joey is able to leave the pouch. This is known as diapause, and will occur in times of drought and in areas with poor food sources. The composition of the milk produced by the mother varies according to the needs of the joey. In addition, red kangaroo mothers may "have up to three generations of offspring simultaneously; a young-at-foot suckling from an elongated teat, a young in the pouch attached to a second teat and a blastula in arrested development in the uterus".[11]
The kangaroo has also been observed to engage in alloparental care, a behaviour in which a female may adopt another female's joey. This is a common parenting behaviour seen in many other animal species like wolves, elephants and fathead minnows.[14]
Relationship with humans
The red kangaroo is an abundant species and has even benefited from the spread of agriculture and creation of man-made waterholes. However competition with livestock and rabbits poses a threat. It is also sometimes shot by farmers as a pest although a "destruction permit" is required from the relevant state government.
Kangaroos dazzled by headlights or startled by engine noise often leap in front of vehicles, severely damaging or destroying smaller or unprotected vehicles. The risk of harm to vehicle occupants is greatly increased if the windscreen is the point of impact. As a result, "kangaroo crossing" signs are commonplace in Australia.
Commercial use
Like all Australian wildlife, the red kangaroo is protected by legislation, but it is so numerous that there is regulated harvest of its hide and meat. Hunting permits and commercial harvesting are controlled under nationally approved management plans, which aim to maintain red kangaroo populations and manage them as a renewable resource. Harvesting of kangaroos is controversial, particularly due to the animal's popularity.[13]
In the year 2000, 1,173,242 animals were killed.[15] In 2009 the government put a limit of 1,611,216 for the number of red kangaroos available for commercial use. The kangaroo industry is worth about A$270 million each year, and employs over 4000 people.[16] The kangaroos provide meat for both humans and pet food. Kangaroo meat is very lean with only about 2% fat. Their skins are used for leather.
Note
- ^ (EN) Ellis, M., van Weenen, J., Copley, P., Dickman, C., Mawson, P. & Woinarski, J. 2016, BlackPanther2013/Sandbox/kakapo, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
- ^ Red Kangaroo – Zoos Victoria, su zoo.org.au, www.zoo.org.au. URL consultato il 16 aprile 2009 (archiviato dall'url originale il 14 luglio 2008).
- ^ a b M. Yue, Macropus rufus, su Animaldiversity.ummz.umich.edu, 2001. URL consultato il 25 settembre 2015.
- ^ a b Red kangaroo videos, photos and facts – Macropus rufus, su ARKive. URL consultato il 25 settembre 2015.
- ^ a b Gerald Wood, The Guinness Book of Animal Facts and Feats, 1983, ISBN 978-0-85112-235-9.
- ^ P. Menkhorst e F. Knight, A Field Guide to the Mammals of Australia, Melbourne, Offord University Press, 2001, ISBN 0-19-555037-4.
- ^ Red Kangaroo Fact Sheet, su library.sandiegozoo.org. URL consultato il 4 ottobre 2015.
- ^ a b c Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore
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: non è stato indicato alcun testo per il marcatoreTyndale 2005
- ^ Johnson, C. N., Variations in Group Size and Composition in Red and Western Grey Kangaroos, Macropus rufus (Desmarest) and M. fulignosus (Desmarest), in Australian Wildlife Research, vol. 10, 1983, pp. 25–31, DOI:10.1071/WR9830025.
- ^ Jarman, P., Mating system and sexual dimorphism in large, terrestrial, mammalian herbivores, in Biological Reviews, vol. 58, n. 4, 1983, pp. 485–520, DOI:10.1111/j.1469-185X.1983.tb00398.x.
- ^ a b c McCullough, Dale R. and McCullough, Yvette (2000) Kangaroos in Outback Australia, Columbia University Press. ISBN 0-231-11916-X.
- ^ Evolution of Biodiversity, BCB705 Biodiversity, University of the Western Cape
- ^ a b Vincent Serventy, Wildlife of Australia, South Melbourne, Sun Books, 1985, pp. 38–39, ISBN 0-7251-0480-5.
- ^ Riedman, Marianne L., The Evolution of Alloparental Care in Mammals and Birds, in The Quarterly Review of Biology, vol. 57, n. 4, 1982, pp. 405–435, DOI:10.1086/412936.
- ^ National commercial Kangaroo harvest quotas, su environment.gov.au, www.environment.gov.au. URL consultato il 16 aprile 2009 (archiviato dall'url originale il 6 June 2011 ).
- ^ Kangaroo Industry Assocn of Australia – Background Info, su kangaroo-industry.asn.au, www.kangaroo-industry.asn.au. URL consultato il 16 aprile 2009.